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Marco Racco
Daniela Costa
Matteo Sturla
Francesco Di Santo
Francesca Verna
Tommaso Vitiello
Umberto Lobina
Giulia Ragazzi
Mario Moschetta
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6. MONETA E CREDITO
1. Moneta, credito e sviluppo economico
1.1 La natura della moneta. La moneta un mezzo di pagamento che rende
irrilevante acquisire informazioni sulla solvibilit dei singoli contraenti, in mercati
dominati dallincertezza sulle condizioni future: la moneta permette cos di ridurre i
costi di transazione e di informazione connessi alle imperfezioni dei mercati reali. La
moneta assolve inoltre unaltra duplice funzione: alla moneta quale misura del valore
(o unit di conto) si rapporta il valore di ogni merce espresso in termini di prezzo; la
moneta quale riserva di valore conserva potere dacquisto, nel tempo e nello spazio,
consentendo di separare atto di vendita e atto di acquisto.
La gestione dei mezzi monetari e creditizi assolve la duplice funzione di poter
introdurre nei sistemi economici, da un lato, rigore allocativo e antinflazionistico e,
dallaltro, essenziali elementi di flessibilit nei meccanismi di governo della liquidit
nelle fasi di deflazione e di crisi dei mercati reali e monetari. Secondo la definizione
delleconomista inglese William Petty (XVII secolo) la moneta il grasso di un corpo
politico: un eccesso nella circolazione di moneta nuoce allagilit di tale corpo,
mentre la scarsit lo rende malato, impedendo la regolarit degli scambi.
La progressiva monetizzazione delleconomia si impernia sulla propensione a
regolare le transazioni mediante strumenti monetari. La monetizzazione segue la
crescita della complessit e dellarticolazione delle economie sviluppate. A questo
proposito, nei sistemi finanziari le istituzioni, formali e informali, giocano un ruolo
preponderante rispetto a quanto avviene negli altri settori delleconomia,
quantomeno per lincidenza dellaccettazione dei mercati e per la dipendenza delle
regole dalle decisioni e dalle scelte dei poteri legislativi.
1.2 La crescita delle economie monetarie. Laffermazione delle economie monetarie
tra il Cinquecento e il Seicento si leg a tre fenomeni paralleli: 1) lespansione e la
diffusione dei centri urbani; 2) la specializzazione produttiva delle aree rurali e dei
centri urbani; 3) la crescita qualitativa e quantitativa dei traffici mercantili.
Levoluzione monetaria non segue una transizione progressiva da uneconomia di
baratto a uneconomia monetaria e, infine, a uneconomia creditizia, ma rivela la
lunga coesistenza di diversi spazi e circuiti di scambio sia in economie internamente
non omogenee, sia tra economie differentemente sviluppate.
Durante il Seicento e il Settecento si affermarono tre ambiti di circolazione
monetaria: se il circuito dei commerci a lunga distanza si imperniava sulla moneta
aurea e si reggeva su un sistema di compensazioni, gli scambi regionali e locali
comportavano limpiego di moneta argentea, mentre gli scambi minuti erano in
genere saldati con una moneta divisionale di rame. Inoltre, durante il Settecento si
affermarono alcune monete grosse, la sterlina e la livre, come unit di conto.
Lofferta di moneta metallica era tuttavia unofferta anelastica, relativamente rigida,
che dipendeva dalle produzioni minerarie, dalle scoperte di nuovi giacimenti e dalle
tecniche di sfruttamento. La stabilizzazione monetaria conseguita tra Settecento e
Ottocento fu correlata non solo allespansione della componente monetaria fiduciaria
(cartacea e creditizia), con la quale si soddisfarono le aumentate necessit di mezzi
di pagamento delleconomia reale, ma anche alla progressiva razionalizzazione dei
criteri di emissione e di gestione dei debiti pubblici.
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Essa ottenne, inoltre, la custodia esclusiva dei fondi di cassa del governo, un
privilegio connesso alle successive concessioni di credito e alla creazione di un
debito pubblico nazionale.
In Francia agli inizi del Settecento lo scozzese John Law si fece promotore di una
radicale riforma delle finanze francesi che permettesse di ristrutturare il debito dello
stato sia di attuare una politica monetaria espansiva a sostegno delleconomia
attraverso lofferta di credito bancario. Con la creazione della Banque Royale, Law
riusc a realizzare un articolato sistema finanziario fondato sui monopoli
dellemissione, dellesazione delle imposte dirette assegnata alla Ferme Gnrale e
dei commerci transoceanici gestiti dalla Compagnie des Indes. Ne segu un forte
moto speculativo sulla scorta delle aspettative di un rialzo dei corsi delle azioni delle
tre societ di Law, culminato in un drastico crollo delle valutazioni dei titoli. Un altro
serio colpo alla fiducia dei francesi nella moneta cartacea fu arrecato durante la
Rivoluzione dallinflazione causata dalle eccezionali emissioni di assegnati
(assignats), i biglietti rappresentativi di specifici terreni demaniali. La Banca di
Francia venne costituita da Napoleone nel 1800 con lobiettivo di avere un canale di
finanziamento privilegiato della spesa dello stato allora impegnato in una lunga
guerra. Nel 1848 la Banca di Francia approfitt della grave crisi di fiducia connessa
agli avvenimenti politici e decise di non sostenere le banche regionali di emissione
riscontandone il portafoglio cambiario e si annett numerose banche dipartimentali.
Essa assunse il monopolio dellemissione sullintero territorio nazionale.
Negli Stati Uniti con il Bank Act del 1863 fu ridefinito il quadro istituzionale della
struttura bancaria americana. Gli Stati Uniti rimasero senza una vera banca centrale
sino allapprovazione del Federal Reserve Act: dopo la grave crisi del 1907 si
afferm infatti lidea di creare un sistema decentrato di banche centrali in armonia
con la struttura federale degli Stati Uniti. Nel 1913 fu infine istituito il Federal Reserve
System, composto dalle banche della riserva federale con il compito di fornire una
moneta elastica, per offrire gli strumenti per riscontare gli effetti commerciali, per
stabilire un controllo pi efficace dellattivit bancaria. Le banche associate furono
tenute a detenere una parte delle loro riserve sotto forma di depositi presso la
Federal Reserve, con leffetto di ridurre il rapporto tra i depositi e le riserve del
sistema bancario e di attenuare la distinzione tra le banche nazionali e le altre
banche.
3. Banche centrali e crisi finanziarie
3.1 Il periodo precedente la prima guerra mondiale. Le banche centrali europee
tentarono di assolvere la propria funzione macroeconomica di regolazione delle
variabili monetarie ancorandosi alla parit aurea, nella convinzione di poter regolare
lemissione fiduciaria e stabilizzare la dinamica dei prezzi attraverso un meccanismo
a lungo ritenuto automatico (gold standard). Negli ultimi decenni dellOttocento il
tasso ufficiale di sconto divenne uno strumento di effettiva regolazione della liquidit
e dei livelli di attivit dei sistemi bancari: la manovra dei tassi ufficiali di sconto
permetteva alle banche centrali di preservare le riserve metalliche. Quando la fase di
crescita congiunturale dava luogo ad unespansione creditizia, producendo tensioni
sulle riserve, le banche centrali alzavano il tasso ufficiale di sconto riducendo la
circolazione fiduciaria e allentando di conseguenza la pressione sulle scorte auree:
entro un certo lasso di tempo la manovra della banca centrale si comunicava ai
mercati reali, con leffetto di imprimere un rallentamento alle attivit. Allo stesso
modo il ristagno delleconomia induceva le autorit monetarie, assistite dalle
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6.1 Il Gold Exchange Standard. Ancora prima della crisi dell'agosto 1914 il sistema
aureo mostrava segni di cedimento. Lungi dall'essere un meccanismo automatico,
con la fine della cooperazione tra le banche centrali e la sospensione della
convertibilit imposta dalla guerra il gold standard si rivel come il risultato di esili
equilibri conseguiti attraverso una politica monetaria adeguata. Nonostante la
sospensione della convertibilit e l'introduzione dei controlli sui cambi e sulle
esportazioni di oro, in alcuni casi la prima guerra mondiale non mut la forma legale
di regolazione dell'offerta monetaria. Ci che la guerra modific fu piuttosto la
situazione della bilancia commerciale e dei pagamenti dei paesi belligeranti e, di
conseguenza, lo stato delle riserve metalliche, in larga parte impiegate per finanziare
gli squilibri nei conti con l'estero. Nei primi anni 20 le autorit centrali europee
tentarono di stabilizzare i prezzi interni e ricostituire il sistema monetario prebellico
con cambi fissi. Tra il 1922 il 1927 furono ripristinate le parit delle principali valute
europee intorno ai livelli prebellici. Malgrado i tentativi in tale senso, non fu tuttavia
possibile ritornare al sistema aureo nella versione originaria. Le difficolt a
ricostituire il sistema di cambi fissi derivavano anzitutto dalle modalit di
finanziamento della guerra, con il fardello della di inflazione, dell'abnorme
indebitamento pubblico e dei debiti Inter alleati. Ma fattori di instabilit e squilibrio
erano impliciti anche nell'imposizione alle potenze sconfitte di elevate riparazioni di
guerra. Il caso estremo di aumento dei prezzi fu rappresentato dall'iperinflazione
tedesca. Liperinflazione venne fermata da una riforma monetaria che introdusse il
Rentenmark: il marco aveva infatti cessato di assolvere le funzioni di unit di conto e
di riserva di valore poich l'aumentata velocit di circolazione rendeva impossibile
fissare stabilmente i prezzi la cui variazione avveniva pi volte al giorno. La
Reichsbank smise di emettere marchi e la Rentenbank assunse il carico della
circolazione a un cambio di un miliardo di marchi per un Rentenmark. Nei primi anni
20 fenomeni inflazionistici e forti svalutazioni si registrarono anche in Austria,
Cecoslovacchia, Polonia Ungheria, Bulgaria, Romania e nei paesi sudamericani.
Dopo la stabilizzazione dell'Austria e della Cecoslovacchia, anche in vista di obiettivi
politici, tra il 1924 e il 1928 la Societ delle Nazioni concesse vari prestiti per la
stabilizzazione della Polonia, dell'Ungheria e della Bulgaria. L'obiettivo dei prestiti
internazionali ai paesi dell'Europa centrale e orientale era intimamente connesso alla
ricostruzione della normalit prebellica attraverso il tallone aureo e la creazione di
una rete di banche centrali autonome. Nonostante il parere contrario di Keynes e di
altri economisti, il Cancelliere dello Scacchiere Winston Churchill decise di
ripristinare la parit prebellica della sterlina con loro alla fine del 1925, imponendo
per tale via una politica deflazionistica non solo alla Gran Bretagna ma anche alle
altre maggiori economie industriali e alle economie extra europeo collegate. Nei
paesi con alta inflazione, Francia, Belgio e Italia, la produzione e l'occupazione
aumentarono sulla spinta della crescita della domanda esterna e interna in ragione
della maggiore competitivit internazionale conseguita attraverso la svalutazione
valutaria che favoriva le esportazioni e riduceva le importazioni. Di contro, nei paesi
con ridotta inflazione (Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Svezia, Olanda, Norvegia,
Danimarca e Giappone), produzione e occupazione risentirono negativamente del
l'apprezzamento valutario. La crisi bancaria tedesca dell'estate del 1931 mise a nudo
le fragilit intrinseche del gold exchange standard, costringendo le autorit centrali
inglesi a sospendere la convertibilit della sterlina. Nell'economia mondiale si
formarono rapidamente tre gruppi di paesi: un primo dell'area della sterlina legato
alla Gran Bretagna, un secondo dell'Europa centrale isolato da restrizioni e controlli
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e valutarie (Stati Uniti, Francia, Belgio, Olanda, Italia e Svizzera). Laddove furono
perseguite politiche monetarie restrittive la durata e intensit della crisi furono
maggiori.
6.2 Bretton Woods e la ricostruzione del sistema monetario internazionale. Malgrado
i tentativi di finanziare le spese belliche con laumento dellimposizione fiscale, alla
fine della seconda guerra mondiale la circolazione monetaria era cresciuta in Europa
con effetti altamente inflazionistici sui livelli dei prezzi. Lo studio di un nuovo sistema
monetario internazionale da realizzare a guerra finita era iniziato nellestate 1941.
Nel corsi di quellanno, John M. Keynes redasse un programma relativo a una
International Clearing Union e Harry D. White venne incaricato dal Tesoro americano
di redigere la proposta per un sistema di stabilizzazione che favorisse gli aiuti
interalleati e costituisse la base di un sistema monetario internazionale per il
dopoguerra. Nel 1942 le proposte di Keynes e White furono prese in esame dalle
autorit di governo statunitensi e britanniche. Le proposte concordavano sulla
necessit di stabilizzare i cicli economici e di introdurre meccanismi di controllo della
liquidit internazionale mediante la cooperazione allinterno di un organismo
sovranazionale. Dopo modifiche e revisioni, i piani di Keynes e White si
confrontarono sulla valuta di riferimento: per i saldi tra le banche centrali linglese
propose di creare una valuta internazionale denominata in oro, il bancor, mentre
lamericano sostenne la formazione di un paniere di valute esistenti legate alloro. Gli
accordi di Bretton Woods del luglio 1944, realizzando un sistema di cambi fissi e di
saldi valutari multilaterali, resero necessaria la costituzione di due organismi
internazionali: lInternational Bank for Reconstruction and Development (World Bank)
e lInternational Monetary Fund (IMF). Nella fissazione dei tassi di cambio si
prevedeva che i rapporti in linea di principio fissi potessero venire aggiustati in
particolari condizioni. Secondo lo schema originario i paesi in difficolt valutarie
avrebbero potuto richiedere allIMF di accedere alle riserve presso un fondo creato
con i contributi obbligatori degli stati membri. La passivit dellIMF fece scivolare il
sistema dei cambi dalloriginaria stabilit relativa dei tassi alla stabilit in senso
assoluto derivante dallautonoma fissazione dei rapporti di cambio da parte dei
singoli stati membri. La trasformazione dei sistema in gold-dollar standard richiedeva
che gli Stati Uniti, e quindi il dollaro, mantenessero la centralit economica e politica
acquisita, laddove la bilancia dei pagamenti americana continuava a deteriorarsi.
Negli anni sessanta, infatti, aumentarono i dubbi sulla capacit delle autorit centrali
americane di mantenere un adeguato rapporto tra riserve auree e base monetaria.
Nonostante le misure restrittive prese dagli Stati Uniti allesportazione di capitali, le
difficolt del sistema monetario internazionale emersero in termini evidenti. La corsa
speculativa verso loro, sollecitata dalla scelta di De Gaulle di convertire in oro le
riserve in dollari, rese insostenibili gli interventi dei paesi del Gold Pool sui mercati
internazionali per tenere il corso delloro intorno al tasso ufficiale. Nellagosto 1971 il
presidente statunitense Richard Nixon, incalzato dalla speculazione e dallulteriore
deterioramento della bilancia dei pagamenti, dichiar la sospensione della
convertibilit del dollaro in oro ponendo fine al sistema di cambi fissi di Bretton
Woods. La decisione unilaterale di Nixon, con la svalutazione del dollaro, impresse
una spinta alla competitivit delle merci americane e permise di riassorbire una
quota della crescente disoccupazione. Il tentativo di legare i rapporti di cambio delle
valute europee in un serpente monetario perseguito dalle autorit europee, invece,
era destinato a fallire di fronte alle esigenze di elasticit implicite nelle politiche
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Goldsmith, nelle sue analisi, individua una serie di regolarit nellevoluzione dei
sistemi finanziari che accompagnano lo sviluppo economico moderno: a) linsieme
delle attivit finanziarie crescono a ritmi superiori rispetto alla ricchezza nazionale; b)
tra le attivit finanziarie crescono quelle emesse dagli intermediari; c) prima aumenta
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il rapporto tra moneta circolante e ricchezza, rapporto che diminuisce in una fase
successiva; d) il sistema bancario si riduce progressivamente a favore degli
intermediari non bancari; e) i sistemi finanziari tendono allarticolazione verso forme
complesse e verso una graduale specializzazione funzionale degli intermediari; f)
listituzionalizzazione delle forme di risparmio riduce i costi di acquisizione dei
capitali finanziari, favorendo laccumulazione dello stock complessivo di capitale.
Il modello, tuttavia, presenta alcuni limiti. Infatti, per Goldsmith, le linee evolutive dei
sistemi finanziari dei paesi con diversi livelli di sviluppo economico sono le
medesime; i casi storici mostrano invece evidenti elementi di differenziazione di
carattere istituzionale e organizzativo nei sistemi bancari nazionali. Inoltre egli non
considera il ruolo dello stato e delle autorit centrali nella formazione e nella
gestione dei sistemi finanziari (vedi Francia, Germania e Italia, dove lintervento dei
poteri pubblici fu rilevante nella gestione dei sistemi finanziari).
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di un mercato dei titoli pubblici tra il Settecento e lOttocento favor poi il ricorso a
finanziamenti esterni mediante lemissione di azioni e obbligazioni sui mercati. Negli
Stati Uniti la crescita dei mercati finanziari dipese in larga misura dalle politiche delle
autorit monetarie, sia dopo la guerra di secessione sia nei primi anni trenta, quando
si separarono banca e industria e si favorirono cos le attivit di intermediazione.
In Gran Bretagna, almeno fino alla fine dellOttocento, lassetto delle strutture
finanziarie fu in linea con le limitate necessit di credito; infatti le imprese della prima
industrializzazione avevano dimensioni contenute, capitale fisso modesto e
tecnologie facilmente accessibili. Le banche poterono dunque facilmente sostenere il
processo di accumulazione, assumendo una funzione centrale nellassicurare
capitale di esercizio e commerciale.
In Inghilterra il Bubble Act (1720) impose notevoli limitazioni alla costituzione di
societ per azioni, rallentando notevolmente lo sviluppo di un moderno sistema
bancario.
Nel 700 le country banks (banche provinciali) vissero una crescita tumultuosa a
causa dellingente domanda di servizi di intermediazione, della necessit di
depositare fondi e dellinsufficienza di moneta metallica per i pagamenti. Il ruolo delle
country banks fu importante nellassicurare ai settori in via di industrializzazione i
capitali e i mezzi di pagamento necessari.
La struttura di un sistema bancario su base nazionale fu favorita dallazione
legislativa; dapprima, nel 1826, con lapprovazione di una legge che consentiva la
costituzione di banche come societ per azioni (joint stock banks) al di fuori di un
raggio di 65 miglia da Londra e poi, nel 1833, con una nuova legge che autorizzava
la costituzione di joint stock banks anche a Londra, a condizione che non
emettessero banconote. Negli anni cinquanta la struttura del sistema finanziario
inglese assunse la classica forma piramidale con ai vertici la Banca dInghilterra con
compiti di supervisione del sistema e ai livelli inferiori i banchieri privati e i merchant
bankers.
In Scozia il sistema bancario fu estremamente dinamico e innovativo; ci permise di
mobilitare e anticipare risorse a sostegno di un accelerato processo di
industrializzazione. Da un unico istituto di emissione privilegiato, la Bank of Scotland,
si giunse a un sistema bancario nazionale articolato in una dozzina di banche
costituite come societ per azioni. Grazie alla favorevole legislazione scozzese le
banche poterono sviluppare unestesa rete di filiali e rendere le regioni settentrionali
dellisola allavanguardia nei servizi bancari. Tutte queste innovazioni organizzative e
operative resero le banche un importante fattore di sostegno allo sviluppo industriale
scozzese.
Anche negli Stati Uniti, dove il sistema finanziario era in prevalenza orientato ai
mercati, il ruolo degli intermediari non fu secondario. Sino alla met dellOttocento il
sistema bancario fu un sistema di free banking, contraddistinto da una marcata
segmentazione e da un forte atomismo. Con i due National Currency Acts del 1863
e del 1864 lelevata segmentazione territoriale fu limitata e fu favorita la mobilit di
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capitali sui mercati interbancari; inoltre fu creato il sistema delle banche nazionali
che erano obbligate a investire una parte del capitale in titoli del governo federale,
titoli che potevano servire da riserva dellemissione di banconote. Nei decenni
centrali dellOttocento, uno stimolo significativo alla crescita industriale fu conferito
soprattutto dalle piccole e medie banche locali attraverso finanziamenti a industriali e
commercianti legati alle banche da relazioni di partecipazione ed affari.
La centralizzazione dei mercati dei titoli a New York, alla fine dellOttocento, fece
dello Stock Exchange di Wall Street la principale borsa nazionale. La crescita dei
volumi di azioni trattati dipese in larga parte dallaffermazione di intermediari
specializzati, le investment banks, che dominarono la scena finanziaria di fine
Ottocento.
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finanziate mediante una divisione dei ruoli tra il sistema bancario e lo stato: le
banche finanziarono a bassi tassi di interesse i settori in forte espansione, mentre lo
stato sostenne i settori interessati da processi di ristrutturazione. La grande ripresa e
la crescita industriale degli anni cinquanta-settanta furono finanziate in particolar
modo dalle istituzioni di credito ordinario, con crediti formalmente a breve termine.
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mezzo, che per la sua regolarit privilegiava passeggeri e posta, entr nel mare del
Nord, nel Baltico e nel Mediterraneo. La traversata atlantica compiuta nel 1819 dal
Savannah, piroscafo di 300 t a propulsione mista in 25 giorni rimase una pionieristica
impresa isolata.
A fine Settecento i sistemi di trasporto interno, pur notevolmente progrediti rispetto al
Medioevo, non avevano compiuto molti progressi in confronto allantichit classica:
Napoleone va alla stessa lentezza di Giulio Cesare. Anche nella navigazione
marittima, dove le innovazioni erano state pur rilevanti circa capacit, manovrabilit,
robustezza delle navi e sicurezza delle rotte, il mutamento fu piuttosto lento. Fu solo
dopo il 1850 che carbone e vapore, simboli della prima rivoluzione industriale,
innovando profondamente il trasporto navale e terrestre, aprirono alluomo la nuova
dimensione della velocit. Tempi e modalit di applicazione dellenergia inanimata ai
trasporti costituiscono un modello emblematico di affermazione di una nuova
tecnologia e delle soglie che essa deve superare perch il suo successo diventi
irreversibile.
4.2Le strade ferrate.Come molte altre innovazioni nei trasporti, la ferrovia frutto
della combinazione di principi gi noti. La macchina perfezionata da Stephenson
(1825) serv brevi linee merci, ma grazie allintroduzione della caldaia tubolare, che
moltiplicava il rendimento, fu possibile inaugurare la tratta Liverpool-Manchester
(1829), convenzionalmente nota come la prima moderna ferrovia. Un nuovo sistema
di trasporto terrestre, finalmente efficace, legava indissolubilmente mezzo e via di
comunicazione. Triplicando la velocit delle diligenze rivoluzion la tradizionale
percezione del tempo e dello spazio e apparve lunica via per liberare i traffici dagli
abusi monopolistici dei proprietari di canali. Nel XIX secolo le costruzioni ferroviarie
conobbero tre stagioni:
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1850-1870: noto come let doro della ferrovia, durante il quale videro
strutturarsi le reti continentali europea e americana che condussero alla
formazione del mercato mondiale e alladozione generalizzata del libero scambio.
Lavvento del treno sconvolse le preesistenti reti di trasporto: le diligenze
scomparvero, cessarono i pedaggi e il traffico stradale si ridusse alle brevi
distanze con frequenza e regolarit complementari alle ferrovie. Le vie dacqua
sopravvissero, specie ove la rete era frutto di rilevanti investimenti pubblici
(Francia, Usa, Reno), abbandonando il trasporto di persone e posta per le sole
merci voluminose. Il vantaggio della ferrovia era di arrivare in aree irraggiungibili
per vie dacqua; non appena poi le reti assunsero dimensioni adeguate le
compagnie poterono condizionare i traffici e ridefinire la convenienza e la
geografia del trasporto applicando tariffe differenziali per attrarre maggiori volumi
di traffico con vantaggio delle aree sprovviste di materie prime e combustibili.
Le valutazioni circa il ruolo delle ferrovie nella promozione dello sviluppo sono state
allorigine di importanti innovazioni metodologiche nella storiografia economica. Gli
studi tradizionali attribuivano grande importanza alle costruzioni ma risentivano
spesso di un approccio eccessivamente impressionistico. A met degli anni sessanta
comparvero lavori che, utilizzando la pi rigorosa dottrina neoclassica, la
strumentazione econometrica ed ipotesi alternative, si ripromettevano di sfatare
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Un metodo radicalmente diverso prevede luso dei dati sul movimento ferroviario.
Anchessi sottovalutano la commercializzazione, poich escludono gli scambi locali e
i trasporti su lunga distanza con altri mezzi. Tale metodo stato applicato, fra gli altri,
da Gregory alla produzione di cereali in Russia.
In mancanza di dati, molti storici sono ricorsi ad altre fonti. Per esempio Rothemberg
nella sua analisi della trasformazione del Massashussets ha utilizzato i diari dei
contadini per analizzare numero e istanza dei viaggi verso le citt di mercato e i costi
di trasporto.
Un mercato nazionale caratterizzato da un elevato livello di interazione e di
interscambio. Lintegrazione si riferisce al livello dei prezzi: un mercato
perfettamente integrato se i prezzi per lo stesso bene sono eguali. I prezzi tendono
ad avvicinarsi se esiste la possibilit di commerciare indipendentemente dalleffettiva
presenza di scambi. (Si rimanda allesempio a pagina 352-353)
opinione comune che il processo di formazione di un mercato nazionale, in atto da
tempo, si sia concluso in tutti i paesi avanzati nel corso del secolo XIX grazie a
miglioramento dei mezzi di trasporto.
Secondo Sereni, il mercato interno italiano non era ancora ben integrato negli anni
ottanta del XIX secolo. Tali risultati suggeriscono che il processo di integrazione
potrebbe non essere stato cos semplice e uniforme fra i vari Paesi come talora
affermato.
Lintegrazione di mercato condizione necessaria anche se non sufficiente per
lincremento dei flussi commerciali, possibile che allinterno di unarea integrata
non si sviluppino flussi commerciali significativi (ad esempio lItalia). probabile che
alla vigilia della Prima Guerra Mondiale essa fosse un mercato integrato nel senso
tecnico del termine, ma linterscambio fra Nord e Sud era relativamente scarso. Le
due aree infatti erano ancora troppo simili fra loro. Ambedue erano relativamente
sottosviluppate e producevano pi o meno gli stessi beni. I pochi prodotti tipici erano
beni di consumo relativamente di lusso fuori quindi dalla portata della gran parte
degli acquirenti nella penisola. Il sud era troppo povero per essere un mercato
veramente importante.
Nella maggioranza dei Paesi, il processo di integrazione stato accompagnato da
una specializzazione regionale e quindi da un incremento del commercio interno.
Laumento del commercio interno stato per ostacolato dalla presenza di barriere
naturali e dallopera delluomo. Fino agli inizi del XIX secolo, lunico sistema di
trasporto relativamente economico per prodotti pesanti era la navigazione, marittima
o fluviale (quindi lentit degli scambi dipendeva anche dalla geografia). In parte i
problemi furono risolti dalla costruzione di canali anche se questoperazione
richiedeva investimenti molto elevati e comunque era sottoposta a vincoli geografici
stringenti. La vera soluzione fu la costruzione delle ferrovie.
Dopo la Prima Guerra Mondiale il commercio interno aumentato sicuramente pi
del traffico ferroviario per la crescita relativa del trasporto su strada. In tutti i paesi il
movimento ferroviario cresciuto pi della produzione. Nel corso del XIX secolo
anche gli ostacoli istituzionali al commercio sono diminuiti o scomparsi. Alla fine del
XVIII secolo non esistevano pi barriere interne in Francia,Gran Bretagna, ma lItalia
e la Germania erano ancora divise in vari stati indipendenti che imponevano
restrizioni significative al commercio.
Le barriere umane si rivelarono per molto pi tenaci di quelle naturali. Il livello di
integrazione del mercato fu ridotto dalla dissoluzione degli imperi russo e austriaco
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dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Infatti quasi tutti i nuovi stati si dedicarono
a politiche protezionistiche.
La crescita degli scambi ha causato lo sviluppo di un settore commerciale
specializzato. In et moderna una parte notevole delle funzioni commerciali era
svolta dagli stessi produttori. Gli artigiani vendevano i propri prodotti nella bottega, i
contadini ai mercati o nelle fiere. I mercanti e negozianti erano relativamente poco
numerosi in proporzione alla popolazione. La figura pi tipica era lambulante, che
girava le campagne e le fiere vendendo ogni tipo di bene. I costi di informazione e
transazione per qualsiasi scambio erano molto elevati. Affidarsi agli ambulanti o ai
mercanti implicava un forte rischio di essere frodati o di subire imposizioni sui prezzi
grazie al potere monopsonistico\monopolistico di tali intermediari.
La crescita economica ha risolto il problema in quanto laumento dei consumi ha
reso conveniente affidare la distribuzione delle merci a personale specializzato. Il
numero di addetti al commercio sul totale della popolazione aumentato ovunque.
Tale incremento il frutto di due processi diversi. In primo luogo il numero di
ambulanti andato crescendo. Tale crescita riflette evidentemente un processo di
adattamento alla nuova realt urbana. In secondo luogo, il numero di negozi
specializzati aumentato ed essi sono divenuti il canale principale di
approvvigionamento della popolazione. Contemporaneamente alla diffusione del
negozio tradizionale sono comparse nuove forme di organizzazione commerciale: la
catena di negozi, il grande magazzino, la vendita per corrispondenza e la
cooperativa di acquisto fra consumatori. Le prime due possono essere considerate
unevoluzione del negozio tradizionale. La catena di negozi centralizzava la gestione
di pi esercizi in localit diverse, il grande magazzino offriva una gamma pi ampia
di beni e\o un maggior assortimento per ciascuno di essi, le altre due forme invece si
differenziavano pi nettamente dal modello del negozio: la cooperativa di consumo
perch era unorganizzazione senza fini di lucro, la vendita per corrispondenza
perch aboliva ogni contatto fra venditore e acquirente. I primi esempi di grande
magazzino e di cooperative di consumo risalgono agli inizi del XIX secolo, mentre le
catene di negozi e soprattutto le ditte di vendita per corrispondenza si sono
sviluppate qualche decennio dopo.
La modernizzazione del commercio non ha fatto diminuire i costi di distribuzione nel
senso stretto del termine. Essi possono essere approssimati dai margini
commerciali, pari alla differenza fra prezzi allingrosso e il minuto per lo stesso
prodotto. Com possibile spiegare questa crescita? Essa da attribuire soprattutto
allincremento dei salari. Ovviamente i salari erano in aumento in tutto il sistema
economico ma, a differenza che in altri settori, nel commercio tale incremento non
era compensato a sufficienza dallaumento della produttivit. Altrettanto sorprendenti
potrebbero apparire i margini pi alti della grande distribuzione, dove la produttivit
del lavoro era maggiore, e probabilmente in crescita pi rapida grazie alle possibilit
di una divisione del lavoro pi spinta. Innanzitutto essa doveva sopportare costi fissi
molto pi alti. Il massimo del risparmio era conseguibile facendo produrre i beni e
vendendoli con la garanzia conseguibile facendo produrre i beni e vendendoli con la
garanzia del proprio marchio, una pratica abbastanza frequente nei paesi
anglosassoni. In effetti nozione comune che il prezzo di vendita pi basso fosse
una delle principali attrattive delle nuove forme di distribuzione.
La modernizzazione della distribuzione ha offerto notevoli vantaggi ai consumatori,
vantaggi per definizione maggiori laddove essa ha eliminato le posizioni di
monopolio da parte dei negozianti locali. In un famoso libro di Ransom e Sutch
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hanno attribuito la povert dei negri americani dopo lemancipazione al potere dei
negozianti di villaggio, che vendevano a credito le merci praticando prezzi altissimi.
stata particolarmente importante la diffusione delle vendite per corrispondenza,
che si rivolgevano a consumatori rurali. Ma la modernizzazione ha avvantaggiato i
consumatori anche in situazioni meno estreme. Essa infatti ha aumentato
lassortimento di beni, e la variet un bene in s. Inoltre essa ha ridotto i costi di
transazione che i consumatori dovevano sostenere.
Ciascuna delle nuove forme di distribuzione presenta uno specifico vantaggio
rispetto al negozio specializzato. La catena di negozi offre la sicurezza di trovare le
stesse merci in tutto il territorio nazionale, allo stesso prezzo, riducendo cos
lincertezza e il rischio di truffe. I grandi magazzini e i centri commerciali riducono i
costi di ricerca concentrando nello stesso posto unampia gamma di merci diverse.
La vendita per corrispondenza elimina il costo di recarsi al negozio, che poteva
essere rilevante in paesi a bassa densit di popolazione. Le cooperative di consumo
infine, riducono i prezzi agli affiliati restituendo loro parte dei profitti.
Il processo di integrazione del mercato a livello mondiale stato altrettanto se non
pi rapido di quello dei singoli mercati nazionali. Infatti anche il commercio
internazionale ha profittato del miglioramento dei mezzi di trasporto, anche se leroe
non stato tanto la ferrovia quanto la nave a vapore. Per alcuni prodotti si sono rese
necessarie innovazioni specifiche, come le tecniche di refrigerazione per il trasporto
della carne su lunga distanza, messe a punto negli anni 80. Tutti i dati mostrano un
rapido calo dei differenziali di prezzo. La diminuzione stata pi rapida per le
materie prime e i prodotti alimentari, che presentavano differenziali iniziali pi ampi.
Nella maggior parte dei casi si tratta di un processo di integrazione puro: fra i beni
considerati, il solo grano era oggetto di un interscambio rilevante fra i due Paesi.
Lintegrazione del mercato mondiale ha notevolmente aumentato il benessere
complessivo.
Il miglioramento dei mezzi di trasporto, pur importante, non spiega da solo la
formazione del mercato mondiale. Il processo stato accompagnato e facilitato da
cambiamenti organizzativi, che hanno ridotto i costi di transazione.
La rilevazione del commercio estero stata ovunque il primo compito degli uffici di
statistica.
Gran Bretagna e USA sono per evidentemente poco rappresentativi: molto
probabile che il commercio mondiale sia cresciuto meno, anche se non possibile
accertare di quanto. Il commercio mondiale aumentato moltissimo quasi
sicuramente pi del reddito. Lincremento si concentrato negli anni fino alla prima
guerra mondiale e nel secondo dopoguerra. Nel periodo intermedio il commercio
invece rimasto sostanzialmente costante aumentando alquanto negli anni 20 e
diminuendo durante le due guerre e negli anni 30. Inoltre la crescita totale del
commercio dipende in qualche misura dallincremento del reddito. Un indice pi
accurato della crescita della specializzazione il cosiddetto grado di apertura, cio il
rapporto fra commercio totale (importazioni + esportazioni) e il reddito nazionale.
Nei Paesi avanzati esistono notevoli analogie fra landamento del grado di apertura e
quello del commercio totale. Esso appare molto elevato alla vigilia della Prima
Guerra Mondiale, in calo nel periodo fra le due guerre e poi di nuovo in aumento nel
secondo dopoguerra.
Le fluttuazioni nel medio periodo sono state influenzate in misura notevole se non
predominante dalla politica doganale. E possibile individuare quattro fasi principali.
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1. Una progressiva liberalizzazione nella prima met del XIX secolo, partendo
da una situazione di protezionismo generalizzato. Il processo inizi in Gran
Bretagna e culmin con labolizione del dazio sul grano. Gli altri paesi europei
seguirono lesempio inglese, e il trionfo del libero scambio fu sancito nel 1860
da un trattato fra Francia e Gran Bretagna, gli Stati Uniti aumentarono
considerevolmente i dazi per finanziare la guerra civile.
2. Un cinquantennio di protezionismo dalla fine degli anni settanta agli anni 20.
Fra i grandi Paesi solo la Gran Bretagna rimase fedele al libero scambio,
abbandonandolo allinizio degli anni 20.
3. Un periodo d fortissime restrizioni al commercio negli anni trenta. Esse furono
imposte per combattere la Grande Crisi: si tentava di aumentare la domanda
per la produzione nazionale a spese delle importazioni (politica detta di
beggar thy neighbour).
4. Una progressiva liberalizzazione nel secondo dopoguerra. Essa inizi con un
accordo generalizzato (General Agreement con trade and Tariffs o GATT) e
poi prosegu in Europa con la fondazione della CECA per il carbone e
lacciaio. Negli anni sessanta vennero stipulati altri accordi GATT. Nonostante
allinizio degli anni 70 le barriere doganali al di fuori delle aree di libero
scambio erano ancora elevate.
Il processo di formazione del mercato mondiale stato accompagnato da un
cambiamento della composizione merceologica del commercio. Infatti la diminuzione
dei costi di trasporto ha favorito il commercio di prodotti primari.
Lincremento della percentuale di manufatti stato particolarmente rapido nel
secondo dopoguerra e che si concentrato nei prodotti avanzati. Fino alla Seconda
Guerra Mondiale prevaleva lo scambio di prodotti primari contro manufatti
(commercio verticale) dopo quello orizzontale (scambio manufatti). La distinzione fra
questi due pattern importante perch indicano due tipo di specializzazione
differente; il commercio orizzontale , essenzialmente, uno scambio fra Paesi
industriali e spesso riguarda lo stesso tipo di beni. Tutti i principali Paesi europei
sono allo stesso momento importatori ed esportatori di automobili. Invece il
commercio verticale si svolge fra paesi con specializzazioni radicalmente differenti.
La periferia (LDC) ha sempre fornito una percentuale molto ridotta delle esportazioni
mondiali. Nel 1911 le tre pi importanti commodities erano cotone, grano e carbone.
Tutte e tre erano esortate da Paesi avanzati. Gli Stati Uniti fornivano tre quarti del
cotone e un sesto del grano; le esportazioni di carbone provenivano per tre quarti
dalla Gran Bretagna e per il resto dalla Germania. I principali prodotti tropicali di
esportazione erano infatti beni di consumo voluttuario. La loro mancanza avrebbe
diminuito il benessere delle popolazioni del centro ma non ne avrebbe impedito
lindustrializzazione.
La composizione dellinterscambio di ciascun Paese dipende dalla sua struttura
economica dalla dotazione di fattori. Essa viene modificata dalla crescita economica.
Il pattern stato stilizzato per primo da Kuznets. Un Paese arretrato per definizione
deve importare manufatti e non pu che esportare i prodotti primari.
La composizione dei manufatti esportati cambia nel tempo secondo una gerarchia
che va da prodotti semplici come i tessuti a beni di crescente livello di sofisticazione
tecnologica macchinari, prodotti chimici ecc.
Lestrazione di minerali era spesso unattivit pi capital intensive di molte industrie.
La composizione del commercio dipende dalle caratteristiche dei Paesi e dalla loro
dotazione di fattori. Chenery e Syrquin distinguono tre categorie di paesi: grandi (in
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base al reddito e alla popolazione, non allestensione geografica), piccoli, con scarse
risorse naturali e quindi orientati verso le esportazioni di manufatti, e piccoli con
abbondanti risorse naturali e quindi orientati verso le esportazioni di prodotti primari.
Questi ultimi hanno una struttura del commercio pi arretrata. La struttura delle
esportazioni americane appare a lungo relativamente arretrata, nonostante essi
avessero il pi alto livello di reddito pro capite del mondo. Ancora nel 1911-1913 i
prodotti industriali non superavano la met delle loro esportazioni totali.
Il rapporto fra commercio internazionale e crescita economica ha sempre affascinato
storici ed economisti e di conseguenza la letteratura. Nessuno mette in dubbio i
vantaggi delle esportazioni di manufatti e quindi il tema relativamente poco
studiato. La principale eccezione il dibattito sul rallentamento della crescita
britannica verso la fine del XIX secolo.
Gran parte delle ricerche si sono comunque occupate del ruolo delle esportazioni
di prodotti primari e della politica doganale, in particolare del protezionismo.
In genere si ritiene che le esportazioni di prodotti primari abbiano svolto un ruolo
positivo nella crescita dei paesi attualmente sviluppati. I paesi late-comers della
periferia europea e il Giappone lo sono stati fino agli inizi del XX secolo. molto
difficile generalizzare su un gruppo cos poco omogeneo. Per solo in alcuni casi
si potrebbe attribuire alle esportazioni di prodotti primari un ruolo direttamente
propulsivo. Cafagna ha sostenuto che le esportazioni di seta hanno rappresentato
un fattore decisivo per lavvio dello sviluppo economico in Lombardia. Esse
aumentavano il reddito e creavano occasioni di contatto con Paesi
economicamente pi avanzati. Prados de la Escosura ha rivendicato il ruolo
positivo delle esportazioni di prodotti primari nello sviluppo economico spagnolo.
Si potrebbe dire quindi che le esportazioni hanno svolto un ruolo positivo, anche
se non decisivo. Tale affermazione confermata dai risultati di un recente lavoro
di Prados de la Escosura, Daban Sanchez, Sanz Oliva che dimostra una
correlazione positiva fra esportazioni e reddito anche ai livelli bassi per un
campione di paesi europei.
Le esportazioni di prodotti primari sono invece considerate decisive nel processo
di crescita nei Paesi di western settlement anche se in periodi diversi. In tali paesi
la terra era molto abbondante e quindi la produttivit del lavoro molto alta. I Paesi
di western settlement erano i Paesi opec del secolo scorso. Secondo i teorici della
staple theory le esportazioni di prodotti primari hanno svolto un ruolo decisivo in
tale trasformazione. Il reddito delle esportazioni avrebbe creato una domanda di
manufatti sufficienti per giustificare lo sviluppo di unindustria nazionale. Tale felice
esito potrebbe essere stato favorito dalle caratteristiche di alcuni dei beni
esportati, come i cereali e creavano una domanda di attrezzi e di macchinari.
Molti studiosi hanno espresso scetticismo sui benefici delle esportazioni. Sono
stati avanzati tre diversi argomenti economici:
a. I prodotti primari esportati dai Paesi sottosviluppati avevano un modesto
potenziale di sviluppo perch prodotti in miniere o piantagioni che costituivano
vere e proprie enclaves staccate dal resto delleconomia
b. La specializzazione nellesportazione di prodotti primari si rivelata
svantaggiosa perch nel periodo cruciale fra il 1870 e il 1914 i loro prezzi
sono diminuiti in rapporto a quelli dei manufatti. Si tende ad attribuire il
deterioramento a uninsufficiente crescita della domanda di tali prodotti nei
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pi alti di quelli sui manufatti. Tale struttura danneggiava lindustria nel suo
complesso, invece di favorirla, perch aumentava i costi delle materie prime e\o i
salari nominali. possibile interpretare tutta la struttura dei dazi in base allinfluenza
politica delle singole categorie di produttori e della loro capacit di organizzarsi per
promuovere i propri interessi.
Non bisogna inoltre dimenticare il ruolo dellideologia. Il nazionalismo ha in molti casi
giustificato una politica protezionistica, specie volta a sviluppare determinate
industrie di interesse militare. Daltra parte lideologia pu spiegare le fasi di
liberalizzazione generalizzata, difficili da motivare in un quadro di political economy.
Qualunque fossero stati i reali motivi una parte notevole della crescita economica
moderna si svolta in regime di protezione pi o meno elevata. La teoria economica
suggerisce di distinguere fra leffetto sul reddito complessivo e quello sulla
distribuzione di esso fra i fattori di produzione. Il primo equivale al calo del consumo
rispetto al livello ottimale, che corrisponde a quello di libero scambio. Molto pi
importanti sono gli effetti sulla distribuzione. La protezione favorisce i possessori dei
fattori pi intensivamente usati nella produzione dei beni protetti. Tale approccio
trascura gli effetti del cambiamento dei prezzi dei fattori di produzione
sullallocazione settoriale e sullintensit di uso dei fattori in ciascun settore. Per
stimarli necessario un approccio pi sofisticato, i cosiddetti modelli di equilibrio
economico generale. Si tratta di una tecnica poco usata di analisi abbastanza
comune in economia.
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