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O rumore mio

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3/11/2016
di Sandro Moiso
Marcello Ambrosini, POST-INDUSTRIALE. La Scena Italiana Anni 80 , con una
prefazione di Luther Blisset e un CD con 9 brani ( della durata di 55 e 32),
GOODFELLAS 2016, pp.288, 22,00
Gli strumenti a corda, i fiati, gli ottoni, ecc. devono essere sostituiti da una batteria
di oggetti duri. [] E quanto al mezzo del suono sar preferibile usare lelettricit, il
magnetismo, la meccanica, in quanto essi escludono pi efficacemente
lintromissione dellindividuale (Piet Mondrian, 1922)
La storia del rumore nella musica italiana, come riassume bene il testo appena
pubblicato da Goodfellas nella collana Spittle, ha ormai pi di un secolo di vita.
Risale infatti ai primi esperimenti del futurista Luigi Russolo che lo teorizz nel suo
Larte dei rumori comparso a Milano presso le Edizioni futuriste di Poesia agli
inizi di Settembre del 1916 e lo espresse musicalmente a partire da un primo
concerto pubblico tenuto a Modena il 2 giugno 1913.
In un paese in cui la tradizione classica e, soprattutto, del bel canto hanno dato e continuano a dare il peggio di
s avendo inficiato ogni genere musicale dal folk fasullo della canzone napoletana alle colonne sonore di Ennio
Morricone passando per la passione per la musica lirica e il pop dei Pooh fino al mefitico Festival di San Remo, era
inevitabile che, prima o poi, la reazione in termini artistici ed espressivi dovesse essere radicale e violentissima.
Anche se la musica post-industriale italiana degli anni 80 ha preso per lo pi spunto dagli esperimenti di musica
industriale che alcuni gruppi come i Throbbing Gristle, i Nurse With Wound, i Cabaret Voltaire, i Clock DVA oppure i
primi Einstrzende Neubauten avevano avviato fin dalla fine degli anni Settanta, in una sorta di marxiana
negazione della negazione rispetto al punk nato tra il 1976 e il 1977, 1 risulta evidente, a seguito di uno sguardo
pi attento e approfondito, che lo specifico culturale e musicale italiano ha avuto un peso enorme nel determinare
lestensione di un fenomeno che, ovviamente, senza avere avuto importanti risultati di mercato ha segnato in
maniera importante lambiente della musica undeground nazionale. E non solo.
Ho citato alcuni esempi e vorrei chiarirli. E noto che tutta la musica napoletana pi celebrata, da O sole mio a O
surdato nnammurato tanto per intenderci, non fu affatto il prodotto della cultura popolare ma piuttosto quello di
poeti, giornalisti e musicisti che vollero ricondurre il canto sgraziato e i ritmi percussivi, poi riscoperti negli anni
Settanta dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare, della tradizione partenopea allinterno del bel canto espresso
dalla prima musica pop italiana della seconda met dellOttocento e del primo Novecento: quella lirica che
infiammava le platee e i palchi dei teatri e faceva sgorgare lacrime di commozione tra gli ascoltatori di ogni
estrazione sociale. Alimentando quel mercato degli spartiti che avrebbe fatto la fortuna della Casa Ricordi e che non
sarebbe potuto esistere sulla base della semplice produzione dal basso della musica folk, sempre modificata nei
testi e nelle esecuzioni, secondo lesperienza delloralit.
Cos mentre in altri paesi, dal Nord Europa agli Stati Uniti, le dissonanze, il mancato rispetto dei canoni delle
partiture musicali istituzionalizzate e le basi ritmiche e poliritmiche rimanevano a segnare la distanza tra un suono e
laltro e tra una cultura musicale bassa ed una alta allinterno delle musiche popolari o folk (dal blues ai reel
scoto-irlandesi, tanto per semplificare con degli esempi), in Italia veniva istituzionalizzata e canonizzata la musica
dautore, con tutte le limitazioni creative e i guadagni che questa finiva col produrre.

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Mentre, per fare un esempio, fin dalla fine dellOttocento negli Stati Uniti rimaneva chiara la differenza tra la musica
prodotta a Tin Pan Alley2 e quella di origine nera o derivata dal folk di origine europea, qui in Italia la musica
popolare fu per eccellenza quella riconducibile ad un autore, possibilmente colto. Tanto da far s che anche i canti
della lotta partigiana finissero con lessere il risultato delladattamento di canzoni di origine sovietica o slava, spesso
entrati nella tradizione resistenziale pur essendosi diffusi a posteriori. Valga per tutti lesempio di Bella ciao, il cui
percorso di formazione piuttosto complesso e contraddittorio, ma che nel contenuto, sostanzialmente
nazionalistico e patriottico,3 rivela la propria funzione moderatrice e di unit nazionale e partitica, alla faccia di chi
ancora adesso la intende come una canzone di lotta rivoluzionaria.
Ma, scusandomi con il lettore per essermi forse spinto troppo oltre con questo sintetico excursus, giunto il
momento ritornare allargomento del libro in questione che espone, in maniera dettagliatissima, unesperienza che,
per quanto artigianale (come la definisce Luther Blisset nella prefazione) e molto spesso ai limiti della clandestinit,
ha segnato significativamente i suoni dellultimo trentennio, tracciando, se mi permessa la forzatura, una sorta di
arco temporale e creativo ideale tra Russolo e certa visual art, la musica techno e la ricerca sonora degli ultimi
decenni.
Con le schede contenenti la storia e le discografie di pi di cinquanta artisti e band, il
testo di Ambrosini si presenta come lopera pi documentata su un genere musicale
che non stato accettato in ambito istituzionale e neppure in quello pop, per quanto
alternativo. Lunico testo prodotto precedentemente in questo campo era stato quello
inserito da Paolo Bandera allinterno del Manuale di cultura industriale edito dalla
Shake. 4
Per questo motivo e per il fatto che il post-industriale (e la cassette culture pi in
generale) una scena in cui lestrema artigianalit del prodotto fatto-in-casa come
le copertine con singoli collage originali e titoli scritti a mano e anche lamatorialit
e la mancanza di tecnica musicale paiono essere non dei disvalori bens dei pregi., 5
si potrebbe inserire il movimento in una sorta di folk o post-folk radicale, definizione
che sicuramente potrebbe suscitare i brividi o lopposizione di alcuni dei suoi membri
e cultori.
Se non che Si tratta del culto condiviso col punk per il non musicista (creativo) visto anche come estremo sberleffo
alla patinata e vuota professionalit del mainstream, alla prevedibilit omologata dellindustria del rock (ma, attenti,
quella del genio dilettante soltanto una faccia di un poliedro dai molti lati, ci sono perfino artisti industrial
diplomati al Conservatorio!). Tra i nuovi valori introdotti dal network non solo post-industriale ci sono tuttavia, per
dirla col tape-artist Hal McGee, quelli della triade di principi operativi Contatto Comunicazione Collaborazione,
che ci permettono di leggere il nuovo attivismo di rete anche in chiave di prolungamento e aggiornamento delle
istanze controculturali delle generazioni beat-hippie, andando magari a riconsiderare anche loccultato lato oscuro
dei Cinquanta-Sessanta in reazione a un ventennio di buonismo di facciata (vedi la Family di Charles Manson,
spesso citata e rivisitata al pari di altre inquietanti sette para-religiose, da Scientology a The Process). Le tattiche
dello shock che caratterizzavano gli albori industrial, dando vita ad ambiguit politiche a non finire (critica e
indagine per non ripetere gli errori del passato, o fascinazione ed exploitation di temi morbosi e perversi?), i suoni
urticanti e le parossistiche urla in feedback del power electronics, sono una delle tante sembianze di una scena
multimediale che si poi avvalsa di strategie articolate e sofisticate, non solo rumore-e-grida ma anche impeccabile
collagismo ed eretica improvvisazione post-lisergica (coi Nurse With Wound come capiscuola), rigorose disamine
del linguaggio delle macchine (trovando nuovi e obliqui utilizzi per synth, drum machines, computer e strumenti
auto-costruiti), un ritorno alle origini rituali e magico-religiose del ritmo, ricerche sulla musica metabolica e i poteri
segreti del suono, esercizi nel riciclo di suoni catturati nellambiente naturale e urbano (seguendo i consigli del
manuale burroughsiano The Electronic Revolution pi che i maestri della musique concrte), rarefazioni
concettuali che si abbeverano alle sorgenti dellaudio art e della performance art, e lelenco potrebbe continuare a

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lungo.6 Cosa che di fatto lo trasferisce e lo trattiene, quindi, allinterno di una modernit artistica ancora non
superata.
Ricordo che negli anni Ottanta, con 20.000 lire andavamo da un rottamaio e procuravamo strumenti per tutta la
band; ferraglie abbandonate e arrugginite che prima erano servite per tuttaltri scopi. Riutilizzare materiale che a suo
tempo era servito per il lavoro stata per noi una sorta di rivendicazione.7 Questa dichiarazione di Osvaldo Orioli
delle OFFICINE SCHWARTZ, gruppo nato a Bergamo nel 1983, riassume sicuramente bene un aspetto importante
della prima generazione post-industriale.
Il suono della musica industriale, caratterizzato dallimpeto meccanico proveniente dalla macchina, assorbito e
restituito dalle Officine Schwartz sotto forma di canto popolare. Le Officine, sorte a Bergamo nel 1983, sono i primi
a considerare rilevante il fattore umano: la macchina non esisterebbe senza luomo, e sempre senza luomo non
funzionerebbe. La fabbrica il risultato di questa interazione, luogo che si nutre della vita delloperaio rendendolo
un ingranaggio, uno dei tanti, apparentemente superfluo.
Il fulcro del discorso affrontato dalle Officine parte proprio da questo binomio: da una parte il macchinario, dallaltra
lingranaggio superfluo.8
Per questa scelta soltanto una di quelle possibili allinterno del magmatico e variegato movimento in cui, spesso,
i nomi scelti dagli artisti e dai gruppi (Pankow, Mauthausen Orchestra, Laxative Souls, Swastika Kommando, solo
per citarne alcuni) ci ricordano che lintento provocatorio si abbinava ad unindole iconoclasta che riprendeva,
ampliava e per alcuni versi aggravava gli atteggiamenti musicali e la scelte estetiche del primo punk.
Sorgeva da quei solchi, ma sarebbe meglio dire nastri, un urlo, un bisogno di rottura che, in maniera magari pi
contenuta e intellettualistica era gi stato espresso dalle sperimentazioni del Gruppo di Improvvisazione di Nuova
Consonanza (GINC), fondato a Roma nel 1964 da Franco Evangelisti ed operativo fino alla met degli anni Settanta,
che alcuni rappresentanti del Post-industriale, per, come Pietro Mazzocchin avrebbero portato alle estreme
conseguenze.
Attivo tra l82 e l85, Mazzocchin ha disseminato il panico sonoro attraverso
svariate sigle: Swastika Kommando, Observation Clinique, New Sadism, Noise & Kreg, Metabolismo Tossico,
Terrorismo Genetico e Lyoto Music, questultima in collaborazione con Zoppo.
Lopera di Mazzocchin tra le pi impressionanti e intense del panorama
europeo anni Ottanta. Nella sua musica ogni cosa ridotta a maceria, come fosse stata distrutta da un terremoto e
poi abbandonata. A volte si percepisce nella furia disumana un brandello di ritmo, e i pochi resti sono coperti da una
colata di rumore bianco che, come vento forte e gelido, porta via anche lultima possibilit di vita. Il feedback il
sudario col quale Mazzocchin copre il cadavere della musica.
Quello operato da Mazzocchin un attacco di immane potenza contro la realt con cui quotidianamente si
confronta. Le armi che utilizza scaturiscono da sintetizzatori e oggetti elettronici di uso comune, dai quali ottiene
feedback, noise, riverberi e interferenze che utilizza per comporre maratone rumoristiche che spesso raggiungono
anche la mezzora di durata. In tutti i suoi lavori, nessuno escluso, Mazzocchin porta avanti un discorso sin
dallinizio estremo [] In una societ programmabile e programmata, Pietro Mazzocchin compie unazione di valore
uguale e contrario al comune modo di pensare e fare musica: caos sonoro allo stato puro, che va oltre ludibile,
oltre il dolore percepibile.9
Divisi in una prima e in una seconda generazione e poi ancora suddivisi in Power Electronics e Post-industrial
Esoterico, gli artisti raccontati e presentati da Ambrosini marcano una significativa differenza con le possibili
musiche parallele e di ci ci rende sonicamente edotti linteressantissimo cd, abbinato al testo, in cui brani registrati
tra il 1982 e il 1988 da Mauthausen Orchestra, Sigillum 5, Thee Three Rings, TAC, Tasaday, Luke Xs Ah Nahm Inc,
Ain Sopha e F:A.R. finiscono col dare vita a una colonna sonora ideale per la sua lettura. In un tripudio di suoni
disarmonici, tecniche estreme di cutnmix e rumori ottenuti dagli strumenti e dalle macchine pi disparate.

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Nonostante alcune ingenuit espressive, le autentiche degenerazioni sonore in cui sembravano precipitare i suoi
principali esponenti e le sue talvolta ambigue proposte politico-musicali, il post-industriale italiano, nel suo tentativo
di infrangere una retorica musicale e culturale soffocante, ha finito cos con il ricollegarsi alle formulazioni pi
avanzate della teoria musicale del secondo Novecento.
Noi abbiamo chiamato la nostra musica concreta poich essa costituita da elementi preesistenti, presi in prestito
da un qualsiasi materiale sonoro, sia esso rumore o musica tradizionale.
Questi elementi sono poi utilizzati in modo sperimentale,mediante una costruzione diretta a realizzare una
composizione senza laiuto, divenuto ormai impossibile, di una notazione musicale tradizionale (Pierre Schaeffer,
Trait des objects musicaux, Edition du Seuil, Paris 1966) 10
Buona lettura e buon ascolto dunque, poich chiunque sia realmente interessato alla storia delle evoluzioni della
musica contemporanea, in tutte le sue forme, non si pentir di averlo fatto.

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