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Una vera e propria formazione all'arte della medicina non esisteva in Roma.

Chiunque poteva
dichiararsi medico e senza nessuna cognizione teorica o esperienza pratica aprire un ambulatorio
. I medici imparano a nostro rischio e pericolo e fanno esperimenti con la morte; soltanto il medico gode di
impunit completa quando ha provocato la morte di qualcuno
(Plinio, Naturalis Historia, XXIX, 18)

In realt qualcuno dei medici pi ignoranti e letali fu sottoposto a processo[12] ma ve ne erano anche di
quelli che, oltre ad attenersi alle norme etiche e professionali, avevano una seria preparazione
scientifica. In effetti molto valeva l'esperienza nella cura delle malattie che il serio aspirante alla
professione iniziava ad avere come praticante nell'ambulatorio di un medico e come accompagnatore
nelle visite domiciliari. L'aspirante dottore di solito faceva anche parte della schiera di assistenti del
medico affermato che infastidivano lo scorbutico Marziale
Ero malato, ma tu, con cento
allievi, ti sei precipitato da me,
o Simmaco. Con cento mani gelate
di tramontana mi hanno toccato,
non avevo febbre ma ora
o Simmaco, lo so.
(Marziale, V, 9)

Le terapie
Le operazioni chirurgiche avvenivano di solito con il malato pi o meno narcotizzato [15] e che doveva
esser tenuto fermo dagli assistenti dei chirurghi romani che non esitavano a tagliare e bruciare, come
riferisce Seneca, per averli visti all'opera, equiparando a crolli e incendi le carneficine dei medici
quando operano le ossa o infilano le mani nelle profondit degli intestini [16]
Il salasso era considerato una sorta di panacea per molte malattie[17] e pur essendovi una
farmacopea abbastanza sviluppata nella Roma antica non esisteva la professione del farmacista: il
medico preferiva confezionarsi da solo i farmaci da adoperare badando bene a dar loro un profumo o
un colore piacevole

I medici specialisti
l medico nell'antica Roma era di solito un professionista "generico" che non aveva una precisa
specializzazione, con l'eccezione di alcune grandi citt dove esercitavano rari medici specialisti [21] che
divengono pi numerosi a partire dal I secolo d.C. in tre settori della medicina: la chirurgia (chirurgus),
l'oculistica (ocularius) e l'otorinolaringoiatria(auricularius). La letteratura medica dell'epoca ricca di
trattati dedicati alla ginecologia ma non vi sono prove, ad eccezione di una fonte (cfr. Sorano, III, pr.),
che attestino la professione di ginecologi come medici specializzati. Nei parti aveva maggiore
importanza la funzione dell'ostetrica mentre il medico svolgeva una azione di sostegno nei casi difficili.
probabile che i pochi medici donna di cui abbiamo testimonianze [23]fossero specializzate proprio in
ginecologia dove ci si avvaleva di strumenti abbastanza evoluti come lo speculum vaginale. Poich,

come per il medico generico, anche per lo specialista non esisteva alcuna formazione o autorizzazione
pubblica, non mancavano ciarlatani che con poca spesa si inventavano strane specializzazioni come
quella per rimuovere i marchi a fuoco di ex schiavi, per la bruciatura di ciglie o per le fratture [24] o come
quegli specialisti delle malattie della pelle che affluirono numerosi dall'Egitto, per arricchirsi con le loro
prestazioni ai romani colpiti da una epidemia di lebbra.[25]
L'odontoiatria non costituiva una specializzazione particolare molto diffusa [26] ma era in genere
esercitata dai chirurghi che la praticavano, in assenza di anestetici efficaci, in modo molto doloroso per
i malcapitati. Inoltre le conoscenze del tempo permettevano di applicare protesi dentali e di sostituire
denti cariati con altri di avorio o metalli. Ai romani stata attribuita l'istituzione degli ospedali pubblici
rintracciandone il primo nell'isola Tiberina dove fu eretto nel 293 a.C. un tempio dedicato
ad Esculapio[27]. Tavolette ex voto sono state ritrovate nel letto del Tevere che testimoniano come vi si
recassero in pellegrinaggio coloro che avevano chiesto l'intercessione del dio per ottenerne la
guarigione. In realt non si trattava di un vero e proprio ospedale dove fossero fornite cure continue agli
ammalati ma di una sorta di lazzaretto dove venivano lasciati gli schiavi ammalati che i padroni non
intendevano curare. Non vi sono prove che vi fosse una qualche organizzazione per la cura dei malati
che molto probabilmente venivano col portati e abbandonati alla loro sorte. [28] Si sa che
l'imperatore Claudio intervenne per metter fine a questa consuetudine disponendo che se lo schiavo
abbandonato fosse guarito poteva considerarsi libero

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