Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
SOMMARIO:
SOMMARIO: ........................................................................................................................2
LEGENDA ICONE: ................................................................................................................2
IMPOSTAZIONE DEL LAVORO DI INGEGNERIA NATURALISTICA: LINEE GUIDE PER I LANALISI
PRELIMINARE E LIPOTESI PROGETTUALE ...............................................................................3
METODOLOGIE ...................................................................................................................6
CRITERI PRATICI E LINEE DINDIRIZZO PER LA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSIT ...............12
SCELTA DELLE SPECIE .......................................................................................................15
TEST DI AUTO-VALUTAZIONE .................................................................................20
LA RETE DEI TUTOR.....................................................................................................21
LEGENDA ICONE:
Per agevolare la fruizione dei materiali, sono state inserite delle icone che stanno
ad indicare:
Pagina 2 di 21
esame delle cartografie e dei dati bibliografici esistenti sullarea oggetto dello
studio/intervento;
esame delle indagini climatiche, in sede storica (dove possibile) e attuale;
analisi geomorfologia del territorio;
rilevamenti topografici esistenti (o da realizzare ad hoc);
eventuale analisi idrologica ed idraulica, se in presenza di corsi dacqua;
ricostruzione delle sezioni geologiche e delle caratteristiche geomeccaniche
dellarea, in caso di interventi di ripristino di situazioni degradate;
indagini di campagna estese alle formazioni vegetazionali presenti in un
ambito vasto, per la conoscenza delle specie, delle tipologie vegetazionali e della
struttura delle formazioni di riferimento per gli interventi progettuali;
definizione delle tipologie vegetazionali dellarea di studio;
valutazione dello stato attuale della qualit ambientale dellarea ai fini della
valutazione della compatibilit ambientale degli interventi progettuali;
definizione del progetto botanico degli interventi di rinaturazione e di
inserimento paesaggistico ambientale;
individuazione di interventi di sistemazione del territorio, con particolare
riferimento a quelli di tipo idraulico.
L
Pagina 3 di 21
L
Le fitocenosi sono le comunit vegetali che vivono in un determinato ambiente ed il loro
campo di studio la Fitogeografia (scienza che analizza le specie vegetali in relazione
alla loro distribuzione geografica e, quindi, gli ecosistemi in cui esse si trovano).
In pratica studiando le piante di un dato ambiente, i ricercatori possono capirne
indirettamente lo stato di salute, e definire le condizioni di scenario prevedibili dopo che
lintervento di ingegneria naturalistica ha avuto luogo.
In linea generale possiamo distinguere almeno tre livelli di studio:
Quando si esegue un'analisi ambientale bene tener presente che le diverse specie
vengono distinte in base al luogo di origine o di provenienza in Indigene o Autoctone,
piante diffuse in un territorio senza lapporto della comunit umana. A questultima
tipologia appartengono peraltro le piante pi comuni della nostra flora, che contribuiscono
alla lettura del paesaggio, quali Quercus ilex, Quercus pubescens, Quercus cerris,
Castanea sativa, Ostrya carpinifoglia, Fagus silvatica, Ilex aquifolium, Taxus baccata,
Pagina 4 di 21
Genziana lutea, Vaccinum myrtillus, ecc. Tra le piante autoctone, esiste anche il gruppo
delle endemiche che vivono solo in una piccola area geografica.
Le specie esotiche o alloctone, invece, sono piante originarie di contesti
ecosistemici diversi, introdotte intenzionalmente o accidentalmente dall'uomo in un
territorio non compreso nell'area naturale di distribuzione: alcune si comportano poi come
indigene naturalizzate, come la Robinia pseudoacacia (Acacia o Robinia), l'Ailanthus
altissima (Albero del paradiso), Cercis siliquastrum (Albero di Giuda).
FOTO
METODOLOGIE
Le metodologie adottabili per la ricerca vera e propria sono due:
Analisi floristica;
Analisi fito- sociologica1.
L
Lanalisi floristica molto pi rapida di quella fito- sociologica, ed normalmente
applicata nelle situazioni caratterizzate da condizioni locali poco complesse, come
avviene per interventi di estensione limitata, ed in contesti con caratteristiche
ecologiche della stazione omogenee.
Pagina 6 di 21
Terofite: piante annuali che superano le avversit climatiche sotto forma di semi
(ad es. Papaver rhoeas, papavero);
Idrofite: piante perenni acquatiche con gemme sommerse durante la stagione
sfavorevole (ad es. Potamogeton natans, lingua dacqua).
Geofite: piante perenni con organi ipogei (bulbi o rizomi) sui quali si trovano le
gemme (ad es. Phragmites australis, cannuccia di palude);
Emicriptofite: piante perenni con le gemme a livello del suolo (ad es. Bellis
perennis, margherita);
Camefite: piante perenni, alla base legnose, con le gemme fino a 30 cm. da terra.
(ad es. Helichrysum italicum, elicriso);
Fanerofite: piante perenni legnose con le gemme a pi di 30 cm. dal suolo (alberi
ed arbusti).
L
Anche per ricerche semplici, allora, allanalisi per forme biologiche normalmente
associata anche quella per tipi corologici della flora italiana (ossia lanalisi dei gruppi
che rappresentano la distribuzione geografica delle specie e che consente di
individuare le specie autoctone per gli interventi progettuali), che possono essere cos
sintetizzate (Pignatti, 1982):
Pagina 7 di 21
FOTO
WWW.DIPBOT.UNICT.IT/ORTO/0026
L
Come indagine fornisce senzaltro le informazioni pi complete nelle decodifica del
messaggio che la copertura vegetale fornisce al progettista di interventi di bioingegneria.
La sua peculiarit riguarda lapproccio metodologico, che dallanalisi qualitativa,
propria dellindagine floristica, passa allanalisi quali- quantitativa, che consente un
confronto oggettivo tra situazioni fisionomicamente simili o diverse.
Il metodo, messo a punto da J. Braun Blanquet negli anni 20 del XIX secolo,
adottato da tutta la scuola europea, e si struttura sulla base del riconoscimento della
vegetazione formata da unit discrete, caratterizzate da una certa composizione floristica:
le associazioni.
L
Lassociazione vegetale definita da Braun Blanquet come un aggruppamento
vegetale pi o meno stabile ed in equilibrio con lambiente, caratterizzato da una
Pagina 8 di 21
L
In sintesi quindi, lindagine fito- sociologica consente di classificare la vegetazione di
una zona secondo certe unit organizzate gerarchicamente in relazione ai parametri
ambientali, con informazioni sulle tendenze evolutive dei processi, caratteristiche che
la rendono uno strumento fondamentale nello studio di un territorio e nella progettazione
degli interventi di ingegneria naturalistica.
In particolare risulta di estremo interesse applicativo la conoscenza, per una data
stazione, delle associazioni pioniere su suoli grezzi e della loro successione attraverso le
associazioni seguenti fino allassociazione finale (Schiechtl H. M., 1991).
In cerete situazioni, levoluzione della vegetazione si realizza sotto lo stretto
condizionamento edafico (dovuto al suolo e alla porzione superficiale della crosta
terrestre e agli organismi che vi prolificano), che prevale rispetto al condizionamento
climatico.
In questi casi la vegetazione, definita azonale (ossia indipendente dalla zonizzazione
climatica), pu raggiungere, nella sua fase pi evoluta, un particolare stato di equilibrio,
definito climax edafico.
L
Si ricordi che per climax climatico, si intende lo status di equilibrio stabile con le
condizioni generali del clima regionale della comunit eco- sistemica.
Per climax edafico si intendono invece stadi stazionari modificati, in equilibrio con le
particolari condizioni locali del suolo.
Il contrario, ossia disclimax, la condizione di un ecosistema per il quale non
possibile raggiungere il climax, perch le azioni delluomo lo mantengono in situazione
di disequilibrio (superpascolo, campo coltivato).
Sono caratteristici esempi di vegetazione azonale le formazioni psammofile (dal
greco psammos, sabbia) delle dune costiere (condizionate dalla caratteristica mobilit del
substrato), la vegetazione casmofitica (piante adatte alla crescita su rupi verticali e muri)
delle pareti rocciose verticali (sotto lo stretto condizionamento del substrato roccioso) o le
Pagina 9 di 21
formazioni ripariali (condizionate dal livello della falda). Le formazioni riparali sono
caratterizzate da specie igrofile (salici, pioppi, ontani), in stazioni a umidit persistente o
ristagno idrico.
Col termine fattori edafici si indicano tutti quei fattori ecologici riferibili al substrato
sul quale si sviluppa un organismo vegetale. Si avranno quindi:
associazioni erbacee,
Pagina 10 di 21
saliceti arbustivi,
saliceti arborei,
formazioni a dominanza di ontano nero, boschi mesoigrofili con pioppi e
farnia, fino ad arrivare alle formazioni svincolate dalla falda.
Pagina 11 di 21
ESEMPIO
TERNI.
VEDI MANUALE
TECNICO DI INGEGNERIA
L
Pagina 12 di 21
L
Realizzazione di livelli superiori di naturalit e complessit. Le scelte progettuali di
tipologia vegetazionale devono definire gli stadi pi evoluti possibili lungo la successione
dinamica individuata, compatibilmente con le condizioni ecologiche della stazione
(relativamente ai limiti stabiliti da altitudine, esposizione, acclivit, tipo suolo). Questo
serve ad orientare il successivo sviluppo delle formazioni/associazioni verso condizioni
climax, o comunque stabilire da subito situazioni di copertura vegetale con livelli superiori
di naturalit e complessit. In effetti, le aree naturali protette richiedono sempre soluzioni
estreme di qualit, anche se pi difficili ed onerose per i costi dimpianto e di prima
manutenzione.
L
Realizzazione del massimo livello possibile di diversit floristica. Va presupposto che
una selezione di entit vegetali da impiegare, nello specifico di un intervento di ingegneria
naturalistica, risponda efficacemente alle condizioni ecologiche richieste dalla stazione e
sia dotata delle pi idonee caratteristiche bio- tecniche per quel sito. Sebbene questo
comporti una forte selezione di taxa impiegabili, le scelte progettuali devono tendere alla
realizzazione della maggiore diversit biologica, da intendersi qui sia in termini di
composizione floristica (come maggior numero di specie), sia in termini di fisionomia della
vegetazione (come maggior numero di forme e sottoforme biologiche).
L
Esclusione dei taxa non appartenenti alla flora locale. Gli elenchi floristici di unarea
protetta (meglio se riferiti ad una parte non molto estesa) forniscono indicazioni utili a
sbozzare un primo insieme, ancora grezzo, di entit suscettibili di utilizzo nei ripristini
ambientali. Gli stessi elenchi permettono, pi nettamente, di escludere a priori (e con
relativa difficolt) tutti i taxa estranei al popolamento floristico originario del territorio,
restringendo il campo delle specie e sottospecie da ricercare ed impiegare.
L
Esclusione dei taxa ad ampia distribuzione. Al criterio netto dellappartenenza alla flora
locale, segue lindirizzo della preferenza verso entit caratterizzate da tipologia corologica
meno estesa possibile (con areale di distribuzione pi ristretto). In ogni caso, sono da
evitare le piante avventizie (naturalizzate e non), le cosmopolite e le subcosmopolite e,
comunque, il vasto gruppo delle sinantropiche. Il fine evidente quello di proporre quadri
ambientali e paesaggi naturali non generici e ricorrenti, ma quanto pi caratterizzati e
diversificati in senso floristico regionale, dato che questo valore, essendo anche
morfologico oltre che genetico, immediatamente apprezzabile e rende un valore
aggiunto immediato al patrimonio naturalistico di unarea protetta.
L
Esclusione dei taxa inseriti nelle red list. Ragioni di tutela e conservazione tali da
porre limiti concreti allapplicazione del precedente criterio, suggeriscono di evitare luso di
Pagina 13 di 21
specie e sottospecie (spesso endemiche, subendemiche o relitte), che trovano posto nelle
liste rosse compilate secondo i criteri dettati dallI.U.C.N. (Fondata il 5 Ottobre del 1948
come International Union for the Protection of Nature (IUPN), a seguito di una conferenza
internazionale a Fontainebleau, Francia, lorganizzazione ha cambiato il suo nome in
International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN) nel 1956.
Nel 1990 stato cambiato il nomr in IUCN -The World Conservation Union. Alla IUCN
partecipano oltre 70 stati, 100 agenzie governative, e oltre 750 agenzie non governative,
con pi di 10.000 scienziati ed esperti da tutto il mondo. La sua red list, aggiornata al
2003, disponibile al sito http://www.redlist.org/)
Sono soprattutto le categorie che esprimono un maggior rischio di estinzione - e
corrispondenti alle denominazioni di gravemente minacciato (CR), minacciato (EN) e
vulnerabile (VU) - a sconsigliare luso dei taxa inseriti nei loro stessi elenchi. In altre
parole, bisogna evitare che lingegneria naturalistica, pur condotta con tutte le accortezze
possibili, possa contribuire, suo malgrado, alla rarefazione e scomparsa della flora
spontanea.
L
Provenienza autoctona dei materiali vegetali. Come gi accennato, deve essere evitato
limpiego di semi o parti vegetative di piante non raccolte in loco, anche se appartenenti a
specie e sottospecie nominalmente descritte nella flora del territorio. Questo principio vale
per qualsiasi tipo di intervento forestale e quindi applicabile, in pieno, al campo
dellingegneria naturalistica. In particolare, sono da escludersi i materiali alloctoni
provenienti da vivai o strutture similari non specializzati per la flora locale, tenuto conto
che, soprattutto nelle aree protette, lutilizzo di vegetali, con provenienza esterna ai confini
o comunque incerta, costituisce una minaccia allintegrit degli ecosistemi e pu indurre
modificazioni future sulla variabilit delle popolazioni autoctone. E da evitare anche
lintroduzione e/o la reintroduzione di taxa oggi assenti, anche nel caso di trasferimento di
materiale da un settore ad un altro della stessa area protetta.
L
Prelievo limitato in natura dei materiali vegetali. Per quanto attiene la scelta del
materiale vivente da utilizzare per gli interventi di ingegneria naturalistica opportuno
limitare allo stretto necessario il prelievo in natura dei vegetali, secondo alcune indicazioni
dordine generale:
Pagina 14 di 21
L
Ricerca della massima variabilit nelle popolazioni insediate ex novo. Gli interventi di
ingegneria naturalistica creano talvolta nuove stazioni di popolazioni vegetali in cui deve
esistere e mantenersi una certa variabilit biologica, utile a fronteggiare evenienze
ambientali e garantire un continuo sviluppo evolutivo. Le nuove stazioni insediate
attraverso semina e impianto di individui completi assicurano, almeno in teoria, una certa
variabilit di popolazione appartenente allo stesso taxon. Nel caso di propagazione
vegetativa necessario prelevare talee, astoni, rizomi o quantaltro, da individui diversi,
magari anche spazialmente distanti tra di loro nelle stazioni di prelievo (in modo da evitare
la formazione di popolazioni di cloni), tenendo conto anche della presenza di esemplari
con fiori sia delluno sia dellaltro sesso, nel caso di utilizzo di specie dioiche (es. Salix).
L
Mantenimento corretto del materiale raccolto a garanzia della variabilit. Una volta
che il materiale stato raccolto con successo - trattandosi esso di semi, parti o di interi
individui - lo stesso deve essere mantenuto o immagazzinato in modo tale da non perdere
o diminuire la variazione genetica contenuta nei campioni. Linadeguata conservazione dei
semi, nonch gli stress idrici, termici (subiti da parti od individui vegetali nel caso in cui si
tardasse nel porli a dimora) sono spesso causa di minore germinabilit o di fallanze negli
impianti, che riducono la diversit biologica nelle nuove stazioni insediate.
Pagina 15 di 21
L
certo per che, se lindirizzo naturalistico realmente applicato, lindividuazione delle
specie idonee dovrebbe principalmente derivare da una selezione delle flore locali, con il
patrimonio genetico caratteristico dellarea di intervento.
Nella scelta delle specie da utilizzare in interventi di ingegneria naturalistica, per la
Toscana, una lista di riferimento dovrebbe essere costituita da tutte le specie della flora
regionale, costituita, in considerazione dellestrema diversit climatica, geomorfologica ed
altitudinale, da oltre 3.000 specie.
Pagina 16 di 21
In considerazione della ricchezza della flora dellItalia centrale, per non indicare liste
di specie incomplete o riferite solo a particolari porzioni del territorio e comunque per
rispettare un criterio naturalistico, forse pi utile fornire uninformazione sui lavori floristici
e/o vegetazionali disponibili, divisi in ambiti geografici, al fine di valorizzarne a pieno tutte
le potenzialit applicative (ad oggi tale documentazione costituisce invece un ampio
patrimonio scarsamente utilizzato nella pratica).
Il progettista potr quindi individuare, per la sua area di intervento, le eventuali
pubblicazioni disponibili con le relative indicazioni floristiche. Spetter poi al professionista
selezionare, fra le specie segnalate per larea, quelle idonee al tipo di intervento ed al tipo
di condizioni stazionali.
Nella scelta delle specie erbacee per la costituzione didonei miscugli deve essere
privilegiata la presenza di graminacee e leguminose in grado di garantire
contemporaneamente stabilit, attraverso lo sviluppo di un potente apparato radicale, e di
migliorare la qualit del suolo attraverso la simbiosi con batteri azoto- fissatori (batteri che
vivono in simbiosi con le radici e fissano azoto nel terreno).
Alcune delle specie erbacee di graminacee e leguminose pi efficaci nelle semine
sono spontaneamente presenti in gran parte del territorio dellItalia centrale, e possono
quindi spesso essere utilizzate, previa verifica della compatibilit edafica e climatica con la
stazione, come specie base nei miscugli.
In molte zone possibile ad esempio reperire tali specie nelle aree destinate a prati
permanenti. Tra queste specie si segnalano ad esempio le graminacee Dactylis
glomerata, Lolium perenne, Bromus erectus, Agrostis tenuis, Poa pratensis o le
leguminose Medicago lupulina, Trifolium pratense, Trifolium repens, Lotus corniculatus.
Alle componenti base del miscuglio saranno poi associate specie ecologicamente pi
caratteristiche, anche se con minori capacit iniziali di copertura.
Dopo liniziale risultato di consolidamento, il popolamento muter naturalmente nei
suoi rapporti tra le specie a favore di quelle ecologicamente pi caratteristiche.
L
Limportante avere chiaro il modello vegetazionale cui si tende attraverso
lintervento. Tale modello finale pu avere composizione floristica e struttura diverse
rispetto alla situazione ottenuta inizialmente.
Deve essere cio prevista la dinamica del popolamento vegetale creato che sar
idonea per le iniziali condizioni stazionali (in particolare per quel particolare stadio di
evoluzione del suolo), ma che dovr evolversi con levoluzione complessiva della
stazione.
quindi importante indirizzare e accelerare quello che dovrebbe essere un naturale
processo dinamico di colonizzazione ed evoluzione vegetazionale. Soprattutto nel caso di
utilizzazione di specie arbustive ed arboree tale processo pu essere indirizzato attraverso
adeguate cure colturali. Gli interventi devono quindi favorire ed accelerare la
colonizzazione spontanea delle specie locali, attraverso quella che pu essere definita una
successione controllata.
Pagina 17 di 21
ESEMPIO
DI
CORDONATA:
1.
2.
3.
4.
L
quindi importante il monitoraggio del risultato naturalistico dellintervento
realizzato, cos come importanti sono gli studi finalizzati a comprendere i processi
di colonizzazione ad opera di specie pioniere e le successive fasi dinamiche relative
ad aree soggette a manipolazione antropica ma anche a situazioni naturali quali, ad
esempio, i processi di colonizzazione di prati abbandonati o di detriti di falda
naturali (da cui possono essere individuati miscugli idonei a recuperare le
discariche di cava).
Occorre comunque ribadire la necessit, nel caso delle semine, di partire dal
patrimonio genetico locale non affidandosi ciecamente a miscugli preconfezionati.
Non di rado molte liste di specie presenti in pubblicazioni del settore presentano errori
tassonomici che possono compromettere il successo dellintervento.
emblematico il caso della diffusamente citata Festuca ovina, una graminacea
largamente utilizzata ma che in realt costituisce un gruppo di specie dalla ecologia e
distribuzione estremamente variabile. Sarebbe pi corretto indicare il gruppo di
Festuca ovina ove al suo interno sono presenti specie con differenti esigenze
ecologiche: da ambienti freschi su suoli acidi a situazioni pi xeriche su substrati
calcarei (al gruppo F Festuca ovina appartengono per esempio le specie Festuca
gracilior, F. inops, F. robustifolia, F. cinerea, F. tenuifolia, F. apuanica, F.
centroappenninica).
Pagina 18 di 21
Pagina 19 di 21
TEST DI AUTO-VALUTAZIONE
1. NEGLI
Pagina 20 di 21
TOSCANA:
CIA- CIPAAT TOSCANA:
EMILIA-ROMAGNA:
CSA DI BOLOGNA:
AGRIFORM:
IRFATA:
Pagina 21 di 21