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Progetto PON Ob.

3, IT 053, PO 007, Avviso 6/01, Fascicolo n 184:

"Nuovi modelli di formazione continua per il settore agricolo,


legati a nuove forme flessibili di lavoro e ai mutamenti
dell'organizzazione del lavoro"
PERCORSO DIDATTICO:

La gestione del territorio e delle risorse idriche:


lingegneria naturalistica
Elemento 2

SOMMARIO:
SOMMARIO: ........................................................................................................................2
LEGENDA ICONE: ................................................................................................................2
IMPOSTAZIONE DEL LAVORO DI INGEGNERIA NATURALISTICA: LINEE GUIDE PER I LANALISI
PRELIMINARE E LIPOTESI PROGETTUALE ...............................................................................3

INDAGINI BOTANICHE PER LA SCELTA DELLE SPECIE E DELLE TIPOLOGIE VEGETAZIONALI DI


PROGETTO .........................................................................................................................3

METODOLOGIE ...................................................................................................................6
CRITERI PRATICI E LINEE DINDIRIZZO PER LA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSIT ...............12
SCELTA DELLE SPECIE .......................................................................................................15
TEST DI AUTO-VALUTAZIONE .................................................................................20
LA RETE DEI TUTOR.....................................................................................................21

LEGENDA ICONE:
Per agevolare la fruizione dei materiali, sono state inserite delle icone che stanno
ad indicare:

: introduzioni e/o punti di passaggio tra gli argomenti dellelemento;


L: punti di attenzione e/o concetti particolarmente importanti e significativi;
: termine dellelemento;
: test di auto- valutazione.

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Gli interventi di ingegneria naturalistica hanno la necessit di essere impostati


su una serie di analisi preliminari, che ne delineino fattibilit e definizione precisa del
quadro del contesto dintervento.
In questo elemento, vedremo come si imposta il lavoro di analisi preliminare per un
progetto di ingegneria naturalistica.

IMPOSTAZIONE DEL LAVORO DI INGEGNERIA NATURALISTICA:


LINEE GUIDA PER LANALISI PRELIMINARE E LIPOTESI
PROGETTUALE
In ogni intervento di ripristino ambientale la fase progettuale, definitiva ed esecutiva,
deve necessariamente essere preceduta da unanalisi stazionale mirata a definire la
tipologia del degrado determinatosi, a cui affiancare uno studio sulla dinamica della
vegetazione in un ampio intorno rispetto al dissesto preso in considerazione.
E quindi opportuno riportare, a titolo di esempio, la metodologia standard adottabile
nei differenti contesti dellingegneria naturalistica:

esame delle cartografie e dei dati bibliografici esistenti sullarea oggetto dello
studio/intervento;
esame delle indagini climatiche, in sede storica (dove possibile) e attuale;
analisi geomorfologia del territorio;
rilevamenti topografici esistenti (o da realizzare ad hoc);
eventuale analisi idrologica ed idraulica, se in presenza di corsi dacqua;
ricostruzione delle sezioni geologiche e delle caratteristiche geomeccaniche
dellarea, in caso di interventi di ripristino di situazioni degradate;
indagini di campagna estese alle formazioni vegetazionali presenti in un
ambito vasto, per la conoscenza delle specie, delle tipologie vegetazionali e della
struttura delle formazioni di riferimento per gli interventi progettuali;
definizione delle tipologie vegetazionali dellarea di studio;
valutazione dello stato attuale della qualit ambientale dellarea ai fini della
valutazione della compatibilit ambientale degli interventi progettuali;
definizione del progetto botanico degli interventi di rinaturazione e di
inserimento paesaggistico ambientale;
individuazione di interventi di sistemazione del territorio, con particolare
riferimento a quelli di tipo idraulico.

INDAGINI BOTANICHE PER LA SCELTA DELLE SPECIE E DELLE


TIPOLOGIE VEGETAZIONALI DI PROGETTO
Uno dei momenti pi importanti dellanalisi pre-progettuale riguarda direttamente
lindividuazione delle piante pi idonee rispetto al contesto nel quale si esplica il progetto
di ingegneria naturalistica.

L
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E indispensabile, almeno per gli interventi pi complessi, una ricerca propedeutica


sulla vegetazione, che porti alla conoscenza approfondita delle caratteristiche ambientali
dellarea dintervento, per riproporre tipologie vegetazionali, ad esempio con funzioni
antierosive e di consolidamento, coerenti con il territorio ed affini a stadi della serie
vegetazionale autoctona.
Per raggiungere tale obiettivo nelle situazioni di dissesto idrogeologico, per esempio,
ove sono state completamente alterate le condizioni vegetazionali, morfologiche,
pedologiche ed idrauliche iniziali, si utilizzano, in genere, impianti di fitocenosi non molto
evolute, con caratteristiche pioniere, capaci per di innescare il processo di
rinaturalizzazione.

L
Le fitocenosi sono le comunit vegetali che vivono in un determinato ambiente ed il loro
campo di studio la Fitogeografia (scienza che analizza le specie vegetali in relazione
alla loro distribuzione geografica e, quindi, gli ecosistemi in cui esse si trovano).
In pratica studiando le piante di un dato ambiente, i ricercatori possono capirne
indirettamente lo stato di salute, e definire le condizioni di scenario prevedibili dopo che
lintervento di ingegneria naturalistica ha avuto luogo.
In linea generale possiamo distinguere almeno tre livelli di studio:

livello 1, rivolto alle singole specie: si , e cio si ricerca, si classifica e si


elencano tutte le pianti vascolari appartenenti a Pteridofite, piante prive di fiori e
semi (equiseti e felci), Gimnosperme, piante con fiori che hanno gli ovuli non
racchiusi nell'ovario (Conifere), Angiosperme, piante con fiori i cui ovuli sono
racchiusi nell'ovario (Latifoglie).
Livello 2, rivolto a come le singole specie si raggruppano originando
comunit vegetali o fitocenosi ( propriamente lo studio della vegetazione). La
vegetazione di un dato territorio rappresentata dall'insieme e dal modo di
raggrupparsi delle specie che presenti, quando si raggruppano in comunit
vegetali omogenee e ben definite e pi o meno stabili ed in equilibrio con
l'ambiente. Pi associazioni vegetali che si distribuiscono sul territorio
costituiscono la vegetazione di un certo luogo (foresta a Faggio, bosco a
Roverella, prato a Festuca, ecc.). Individuare un'associazione vegetale significa
quindi studiare anche i fattori ecologici che ne regolano gli equilibri e in definitiva
l'ecosistema di cui essa fa parte; tali raggruppamenti di piante sono selezionati da
fattori storici, epoca in cui la specie comparsa sulla terra, ed edafici, ovvero le
caratteristiche chimiche e fisiche del suolo, gli aspetti climatici e la competizione
che si instaura tra le varie specie.
Livello 3, rivolto a come le fitocenosi si distribuiscono sul territorio (studio
del paesaggio vegetale).

Quando si esegue un'analisi ambientale bene tener presente che le diverse specie
vengono distinte in base al luogo di origine o di provenienza in Indigene o Autoctone,
piante diffuse in un territorio senza lapporto della comunit umana. A questultima
tipologia appartengono peraltro le piante pi comuni della nostra flora, che contribuiscono
alla lettura del paesaggio, quali Quercus ilex, Quercus pubescens, Quercus cerris,
Castanea sativa, Ostrya carpinifoglia, Fagus silvatica, Ilex aquifolium, Taxus baccata,
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Genziana lutea, Vaccinum myrtillus, ecc. Tra le piante autoctone, esiste anche il gruppo
delle endemiche che vivono solo in una piccola area geografica.
Le specie esotiche o alloctone, invece, sono piante originarie di contesti
ecosistemici diversi, introdotte intenzionalmente o accidentalmente dall'uomo in un
territorio non compreso nell'area naturale di distribuzione: alcune si comportano poi come
indigene naturalizzate, come la Robinia pseudoacacia (Acacia o Robinia), l'Ailanthus
altissima (Albero del paradiso), Cercis siliquastrum (Albero di Giuda).

FOTO

10- ESEMPIO DI PIANTA INDIGENA NATURALIZZATA LA ROBINIA PSEUDOACACIA L. (CAESALPINIACEAE), FONTE


WWW.DIPBOT.UNICT.IT/ORTO/0253

Il paesaggio vegetale suddivisibile nelle seguenti macro-tipologie:

naturale, caratterizzato da vegetazione spontanea, fitocenosi comparse prima o


dopo lantropizzazione del territorio, ma comunque senza interventi da parte
delluomo, come nel caso di boschi di Leccio, Roverella, Orniello, Castagno,
Faggio, e anche associazioni erbacee sopra una certa altitudine;
seminaturale: cenosi arbustive derivate dall'abbandono del pascolo, che
rappresentano uno stadio intermedio verso la ricostituzione delle cenosi boschive
primarie;
antropico o culturale: ambienti artificiali, prodotti dall'uomo (campi coltivati, ree
urbane, siepi, strade, fossi, giardini, ecc.).

In definitiva, inquadrando la vegetazione di un ambiente e definendone le


caratteristiche principali, possiamo studiare in modo indiretto lo stato di salute di un
ecosistema.
Nellanalisi della vegetazione, va compreso uno studio sui lineamenti climatici della
zona di intervento, reperendo le serie mensili dei dati di temperatura e precipitazioni per la
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realizzazione del diagramma di Walter o di Bagnouls-Gaussen che fornisce importanti


indicazioni per la scelta delle specie.

GRAFICO DI BAGNOULS-GAUSSEN. SULLASSE DELLE ORDINATE SONO POSTE LE PRECIPITAZIONI E LE TEMPERATURE

MEDIE, E SU QUELLO DELLE ASCISSE I DODICI MESI DELL'ANNO.

METODOLOGIE
Le metodologie adottabili per la ricerca vera e propria sono due:

Analisi floristica;
Analisi fito- sociologica1.

Lanalisi floristica si struttura sulla determinazione delle entit floristiche presenti


con il riconoscimento della loro autoecologia (ad esempio le specie igrofile o xeriche)
unitamente alle forme biologiche ed ai tipi corologici, che servono per lindividuazione delle
specie autoctone. Dalla lista delle specie autoctone riscontrate, strutturata secondo le
forme biologiche, vanno selezionate le specie di progetto.

L
Lanalisi floristica molto pi rapida di quella fito- sociologica, ed normalmente
applicata nelle situazioni caratterizzate da condizioni locali poco complesse, come
avviene per interventi di estensione limitata, ed in contesti con caratteristiche
ecologiche della stazione omogenee.

La fitosociologia la branca della botanica che studia le comunit vegetali.

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Le forme biologiche, o di crescita delle piante, rappresentano la possibilit di


descrivere la struttura della vegetazione tramite i differenti adattamenti allambiente
esterno (esempi intuitivi di forme biologiche sono lalbero, larbusto o la specie erbacea).
Il sistema utilizzato per classificare le forme biologiche quello del botanico danese
Raunkiaer (1902) che si basa sulla strategia assunta dalle piante per proteggere le
gemme dalle avversit climatiche (il freddo invernale o laridit estiva).
Tornando a considerare un esempio di intervento di ingegneria naturalistica finalizzato
alla ri- naturalizzazione dei corsi dacqua, si prenderebbero in esame per forma biologica,
le piante vascolari, tipiche dei corsi dacqua dellItalia centrale, che sono suddivise in 6
classi principali:

Terofite: piante annuali che superano le avversit climatiche sotto forma di semi
(ad es. Papaver rhoeas, papavero);
Idrofite: piante perenni acquatiche con gemme sommerse durante la stagione
sfavorevole (ad es. Potamogeton natans, lingua dacqua).
Geofite: piante perenni con organi ipogei (bulbi o rizomi) sui quali si trovano le
gemme (ad es. Phragmites australis, cannuccia di palude);
Emicriptofite: piante perenni con le gemme a livello del suolo (ad es. Bellis
perennis, margherita);
Camefite: piante perenni, alla base legnose, con le gemme fino a 30 cm. da terra.
(ad es. Helichrysum italicum, elicriso);
Fanerofite: piante perenni legnose con le gemme a pi di 30 cm. dal suolo (alberi
ed arbusti).

Lo spettro biologico rappresenta la ripartizione percentuale delle varie forme


biologiche della flora di un territorio ed evidenzia le relazioni tra clima e flora. La
conoscenza delle forme biologiche di grande interesse applicativo nella progettazione
degli interventi di Ingegneria naturalistica, in particolare nella scelta delle sementi per gli
inerbimenti.
Va per considerato che le specie floristiche non si distribuiscono nel territorio in
maniera uniforme: alcune occupano aree molto ristretto, altre regioni molto estese, fino a
quasi tutta la superficie terrestre.

L
Anche per ricerche semplici, allora, allanalisi per forme biologiche normalmente
associata anche quella per tipi corologici della flora italiana (ossia lanalisi dei gruppi
che rappresentano la distribuzione geografica delle specie e che consente di
individuare le specie autoctone per gli interventi progettuali), che possono essere cos
sintetizzate (Pignatti, 1982):

Endemiche: specie ad areale ristretto, sono lelemento pi caratteristico di una


flora. LItalia ricca di endemismi (732, pari al 13,5% della flora) per la sua
conformazione geografica e per la storia evolutiva della flora (ad es. Primula
palinuri).
Mediterranee: si dividono in stenomediterranee con areale lungo le coste del
bacino mediterraneo come Arbutus unedo (corbezzolo) ed eurimediterranee che si
estendono fino allEuropa media quali Fraxinus ornus (orniello);
Orofite sudeuropee: specie differenziatesi sulle montagne dellEuropa meridionale
dopo lorogenesi terziaria (come Abies alba, abete bianco);

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FOTO

Eurasiatiche: diffuse nelle zone temperate dellEuropa e dellAsia, in Italia


predominano nella pianura padana e nella fascia di bassa montagna (ad es.
Corylus avellana, nocciolo);
Atlantiche: specie con areale che gravita sulle coste atlantiche dellEuropa, legate
ad un clima oceanico, con precipitazioni distribuite durante tutto lanno e inverni non
troppo freddi (ad es. Helleborus foetidus, elleboro puzzolente);
Settentrionali: distribuite nelle zone pi fredde del globo, in Italia si rinvengono
soprattutto nelle zone montane, come, ad es., Vaccinium myrtillus (mirtillo);
Cosmopolite: specie ad ampia distribuzione diffuse in tutti i continenti, si ritrovano
soprattutto negli ambienti antropizzati, come Amaranthus retroflexus (amaranto
comune).

11- ARBUTUS UNEDO L. (ERICACEAE: CORBEZZOLO,

ALBATRO, ROSSELLO) FONTE

WWW.DIPBOT.UNICT.IT/ORTO/0026

La seconda tipologia di indagine botanica quella definita fitosociologica, ed


utilizzata spesso in integrazione a quella floristica, e comunque nelle situazioni ambientali
pi complesse ed articolate dal punto di vista ecologico, quindi quelle proprie di aree di
intervento progettuale estese.

L
Come indagine fornisce senzaltro le informazioni pi complete nelle decodifica del
messaggio che la copertura vegetale fornisce al progettista di interventi di bioingegneria.
La sua peculiarit riguarda lapproccio metodologico, che dallanalisi qualitativa,
propria dellindagine floristica, passa allanalisi quali- quantitativa, che consente un
confronto oggettivo tra situazioni fisionomicamente simili o diverse.
Il metodo, messo a punto da J. Braun Blanquet negli anni 20 del XIX secolo,
adottato da tutta la scuola europea, e si struttura sulla base del riconoscimento della
vegetazione formata da unit discrete, caratterizzate da una certa composizione floristica:
le associazioni.

L
Lassociazione vegetale definita da Braun Blanquet come un aggruppamento
vegetale pi o meno stabile ed in equilibrio con lambiente, caratterizzato da una
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composizione floristica, in cui alcune specie vegetali, che si rinvengono quasi


esclusivamente in questo popolamento, rilevano con la loro presenza, una ecologia
particolare ed autonoma.
A partire dallassociazione possibile riconoscere delle unit sintassonomiche
superiori comprendenti la vegetazione di territori sempre pi estesi. Lelemento operativo
fondamentale nellindagine fito- sociologica il rilievo consistente nel censimento delle
specie vegetali di una stazione opportunamente scelta allinterno di una zona
fisionomicamente omogenea, accompagnato da una valutazione quantitativa
sullabbondanza di ogni specie, nonch delle principali caratteristiche ecologiche e
strutturali della stazione stessa, quali altitudine, inclinazione, esposizione, stratificazione,
eccetera.
I rilievi possono poi essere elaborati con metodi statistici di analisi multivariata
(classificazione e ordinamento) allo scopo di ottenere una tabella strutturata. Tramite
lanalisi fitosociologica viene individuato lo stadio dinamico evolutivo o degenerativo di una
comunit vegetale, ottenendo elementi di previsione del suo sviluppo nel tempo.

L
In sintesi quindi, lindagine fito- sociologica consente di classificare la vegetazione di
una zona secondo certe unit organizzate gerarchicamente in relazione ai parametri
ambientali, con informazioni sulle tendenze evolutive dei processi, caratteristiche che
la rendono uno strumento fondamentale nello studio di un territorio e nella progettazione
degli interventi di ingegneria naturalistica.
In particolare risulta di estremo interesse applicativo la conoscenza, per una data
stazione, delle associazioni pioniere su suoli grezzi e della loro successione attraverso le
associazioni seguenti fino allassociazione finale (Schiechtl H. M., 1991).
In cerete situazioni, levoluzione della vegetazione si realizza sotto lo stretto
condizionamento edafico (dovuto al suolo e alla porzione superficiale della crosta
terrestre e agli organismi che vi prolificano), che prevale rispetto al condizionamento
climatico.
In questi casi la vegetazione, definita azonale (ossia indipendente dalla zonizzazione
climatica), pu raggiungere, nella sua fase pi evoluta, un particolare stato di equilibrio,
definito climax edafico.

L
Si ricordi che per climax climatico, si intende lo status di equilibrio stabile con le
condizioni generali del clima regionale della comunit eco- sistemica.
Per climax edafico si intendono invece stadi stazionari modificati, in equilibrio con le
particolari condizioni locali del suolo.
Il contrario, ossia disclimax, la condizione di un ecosistema per il quale non
possibile raggiungere il climax, perch le azioni delluomo lo mantengono in situazione
di disequilibrio (superpascolo, campo coltivato).
Sono caratteristici esempi di vegetazione azonale le formazioni psammofile (dal
greco psammos, sabbia) delle dune costiere (condizionate dalla caratteristica mobilit del
substrato), la vegetazione casmofitica (piante adatte alla crescita su rupi verticali e muri)
delle pareti rocciose verticali (sotto lo stretto condizionamento del substrato roccioso) o le
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formazioni ripariali (condizionate dal livello della falda). Le formazioni riparali sono
caratterizzate da specie igrofile (salici, pioppi, ontani), in stazioni a umidit persistente o
ristagno idrico.
Col termine fattori edafici si indicano tutti quei fattori ecologici riferibili al substrato
sul quale si sviluppa un organismo vegetale. Si avranno quindi:

fattori fisici (granulometria, acqua, aria, temperatura del suolo),


chimici (pH, ioni, sali, nutrienti, ecc.)
biotici (microrganismi, micorrize, ecc.).

La granulometria di un suolo indica la composizione percentuale delle diverse


classi di grandezza dei clasti misurate secondo le seguenti frazioni di diametro medio:

Sabbia grossa 2 - 0,5 mm;


Sabbia media 0,5 - 0,25 mm;
Sabbia fine 0,25 - 0,05 mm;
Limo 0,05 - 0,002 mm;
Argilla < 0,002 mm.

La granulometria dei diversi orizzonti di un suolo ha influenza sulle piante in quanto


regola laerazione, la ritenzione idrica, la meccanica del substrato, ecc. In base alla
preferenza per diversi tipi tessiturali si distinguono:

specie:psammofile caratteristiche dei suoli sabbiosi incoerenti (Ammophila


arenaria, Elymus farctus, Sporobolus virginicus),
specie glareicole, dei ghiaioni e delle pietraie mobili (Isatis allioni, Festuca
dimorpha, Oxyria digyna),
specie argillofile dei terreni limoso-argillosi (Arundo plinii, Hedysarum
coronarium).
casmofite le piante adattate alla crescita su rupi verticali e dei muri (Ceterach
officinarum, Cymbalaria muralis, Erigeron karwinskianus).

Le formazioni ripariali, di particolare interesse naturalistico e paesaggistico, sono


non di rado oggetto di interventi di ingegneria naturalistica cos come sono oggetto negli
ultimi anni di una particolare attenzione da parte di molte regioni italiane.
Questo perch la vegetazione ripariale il risultato di particolari condizioni
ecologiche, tra cui spicca linfluenza del livello della falda freatica.
Tale condizionamento fa assumere quindi a questo tipo di formazioni il valore di
climax edafico in quanto non condizionate dalla zonizzazione climatica generale.
La diversa distanza delle sponde dalla falda e il loro diverso condizionamento ad
opera delle piene sono fattori che permettono la presenza, in un ambito particolarmente
limitato, di pi serie di vegetazione disposte parallelamente al fiume a costituire un
caratteristico geosigmeto.
Rispetto alle situazioni sotto lo stretto condizionamento climatico, non siamo quindi in
presenza di un insieme di associazioni riunite in una caratteristica serie e in un unico tipo
di climax, ma in un insieme di serie, dove le diverse formazioni sono in contatto catenale,
dal corso dacqua verso linterno, secondo un gradiente ecologico:

associazioni erbacee,

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saliceti arbustivi,
saliceti arborei,
formazioni a dominanza di ontano nero, boschi mesoigrofili con pioppi e
farnia, fino ad arrivare alle formazioni svincolate dalla falda.

In questi casi la scelta delle specie da utilizzare in interventi di ingegneria naturalistica


dovrebbe essere condizionata dal riconoscimento delle serie presenti e dallindividuazione
delle specie che, allinterno di ciascuna serie, meglio si prestano allintervento (per
caratteristiche biotecniche, reperibilit sul mercato).
Tale indagine potr assicurare una copertura vegetale suscettibile di evolversi
spontaneamente verso consorzi pi naturali, raggiungendo un contemporaneo risultato di
protezione del suolo e di difesa idrogeologica.
La redazione della carta della vegetazione, resa possibile dallanalisi fitosociologica, permette inoltre una graficizzazione delle informazioni, rendendo evidente la
distribuzione della vegetazione stessa sul territorio, secondo i fattori ambientali e consente
di avere informazioni sulle caratteristiche ecologiche e strutturali delle varie fitocenosi,
nonch sul dinamismo in atto.

Interessanti esempi di carta della vegetazione, circostanziati al padule di


Fucecchio, ma utilissimi per verificare in concreto le tematiche trattate sono reperibili al
sito: http://www.zoneumidetoscane.it/eventi/extra/libro_1_pdf/carte_vegetazione.pdf.
Nella pagina seguente inoltre mostrata una scheda per il rilevamento fitosociologico.

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ESEMPIO

DI SCHEDA PER IL RILEVAMENTO FITO- SOCIOLOGICO.

NATURALISTICA DELLA PROVINCIA DI

TERNI.

VEDI MANUALE

TECNICO DI INGEGNERIA

Effettuate le ricerche botaniche qualitative o quanti- qualitative, comunque


opportuno avere a riferimento alcuni principi operativi di massima per la scelta delle specie
che caratterizzeranno lintervento di ingegneria naturalistica, criteri che diventano dei veri
e propri precetti quando lintervento riferito alle aree ad elevato valore ambientale.
Quella che segue una parte che richiede attenzione particolare, perch vi si
espongono quali criteri si devono seguire per lutilizzo di specie vegetali in opere di
ingegneria naturalistica. quindi fondamentale che sia affrontata con particolare riguardo.

CRITERI PRATICI E LINEE DINDIRIZZO PER LA CONSERVAZIONE


DELLA BIODIVERSIT
Compatibilmente con i risultati dellanalisi stazionale e con la ricerca floristica e fitosociologica, i principi cardine da seguire possono essere cos sintetizzati:

L
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Realizzazione di mosaici ambientali e pluralit dhabitat. La scelta di una certa


successione di vegetazione, attraverso interventi di ingegneria naturalistica, se da un lato
deve essere coerente con i lineamenti vegetazionali del territorio protetto, dallaltro
chiamata a realizzare cambi, discontinuit, e mosaici di paesaggio vegetale. preferibile
stabilire una pluralit ambientale rispetto allintorno piuttosto che riproporre omologie. Il
massimo di diversit biologica (floristica e faunistica) si realizza proprio in
presenza/conseguenza di un massimo di diversit di habitat contigui, tra loro comunque in
stretta relazione biocenotica.

L
Realizzazione di livelli superiori di naturalit e complessit. Le scelte progettuali di
tipologia vegetazionale devono definire gli stadi pi evoluti possibili lungo la successione
dinamica individuata, compatibilmente con le condizioni ecologiche della stazione
(relativamente ai limiti stabiliti da altitudine, esposizione, acclivit, tipo suolo). Questo
serve ad orientare il successivo sviluppo delle formazioni/associazioni verso condizioni
climax, o comunque stabilire da subito situazioni di copertura vegetale con livelli superiori
di naturalit e complessit. In effetti, le aree naturali protette richiedono sempre soluzioni
estreme di qualit, anche se pi difficili ed onerose per i costi dimpianto e di prima
manutenzione.

L
Realizzazione del massimo livello possibile di diversit floristica. Va presupposto che
una selezione di entit vegetali da impiegare, nello specifico di un intervento di ingegneria
naturalistica, risponda efficacemente alle condizioni ecologiche richieste dalla stazione e
sia dotata delle pi idonee caratteristiche bio- tecniche per quel sito. Sebbene questo
comporti una forte selezione di taxa impiegabili, le scelte progettuali devono tendere alla
realizzazione della maggiore diversit biologica, da intendersi qui sia in termini di
composizione floristica (come maggior numero di specie), sia in termini di fisionomia della
vegetazione (come maggior numero di forme e sottoforme biologiche).

L
Esclusione dei taxa non appartenenti alla flora locale. Gli elenchi floristici di unarea
protetta (meglio se riferiti ad una parte non molto estesa) forniscono indicazioni utili a
sbozzare un primo insieme, ancora grezzo, di entit suscettibili di utilizzo nei ripristini
ambientali. Gli stessi elenchi permettono, pi nettamente, di escludere a priori (e con
relativa difficolt) tutti i taxa estranei al popolamento floristico originario del territorio,
restringendo il campo delle specie e sottospecie da ricercare ed impiegare.

L
Esclusione dei taxa ad ampia distribuzione. Al criterio netto dellappartenenza alla flora
locale, segue lindirizzo della preferenza verso entit caratterizzate da tipologia corologica
meno estesa possibile (con areale di distribuzione pi ristretto). In ogni caso, sono da
evitare le piante avventizie (naturalizzate e non), le cosmopolite e le subcosmopolite e,
comunque, il vasto gruppo delle sinantropiche. Il fine evidente quello di proporre quadri
ambientali e paesaggi naturali non generici e ricorrenti, ma quanto pi caratterizzati e
diversificati in senso floristico regionale, dato che questo valore, essendo anche
morfologico oltre che genetico, immediatamente apprezzabile e rende un valore
aggiunto immediato al patrimonio naturalistico di unarea protetta.

L
Esclusione dei taxa inseriti nelle red list. Ragioni di tutela e conservazione tali da
porre limiti concreti allapplicazione del precedente criterio, suggeriscono di evitare luso di
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specie e sottospecie (spesso endemiche, subendemiche o relitte), che trovano posto nelle
liste rosse compilate secondo i criteri dettati dallI.U.C.N. (Fondata il 5 Ottobre del 1948
come International Union for the Protection of Nature (IUPN), a seguito di una conferenza
internazionale a Fontainebleau, Francia, lorganizzazione ha cambiato il suo nome in
International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN) nel 1956.
Nel 1990 stato cambiato il nomr in IUCN -The World Conservation Union. Alla IUCN
partecipano oltre 70 stati, 100 agenzie governative, e oltre 750 agenzie non governative,
con pi di 10.000 scienziati ed esperti da tutto il mondo. La sua red list, aggiornata al
2003, disponibile al sito http://www.redlist.org/)
Sono soprattutto le categorie che esprimono un maggior rischio di estinzione - e
corrispondenti alle denominazioni di gravemente minacciato (CR), minacciato (EN) e
vulnerabile (VU) - a sconsigliare luso dei taxa inseriti nei loro stessi elenchi. In altre
parole, bisogna evitare che lingegneria naturalistica, pur condotta con tutte le accortezze
possibili, possa contribuire, suo malgrado, alla rarefazione e scomparsa della flora
spontanea.

L
Provenienza autoctona dei materiali vegetali. Come gi accennato, deve essere evitato
limpiego di semi o parti vegetative di piante non raccolte in loco, anche se appartenenti a
specie e sottospecie nominalmente descritte nella flora del territorio. Questo principio vale
per qualsiasi tipo di intervento forestale e quindi applicabile, in pieno, al campo
dellingegneria naturalistica. In particolare, sono da escludersi i materiali alloctoni
provenienti da vivai o strutture similari non specializzati per la flora locale, tenuto conto
che, soprattutto nelle aree protette, lutilizzo di vegetali, con provenienza esterna ai confini
o comunque incerta, costituisce una minaccia allintegrit degli ecosistemi e pu indurre
modificazioni future sulla variabilit delle popolazioni autoctone. E da evitare anche
lintroduzione e/o la reintroduzione di taxa oggi assenti, anche nel caso di trasferimento di
materiale da un settore ad un altro della stessa area protetta.

L
Prelievo limitato in natura dei materiali vegetali. Per quanto attiene la scelta del
materiale vivente da utilizzare per gli interventi di ingegneria naturalistica opportuno
limitare allo stretto necessario il prelievo in natura dei vegetali, secondo alcune indicazioni
dordine generale:

quando si effettuano ricerche in loco di semi, non se ne devono raccogliere pi


del 10 % del totale prodotto in una stagione da una popolazione e con
percentuali ancora minori se il gruppo dindividui vegeta accantonato in
stazioni isolate. Lobiettivo di non mettere a repentaglio la sopravvivenza di questi
nuclei naturali;
quando si effettuano raccolte di interi individui, opportuno non praticare
prelievi quando il numero delle stazioni conosciute in loco, per una certa entit
tassonomica, assumano minima espressione.
non bisogna mai contrarre una popolazione vegetale (in una determinata stazione)
al di sotto della soglia della minima dimensione effettiva di 500 individui maturi.
Tali precauzioni risultano necessarie al fine di assicurare una base genetica
sufficientemente ampia per le popolazioni naturali, in quanto condizione primaria di
preservazione della variabilit e di potenzialit per una continua evoluzione;
quando si effettuano prelievi di parti di individui, con lo scopo di favorire la
propagazione attraverso talee, astoni, rizomi, necessario limitare il numero di
asportazioni per soggetto, con il fine di non ridurre le piante madri in uno stato

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vegetativo di immediata o successiva deperienza e quindi limitarne o perfino


annullarne la vitalit.

L
Ricerca della massima variabilit nelle popolazioni insediate ex novo. Gli interventi di
ingegneria naturalistica creano talvolta nuove stazioni di popolazioni vegetali in cui deve
esistere e mantenersi una certa variabilit biologica, utile a fronteggiare evenienze
ambientali e garantire un continuo sviluppo evolutivo. Le nuove stazioni insediate
attraverso semina e impianto di individui completi assicurano, almeno in teoria, una certa
variabilit di popolazione appartenente allo stesso taxon. Nel caso di propagazione
vegetativa necessario prelevare talee, astoni, rizomi o quantaltro, da individui diversi,
magari anche spazialmente distanti tra di loro nelle stazioni di prelievo (in modo da evitare
la formazione di popolazioni di cloni), tenendo conto anche della presenza di esemplari
con fiori sia delluno sia dellaltro sesso, nel caso di utilizzo di specie dioiche (es. Salix).

L
Mantenimento corretto del materiale raccolto a garanzia della variabilit. Una volta
che il materiale stato raccolto con successo - trattandosi esso di semi, parti o di interi
individui - lo stesso deve essere mantenuto o immagazzinato in modo tale da non perdere
o diminuire la variazione genetica contenuta nei campioni. Linadeguata conservazione dei
semi, nonch gli stress idrici, termici (subiti da parti od individui vegetali nel caso in cui si
tardasse nel porli a dimora) sono spesso causa di minore germinabilit o di fallanze negli
impianti, che riducono la diversit biologica nelle nuove stazioni insediate.

SCELTA DELLE SPECIE


Visto che intervento di ingegneria naturalistica ha luogo allinterno di un ecosistema
fragile, la scelta della specie negli interventi di ingegneria naturalistica una fase
fondamentale per il successo dellintervento. La scelta dovrebbe essere condizionata dal
riconoscimento delle serie di vegetazione presenti nellarea di intervento e
dallindividuazione delle specie che, allinterno di ciascuna serie, meglio si prestano ad
essere utilizzate in quelle particolari condizioni stazionali (edafiche, microclimatiche).
Un approccio di tipo naturalistico alla scelta delle specie, permette
contemporaneamente di utilizzare le potenzialit genetiche dei popolamenti locali,
particolarmente adattati e selezionati da quelle particolari condizioni stazionali, e di evitare
inquinamenti genetici.
La scelta si baser su una lista floristica, costituita da ecotipi locali ed individuata in
base ad una analisi fito- sociologica ed ecologica, che dovrebbe essere poi selezionata in
base ad altri criteri quali:

le caratteristiche biotecniche delle specie (ad esempio la resistenza alle


sollecitazioni meccaniche);
le possibilit e la velocit di propagazione;
le capacit colonizzatrici e miglioratrici;
ladattabilit a particolari condizioni stazionali limitanti (ad esempio nel
rinverdimento di discariche, scarpate ferroviarie).

E di estrema importanza la conoscenza, per ciascuna specie, delle seguenti


caratteristiche:

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rapporto tra volume dellapparato radicale e parte aerea;


forma dellapparato radicale;
resistenza allestirpamento (diretta conseguenza della forma dellapparato
radicale),
resistenza al taglio del terreno attraversato da radici ed i livelli di
evapotraspirazione dei popolamenti vegetali creati.

Un altro fattore determinante negli interventi di ingegneria naturalistica, la


reperibilit delle specie, fattore che condiziona fortemente la scelta possibile per gli
interventi.
La disponibilit, soprattutto per le specie erbacee, oggi estremamente limitata, e la
provenienza delle stesse raramente compatibili con criteri di tipo naturalistico. La scarsa
reperibilit potrebbe comunque essere ovviata attraverso la costituzione di nuovi vivai
specializzati per il territorio regionale o, ancora meglio, per sottoregioni ecologicamente
affini. In altri casi la disponibilit delle specie erbacee resa possibile da raccolte in loco
che, comunque, risultano estremamente dispendiose da un punto di vista economico.
Va peraltro ricordato che nel caso di raccolte in loco di fondamentale importanza
studiare la fenologia delle specie per prelevare il materiale di propagazione al
momento pi idoneo.
certo comunque che il problema della reperibilit del materiale vegetale deve
essere affrontato anche in termini di provvedimenti legislativi.
Purtroppo molte specie particolarmente adatte ad un utilizzo nei rinverdimenti non
sono reperibili sul mercato.
Sarebbe importante, ad esempio, poter disporre di graminacee ad elevata capacit
colonizzatrice quale il genere Brachypodium (variabile dal montano B. genuense e B.
rupestre al pi termofilo B. sylvaticum).
Se le risorse finanziarie lo consentono, in prossimit dellarea oggetto dellintervento
di ingegneria naturalistica si realizzano dei piccoli vivai ( il caso, ad esempio, di progetti di
recupero di sedi estrattive dismesse), oppure stipulati contratti specifici con vicini vivai o si
pu ricorrere alla raccolta diretta del fiorume.
Non raramente inoltre possibile prelevare del materiale vegetale nei pressi del
cantiere di lavoro, quali talee (ad esempio di salici e pioppi), piote erbose, rizomi,
mettendo eventualmente in atto interventi di conservazione temporanea del materiale.
Alla scarsa disponibilit del materiale vegetale nelle regioni appenniniche si unisce,
per le regioni costiere mediterranee, la scarsa sperimentazione. Alcuni manuali, regionali o
provinciali, presentano liste di specie erbacee, arbustive ed arboree, utilizzabili negli
interventi di ingegneria naturalistica, corredate da informazioni relative allecologia, alla
distribuzione, alle caratteristiche biotecniche. Alcuni lavori riportano elenchi di specie con
le rispettive caratteristiche ecologiche che possono risultare molto utili.

L
certo per che, se lindirizzo naturalistico realmente applicato, lindividuazione delle
specie idonee dovrebbe principalmente derivare da una selezione delle flore locali, con il
patrimonio genetico caratteristico dellarea di intervento.
Nella scelta delle specie da utilizzare in interventi di ingegneria naturalistica, per la
Toscana, una lista di riferimento dovrebbe essere costituita da tutte le specie della flora
regionale, costituita, in considerazione dellestrema diversit climatica, geomorfologica ed
altitudinale, da oltre 3.000 specie.
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In considerazione della ricchezza della flora dellItalia centrale, per non indicare liste
di specie incomplete o riferite solo a particolari porzioni del territorio e comunque per
rispettare un criterio naturalistico, forse pi utile fornire uninformazione sui lavori floristici
e/o vegetazionali disponibili, divisi in ambiti geografici, al fine di valorizzarne a pieno tutte
le potenzialit applicative (ad oggi tale documentazione costituisce invece un ampio
patrimonio scarsamente utilizzato nella pratica).
Il progettista potr quindi individuare, per la sua area di intervento, le eventuali
pubblicazioni disponibili con le relative indicazioni floristiche. Spetter poi al professionista
selezionare, fra le specie segnalate per larea, quelle idonee al tipo di intervento ed al tipo
di condizioni stazionali.
Nella scelta delle specie erbacee per la costituzione didonei miscugli deve essere
privilegiata la presenza di graminacee e leguminose in grado di garantire
contemporaneamente stabilit, attraverso lo sviluppo di un potente apparato radicale, e di
migliorare la qualit del suolo attraverso la simbiosi con batteri azoto- fissatori (batteri che
vivono in simbiosi con le radici e fissano azoto nel terreno).
Alcune delle specie erbacee di graminacee e leguminose pi efficaci nelle semine
sono spontaneamente presenti in gran parte del territorio dellItalia centrale, e possono
quindi spesso essere utilizzate, previa verifica della compatibilit edafica e climatica con la
stazione, come specie base nei miscugli.
In molte zone possibile ad esempio reperire tali specie nelle aree destinate a prati
permanenti. Tra queste specie si segnalano ad esempio le graminacee Dactylis
glomerata, Lolium perenne, Bromus erectus, Agrostis tenuis, Poa pratensis o le
leguminose Medicago lupulina, Trifolium pratense, Trifolium repens, Lotus corniculatus.
Alle componenti base del miscuglio saranno poi associate specie ecologicamente pi
caratteristiche, anche se con minori capacit iniziali di copertura.
Dopo liniziale risultato di consolidamento, il popolamento muter naturalmente nei
suoi rapporti tra le specie a favore di quelle ecologicamente pi caratteristiche.

L
Limportante avere chiaro il modello vegetazionale cui si tende attraverso
lintervento. Tale modello finale pu avere composizione floristica e struttura diverse
rispetto alla situazione ottenuta inizialmente.
Deve essere cio prevista la dinamica del popolamento vegetale creato che sar
idonea per le iniziali condizioni stazionali (in particolare per quel particolare stadio di
evoluzione del suolo), ma che dovr evolversi con levoluzione complessiva della
stazione.
quindi importante indirizzare e accelerare quello che dovrebbe essere un naturale
processo dinamico di colonizzazione ed evoluzione vegetazionale. Soprattutto nel caso di
utilizzazione di specie arbustive ed arboree tale processo pu essere indirizzato attraverso
adeguate cure colturali. Gli interventi devono quindi favorire ed accelerare la
colonizzazione spontanea delle specie locali, attraverso quella che pu essere definita una
successione controllata.

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ESEMPIO

DI

CORDONATA:

1.
2.
3.
4.

FASCIAME DI RAMETTI GIOVANI DI CONIFERA.


TAVOLA DI MATERIALE INERTE.
PALI DI DIAMETRO 6-12 CM DI MATERIALE INERTE.
RIPORTO DI TERRA.

L
quindi importante il monitoraggio del risultato naturalistico dellintervento
realizzato, cos come importanti sono gli studi finalizzati a comprendere i processi
di colonizzazione ad opera di specie pioniere e le successive fasi dinamiche relative
ad aree soggette a manipolazione antropica ma anche a situazioni naturali quali, ad
esempio, i processi di colonizzazione di prati abbandonati o di detriti di falda
naturali (da cui possono essere individuati miscugli idonei a recuperare le
discariche di cava).
Occorre comunque ribadire la necessit, nel caso delle semine, di partire dal
patrimonio genetico locale non affidandosi ciecamente a miscugli preconfezionati.
Non di rado molte liste di specie presenti in pubblicazioni del settore presentano errori
tassonomici che possono compromettere il successo dellintervento.
emblematico il caso della diffusamente citata Festuca ovina, una graminacea
largamente utilizzata ma che in realt costituisce un gruppo di specie dalla ecologia e
distribuzione estremamente variabile. Sarebbe pi corretto indicare il gruppo di
Festuca ovina ove al suo interno sono presenti specie con differenti esigenze
ecologiche: da ambienti freschi su suoli acidi a situazioni pi xeriche su substrati
calcarei (al gruppo F Festuca ovina appartengono per esempio le specie Festuca
gracilior, F. inops, F. robustifolia, F. cinerea, F. tenuifolia, F. apuanica, F.
centroappenninica).
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 Bene, hai terminato questo elemento della UFC!


Se lo ritieni opportuno, prima di passare allelemento successivo, puoi svolgere il
test di auto-valutazione relativo ai contenuti fino a qui esaminati, in modo da valutare il tuo
apprendimento e, se del caso, rivedere le parti che meno ti sono chiare.
Puoi comunque decidere di effettuare il test alla fine dellintero percorso, in un'unica
sessione, a seconda delle tue necessit ed esigenze.
Allo stesso modo, i test possono servirti per valutare le tue conoscenze sugli
argomenti trattati nel presente elemento della UFC, prima di affrontarla, decidendo, in
caso di un buon risultato dei test, di passare allelemento successivo.
La verifica dei test, potrai effettuarla grazie alle risposte che troverai in un unico file,
suddivise per elementi, nella pagina relativa alla UFC, alla voce Auto- valutazione,
correttori.doc, del sito www.ambienteagricoltura.it. Ad ogni elemento della UFC,
corrisponde il relativo correttore, che potrai stampare o gestire in formato elettronico con
Microsft Word (il file in formato .doc) o qualsiasi editor testuale.
Se usato in formato elettronico, oltre a verificare le tue risposte ai test, servendoti
del prospetto per il calcolo (un foglio di Microsoft Excell), riportato in ogni correttore,
potrai eseguire anche il calcolo della percentuale delle risposte esatte.
Non dovrai far altro che cliccare due volte sulloggetto (tabella di MS Excell) e
inserire, nelle apposite caselle (celle), quelle con lo sfondo verde, il valore 1 o 0, a
seconda dellesattezza della risposta:
1: risposta esatta;
0: risposta errata.
Il sistema, calcoler automaticamente il numero e la percentuale di risposte esatte del test.
Potrai comunque calcolare la percentuale di risposte esatte anche se compili il
prospetto in formato cartaceo, impostando una semplice equazione, moltiplicando il
numero di risposte esatte del test relativo per 100 e dividendo il risultato per il numero di
domande che erano previste in quellelemento:
numero Risposte esatte X 100
numero di domande
La valutazione percentuale, potr essere cos interpretata:
inferiore al 70 % insufficiente;
tra 70 % e 85 %: sufficiente;
tra 85 % e 100 %: buono.
Nel caso la valutazione sia:
9 insufficiente, ) sar indispensabile che tu ripeta con maggior attenzione il
percorso completo e compili di nuovo i test;
9 sufficiente, ) il consiglio di andare a rivedere le parti del percorso che
meno ti sono chiare, magari ripetendo il test;
9 buono, ) potrai passare direttamente allelemento successivo della UFC.
Potrai comunque contare sullassistenza della rete di tutor del progetto, che potrai
contattare telefonicamente, tramite e-mail o direttamente, nei recapiti riportati alla fine dei
seguenti test di valutazione.

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TEST DI AUTO-VALUTAZIONE
1. NEGLI

INTERVENTI DI INGEGNERIA NATURALISTICA LE PIANTE UTILIZZATE DEVONO


ESSERE:

Autoctone, compatibili con lambiente e pioniere;


Allogene, compatibili con lambiente e pioniere;
Psammofile, compatibili con lambiente;
Allogene, psammofile e compatibili con lambiente.
2. PER

LANALISI PRELIMINARE STANDARD ALLINTERVENTO DI INGEGNERIA QUALE


DELLE SEGUENTI ANALISI NON PREVISTA:

Definizione delle tipologie faunistiche;


Esame delle indagini climatiche;
Indagini di campagna estese alle formazioni vegetazionali;
Definizione delle tipologie vegetazionali.
3. IL PAESAGGIO VEGETALE SUDDIVISIBILE NELLE MACRO-TIPOLOGIE:
Naturale, preternaturale, antropico o culturale.
Naturale, seminaturale, urbano;
Naturale, seminaturale, antropico o culturale.
Naturale, rurale, ecocompatibile.
4. LE PIANTE VASCOLARI, TIPICHE DEI CORSI DACQUA DELLITALIA CENTRALE, IN QUANTE
CLASSI PRINCIPALI SONO SUDDIVISE?
12
6
3
140.
5. LANALISI DEI TIPI COROLOGICI CONSENTE DI INDIVIDUARE:
Le specie fitosociologiche per gli interventi progettuali
Le specie alloctone per gli interventi progettuali
Le specie autoctone per gli interventi progettuali
Le specie eurasiatiche per gli interventi progettuali

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LA RETE DEI TUTOR


PER

OGNI INFORMAZIONE E CHIARIMENTO IN MERITO AI PERCORSI DIDATTICI E AI MATERIALI


DISPONIBILI SUL SITO WWW.AMBIENTEAGRICOLTURA.IT, PUOI RIVOLGERTI AI TUTOR, PERSONALE
DEGLI ENTI PARTNER DEL PROGETTO; DI SEGUITO SONO RIPORTATI I LORO RECAPITI AI QUALI
POSSONO ESSERE CONTATTATI.

TOSCANA:
CIA- CIPAAT TOSCANA:

Valter Gostinelli, CIPA-AT Toscana; Tel. 055/2338932; e-mail: cipaat.toscana@cia.it .


Anna Stopponi, CIPA-AT Siena; Tel. 0577/203711; e-mail: cipaatsiena.formazione@ciasiena.it .
Cristina Pizzetti, CIPA-AT di Siena; Tel. 0577/203711; e-mail: c.pizzetti@ciasiena.it .
Lucia Casarosa, CIPA-AT di Pisa; Tel. 0587/290373; e-mail: lucia.casarosa@tiscali.it .
Marco Masi, CIPA-AT di Pistoia; Tel. 0573/934210/e-mail: pistoia.cipaat@cia.it .
Susanna Grilli, CIPA-AT di Livorno; Tel. /e-mail: grilli64@libero.it .

COLDIRETTI- IRIPA TOSCANA:

Sandro Stoppini, IRIPA Toscana; Tel. 055/3215064; e-mail: iripa.tos@coldiretti.it .


Claudio Bucaletti; COLDIRETTI Arezzo; Tel. 0575/39951 e-mail: arezzo@coldiretti.it .
Laura Pestelli.; COLDIRETTI Firenze; Tel. 055/323571 e-mail: l.pestelli@coldiretti.it .
Sabrina Merano; COLDIRETTI Grosseto; Tel. 0564/24453 e-mail: s.merano@coldiretti.it .
Elena Biagioni; COLDIRETTI Lucca; Tel. 0583/341746 e-mail: lucca@coldiretti.it .
Elena Biagioni; COLDIRETTI Massa; Tel.0585/43852; e-mail: terranostra.ms@coldiretti.it .
Francesca Marcacci; COLDIRETTI Pisa; Tel.050/526010; e-mail: f.marcacci@coldiretti.it .
Stefano Tesi; COLDIRETTI Pistoia;Tel.05737991011, e-mail: terranostra.pt@coldiretti.it .
Sabrina Guerranti; COLDIRETTI Siena; Tel.0577/46006, e-mail: s.guerranti@coldiretti.it .

EMILIA-ROMAGNA:
CSA DI BOLOGNA:

Claudio Zangarini, CSA Bologna, Tel. 051/360747, e-mail: czangarini@csa.it .

AGRIFORM:

Claudia Bellaera, AGRIFORM Bologna, Tel. 051 6313815, e-mail: cbellaera@csagate.it .


Laura Rivara, AGRIFORM, Parma, Tel. 0521/24478, e-mail: agriform.progettazione@provincia.parma.it

Roberto Trampolini, AGRIFORM Reggio Emilia, Tel. 0522/920437, e-mail: agriformre@tin.it .


Silvia Fiori, NEW AGRIFORM Forl, Tel. 0543/724670, e-mail: agriform@tin.it .

IRFATA:

Andrea Savi, IRFATA Piacenza, Tel. 0523/523080, irfatapc@tin.it .

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