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Scritto da MarioEs
martedì 27 marzo 2007
Sul Corriere della Sera di ieri sono rimasto molto colpito dall'intervista a Josè Saramago , nobel per la letteratura nel 1998, che alla domanda su cosa sia
l'Unione Europea ha risposto lapidario: "Nulla, ecco cos'è ..." e continua, in un'ottica più a largo spettro, dicendo che "per essere ottimisti bisogna essere
stupidi o multimilionari".
E poi racconta che lo stesso Prodi, tempo addietro, quando era Presidente della Commissione Ue, aveva convocato lui ed una dozzina di studiosi coordinati dall'ex
ministro dell'economia francese Strauss-Khan per uno studio "sul fallimento dell'Europa".
Il "working group", dice Saramago, dopo due anni di riflessioni e di discussioni produsse un testo di "cento e passa pagine", che "starà dormendo in un cassetto a
Bruxelles".
In sostanza, a parere del premio Nobel, l'Europa manca di "consistenza politica" e rischia di esplodere a furia di includere Stati verso est e ipotizzando di includerne
altri, come la Turchia, per i quali occorrerebbe "un'operazione di prestidigitazione" per poter essere considerati europei.
La dichiarazione davvero inquietante e che ritengo ci debba far riflettere, visto che proviene da cotale anziano e blasonato letterato, è quella che individua un
presunto "sintomo di fascismo" che starebbe "infettando" la tanto democratica Europa (oltre che, ovviamente, le altre grandi democrazie occidentali).
Il riferimento esplicito è quello al ritiro, da parte del governo polacco, della pensione ai volontari della brigata internazionale nella guerra civile spagnola , che
sono stati definiti "traditori della patria".
Al di là dell'episodio specifico citato, è interessante notare come Josè Saramago ritenga possibile un ritorno del fascismo "senza camicie nere", ma con
rinnovata forma ed energia solo in apparenza democratiche.
Anzi il termine usato da Saramago è quello di "illusione democratica" e ipotizza addirittura il fatto che potremmo trovarci in una fase pre-fascista senza che ce
ne rendiamo nemmeno conto.
Quando si parla di democrazia, a mio parere, occorre sempre ricordarsi che si tratta pur sempre di un regime politico, per quanto democratico (ossia come ci
hanno insegnato a scuola in cui il potere è del popolo).
In realtà la democrazia, come tutti sappiamo, non è solo o non tanto quella formale prevista dalle leggi ma il suo esercizio reale, ossia la democrazia sostanziale.
La democrazia sostanziale è quella che noi cittadini siamo stati in grado ad oggi di realizzare concretamente e quella che ci offre materialmente il contesto in cui
poter sfruttare le opportunità di realizzare la nostra esistenza di liberi cittadini.
Anche perchè viviamo in un'epoca di trade-off sempre più stringenti, almeno apparentemente.
Il più importante è il trade - off tra sicurezza e libertà (il Patriot act Usa docet), che nell'era post 11/9 ha progressivamente eroso la libertà e la privacy dei
cittadini in nome della loro sicurezza e della loro incolumità.
E' la "war on terror" di bushiana concezione che tutti conosciamo e che sostanzialmente "divide et impera" l'Europa e le altri grandi potenze mondiali (Russia,
Cina, Giappone).
Tornando al concetto di democrazia sostanziale bisogna dire che essa è per definizione perfettibile in quanto è ben chiaro a tutti (o quasi) il "gap" che c'è fra
l'impalcatura giuridica della democrazia e la sua concreta realizzazione, nonchè è ben chiaro che la stessa impalcatura giuridica è densa di "lacune" democratiche
(pensiamo alla legge elettorale italiana vigente...).
Due sono i concetti-chiave, a mio parere, per aumentare il grado di democrazia sostanziale e scongiurare un "ritorno del fascismo" così come paventato,
provocatoriamente (ma chissà...), da Josè Saramago:
1) Incrementare le opportunità dei cittadini, quelle "capabilities" di cui ha ampiamente scritto il grande economista e filosofo indiano Amartya Sen, in termini di
libertà di espressione e di comunicazione (ad es. ridurre il cosiddetto "digital divide" e considerare la Rete una commodity come l'acqua e l'energia elettrica);
2) Ridurre il gap tra cittadino-elettore e politico-eletto, creando dei meccanismi "obbligatori" per legge di comunicazione interattiva tra rappresentante politico
e cittadino rappresentato.
Il Web 2.0 può sicuramente contribuire alla nascita di una politica 2.0 "Beta", dove gli strumenti tecnologici possono essere sempre più messi "al servizio" del
cittadino elettore e del politico eletto per interagire e fare dei costanti "punti di situazione" sui progetti/programmi e sul loro stato di avanzamento, nonchè per poter
effettivamente "personalizzare" il rapporto con la politica.
Immaginerei che tutti i parlamentari, ad esempio, siano tenuti PER LEGGE ad avere un sito Internet ed un blog con il quale interagire con i propri elettori e
con i cittadini, ai quali debbano "rendicontare" quello che MATERIALMENTE FANNO giornalmente.
Dovrebbero rispondere a domande del tipo "Perchè hai votato contro questo o a favore di quel provvedimento?", "Perchè hai cambiato schieramento contro il mio
volere?" ecc..
Penso e mi vien da sorridere a Beppe Grillo quando parla di "politici-co.co.pro", ma estremizzando il concetto dovrebbe essere quello.
Perchè uno dei problemi della politica contemporanea è che non ci sentiamo rappresentati dai nostri politici, ma allora, invece di "lamentarci" (il lamento è uno
dei principali "collanti" della società...), dobbiamo mobilitarci per una democrazia sostanziale e formale più avanzata che tenda verso forme di
rappresentanza politica più evolute e soprattutto più vicine a noi cittadini.
Democrazia digitale, "click democracy", perchè ormai la tecnologia c'è ma occorre, però, una nuova mentalità (oltre che "nuove leggi").