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Dialoghi semiotici
per Paolo Fabbri, Costa & Nolan, Milano, 1999.
Umberto Eco: Spartacus (1999)
Per questa raccolta di scritti festivi avevo pensato di svolgere il tema "Aspetti
sistematici nell'opera a stampa di Paolo Fabbri". Il titolo sarebbe stato serio, e non
scherzoso, anche se polemico, in quanto sfidava due luoghi comuni: il primo che
Paolo Fabbri abbia pubblicato pochissimo, il secondo che non esistendo un Fabbrilibro non esiste un Fabbri-pensiero sistematico, il Nostro stemperando la sua
inesausta curiosit e le proprie brillanti intuizioni nel rapporto orale - socratico, s,
ma di Socrate tutto si pu dire salvo che abbia elaborato un sistema.
Questi due luoghi comuni sono falsi perch, anzitutto, Fabbri ha pubblicato in vita
propria centinaia e centinaia di pagine, talch riunendone solo una percentuale
minima e facendole tradurre in castigliano, Lucrecia Escudero, con la complicit
prefacente di Eliso Vern, ha potuto editare Tacticas de los signos (Fabbri 1995),
che opera di ben trecentosessantun pagine1. In secondo luogo ritengo che, a
dispetto della sua ostentazione di oralit impenitente (che certamente una forma
di dandysmo e, nella misura in cui ostentata, la cosa in lui meno apprezzabile), la
riflessione ormai quasi quarantennale di Paolo Fabbri presenti alcune linee di
resistenza e di tenuta, che permettono di parlare di alcuni tratti sistematici del suo
pensiero. Siccome l'individuazione di queste linee talora laboriosa (tanto il
soggetto ha fatto e fa per occultarle), mi limiter a toccare solo un aspetto (e magari
secondario) di quel Faber perennis di cui bisogner un giorno o l'altro andare alla
ricerca - e possibilmente sinch ancora in vita, in modo che possa
consapevolmente scontare il peccato di aver millantato una volubile nonchalance.
Essendo mia virt e maledizione, da decenni, che non appena prendo in mano un
libro fresco di stampa, mio o altrui, e lo apro a caso, subito vi scopro un evidente
svarione (mi accaduto, lo giuro, anche con un libro in giapponese, bench ignori
quell'idioma), non appena ho aperto il recente volume attribuito a Paolo Fabbri, La
svolta semiotica, ho sobbalzato leggendo a pagina 20 che l'idea che sia possibile
spezzettare la complessit del linguaggio e la complessit del mondo in unit
minime riconducibile al "modello tomistico". Ritenendomi buon conoscitore
dell'Aquinate, non riuscivo a trovare nella sua opera alcun accenno allo
spezzettamento del linguaggio in unit minime, e ne ho chiesto ragione al presunto
autore: il quale si dichiarato tanto stupito quanto me, invitandomi a chiederne
ragione a chi, come recita il colophon dell'opera, ha curato la trascrizione e la
stampa di quelle che erano all'origine lezioni, naturalmente orali, e cio a
Gianfranco Marrone. Questi, dopo breve riflessione su quel passo indubbiamente
impervio, ne ha lucidamente concluso che doveva trattarsi di errore di stampa e che
in luogo di "tomistico" era da leggersi "atomistico".
Informato Fabbri di quella necessaria conversione dall'Angelico Dottore a Democrito
(che, non a caso, ancora una volta "il mondo a caso pone"), egli ha consentito,
dicendo che in tal modo il dettato del testo meglio corrispondeva al suo pensiero.
Segno dunque che i testi esprimono un pensiero e che questo pensiero dovrebbe
essere riconosciuto dai loro destinatari. Che ammissione da non prendere alla
leggera, se si vanno a fare gli scavi archeologici che suggerisco.
Paolo Fabbri stato un poco lo Spartaco della semiotica. Infatti, come colui si era
posto a difesa dei diritti degli schiavi e dei diseredati molti secoli prima di John
Brown, di Toussaint Louverture, di Karl Marx e di Che Guevara (tanto per citare
alcuni che hanno solidarizzato con coloro che non venivano ammessi ai ricevimenti
della gente per bene), Fabbri, prima di chiunque altro, e in epoca strutturalmente
intesa a celebrare la ferrea struttura del messaggio, per non dire del codice, si
messo deliberatamente dalla parte dei destinatari, e dei pi segnati dal destino del
sottosviluppo, i disperati del deficit, le vittime dei gatekeepers, gli sgambettati del
two steps flow, gli sbertucciati del codice ristretto, gli handicappati intellettuali mai
miracolati a Barbiana.
Di costoro, e sin dai tempi della ormai storica comunicazione a Perugia 19652,
stato Fabbri a dire, o a convincere gli amici a dire, e ad alta voce, che non che
essi fossero dominati da messaggi rispetto ai quali non avevano un codice: essi
avevano semplicemente un altro codice, che non era quello degli emittenti, e che gli
emittenti ignoravano. Per cui quella che poi stata chiamata (con termine forse
aberrante, ma senza cattive intenzioni) "decodifica aberrante" - ed era aberrante
rispetto al codice degli emittenti inteso come norma - era in fondo il modo in cui il
soggetto leggeva a modo proprio il messaggio del dominatore.
Cerchiamo di ricordare che cosa era successo a Perugia 1965 (e rinvio, per i
particolari non aneddotici, con una certa commozione, al ricordo che ce ne aveva
consegnato Mauro Wolf nel 1992, quando aveva fatto in tempo a partecipare al
Festschrift per me, ma non gli stato dato di partecipare a questo). A prova della
nostra proposta, che un messaggio emesso da una centrale massmediatica in
accordo con certi codici, potesse essere ricevuto in base a codici diversi, avevamo
mostrato una trasmissione televisiva in cui si parlava di un fatto d'onore avvenuto in
Sicilia.
La vicenda era questa: X aveva ucciso sua moglie Y, per gelosia, ed era finito in
carcere. Ora, dopo moltissimi anni, ne usciva. K, fratello di Y, aveva informato le
pubbliche autorit che, se X fosse tornato al paese, lui lo avrebbe ucciso. Inutile
dirgli che X aveva pagato il suo debito con la societ, K era legato a un'ancestrale
nozione dell'onore, avrebbe ucciso in ogni caso.
Il regista della trasmissione si era ingegnato, strutturalista senza saperlo, di
architettare una mirabile serie di opposizioni che avrebbero dovuto convincere
qualsiasi spettatore di come le pretese di K fossero ancestralmente barbare e
condannabili. K veniva ripreso, mentre reiterava i suoi propositi di vendetta, sullo
sfondo di un muro calcinato dal sole, bianco come la sua camicia scamiciata, agavi
in secondo piano, e un sottofondo sonoro di scacciapensieri - tutti connotatori di
primitiva barbarie isolana. La voce della Sicilia ormai europea era data invece da un
signore vestito in giacca e cravatta, sia pure di bianco, sullo sfondo di una citt,
attraversata da automobili e micromotori. Mediatore - che alla luce di una dottrina
universale del perdono non assolveva K, ma alla luce della cristiana piet cercava di
capire le sue ancestrali ragioni - il parroco, sullo sfondo di pareti altrettanto calcinate
dal sole, ma di una chiesa barocca, e sprovincializzato dall'abito talare. Tutto
semplice, elementare, caro Greimas, indiscutibile: una trasmissione fatta apposta
per chi volesse dimostrare come il senso di una trasmissione pu essere analizzato
in termini di analisi del contenuto, vivificata da sapienza semiotica.
Non mi ricordo perch l'avevamo mostrata, forse proprio prevedendo quel che
sarebbe accaduto, ma quello che accaduto stava superando le nostre previsioni.
Un signore, che viveva a Perugia da decenni, ma il cui accento tradiva l'origine
siciliana, dirigente bancario e non certo contadino, aveva osservato che la
trasmissione, a suo vedere, militava in favore di K, il potenziale e promesso
assassino, in quanto emasculato gli pareva il testimone cittadino, pallido in mezzo ai
vapori dei tubi di scarico, e scialbo il prete, incapace di comprendere la sua gente,
oppresso dall'immagine troppo romana della sua chiesa; e l'unica creatura viva e
attendibile gli era parsa K, muscoloso e vero, sullo sfondo di un paesaggio vero.
Non era che il nostro testimone approvasse K, ci mancherebbe. Semplicemente,
volendo essere nostro complice, ci invitava a riconoscere come gli autori della
trasmissione avessero fallito, in quanto pensavano di aver connotato in modo
negativo ci che invece, senza ombra di dubbio, era connotato in modo positivo.
Quella serata fu il trionfo dell'ipotesi di Fabbri. Malgrado gli anni di Italia centrale e il
ripudio delle tradizioni isolane, il nostro testimone vedeva attraverso un codice
isolano e - sia pure a malincuore - vedeva nella trasmissione quello che gli autori
non volevano certo che vi si vedesse. Costui, bench ormai alfabetizzato, era il
testimone di destinatari Altri, che amministravano i propri codici di ricezione. Come
Fabbri dir alcuni anni dopo in Le comunicazioni di massa in Italia: sguardo
semiotico e malocchio della sociologia (1973), era giunto il momento di passare
dalla domanda a) che cosa le comunicazioni di massa fanno ai riceventi (su cui
tante inutili energie la sociologia aveva speso, senza venirne a capo) a b) che cosa i
riceventi fanno delle comunicazioni di massa. Il che significava, anzich andare a
una ricerca indimostrabile degli effetti, esaminare come agissero i meccanismi di
difesa che i riceventi mettevano istintivamente (ma culturalmente, nel senso
antropologico del termine) in atto per non essere soltanto classe soggetta.
C'era in queste pagine (cfr. nota 25 a p. 92) un'osservazione molto importante: che
si segue una falsa pista quando si registra che i destinatari indotti non capiscono un
determinato linguaggio settoriale, per esempio quello politico. vero, essi non
capiscono che cosa significa "i partiti democratici e popolari non sono contrari alle
convergenze parallele" (conio mio), ma capiscono benissimo, se sono donne, "un
capo sciancrato portato con coordinati" e, se sono uomini, "il libero fluidifica quando
l'ala tornante rinviene di copertura". Conclusione:
Il fatto che le masse possono capire il linguaggio dei politici (...) poco meno
specializzato di quello della moda, ma non s'interessano di politica. Almeno di
questa politica. L'incomprensione linguistica (subordinata e non irriducibile) non
una causa ma un effetto (Ivi, 93).
Il che era anche un modo di dire che la pluralit non concerneva soltanto i codici nel
Note
1 Vern dice che la resistenza di Fabbri a pubblicar libri segno di orgogliosa atipicit antiaccademica, e
che "la ausencia del objeto libro dentro de las tacticas de Paolo Fabbri, testimonia una coherencia
profunda entre su visin de la semitica y del poder intelectual", ma con amichevole malignit
ammette che "no hay nada que los colegas que son tambin amigos, para echar por tierra todo un
proyecto de vida. Con la publicacin de este libro, es cosa hecha".
2 Cfr. Fabbri et alii 1965. Si noter che uso con una certa liberalit, come fonti per il pensiero di Fabbri,
alcuni saggi scritti in collaborazione con me. Studiare un autore attraverso i saggi scritti in
collaborazione sempre discutibile. Anche se una nota introduttiva specifica quale sia il contributo
di ciascuno degli autori, si sa bene che queste note sono poste per ragioni concorsuali, e non
mirano tanto ad attribuire idee quanto un ragionevole numero di pagine a ciascuno. Motivo
sufficiente, mi pare, per giudicare indecidibile (in tali casi) ogni attribuzione di idee, concetti,
filosofemi e apoftegmi. Tranne in un caso, che quello in cui i coautori non si sono
concorsualmente preoccupati di distribuire le pagine, ma colui che cita lo scritto uno dei coautori,
e quindi in grado di testimoniare di chi fosse una determinata idea. E quando il coautore
attribuisce un'idea al partner, e non a se stesso, la sua testimonianza non sospetta, dato che - se
l'idea buona - non ne trae alcun vantaggio, e anzi. Sono certamente casi mirabili ed eccezionali, in
cui il citato eccelle in Logica, il citante in Etica, e l'insieme appare Esteticamente ben equilibrato e
ricco di Vitalit.
Bibliografia citata
Eco U., Fabbri P.
1978 Progetto di ricerca sull'utilizzazione dell'informazione ambientale, "Problemi
dell'informazione", 4.
Fabbri P.
1971 Prospettive di analisi del linguaggio politico, in Autori Vari, Il telecomizio, Urbino, Montefeltro.
1973 Le comunicazioni di massa in Italia: sguardo semiotico e malocchio della sociologia,
"Versus", 5, pp. 57-122.
1995 Tacticas de los signos, a cura di L. Escudero, Barcelona, Gedisa.
1998 La svolta semiotica, Roma-Bari, Laterza.
Fabbri P. et alii
1965 Prima proposta per un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione-pubblico,
Perugia, Centro Italiano per la comunicazione di massa, 23-24 ottobre 1965, mimeo (ripreso in
Eco U., Per una indagine semiologica del messaggio televisivo, "Rivista di estetica", II, maggioagosto 1966).
Wolf M.
1992 Una visita in soffitta, in Magli P., Manetti G., Violi P. (a cura di), Semiotica: storia teoria
interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Milano, Bompiani.