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Fabio Frosini, Tradurre lutopia in politica.

Filosofia e religione nei Quaderni del


carcere, Problemi. Periodico quadrimestrale di cultura, 1999, 113, pp. 26-45.
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Tradurre lutopia in politica


Filosofia e religione nei Quaderni del carcere

di Fabio Frosini

Premessa
Hegel rappresenta, nella storia del pensiero filosofico, un posto a s, perch, nel suo
sistema, in un modo o nellaltro, pur nella forma di romanzo filosofico, si riesce a
comprendere cos la realt, cio si ha, in un solo sistema e in un solo filosofo, quella
coscienza delle contraddizioni che prima era data dallinsieme dei sistemi, dallinsieme dei
filosofi in polemica tra loro, in contraddizione tra loro. In un certo senso, adunque, il
materialismo storico una riforma e uno sviluppo dello hegelismo, la filosofia liberata da
ogni elemento ideologico unilaterale e fanatico, la coscienza piena delle contraddizioni in
cui lo stesso filosofo, individualmente inteso o inteso come intero gruppo sociale, non solo
comprende le contraddizioni, ma pone se stesso come elemento della contraddizione, e
eleva questo elemento a principio politico e dazione (4,45 [Q 471]; cors. mio).

Questo passaggio, giustamente messo al centro di tante analisi del marxismo di


Gramsci e della sua impostazione del rapporto con Hegel, stato forse poco preso in
considerazione in quanto, nello stesso tempo, formula implicitamente anche il rapporto
con la filosofia intesa nel modo tradizionale1 e mediatamente con la religione.
Infatti assegnando a Hegel un posto a s, Gramsci definisce anche, per opposizione,
un carattere comune a quelle che pi tardi, nel 1932, chiamer tutte le filosofie finora
esistite, le quali, scriver, riproducono [la] posizione del cattolicismo, cio
concepiscono luomo come individuo limitato alla sua individualit e lo spirito come
tale individualit (10,II,54 [Q 1345]. Il fatto che il cattolicesimo ponga la causa del
male nelluomo stesso individuo non un limite di per s (Gramsci non parteggia per il
giustificazionismo ambientale!), ma per il punto di vista filosofico [Q 1344] che ne
sta alla base: lidea che luomo sia un individuo ben definito e limitato [Q 1345], cio
una creatura, o meglio: una creatura esi|27|stente come tale, belle pronta, gi prima
della societ, e che di questa pu fare a meno (di qui anche la concezione cattolica della

In 1,132 [Q 119] la prevista rivalutazione trionfale del materialismo storico viene equiparata al
capovolgimento della posizione tradizionale del problema filosofico e alla morte della filosofia intesa nel
modo tradizionale.
User le seguenti sigle: Q (seguito dal numero di pagina in tondo) = Quaderni del carcere, ed. crit. a c. di
V. Gerratana, Torino, Einaudi 19772; (esempio) Q 1 = quaderno 1; (esempio) 1,132 = quaderno 1,
paragrafo 132; testo A: testo di prima stesura; testo C = testo di seconda stesura.

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societ civile come identica allo Stato, distinto non dalla societ civile ma
direttamente dalla famiglia, societ naturale [...] istituita direttamente da Dio).2
In 4,45 nella costellazione di uomo, societ civile, dialettica (contraddizione),
che Gramsci ravvisa il debito profondo del marxismo nei confronti di Hegel. Ed
invece nel non aver saputo o voluto spingersi fino in fondo su questa via che sono
indicati i suoi limiti, quelli che ne fanno pur sempre un romanzo filosofico. Questa
espressione dobbiamo tenerla a mente: essa segna il punto di congiunzione tra il
pensiero di Hegel e la filosofia intesa nel modo tradizionale; e dunque il punto di
rottura del marxismo (della filosofia della praxis) rispetto a tutte le filosofie finora
esistite, anche quella hegeliana; e perci il punto in cui filosofia e religione si
uniscono, e filosofia tradizionale e filosofia della praxis si dividono.
Lespressione romanzo filosofico rivelatrice: come mostrer, Gramsci la usa
nellanalisi dellutopia. Non si tratter dunque di ricostruire lanalisi del fenomeno
religioso come tale, ma di evidenziare lintreccio tra religione e utopia, facendo quindi
emergere il modo in cui questo intreccio diventa agli occhi di Gramsci via via pi
importante per pensare il concetto di filosofia tradizionale e quindi la stessa filosofia
della praxis.

1. Religione e utopia
La riflessione di Gramsci sulla religione non inizia certo nei Quaderni. Gi in
precedenza rintracciabile un approccio non riduttivo al fenomeno religioso e alla sua
seriet, al suo essere non una sovrastruttura posticcia, eliminabile con i metodi
illuministici della propaganda (passati nel movimento operaio nella forma di
anticlericalismo), ma un sentimento radicato che ha profonde motivazioni. Non importa
qui scendere nei dettagli, quanto piuttosto sottolineare due aspetti che assumono grande
rilevanza nei Quaderni e sono un diretto prolungamento di questo approccio. Il primo
la distinzione tra religione popolare e religione del clero, che d luogo allaltra,
importantissima distinzione tra religione come forma di controllo politico delle masse
(cattolicesimo) e religione come sentimento di queste stesse masse
(cri|28|stianesimo). Il secondo aspetto la ricerca di una connessione specifica tra
sentimento religioso e societ. Ora, il primo aspetto lo si ritrova in particolare nelle
considerazioni sul diritto naturale, nel suo rapporto con il folklore e nella sua
contrapposizione alla religione ufficiale. Il secondo, nei tentativi di formulare un
concetto di ideologia che tenga conto della divisione in classi della societ, quindi nella
formulazione di un rapporto specifico tra religione e senso comune.
Questo duplice interesse si evidenzia anche nella definizione di religione, che
Gramsci ritiene di poter fissare in un concetto articolato in tre punti: 1) credenza
nellesistenza di divinit personali trascendenti le condizioni terrestri e temporali, 2)
sentimento degli uomini di dipendere da questi esseri superiori, 3) esistenza di un
sistema di rapporti (culto) (6,41 [Q 715]).3 Se il terzo punto rientra nellambito dello
studio specifico della Chiesa come apparato egemonico, e il primo in quello
2

6, 24 [Q 703]: citazione da Lettera enciclica del Santissimo Signor Nostro Pio per Divina Provvidenza
Papa XI. Nella Cristiana educazione della giovent, in: La Civilt Cattolica, LXXXI (1930), n. 1, pp.
193-230, qui 196.
3 Gramsci si basa su Nicola Turchi, Manuale di storia delle religioni, Torino, Bocca 19222. Cf Note al
testo, nellapparato delledizione critica, p. 2711.

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tecnicamente teologico, la connessione tra il secondo e il primo che interessa


particolarmente a Gramsci: capire perch il sentimento delle classi subalterne si presti
ad essere formalizzato nei termini del pensiero della trascendenza, perch gli uomini
sentano di dipendere da esseri che sono per un verso personali e per un altro liberi
dal determinismo spazio-temporale: potenze antropomorfiche e al tempo stesso
trascendenti il mondo, esseri superumani, legati allumano da un rapporto di
potenziamento, che sono per al contempo del tutto altri rispetto al mondo e alla sua
logica, e ne costituiscono quindi la negazione pi radicale.
Il concetto nel quale Gramsci sintetizza la natura contraddittoria della religione ,
come si vedr, quello di utopia. Si tratta di una scelta anche terminologicamente
oculata: utopia contiene infatti una ricchezza semantica che egli sfrutta a fondo per
rendere la complessit reale del fenomeno religioso, complessit che ne rivela anche il
carattere essenzialmente politico; ma, insieme, la basilare inversione dalla quale parte e
che la segna. Vuoi come genere letterario dotto, vuoi come espressione religiosa e
mistica delle esigenze pi elementari degli umili, lutopia assume in Gramsci il
significato di una presa di posizione che non tiene conto delle condizioni del proprio
sorgere e della propria possibile realizzazione: un pensiero individuale e astratto,
dunque, ma astratto in un senso specifico, come reazione cieca a determinate condizioni
reali, reazione un mondo ingiusto come fuga, evasione da questo mondo.4

|29|2. Studiare se c un ritmo. Utopia e modernit


comunque il nesso specifico tra utopia alta e bassa che a un certo momento
prima ancora di porre la questione della religione e probabilmente poco prima di
4,45, in cui lidealismo hegeliano viene presentato come romanzo filosofico [Q 471]
interessa Gramsci, non a lungo n a fondo, vero, ma in un modo che pi avanti si
riveler tuttaltro che secondario. In pochi testi telegrafici (3,69, 71, 75, 113) viene
formulata la questione Utopie e romanzi filosofici:5
Utopie e romanzi filosofici e loro rapporti con lo sviluppo della critica politica, ma
specialmente con le aspirazioni pi elementari e profonde delle moltitudini. Studiare se c
un ritmo nellapparizione di questi prodotti letterari: coincidono con determinati periodi,
con i sintomi di profonde mutazioni storiche? Compilare un elenco di questi lavori, utopie
propriamente dette, romanzi filosofici, libri che attribuiscono a determinati paesi lontani e
sconosciuti [ma esistenti] determinate usanze e istituzioni che si vogliono contrapporre a
quelle del proprio paese. LUtopia di T. Moro, la Nuova Atlantide di Bacone, lIsola dei
Piaceri e la Salento di Fnelon (ma anche il Telemaco), i Viaggi di Gulliver dello Swift
(3,69 [Q 347 s.]).

Lipotesi (da verificare) che utopie e romanzi filosofici esprimano non


solamente il primitivo sorgere di un progetto politico alternativo a quello aristocratico,
ma anche (inconsapevolmente, sia pure attraverso il cervello di intellettuali dominati
da altre preoccupazioni, come si precisa nel testo C),6 riflettano le esigenze pi
4

Si noti che negli scritti del periodo 1913-1920 lo stesso termine indica invece un piano cervellotico
ordito a tavolino, derivante dalla credenza errata di poter pre-determinare gli eventi futuri, e
coincide tendenzialmente con il giacobinismo, su cui cf Gramsci, Filosofia e politica. Antologia dei
Quaderni del carcere, a c. di F. Consiglio e F. Frosini, Firenze, La Nuova Italia 1997, nota 76 a pp. 279
s. Questa accezione di utopia ancora presente nei Quaderni, ma viene affiancata e arricchita dallaltra.
5 il titolo di questi testi, tranne lultimo: Utopie.
6 25,7 [Q 2290].

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elementari dei gruppi sociali subalterni. Formulando questa domanda Gramsci aveva
sicuramente in mente il saggio crociano del 1895 Sulla storiografia socialistica. Il
comunismo di Tommaso Campanella,7 in cui non solo si negava qualsiasi nesso di
continuit tra lutopia e il pensiero comunista (citando a questo proposito lo stesso
Manifesto del Partito comunista),8 ma veniva satireggiata anche la pretesa di riscontrare
un qualche nesso di rigida corrispondenza materiale tra le rivendicazioni della Citt del
Sole e le aspirazioni comunistiche e i desider sessuali dei contadini calabresi.9
|30|Non certo a questo tipo di rispecchiamento meccanico che pensa Gramsci,10
il cui obiettivo sta invece nel prescindere dalle ideologie individuali al fine di rendere
percettibili gli indizi della presenza nellideologia dominante di qualcosa che ad essa
irriducibile, cio delle istanze delle masse subalterne. Questo qualcosa pu prendere la
forma di un ritmo, come si legge in 3,69, un ritmo nellapparizione delle grandi utopie
in coincidenza con i sintomi di profonde mutazioni storiche. Esattamente come nello
studio del pensiero di Marx, con la ricerca del ritmo del pensiero in isviluppo,11 cos
anche nello studio dellutopia Gramsci si assegna il compito di unindagine sintomale,
capace di andare oltre la scorza immediata dei fatti, ovvero dei testi, per cogliere la
reale identit sotto lapparente differenziazione e contraddizione e la sostanziale
diversit sotto lapparente identit (1,43 [Q 33]): in ci consiste per lui la pi
essenziale qualit del critico delle idee e dello storico dello sviluppo sociale [Q 33 s.].
esattamente questa ermeneutica storica che Gramsci sta teorizzando in questo caso: il
ritmo qui la rivelazione di un nesso profondo tra lo scandirsi delle crisi risolutive dei
conflitti costitutivi della modernit e il nesso (o meglio: la mancanza di un nesso
organico) tra intellettuali e popolo.
Posta in questi termini, la questione va per definizione molto oltre il piano
dellideologia espressa. In 25,7, dove confluiranno in seconda stesura tutti i quattro
testi del Q 3 dedicati allutopia (e significativamente intitolato Fonti indirette),
Gramsci inserir una variante instaurativa rivelatrice:
Le Utopie sono dovute a singoli intellettuali, che formalmente si riattaccano al
razionalismo socratico della Repubblica di Platone e che sostanzialmente riflettono, molto
deformate, le condizioni di instabilit e di ribellione latente delle grandi masse popolari
dellepoca; sono, in fondo, manifesti politici di intellettuali, che vogliono raggiungere
lottimo Stato (25,7 [Q 2292]; corsivi miei).

La distinzione di forma e sostanza permette di dare conto del doppio livello


delle utopie, senza riduzionismi in un senso o nellaltro, e si riallaccia alla coppia,
indicata in 3,69, di critica politica e aspirazioni pi elementari e profonde delle
moltitudini. Gli intellettuali che scrivono le utopie |31| sono s dei critici dello Stato
attuale in nome dellottimo Stato, e sono s, per questo, dei progettisti dello Stato

In: Archivio storico per le province napoletane, XX (1895), n. 4; poi in: Croce, Materialismo storico ed
economia marxistica, [1900], Roma-Bari, Laterza 1968, pp. 165-201.
8 Ivi, p. 172 e n.
9 Ivi, p. 176 n.
10 In sintonia, del resto, con lanalogo orientamento nella critica delle obiezioni mosse da Croce alla
concezione marxista del nesso base/sovrastruttura, dove la contrapposizione a Croce al contempo anche
una contrapposizione alleconomismo/meccanicismo. Su questo punto mi sono soffermato in Il
ritorno a Marx nei Quaderni del carcere, pubblicato in questa rivista, 1999, n. 111, pp. 106-129,
partic. 121 s.
11 Su ci cf Giorgio Baratta, Il ritmo del pensiero nei Quaderni del carcere, in: Paradigmi. Rivista di
critica filosofica, XI (1993), n. 32, pp. 397-423.

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moderno;12 ma ci facendo parlano anche a nome degli esclusi, di chi non ha voce, n
rientra tra gli interlocutori diretti di quel progetto. Di pi: questa presa di parola essendo
solo implicita, questo stesso rapporto sta in modo determinante sotto il segno
dellambiguit: la critica utopistica al contempo distruzione del vecchio mondo e
repressione preventiva di un mondo nuovo che stenta a nascere. Infatti laspirazione a
un mondo politico completamente trasparente e solare, completamente esplicitato,
insieme unespressione essa stessa dellutopia millenaristica e una reazione al pericolo
proveniente dallesistenza di masse tanto sterminate quanto incontrollabili e socialmente
instabili e ribellistiche, che vanno appunto rese controllabili mediante una
razionalizzazione del sistema politico.

3. Controriforma come Restaurazione


Questa strutturale ambiguit viene fissata, ma anche semplificata, nel secondo dei
testi del Q 3 dedicati allutopia. In 3,71 un occasionale confronto con uninterpretazione
dellutopia in chiave di opposizione allirrompere della mentalit individualistica della
Riforma, e di solidariet con la Controriforma,13 d luogo, allopposto, allidea della
stessa come modo specifico di affermazione della modernit:
Bisogna [...] vedere se queste iniziative [le utopie] non siano lunica forma in cui la
modernit poteva vivere nellambiente della Controriforma: la Controriforma, come tutte
le Restaurazioni, non pot non essere che un compromesso e una combinazione sostanziale,
se non formale, tra il vecchio e il nuovo ([Q 348]; cors. mio).

Certo, lespressione della modernit (che per Gramsci rappresentata


hegelianamente dalla Riforma luterana) in unepoca di trionfo della reazione ad essa,
non poteva che vestire i panni dellalterit, e si potrebbe addirittura pensare che la vera
utopia sia quella del mondo riformato. quanto fa Gramsci con una variante
instaurativa nel testo C: Si pu sostenere, a maggior ragione, che le Utopie pi famose
sono nate nei paesi protestantici e che anche nei paesi della Controriforma le utopie
sono piuttosto una manifestazione, la sola possibile e in certe for|32|me, dello spirito
moderno ecc. (25, 7 [Q 2291]). Ma in questo modo si perde il filo della riflessione,
perch gi il testo A dice molto di pi: con la distinzione tra forma e sostanza della
Controriforma, Gramsci distingue la sua vera natura dalle apparenze retoriche.
Collegando chiaramente linterpretazione della Controriforma a quella della
Restaurazione nei termini della quinetiana rivoluzione-restaurazione (presente gi
nel Q 1 e pi tardi assimilata allidea della rivoluzione passiva),14 Gramsci interpreta
lutopia come la forma specifica in cui si afferma lo Stato moderno nei paesi
controriformati, o meglio, il modo in cui in essi si realizza la peculiare unificazione
delle masse su base geo-nazionale, in cui si fondano strutturalmente la vita e la
legittimit dello Stato moderno. Ne segue che ben poco senso avrebbe una storia
generale dellutopia da Platone in avanti: si tratta di una forma moderna, che trova il
suo ruolo s nellesprimere il momento del rinnovamento contrapposto a quello della
conservazione, ma, pi specificamente, nellesprimere il rinnovamento come una
conservazione, in quanto rinnovamento costitutivamente formulato in modo da potersi
12

Su questo aspetto insiste a ragione Pierre-Franois Moreau, Le rcit utopique. Droit naturel et roman
de ltat, Paris, PUF 1982.
13 Si tratta di Giuseppe Gabrieli, Federico Cesi Linceo, in: Nuova Antologia, LXV (1930), n. 1401.
14 Rinvio per i dettagli a: Filosofia e politica, cit., note 130 e 132 a pp. 137-39.

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integrare in modo subalterno alla conservazione (la rivoluzione-restaurazione, pi


ancora che un compromesso, appunto la pi intelligente negazione della
rivoluzione). Lutopia controriformata esprime e costituisce una situazione egemonica,
una struttura dei rapporti di forza che si caratterizza per il fatto di unire masse e
intellettuali nella forma della loro separazione.
Insomma, inquadrando lintera questione alla luce della coppia
Riforma/Controriforma, Gramsci insiste in 3,71 anzitutto sulla funzione repressiva
svolta dagli intellettuali nella formazione passiva dello Stato, tralasciando lambigua
emersione delle istanze provenienti dal basso nelle parole dei vari Campanella, Moro,
Bacon. La loro funzione qui pensata essenzialmente come modernizzatrice.15 Ma
questo presuppone che gli intellettuali accettino la condizione di reale separazione in
cui si trovano rispetto alle masse, perpetuando un rapporto che si attua solo nella
forma dellinflusso e del controllo esteriore (politico, dice Gramsci).16 Anzi:
accettazione della condizione di separatezza, carattere episodico dellinflusso, e struttura
combinatoria (vecchio/nuovo) del|33|lideologia sociale sono tre modi per dire la
stessa cosa. Dunque la stessa distanza tra utopie dotte e utopie popolari un modo per
disarticolare ed eludere le istanze e i bisogni profondi delle masse.
Certo, ci non vuol dire che lutopia non aspirasse a riorganizzare la societ: un
elemento progressivo senzaltro presente in essa, e corrisponde alle scoperte
scientifiche del tempo e allo spirito scientifista che si diffuse; insomma a quel
certo razionalismo avant la lettre [Q 348] che era pur presente tra gli strati colti
della societ dellepoca. Ma appunto questo spirito nuovo non viene fatto interagire
criticamente con la storia presente (o questo avviene solo in modo subdolo), il che
avrebbe significato, nello specifico universo della Controriforma: con la potenza
ideologica della Chiesa. Insomma: il libertinismo non aveva ancora indossato le vesti (e
le pretese) universalistiche della Aufklrung e lasciava alla Chiesa libero campo
nellesercizio del controllo ideologico delle masse. La deviazione delle istanze
riformatrici della ragione in un altrove purificato dunque doppiamente tale: sia nel
contenuto della forma letteraria, sia in quanto ricerca di un sostituto fantastico del
rapporto con le diffuse esigenze di giustizia che esso pur tende a registrare e
amplificare.17

4. Il ciclo dellutopia dalla Controriforma ai Lumi


Uno scarto sensibile rispetto a questo giudizio Gramsci lo introduce solo pi tardi,
in un altro testo, meno rapido degli altri finora citati, anchesso intitolato Romanzi
filosofici, utopie ecc. e stranamente non trascritto in seconda stesura. Si tratta di 6,157,

Ci rispecchiato anche da una variante instaurativa del testo C: tutta lopera di Campanella un
documento di questo lavoro subdolo di scalzare dallinterno la Controriforma (25,7 [Q 2291 s.]).
16 Il rapporto tra filosofia superiore e senso comune assicurato dalla politica, cos come assicurato
dalla politica il rapporto tra il cattolicismo degli intellettuali e quello dei semplici (11,12 [Q 1383 s.]).
17 significativo che i citati testi del Q 3 siano stati trascritti proprio nel Q 25, Ai margini della storia
(Storia dei gruppi sociali subalterni), e valgano dunque per quanto lasciano involontariamente
trasparire del punto di vista di chi non ha esistenza storica e dunque nemmeno, propriamente, un punto di
vista. Cf Q 299 s.: La storia delle classi subalterne necessariamente disgregata ed episodica ecc.
15

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del 1931 (probabilmente dellautunno).18 Qui lattenzione si focalizza sullo sviluppo del
genere utopistico dalla Controriforma allIlluminismo, iniziando col riprendere e
amplificare lo spunto di lettura in chiave razionalistica di 3,71:
Controriforma e utopie: desiderio di ricostruire la civilt europea secondo un piano
razionale. Altra origine e forse la pi frequente: modo di esporre un pensiero eterodosso,
non conformista e ci specialmente prima della Rivoluzione francese (Q 811 s.).

|34|Lutopia come stimolo al rinnovamento della societ si sdoppia, qui, realmente


in due filoni, e mentre il primo prosegue la lettura in chiave di innovazione
combinatoria, il secondo riprende la domanda inizialmente posta (3,69) circa il nesso
con le aspirazioni popolari, riformulandola grazie al collegamento con gli sviluppi
settecenteschi del genere utopistico.
Dalle Utopie prosegue Gramsci sarebbe nata [...] la moda di esaltare i popoli
primitivi, selvaggi (il buon selvaggio), presunti pi vicini alla natura. (Ci si ripeterebbe
nellesaltazione del contadino, idealizzato, da parte dei movimenti populisti). Tutta questa
letteratura ha avuto non piccola importanza nella storia della diffusione delle opinioni
politico-sociali fra determinate masse e quindi nella storia della cultura [Q 812].

Questa letteratura
indica [...] il passaggio dallesaltazione di un tipo sociale feudale allesaltazione delle
masse popolari, genericamente, con tutti i loro bisogni elementari (nutrirsi, vestirsi,
ripararsi, riprodursi) ai quali si cerca di dare razionalmente una soddisfazione [Q 812].

Lo snodo dellIlluminismo dunque quello che permette a Gramsci di dare un


senso alla sua stessa domanda iniziale: il nesso tra intellettuali e popolo. Il rinvio al
populismo, come corrente in fin dei conti ancora illuministica (nel senso specifico di
tendente a creare una saldatura tra intellettuali e masse popolari), significativo.19 Il
genere utopistico entra in un rapporto di comunicazione storicamente specifico con il
patrimonio ideologico delle classi subalterne quando gli intellettuali per la prima
volta nella storia mettono in questione la separatezza del proprio ruolo (dunque lo
statuto del sapere, i rapporti di forza...) volgendosi al popolo non pi come a qualcosa
di estraneo, di cui occorre diffidare e avere paura.20 Per questa ragione gli
illuministi sono recettivi nei confronti dei miti popolari, di quella mitologia che esprime
le pulsioni pi immediate ma anche pi profonde delle masse degli esclusi dalla storia.
|35|6,157 dellautunno 1931: a met strada, dunque, tra la prima e la seconda
stesura di un altro testo, rispettivamente 1,48 (1930) e 13,37 (1932-33), che nel
passaggio esibisce varianti instaurative e destitutive spiegabili proprio grazie agli
sviluppi delle riflessioni sul nesso Illuminismo-utopia. Parlando di Charles Maurras, in
Cf la Descrizione dei quaderni, nellapparato delledizione critica, p. 2388, e Gianni Francioni,
Lofficina gramsciana. Ipotesi sulla struttura dei Quaderni del carcere, Napoli, Bibliopolis 1984, pp.
61-63.
19 In un testo di poco posteriore (6,168), la lettura di un saggio su Populismo e nuove tendenze della
letteratura francese (di Alberto Consiglio, in: Nuova Antologia, 1 aprile 1931) d occasione a ulteriori
riflessioni su questo tema: Lavvicinamento al popolo significherebbe quindi una ripresa del pensiero
borghese che non vuole perdere la sua egemonia sulle classi popolari e che, per esercitare meglio questa
egemonia, accoglie una parte dellideologia proletaria. Sarebbe un ritorno a forme democratiche pi
sostanziali del corrente democratismo formale [Q 820].
20 3,82 [Q 362]. Il testo, intitolato Cultura storica italiana e francese, uno di quelli in cui viene
impostata la problematica del popolare-nazionale opponendo la situazione italiana a quella francese, le
cui radici vengono ravvisate nella Rivoluzione del 1789. Su questo cf Giorgio Baratta, Popolo, nazione,
masse nel pensiero di Gramsci; in: Baratta, G., Catone, A. (a cura di): Antonio Gramsci e il progresso
intellettuale di massa, Milano, Unicopli 1995, pp. 9-42.
18

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1,48 Gramsci contrappone il giacobinismo storico al giacobinismo alla rovescia


(quello diventato vuota formula) di questi, e lo accosta alle banalit massoniche e in
generale alla
ragione ragionante da cui sorto lenciclopedismo, lilluminismo e tutta la cultura
massonica francese. Gli illuministi prosegue Gramsci avevano creato il mito del buon
selvaggio o che so io, Maurras crea il mito del passato monarchico francese [Q 61].

Siamo sul terreno della ripetizione quasi letterale del giudizio di Croce, con
lunica differenza che per questultimo non solo Illuminismo, enciclopedismo e
massoneria, ma anche tutti questi e il giacobinismo erano una cosa sola.21 Croce che
iscrive dufficio Marx nella scuola del principio della forza contrapposta alle
insipidezze giusnaturalistiche, antistoriche e democratiche, ai cosiddetti ideali
dell89.22 La stessa posizione espressa da Gramsci in 1,4 (1929): Sarebbe
interessante una ricerca che dimostrasse lo stretto rapporto tra la religione e gli
immortali principii [Q 7]. Questa virgolettatura dei diritti delluomo e del cittadino,
questa virgolettatura della democrazia in Gramsci un retaggio crociano e soreliano,
che viene superato nei Quaderni proprio grazie alle riflessioni sullutopia.
Se ora esaminiamo il testo C di 1,48, vediamo questa tesi confermata dalle
notevoli modifiche apportate. Rimane la valutazione positiva dei giacobini storici, i
quali per non vengono pi contrapposti allIlluminismo, ma solo a quello triviale [Q
1642]. Inoltre il passo citato viene cos riscritto: il metodo di Maurras quello della
ragione ragionante da cui nato lenciclopedismo, e tutta la tradizione culturale massonica
francese. Lilluminismo cre una serie di miti popolari, che erano solo la proiezione nel
futuro delle pi profonde e millenarie aspirazioni delle grandi masse, aspirazioni legate al
cristianesimo e alla filosofia del senso comune, miti semplicistici quanto si vuole, ma che
avevano unorigine realmente radicata nei sentimenti e che, in ogni caso, non potevano
essere controllati sperimentalmente (storicamente) [Q 1643].

|36|LIlluminismo scompare dal catalogo negativo (lasciando come ultimo residuo


chiss perch lenciclopedismo), e corrispondentemente lo sbrigativo giudizio sul
mito del buon selvaggio trova articolato sviluppo: il democratismo viene riletto alla luce
dellutopismo, ed entrambi sono collocati in un luogo cruciale della modernit europea,
quello in cui i senza storia, gli incontrollabili emergono, trovando reale espressione
nel mito popolare cristiano-democratico dellegualitarismo. Questa istanza egualitaria
conta dunque proprio in quanto tuttaltro che astratta, ma affonda le sue ragioni e la
sua forza nella struttura millenaria delloppressione e della violenza di classe.
Ecco perch Gramsci nei Quaderni riarticola il concetto di democrazia, come
anche quello di diritto naturale, proprio nella loro comune matrice religiosa, attorno a
un progetto emancipativo che ne sappia sfruttare lenorme energia e non si limiti, al
contrario, a distruggerli sarcasticamente, come fa invece Croce.23 Non soltanto
Gramsci si emancipa progressivamente dal giudizio crociano, rovesciando in positivo
prima il concetto di giacobinismo, poi anche quelli di democrazia e di Illuminismo, ma
21

Cf B. Croce, La mentalit massonica, [1910], in: id., Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, 2a
ed. raddoppiata, Bari, Laterza 1926, pp. 143-50, partic. 145 s.
22 Nella concezione politica, poi, il marxismo mi riportava alle migliori tradizioni della scienza politica
italiana, merc la ferma asserzione del principio della forza, della lotta, della potenza, e la satirica e
caustica opposizione alle insipidezze giusnaturalistiche, antistoriche e democratiche, ai cosiddetti ideali
dell89. (Croce, Prefazione 1917 in: id., Materalismo storico, cit., p. 13).
23 Si vedano in particolare le varianti tra 4,24 e 16,9 e tra 1,29 e 26,5, su cui cf Paolo Cristofolini,
Gramsci e il diritto naturale, in: Critica marxista, 1976, n. 3/4, pp. 105-16.

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rilegge lo stesso sarcasmo crociano, per gli effetti che produce, come una forma di
utopia (nel senso qui specificato) inconsapevole e involontaria. In un testo B del Q 10
la funzione di Croce viene equiparata per il suo rapporto col popolo a quella
degli utopisti controriformati! (e quindi implicitamente contrapposta a quella degli
utopisti settecenteschi):
Che il Croce si proponga leducazione delle classi dirigenti non mi par dubbio. Ma come
effettivamente viene accolta la sua opera educativa [...]? Quali sentimenti positivi fa
nascere? [...] Il Croce ha un bel corazzarsi di sarcasmo per leguaglianza, la fratellanza, ed
esaltare la libert sia pure speculativa . Essa sar compresa come eguaglianza e
fratellanza e i suoi libri appariranno come lespressione e la giustificazione implicita di un
costituentismo che trapela da tutti i pori di quellItalia quon ne voit pas e che solo da
dieci anni sta facendo il suo apprendissaggio politico (10, II,22 [Q 1260]).

Limmagine di un Croce utopista suo malgrado colpisce, forse , storicamente e


sociologicamente, una forzatura.24 Ma ci che conta sta in una duplice implicazione: in
primo luogo, essa serve a rendere lidea della pervasivit oltre ogni illusione di
purezza razionale delle mitologie religiose della pena e del riscatto nel mondo
moderno, in quello stesso mondo che il giovane Gramsci aveva crocianamente e
idealisticamente dipinto come il luogo dellemancipazione universale dal |37|servaggio
religioso. Insomma nel momento in cui si esce fuori della ristrettissima cerchia degli
uomini di cultura, si immediatamente precipitati in un tessuto di senso fortemente
spurio, in cui dominano i punti di riferimento religiosi. La dimensione politica della
filosofia dunque la sua dimensione religiosa.
In secondo luogo, essa d un giudizio sul rapporto di Croce con il popolo che
implicitamente lo oppone al livello raggiunto dagli illuministi-giacobini: egli retrocede
nuovamente al livello della Controriforma (in questa luce va letta la pregnante
immagine di Croce come Erasmo), spezzando quel pur debole filo tessuto nel corso del
Settecento. Il popolo per lui di nuovo qualcosa di cui diffidare e da integrare solo in
forma negativa: per questo Gramsci pu dire che Croce il pi intelligente teorico della
rivoluzione passiva.

5. La radice della libert


Fermiamoci a considerare il risultato del lavoro svolto dal quaderno 1 al 6. Il
democratismo, lIlluminismo, il sentimento religioso, il diritto naturale, lutopia
vengono profondamente ridefiniti, non perch siano cambiati di posto nella struttura
della modernit, ma perch, pur conservando lo stesso posto, acquisiscono una funzione
nuova, che come tale finisce per modificare questultima. Certo lidea di fondo della
modernit rimane per Gramsci quella gi delineata da Croce e da lui fatta propria
durante lo studio universitario: la Riforma luterana che mette capo nella filosofia
classica tedesca; il Rinascimento come grande fioritura culturale che si attua a spese del
contatto con il popolo e dunque dellunit nazionale. Tuttavia questa struttura viene
distorta profondamente. in effetti gi liniziale rivalutazione (sulla scorta di Albert
Mathiez) del giacobinismo prima smagliatura rispetto al magistero crociano che
costringe Gramsci a riprendere in mano via via tutta la questione dei diritti
delluomo, e dunque il nesso tra democrazia e religione. La Rivoluzione francese
diventa cos il necessario pendant della filosofia classica tedesca, proprio perch in essa
24

Ma cf anche il precedente 6,112, intitolato Lutopia crociana.

Tradurre lutopia in politica

10

i miti religiosi vengono per la prima volta consapevolmente tradotti in politica.25


Lideologia democratica moderna s legata a filo doppio al cristianesimo, ma adesso
proprio questo nesso che ne fa, agli occhi di Gramsci, la forza, la con|27|cretezza. O
meglio: la concretezza del giacobinismo sta nellaver saputo investire in energia
politica il sogno religioso di massa, nellaver creato insomma la politica di massa.26
Ma questa traduzione dellutopia in politica un compito mai concluso, un
lavoro da riprendere di volta in volta. Lungo tutta la storia del pensiero democratico
moderno, ci che per gli intellettuali, dopo un processo di razionalizzazione, si
presenta come professione di fede nella pari dignit degli esseri umani di fronte alla
Ragione, per le masse di umiliati e offesi27 da sempre esclusi dalla storia, continua
di norma ad essere un rifugio nellutopia religiosa, nella rappresentazione chiliastica
della repubblica come avvento della Legge del Diritto (3,12 [Q 298]).28 La politica
insomma sempre sullorlo della regressione a fuga carnevalesca nei vari paesi di
Cuccagna (1,65 [Q 74]) che coinvolge anzitutto le masse ma pu contagiare gli stessi
intellettuali.29
Il processo pu e deve tuttavia essere visto anche secondo il verso opposto, dato
che se ha luogo una traduzione dellenergia religiosa in energia politica, la prima deve
gi contenere degli elementi capaci di diventare forza trasformatrice della realt. Il
sentimento religioso deve contenere (e imprigionare) insomma una reale carica
eversiva dei rapporti sociali. A differenza di ci che spesso si dice, Gramsci su questo
punto pienamente spinoziano (e materialista), perch identifica questa carica in ci che
residua dallimpossibilit di ridurre completamente luomo a una cosa, di
assoggettarlo totalmente al volere di un altro.30 Questo elemento, detto dai cattolici
libero arbitrio e da loro pensato co|39|me volont indeterminata e vuota, viene
ridefinito da Gramsci come reazione a un rapporto di dominio. Ci che dunque potrebbe
sembrare un postulato idealistico luomo resta pur sempre libero, nonostante i legami
di servaggio in cui si trova invece la negazione di ogni semplificazione idealistica e
liberale delluomo a ente semplice, circoscrivibile e dunque perfettamente
controllabile e dominabile.
25

Gramsci trova in Croce, vero, una serie di considerazioni sul rapporto Kant/Robespierre, che sono
tuttavia pour cause fortemente riduttive. Egli lo noter puntualmente in 8,208/11,49.
26 Unodierna lettura di Robespierre a partire da Gramsci, che tiene perci nel debito conto la
dimensione religiosa, quella di Georges Labica, Robespierre. Une politique de la philosophie, Paris,
PUF 1990, cap. 4: Philosophie et religion.
27 Cf 6,78 [Q 748] e la lettera a Tania Schucht del 7/3/1932 (in: Lettere dal carcere, a c. di S. Caprioglio
e E. Fubini, Torino, Einaudi 1965, p. 585).
28 Gramsci cita qui le ultime parole pronunciate da Davide Lazzaretti prima della sua uccisione. Su questo
argomento cf Antonello Mattone, Messianesimo e sovversivismo. Le note gramsciane su Davide
Lazzaretti, in: Studi storici, 1981, n. 2, pp. 371-85, in partic. (sul millenarismo dei gruppi sociali
subalterni) 377-82
29 Sopratutto il giovanissimo Gramsci ha unopinione radicalmente negativa del carnevale, in un primo
momento in senso letterale (cf Cronache torinesi. 1913-1917, a c. di S. Caprioglio, Torino, Einaudi 1980,
pp. 59 s., 187: lallegria rumorosa, la spensieratezza disinvolta e scema), per poi caricarsi
metaforicamente divenendo la sintesi degli storici difetti dello Stato-nazione italiano (cf Cronache
torinesi, cit., pp. 178, 294, 302, 428; e Il nostro Marx. 1918-1919, a c. di S. Caprioglio, Torino, Einaudi
1984, pp. 78, 256, 334).
30 Mi riferisco a quanto argomentato nel cap. XX del Trattato teologico politico (a cura di E. Giancotti
Boscherini e A. Droetto, Torino, Einaudi 1972, in partic. pp. 485 s.), su cui cf le illuminanti analisi di
tienne Balibar: Spinoza: la crainte des masses; in: Giancotti, E. (a cura di), Spinoza nel 350 della
nascita, Napoli, Bibliopolis 1985, partic. pp. 317 s.; e Spinoza et la politique, Paris, PUF 19902, pp. 3840.

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11

Esattamente questa posizione alla base del famoso (e criticato) testo sul
taylorismo in cui si dice che il sogno di fare delloperaio un gorilla ammaestrato
destinato a restare tale, e che loperaio non solo pensa, ma lassenza di soddisfazione
immediata dal lavoro, lessere stato come lavoratore ridotto a gorilla ammaestrato, lo
pu portare a un corso di pensieri poco conformista (4,52 [Q 493]). Ma qui interessa
sopratutto il fatto che il taylorismo compare anche in un altro testo, sia pure in senso
metaforico, ma nella medesima connessione concettuale, e la reazione consiste qui
appunto nellutopia religiosa:
C sempre stata una parte di umanit la cui vita stata sempre taylorizzata, e [...] questa
umanit ha cercato di evadere dai limiti angusti dellorganizzazione esistente che la
schiacciava, con la fantasia e col sogno. La pi grande avventura, la pi grande utopia, che
lumanit ha creato collettivamente, la religione, non il modo di evadere dal mondo
terreno? E non in questo senso che Marx parlava di oppio del popolo? (6,28 [Q 706]).

La religione-utopia un sogno, unevasione, una negazione illusoria, oppiacea,


ricorda Gramsci, e tenta pi tardi di decifrare limmagine coniata dal giovane Marx
(nellIntroduzione alla Critica hegeliana del diritto pubblico) legandola, mediante
Balzac, al gioco del lotto, cio al grande sogno di felicit del popolino,31 insomma
al carnevale. Ma lutopia, in quanto reazione al dominio totale (il marxiano gemito
della creatura oppressa), ha anche, come si detto, un lato sovversivo, che sta gi nel
carattere potentissimo e radicale di questa illusione. Accogliendo una suggestione
freudiana, Gramsci presenta la fantasticheria come sogno a occhi aperti slegato dal
principio di realt, e proprio per questo come principio produttivo di rappresentazioni
estreme di vendetta e inversione, le quali, se per un verso hanno la funzione di
narcotico, possono per un altro, in circostanze eccezionali di crisi, rovesciarsi contro
la realt in una negazione pratica di essa.32
|40|Ecco il punto: affinch la pura e semplice reazione al dominio diventi politica
cessando di essere utopia, sono indispensabili diversi presupposti, senza alcun
automatismo. Il pi importante di essi la congiuntura: una crisi (si ricordi il ritmo
scandito dalle crisi), cio una situazione in cui una determinata struttura egemonica va
in pezzi e se ne costituisce una nuova, come nel caso della Francia rivoluzionaria. In
queste situazioni, cio nella fase iniziale dei processi storici di formazione delle
volont collettive, esibiscono la loro vera funzione le utopie e le ideologie confuse
e razionalistiche, che consentono di criticare distruttivamente le vecchie concezioni
del mondo storicamente elaborate per accumulo di esperienze successive (8,195 [Q
1058]), facendo cos rientrare in circolo, rendendo di nuovo disponibili energie che
normalmente sono invece deviate verso la soddisfazione illusoria. Le masse di energia
(1,48 [Q 63]) entrano in movimento per la crisi (13,37 [Q 1647]),33 dunque non a
comando (che sarebbe la negazione del presupposto su cui poggia il ragionamento di
Gramsci), secondo una logica che non mai totalmente controllabile e anticipabile.
Torniamo cos al testo del Q 4 da cui avevamo preso le mosse. In esso questa
complessa posizione viene mirabilmente sintetizzata:
La religione la pi mastodontica utopia, cio la pi mastodontica metafisica apparsa
nella storia, essa il tentativo pi grandioso di conciliare in forma mitologica le
contraddizioni storiche: essa afferma, vero, che luomo ha la stessa natura, che esiste
31

Cf 8,209 [Q 1067 s.], 8,228 [Q 1084 s.], 8,230 [Q 1085 s.].


La spiegazione in termini freudiani proposta da Gramsci in relazione alla letteratura dappendice
come stimolo al sognare ad occhi aperti (6,134 [Q 799]). Cf anche 8,158 [Q 1036] e 9,60 [Q 1131].
33 Questo testo la versione C di 1,48, e il passo citato una variante instaurativa.
32

Tradurre lutopia in politica

12

luomo in generale, creato simile a Dio e perci fratello degli altri uomini, uguale agli altri
uomini, libero fra gli altri uomini, e che tale egli si pu concepire specchiandosi in Dio,
autocoscienza dellumanit, ma afferma anche che tutto ci non di questo mondo, ma di
un altro. Ma intanto le idee di uguaglianza, di libert, di fraternit fermentano in mezzo
agli uomini, agli uomini che non sono uguali, n fratelli di altri uomini, n si vedono liberi
fra di essi. E avviene nella storia, che ogni sommovimento generale delle moltitudini, in un
modo o nellaltro, sotto forme e con ideologie determinate, pone queste rivendicazioni
(4,45 [Q 472]; cors. mio).

Qui Gramsci riesce davvero ad additare la contraddizione latente tra ideologia


religiosa e sentimento religioso, tra natura decettiva del rinvio a un altro mondo, e carica
aggressiva verso questo mondo contenuta nellalterit di quel mondo rispetto a quello
reale. Volendo formulare in modo volutamente paradossale il complesso ragionamento
di Gramsci, si pu dire: la religione, in quanto utopia, il vero idealismo, la vera
metafisica idealistica.34 Il comune carattere utopistico della religione po|41|polare e
delle costruzioni razionalistiche degli intellettuali spiegabile non partendo dagli
intellettuali, ma dalla religione popolare: il concetto della natura umana astrattamente
ottimistico e facilone proprio dellutopia democratica, utopia che per oggi
implicita nel diritto moderno (6,98 [Q 773 s.]), di derivazione religiosa. Ma lo
sono anche le concezioni di spirito delle filosofie tradizionali, come quella della
natura umana trovata nella biologia (7,35 [Q 885]). In tutti questi casi si ha un
movimento di distruzione della realt in quanto realt contraddittoria (perch radicata
in e riferita a una societ divisa in classi), e la posizione al posto di essa di
ununit gi compiuta. In tutti questi casi si parte da una base reale leducabilit
delluomo, la comune facolt di pensare, il genere umano come entit biologica e si
assolutizza questa base, trascurando ci che invece differenzia gli uomini. Si ha cos il
buon selvaggio, lisola di Utopia, lo Stato ideale, il Regno dei Fini, lo Spirito Assoluto
ovvero, popolarescamente, luguaglianza degli uomini in quanto Siamo nati tutti
nudi (7,38 [Q 888]).
Si istituisce cos una grande opposizione tra la filosofia della praxis da una parte, e
dallaltra tutto il complesso delle filosofie, delle religioni ecc., raccolte sotto il nome di
utopia. Il filosofo attuale, vale a dire il filosofo della praxis, non pu evadere dal
terreno attuale delle contraddizioni, non pu affermare, pi che genericamente, un
mondo senza contraddizioni, senza creare immediatamente una utopia (4,45 [471 s.]).
E tuttavia, coerentemente con la tesi spinoziana del minimum di individualit, o
maximum di comprimibilit dellindividuo,35 solo a questo punto che inizia,
propriamente, il lavoro decisivo di distinzione, consistente nellindividuare dentro il
campo dellutopia quelli che potremmo chiamare effetti di verit.36 In questo senso va
letta la prosecuzione del testo appena citato: Ci non significa che lutopia non abbia
un valore filosofico, poich essa ha un valore politico, e ogni politica implicitamente
una filosofia [Q 472].
In questo quadro il nesso storico Illuminismo-Rivoluzione assume un ruolo di
importanza decisiva, perch la specificit dellutopia illuministica consiste proprio nel
34

Ci relativizza notevolmente quanto sostenuto da Emma Fattorini (Religione, morale e concezione


delluomo, in: Critica marxista, 1987, n. 2/3, pp. 67-97, qui 90 s.), secondo la quale Gramsci
identificherebbe il cattolicesimo con la filosofia che sostiene il concetto della realt [come]
indipendente dalluomo pensante (7,47 [Q 894]), cio con la neoscolastica.
35 Balibar, Spinoza: la crainte des masses, cit., p. 318.
36 Cf Balibar, Politique et vrit; in id., La crainte des masses. Philosophie et politique avant et aprs
Marx, Paris, Galile 1997, pp. 251-79.

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13

fatto che gli intellettuali occidentali per la prima volta si ricongiungono


consapevolmente, per via di complesse mediazioni, al popolo, e iniziano cos a
pensarne (cio a sistematizzar|42|ne) lideologia pi profonda: la democrazia appunto,
luguaglianza, la fratellanza, la libert. Cos, tutti questi sentimenti religiosi ricevono
una veste esplicitamente politica e giuridica e nasce, da questo connubio, la politica
moderna. alla luce di questa congiuntura che acquista valore la lettura filosofica di
Hegel e Kant, come anche quella di Croce. alla luce di questa congiuntura che lutopia
fa un salto di qualit: in quanto consaputa, riflettuta, qualcosa di pi di una semplice (e
sia pure radicale) espressione, in forma invertita, di una volont politica: diventa un
patrimonio, quello dei droits de lhomme, in cui religione, filosofia e politica sono
inestricabilmente fuse, e perci sempre disponibile a servire da mascheratura dei
rapporti di forza reali ma anche, in ogni momento, passibile di essere preso sul serio e
divenire rivendicazione rivoluzionaria.37

6. Traducibilit di culture nazionali e rivoluzione


passiva
Alla luce di queste considerazioni acquisisce unulteriore determinazione
liscrizione del pensiero crociano nel catalogo delle utopie: infatti lidealismo ha un
nesso intrinseco con quella politica democratica, con quella mentalit massonica a cui si
vorrebbe opposto. La nozione di spirito in filosofia, come quella di natura umana in
biologia
dovrebbero spiegarsi come utopie scientifiche che sostituirono la maggior utopia della
natura umana cercata in Dio (e gli uomini figli di Dio) e servono a indicare il travaglio
continuo della storia, unaspirazione razionale o sentimentale ecc. (7,35 [Q 885]).

In questo modo lutopia in tutti i suoi gradi restituita alla storia: dalla
concezione religiosa a quella naturalistica, a quella filosofica spiritualistica delluomo,
lutopia un momento presente in tutti questi discorsi, nonostante la loro superficiale
eterogeneit, perch in tutti questi casi si ha una reazione alle contraddizioni che
lacerano la societ umana mediante il ricorso a rappresentazioni unitarie immaginarie,
che al contempo occultano e rimuovono fantasticamente queste contraddizioni.
vero che tanto le religioni che affermano leguaglianza degli uomini come figli di Dio o
le filosofie che affermano la loro uguaglianza come partecipanti della facolt di ragionare
sono state espressioni di complessi movimenti rivoluzionari (la trasformazione del mondo
classico la trasformazione del mondo medioevale) che hanno posto gli anelli pi potenti
dello sviluppo storico [...] Che la dialettica hegeliana sia sta|43|ta un riflesso di questi grandi
nodi storici e che la dialettica, da espressione delle contraddizioni sociali debba diventare,
con la sparizione di queste contraddizioni, una pura dialettica concettuale, sarebbe alla base
delle ultime filosofie a base utopistica come quella del Croce (7,35 [Q 885 s.]; cors. mio).

La filosofia tradizionale un mero romanzo filosofico (8,217 [Q 1079]), dunque


unutopia, ma proprio per questa ragione essa contiene una pulsione verso la
trasformazione del mondo, che per distorce e vanifica (a ragion veduta) nel momento
in cui rifiuta la dialettica (o meglio la riforma nella logica dei distinti), come fa
Croce. Hegel, al contrario, il luogo in cui la filosofia si maggiormente accostata alla
Cf ancora Balibar, Diritti delluomo e diritti del cittadino. La dialettica moderna di uguaglianza e
libert, in: id., Le frontiere della democrazia, [1992], trad. it. di A. Catone, Roma, manifestolibri 1993,
pp. 75-100.
37

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14

traduzione dellutopia in politica, perch ha accolto nella dialettica la politica, cio la


Rivoluzione francese, in cui quella traduzione aveva avuto realmente luogo. soltanto a
partire dallintreccio tra democrazia politica e religione nella cultura illuministica, poi
nella rivoluzione, e quindi nella traduzione di politica e filosofia, che lutopiareligione acquista il suo significato nellidealismo filosofico, che si presenta appunto
come la traduzione filosofica del livello teorico-pratico a cui giunta la modernit, e
dunque come unutopia realmente inscritta in essa, sua parte costitutiva fondamentale. Il
riferimento che Gramsci fa allo Spirito, come espressione dellunit del genere umano
al di l delle (e a prescindere dalle) contraddizioni che lo lacerano, resterebbe
incomprensibile senza la democrazia giacobina e i diritti delluomo, appunto perch lo
spirito pu nascere soltanto come traduzione di quei concetti in unaltra lingua.
Il rapporto di Hegel con la Rivoluzione francese centrale per Gramsci da molti
punti di vista, non ultimo il fatto che esso fondamentale gi per i giovani Marx ed
Engels, che nella Sacra famiglia postulano un rapporto di traducibilit tra politica
francese e filosofia tedesca che viene ricordato a pi riprese con enfasi nei Quaderni (cf
ad es. 4,42.) Ma una serie di riferimenti (da me puntualmente sottolineati) fanno
supporre che Gramsci pensasse anche a un altro testo: quella Introduzione alla Critica
hegeliana del diritto pubblico in cui Marx organizza un duplice nesso tra Francia e
Germania, come nesso tra filosofia e politica, ma anche come nesso tra politica e
religione, vedendo quindi nella religione tanto loppio del popolo quanto il gemito
della creatura oppressa.38
Sulla base di questa ipotesi possono essere fatte alcune considerazioni ulteriori. La
distruzione della realt, il sogno e levasione, proprie dellutopia, se pensate allinterno
dello spazio differenziale dato dalla tra|44|duzione tra culture nazionali
(Francia/Germania, futuro/passato, politica/filosofia, realt/sogno), ridiventano praxis,
rapporto attivo con il mondo, in quanto corrispondono alla forma specifica di
introduzione del futuro dentro il passato costituito dalla nazione arretrata. Se vista alla
luce della traduzione tra culture nazionali, la religione immediatamente una politica, in
quanto la inversione (negazione) specifica nazionale. Ma allora una politica anche la
filosofia in quanto filosofia-religione, cio proprio in quanto filosofia speculativa,
traduzione speculativa di una politica-religione. Lequazione di filosofia e politica
produce, per cos dire, quella di filosofia e religione da un lato, e quella di politica e
religione dallaltro. In questo modo Gramsci persegue, da un lato, lobiettivo di tradurre
in rapporti storici pratici le manifestazioni del pensiero, dallaltro, quello di ricavare un
posto, in questo spazio differenziale spazio che, a ben vedere, delimita lo spazio
politico della modernit, al marxismo in quanto filosofia della praxis. Questultima
infatti si definir come teoria radicalmente consapevole del proprio carattere pratico
(della propria situazione), e dunque del proprio carattere politico, di contro alla
religione, per definizione inconsapevole di ci, e alla filosofia, che in un rapporto di
potenziamento con le istanze utopiche delle masse (nel momento in cui si pone in un
rapporto dialettico con i sentimenti di uguaglianza e li assorbe), o che addirittura in
grado, con Hegel, di pensare, nella dialettica, questo stesso rapporto tra teoria e
pratica.
evidente che, pur parlando della filosofia in genere, Gramsci ha presente una
certa filosofia e, oltretutto, secondo una certa lettura, quella, di matrice hegeliana, del

38

Karl Marx-Friedrich Engels, Werke, Bd. 1, Berlin, Dietz 1957, p. 378.

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15

nesso Francia-Germania: Hegel, dunque, e la lettura che ne d Marx.39 Ma lesposizione


che precede dovrebbe aver chiarito, accanto a questo, anche il fatto che nel corso del
lavoro volto alla definizione della filosofia della praxis e dellutopia, Gramsci definisce
in modo nuovo anche la filosofia tradizionale o speculativa, riconoscendo,
parallelamente alla forza politica dellutopia, anche la forza politica dellastrazione,
cio la specifica validit politica (e perci, nei termini gramsciani, filosofica) del non
trarre tutte le conseguenze, tipico della filosofia intesa in senso tradizionale. Dopo
Hegel, Benedetto Croce appunto una delle ultime filosofie a base utopistica il
filosofo capace di tenersi allaltezza della contraddizione |45| senza trarne le
conseguenze, e questo in un mondo gi segnato dalla critica di Marx, dunque in modo
fortemente consapevole. La filosofia crociana dei distinti definisce per questa ragione
unidea ben precisa della modernit come civilt della rivoluzione passiva, ed la
forma specifica (una forma ormai sovranazionale, europea) in cui la filosofia fa
politica entro questo spazio geo-politico, come del resto aveva ammesso lo stesso
Croce quando aveva definito il proprio lavoro alla Critica come opera politica, di
politica in senso lato: opera di studioso e di cittadino insieme.40

Di qui la centralit nei Quaderni della coppia categoriale Riforma-Rinascimento, come ho tentato di
mostrare in Riforma e Rinascimento. Il problema della unit ideologica tra il basso e lalto, in:
Capitani, L., Villa, R. (a c. di), Scuola, intellettuali e identit collettiva nel pensiero di Antonio Gramsci
(Atti del convegno, Reggio Emilia 11 dicembre 1997), Roma, Gamberetti Editrice [in corso di stampa].
40 Croce, Contributo alla critica di me stesso [1915, 19452]; in: id., Etica e politica [1931], Roma-Bari,
Laterza 1967, pp. 334 s. (il secondo corsivo mio).
39

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