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Ernest Mandel

CHE COS' LA TEORIA LENINISTA


DEL PARTITO

I. ATTUALIT DELLA TEORIA LENINISTA


DELL'ORGANIZZAZIONE.
Per avviare una discussione seria sul significato storico dell'attualit della teoria leninista dell'organizzazione, occorre prima determinare esattamente il posto e l'importanza
che questa teoria riveste nell'ambito della storia del marxismo (o, per meglio dire, nel
processo storico di sviluppo e di espansione del marxismo, che, come ogni altro processo storico, va ricondotto alle sue contraddizioni interne): nel quadro, quindi della stretta
interdipendenza dello sviluppo della teoria e di quello della lotta di classe proletaria. Da
questo punto di vista, la teoria leninista dell'organizzazione si manifesta come unit dialettica di tre elementi: una teoria dell'attualit della rivoluzione nei paesi sottosviluppati
nell'epoca dell'imperialismo (teoria successivamente estesa fino a diventare, appunto,
teoria dell'attualit della rivoluzione su scala mondiale, nell'epoca della crisi generale
del capitalismo); una teoria dello sviluppo discontinuo e contraddittorio della coscienza
di classe proletaria e della differenziazione delle sue tappe pi importanti; infine, una
teoria della validit di fondo del marxismo e dei suoi specifici rapporti sia con la scienza
sia con la lotta di classe proletaria.
un esame pi approfondito si vedr come queste tre teorie formino, per cos dire, il
sostrato sociale della concezione leninista dell'organizzazione, senza il quale essa resterebbe arbitraria, non materialista e non scientifica. La concezione leninista del partito
non l'unica possibile, ma la sola che attribuisca al partito d'avanguardia il ruolo storico di dirigere una rivoluzione che considerata, a medio o a lungo termine, inevitabile.
La concezione leninista del partito non pu essere scissa da un'analisi dettagliata della
coscienza di classe del proletariato. Essa cio prende le mosse dal fatto che la coscienza
politica di classe contrariamente alla coscienza di classe trade-unionista o puramente sindacale non nasce n spontaneamente n automaticamente sulla base dell'esclusivo sviluppo oggettivo della lotta di classe.1 La teoria leninista del partito si fonda
1 Questa concezione non assolutamente un'invenzione di Lenin, ma rientra in una tradizione degli anni
1880-1905, che va da Engels alla dottrina classica della socialdemocrazia, passando per Kautsky. Nel programma di Heinfeld della Socialdemocrazia austriaca, elaborato nel 1888-89, si dice espressamente: La
coscienza socialista deve essere introdotta dall'esterno nella lotta di classe proletaria e non si sviluppa da
sola, in modo organico, all'interno di questa lotta. Nel 1901, Kautsky pubblicava in Neue Zeit un articolo su Gli universitari e i proletari (a. XIX, vol. 2, 17 aprile 1901), in cui sviluppava il medesimo concetto (p. 89), in una forma che ispir direttamente il Che fare? di Lenin. E' ben noto che Marx non ha sviluppato alcun concetto organico di partito; a volte egli ha anche rifiutato totalmente l'idea di un'organizzazione di avanguardia. Per altro verso, egli ha anche formulato una concezione che si avvicina molto a
quella dell'introduzione della coscienza socialista rivoluzionaria nella classe operaia. Si noti il seguente
passaggio di una lettera, scritta da lui il 1. gennaio 1870, del Consiglio esecutivo della I Internazionale al

infine su una certa autonomia dell'analisi scientifica, cio della teoria marxista che, pur
essendo essa stessa condizionata storicamente dallo sviluppo della lotta di classe e dai
suoi primi sbocchi in direzione della rivoluzione proletaria, non pu tuttavia venir considerata come un prodotto meccanico di questa stessa lotta, ma va vista invece come il
risultato di una pratica teorica (di una produzione teorica), che arriva soltanto progressivamente a ricollegarsi alla lotta di classe La storia della rivoluzione socialista
mondiale del XX secolo coincide con la storia di questo lento processo.
Questi tre punti di analisi rappresentano realmente un approfondimento del marxismo: tanto per quel che riguarda questioni che Marx e Engels avevano appena sfiorato e
di cui non si era pi ripresa l'elaborazione, che per altri elementi di teoria marxista che
in genere non erano stati presi nemmeno in considerazione, dato il ritardo o addirittura
l'interruzione della pubblicazione degli scritti di Marx nel periodo 1880-1905.2 Siamo
dunque di fronte a uno sviluppo originale della teoria marxista, la cui genesi va rintracciata nelle lacune (e in parte nelle contraddizioni) presenti tanto nelle analisi dello stesso
Marx che nelle interpretazioni che di lui si erano tentate nel corso del primo quarto di
secolo successivo alla sua morte.
La caratteristica peculiare di questo approfondimento leninista della teoria marxista
sta nel fatto che essa, partendo da angolazioni diverse, arriva a un unico nodo centrale:
quello dell'individuazione della specificit della rivoluzione proletaria, o socialista.

II. LE PARTICOLARIT STORICHE


DELLA RIVOLUZIONE PROLETARIA

A differenza, anzi contrariamente a quanto avvenuto per tutte le rivoluzioni passate, sia per quella borghese la cui logica stata studiata a fondo in primo luogo proprio
da Marx e da Engels sia per quelle rivoluzioni che ancora non sono state sottoposte a
un'analisi sistematica e generalizzata (come quelle dei contadini e della piccola borghesia delle citt contro il feudalesimo; le rivolte di schiavi e le insurrezioni delle comunit
tribali contro la societ schiavista; le rivoluzioni dei contadini all'interno degli antichi
rapporti di produzione asiatici che si dissolvevano periodicamente, ecc.), la rivoluzione
proletaria del XX secolo contraddistinta da quattro particolari fattori, che ne determinano la specificit, ma che costituiscono anche le ragioni della sua difficolt, come
Comitato federale della Svizzera romanza: Gli inglesi posseggono tutti i requisiti materiali di una rivoluzione sociale. Quel che non hanno uno spirito di generalizzazione e la passione rivoluzionaria: solo il
Consiglio esecutivo pu porre rimedio a questo, e affrettare in tal modo lo sviluppo di un movimento veramente rivoluzionario in questo paese e quindi ovunque. I grandi successi che abbiamo gi ottenuto a
questo proposito sono testimoniati dai pi saggi e distinti giornali della classe dominante (...) per non parlare dei cosiddetti membri radicali della Camera dei Comuni e della Camera dei Lords, che solo poco
tempo fa avevano parecchia influenza sui dirigenti degli operai inglesi. Ci accusano pubblicamente di
aver avvelenato e quasi soffocato lo spirito inglese della classe operaia, e di averla spinta verso il socialismo rivoluzionario. (Marx-Engels, Werke, Dietz-Verlag, Berlino 1964, vol. 16, pp. 386-7). Il concetto
dell'attualit della rivoluzione in Lenin stato precisato da Georg Luckcs, prima in Storia e coscienza
di classe poi nel suo saggio: Lenin. Teoria e prassi nella personalit di un rivoluzionario.
2 Ci vale in primo luogo per la fondamentale categoria marxista di prassi rivoluzionaria, che stata
sviluppata nell' Ideologia tedesca, sconosciuta in questo periodo.

Marx peraltro aveva in certo modo intuito:3


1. La rivoluzione proletaria la prima rivoluzione vittoriosa nella storia ad avere
come protagonista la classe che si trova al livello pi basso della societ; una classe che,
vero, dispone di una forza economica in potenza enorme, ma in realt molto esigua, e
che nel suo complesso esclusa da ogni forma di partecipazione alla ricchezza sociale
(considerata in contrapposizione al semplice possesso di beni di consumo che vengono
costantemente utilizzati). Questa situazione totalmente diversa da quella, per esempio,
della borghesia o della nobilt feudale, che si impadronirono del potere politico quando
gi avevano in mano il potere economico all'interno della societ, o da quella degli
schiavi, le cui rivoluzioni non ebbero mai esito vittorioso.
2. La rivoluzione proletaria la prima rivoluzione vittoriosa che ha come scopo il rovesciamento programmatico e cosciente della societ esistente, che non vuole cio restaurare una situazione ormai superata (come avvenuto in passato per gli schiavi o per
i contadini), o semplicemente legalizzare un trasferimento di potere gi raggiunto in
campo economico, ma che deve realizzare un processo completamente nuovo, che non
mai esistito prima se non in forma di teoria o di programma.4
3. Cos come avvenuto per tutte le altre rivoluzioni sociali che si sono avute nel
corso della storia, anche la rivoluzione proletaria si alimenta delle contraddizioni esistenti tra le classi e delle lotte di classe che queste contraddizioni provocano all'interno
della societ esistente. Ma, mentre le rivoluzioni avvenute in passato si limitavano a
spingere la lotta di classe fino a raggiungere un punto culminante perch non si trattava in quei casi di instaurare rapporti sociali completamente diversi e programmati consapevolmente la rivoluzione proletaria pu realizzarsi alla sola condizione che la lotta
di classe, giunta al suo culmine, sfoci in un processo prolungato, sistematico e cosciente, di trasformazione di tutti i rapporti umani in primo luogo attraverso una generalizzazione dell'intervento proletario autonomo, quindi attraverso un'azione di tutti i membri della societ alla guida della societ senza classi. La vittoria della rivoluzione borghese ha trasformato la classe borghese in una classe conservatrice, che riuscita a realizzare innovazioni rivoluzionarie soltanto nel campo tecnico-industriale.
Per qualche tempo, su questo terreno la borghesia ha svolto un ruolo storico oggettivamente progressista, ma scomparsa dalla scena delle trasformazioni attive della vita
sociale ed anzi stata costretta, su questo piano, a rivestire un ruolo sempre pi reazionario, contrapponendosi al proletariato da essa sfruttato. La presa del potere da parte del
proletariato non segna invece la fine, ma soltanto l'inizio dell'azione cosciente della moderna classe operaia, che rovescia la societ e si arresta soltanto col proprio superamento in quanto classe, contemporaneamente al superamento di tutte le altre classi.5
3 Bisogna interpretare in questo senso la celebre notazione di Marx nelle prime pagine del 18 Brumaio di
Luigi Bonaparte, in cui egli sottolinea il valore di autocritica della rivoluzione proletaria e della sua tendenza a ritornare su cose che sembravano gi acquisite. Marx parla in questo contesto dei proletari ipnotizzati dall'infinita immensit dei loro propri scopi. (tr.it.. dl P. Togliatti, Editori Riuniti, Roma 1964, p.
52).
4 Nel Manifesto del Partito Comunista Marx ed Engels dicono che i comunisti non pongono principi
speciali sui quali vogliano modellare il movimento proletario (tr. it.: E. Cantimori Mezzomonti, Einaudi,
Torino 1953, cap. 2, p. 135). Nell'edizione inglese del 1888 Engels sostitu l'aggettivo speciali con settari. Con il che egli intende che il socialismo scientifico tenta incontestabilmente di fornire al movimento operaio principi speciali, ma solamente quelli che rappresentano il prodotto oggettivo dellandamento generale della lotta di classe proletaria, cio della storia contemporanea, e non quelli propri solo al credo di una setta particolare, cio ad un aspetto del tutto occasionale della lotta di classe proletaria.
5 Questa idea formulata da Trotskij senza possibilit di fraintendimento nell'introduzione alla prima edizione russa della Rivoluzione permanente (The Permanent Revolution, Merit Publishers, New York 1969.

4. Diversamente da tutte le rivoluzioni del passato, che sono generalmente avvenute


in un ambito nazionale (e persino regionale), la rivoluzione proletaria per sua natura
internazionale; sar portata a termine soltanto quando sar stata costruita dovunque una
societ senza classi. Pur dovendo necessariamente affermarsi in un primo momento a livello nazionale, la vittoria rivoluzionaria resta pur sempre incerta e precaria finch la
lotta di classe non riuscita ad infliggere una sconfitta decisiva al capitale su scala mondiale. Ma questo non pu certo avvenire n in modo lineare n in una sola volta su tutti i
fronti. La catena imperialista si spezza in un primo momento nel suo anello pi debole e
il movimento. attraverso momenti di slancio in avanti e ondate di riflusso del processo
rivoluzionario, segue la legge dello sviluppo ineguale e combinato (non solo in campo
economico, ma anche per quel che riguarda i rapporti di forza tra le classi: in nessun
caso la coincidenza automatica).
La teoria leninista dell'organizzazione tiene conto di tutte queste specificit della rivoluzione proletaria. Individua cio le caratteristiche di questa rivoluzione, tra l'altro
alla luce delle particolarit e delle contraddizioni della formazione della coscienza di
classe del proletariato. Esprime chiaramente quanto Marx aveva appena accennato e i
suoi epigoni non avevano gran che compreso: cio, che non ci pu essere n un rovesciamento automatico dell'ordine sociale capitalistico, n una disgregazione spontanea o una naturale trasformazione di questo ordine sociale in una societ socialista. La
vittoria della rivoluzione proletaria presuppone perci non solo fattori oggettivi (profonda crisi sociale, che riveli che il modo di produzione capitalistico ha finito la sua
missione storica), ma anche fattori soggettivi (maturit della coscienza di classe del
proletariato, maturit della sua direzione). In assenza di questi fattori soggettivi, o in
caso di una loro insufficienza, la rivoluzione proletaria non avr successo, col risultato
che la stessa sconfitta contribuir a consolidare, per un certo periodo, l'economia e la
societ capitalista.6
La teoria leninista dell'organizzazione costituisce un approfondimento del marxismo
applicato ai problemi fondamentali della sovrastruttura sociale (Stato, coscienza di classe, ideologia, partito); rappresenta. insieme ai contributi di Rosa Luxemburg e di Trotskij (e in un certo senso di Lukcs e di Gramsci) la scienza marxista del fattore soggettivo.

III. IDEOLOGIA BORGHESE E COSCIENZA DI CLASSE PROLETARIA


La formulazione di Marx: L'ideologia della classe dominante in ogni epoca l'ideologia dominante sembrerebbe a prima vista contraddire la caratterizzazione della rivoluzione proletaria come rovesciamento cosciente della societ ad opera del proletariato, come prodotto dell'attivit cosciente e indipendente delle masse dei salariati. Una interpretazione superficiale di questa formula sembrerebbe indurre alla conclusione che
sarebbe utopistico aspettarsi che le masse, manipolate come sono in regime capitalistico
pp. 8-9; tr. it. di L. Maitan, Mondadori, Milano 1971). Anche Mao ha sviluppato quest'idea. All'esatto opposto si trova l'idea di un modo di produzione socialista, o di un socialismo come sistema sociale sviluppato, idea secondo la quale la prima fase del comunismo considerata come qualcosa di statico, e
non come una fase transitoria di uno sviluppo rivoluzionario permanente dal capitalismo al comunismo.
6 Cfr. la celebre frase di Lenin secondo cui per la borghesia imperialista non esiste situazione economica senza sbocco.

ed esposte all'influenza delle idee della borghesia e della piccola borghesia, intraprendano una lotta di classe rivoluzionaria contro questa societ, per non parlare di una rivoluzione sociale.
Herbert Marcuse, che giunto a una tale conclusione, per il momento soltanto
l'ultimo di una lunga serie di ideologi che, partendo dalla definizione marxiana di classe
dominante, mettono in dubbio le potenzialit rivoluzionarie della classe operaia.
Se si sostituisce al metodo d'approccio formale e statico il metodo dialettico d'analisi,
possibile risolvere il problema. La formulazione di Marx va resa dinamica in questo
senso: l'ideologia dominante di ogni societ l'ideologia della classe dominante, nel
senso che quest'ultima detiene il controllo degli strumenti della produzione ideologica
(chiesa, mass media, ecc.) di cui dispone la societ, e li utilizza sulla base dei propri interessi di classe. Per tutto il periodo ascendente della dominazione di classe, finch cio
questa dominazione stabile e non messa .in discussione, l'ideologia della classe dominante continua a dominare anche la coscienza delle classi subordinate. Nelle prime
fasi della lotta di classe gli sfruttati fanno spesso ricorso alle formule, agli ideali, alle
ideologie degli sfruttatori.7 Ma, via via che la stabilit dell'ordine sociale viene messa in
discussione, via via che la lotta di classe si inasprisce e che, in concreto, la dominazione
di classe risulta sempre pi scossa, taluni settori della classe oppressa si sbarazzano in
maniera sempre pi decisa delle idee dei dominatori. La lotta tra l'ideologia delle classi
dominanti e le nuove idee delle classi rivoluzionarie precede la rivoluzione sociale e
contribuisce ad accelerare la concreta lotta di classe, nella misura in cui aiuta la classe
rivoluzionaria ad accedere alla consapevolezza dei suoi compiti storici e degli obiettivi
immediati di lotta. La coscienza rivoluzionaria della classe rivoluzionaria si forma cos
nello scontro con l'ideologia degli oppressori.8 Ma soltanto al momento della rivoluzione la maggioranza degli oppressi pu sottrarsi al dominio dell'ideologia borghese.9
Questo dominio non si manifesta solamente. e neppure principalmente attraverso la manipolazione ideologica e l'assimilazione da parte delle masse della produzione ideologica della classe dirigente, ma anche (e soprattutto) in virt dellingranaggio economico e
7 Per questo la coscienza di classe borghese, o anche quella plebea-sempiproletaria agli inizi del XVI e
XVII secolo si esprimeva ancora essenzialmente in forma religiosa; solo nella seconda met del XVIII secolo, con la totale decadenza dellordine feudale assolutista, essa trov la strada del materialismo esplicito.
8 Il concetto gramsciano di egemonia politico-morale, da esercitare su una classe oppressa in seno alla
societ prima ancora di conquistare il potere politico, esprime questa ipotesi in maniera particolarmente
pregnante (cfr. A. GRAMSCI, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Einaudi, Torino
1964, p. 236; Note sul Machiavelli, ivi, pp. 29-37, 41-50). Numerosi teorici marxisti criticano o ridimensionano questo concetto di egemonia (cfr., per es., N. POULANZAS, Pouvoir politique et classes sociales, Parigi 1968, pp. 210-22). A proposito del significato del consenso sociale generale con le basi materiali e morali del dominio di classe borghese cfr. J. R. Recoldi, Integracin y lucha de classe en el neocapitalismo mundial, 1968, pp. 152-7.
9 Ci espresso da Marx ed Engels nella frase seguente la rivoluzione non necessaria soltanto perch
la classe dominante non pu essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perch la classe che l'abbatte pu riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la societ (K. MARX, F. ENGELS, L'ideologia tedesca, tr. it. di F. Codino,
Editori Riuniti, Roma 1958, p. 29). Vedi anche la seguente osservazione fatta da Marx nel 1850 contro la
minoranza di Schapper della Lega Comunista: La minoranza sostituisce un approccio dogmatico a quello critico e l'idealismo al materialismo. Per essa la forza motrice della rivoluzione la pura forza di volont e non le condizioni reali. Noi, al contrario. diciamo agli operai: dovrete affrontare 15, 20, 50 anni di
guerre civili e lotte di popolo non solo per cambiare le condizioni, ma per cambiare voi stessi e diventare
capaci di esercitare il potere politico. Voi, al contrario, dite: "Se non possiamo prendere il potere subito
possiamo andarcene a letto" (Karl Marx Enthullungen ber Kommunistenprocess zu Koln, Buchandl
Vorwartz, Berlino 1914, pp. 52-3).

sociale della vita di tutti i giorni e dei suoi riflessi nei cervelli degli oppressi. Ci vale
soprattutto per la societ borghese, anche se analoghe manifestazioni si presentano in altre societ di classe. Nella societ capitalista questo controllo determinato dalla internazionalizzazione dei rapporti mercantili, strettamente legati alla reificazione delle relazioni sociali tra gli uomini, e alla generalizzazione della produzione mercantile, alla trasformazione in merce della forza-lavoro e alla generalizzazione della divisione sociale
del lavoro nelle condizioni della produzione capitalistica. ottenuto in virt della stanchezza e dell'abbrutimento dei produttori per il lavoro alienato e per lo sfruttamento,
della mancanza di tempo libero (mancanza non solo dal punto di vista quantitativo, ma
anche qualitativo), ecc. Solo una rivoluzione, cio un'attivit rapidamente crescente delle masse al di fuori del quadro del lavoro alienato, pu far saltare questo ingranaggio e
pu quindi essere in grado di far regredire l'influenza mistificatrice di tutto questo ciarpame sulla coscienza delle masse.
La teoria leninista dell'organizzazione cerca di afferrare la dialettica interna di questo
processo di formazione della coscienza politica di classe, che per pu svilupparsi pienamente soltanto all'atto della rivoluzione (ma ci a condizione che questo sviluppo sia
gi avviato prima della rivoluzione).10 A questo fine la teoria leninista opera valendosi
di tre categorie: quella della classe operaia in s (la massa dei lavoratori); quella della
parte di classe operaia gi impegnata in lotte non sporadiche e gi organizzata elementarmente (l'avanguardia proletaria in senso largo);11 infine, la categoria dell'organizzazione rivoluzionaria, che formata da quei lavoratori e quegli intellettuali che hanno,
sia pure parzialmente, una preparazione marxista e che svolgono un'attivit rivoluzionaria.
La categoria di classe in s nasce dal concetto oggettivo di classe quale Marx lo definisce: per lui uno strato sociale definito in base al posto che occupa concretamente nel
processo di produzione, indipendentemente dal fatto che ne abbia o meno coscienza. (Il
giovane Marx aveva sostenuto, nel Manifesto e negli scritti politici del 1850-1852, un
concetto soggettivo di classe, che partiva dal principio che la classe operaia si costituisce in classe solo attraverso la lotta, vale a dire a partire da un minimo di coscienza di
classe. Bucharin, ricollegandosi a una formula tratta da Miseria della filosofia, definisce
questo concetto la classe per s, in contrapposizione a quello della classe in s).12
Per la concezione leninista dell'organizzazione, come per Engels e per la socialdemocrazia tedesca dei tempi di Engels, Bebel e Kautsky, questo concetto oggettivo di classe rimane fondamentale.13
10 Cfr. Lenin: Ed il nostro sapientone non vede che proprio nel momento della rivoluzione avremo bisogno dei risultati della lotta teorica (prerivoluzionaria, E.M.) contro i "critici" per combatterne energicamente le posizioni pratiche (V. I. LENIN, Che fare?, in Opere Scelte, Editori Riuniti, Roma 1965, p.
226 n); 17 anni dopo, la rivoluzione tedesca doveva confermare tragicamente questa valutazione.
11 In questo contesto Lenin parla nel Che fare? di lavoratori socialdemocratici e rivoluzionari) in
contrapposizione ai lavoratori arretrati.
12 N. BUCHARIN, La teoria del materialismo storico, Ed. Anthropos, Parigi 1967, pp. 317-9.
13 Cfr. il passo, non criticato da Engels, del Programma di Erfurt del Partito socialdemocratico, in cui i
proletari sono caratterizzati come la classe dei lavoratori salariati separati dai mezzi di produzione e costretti a vendere la propria forza-lavoro, e in cui la lotta di classe vista come lotta oggettiva fra sfruttati e
sfruttatori nella societ moderna (indipendentemente dal livello di organizzazione e di coscienza dei lavoratori). Dopo la costatazione di questo dato oggettivo, esposta nei primi quattro paragrafi, si trova l'aggiunta seguente, alla fine della parte generale del programma: Compito del Partito socialdemocratico
trasformare questa lotta della classe operaia in una lotta cosciente e compatta e di darle l'obiettivo che le
impone la sua stessa natura. Vi si ritrova esplicitamente la conferma che ci possono essere classi e lotta
di classe nella societ capitalistica, senza che la classe operaia in lotta sia cosciente dei suoi specifici interessi di classe. Nel paragrafo 8 il programma parla di operai di tutti i paesi che hanno coscienza di clas-

Solo perch esiste una classe oggettivamente rivoluzionaria, in grado di condurre oggettivamente una lotta di classe rivoluzionaria, e solo a condizione che ci si leghi a una
tale lotta di classe, acquista un significato scientifico il concetto di un partito rivoluzionario di avanguardia (e del rivoluzionario di professione), come peraltro Lenin stesso
mette in evidenza.14 Senza questo legame con la lotta di classe, l'attivit rivoluzionaria
pu al massimo dar vita a un nucleo di partito, ma non a un partito, e rischia di degenerare in dilettantismo soggettivo e settario. In base al concetto leninista dell'organizzazione non esiste avanguardia che si autoproclami come tale, ma solo cercando di stabilire un legame rivoluzionario con la parte avanzata della classe e le sue lotte concrete l'avanguardia pu conquistarsi il diritto ad essere riconosciuta, come tale (il diritto storico,
cio, di funzionare in quanto tale).
La categoria degli operai avanzati ha origine dalla stratificazione oggettiva, inevitabile, della classe operaia, derivante sia dalla sua origine storica, sia dalla sua collocazione in seno al processo sociale produttivo e dalla sua coscienza di classe. La costituzione della classe operaia come categoria oggettiva , essa stessa, frutto di un processo
storico. Certi settori di classe operaia sono composti da discendenti di operai delle citt
o di salariati agricoli o magari di contadini espropriati; altri ancora provengono dalla
piccola-borghesia in possesso di qualche strumento di produzione (contadini, artigiani,
ecc.). Una parte della classe operaia lavora in grandi aziende, la cui dimensione favorisce lo sviluppo di una coscienza di classe per quanto elementare (la coscienza cio che i
problemi sociali non si possono risolvere se non con l'azione e l'organizzazione collettiva). Un'altra parte invece lavora in piccole e medie aziende o nel settore terziario, in
cui la conquista di talune garanzie economiche e la comprensione della necessit di larghe azioni di massa sono molto pi lente di quanto non avvenga nelle grandi imprese industriali. Ancora, taluni strati di classe operaia sono concentrati da tempo in grandi citt,
possiedono un livello di istruzione, hanno gi fatto l'esperienza dell'organizzazione sindacale e di una qualche formazione politica o culturale (organizzazioni giovanili, stampa operaia, corsi per lavoratori, ecc.), mentre invece altri vivono nei paesi o nelle campagne (questo vale per esempio per la maggioranza dei minatori europei fino agli anni
Trenta), e non conoscono nessuna forma di vita associativa, ignorano pressoch totalmente ogni esperienza sindacale e non hanno mai avuto nessuna educazione politica o
culturale all'interno del movimento operaio organizzato.
Certi settori della classe operaia sono nati in paesi indipendenti da un millennio e la
cui classe dirigente ha oppresso per un lungo periodo altre nazioni. Altri operai sono
nati in paesi che hanno lottato per decenni o per secoli per l'indipendenza nazionale; altri ancora vivevano in schiavit o in servit meno di cento anni fa. Se a tutti questi elementi storico-strutturali di differenziazione si aggiungono le capacit personali, diverse
da operaio a operaio non solo le differenze di intelligenza o di capacit, ma anche di
se ed Engels propone a questo punto una modifica che sottolinea ancora una volta come egli distingua
assolutamente il concetto di classe dal punto di vista oggettivo e soggettivo: Anzich "che hanno
coscienza di classe" (...), ai fini di una comprensione generale e della traduzione in lingue straniere direi:
"con gli operai che hanno raggiunto la coscienza della loro situazione di classe" o qualcosa di simile (F.
ENGELS, Per la critica del programma del Partito socialdemocratico, in Opere Scelte, Editori Riuniti,
Roma 1966, pp. 1171-2).
14 V. I. LENIN: Condizione fondamentale di questo successo (nel consolidare il partito E. M.) stato,
naturalmente, il fatto che la classe operaia, il cui fior fiore ha creato la socialdemocrazia, si distingue, grazie a cause economiche oggettive, da tutte le classi della societ capitalistica per la sua maggiore attitudine all'organizzazione. Senza questa condizione l'organizzazione dei rivoluzionari di professione sarebbe
stata un giocattolo, un'avventura (Prefazione alla raccolta Dodici anni, in LENIN, Opere, vol. 13,
Editori Riuniti, Roma 1965, p. 91).

energia, di forza di carattere, di combattivit e di consapevolezza delle proprie forze si


capisce allora perfettamente come la stratificazione della classe operaia a diversi livelli
(relativamente al grado di coscienza di classe) sia un corollario inevitabile della storia
della classe operaia. E questo divenire storico della classe si riflette appunto, al momento dato, nei vari livelli di coscienza della classe operaia.
La categoria del partito rivoluzionario deriva dal fatto che il socialismo marxista
una scienza, che nella sua globalit pu essere acquisita, in ultima analisi, soltanto grazie a un lavoro individuale e non collettivo. Il marxismo rappresenta lo sbocco (e in parte anche il superamento) di almeno tre discipline scientifiche classiche: la filosofia classica tedesca, leconomia politica classica e la scienza politica francese classica (socialismo e storiografia francese). Per assimilarlo indispensabile un lavoro preliminare di
familiarizzazione con la dialettica materialista, con il materialismo storico, con la teoria
economica marxista e con l'interpretazione delle rivoluzioni moderne e del moderno
movimento operaio a livello storico-critico. In questo modo soltanto il marxismo pu
diventare nella sua integralit uno strumento valido di analisi della realt sociale e di capitalizzazione delle esperienze di un secolo di lotta operaia. un'aberrazione credere
che queste conoscenze e questa scienza possano venir fuori spontaneamente dall'esperienza del lavoro al tornio o anche al calcolatore. 15 Che il marxismo sia, in quanto
scienza, l'espressione della coscienza di classe proletaria al livello pi alto del suo sviluppo vuol dire soltanto una cosa: solo attraverso una selezione individuale gli elementi
pi esperti, pi intelligenti e pi combattivi del proletariato possono formarsi direttamente e in modo autonomo una simile coscienza di classe. Per questo motivo, proprio
perch questa acquisizione avviene individualmente, pu essere accessibile anche ai
15 Parecchi critici della concezione leninista dell'organizzazione, compreso Plechanov (Centralismo e
Bonapartismo, in Iskra, n. 70, estate 1904), si basano su di un passo della Sacra famiglia per sostenere
il contrario. In questo passo si dice: Se gli scrittori socialisti attribuiscono al proletariato questa funzione
di significato storico-mondiale, ci non accade affatto, come la critica critica pretende di credere, perch
essi considerano i proletari come degli di. Ma, al contrario, perch nel proletariato pienamente sviluppato fatta astrazione da ogni umanit, perfino dalla parvenza di umanit; perch nelle condizioni di vita
del proletariato sono riassunte tutte le condizioni di vita dell'odierna societ, nella loro forma pi inumana; perch l'uomo nel proletariato ha perduto se stesso ma, contemporaneamente, non solo ha acquistato
la coscienza teorica di questa perdita, bens stato spinto direttamente dalla necessit ormai incombente,
ineluttabile, assolutamente imperiosa dall'espressione pratica della necessit alla ribellione contro
questa inumanit: ecco per quali ragioni il proletariato pu e deve emanciparsi. Ma esso non pu emanciparsi senza sopprimere le proprie condizioni di vita. Esso non pu sopprimere le proprie condizioni di vita
senza sopprimere tutte le inumane condizioni di vita della societ attuale, che si riassumono nella sua situazione. Esso non frequenta invano la dura, ma temprante scuola del lavoro. Non si tratta di sapere che
cosa questo o quel proletariato, o anche il proletariato tutto intero, si propone temporaneamente come
meta. Si tratta di sapere che cosa esso e che cosa esso sar storicamente costretto a fare in conformit a
questo suo essere. La sua meta e la sua azione storica sono tracciate in modo sensibile e irrevocabile nella
situazione della sua vita, come in tutta la organizzazione della odierna societ borghese. Non occorre qui
spiegare che una gran parte del proletariato inglese e francese gi consapevole del suo compito storico e
lavora costantemente a portare questa coscienza alla pi completa chiarezza (K. MARX, F. ENGELS,
La sacra famiglia, in Opere scelte, cit., pp. 166-7). A prescindere dal fatto che nel 1844-45 Marx ed Engels non erano certo in grado di fornire una teoria elaborata della coscienza di classe e dell'organizzazione
proletaria (basta confrontare l'ultima frase riportata con quanto Engels scrisse quarant'anni dopo a proposito della classe operaia inglese per rendersene conto), questo passo dice esattamente il contrario di quel
che Plechanov vuol fargli dire. Dice soltanto che la condizione sociale del proletariato lo predestina all'azione rivoluzionaria radicale (superamento della propriet privata) e che l'obiettivo generale del socialismo si inscrive nelle sue condizioni di vita; non dice affatto che le condizioni inumane di vita sono la
base ideale per mettere il proletariato in grado di assimilare spontaneamente tutte le scienze sociali, ma
al contrario. Per quanto riguarda l'articolo di Plechanov, cfr. S. H. BARON, Plechanov, Standford University Press, 1963, pp. 248-53.

membri di altre classi o di altri strati sociali (in primo luogo agli intellettuali e agli studenti rivoluzionari).16 Qualsiasi altro modo di vedere la questione comporta un'idealizzazione della classe operaia e, in definitiva, dello stesso capitalismo.
Va sempre tenuto presente, naturalmente, che il marxismo non avrebbe potuto nascere indipendentemente dallo sviluppo reale della societ borghese e dalla lotta di classe
che si andava inevitabilmente sviluppando al suo interno. C' un legame inscindibile tra
l'esperienza storica e collettiva della classe operaia in lotta e la sua elaborazione da parte
del marxismo come coscienza di classe storica e collettiva nella sua forma pi elevata.
Ma sostenere che il socialismo scientifico il prodotto storico della lotta di classe del
proletariato, diverso che dire che tutti o anche la maggior parte dei membri di questa
classe possono con maggiore o minore facilit riprodurre questa scienza. Il marxismo
non un prodotto automatico della lotta e dell'esperienza di classe, ma il risultato di una
produzione scientifica e teorica. Una tale assimilazione diviene possibile solo attraverso
la partecipazione a quel processo di produzione, e tale processo , per definizione, individuale, anche se reso possibile solo dallo sviluppo delle forze sociali di produzione e
dalle contraddizioni di classe del capitalismo.

IV. LOTTA DI CLASSE PROLETARIA E COSCIENZA


DI CLASSE PROLETARIA

L'unificazione (intesa come processo) della massa proletaria, dell'avanguardia proletaria e del partito rivoluzionario dipende dal passaggio dalla lotta di classe a livello elementare alla lotta di classe rivoluzionaria, o, pi precisamente, alla rivoluzione proletaria, e dalle ripercussioni di questa trascrescenza sulla coscienza di classe delle masse
dei lavoratori salariati.
La lotta di classe esiste da millenni, senza che per questo i protagonisti avessero coscienza di quel che facevano. Lotte di classe sono state condotte gi molto tempo prima
che esistesse un movimento socialista o, a maggior ragione, il socialismo scientifico.
La lotta di classe a livello elementare scioperi, fermate per rivendicazioni salariali,
riduzione dell'orario di lavoro o altro tipo di miglioramenti delle condizioni di lavoro
ha prodotto l'organizzazione elementare della classe operaia (i fondi di solidariet, una
prima forma di sindacato), anche se in forme transitorie e limitate nel tempo. Lotta di
classe elementare, organizzazione elementare della classe operaia e coscienza di classe
elementare sono dunque un prodotto immediato dell'azione, e solamente la prolungata
esperienza di quest'azione pu formare e promuovere la coscienza. Che le masse pi larghe possano elevare la loro coscienza solo con l'azione una legge storica.
Ma, pur nella sua forma pi elementare, la lotta di classe spontanea dei salariati nel
modo di produzione capitalistico deposita qualche cosa: la coscienza si cristallizza in un
16 Oggi ormai quasi dimenticato che anche il movimento socialista russo stato fondato in larga misura
da studenti e intellettuali, e che questi, circa tre quarti di secolo fa, si trovavano di fronte a un problema
analogo a quello dell'intellighentsia rivoluzionaria di oggi. Analogo, naturalmente, non significa identico. Oggi infatti, rispetto ad allora, esiste un ostacolo in pi, rappresentato dalle organizzazioni riformiste e revisioniste di massa della classe operaia, ma anche un potenziale ulteriore: quello costituito dall'enorme esperienza storica accumulata dal movimento rivoluzionario. Nel Che fare? Lenin parla esplicitamente della capacit degli intellettuali di assimilare cognizioni politiche, vale a dire il marxismo scientifico (op. cit.. pp. 141-2).

processo di organizzazione permanente. L'attivit della maggior parte dei lavoratori si


limita alla lotta (cio la maggior parte dei lavoratori attiva soltanto al momento della
lotta); non appena la lotta si conclude i lavoratori si ritirano, prima o poi, a vita privata
(lottano cio per l'esistenza quotidiana, um das Dasein). L'avanguardia si distingue dalla
maggioranza della classe appunto per il fatto che, tra una fase e l'altra dello scontro
aperto, non abbandona il terreno della lotta di classe e continua a condurre la lotta per
cos dire con altri mezzi: cerca per esempio di consolidare le casse di resistenza emerse durante la lotta in fondi di sciopero stabili, in sostanza in sindacati; 17 cerca di cristallizzare e consolidare la coscienza elementare di classe sorta nel vivo dello scontro,.per
esempio pubblicando un foglio operaio od organizzando circoli per la formazione degli
operai. Grazie a ci, l'avanguardia rappresenta il momento di continuit nei confronti
dell'azione di massa necessariamente discontinua,18 il momento della coscienza nei confronti del movimento di massa di per s spontaneo. Pi della teoria, della scienza, della
comprensione ideologica dell'insieme della societ, l'esperienza pratica a sospingere
gli operai pi avanzati sulla via dell'organizzazione stabile e ad accrescerne la coscienza
di classe.
Poich l'esperienza della lotta dimostra19 che lo scioglimento delle casse di resistenza
alla fine di ogni sciopero nuoce all'efficacia dello sciopero stesso e danneggia la cassa,
s! tenta allora di passare alla costituzione di un fondo di sciopero stabile. Poich l'esperienza dimostra che un volantino occasionale meno efficace di un giornale che esce
con continuit, si organizza la stampa operaia. Una coscienza radicata nell'esperienza
immediata della lotta una coscienza empirico-pragmatica, che, naturalmente, pu fecondare l'azione, ma che rimane necessariamente al di qua di una conoscenza scientifica
globale, cio della conoscenza teorica. L'organizzazione rivoluzionaria d'avanguardia
riesce a consolidare questa conoscenza solo a condizione di ricercare il legame con la
pratica della lotta di classe, vale a dire di sottomettere la teoria alla prova severa della
verifica pratica. Secondo la dottrina marxista, considerata al momento della sua espressione pi matura cio secondo lo stesso Marx e secondo Lenin concepire una teoria
che sia veramente tale indipendentemente dalla pratica altrettanto aberrante che
concepire una prassi rivoluzionaria che non sia sorretta dalla teoria scientifica. Questa
constatazione non sminuisce affatto, ovviamente, l'importanza e la necessit dell'elaborazione teorica, ma sottolinea solamente il fatto che le masse lavoratrici e gli elementi
rivoluzionari possono riuscire a realizzare l'unit di teoria e prassi soltanto muovendo da
punti di partenza diversi e in base a una dinamica differenziata.
Di un simile processo pu dare un'idea lo schema seguente:
Masse:
Operai avanzati:

azione"esperienza"coscienza

esperienza"coscienza " azione

17 Cfr. a riguardo: K. MARX, Miseria della filosofia, Editori Riuniti. Roma 1949. Una ricca e interessante descrizione delle forme nascenti dei sindacati e delle casse di mutuo soccorso dei lavoratori si trova in
E. P. THOMPSON, The Making of the English Working Class, Londra 1968.
18 II carattere necessariamente discontinuo delle azioni di massa si spiega con la situazione di classe del
proletariato stesso. Finch il proletariato non riesce a rovesciare il modo capitalistico di produzione, ogni
azione di massa limitata dalle possibilit di resistenza economica, fisica e psicologica dei lavoratori di
fronte alla perdita del salario. Non riconoscere che queste possibilit, appunto, non sono illimitate, significherebbe non riconoscere le stesse condizioni materiali di esistenza del proletariato, che lo costringono, in
quanto classe, a vendere la sua forza lavoro.
19 V. alcuni esempi dei primi anni dei sindacati metallurgici tedeschi, in Fnfundsiebzig Jahre Industriegewerkschaft Metall, Europasche Verlaganstalt, Francoforte sul Meno 1966, pp. 72-8.

Nuclei rivoluzionari:

coscienza " azione " esperienza

Se si inverte questo schema per trarne le conseguenze pratiche, si ha:


Masse:
Nuclei rivoluzionari:
Operai avanzati:

azione" esperienza " coscienza

coscienza"azione"esperienza

esperienza"coscienza"azione

Questo schema rivela una serie di conclusioni relative alla dinamica della coscienza
di classe, conclusioni gi implicite nell'analisi precedente ma che possono ora essere
meglio comprese per quello che il loro ruolo e la loro effettiva portata. relativamente
difficile promuovere l'azione collettiva degli operai avanzati (dei capi naturali della
classe operaia nella fabbrica), proprio perch il suo avvio non dipende n dalla semplice
convinzione (come per i nuclei rivoluzionari), n della pura esplosione spontanea (come
per le masse). L'esperienza pratica della lotta, che la motivazione fondamentale dellazione degli operai avanzati, anche quella che appunto li frena al momento di impegnarsi in azioni di rilievo. Avendo assimilato gli insegnamenti delle azioni precedenti e
sapendo che una singola azione non basta assolutamente a raggiungere lo scopo, costoro
non si illudono minimamente sulla forza dell'avversario (per non dire sulla sua generosit) e sulla durata del movimento di massa. In questo appunto consiste la pi grande
tentazione dell'economicismo.
In sintesi: 1) La costruzione del partito rivoluzionario rappresenta la fusione della coscienza dei nuclei rivoluzionari con quella dei lavoratori avanzati; 2) la maturazione di
una situazione prerivoluzionaria (potenzialmente rivoluzionaria) rappresenta la convergenza crescente dell'azione delle masse con l'azione degli operai pi avanzati; 3) una situazione rivoluzionaria e cio la possibilit della presa rivoluzionaria del potere si
realizza quando completa la fusione sia delle azioni dell'avanguardia rivoluzionaria
con quelle delle masse, sia della coscienza rivoluzionaria con quella dell'avanguardia
operaia.20 Le masse scendono sul terreno della lotta di classe aperta, che originata essenzialmente dalle contraddizioni interne al modo di produzione capitalistico, solo per
dei problemi vitali immediati; e questo vale per qualsiasi azione di massa, anche politica. Il problema della trascrescenza della lotta di classe in lotta rivoluzionaria determinato da elementi non solo quantitativi, ma anche qualitativi. La sua soluzione presuppone un numero sufficientemente elevato di operai avanzati, capaci di mobilitare le
masse su obiettivi che mettano in discussione la sopravvivenza della societ borghese e
del modo di produzione capitalistico. Si pu cogliere a questo punto l'importanza fondamentale degli obiettivi transitori,21 il ruolo strategico che assumono gli operai che, per
tutta la loro passata esperienza, sono ormai in grado di propagandare queste rivendica20 Non possiamo soffermarci in dettaglio sulla descrizione delle differenze tra situazione rivoluzionaria e
situazione prerivoluzionaria. Semplificando, potremmo distinguere una situazione rivoluzionaria da una
prerivoluzionaria cos: una situazione prerivoluzionaria caratterizzata da lotte di massa su scala cos vasta da minacciare la sopravvivenza dellordine sociale; in una situazione rivoluzionaria, tale minaccia si
concretizza, sul piano organizzativo, nell'instaurazione di organismi di doppio potere ad opera del proletariato (vale a dire di potenziali organismi di gestione del potere proletario) e, dal punto di vista soggettivo, in rivendicazioni immediatamente rivoluzionarie da parte delle masse, rivendicazioni che la classe dominante non riesce pi a respingere o ad integrare immediatamente.
21 V. pi avanti le origini leniniste di questa strategia.

11

zioni e il peso storico dellorganizzazione rivoluzionaria, che la sola capace di elaborare un programma organico di obiettivi transitori, corrispondente sia alle condizioni
storiche oggettive, sia ai bisogni soggettivi delle masse. Una rivoluzione proletaria vittoriosa possibile soltanto se si riesce a fondere saldamente insieme tutti questi elementi.

V. IL CONCETTO LENINISTA DI PIANO STRATEGICO CENTRALE


Abbiamo detto che la teoria leninista dell'organizzazione in primo luogo e soprattutto una teoria della rivoluzione. La grande debolezza della polemica di Rosa Luxemburg con Lenin, negli anni 1903-1904, sta nel fatto di non aver compreso bene questo
punto. Sintomaticamente, il concetto di centralismo con cui Rosa polemizza al tempo
stesso confermandolo nel saggio Problemi organizzativi della socialdemocrazia (i luxemburghiani dovrebbero leggere pi attentamente la loro Rosa!) resta un concetto
puramente organizzativo. Quello che viene rimproverato a Lenin di seguire una politica ultracentralista, di imporre la composizione dei comitati locali del partito e di soffocare qualsiasi iniziativa degli elementi di base del partito.22 Ma se esaminiamo pi da
vicino la teoria dell'organizzazione cos come lo stesso Lenin l'ha formulata e sviluppata, risulta che l'accento non affatto posto sullaspetto organizzativo formale del centralismo, ma sulla sua funzione politico-sociale. Al centro del Che fare? posto il concetto
di sviluppo della coscienza di classe proletaria in coscienza politica di classe attraverso
un'attivit politica complessiva che pone tutti i problemi dei rapporti di classe interni ed
esterni, e dandovi una risposta da un punto di vista marxista: Infatti, l'elevazione dellattivit delle masse operaie (Martynov) possibile soltanto se non ci limitiamo all'agitazione politica sul terreno economico. E una delle condizioni essenziali per il necessario ampliamento dell'agitazione politica l'organizzazione di denunce politiche in tutti i campi della vita. Solamente con queste denunce si potr educare la coscienza politica e suscitare l'attivit rivoluzionaria delle masse. E pi oltre: La coscienza della classe operaia non pu diventare vera coscienza politica se gli operai non si abituano a reagire contro ogni abuso, contro ogni manifestazione dell'arbitrio e dell'oppressione, della
violenza e della soperchieria, qualunque sia la classe che ne colpita, e a reagire da un
punto di vista socialdemocratico e non da un punto di vista qualsiasi. La coscienza delle
masse operaie non pu essere una vera coscienza di classe se gli operai non imparano a
osservare, sulla base dei fatti e degli avvenimenti politici concreti e attuali, ognuna delle
altre classi sociali in tutte le manifestazioni della vita intellettuale morale e politica; se
non imparano ad applicare in pratica l'analisi e il criterio materialistico a tutte le forme
d'attivit e di vita di tutte le classi, strati e gruppi della popolazione. Chi induce la classe
operaia a rivolgere la sua attenzione, il suo spirito di osservazione e la sua coscienza
esclusivamente, o anche principalmente, su s stessa, non un socialdemocratico, perch per la classe operaia la conoscenza di se stessa indissolubilmente legata alla conoscenza esatta dei rapporti reciproci di tutte le classi della societ contemporanea; conoscenza non solo teorica, anzi, non tanto teorica, quanto ottenuta attraverso l'esperienza
22 R. LUXEMBURG, Organisationsfragen der russischen Sozialdemokratie, in Schriften zur Theorie
des Spontaneitt, Amburgo 1970, pp. 71-2.

della vita politica.23


Per la stessa ragione, Lenin sottolinea la necessit per il partito rivoluzionario di far
proprie tutte le rivendicazioni, tutti i movimenti progressisti, anche semplicemente democratici, di tutte le classi e gli strati sociali oppressi. Il piano strategico centrale che
Lenin espone. nel Che fare?24 consiste in una attivit di partito che integri e raggruppi
le ribellioni, i movimenti di protesta e di resistenza elementari, spontanei, sparsi, localmente o settorialmente limitati. L'accento sulla centralizzazione posto soltanto a livello politico, non a livello organizzativo. La centralizzazione organizzativa formale ha
solo lo scopo di consentire la realizzazione di questo piano strategico.
Non essendo riuscita a individuare questo nucleo centrale, Rosa Luxemburg sospinta necessariamente dalla natura della sua polemica a sviluppare un'altra concezione
della formazione della coscienza politica di classe e della preparazione di una situazione
rivoluzionaria. Ed appunto qui che si rivela in pieno quanto fosse sbagliato il suo punto di vista. La concezione di Rosa Luxemburg secondo cui l'esercito rivoluzionario si
recluta solamente nel corso della lotta stessa, e soltanto nel corso di questa gli obiettivi
della lotta gli si presentano chiaramente25 stata smentita dalla storia.
Neppure nel corso delle lotte operaie pi dure e prolungate la massa dei lavoratori
mai stata, o non stata sufficientemente, in grado di discernere quali fossero i suoi
obiettivi di lotta (basti semplicemente pensare agli scioperi generali francesi del 1936 e
del 1968, alle lotte degli operai tedeschi dal 1918 al 1923, o alle grandi lotte dei lavoratori italiani nel 1920, 1948, e 1969, oppure alle grandiose lotte di classe in Spagna tra il
1931 e il 1937).
L'esperienza della lotta non basta ad acquistare una chiara coscienza degli obiettivi di
una lotta di massa prerivoluzionaria o rivoluzionaria su larga scala.
Questi obiettivi in realt non dipendono soltanto dagli obiettivi immediati che hanno
fatto partire la lotta, ma si possono definire soltanto partendo da unanalisi generale dello sviluppo dell'intera societ, dalla fase storica cui giunto il modo di produzione capitalistico e dalle sue contraddizioni interne, oltrech dai rapporti di forza nazionali e internazionali fra le classi.
completamente illusorio credere che tutt'a un tratto, senza una prolungata e tenace
preparazione, senza l'educazione di centinaia e migliaia di operai nello spirito di un programma rivoluzionario e senza l'esperienza pratica accumulata per anni da questi operai
avanzati, nel tentativo di trasmettere alle masse questo programma, con il solo appoggio
di azioni di massa, si possa formare tra le masse una coscienza adeguata dei compiti posti dalla situazione storica. Si potrebbe in effetti rovesciare l'argomentazione della Lu23 V. I. LENIN, Che fare?, cit., p. 138.
24 V. I. LENIN, op. cit., cap. V, passim. Veramente nel Che fare? si trovano anche indicazioni sui criteri
organizzativi della centralizzazione, ma determinati esclusivamente dalle condizioni di clandestinit. Per
quanto riguarda i partiti rivoluzionari legali Lenin si pronuncia a favore di una larga democrazia: Il
controllo generale (nel significato letterale della parola), esercitato da ognuno su ogni iscritto al partito
nel corso della sua carriera politica, crea un meccanismo che funziona automaticamente ed assicura ci
che in biologia si chiama la "sopravvivenza dei pi adatti". Per effetto di questa "selezione naturale"; derivante dal carattere pubblico di ogni atto, dall'eleggibilit e dal controllo generale, ogni militante si trova,
alla fine, al proprio posto, assume il compito pi adatto per le sue forze e per le sue capacit, sopporta lui
stesso tutte le conseguenze dei suoi errori e dimostra dinanzi a tutti la propria capacit di comprendere i
suoi errori e di evitarli (LENIN, op. cit., p. 195). All'interno del partito polacco da lei fondato - anch'esso
limitato da restrizioni di tipo strettamente cospiratorio - la Luxemburg accettava, da parte sua, un centralismo non meno rigido di quello dei bolscevichi (vedi il conflitto con la frazione di Radek a Varsavia, e le
gravi accuse mosse contro di essa).
25 R. LUXEMBURG, op. cit., p. 74.

13

xemburg e dire che il proletariato non realizzer mai i suoi obiettivi storici se la formazione, l'educazione, la sperimentazione pratica dell'avanguardia nell'elaborazione e nell'applicazione all'agitazione del programma rivoluzionario non hanno preceduto l'esplosione delle lotte di massa, anche se poi soltanto queste lotte di massa rendono possibile
lo sviluppo di una coscienza rivoluzionaria.
appunto questa la lezione drammatica della rivoluzione tedesca dopo la prima
Guerra mondiale, che naufrag precisamente sullo scoglio dell'assenza di un'avanguardia preparata.
Il piano strategico di Lenin ha come scopo quello di creare un'avanguardia di questo
tipo, collegando organicamente i singoli quadri rivoluzionari ai lavoratori avanzati. Ma
questo obiettivo irrealizzabile senza un'attivit politica complessiva che faccia uscire i
lavoratori avanzati dal chiuso dell'attivit esclusivamente sindacale, o condotta semplicemente al livello di fabbrica. I dati empirici di cui oggi disponiamo ci confermano che
il partito di Lenin possedeva gi tali requisiti, prima e durante la rivoluzione del 1905 e
dopo la ripresa del movimento di massa nel 1912.26
Se si vuol cogliere fino in fondo il senso del piano strategico leninista, va considerato
anche un altro aspetto. Qualsiasi concezione politica imperniata sulla rivoluzione deve
necessariamente preoccuparsi del problema dello scontro diretto con l'apparato repressivo dello Stato e della presa del potere politico. Ma quando una problematica di questo
genere viene ricondotta all'interno di una concezione organica complessiva, ci si ritrova
nuovamente a dover fare la scelta del centralismo. Sia Lenin che Rosa Luxemburg erano
convinti che il capitalismo e lo Stato borghese imponevano una fortissima centralizzazione alla societ moderna27 e che sarebbe stata quindi una mera illusione sperare di poter abbattere gradualmente questo potere statale accentrato, come si abbatte un
muro, una pietra dopo l'altra. (D'altra parte l'essenza ideologica del riformismo risiede in
questa illusione, che Rosa Luxemburg e Lenin hanno denunciato con uguale energia).28
Una volta che la presa del potere non prospettata come un obiettivo remoto, il problema dello strumento per la presa rivoluzionaria del potere si pone immediatamente ai
rivoluzionari. E qui, nuovamente, mancata a Rosa Luxemburg la comprensione di
quello che l'elemento determinante nell'uso puramente polemico da parte di Lenin del
26 Cfr. a questo riguardo D. Lane, The Roots of Russian Communism, Assen 1969. Lane ha cercato di
analizzare la condizione sociale dei membri della Socialdemocrazia russa e delle frazioni menscevica e
bolscevica partendo dai dati grezzi del periodo 1897-1907 e le sue conclusioni sono che i bolscevichi avevano un numero di iscritti operai e di militanti attivi superiore a quello dei menscevichi (pp. 50-l).
27 Non c' alcun dubbio che la Socialdemocrazia, in generale, conosce al suo interno una forte corrente
centralizzatrice. Sorta sul terreno dell'economia capitalista, tendente naturalmente alla centralizzazione, e
commisurata attraverso la lotta al quadro politico dei grandi Stati borghesi centralizzati, la Socialdemocrazia fin dalla sua nascita un'avversaria esemplare di qualsiasi particolarismo e del federalismo su base
nazionale. Abituata a difendere gli interessi complessivi del proletariato come classe di fronte agli interessi parziali o particolari del proletariato nel quadro di un dato Stato, la Socialdemocrazia presenta dovunque la tendenza a saldare tra di loro tutti i gruppi nazionali, religiosi, tutte le categorie della classe operaia
in un solo partito compatto (R. LUXEMBURG, op. cit., p. 72. Cfr. anche: Scritti politici, cit., p. 220).
28 V. la tesi enunciata da A. Gorz, secondo cui un partito nuovo pu essere costruito solo dal basso all'alto, una volta che la rete dei comitati di base e dei nuclei di fabbrica copra l'intero territorio nazionale
(Ni trade-unionistes, ni bolchviks, in Les Temps Modernes, ottobre 1969). Gorz non ha capito che la
crisi dello Stato borghese e del modo di produzione capitalistico non si sviluppa gradualmente dalla periferia verso il centro, ma un processo discontinuo che tende, a partire da un certo momento, verso una
prova di forza decisiva. Se non c' centralizzazione da parte dei gruppi rivoluzionari non si far che agevolare la ripresa del controllo del movimento ad opera delle burocrazie riformiste, con la conseguenza di
una rapida disgregazione dell'avanguardia in formazione (cosa che si di fatto verificata in Italia esattamente al momento in cui Gorz scriveva il suo articolo).

concetto di giacobino indissolubilmente legato all'organizzazione del proletariato cosciente. Lenin con questo concetto intendeva riferirsi non a un manipolo di congiurati
blanquisti, ma a un'avanguardia impegnata ininterrottamente nella realizzazione del
programma rivoluzionario, la cui attenzione quindi concentrata su questi compiti, senza lasciarsi influenzare dagli inevitabili flussi e riflussi che i movimenti di massa subiscono di volta in volta.
Per rendere giustizia a Rosa Luxemburg bisogna subito aggiungere che essa affrontava la questione secondo una particolare angolazione storica e d'altra parte non poteva
essere diversamente cio secondo l'ottica della Germania del 1904, quando certamente
la rivoluzione non era alle porte. E va pure detto che, non appena la rivoluzione divenne
una possibilit immediata anche in Germania, Rosa ne trasse le necessarie conclusioni
in senso leninista.29
Allo stesso modo, il giovane Trotskij commetteva un grave errore nella sua polemica
contro Lenin quando gli rimproverava il sostituzionismo, cio la sostituzione delliniziativa della classe operaia con quella del solo partito.30 Se spogliamo il nucleo di questo
rimprovero della sua veste polemica, troviamo anche qui una concezione idealistica e
insufficiente dell'evoluzione della coscienza di classe del proletariato: Il marxismo ci
insegna che gli interessi del proletariato sono determinati dalle sue condizioni di vita
oggettive. Tali interessi sono cos potenti ed inevitabili da costringere alla fine (!) il proletariato a farli entrare nell'ambito della propria coscienza, cio di trasformare la comprensione degli interessi oggettivi nel suo interesse soggettivo.31 facile oggi vedere
quale ottimismo ingenuamente fatalistico si nascondesse in quest'analisi insufficiente.
Gli interessi immediati sono messi qui sullo stesso piano degli interessi storici, cio dello scioglimento delle pi complesse questioni di tattica e di strategia politica. La speranza che il proletariato riconosca alla fine i propri interessi storici sembra abbastanza
superficiale, se si tengono presenti le catastrofi storiche avvenute perch, in assenza di
una direzione rivoluzionaria adeguata, il proletariato non stato in grado di. svolgere
neppure i compiti rivoluzionari contingenti.
Lo stesso ingenuo ottimismo si manifesta in modo. ancora pi evidente nel seguente
passo della stessa polemica: Il socialdemocratico rivoluzionario convinto non solo
dell'inevitabile (!) crescita del partito politico del proletariato, ma anche dell'inevitabile
(!) vittoria delle idee del socialismo rivoluzionario nel seno di questo partito. La prima
prova sta nel fatto che lo sviluppo della societ borghese induce spontaneamente il pro29 Cfr. l'articolo di Rosa Luxemburg per la fondazione del KPD: Il primo congresso del partito: L'avanguardia rivoluzionaria del proletariato tedesco si costituita in partito politico autonomo (p. 301). Si
tratta ormai di sostituire lo stato d'animo rivoluzionario indifferenziato con un'inflessibile determinazione
rivoluzionaria, la spontaneit con la sistematicit (p. 301) Der Grndungsparteitag der KPD, a c. di H.
Weber, Europasche Verlaganstalt, Francoforte sul Meno 1969). V. anche a p. 301 l'estratto dell'opuscolo
scritto da R. Luxemburg, Che vuole la Lega Spartacus?: La Lega Spartacus non un partito che abbia lo
scopo di dominare sulle masse lavoratrici o attraverso di esse. La Lega Spartacus rappresenta soltanto la
parte pi decisa del proletariato, che ad ogni passo addita alla pi larga massa della classe operaia quali
sono i suoi compiti storici e chi difende in ciascun particolare momento della rivoluzione l'obiettivo finale
del socialismo e in ogni avvenimento nazionale gli interessi della rivoluzione proletaria mondiale (corsivo di E. M.). Si pu a questo punto vedere in che consista questo nucleo essenziale del bolscevismo che
Rosa Luxemburg non aveva ancora capito nel 1904, nel fatto cio che la parte pi decisa del proletariato deve essere organizzata separatamente delle larghe masse. una conferma completa della nostra
tesi che, non appena la Luxemburg adott il concetto del partito di avanguardia, venne anche lei accusata
dai socialdemocratici (per giunta socialdemocratici di sinistra) di volere la dittatura sul proletariato
(M. Adler, Karl Liebknecht und Rosa Luxemburg, in der Kampf, voI. 12, n. 2, febbraio 1919, p. 75).
30 Leon TROTSKY, Nos taches politiques, Ed. Pierre Delfont, Parigi 1970, pp. 123-9.
31 Ivi, p. 125.

15

letariato a differenziarsi politicamente; la seconda nel fatto che le tendenze oggettive e i


problemi tattici di questa differenziazione trovano la loro pi completa e profonda
espressione nel socialismo rivoluzionario, cio nel marxismo.32
Questa citazione dimostra che ci che il giovane Trotskij sosteneva nella sua polemica contro Lenin erano la vecchia tattica sperimentata e l'ingenua fede nell'inevitabilit del progresso alla Bebel e Kautsky che prevalsero nella socialdemocrazia internazionale dalla morte di Marx fino alla prima Guerra mondiale. Il concetto leninista di coscienza di classe era incomparabilmente pi ricco, contraddittorio e dialettico, proprio
perch era basato su una lucida comprensione dell'attualit della rivoluzione.
Va per aggiunto che, dopo lo scoppio della rivoluzione russa del 1917, Trotskij
adott completamente l'analisi leninista della formazione della coscienza di classe proletaria, e quindi anche la teoria leninista dell'organizzazione, e fino alla morte le difese
ostinatamente contro tutti gli scettici e gli ultrapessimisti (che pretendevano di scorgere
in esse lembrione dello stalinismo). Cos egli scriveva nell'ultimo incompiuto manoscritto: Un fattore enorme nella maturazione del proletariato russo nel febbraio e marzo
1917 fu Lenin. Egli non cadde dal cielo. Personificava la tradizione rivoluzionaria della
classe operaia. Affinch le parole d'ordine di Lenin raggiungessero le masse occorreva
che ci fossero dei quadri, anche se pochi di numero all'inizio; occorreva che il quadro
avesse fiducia nella direzione, una fiducia basata sull'intera esperienza del passato. Eliminare questi elementi dalle proprie valutazioni vuol dire semplicemente ignorare la rivoluzione vivente, sostituendole unastrazione, i rapporti di forze, poich lo sviluppo
della rivoluzione consiste proprio nel continuo cambiamento della coscienza del proletariato, nellattrazione degli strati avanzati su quelli arretrati. nella crescente fiducia della
classe nella propria forza. La molla vitale in questo processo il partito, come la molla
vitale nel meccanismo del partito la direzione.33

VI. AVANGUARDIA RIVOLUZIONARIA


E AZIONE DI MASSA SPONTANEA
falso ed infondato attribuire all'opera di Lenin una sottovalutazione sistematica
dell'importanza delle azioni di massa spontanee (relativamente al riconoscimento che
a queste azioni attribuirono Rosa Luxemburg e Trotskij). A parte alcuni testi polemici,
che per si possono capire realmente soltanto nel loro contesto, Lenin salutava gli scioperi di massa e le dimostrazioni spontanee con altrettanto entusiasmo di Rosa Luxemburg e di Trotskij.34 Il leninismo stato falsificato dalla burocrazia staliniana, caratterizzata da una crescente sfiducia nei confronti dei movimenti spontanei delle masse (deformazione che, d'altro canto, tipica di qualsiasi burocrazia).
Quando Rosa Luxemburg dice che impossibile fissare in base a una scadenza predeterminata il momento dello scoppio di una rivoluzione proletaria, ha perfettamente ragione e Lenin sarebbe stato d'accordo.
Anche Lenin, non meno di Rosa, era convinto che le esplosioni elementari delle mas32 Ivi, p. 186.
33 Leon . Trotskij, La classe, il partito, la direzione, in Fourth International, n. 7, dicembre 1940, p.
193.
34 Le citazioni potrebbero essere numerosissime.

se, senza le quali impossibile una rivoluzione, non si lasciano sistemare in schemi o
guidare' da una serie di sottufficiali disciplinati. Lenin, come Rosa Luxemburg, riconosceva perfettamente lo spirito di inventiva e la capacit di iniziativa che sviluppa una
concreta ed estesa azione di massa. La differenza tra la teoria leninista dell'organizzazione e la teoria che viene detta della spontaneit e che pu essere attribuita alla Luxemburg soltanto con qualche riserva non sta dunque nel riconoscimento o meno dell'iniziativa delle masse, ma nella comprensione dei limiti di questa iniziativa. L'iniziativa delle masse capace di moltissime realizzazioni, ma incapace sia di concepire per
parte sua il programma complessivo di una rivoluzione socialista nel corso della lotta,
(per non parlare della edificazione socialista), sia di realizzare quella centralizzazione
delle forze che necessaria per consentire il rovesciamento di un potere statale, e del
suo apparato repressivo, che sfruttano a pieno i vantaggi della loro interna coesione.
In altri termini: i limiti della spontaneit delle masse si manifestano proprio nella misura
in cui diventa chiaro che non si pu improvvisare il successo di una rivoluzione socialista. E la pura spontaneit della masse, in sostanza, non che improvvisazione.
Del resto, la spontaneit pura non esiste nella storia reale del movimento operaio.
Quando si parla di spontaneit delle masse ci si riferisce a quei movimenti che non
sono stati programmati da qualche istanza centrale. Ma non si possono considerare
spontanei in assoluto tutti quei movimenti che si verificano senza una influenza politica esterna. Se si gratta un po' oltre la superficie di questi cosiddetti movimenti spontanei, ecco che spunta fuori qua un militante di un gruppo d'avanguardia che ha promosso uno sciopero spontaneo, l un vecchio membro di un'altra organizzazione di
sinistra, che, pur da molto tempo fuori dell'organizzazione, in grado di reagire immediatamente, in una situazione esplosiva, quando ancora la massa anonima esita.
In un caso, si scoprir che l'azione spontanea il frutto di un lungo lavoro di opposizione sindacale o di un gruppo di base, in un altro, che il risultato di contatti intrecciati pazientemente da tempo (e senza successo) magari da operai di una citt vicina (o
di una fabbrica vicina) in cui le forze di sinistra sono pi forti. Neppure nella lotta di
classe le cose piovono belle e pronte dal cielo! Ci che contraddistingue le azioni
spontanee dall'intervento della avanguardia non che, nel primo caso, tutti quelli
che partecipano alla lotta sono allo stesso livello di coscienza, mentre, nel secondo caso,
l'avanguardia si eleva al di sopra delle masse. La differenza non consiste neppure
nel fatto che nelle azioni spontanee le parole d'ordine non sono portate dall'esterno
tra i lavoratori, mentre un'avanguardia organizzata assume un atteggiamento da lite
nei confronti delle rivendicazioni elementari delle masse, imponendo il proprio programma. Senza una certa influenza di elementi di avanguardia, non c' mai stata nessuna azione spontanea.
La differenza tra le azioni spontanee e quelle in cui interviene l'avanguardia rivoluzionaria consiste in primo luogo, se non esclusivamente, in questo: nelle azioni
spontanee l'intervento disorganizzato, improvvisato, discontinuo, non pianificato (e
questo per quanto riguarda sia una sola fabbrica sia una determinata regione, una determinata citt); mentre l'esistenza di un'organizzazione rivoluzionaria permette di coordinare l'intervento dellavanguardia nella lotta spontanea delle masse, di pianificarla, di
sincronizzarla in maniera consapevole, di darle costantemente una forma organica. A
questo, e a questo soltanto, si rifanno pressoch tutte le esigenze del supercentralismo
leninista.
Solo dei fatalisti inguaribili (o dei deterministi meccanicisti) possono pretendere che
ogni azione di massa non possa che svolgersi nel giorno in cui effettivamente si svolta
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e che invece, nei casi in cui non si avuto nessuno sbocco in azioni di massa, queste
non erano in assoluto possibili.
Un fatalismo di questo genere (che la scuola di Kautsky-Bauer ha diffuso) in realt
non che una caricatura della teoria leninista dell'organizzazione. Non un caso, infatti,
che molti avversari del leninismo, che non fanno altro che parlare di spontaneit delle
masse, sostengano questo volgare determinismo meccanicista e non riescano assolutamente a capire quanto esso sia contraddittorio a una piena valorizzazione della stessa
spontaneit delle masse.
Anche se si parte dalla considerazione della inevitabilit di periodiche azioni spontanee delle masse quando le contraddizioni socio-economiche siano maturate fino al
punto in cui il modo di produzione capitalistico non pu fare altro che suscitare periodicamente crisi prerivoluzionarie rimane pur sempre incontestabile il fatto che impossibile determinare il momento preciso in cui queste azioni avranno luogo, perch un
ruolo importante in tutto questo lo giuocano tutta una serie di incidenti, di conflitti parziali e di avvenimenti casuali. Proprio per questo, un'avanguardia rivoluzionaria, capace
al momento decisivo di concentrare i suoi sforzi sull'anello pi debole, pu avere
un'efficacia incomparabilmente maggiore di quella di iniziative frammentate di molti
operai avanzati privi di questa capacit di concentrazione.35 Le due pi grandi ondate di
lotte operaie che si siano avute in questi anni in Europa occidentale il maggio '68 in
Francia e l'autunno '69 in Italia hanno confermato una valutazione del genere. Queste
due lotte sono cominciate con manifestazioni spontanee, non programmate n dai sindacati n dai grandi partiti socialdemocratici o comunisti. In entrambi i casi, un ruolo
importante stato svolto da operai e studenti radicalizzati insieme a quadri rivoluzionari, che hanno permesso alle masse lavoratrici di fare un apprendistato esemplare. In
entrambi i casi, milioni di persone hanno partecipato alla lotta, pi di quante non abbiamo partecipato a movimenti precedenti, anche subito dopo la prima Guerra mondiale. In
entrambi i casi le aspirazioni dei lavoratori vanno ben oltre l'economicismo degli
scioperi puramente sindacali. Prova ne siano, in Francia, l'occupazione delle fabbriche
e, in Italia, le manifestazioni di piazza o l'avanzamento di rivendicazioni di carattere politico, come il tentativo di organizzazione autonoma sul posto di lavoro, cio il tentativo
di fare i primi passi verso un dualismo di potere: (elezione dei delegati di reparto) (in
questo senso, l'avanguardia della classe operaia italiana andata pi avanti di quella
francese ed ha tratto per prima la lezione storica contenuta negli avvenimenti del Maggio francese).36 Nonostante ci, in nessuno dei due casi stato possibile rovesciare l'apparato dello Stato borghese e il modo di produzione capitalistico, o anche solo riuscire a
promuovere una identificazione da parte di larghe masse degli obiettivi di lotta che
avrebbero permesso a breve termine questo rovesciamento. Per citare l'immagine di
Trotskij nella Storia della rivoluzione russa:37 il vapore si volatilizzato perch non c'era il pistone per concentrarlo nel punto decisivo. Certamente, la forza motrice costituita dalle energie sprigionate dalle mobilitazioni e dalle lotte di classe, e non dal pistone.
Senza questo vapore il cilindro gira a vuoto; ma senza il cilindro anche il vapore pi intenso si volatilizza e non esercita la sua funzione. Questo un po il succo della teoria
35 L'impossibilit per l'avanguardia rivoluzionaria di concentrarsi spontaneamente a livello nazionale
si manifestata chiaramente soprattutto al momento dello sciopero generale del Maggio 1968 in Francia.
36 Ma anche in questo caso questi embrioni di auto-organizzazione, in assenza di unavanguardia rivoluzionaria organizzata che avrebbe potuto realizzare la necessaria preparazione, non sono stati capaci di
neutralizzare in modo durevole, cio di spezzare, la centralizzazione conservatrice degli apparati sindacali, del padronato e dell'apparato dello Stato.
37 Tr. it. di L. Maitan, Mondadori, Milano 1970.

leninista dell' organizzazione.

VII. ORGANIZZAZIONE, BUROCRAZIA


E AZIONE RIVOLUZIONARIA
A questo proposito c'era peraltro un aspetto che Lenin, negli anni pi duri della lotta
con i menscevichi, o non aveva colto (1903-1905), o aveva colto insufficientemente
(1908-1914). E qui il contributo storico di Trotskij e di Rosa Luxemburg alla comprensione della dialettica classe operaia-lavoratori avanzati-partito operaio acquista tutto
il suo valore. proprio dall'inevitabile immaturit della coscienza di classe delle masse
che discende la necessit dell'avanguardia, di una separazione fra partito e masse. Si
tratta di un rapporto dialettico complesso, pi volte sottolineato da Lenin di una unit
fra separazione e integrazione che corrisponde alle specifiche condizioni storiche della
lotta rivoluzionaria per la rivoluzione socialista. Naturalmente il partito si forma in seno
alla societ borghese; non pu quindi sottrarsi completamente all'influenza della divisione del lavoro e della produzione generalizzata di merci che contraddistinguono questa
societ e che ingenerano la reificazione di tutti i rapporti umani.38 Tutto questo significa
che la costruzione di un apparato di partito scisso dalla massa dei lavoratori contiene in
s il rischio di un'autonomizzazione di questo stesso apparato. Se questa tendenza riesce
ad imporsi, l'apparato, da strumento per il raggiungimento di uno scopo (il successo della lotta di classe proletaria) si trasforma in un fine in s. Vanno ricercate qui le radici
delle degenerazioni della II e della III Internazionale, della subordinazione sia delle
masse socialdemocratiche sia di quelle comuniste dell'Europa occidentale a burocrazie
conservatrici e riformiste, che mirano soltanto a difendere lo status quo.39 La burocrazia
nelle organizzazioni operaie un prodotto della divisione sociale del lavoro, vale a dire
dell'incapacit delle masse operaie, che nel capitalismo sono in gran parte escluse dal
processo di produzione culturale e teorico, di assolvere da sole a tutti i compiti che esse
dovrebbero svolgere direttamente. Tentativi di farlo comunque, come si cerc di fare
agli inizi del movimento operaio, non danno alcuna soluzione, perch questa divisione
del lavoro corrisponde necessariamente alle condizioni materiali e non certo un'invenzione di funzionari malvagi. Se si ignorano queste condizioni, ci si ritrova di fronte agli
stessi fenomeni che si determinano per l'influenza della burocrazia: in sostanza, cio, il
ristagno del movimento. Da un altro punto di vista, siamo tornati con questo allo stesso
problema da cui siamo partiti la tecnica dell'organizzazione: il modo capitalistico di
produzione non il contesto ideale per stimolare e promuovere l'attivit autonoma del
proletariato, n pu automaticamente aiutare i lavoratori a scoprire e utilizzare spontaneamente gli obiettivi e le forme per conseguire la propria liberazione.
Nelle prime polemiche coi menscevichi Lenin ha sottovalutato questo pericolo di autonomizzazione dell'apparato e di burocratizzazione dei partiti operai. Il problema essenziale per lui era battere l'opportunismo degli accademici piccolo-borghesi e dei difensori piccolo-borghesi del sindacalismo puro, ed egli perci si burlava delle resistenze al burocratismo anche di certi suoi compagni. In realt, poi, la storia ha dimo38 Cfr., tra l'altro, G. LUKCS, Storia e coscienza di classe, Sugar Editore, Milano 1970, pp. 197 sgg.
39 La difesa dei privilegi politici e materiali di queste burocrazie rappresenta il sostrato sociale su cui
poggia la sovrastruttura di questa autonomizzazione e della sua giustificazione ideologica.

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strato che il pericolo principale dell'opportunismo nella socialdemocrazia di prima della


Guerra mondiale non veniva n dagli accademici n dai difensori del sindacalismo
puro, ma dalla burocrazia dello stesso partito socialdemocratico, e cio da una prassi
legalitaria, che si riduceva, per un verso, all'elettoralismo e all'attivit parlamentare,
per un altro, alla lotta per alcune riforme immediate limitate al terreno economico e sindacale. (Basterebbe descrivere questa prassi per dimostrare quanto somigli a quella degli odierni partiti comunisti dell'Europa occidentale).
Trotskij e Rosa Luxemburg hanno intuito questo pericolo meglio e prima di Lenin.
Gi nel 1904 Rosa Luxemburg notava che un distacco fra le masse in movimento e una
socialdemocrazia esitante era possibile,40 ma scartava questa ipotesi subito dopo averla
formulata: avrebbe potuto essere valida solo nel caso di una supercentralizzazione del
partito, in base a un supposto modello leninista. Due anni dopo Trotskij formulava il
problema in maniera estremamente precisa: i partiti socialisti europei, e soprattutto il
maggiore di questi, la socialdemocrazia tedesca, hanno accresciuto il loro carattere conservatore nella stessa proporzione in cui larghe masse hanno aderito al socialismo e, in
misura ancora pi accentuata, via via che queste masse si sono andate organizzando meglio e si sono date una maggiore disciplina. In conseguenza di ci, la socialdemocrazia,
che l'organizzazione che incarna l'esperienza politica del proletariato, pu, a un certo
punto, divenire un ostacolo diretto allo sviluppo del conflitto aperto tra gli operai e la
reazione borghese. In altri termini, il carattere conservatore del socialismo propagandistico nei partiti proletari pu, a un dato momento, frenare il proletariato nella lotta diretta per il potere.41 Questa previsione stata tragicamente confermata dalla storia. Lenin
non aveva intravisto questo pericolo sino agli inizi della prima Guerra mondiale quando
gi da tempo la sinistra tedesca non si faceva pi alcuna illusione sulla direzione del
partito socialdemocratico.42

VIII. TEORIA DELL'ORGANIZZAZIONE, PROGRAMMA RIVOLUZIONARIO,


PRASSI RIVOLUZIONARIA
Solo dopo lo choc traumatizzante che ebbe il 4 agosto 1914 Lenin comp un passo
decisivo su questo problema. L'organizzazione non pi concepita solamente per la
sua funzione, ma anche per il suo contenuto. Non si tratta pi solo di contrapporre l'organizzazione in generale alla spontaneit in generale, come Lenin aveva fatto nel
Che fare? e in Un passo avanti, due passi indietro. A questo punto la differenziazione
precisa si opera fra organizzazione oggettivamente conservatrice e organizzazione oggettivamente rivoluzionaria, partendo da criteri oggettivi (programma rivoluzionario,
trasmissione di questo programma alle masse, prassi rivoluzionaria, ecc.). La volont di
lotta spontanea delle masse ritenuta pi importante delle azioni conservatrici e riformiste e persino dell'esistenza delle organizzazioni di massa.
Ingenui feticisti dell'organizzazione potrebbero pensare che Lenin, dopo il 1914, si
40 R. LUXEMBURG, Organisationfragen, cit., p. 77.
41 L. TROTSKY, Bilan et perspectives, in 1905, Ed. Minuit, Parigi 1969, p. 463.
42 Cfr., per es., gli attacchi di Clara Zetkin alla direzione della SPD (e sulla mancanza di carattere di Kautsky) nella corrispondenza a proposito della censura che questa direzione aveva esercitato, nel 1909, nei
confronti della pubblicazione della Via al Potere (tr. it.: Laterza, Bari 1969) di Kautsky. Si faccia il paragone col rispetto che Lenin mostr per Kautsky in quello stesso anno!

arreso al punto di vista luxemburghiano dello spontaneismo, poich, in caso di contrasto tra le masse non organizzate e l'organizzazione socialdemocratica, sosteneva le
prime contro la seconda, e accusava la socialdemocrazia di tradire le masse.43 Per di pi,
Lenin ormai convinto che l'unica condizione perch il proletariato possa liberare se
stesso quella di spezzare queste organizzazioni, diventate conservatrici.44
La correzione, o meglio l'integrazione apportata da Lenin alla sua teoria: dell'organizzazione dopo il 1914, non rappresentava certamente un passo indietro, nel senso di
un riconoscimento del valore assoluto della pura spontaneit, ma piuttosto un passo
avanti, nel senso della distinzione fra partito rivoluzionario e organizzazione in genere.
In luogo dell'esigenza che il partito sviluppi una coscienza politica fra la classe operaia
compare ormai questa altra formulazione: il compito dell'avanguardia rivoluzionaria
quello di risvegliare e sviluppare una coscienza rivoluzionaria fra gli operai avanzati.
Costruire il partito rivoluzionario significa fondere il programma della rivoluzione socialista con l'esperienza di lotta della maggioranza degli operai avanzati.45
Questo completamento della teoria dell'organizzazione dopo lo scoppio della prima
Guerra mondiale contemporaneo alla verifica della concezione leninista dell'attualit
della rivoluzione. Mentre prima del 1914 quest'ipotesi si riferiva fondamentalmente alla
Russia, a partire dal 1914 viene estesa a tutta l'Europa (quanto all'attualit della rivoluzione nei paesi coloniali e semicoloniali, Lenin aveva gi definito le sue posizioni dopo
la rivoluzione russa del 1905).
La validit del piano strategico leninista per i paesi imperialisti dell'Europa occidentale oggi dunque strettamente legata alla questione della natura dell'epoca storica
in cui viviamo. Soltanto partendo dal postulato secondo noi corretto e dimostrabile
che il sistema capitalistico mondiale, a partire dalla prima Guerra mondiale, o al pi tardi dalla rivoluzione d'Ottobre, si trova in una fase di crisi strutturale storica,46 che non
pu che portare periodicamente a situazioni rivoluzionarie, si pu legittimamente dedurre, dal punto di vista del marxismo rivoluzionario, una concezione del partito dall'attualit della rivoluzione. Se viceversa si ammette che siamo ancora in una fase di
espansione del capitalismo, una concezione del genere va respinta come
volontaristica, perch nella strategia di Lenin non determinante la propaganda rivoluzionaria, che i rivoluzionari devono certamente condurre anche nei periodi non rivoluzionari, ma un orientamento che abbia come asse le azioni rivoluzionarie che si pre43 V. I. LENIN, Le krach de la II Internationale, in LENIN-ZINOVIEV, Contre le courant, reprint
Maspro, Parigi 1970, p. 181.
44 Ibidem.
45 LENIN, L'estremismo, malattia infantile del comunismo, in Opere scelte, cit. Si veda il passo sopra citato dell'opuscolo di Rosa Luxemburg, Che vuole la Lega Spartacus? Queste conclusioni presentavano
un'elaborazione superiore a quella di Trotskij nel 1906 o a quelle di Rosa Luxemburg nel 1904; Rosa e
Trotskij si facevano illusioni sulla capacit delle masse di risolvere il problema della presa del potere attraverso il loro slancio rivoluzionario, qualora il conservatorismo dell'apparato socialdemocratico fosse
andato crescendo. In Sciopero di massa, partito e sindacato (tr. it. in Marxismo e sindacato, Samon e
Savelli, Roma 1970) Rosa Luxemburg sposta, sia pur provvisoriamente, il problema sugli strati diseredati
e disorganizzati del proletariato, che prendono coscienza solo nel corso dello sciopero di massa. Anche
Lenin negli scritti successivi al 19l4 ha posto espressamente l'accento su queste masse (in contrapposizione all'aristocrazia operaia), a mio avviso semplificando un po' troppo la questione. I lavoratori delle
grandi fabbriche siderurgiche o metalmeccaniche, per es., che rientravano negli strati non organizzati del
proletariato tedesco, si sono radicalizzati dopo il 19l8.
46 Questa crisi generale del capitalismo, e cio l'inizio dell'epoca del declino del capitalismo, non va confusa con le crisi congiunturali, altrimenti dette crisi economiche periodiche, che si verificano tanto in periodo di ascesa che in periodo di declino del capitalismo. Per Lenin l'epoca aperta dalla prima Guerra
mondiale l'epoca degli inizi della rivoluzione sociale (Contre le courant, cit.).

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senteranno a breve o medio termine. Azioni del genere sono state possibili anche in periodo di espansione del capitalismo (Comune di Parigi), ma sono rimaste eccezioni e
non hanno avuto successo. Non avrebbe avuto alcun senso allora una struttura del partito centrata sulla preparazione a una partecipazione efficace a simili azioni.
La differenza tra un partito operaio (dal punto di vista dei membri o anche degli
elettori) e un partito operaio rivoluzionario (o il nucleo di un tale partito) non sta soltanto nel programma o nell'oggettiva funzione sociale svolta incoraggiare e non smorzare
tutte le azioni di massa oggettivamente rivoluzionarie, o le rivendicazioni e le forme di
azione che mettono in causa le fondamenta del modo di produzione capitalistico e dello
Stato borghese ma anche nella capacit di trasmettere questo programma in modo
educativo a un numero sempre pi grande di operai.
Per precisare meglio questo punto: il pericolo che l'apparato si renda autonomo e
sfugga al controllo limitato alle organizzazioni operaie opportuniste e riformiste, o
minaccia qualsiasi organizzazione, anche quando abbia un programma e segua una
prassi rivoluzionaria? La burocrazia una conseguenza inevitabile di ogni divisione del
lavoro, compresa quella tra direzioni e membri all'interno di un partito rivoluzionario? Di questo passo, non si pu arrivare a concludere che ogni organizzazione rivoluzionaria, appena supera una certa dimensione, condannata a diventare, a un certo momento del suo sviluppo e dello sviluppo delle lotte di massa, un freno alla lotta del proletariato per la sua liberazione?
Se si accettasse un'argomentazione di questo tipo, resterebbe da tirare solamente una
conclusione: la liberazione socialista della classe operaia e dell'umanit impossibile.
Infatti questa autonomizzazione e questa reificazione, presunte inevitabili, di ogni organizzazione sarebbero uno dei termini di un dilemma, di cui l'altro sarebbe inevitabilmente una condanna alla falsa coscienza piccolo-borghese e borghese di tutti i lavoratori non organizzati, di tutti gli intellettuali solo parzialmente impegnati nell'azione, di
tutti coloro che sono coinvolti nel processo generalizzato della produzione di merci.
Soltanto una prassi rivoluzionaria, che punti alla coscienza complessiva e all'arricchimento della teoria, pu impedire che l'ideologia della classe dominante penetri anche
tra singoli rivoluzionari. E questa prassi pu realizzarsi soltanto in forma collettiva e organizzata. Se l'argomentazione sopra menzionata fosse corretta, se ne dovrebbe ricavare
che i lavoratori avanzati, organizzati o no, sarebbero condannati a non raggiungere una
coscienza di classe politica, o a perderla rapidamente.
Ma la realt che questa interpretazione falsa perch identifica l'inizio di un processo col suo risultato finale, e perch, in maniera del tutto statica e fatalistica, fa derivare dal pericolo che le organizzazioni, anche quelle rivoluzionarie, sfuggano al controllo e acquistino una propria autonomia, l'inevitabilit che questo accada. E questo
non dimostrabile n empiricamente n in linea teorica. Giacch il pericolo di maggiori
o minori deformazioni burocratiche in un'organizzazione rivoluzionaria di avanguardia,
o pi ancora in un partito rivoluzionario, non dipende solo dalla tendenza dell'apparato
ad assumere una propria autonomia, come normalmente capita per tutte le istituzioni all'interno della societ borghese, ma anche in rapporto a tendenze opposte, per esempio: l'inserimento delle organizzazioni rivoluzionarie in un movimento internazionale
indipendente dalle organizzazioni nazionali e capace di controllarle dal punto di vista
teorico (non per mezzo di un apparato, ma attraverso la critica politica); la partecipazione alla lotta di classe e alle lotte rivoluzionarie che permettono una selezione costante
dei quadri attraverso la prassi; il tentativo sistematico di superare la divisione del lavoro
attraverso la garanzia di uno scambio continuo tra la fabbrica, l'universit, e l'attivit di

funzionario: certe garanzie istituzionali (riduzione del salario dei funzionari, difesa delle
norme di democrazia interna nell'organizzazione e della libert di tendenza e di frazione, ecc.).
La soluzione di questo problema dipende dalla lotta fra queste tendenze, a loro volta
determinate, in ultima analisi, da due fattori sociali:47 l'entit dei privilegi sociali offerti
dall'organizzazione burocratizzata, da un lato, e, dall'altro, il grado di attivit politica
dell'avanguardia della classe operaia. Solo quando questo secondo fattore viene nettamente meno, il primo fattore emerge altrettanto nettamente. Il succo di tutta l'argomentazione si riduce a una tautologia fin troppo ripetuta: pi la classe operaia passiva,
meno lavora attivamente per la propria liberazione. Ma quest'argomentazione non prova
affatto che quando l'avanguardia dei lavoratori si fa pi attiva, le organizzazioni rivoluzionarie non siano strumenti efficaci per la liberazione del proletariato, bench la loro
arbitrariet possa e debba essere limitata dall'attivit diretta della classe (o dei suoi
settori pi avanzati).
L'organizzazione rivoluzionaria uno strumento per fare la rivoluzione. Le rivoluzioni proletarie non sono possibili senza una crescente iniziativa politica della classe operaia.

IX. TEORIA DELL'ORGANIZZAZIONE, CENTRALISMO DEMOCRATICO


E DEMOCRAZIA DEI SOVIET
Alla teoria leninista dell'organizzazione viene mossa l'accusa di ostacolare, per il suo
eccessivo centralismo, lo sviluppo della democrazia interna di partito. Ma quest'accusa
deriva da un fraintendimento. Quando Lenin fa poggiare l'organizzazione su membri attivi che agiscono sotto controllo collettivo, in realt allarga, anzich restringere, i margini di democrazia nel partito. Appena un'organizzazione ha superato un certo numero di
membri, si possono ipotizzare essenzialmente due modelli organizzativi: quello di un'associazione elettorale i cui membri pagano delle quote (ovverossia un'organizzazione su
base territoriale), e questo oggi il modello organizzativo del Partito socialdemocratico
tedesco e del Partito comunista francese, o quello di una unit di militanti basata su
membri attivi e coscienti. vero che il primo modello, teoricamente, lascia un certo
margine di manovra ai dissenzienti, ma solo finch si tratta di questioni marginali. Tutta
la massa dei membri spoliticizzati e inattivi una parte non trascurabile dei quali dipende anche materialmente dall'apparato (la maggioranza dei lavoratori e degli impiegati
dei comuni e dellamministrazione; gli impiegati dell'organizzazione operaia stessa,
ecc.) fornisce in questo caso all'apparato una base plebiscitaria che pu venire mobilitata in qualsiasi occasione, ma che non ha nulla a che vedere con la coscienza di classe. In un'organizzazione militante, composta da elementi che si impegnano coscientemente e attivamente, invece, la possibilit di un giudizio autonomo assai maggiore.
47 Qui appunto risiede la debolezza pi grave di questa concezione fatalista: partendo dalle tendenze a
una crescente autonomia arriva automaticamente al pericolo sociale, senza comprendere nell'analisi la
mediazione del potere sociale potenziale e dei privilegi sociali specifici. La tendenza degli uscieri e dei
cassieri a fare i loro interessi, sottraendosi al controllo, non attribuisce loro il potere sulle banche o le
grandi fabbriche a parte il potere di rubare, il che tra l'altro possibile solo a determinate condizioni.
La determinazione di queste condizioni deve dunque andare oltre l'analisi delle tendenze all'autonomizzazione, per individuare il loro contenuto sociale.

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Per individui con vocazione burocratica o per semplici carrieristi molto pi difficile
far breccia in organizzazioni del genere di quanto non sia in organizzazioni volgarmente
elettorali. In un'organizzazione rivoluzionaria le divergenze si risolvono sulla base di
una discussione approfondita e non in base a stimoli materiali o a un'astratta lealt. Certo, neanche questa struttura organizzativa rappresenta ancora una garanzia sufficiente
contro la burocratizzazione, ma crea almeno le premesse per poterla evitare.48
I rapporti tra l'organizzazione rivoluzionaria (nucleo di un partito, partito) e le masse
lavoratrici cambiano bruscamente a partire dal momento in cui sorge una situazione rivoluzionaria. In un momento simile il seme sparso dai gruppi rivoluzionari e socialisti
coscienti comincia a germogliare e larghe masse possono pervenire immediatamente a
una coscienza di classe rivoluzionaria. L'iniziativa rivoluzionaria di larghe masse pu
superare di gran lunga quella di molti gruppi rivoluzionari.
Trotskij ha messo in evidenza pi volte nella Storia della rivoluzione russa che i lavoratori russi hanno scavalcato il partito bolscevico in alcuni momenti cruciali della rivoluzione.49 Tuttavia questi episodi non si possono generalizzare, perch va ricordato che il
partito bolscevico, prima delle Tesi di aprile di Lenin, aveva una concezione strategica
insufficiente della natura e degli obiettivi della rivoluzione russa.50 Quando questa carenza cominci a farsi sentire in maniera drammatica nel partito, Lenin intervenne con
48 Le regole formali che garantiscono il funzionamento del centralismo democratico il diritto di tutti i
membri all'informazione sulle divergenze presenti in seno alla direzione; il diritto alla formazione di tendenze prima dell'elezione della direzione e prima del congresso; la regolare convocazione dei congressi; il
diritto alla verifica periodica delle decisioni della maggioranza alla luce delle esperienze fatte, vale a dire
il diritto delle minoranze a tentare periodicamente di rettificare le decisioni maggioritarie; il diritto di organizzarsi in tendenze, ecc. tutte queste regole rientrano naturalmente nelle misure per evitare la burocratizzazione. Nel nuovo statuto del partito, elaborato prima dell'agosto 1968 per il XIV Congresso del
Partito comunista cecoslovacco, queste norme leniniste relative al centralismo democratico erano state
formulate in maniera estremamente precisa. Gli esponenti del centralismo burocratico hanno reagito con
l'invasione. La proposta di un ritorno alle norme leniniste del.centralismo democratico rappresentava infatti una delle principali spine per la burocrazia sovietica nello sviluppo della situazione cecoslovacca.
49 L. TROTSKY, Storia della rivoluzione russa, cit.
50 Dal 1905 al 1917 il partito bolscevico si forgiato nell'ottica della dittatura democratica degli operai
e dei contadini, vale a dire nello spirito di una formula che intravedeva la possibilit di una coalizione tra
partito operaio e partito contadino nel quadro del regime capitalista, cio di uno sviluppo capitalistico
dell'agricoltura e dell'industria della Russia. Lenin rest fermo a questa formulazione fino alla fine del
1916. Solo nel 1917 egli comprese che Trotskij aveva ragione quando, gi nel 1905, prevedeva che la
questione agraria non si sarebbe potuta risolvere se non nel contesto della dittatura del proletariato e della
socializzazione dell'economia russa. Hartmut Mehringer (Introduction historique, in L. Trotsky, Nos taches politiques, cit., pp. 17-8, 34 sgg.) sbaglia completamente a collegare la teoria leninista dell'organizzazione alla sua validit strategica per il caso specifico della rivoluzione russa, a spiegarla in termini del
ruolo subordinato (?) della classe operaia in questa lotta, e a ritrovare le origini della teoria trotskista
dell'estensione graduale della coscienza di classe all'intera classe operaia nella teoria della rivoluzione
permanente. A parte il fatto che Mehringer schematizza la strategia rivoluzionaria di Lenin in modo insufficiente e approssimativo, la posizione di Lenin era che il proletariato russo dovesse essere assolutamente
indipendente nella sua opposizione alla borghesia russa, e dovesse svolgere una funzione egemone nella
rivoluzione; e a parte il fatto che, come Lenin, anche la Luxemburg respingeva come prematuro qualsiasi
tentativo di stabilire la dittatura del proletariato in Russia, e assegnava alla lotta rivoluzionaria del proletariato russo il semplice obiettivo di portare a termine i compiti storici della rivoluzione borghese (mentre
contemporaneamente combatteva la teoria leninista dell'organizzazione), ci sembra ovvio che la teoria
della rivoluzione permanente (cio il compito di stabilire la dittatura del proletariato in un paese sottosviluppato) pu essere compresa con un minimo di realismo solo concentrandosi al massimo sui compiti rivoluzionari in generale. In tal modo essa non si distacca dalla teoria leninista dell'organizzazione, ma conduce direttamente ad essa. A questo proposito vedi anche l'eccellente opuscolo di Denise Avenas, Economie et politique dans la pense de Trotsky, Maspero, Cahiers Rouges, Parigi 1970.

le Tesi di aprile, e il suo intervento ebbe successo perch la maggioranza dei lavoratori
bolscevichi gi formati spingeva nella stessa direzione e perch, d'altra parte, questi ultimi riflettevano da parte loro la poderosa radicalizzazione della classe operaia russa.
Si pu dare un giudizio oggettivo sul ruolo svolto dall'organizzazione del partito bolscevico nel corso della rivoluzione russa solo se lo si analizza in tutti i suoi aspetti. Nonostante che la direzione del partito si fosse rivelata a pi riprese come l'ostacolo maggiore al passaggio del partito stesso sulle posizioni di Trotskij della necessit di una lotta per la dittatura del proletariato (il potere dei soviet). per chiaro che l'esistenza di
un'organizzazione formata da quadri operai rivoluzionari, educati per due decenni all'organizzazione e all'attivit rivoluzionaria, ha permesso la svolta strategica determinante
per il successo della rivoluzione. Se quindi si vuole stabilire un parallelo tra la burocrazia stalinista e la concezione leninista del partito, non si pu disinvoltamente prescindere da quanto abbiamo sopra analizzato. Il successo di Stalin non dipende dalla teoria leninista dellorganizzazione ma dalla scomparsa di un elemento importante di
questa concezione. Quello che mancava dopo la morte di Lenin era una larga cerchia
di quadri operai rivoluzionari formati, capaci di condurre un'attivit politica in stretto
legame con le masse. Che in condizioni del genere la concezione leninista del partito si
potesse trasformare nel suo contrario non lo avrebbe contestato neppure Lenin.51 Il sistema dei soviet la sola risposta di validit generale che la classe operaia abbia dato fin
qui al problema dell'organizzazione della sua attivit durante e dopo la rivoluzione. 52
Questo sistema consente di raccogliere tutte le forze della classe e di tutti gli strati
avanzati della societ in un confronto aperto e simultaneo di tutte le diverse tendenze
esistenti all'interno della classe stessa. Il sistema dei soviet nella misura in cui poggi
effettivamente sulla base e non ne sia preclusa la partecipazione ai lavoratori, attraverso
un apparato statale discriminatorio riflette le differenziazioni sociali e ideologiche degli strati proletari. Un consiglio operaio in realt un fronte unico fra diversi gruppi politici che concordano su un punto cruciale, la comune difesa della rivoluzione, contro il
nemico di classe. (Allo stesso modo un comitato di sciopero riflette le tendenze pi diverse esistenti tra gli operai, ma con una sola eccezione: include soltanto le tendenze
che prendono parte allo sciopero. I crumiri non trovano posto in un comitato di sciopero).
Non c' dunque alcuna contraddizione di fondo tra una organizzazione rivoluzionaria
secondo il modello leninista e una democrazia sovietica, ovverossia un potere esercitato
da soviet che siano realmente tali. Al contrario, senza il lavoro sistematico di organizzazione di una avanguardia rivoluzionaria, il sistema dei soviet o cade sotto l'influenza
delle burocrazie riformiste o semiriformiste (come in Germania tra il 1918 e il 1919),
oppure perde la sua forza di penetrazione politica perch non riesce ad assolvere i compiti politici fondamentali (i comitati rivoluzionari spagnoli tra il giugno del 1936 e la
primavera del 1937). assurda l'idea che i soviet possano immediatamente omogeneizzare la classe operaia, facciano scomparire le differenziazioni ideologiche e le diversit
di interessi e ispirino automaticamente e spontaneamente a tutta la classe operaia le
soluzioni rivoluzionarie di tutti i problemi strategici e tattici. Inoltre, una concezione
51 V. I. LENIN, Prefazione alla raccolta dodici anni, cit.: l'opuscolo Che fare? sottolinea ripetutamente che solo quando esiste una "classe veramente rivoluzionaria e che spontaneamente si leva alla lotta" ha un senso l'organizzazione che esso propugna (p. 91). Altrove (p. 92) Lenin sottolinea che solo
l'ampliamento del partito con elementi proletari pu, in connessione con un'aperta attivit di massa, distruggere tutte le tracce del sistema dei circoli.. (la malattia dei gruppi).
52 Ho cercato di suffragare e dimostrare questa tesi in una antologia curata da me e intitolata Contrle
ouvrier, conseils ouvriers, autogestion ouvrire, Maspero, Parigi 1970.

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del genere soltanto un pretesto per offrire a un ristretto gruppo di dirigenti autoproclamatisi tali la possibilit di manovrare larghe masse amorfe, nella misura in cui si impedisce alle masse di affrontare sistematicamente i problemi strategici e tattici della rivoluzione, cio di discutere liberamente e di differenziarsi politicamente (questo l'inconveniente del sistema jugoslavo di autogestione).
L'organizzazione rivoluzionaria permette di garantire ai lavoratori, nell'ambito del sistema dei soviet, uno spazio di iniziativa autonoma, determinato dalla coscienza di classe, ben pi ampio di quello di un sistema di rappresentativit indifferenziata, ed ha appunto la funzione di stimolare questa stessa iniziativa, che poi la caratteristica principale del sistema dei soviet. Un ampio margine d'iniziativa autonoma della base
compatibile con la concezione leninista dell'organizzazione? Certamente, poich questa
concezione, in quanto basata su una corretta strategia rivoluzionaria (cio su una valutazione corretta del processo storico oggettivo), non significa nient'altro se non l'unificazione dell'iniziativa delle masse; l'organizzazione, cio, rappresenta la memoria collettiva e lo strumento per coordinare le esperienze elaborate dalle masse.
Anche per quanto riguarda questo punto, la storia ha dimostrato che c' una differenza di fondo tra un partito che si dice rivoluzionario, e un partito rivoluzionario che veramente tale. Quando un gruppo di funzionari non fa che opporsi all'iniziativa e all'azione delle masse e anzi cerca con tutti i mezzi, persino intervenendo militarmente, di spezzarla (si pensi all'Ungheria nell'ottobre-novembre 1956, o alla Cecoslovacchia nell'agosto 1968), e quando questo gruppo non solo ha perso ormai ogni legame col sistema dei
soviet, nato spontaneamente dalle lotte sociali, ma affossa53 questo sistema col pretesto
di difendere il ruolo dirigente del partito, evidente che non ci troviamo pi di fronte
a un partito rivoluzionario del proletariato, ma a un apparato che difende gli interessi
specifici di uno strato privilegiato e per sua natura ostile all'iniziativa autonoma delle
masse: la burocrazia. Il fatto che un partito rivoluzionario possa degenerare in un partito
burocratizzato non pu tuttavia costituire un argomento contro la concezione leninista
dell'organizzazione, cos come il fatto che certi medici abbiano ammazzato anzich salvato qualche malato non pu costituire un argomento contro la scienza medica. Ogni arretramento rispetto a questa concezione in direzione della pura spontaneit delle masse paragonabile a un arretramento della scienza medica verso la ciarlataneria.

X. SOCIOLOGIA DELL'ECONOMICISMO, DEL BUROCRATISMO


E DELLO SPONTANEISMO
Sottolineando che la concezione leninista dell'organizzazione in realt la concezione dell'attualit della rivoluzione proletaria, abbiamo gi posto l'accento sul momento
centrale della teoria leninista della coscienza di classe proletaria: il problema del soggetto della rivoluzione in regime capitalistico.
53 Per Lenin il ruolo dirigente del partito all'interno del sistema dei soviet un ruolo politico e non di
sostituzione. Si tratta di convincere la maggioranza dei soviet della giustezza della politica comunista, e
non di prendere il loro posto. Nellopera fondamentale di Lenin, Stato e rivoluzione, non si parla affatto di
un ruolo del genere. E nonostante il fatto che, durante il periodo pi difficile di disordine e di guerra civile, Lenin si sia espresso talvolta in maniera estremamente dura sulle questioni tattiche, si possono tuttavia
trovare senz'altro nei suoi scritti argomenti contro la formula soviet senza comunisti, ma mai un solo
argomento contro quella comunisti senza soviet.

Per Marx e per Lenin (come pure per Rosa Luxemburg e Trotskij, anche se essi, prima del 1914, non ne avevano sempre tratto le necessarie conclusioni), il soggetto della
rivoluzione la classe operaia solo potenzialmente e solo periodicamente rivoluzionaria, cos come essa lavora, pensa e vive in regime capitalistico. 54 La teoria leninista dell'organizzazione discende direttamente da questa individuazione della posizione del soggetto rivoluzionario, poich evidente che, in base a questa stessa definizione, un tale
soggetto non pu che essere contraddittorio. Da una parte, il proletariato sottoposto
alla schiavit del salario, del lavoro alienato, alla reificazione di tutti i rapporti umani,
all'influenza dell'ideologia borghese e piccolo-borghese; dall'altra, periodicamente
spinto a impegnarsi in lotte di classe che comportano una radicalizzazione, o anche in
azioni apertamente rivoluzionarie contro il modo di produzione capitalistico e contro
l'apparato dello Stato borghese. La storia della lotta di classe reale dei 150 anni passati
si espressa in queste ondate periodiche. semplicemente impossibile descrivere adeguatamente lo sviluppo del movimento operaio francese o tedesco, per esempio, nel corso degli ultimi cento anni, se lo si considera esclusivamente o dal punto di vista di una
passivit crescente, o da quello di un'attivit rivoluzionaria ininterrotta. Questo sviluppo caratterizzato evidentemente da entrambi questi elementi, ma con l'accento posto ora sull'uno ora sull'altro degli aspetti diversi con cui si manifesta l'unit di questi
opposti elementi.
L'opportunismo e il settarismo, visti come posizioni ideologiche, trovano le loro basi
teoriche in una definizione non dialettica del soggetto della rivoluzione. Per gli opportunisti, questo soggetto l'operaio normale, per cui sono portati a riprendere servilmente i
suoi pregiudizi, a contemplarne religiosamente il didietro, per usare l'espressione di
Plechanov. Se l'operaio si preoccupa soprattutto di questioni interne alla fabbrica, l'opportunista diventa un puro sindacalista. Se gli operai sono travolti dal turbine di certe
infatuazioni patriottiche, l'opportunista diventa socialpatriota o socialimperialista. Se gli
operai cedono alla propaganda della guerra fredda, egli se ne fa paladino: le masse
hanno sempre ragione. La manifestazione pi penosa dell'opportunismo consiste nel
fatto che il programma anche quello elettorale non si fonda pi su un'analisi scientifica della societ, bens su sondaggi d'opinione. Ma questo opportunismo porta a una
contraddizione insolubile. Per fortuna, gli stati d'animo delle masse sono instabili oggi
gli operai si occupano solo di questioni interne alla fabbrica, domani scendono in piazza
per manifestazioni politiche; oggi sono per la difesa della patria imperialista contro il
nemico esterno, domani sono disgustati della guerra e scorgono il nemico principale
nella classe dominante del proprio paese; oggi accettano passivamente la collaborazione
col padrone, domani fanno uno sciopero selvaggio. Poich le cose stanno in questo
termini, la logica dell'opportunismo approda a questo: dopo avere giustificato l'integrazione nella societ borghese sulla base del comportamento della masse, non pu che
voltare le spalle alle masse stesse quando si mobilitano contro questa societ.
I settari, al pari degli opportunisti, operano una semplificazione, ma in direzione opposta. Mentre l'opportunismo tiene conto dell'operaio normale, di quell'operaio cio che
si adatta e subisce intimamente il condizionamento borghese, il settario non vede altro
che il proletariato ideale, quello che si comporta come un rivoluzionario. Chi non
54 G. LUKCS, Storia e coscienza di classe, cit., pp. 335 sgg., sbaglia quando crede di poter individuare
le radici della teoria spontaneista di Rosa Luxemburg nell'illusione di una rivoluzione puramente proletaria. Anche nei paesi in cui l'importanza numerica e sociale del proletariato diventata tale che il problema delle alleanze diventa una questione piuttosto secondaria, la necessit di un'organizzazione d'avanguardia distinta permane in una rivoluzione puramente proletaria, date le differenziazioni presenti
in seno al proletariato.

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tale cessa automaticamente di essere soggetto della rivoluzione, diventa borghese. Al


limite, certi settari per esempio certi spontaneisti ultrasinistri, certi stalinisti e certi
maoisti arrivano persino a identificare la classe operaia con quella capitalista, qualora
essa rifiuti di accettare in pieno l'ideologia della loro setta.55 Estremo oggettivismo
tutto ci che fanno gli operai rivoluzionario ed estremo soggettivismo solo chi
accetta la nostra dottrina rivoluzionario si danno la mano, negando entrambi il carattere oggettivamente rivoluzionario delle lotte sociali e politiche condotte da settori di
massa con un livello di coscienza ancora incerto e contraddittorio. Per gli opportunisti
(oggettivisti) queste lotte non sono rivoluzionarie, perch il prossimo mese la maggioranza continuer a votare ugualmente per i socialdemocratici o per De Gaulle. Per i
settari (soggettivisti), non hanno niente a che vedere con la rivoluzione, perch il gruppo (cio il nostro gruppo) rivoluzionario ancora troppo debole .
Non difficile scoprire l'origine sociale di queste tendenze. Sono espressione di intellettuali piccolo-borghesi. Gli opportunisti rappresentano in genere gli intellettuali legati alla burocrazia dei partiti operai nelle organizzazioni di massa o nell'apparato dello
Stato borghese; i settari rappresentano invece o gli intellettuali declassati o quelli puramente astratti, tagliati fuori dal movimento reale.56 In entrambi i casi questa dissociazione dei due momenti, oggettivo e soggettivo, di quest'unit dialettica che il soggetto
della rivoluzione, ripropone di fatto la vecchia frattura fra teoria e prassi, la quale, a sua
volta, non pu che portare a una prassi opportunistica e a una teoria che non fa che riprodurre la falsa coscienza, a livello ideologico, di questi intellettuali piccolo-borghesi.
caratteristico che tutta una serie di opportunisti (tra gli altri i burocrati sindacali) e
di intellettuali settari rimproverino proprio ai marxisti rivoluzionari di essere intellettuali
55 I maoisti cinesi ne sono un classico esempio, quando definiscono un'ala del loro stesso partito (e la
maggioranza del loro Comitato Centrale, che ha portato alla vittoria la rivoluzione cinese) esponenti della linea capitalista o addirittura capitalisti. Per i bordighisti italiani lo sciopero generale del 14 luglio
1948 non aveva niente a che fare con la lotta di classe proletaria perch i lavoratori entravano in sciopero
in difesa del dirigente revisionista Togliatti. Si veda inoltre la brillante formulazione dello spontaneista
francese Denis Anthier: Quando il proletariato non rivoluzionario, esso non esiste, ed i rivoluzionari
non possono fare niente con esso; non sono essi che possono, interpretando il ruolo di educatori del popolo, creare la situazione storica nella quale il proletariato diviene ci che esso , ma lo sviluppo stesso della societ moderna (Prefazione a L. TROTSKIJ, Rapporto della delegazione siberiana, Edizioni della
Vecchia Talpa, Napoli 1970; p. 9 n.9. Anche questa citazione dimostra come oggettivismo e soggettivismo, portati agli estremi, coincidano. Dietro la facciata dell'ultrasinistrismo si scorgono i celebri spontaneisti, Karl Kautsky e Otto Bauer, assentire entusiasticamente ed applaudire: e come spiegare che il
proletariato, nonostante tutte le sue grandi lotte, non riuscito a riportare la vittoria? colpa delle circostanze, le condizioni oggettive non erano mature. molto facile capire a quali ridicole conclusioni approdi un simile fatalismo e determinismo meccanicistico, quando si costretti a spiegare con lo sviluppo
stesso della societ moderna perch, in un certo determinato momento, la maggioranza dei lavoratori
della fabbrica X o della citt Y si sia espressa a favore della dittatura del proletariato e contro il riformismo, mentre quelli della fabbrica V o della citt W non erano d'accordo. Eppure da questo dipende il successo o il fallimento della rivoluzione. Finch lo sviluppo stesso della societ moderna non far cascare, come un frutto maturo, tutte le fabbriche e tutte le citt nel calderone della rivoluzione, questi signori
educatori del popolo si guarderanno bene dall'esercitare violenza su questo sviluppo ed eviteranno di
conquistare i lavoratori di W...
56 Pannekoek e Bordiga costituiscono due validi esempi di questi intellettuali esclusivamente contemplativi che, per decine di anni, hanno steso la sera i loro scritti rivoluzionari, lavorando il giorno come astronomo e come ingegnere. Sono esempi impressionanti dell'effetto devastatore che la divisione del lavoro
esercita sulla capacit di esprimere una teoria adeguata alla complessit della realt sociale nel suo insieme, anche ad opera degli intellettuali pi perspicaci.

piccolo-borghesi, che vogliono subordinare a s la classe operaia.57 Questo problema


pesa anche nelle discussioni che si svolgono all'interno del movimento studentesco rivoluzionario. Varrebbe perci la pena di affrontare in maniera pi precisa un esame sociologico dell'origine del burocratismo, dell'economismo e dello spontaneismo (come pure
dell'operaismo).
Lavoro intellettuale e lavoro manuale, accumulazione e produzione si mediano in parecchi momenti della societ borghese, sia pure a livelli diversi, per esempio nella fabbrica. Quello che in genere contenuto nel concetto di intellettuali, di piccola borghesia intellettuale o di intellettuali tecnici, si riferisce in realt a un certo numero di
attivit differenti, le cui relazioni con la lotta di classe reale sono molto varie. Si potrebbero distinguere soprattutto i seguenti gruppi (senza ovviamente pretendere di condurre,
con questa classificazione, una indagine esauriente):
1. I mediatori effettivi tra il capitale e il lavoro nel processo di produzione, cio i
sottufficiali) del capitale: capi e dirigenti il cui compito vigilare sulla disciplina del
lavoro nell'interesse del capitale e dell'impresa.
2. I mediatori tra scienza e tecnica, tra tecnica e produzione: assistenti di laboratorio,
ricercatori scientifici, inventori, tecnologi, pianificatori, progettisti, disegnatori ecc. Diversamente dagli appartenenti alla categoria 1, questi strati non diventano il sostegno all'appropriazione del plusvalore; partecipano al processo materiale di produzione e proprio per questo sono per lo pi non degli sfruttatori ma dei produttori di plusvalore.
3. I mediatori fra produzione e realizzazione del plusvalore: specialisti in pubblicit,
istituti per la ricerca di mercato, enti scientifici del settore della distribuzione, specialisti
del marketing, ecc.
4. I mediatori fra compratori e venditori della merce forza-lavoro. Qui troviamo in
primo luogo i funzionari sindacali e, pi in generale, tutti i funzionari delle organizzazioni burocratizzate di massa del movimento operaio.
5. I mediatori fra capitale e lavoro nell'ambito della sovrastruttura, i produttori ideologici (coloro cio il cui lavoro consiste nel produrre ideologie): una parte dei politicanti borghesi, i professori borghesi di scienze umanistiche, come si dice, i giornalisti, una parte degli artisti, ecc.
6. I mediatori fra la scienza e la classe operaia, i produttori di teoria che non sono stati incorporati professionalmente nella produzione ideologica della classe dominante e,
essendo relativamente liberi dalla dipendenza materiale da questa produzione, sono relativamente capaci di impegnarsi nella critica dei rapporti borghesi.
Si potrebbe aggiungere un settimo gruppo, che compreso in parte nel quinto, in parte nel sesto. In una societ borghese classica, stabile, la professione dell'insegnamento
ricade nella categoria 5, a causa sia dell'illimitato predominio dell'ideologia borghese,
sia del carattere generalmente astratto e ideologico di ogni insegnamento professionale.
Con la crescente crisi strutturale delle scuole medie e delle universit nel neocapitalismo, per, si verifica un cambiamento dei suoi standard oggettivi. Da un lato, la crisi
del capitalismo precipita una crisi generale dell'ideologia neocapitalista, che viene messa sempre pi in discussione. Dall'altro, l'insegnamento serve meno come indottrinamento ideologico, astratto, e pi come diretta preparazione tecnocratica per i futuri lavoratori intellettuali (delle categorie 2 e 3) che saranno incorporati nel processo di produzione. Ci consente che il contenuto di questo insegnamento sia sempre pi collegato a
una coscienza recuperata dell'alienazione individuale e a una critica sociale dei campi
57 Questa critica stata gi mossa a Lenin e ai leninisti dagli economisti russi e oggi la si ritrova tra gli
spontaneisti.

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collegati (ed anche alla critica sociale in generale ).


Non difficile individuare quale categoria di intellettuali eserciti un'inf1uenza negativa sullo sviluppo della coscienza di classe del proletariato: in primo luogo i gruppi 3,
4, 5 (il gruppo 1 non va considerato, perch in ogni caso non ha a che vedere con le organizzazioni operaie). Ma la cosa pi pericolosa per l'attivit autonoma e la coscienza
del proletariato la simbiosi o la fusione dei gruppi 4 e 5, cos come si verificata su
vasto raggio a partire dalla prima Guerra mondiale nei partiti socialdemocratici e in
parte, ormai, anche nei partiti comunisti in linea con Mosca.
I gruppi 2 e 6 invece non possono che contribuire a rafforzare il proletariato e le organizzazioni rivoluzionarie, poich forniscono le conoscenze indispensabili alla critica
della societ borghese e al successo delle lotte per il suo rovesciamento e cio, in sostanza, al recupero, da parte della collettivit dei produttori, dei beni di produzione.
Chi scaglia fulmini contro la crescente fusione fra organizzazioni operaie e le categorie 2 e 6 degli intellettuali aiuta perci i gruppi 3, 4 e 5 a rafforzare la loro influenza negativa sul proletariato. Giacch le lotte di classe sono sempre accompagnate da controversie ideologiche,58 , dunque, di grande importanza chiarire quale ideologia si sviluppi
nel proletariato, se si sviluppa un'ideologia piccolo borghese, o addirittura borghese, o la
teoria marxista. Chi si oppone a ogni influenza intellettuale proveniente dall'esterno
sul proletariato, dimentica o sottace che l'influenza esercitata dai gruppi 3, 4 e 5 agisce
sul proletariato in maniera permanente per il tramite della societ borghese e dell'economia capitalistica, e che gli spontaneisti ultrasinistri non dispongono di nessun rimedio
miracoloso per respingere questa influenza degli intellettuali borghesi. Tuonare contro
l'influenza degli intellettuali marxisti all'interno della classe operaia, significa semplicemente lasciare che l'influenza dell'intellighentsia borghese si diffonda senza opposizione. Anzi, opponendosi allo sviluppo di un'organizzazione59 rivoluzionaria, i menscevichi
e gli spontaneisti contribuiscono di fatto a perpetuare la divisione del lavoro fra lavoro manuale e lavoro intellettuale, e quindi la dipendenza intellettuale dei lavoratori nei
confronti degli intellettuali, e la degenerazione burocratica delle organizzazioni operaie.
Infatti, l'operaio inchiodato continuamente al suo posto di lavoro nel processo capitalistico di produzione, non generalmente in grado di assimilare la teoria in modo globale
e continua perci a dipendere in ogni momento dagli specialisti piccolo-borghesi.
Grazie allorganizzazione rivoluzionaria possibile invece, distaccando temporaneamente gli operai dalla fabbrica, compiere un passo decisivo in direzione dell'emancipazione intellettuale almeno degli operai pi avanzati e contrastare sia pure embrionalmente la divisione del lavoro se non altro all'interno del movimento operaio.
Certamente, queste considerazioni non esauriscono il problema della sociologia dello
spontaneismo. Dobbiamo domandarci: in quali strati del proletariato pi forte la diffidenza nei confronti degli intellettuali? Evidentemente in quelli che, per la loro condizione socio-economica, sono pi esposti a conflitti col lavoro intellettuale. In primo luogo
quindi gli operai delle piccole e medie aziende minacciati dal processo tecnico, inoltre
quelli che, come autodidatti, sono emersi dalla massa grazie ai loro sforzi, e infine gli
operai che sono arrivati ai vertici delle organizzazioni burocratiche; gli operai che, a
causa del loro basso livello di istruzione e di cultura sono i pi lontani dal lavoro intellettuale, che vedono perci con la massima sfiducia e ostilit.
58 Cfr. al riguardo N. POULANTZAS, Pouvoir politique et classes sociales, cit.
59 interessante notare che, dopo la scissione della Socialdemocrazia russa, c'erano pi intellettuali, anche come rivoluzionari di professione, tra i menscevichi che tra i bolscevichi. Cfr. in proposito D.
LANE, op. cit., pp.47, 50.

In altre parole, la base sociale dell'economismo dello spontaneismo, dell'atteggiamento approssimativo verso l'organizzazione e dell'ostilit verso gli intellettuali all'interno della classe operaia offerta dal lavoro manuale e artigianale e non dal proletariato delle grandi fabbriche, delle grandi citt e dei settori industriali in espansione.
Questi stessi strati hanno costituito, del resto, il sostegno della socialdemocrazia maggioritaria negli anni determinanti della rivoluzione tedesca dal 1919 al 1923. D'altra parte tra i lavoratori delle grandi aziende e delle citt, in larghi settori industriali all'avanguardia del processo tecnologico, la sete di conoscenza, la maggiore familiarit con i
processi tecnici e scientifici, la maggiore audacia nel progettarsi la conquista del potere
sia in fabbrica sia a livello statale, facilitano la comprensione del ruolo oggettivamente
necessario dei teorici rivoluzionari e dell'organizzazione rivoluzionaria. Le tendenze
spontaneiste del movimento operaio sono nate spesso, non sempre, da questa base sociale. Cos stato soprattutto con l'anarco-sindacalismo dei paesi latini precedentemente
alla prima Guerra mondiale, ma anche con il menscevismo che nelle grandi fabbriche
delle citt era superato nettamente dal bolscevismo, ma che trovava il suo supporto proletario nelle piccole citt delle zone minerarie e petrolifere della Russia meridionale.60
Ogni tentativo di far rinascere oggi, nell'epoca della terza rivoluzione industriale, quest'ideologia operaista, col pretesto dell'autonomia operaia, non potr che disperdere, come per il passato, le forze del proletariato avanzato, potenzialmente rivoluzionario,
e favorire gli strati pi arretrati, semiartigianali e burocratizzati del movimento operaio,
che subiscono l'influenza dell'ideologia borghese.

XI. INTELLIGHENTSIA SCIENTIFICA, SCIENZA SOCIALE


E COSCIENZA DI CLASSE
La reintroduzione massiccia del lavoro intellettuale nel processo di produzione, frutto
della terza rivoluzione industriale che Marx aveva previsto e che aveva gi le sue radici
nella seconda,61 ha creato le condizioni sociali per una nuova presa di coscienza, in larga
parte degli scienziati, della alienazione che anch'essi subiscono, come chiunque altro
nella societ capitalistica, ma di cui avevano perduto la consapevolezza allorch, esclusi
dalla produzione immediata del plusvalore, si erano trasformati in consumatori diretti o
indiretti di esso. Queste trasformazioni forniscono la base materiale non solo delle rivolte studentesche nei paesi imperialisti, ma anche dellaccresciuto numero di scienziati e
di tecnici disposti a raggiungere le file del movimento rivoluzionario.
Precedentemente alla prima guerra mondiale, in genere, la partecipazione degli intellettuali al movimento socialista classico segnava una curva decrescente: notevole agli
inizi, questa partecipazione si era ridotta via via che si era rafforzato il movimento di
60 D. LANE, op. cit., pp. 212-3, mette giustamente in risalto la prevalenza dei bolscevichi nelle citt caratterizzate dalla presenza di grandi fabbriche, con una classe operaia insediata da vecchia data.
61 Nel suo ultimo lavoro, Zum allgemeinen Verhltnis von wissenschaftlicher Intelligenz und proletarischen Klassenbewusstsein, SDS-Info, nn. 26-27, 22 dicembre 1969, HANS JURGEN KRAHL ha riportato una citazione di Marx a tale riguardo. Si tratta del passo non riportato dal testo definitivo del sesto capitolo del primo tomo del Capitale: Sesto capitolo: Risultati del processo di produzione indiretto, pubblicato per la prima volta nel 1933 negli Archivi-Marx-Engels in russo. Desiderei dedicare questo saggio,
che doveva in parte servire a prolungare le discussioni fra noi e a farci meglio comprendere, a questo giovane amico deceduto cos tragicamente.

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massa della classe operaia. Nel 1911, in una polemica poco nota con Max Adler, Trotskij tracci a grandi linee un 'analisi marxista delle cause di questo fenomeno: crescente
dipendenza sociale degli intellettuali di fronte alla grande borghesia e allo Stato borghese; incapacit del movimento operaio, organizzato in controsociet , di contrapporre
un'alternativa valida alla societ borghese. Trotskij aveva previsto che questa situazione
si sarebbe probabilmente modificata bruscamente in periodo rivoluzionario, alla vigilia
della rivoluzione proletaria.62
Allora tuttavia Trotskij traeva da queste premesse corrette conclusioni tatticamente
sbagliate, per esempio sottovalutando, al contrario di Lenin, l'importanza, intorno al
1908-09, della rinascita del movimento degli studenti nel pieno del trionfo della controrivoluzione. Lenin scorgeva in questo movimento un segno precorritore di una futura
ascesa del movimento rivoluzionario (che doveva iniziare nel 1912). Trotskij arrivava al
punto di affermare che era colpa degli intellettuali rivoluzionari che dirigevano la socialdemocrazia russa se al suo interno potevano diffondersi tutte le sue particolarit
soeiali: il settarismo, l'individualismo intellettuale, il feticismo ideologico.63 Egli allora
sottovalutava, come ha riconosciuto in seguito, l'importanza politico-sociale della lotta
di frazione fra bolscevichi e liquidatori, che altro non era se non la continuazione della
precedente lotta fra bolscevichi e menscevichi. La storia ha dimostrato che questa lotta
non era assolutamente il frutto del settarismo degli intellettuali, ma della spaccatura
fra coscienza socialista rivoluzionaria e piccola borghesia riformista.64
vero per che la partecipazione degli intellettuali rivoluzionari russi alla costruzione del partito rivoluzionario del proletariato russo avveniva ancora sulla base di una selezione individuale e non aveva profonde radici sociali. E questo dopo l'Ottobre si ritorse inevitabilmente contro la rivoluzione proletaria, perch la massa dei tecnici non pass nel campo della rivoluzione, perch agli inizi i tecnici sabotarono l'apparato produttivo e quello dell'organizzazione sociale, perch si dovette in seguito comprare la loro
collaborazione, e perch alla fine essi divennero l'elemento propulsore della degenerazione burocratica della rivoluzione.
Dal momento che il ruolo dei tecnici inseriti direttamente nel processo di produzione
soprattutto per quanto riguarda quelli della categoria 2 sopra citata ha subito una
netta trasformazione, e poich questi tecnici diventano sempre pi parte integrante della
classe dei lavoratori salariati, oggi molto pi probabile che in passato una loro partecipazione al processo rivoluzionario e all'edificazione di una societ nuova. Gi Friedrich
Engels aveva sottolineato il ruolo storico fondamentale che i quadri tecnici svolgeranno
nella costruzione della societ socialista: Per poter espropriare e sfruttare i mezzi di
produzione abbiamo bisogno di disporre di una massa di persone preparate dal punto di
vista tecnico. E non le abbiamo (...). La mia previsione che, nei prossimi 8 o l0 anni,
recluteremo un numero di giovani tecnici, medici, giuristi e insegnanti sufficiente a far
dirigere le fabbriche e le grandi propriet da compagni di partito, nell'interesse della na62 Leon TROTSKIJ, Intelligentsia and socialism, New Park Publishers, Londra 1965.
63 L. TROTSKIJ, Die Entwicklungstendenzen der russischen Sozialdemokratie, in Neue Zeit, a. II
(1910), n. 28, p. 862.
64 Fin dal suo primo libro polemico contro Lenin (Nos taches politiques, cit., pp. 68-71, ad esempio) Trotskij si era sforzato di rappresentare l'intera polemica leninista contro l'economicismo e l'atteggiamento artigianale verso l'organizzazione nel Che Fare? come una pura discussione tra intellettuali o, nel migliore dei casi, come un tentativo di guadagnare le forze pi vive dell'intellighentsia piccolo borghese alla
Socialdemocrazia rivoluzionaria. Egli non aveva capito che si trattava di respingere linfluenza revisionista piccolo borghese sulla classe operaia. La sua polemica contro Lenin dal 1903 al 1914 fu caratterizzata
da una sottovalutazione delle catastrofiche conseguenze dell'opportunismo per la classe operaia e per il
movimento operaio. Solo nel 1917 Trotskij super, una volta per sempre, questa sottovalutazione.

zione. L'arrivo al potere in queste condizioni sar per noi del tutto logico e avverr con
relativa facilit. Se invece, in seguito a una guerra, arriviamo al potere prematuramente,
in questo caso questi stessi tecnici saranno i nostri avversari principali, ci inganneranno
e tradiranno tutte le volte che potranno farlo; saremo allora costretti a servirci del terrore
contro di loro, ma questo non far che sputtanarci.65 Era una tragica profezia di quanto
sarebbe accaduto effettivamente in Russia.
Va inoltre sottolineato, ovviamente, che anche il proletariato, nel corso della terza rivoluzione industriale, diventato di gran lunga pi qualificato che in passato e d prova
di capacit di gestione delle fabbriche molto di pi che ai tempi di Engels. Ma la possibilit di un controllo politico-sociale delle grandi masse sugli specialisti (possibilit su
cui Lenin nel 1918 si faceva tante illusioni) esige delle capacit tecniche. Questo processo di controllo non pu che essere agevolato dalla crescente fusione dei quadri tecnici col proletariato industriale e dalla partecipazione crescente degli intellettuali rivoluzionari al partito rivoluzionario.
Pi si accresce la contraddizione tra la socializzazione oggettiva della produzione e
del lavoro, da una parte, e, dall'altra l'appropriazione privata (pi si esaspera cio la crisi
dei rapporti capitalistici di produzione), e pi il neo-capitalismo si sforza di protrarre
l'ora della sua fine stimolando l'innalzamento del livello dei consumi del proletariato,
pi la stessa scienza diventa una forza produttiva rivoluzionaria, in un duplice senso.
Non solo, infatti, attraverso l'automazione e l'accumulazione crescente delle merci, produce una crisi del processo di produzione e di realizzazione del capitale, basato sulla
produzione generalizzata di merci; ma sviluppa, del pari, la coscienza rivoluzionaria. In
sostanza, la scienza non fa che lacerare i veli mistificatori della quotidiana realt capitalistica. L'ostacolo principale allo sviluppo di una coscienza politica della classe operaia,
oggi, consiste appunto, pi che nella miseria o nella angustia del suo orizzonte, nel fatto
che essa si trova costantemente sottoposta all'influenza delle ideologie e delle mistificazioni piccolo-borghesi e borghesi; proprio per questo il ruolo di demistificazione che assolvono le scienze sociali, quando esercitino una funzione critica, pu assumere una
portata realmente rivoluzionaria nel risveglio di una coscienza di classe fra le masse.
Ci richiede, tuttavia, una mediazione concreta col proletariato, che pu venire soltanto
dagli operai avanzati, per un verso, e, per altro verso, dall'organizzazione rivoluzionaria.
Ma ci, a sua volta, presuppone che l'intellighentsia rivoluzionaria scientifica non si
metta, con atteggiamento masochista, al servizio del popolo per sostenere le lotte salariali. Essi devono invece, fornire agli strati operai pi maturi e pi critici le conoscenze scientifiche necessarie che essi non possono acquisire in base a una coscienza parcellizzata e che li mettano in condizione di comprendere e di afferrare in tutte le loro implicazioni lo sfruttamento nascosto e la dominazione di classe mascherata.

XII. PEDAGOGIA STORICA E FORMAZIONE


DELLA COSCIENZA DI CLASSE
Una volta capito che la teoria leninista dell'organizzazione cerca di risolvere il problema dell'attualit della rivoluzione e del soggetto della rivoluzione, facile cogliere il
nesso di questa teoria con quello che il compito di una pedagogia storica: il problema,
65 AUGUST BEBEL, Briefwechsel mit Friedrich Engels, Den Haag 1965, p. 465.

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cio, della traformazione della coscienza di classe embrionale, trade-unionista, in reale


coscienza di classe, politica e rivoluzionaria. Questo problema pu avere una soluzione
solamente alla luce dell'individuazione della stratificazione della classe operaia sopra
indicata: masse lavoratrici, operai avanzati, quadri rivoluzionari organizzati. Per acquisire una coscienza di classe effettiva, ogni strato ha bisogno di un processo pedagogico
specifico, ha i suoi ritmi di sviluppo e di formazione e richiede una particolare forma di
comunicazione con la classe e con la produzione teorica. Il ruolo storico del partito d'avanguardia concepito da Lenin pu riassumersi nella articolazione di queste tre formule
pedagogiche.
Le larghe masse apprendono soltanto dall'azione: voler inculcare la coscienza rivoluzionaria attraverso la propaganda un tentativo sterile e destinato a fallire. Ma sebbene le masse apprendano solamente dall'azione, non tutte le azioni necessariamente consentono lo sviluppo a livello di massa di una coscienza di classe rivoluzionaria. Azioni
che puntino su obiettivi economici e politici realizzabili nel quadro del sistema capitalistico non creano una coscienza di classe rivoluzionaria. Era questa una delle grandi illusioni degli ottimisti socialdemocratici della fine del XIX secolo e degli inizi del XX
(compreso Engels), che credevano che successi parziali sul piano elettorale e in certi
scioperi avrebbero aperto la strada allo sviluppo della coscienza di classe rivoluzionaria
e a una pi forte combattivit del proletariato.66 Ci si dimostrato storicamente errato:
questi successi parziali hanno effettivamente contribuito a rafforzare la fiducia del proletariato nelle proprie forze e la sua volont di lotta (e avevano torto gli anarchici a rifiutare drasticamente queste lotte parziali); ma non preparavano gli operai agli scontri rivoluzionari. Poich le azioni di massa hanno, in genere, per obiettivo la soddisfazione di
bisogni immediati, fondamentale che la strategia rivoluzionaria colleghi a questi bisogni rivendicazioni tali da non poter essere integrate al sistema e aprire una dinamica rivoluzionaria, che porti a una prova di forza tra le due classi decisive della societ.
questa la strategia degli obiettivi transitori che Lenin ha esplicitamente introdotto nel
programma dell'Internazionale Comunista al IV Congresso e che stata pi tardi ripresa
da Trotskij come asse fondamentale del programma della IV Internazionale.67
66 La problematica della rivoluzione compariva soltanto quando si trattava di dare una risposta inevitabile all'eventuale soppressione del suffragio universale, oppure di fronte a una guerra. Per altro verso, Rosa
Luxemburg, con la sua teoria dello sciopero di massa, aveva cercato di sviluppare alcune forme di lotta
del proletariato capaci di rompere con le battaglie elettorali o semplicemente economiche, prendendo
spunto dalla rivoluzione russa del 1905. Ancora oggi, Lelio Basso, in un'interessante analisi (Rosa Luxemburg Dialektik der Revolution, Europische Verlagsanstalt, Francoforte 1969, pp. 82-3), cerca di presentare, come quintessenza della strategia luxemburghiana, una riconciliazione centrista delle lotte quotidiane con gli obiettivi finali, che si limita a rendere pi acute le contraddizioni dello sviluppo oggettivo. Non il caso di esaminare nei particolari il fatto che, come risultato di questo errore, sfugge a Basso il
significato pi profondo della strategia dello sciopero di massa.
67 Si veda la discussione sul programma al IV Congresso dell'Internazionale comunista (Protokoll des
Viertente Kongresses der Kommunistischen Intemationale, Verlag der Kommunistichen Internationale
1923, pp. 404-48, tr. it., Samon e Savelli, Roma 1971) che termina con la seguente dichiarazione della
delegazione russa, firmata da Lenin, Trotskij, Zinovev, e Bucharin: Dato che la polemica per decidere
quale debba essere la formulazione degli obiettivi di transizione e in quale parte del programma debbano
essere inseriti ha fatto sorgere, in modo assolutamente sbagliato, una cosiddetta opposizione di principio,
la delegazione russa conferma all'unanimit che non si pu scambiare per opportunismo l'introduzione di
rivendicazioni di transizione nel programma delle sezioni nazionali come pure la formulazione generale
di questi obiettivi e la loro giustificazione teorica nella parte generale del programma (p. 542). Trotskij
sembrava prevedere questa strategia gi nel 1904, quando scriveva: Il partito si basa sul livello di coscienza dato del proletariato (...) e cerca di radicarsi nel proletariato elevando questo livello () (Nos
taches politiques, cit., p. 126). V. Il programma di transizione; Edizioni Bandiera rossa, Roma, 1972.

La coscienza di classe rivoluzionaria pu svilupparsi soltanto se le masse accumulano esperienze di lotta che vadano oltre le rivendicazioni parziali, realizzabili nel quadro
del sistema capitalistico. Queste rivendicazioni possono essere inserite in lotte di ampio
respiro solamente da parte dei lavoratori avanzati, i quali discutano, propagandino e sperimentino in fabbrica, nei sindacati. nei comitati o nuclei aziendali questi obiettivi politici, che non derivano spontaneamente dall'esperienza quotidiana, finch la situazione sia
matura perch queste rivendicazioni diventino l'obiettivo di grandi scioperi e grandi dimostrazioni, di campagne di agitazione, ecc.
Se la coscienza di classe delle grandi masse si forma solo attraverso esperienze di
lotte oggettivamente rivoluzionarie, negli operai avanzati emerge, invece, dalle esperienze della vita, del lavoro e della lotta in genere, e non necessariamente da esperienze
rivoluzionarie.
Essi non fanno che tirare le conseguenze naturali dai conflitti sociali quotidiani; riconoscono l'esigenza della solidariet di classe, dell'azione collettiva e dell'organizzazione
di classe; le forme organizzative e programmatiche di quest'azione e di questa organizzazione potranno essere definite solo tenendo presenti i singoli casi, in base alle condizioni oggettive e alle esperienze concrete. Comunque, l'esperienza di vita, di lotta e di
lavoro degli operai avanzati li avvicina alla comprensione delle insufficienze dellattivit che cerchi semplicemente di riformare anzich abolire la societ esistente.
L'azione dell'avanguardia rivoluzionaria consente agli operai avanzati questa comprensione. ovvio che l'avanguardia non pu svolgere questo ruolo di catalizzatore n
automaticamente n indipendentemente dalle condizioni oggettive, ma solamente a condizione di essere all'altezza del suo compito; vale a dire solamente se il suo lavoro di
elaborazione teorica, di propaganda e di diffusione di giornali, opuscoli ecc., corrisponde ai bisogni degli operai avanzati, si adegua alle leggi della pedagogia politica ed
contemporaneamente legato a un'attivit pratica e a prospettive politiche che diano credito sia alla strategia rivoluzionaria, sia all'organizzazione che la sostiene.
Tuttavia, anche se l'azione dell'avanguardia rivoluzionaria risponde a simili esigenze,
pu darsi che non raggiunga ugualmente il suo scopo, se ci si trova in un momento di riflusso della lotta di classe e di perdita della fiducia nelle proprie forze da parte del proletariato. Chi pensa che basti avere una tattica giusta e una giusta linea perch, quasi
per miracolo, emerga una forza rivoluzionaria e si sviluppi anche in un momento di riflusso delle lotte di classe, ragiona in realt da razionalista borghese e non in base alla
dialettica materialista. (Detto di sfuggita, la maggior parte delle divisioni all'interno del
movimento rivoluzionario derivano da quest'illusione). Questo per non vuol dire che il
lavoro dell'avanguardia rivoluzionaria svolto in circostanze oggettivamente sfavorevoli
debba rimanere senza successo anche nei confronti degli operai avanzati. Certo non si
pu trattare di un grande successo immediato, ma pur sempre un lavoro preliminare
importante, e persino decisivo, per il momento storico in cui la lotta riprender. Infatti,
proprio come le larghe masse senza esperienza di lotta rivoluzionaria non possono sviluppare una coscienza di classe rivoluzionaria, gli operai avanzati che non hanno mai
conosciuto gli obiettivi di transizione non possono inserirli nelle successive ondate di
lotta di classe. La preparazione paziente, e magari noiosa, fatta dall'organizzazione d'avanguardia, spesso con anni di modesto lavoro quotidiano, pu rappresentare un credito
sostanzioso il giorno in cui i capi naturali della classe, fino ad allora incerti, fanno immediatamente propria, in occasione di un grosso sciopero o di una grossa dimostrazione,
per esempio, la soluzione del controllo operaio sulla produzione, assumendolo come

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obiettivo di lotta.68 Per essere effettivamente in grado di convincere gli operai avanzati e
gli intellettuali di un dato paese che necessaria la generalizzazione di importanti conflitti sociali e che occorre farli elevare dal livello degli obiettivi immediati a quello degli
obiettivi transitori, non basta certamente che l'organizzazione rivoluzionaria d'avanguardia copi zelantemente l'elenco di tali rivendicazioni da Lenin o da Trotskij. Piuttosto,
necessario che sia in grado servirsi di una duplice tecnica di approccio e di comprensione della realt. Quest'avanguardia deve, cio, per un verso, far proprie le esperienze delle lotte di classe rivoluzionarie del proletariato internazionale, e, per altro verso, saper
analizzare la realt sociale contemporanea; saper cio condurre un'analisi che consenta
di leggere in chiave storica la situazione attuale in un momento dato. Secondo la teoria
marxista della conoscenza, il criterio per possedere una teoria attendibile della realt
presente fornito dalla prassi, e questo significa: un'analisi marxista su scala internazionale presuppone una pratica a livello internazionale, cos come, a sua volta, questa postula un'organizzazione internazionale.
impossibile determinare in maniera scientificamente esatta le contraddizioni dell'attuale societ neocapitalistica nel mondo intero o in un solo paese - o individuare le
concrete contraddizioni dello sviluppo della coscienza di classe del proletariato circa il
tipo di scontro capace di condurre a situazioni prerivoluzionarie, se non si assimila l'esperienza storica del movimento operaio internazionale, dalla rivoluzione del 1848 ai
giorni nostri. Per le scienze sociali, la storia l'unico laboratorio possibile. Privo della
conoscenza degli insegnamenti della storia un marxista pseudorivoluzionario paragonabile a uno studente di medicina che si rifiuti di entrare in sala di anatomia.
In questo quadro, bisogna richiamare l'attenzione sul fatto che ogni tentativo di liberare dalle divisioni del passato il movimento rivoluzionario che rinasce, testimonia
incomprensione di fondo dell'origine storico-sociale delle differenziazioni del movimento operaio internazionale. Se prescindiamo dagli aspetti personali e casuali che accompagnano inevitabilmente queste differenziazioni, si vedr che le grandi polemiche
del movimento operaio internazionale dopo la fondazione della I Internazionale - la polemica fra bolscevismo e menscevismo, fra internazionalismo e social-patriottismo, fra
sostenitori della dittatura del proletariato e sostenitori della democrazia borghese, fra
trotzkismo e stalinismo, fra maoismo e kruscevismo tutte queste polemiche riguardano
i problemi di fondo della rivoluzione, della strategia e della tattica della lotta rivoluzionaria, i problemi derivanti dalla natura stessa del capitalismo, del proletariato e della
lotta di classe. Per questa ragione, quindi, rimarranno vive finch non sar risolto in
concreto il problema della costruzione di una societ senza classi su scala mondiale.
Nessuna tattica, per prudente che sia, nessuna disponibilit al compromesso, per
quanto larga possa essere, pu impedire che, a lungo andare, queste questioni riemergano continuamente dalla pratica stessa. Voler eludere tale problema ha un unico risultato:
anzich analizzare e risolvere questi nodi in maniera scientifica e programmata, li si affronta in maniera non sistematica, precaria e disordinata e senza una pratica e una conoscenza sufficienti .
L'assimilazione del retroterra storico della teoria marxista certamente indispensabile, ma solo come primo passo verso lo sviluppo di una coscienza di classe rivoluzionaria
68 G. LUKCS, Lenin, tr. it. di Guido D. Neri, Torino 1970, ha perfettamente ragione quando scrive che
il partito rivoluzionario leninista non pu fare nessuna rivoluzione, ma pu per accelerare le tendenze
che portano alla rivoluzione. Considerato in questi termini, il partito rappresenta tanto la causa che l'effetto della rivoluzione, il che contribuisce a superare la contrapposizione fra Kautsky (il nuovo partito deve
preparare la rivoluzione) e Rosa Luxemburg (il nuovo partito si former attraverso le iniziative rivoluzionarie delle masse).

tra gli operai avanzati e gli intellettuali radicalizzati. altres necessaria una analisi sistematica del presente, altrimenti la teoria non riuscir da sola a fornire gli strumenti per
individuare gli anelli pi deboli del modo di produzione e della societ neocapitalistica, o per formulare adeguati obiettivi transitori (e la pedagogia necessaria per diffonderli). Solo la combinazione di un'analisi critica complessiva della societ contemporanea e dell'acquisizione del patrimonio di insegnamenti che ci viene dalla storia del movimento operaio pu fornire agli strumenti concreti necessari ad assolvere teoricamente
i compiti di un'avanguardia rivoluzionaria.69
Senza aver fatto l'esperienza di lotte rivoluzionarie le masse non possono acquisire
una coscienza di classe rivoluzionaria; senza l'intervento cosciente dei lavoratori avanzati, che introducano obiettivi transitori nelle lotte operaie, non pu esserci esperienza
rivoluzionaria da parte delle masse; senza la propaganda degli obiettivi transitori non c'
possibilit per gli operai avanzati di influenzare le lotte delle masse in senso realmente
anticapitalistico; senza programma rivoluzionario, senza assimilazione della storia del
movimento operaio, senza applicazione al presente di questi insegnamenti e senza sperimentazione pratica della capacit dell'avanguardia rivoluzionaria di svolgere con successo almeno in alcuni settori e in certe situazioni un ruolo di direzione, non esiste nessuna possibilit di convincere gli operai avanzati dell'importanza delle organizzazioni
rivoluzionarie, e quindi nessuna possibilit (o solo delle possibilit limitate) di far recepire ai lavoratori avanzati le soluzioni transitorie corrispondenti alle specifiche situazioni oggettive. Si vede chiaramente a questo punto come i diversi fattori dello sviluppo
della coscienza di classe si connettano tra di loro e come costituiscano il fondamento ed
esprimano l'attualit della concezione leninista dell'organizzazione. L'articolazione fra il
processo di educazione delle masse attraverso l'azione, il processo di educazione degli
operai avanzati attraverso l'esperienza e il processo di educazione dei quadri rivoluzionari attraverso la mediazione della teoria e della prassi rivoluzionaria costituisce l'unit
del processo di costruzione del partito rivoluzionario. Apprendimento e insegnamento
sono in costante interazione anche per quel che concerne i quadri rivoluzionari che devono essere scevri di ogni arroganza per le loro conoscenze teoriche.
La concezione leninista dell'organizzazione si basa sulla comprensione del fatto che
la teoria non trova giustificazione se non in rapporto alla lotta di classe reale e nella
sua capacit di trasformare la coscienza di classe potenzialmente rivoluzionaria di larghi strati di operai in coscienza di classe realmente rivoluzionaria.
La celebre formula di Marx, secondo cui anche l'educatore ha bisogno di essere edu69 HANS-JURGEN KRAHL (op.cit., pp. 13 sgg.) ha certamente ragione quando rimprovera a Lukcs di
idealizzare il concetto di totalit della coscienza di classe del proletariato e denuncia la sua incapacit
di collegare carenza empirica e teoria astratta, che anche incapacit di trasmettere la teoria rivoluzionaria alle masse lavoratrici. Sulla base di questo avrebbe per potuto concludere cha la trasmissione di questa teoria pu realizzarsi solo a partire dalla teoria leninista dell'organizzazione questo, anzi, il nucleo
centrale di questa concezione. Ma poich egli introduce una separazione netta fra il destino alienato dellesistenza e il processo alienato della produzione, corre come Marcuse il rischio di considerare l'alienazione dei consumatori come il problema centrale, e quindi di vedere nel soddisfacimento dei bisogni ai pi alti livelli apparentemente consentito dal sistema neocapitalistico alla massa dei lavoratori un
ostacolo allo sviluppo della coscienza di classe proletaria. Il tallone d'Achille del modo capitalistico di
produzione resta ancora, come sempre, l'alienazione nell'ambito del processo di produzione; su questo terreno, e soltanto su questo, pu avere presa una ribellione realmente rivoluzionaria, come hanno dimostrato gli avvenimenti francesi e italiani. Qui ritroviamo anche l'articolazione delle implicazioni relative alla
trasmissione della coscienza di classe cui abbiamo accennato sopra. Con ci noi, come Krahl (e come Lenin e Trotskij) evitiamo di confondere il concetto primitivo del partito che sa tutto con l'elaborazione
della teoria rivoluzionaria, considerata come un processo di creazione specifica e permanente.

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cato,70 esprime esattamente questo dato di fatto. Il che certo non vuol dire che sia possibile una trasformazione rivoluzionaria della societ senza una pedagogia rivoluzionaria. La concezione di Marx va in effetti integrata con quest'altra idea, e cio che solo
nella attivit rivoluzionaria il mutamento di se stesso coincide con il mutamento delle
circostanze.71

Questo testo di Ernest Mandel stato pubblicato in Italia nel 1972 dalle edizioni Bandiera Rossa nel libro Il partito leninista insieme al saggio di Livio Maitan,
Verifica del leninismo in Italia, e ad alcuni articoli di Renzo Gambino sulle lotte
alla FIAT nel 1969.

70 KAR
L MARX, Tesi su Feuerbach (tr.it. di Terza tesi: La dottrina materialistica secondo cui gli uomini sono
il prodotto delle circostanze e dell'educazione (...) dimentica che sono appunto gli uomini a modificare le
circostanze e che l'educatore stesso ha bisogno di essere educato).
71 K. MARX, F. ENGELS, L'Ideologia tedesca, cit.

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