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http://www.carmillaonline.com/2015/09/04/estetiche-del-potere-i-manifesti-dopo-il-68/
La prima parte del testo ricostruisce la nascita dei manifesti italiani della sinistra
rivoluzionaria a partire dal 68. La fonte dispirazione maggiore costituita dalla
produzione del Maggio francese che basa la comunicazione sulla combinazione
essenziale di immagini e parole, privilegiando messaggi di rottura spesso
provocatori ed aggressivi, ricorrendo al ribaltamento di senso dei termini, simboli
e modi di dire del linguaggio dominante per mostrarne incoerenze e
contraddizioni () per far emergere concetti e significati alternativi, rifacendosi
alle pratiche di dtournement di matrice situazionista. Un ruolo importante spetta
anche alla cultura underground statunitense che, gi prima del 68 si diffonde
negli ambienti pi inquieti della societ italiana, soprattutto tra gli studenti. Altre
fonti dispirazione sono la grafica cubana, una volta emancipatasi dal realismo di
matrice sovietica ed, in maniera minore, per quanto riguarda la rielaborazione
grafica per manifesti pubblici, la Rivoluzione culturale cinese. Liconografia cinese
viene infatti ripresa pi per la produzione di manifesti da esporre nelle sedi
politiche o domestiche che non per la produzione pubblica. Sicuramente la
sinistra radicale debitrice nei confronti della rivoluzione maoista per quanto
riguarda il ricorso ai ta-tse-bao, ma si tratta, in questo caso, di linguaggio delle parole, ben distante dalla
comunicazione iconografica ed essenziale del manifesto. Sarebbe sbagliato enfatizzare le abilit comunicative
dei manifesti, o dei giornali murali, di movimento cos come non si dovrebbero stroncare i manifesti della politica
istituzionale; nel corso degli anni 70 si ha un interesse talmente diffuso per il dibattito politico che riescono ad
incidere a livello comunicativo anche manifesti prolissi, maldestri e poco attraenti.
Dallindagine sviluppata dallautore emerge come la propaganda politica
istituzionale di fine anni 60 risulti decisamente arretrata tanto rispetto alle
tecniche della promozione commerciale, quanto alle strategie comunicative dei
movimenti antagonisti ma, tale ritardo, deve essere imputato anche ad una
sostanziale inadeguatezza politica nei confronti delle figure sociali emergenti. Il
sistema politico ufficiale si dimostra, insomma, in forte ritardo nel comprendere la
trasformazione in corso tanto nella societ italiana, quanto internazionale, ed il
ritardo nella comunicazione politica legato sia al permanere di unimmagine del
paese che ormai non esiste pi, che ad una difficolt di dare risposte a domande
che si sono fatte radicali e che, probabilmente, non possono ottenere risposte
istituzionali. Insomma, dopotutto ad essere messo in discussione il sistema
capitalistico; difficile dare risposte a chi intende promuovere una rivoluzione
radicale.
Lautore segnala come il Pri sia la prima forza politica che, sin dallinizio degli
anni 60, ricorre ad un art director per rinnovare limmagine del partito di Ugo La
Malfa: viene abbandonata la tradizionale comunicazione realista in favore di uno
stile razionalista derivato dalle nuove strategie di promozione commerciale. Con un decennio di ritardo rispetto
allesperienza dei repubblicani, anche il Partito socialista inizia a ricorrere a qualche designer professionista al
fine di riformulare la propria immagine. In questo caso vengono mantenuti alcuni simboli tradizionali seppur
rinnovati stilisticamente anticipando quella che sar la sostanziale trasformazione del partito che si compie con
lavvento di Bettino Craxi ed il riposizionamento della forza politica quando, una volta messa in secondo piano la
tradizionale base operaia, decide di concentrarsi sui ceti medi.
Nel corso degli anni 70 sono diversi i grafici, i pittori ed i fumettisti che si prestano alle strategie comunicative dei
partiti istituzionali o dei movimenti. Ricorso a professionisti della comunicazione o meno, lintero panorama
politico istituzionale, nel corso degli anni 70, si trova a fare i conti con la rappresentazione dei soggetti sociali che
animano la scena: giovani, operai e donne.
manifesti risulta difficilmente riassorbibile dalla politica istituzionale (e dalla cultura maschilista del paese): a parte
larea politica istituzionale pi vicina ai movimenti (nuova sinistra e radicali)
nessun partito si sente di superare alcuni limiti, scardinati invece nei manifesti
femministi come, ad esempio, la denuncia dei rapporti patriarcali interni alla
famiglia o le disparit sessuali nelle gerarchie di lavoro, cos come nessun
partito decide di affrontare esplicitamente i temi legati alla sessualit e al corpo
femminile.
Parlando del decennio post 68, inevitabile per i manifesti affrontare la
questione della violenza politica. Gambetta sottolinea come letichetta di anni
di piombo, applicata al decennio, riconduca tutte le pratiche in cui vi ricorso
ad una forma di violenza, allinterno di un insieme indistinto: scontri tra opposte
fazioni o con la polizia, bombe stragiste, azioni di fuoco di gruppi armati ecc.,
tutto diviene parte di una nebulosa indistinta. Dalla ricerca dellautore emergono
tre schemi comunicativi principali: lesaltazione della forza del popolo o del
partito al fine di piegare la violenza negativa dei nemici, la denuncia della
violenza di Stato e lappello alla concordia istituzionale contro un nemico estraneo
alla vita democratica del paese.
La forza del popolo tendenzialmente viene celebrata tanto dai manifesti dei
movimenti radicali, quanto dalla sinistra istituzionale. Nel primo caso laccento
spesso posto sul legame tra le lotte popolari internazionali e la lotta anticapitalista
portata avanti allinterno del paese. Il ricorso alla violenza, anche armata, non solo
condivisibile nei confronti delle lotte di popolo in atto (es. Vietnam), ma non da
escludere nemmeno sul fronte interno. Molti sono i manifesti in cui al pugno chiuso
inizia ad essere associata licona dellAk 47. Nella sinistra istituzionale, invece, il
riferimento alle armi si limita o alla celebrazione della Resistenza italiana al
nazifascismo o alle guerre popolari di liberazione nel sud del mondo. Dal punto di
vista interno, nazionale, la forza delle masse viene tradotta graficamente dalla
sinistra parlamentare dalle immagini di un popolo che si mobilita riempiendo le
piazze, nei volti severi ma scoperti dei manifestanti e nelle bandiere.
Molti manifesti nel corso del lungo Sessantotto, adottano un sistema dicotomico
ove una violenza legittima e necessaria si scontra con una violenza
immorale e arbitraria: partiti costituzionali vs. opposti estremismi, sinistra
rivoluzionaria vs. neofascisti e/o Stato borghese e/o capitalismo ecc. Non
infrequente che nei manifesti di tutte le forze politiche, istituzionali e non, il
nemico venga mostrato come entit anonima, col volto celato (passamontagna
o casco dordinanza, in base allo schieramento della forza politica), incline alla
violenza cieca ed indiscriminata. Il nemico violento viene raffigurato come
automa senza volto, mero simbolo o marionetta guidata da dietro le quinte. Le
forze politiche istituzionali, al fine di negare legittimit agli avversari, tendono a
denunciare la violenza armata o attraverso immagini verosimili, ideate
appositamente, o modificando profondamente le fotografie originali al fine
da enfatizzare limpatto emotivo. Alla condanna del terrorismo (termine che
ben presto diviene quasi onnicomprensivo di qualsiasi ricorso a forme di
violenza), i manifesti istituzionali associano spesso lindicazione di come
sconfiggerlo. La comune battaglia per la difesa della democrazia nei
manifesti Dc diviene difesa delle istituzioni e della sua classe dirigente,
mentre nella produzione del Pci la risposta viene dalla mobilitazione popolare, dalla massa di lavoratori che
scende in piazza e partecipa alla vita democratica del paese. Allo schema pi diffuso, basato sulla
semplificazione bene vs. male, si sottraggono le formazioni della nuova sinistra ed i radicali. La campagna
referendaria (un quesito riarda labolizione della Legge Reale) di questi ultimi, in pieno 1977, ne un esempio
emblematico. Vengono affissi due manifesti del tutto uguali in termini di slogan (Disarmiamoli con la non violenza
firmando gli 8 referendum) e di grafica recanti in un caso la celebre foto del militante che spara in via De Amicis
a Milano e, nellaltro, laltrettanto celebre immagine del poliziotto travestito da manifestante che, dopo aver
sparato, pistola in pugno, si ritira tra le fila delle forze dellordine. In questo caso di duplice manifesto, il
messaggio radicale chiaro: condannare tanto la violenza armata di piazza, quanto la violenza armata
repressiva. La nuova sinistra, volendo problematizzare il ricorso alla violenza nelle sue svariate manifestazioni,
fatica a ricorrere ad un mezzo sintetico come il manifesto necessitando di argomentazioni articolate inadatte ad
una comunicazione cos drastica.
In conclusione Gambetta segnala come, a partire dai primi anni 80, con laffievolirsi dei movimenti e della
conflittualit sociale, il linguaggio dei manifesti subisca una sorta di ritorno allordine. La comunicazione politica
si avvicina sempre pi a quella commerciale ed il ruolo della televisione diviene sempre pi determinante tanto
che, gli stessi manifesti vengono ad avere la funzione di richiamare messaggi ascoltati altrove, promossi e diffusi
attraverso altri canali, nei talk show o negli spot televisivi.
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Immagini inserite nel testo (dallalto al basso)
Copertina: W. Gambetta, I muri del lungo 68, Derive Approdi (2014)
Manifesto: Operai-studenti, Movim. studentesco di Bologna (1968)
Manifesto: Per uscire dalla crisi, Pci (1979)
Manifesto: Lotta col voto, Psi (1972)
Tessera: Unit dei giovani, Fcgi (1977)
Manifesto: Assemblea operaia, Pci (1968)
Manifesto: Tu voti per la prima volta, Dc (1972)
Manifesto: No a una giornata celebrativa, Psi (1977)
Manifesto: Voto comunista perch, Pci (1976)
Manifesto: No alla violenza, Pci (1975)
Manifesto: La violenza distrugge la libert, Dc (1976)