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2 ° CONGRESSO FLC CGIL CATANIA

19 febbraio 2010
Hotel Principe, via Alessi, 24 - Catania
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“La Conoscenza oltre la Crisi”
Relazione del Segretario Generale
Lillo FASCIANA
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1) I Congressi di base
Care compagne, cari compagni,
il 2° Congresso della Flc Cgil segna un momento importante per il percorso di
unificazione avviato nel 2004: il settore della Conoscenza si è sempre più consolidato
e la trasversalità dei temi affrontati ha mostrato chiaramente che la scelta fatta dal
nostro sindacato ha rafforzato gli elementi di Confederalità che lo hanno da sempre
caratterizzato.
Abbiamo svolto 39 assemblee in tutta la provincia raggiungendo quasi la metà dei
nostri iscritti e parlando a tanti lavoratori non iscritti; la partecipazione ai lavori
congressuali, nel complesso, è stata dignitosa .
Il confronto nelle assemblee di base ha portato in superficie il malessere, il disagio e
talvolta la sfiducia che, in una fase politica ed economica così difficile e complessa,
accompagnano la nostra categoria.
La riduzione generalizzata dei diritti di rappresentanza sociale con la conseguente
riduzione dei diritti sindacali nei luoghi di lavoro, indebolisce il mondo dei lavoratori
e ne attenua la capacità di lotta.
Eppure, tra tanto scetticismo, traspare, qua e là, una voglia nascosta di spendersi
ancora, di testimoniare che un altro modello di sviluppo è possibile, che non
possiamo abbandonare il campo all’individualismo sfrenato che alberga nelle
coscienze, al corporativismo, al liberismo più oltranzista, alla mercificazione dei
saperi e della vita delle persone.
Emerge la necessità, nell’area più consapevole, di spostare l’azione dalla sfera
individuale a quella collettiva, attraverso l’aggregazione di forze che diano corpo a un
progetto politico e sindacale che rappresenti le istanze del mondo del lavoro, dei
precari, dei disoccupati, dei soggetti che non hanno la cittadinanza dei diritti.

2) La crisi e il paradosso dei costi


I due anni di crisi acuta vissuta dall’economia globale, hanno fatto traballare il
sistema economico liberista ed è stato necessario l’intervento forte degli Stati per
contrastare l’azione travolgente, per rapidità e dimensioni, di una recessione generata
da bolle speculative che si sono riversate immediatamente nell’economia reale con
conseguenze pesantissime per i settori lavorativi e le fasce più deboli.
Oggi assistiamo increduli a un evento a dir poco paradossale: mentre la finanza e la
speculazione hanno traguardato il punto di inversione inferiore della crisi, il mondo
del lavoro registra le maggiori sofferenze e toccherà la punta superiore della curva
del disagio sociale proprio durante quest'anno, pagando un prezzo altissimo in
termini di disoccupazione, cassa integrazione, riduzione del reddito.
Gli Stati dell’economia globale, che, coi soldi dei contribuenti, sono intervenuti in
modo corposo per evitare il crollo del sistema bancario mondiale e dell’alta finanza,
non mostrano la medesima solerzia per sostenere i redditi delle famiglie dei lavoratori
e dei ceti meno abbienti. Anzi, i poteri forti della finanza e dell'imprenditoria
mondiale, facendo prevalere l'esclusiva logica del profitto, attraverso
delocalizzazioni selvagge abbandonano le vecchie aree industrializzate per rincorrere
un nuovo sfruttamento del lavoro laddove i costi di produzione sono più bassi.

Il Premio Nobel per l'economia, Paul Krugman, nel suo libro Economisti per caso e
altri dispacci della scienza triste, scrive: “La quintessenza della disumanità del
capitalismo (..) è il fatto di considerare il lavoro alla stregua di una merce (…) Un
commerciante può vendere molti beni, ma un lavoratore ha di norma un solo lavoro,
che gli fornisce non solo il sostentamento, ma spesso anche il suo senso di identità.
Una merce non venduta è un problema, un lavoratore senza impiego una
tragedia”

Non è più tollerabile che le imprese continuino a usare violenza ai territori e alle
persone, utilizzando, spesso, i contributi statali, per poi abbandonarli ai loro destini
quando odorano possibilità di maggiori guadagni. E’ una logica che non possiamo
accettare, occorre che le imprese assumano come linea guida quella responsabilità
sociale, da più parti evocata, che potrebbe permettere di attivare processi di
solidarietà collettiva in grado di dare risposte concrete ai lavoratori nei periodi di
crisi.

3) La risposta del governo


La risposta debole del governo italiano ad una crisi, che nel nostro paese avrà una
incidenza pesante nel mondo del lavoro, segna un aggravio aggiuntivo a quello che
noi avevamo definito nel congresso precedente come il declino economico
dell’Italia.
Declino che viene da lontano e che ha dato segni evidenti molto prima della crisi
globale. Termini Imerese, l’Alcoa, la Glaxo, la Numonix a Catania, per citarne
alcuni, sono casi emblematici dell’incapacità del Governo di programmare una
politica industriale solida, in grado di reggere le sfide del tempo.
Oggi, il nostro Paese necessita di politiche coraggiose volte a individuare nel
sostegno ai redditi medio bassi, negli investimenti nel settore della conoscenza,
nella diffusione della fruibilità dei beni comuni, gli elementi necessari che
possano consentire di affrontare le sfide dell’economia globale attraverso la messa a
punto di strumenti capaci di guardare a un modello di organizzazione sociale con al
centro il lavoro e la dignità del lavoro; a un modello di sviluppo economico
rispettoso dell’ambiente e della qualità della vita. Politiche nuove che non
appartengono al modello culturale e ideologico di questo governo. Un governo che ha
altro da fare.
L’attacco alla Costituzione e ai suoi principi fondamentali, l'attacco continuo alla
magistratura, l’utilizzo della decretazione d’urgenza come strumento finalizzato a
svuotare il Parlamento delle sue funzioni, sono segnali inquietanti per la democrazia
e per il paese.
Bene fa la CGIL a rivendicare il rispetto della Costituzione a partire dall’articolo 3.
In Italia, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, nel contesto dato, non è più un
fatto giuridico scontato: dalle leggi ad personam agli incresciosi quanto preoccupanti
fatti di Rosarno, i principi sanciti in quell'articolo mostrano tutta la loro fragilità
all'interno di un tessuto sociale che le politiche di questo governo ha reso sempre più
frammentato e disgregato.
In questo quadro, bene fa la Cgil a sostenere lo sciopero dei migranti del 1° marzo e a
inserire nella piattaforma rivendicativa dello sciopero del prossimo 12 marzo anche le
loro ragioni; perché le vite delle persone e i diritti delle persone non possono
registrare differenze né per il colore della pelle, né per i convincimenti religiosi, né
per la provenienza territoriale, e nemmeno per le condizioni economiche e sociali.
Ai soggetti deboli della popolazione occorre dare voce e trovare soluzioni concrete
ai loro bisogni; il riconoscimento dello ius soli agli immigrati deve rappresentare il
punto di partenza per avviare una politica dell'integrazione che veda nella diversità
una ricchezza e non un problema.
4) Redistribuzione del reddito – Una necessità non dilazionabile

La sperequazione nella distribuzione del reddito ha allargato sempre più la curva


delle disuguaglianze; il 10% delle famiglie detiene il 45% della ricchezza del paese;
il reddito da lavoro dipendente soffre di una politica incapace di adottare la leva
fiscale per dare sostegno a chi, più degli altri percettori di reddito, contribuisce a
sostenere le spese collettive.
Restituzione del fiscal drag, riduzione delle aliquote alle fasce reddituali più basse,
aumento delle detrazioni d’imposta per la produzione di reddito da lavoro
dipendente, ampliamento degli ammortizzatori sociali per quantità, durata e fasce
sociali, sostegno al reddito dei pensionati e degli inoccupati, possono trovare
risposta attraverso un’azione redistributiva che faccia pagare realmente a ciascuno
secondo la propria capacità contributiva con riferimento anche alla fonte di reddito
prodotto: in particolare, le rendite finanziarie non possono concorrere alle spese
comuni con una imposizione privilegiata, occorre quantomeno raggiungere aliquote
pari a quelle europee.

5) La Conoscenza dentro la crisi


La miopia di questo Governo nel settore della Conoscenza è andata al di là delle
peggiori previsioni.
Il taglio di 8 miliardi di euro per la scuola e di 1 miliardo e mezzo per l’università, in
tre anni, a partire dal 2008/2009, ha mostrato un limite strategico nelle politiche del
governo e avrà l'effetto di aumentare le difficoltà quando l’uragano che ha investito
l’economia mondiale sarà passato del tutto.
L’Italia va in controtendenza sia in ordine alle strategie di sviluppo del Paese sia in
ordine alla congiuntura economic: non si seguono le indicazioni di Lisbona, quindi
non si investe sul futuro, si tagliano posti di lavoro tra l'altro in una fase di recessione
economica senza precedenti assecondando l'andamento ciclico senza contrastarlo dal
lato della domanda.
In questo quadro, la riduzione dei diritti individuali e collettivi nei luoghi di lavoro,
rappresenta l'ulteriore cifra dell’azione di governo nei rapporti con i lavoratori e le
organizzazioni sindacali.
La volontà determinata di ridurre il peso della rappresentanza sociale, favorendo
divisioni e spaccature, non aiuta di certo il mondo del lavoro e spinge verso un clima
di forte tensione sociale dagli sbocchi imprevedibili: quando gli spazi della
mediazione politica e sindacale vengono meno, la sofferenza delle fasce deboli si
acuisce e la mancanza di risultati determina angoscia, frustrazione, disperazione e
rabbia.
La riforma della scuola secondaria, così come per gli altri pezzi della Conoscenza,
segna un ulteriore momento di arretramento per il sistema formativo pubblico.
L’esperienza dell’anno scolastico in corso nella scuola di base ci ha permesso di
registrare un abbassamento generalizzato della qualità dell’offerta formativa: classi
numerose, alunni smistati in una pluralità di classi per mancanza di docenti,
prestazione dei servizi in grande sofferenza; il maestro unico o prevalente non è nella
condizione di rispondere alle esigenze di una didattica al passo coi tempi; di una
didattica capace di canalizzare le sollecitazioni esterne che gli alunni ricevono in un
percorso organizzato in modo sistematico, che finalizzi le conoscenze agli obiettivi
programmati.
Nella scuola secondaria di secondo grado la riforma in corso, attraverso la
riduzione del tempo scuola nei tecnici e professionali, esprime la chiara volontà di
attivare un percorso duale che risulterà penalizzante per i soggetti più deboli.
Nell'Università la riforna lascia intravedere un percorso di accentramento
gerarchizzante e autoritario; riduce l'autonomia degli Atenei, non aiuta a risolvere il
problema del precariato e non dà risposte ai giovani in ordine al diritto allo studio.
Tra l'altro, la riduzione del Fondo di Funzionamento Ordinario ha messo in ginocchio
la gestione degli Atenei con una contrazione dell’offerta formativa che avrà
ripercussioni fortemente negative sugli studenti e sul personale: i licenziamenti
generalizzati dei precari, dopo anni di lavoro presso l’amministrazione, danno la
misura di quanto potrà accadere nel futuro prossimo.
Anche nel settore della ricerca le sofferenze sono di grande rilievo: si tagliano
risorse finanziarie e umane, si accorpano gli enti senza un progetto organico di ampio
respiro, ma soprattutto non si investe nella ricerca di base, quella che consente a un
paese di accumulare la ricchezza delle idee che al momento opportuno si traducono in
applicazioni concrete, in know how, in produzioni ad alto valore aggiunto.

“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” dice Ulisse
ai suoi compagni quando giungono ai confini del mondo allora conosciuto,
esprimendo così l'intrinseca necessità che spinge l'uomo ad aggiungere nuovi saperi
per soddisfare bisogni materiali e immateriali. Poi continua dicendo:
“ Li miei compagni fec'io sì aguti, / con questa orazion picciola, al cammino, /che a
pena poscia li avrei ritenuti”.
Mi si permetta l’azzardo, è la metafora della ricerca di base. I compagni di Ulisse
non cadono nella trappola della sua oratoria, ma danno nutrimento al seme della
conoscenza che viene loro iniettato dal figlio di Laerte attraverso un investimento
assoluto, senza ritorno, che li porta verso l'ignoto; verso la possibile morte per amore
del sapere; ed è talmente elevata la frenesia che trasformano i loro remi in ali per il
“folle volo” (“ e volta nostra poppa nel mattino / de' remi facemmo ali al folle
volo…”)
Non pretendiamo così tanto dalla Gelmini: chiediamo semplicemente di investire,
soprattutto nella ricera di base, parte dei soldi che consegniamo quotidianamente a
Tremonti, i nostri soldi, per consentire al paese uno sviluppo equilibrato e sostenibile
e per dare opportunità alle future generazioni.

Il minimo comune denominatore nei settori della Conoscenza rimane lo


smantellamento del sistema formativo pubblico che comporta l’espulsione dei ceti
deboli dai percorsi di studio alti e qualificati.
Lo abbiamo detto nel passato e lo ribadiamo ancora: è un sistema classista che riporta
indietro il paese di almeno cinquant’anni.
Le decina di migliaia di posti di lavoro persi e che si perderanno nei prossimi anni
rappresentano uno scenario agghiacciante di ristrutturazione di un sistema che, come
quello industriale, non investe sulle professionalità delle persone e sulla qualità, ma
mira al realizzo immediato del risparmio o del profitto.
I cosiddetti progetti Lenza, nella scuola, sono un esempio di come si intende
rimodulare il sistema formativo: il governo centrale riduce l’intervento e smista alle
regioni una serie di compiti; l'offerta formativa, pertanto, si attaglia alle possibilità
territoriali e si introducono, in tal modo, forme di federalismo scolastico vuoto e a
perdere che destrutturano il sistema formativo, destrutturano il rapporto di lavoro,
concorrono ad incrementare il divario tra aree territoriali e strati sociali.
E’ una visione miope che dobbiamo contrastare con forza.
Bene ha fatto la Flc Cgil siciliana a dire no a quei progetti che tra l’altro stentano
ancora a decollare e registrano un gradimento vicino allo zero dei precari interessati.

6) Catania precaria
A Catania la precarietà ha assunto dimensioni tragiche; nella scuola la contrazione di
1.500 posti per l’anno scolastico in corso ha creato tensione e disperazione, che si è
tramutata in rabbia e contestazione. Tra l'altro, in Sicilia una parte corposa del taglio
ha gravato sul sostegno, rendendo difficile assicurare la didattica agli alunni disabili.
I nostri precari dal 1° settembre 2009 occupano, seppur con modalità diverse, l'USP;
siamo già al 6° mese. L'anno prossimo avremo un taglio ulteriore di almeno 1.000
unità lavorative; in una condizione generale in cui il lavoro nell'intera provincia segna
il passo, ciò aggraverà maggiormente l'impatto sociale nel territorio.
Tanti precari sono partiti per le città del Nord. Non è certamente una tragedia, siamo
abituati, lo abbiamo fatto noi e prima ancora i nostri padri. Tuttavia sono risorse
intellettuali che scappano, non per libera scelta, ma perché costretti; sono energie che
perdiamo, aggiungendo alla desertificazione industriale la desertificazione
intellettuale.

7) Università, ricerca
Anche nell'Università di Catania cominciamo a registrare forti sofferenze a causa dei
pesanti tagli. La nostra preoccupazione va a quei lavoratori di Lettere, tecnici e
amministrativi, che, dopo anni di lavoro non hanno avuto il rinnovo del contratto; agli
studenti che registreranno una riduzione generalizzata dell'offerta formativa e
dovranno subire gli effetti deleteri del numero chiuso; ai precari della ricerca che
giustamente reclamano stabilità e diritti che il loro status ad oggi non prevede.
Sul precariato della ricerca e della didattica negli Atenei riteniamo vada fatta una
discussione ampia, così come sul precariato del Policlinico, dai sociosanitari
esternalizzati sempre in balìa delle cooperative, ai medici che ormai da anni lavorano
nell'incertezza del futuro.
Riteniamo vada aperto un tavolo di confronto per determinarne l'anagrafe della
Ricerca per consentire di fotografare il reale funzionamento dell'Ateneo, rilevare il
ruolo che il precariato assolve al suo interno e fornire la base per
la pianificazione del reclutamento in funzione non solo delle
risorse finanziarie disponibili, ma anche dei tempi del turn-over e
delle progressioni delle carriere, in un Ateneo che conta poco meno
del 4% di docenti sotto i 35 anni.
E perché non pensare, inoltre, all'istituzione di una Commissione
Permanente sul Precariato con compiti di monitoraggio e di
indirizzo nonché all' introduzione della rappresentanza dei
precari della ricerca e della didattica (assegnisti, docenti a
contratto) negli organi collegiali di ateneo, facoltà e dipartimenti.
Su questa partita consegneremo al Rettore dell'Ateneo di Catania una piattaforma con
una richiesta formale di incontro.
La precarietà nel nostro comparto produce un danno duplice perché oltre a non dare
certezze alle persone comporta discontinuità nei processi formativi e ne abbassa la
qualità. La lotta alla precarietà per La Cgil e per la Flc rimane prioritaria nelle
piattaforme rivendicative a tutti i livelli.

8) Sicurezza nei luoghi di lavoro


In ordine alla sicurezza del lavoro, nell’ambito della più generale campagna
promossa dalla Cgil, abbiamo avviato una petizione per sensibilizzare i comuni e la
provincia in merito alla necessità di operare attivamente per la sicurezza degli edifici
scolastici, con particolare riferimento al rischio sismico. La raccolta delle firme è
ancora in corso, dovremmo concludere l’iniziativa a fine aprile. Preghiamo ciascuno
di voi affinché nelle scuole venga coinvolta quanta più gente possibile, dai docenti
alle famiglie.
Il problema della sicurezza e della tutela della salute nei luoghi di lavoro è per la Flc
Cgil uno degli argomenti centrali: dobbiamo richiedere il rispetto delle norme anche
quando si determinano gli organici. Le regole non possono essere rispettate a giorni
alterni o a seconda delle circostanze. I lavoratori e gli alunni debbono operare in
luoghi sicuri e salubri.
La vicenda della facoltà di Farmacia, ci consegna una realtà preoccupante, su cui
occorre fare chiarezza estrema individuando le responsabilità.

9) La conoscenza oltre la crisi


Il Sistema formativo che vogliamo non può che essere radicalmente alternativo a
quello neoliberista incarnato dalla Gelmini. Ed è un sistema che deve puntare sulla
conoscenza come strumento fondamentale per coniugare sviluppo economico
sostenibile e coesione sociale; un sistema che sia in grado di affrontare il confronto
con le sfide della globalizzazione.
La conoscenza per noi della CGIL è un bene bene comune. E i beni comuni
appartengono a tutti: ai ricchi e ai poveri; e l’appartenere a tutti comporta che la
gestione e la tutela sia affidata alla responsabilità collettiva quindi allo Stato.
La competitività dei prodotti, i diritti di cittadinanza, la capacità di leggere le
informazione, l’adattamento alle rapide trasformazioni , necessitano dell’acquisizione
di conoscenze alte e qualificate.
Perciò l’accesso ai gradi più alti dell’istruzione o meglio ancora l’istruzione per
tutto l’arco della vita rappresenta per la CGIL un obiettivo prioritario per lo
sviluppo politico sociale ed economico del nostro paese.

Il sistema formativo che vogliamo deve avere una dimensione pubblica e laica, e
avere come quadro valoriale di riferimento la democrazia, la tolleranza, il rispetto
delle diversità e sappia formare le nuove generazione al sapere critico.
Il sistema formativo che vogliamo non è irrilevante rispetto a un nuovo modello
sociale e a un nuovo modello di sviluppo economico.
La Ricchezza delle Nazioni non può essere riscontrata nella sommatoria dei beni e
servizi prodotti, “a prescindere”, ma in una misurazione correlata alla qualità della
vita delle persone, nel rispetto di un equilibrio ambientale che deve essere preservato
come bene prezioso, sapendo che è un dovere di ciascuno quello di tramandarlo alle
future generazioni in buono stato di salute.

10) Lotta e forme di lotta


Da quell’infausto 25 giugno 2008, data dei pesanti tagli al settore della Conoscenza,
sono trascorsi quasi due anni. Abbiamo attivato azioni di contrasto sin dal primo
momento su tutto il territorio nazionale. Quel giorno a Catania eravamo davanti la
Prefettura a protestare. E nei giorni successivi, assieme agli altri sindacati, i
movimenti dei precari, gli studenti, le famiglie, le associazioni e i comitati del
personale della scuola dell’università e della ricerca, abbiamo prodotto una
mobilitazione costante, ma con un andamento ciclico in ordine alla partecipazione,
al coinvolgimento politico, alla tensione morale.
A Catania ci sono stati momenti di grande partecipazione popolare alle iniziative
promosse nel territorio: penso alla grande manifestazione del 30 ottobre 2008 per la
scuola, a quella del 12 novembre successivo per l'Università, alla manifestazione coi
precari del CPS il 3 settembre del 2009, alla occupazione dell’USP.
Tante altre però non hanno dato risultati, sono state svolte in solitudine, penso
all’ultima in ordine di tempo a quella del 20 ottobre 2009 che ha visto pochissime
centinaia di lavoratori sfilare per le vie di Catania con una scarsa presenza della città.
La mancanza di risultati netti e immediatamente esigibili, ha comportato
un’attenuazione della partecipazione dovuta a una sorta di rassegnazione da
risultato che ha fatto registrare un calo nella credibilità della lotta segnando uno
scarto incolmabile con la credibilità nell'elaborazione politica che pure è
riconosciuta ampiamente alla CGIL dai lavoratori.
Tuttavia non possiamo lasciare il campo alla rassegnazione e all’inerzia; la battaglia
per un sistema formativo di qualità, inclusivo e laico, è una battaglia di civiltà che
non può essere sottaciuta.
Abbiamo il dovere, anche quando segniamo il passo, di riattivare una mobilitazione
forte, ampia, costante, attraverso il coinvolgimento della categoria, delle famiglie,
degli studenti, delle associazioni, dei movimenti, dei partiti politici che al nostro
quadro valoriale fanno riferimento quantomeno in ordine alla necessità di garantire
pari opportunità ai nastri di partenza e diritto di cittadinanza ai soggetti sociali più
deboli.

Riteniamo che il terreno vada preparato stringendo alleanze e condivisioni di percorsi


senza esitazioni, ora! La strada e lunga, tortuosa e irta di ostacoli .
La Conoscenza può e deve diventare il terreno di lotta comune per rilanciare un
progetto sociale e un modello di sviluppo economico sostenibile, che nella sua
essenza è un progetto politico; tutto da costruire, ma possibile!
In questi mesi ci siamo appassionati molto sulle forme di lotta da adottare. Fermo
restando il valore politico irrinunciabile dello sciopero, i lavoratori non sempre
rispondono positivamente al nostro appello e spesso ci invitano ad una mobilitazione
meno dispendiosa e più efficace.
E' certamente il segno dei tempi: l'azione collettiva si indebolisce rispetto a soluzioni
individuali che spingono verso il corporativismo anche il nostro comparto.
E’ del tutto evidente, però, che in una condizione in cui la destra non concede spazi
alla mediazione politica e sindacale, anche lo sciopero più partecipato produce
risultati non sempre all’altezza delle aspettative dei lavoratori.
Pertanto, senza rinunciare a un momento di lotta collettiva di così grande valore
politico, occorre cominciare a ragionare, così come del resto stiamo facendo, su
forme di lotta più determinate, più incisive, e perché no, più radicali; azioni che
possano innescare un meccanismo virtuoso di contrasto all’interno dei singoli luoghi
di lavoro attraverso il coinvolgimento dell'intera comunità che opera nel settore della
Conoscenza.

Il mio convincimento personale è che in una situazione di contrazione dei diritti dei
cittadini e di riduzione della rappresentanza sociale nei luoghi di lavoro che non ha
precedenti, (la risposta di Sacconi alla richiesta che la CGIL pone sulla
rappresentanza sindacale, insegna!), un sindacato come il nostro debba promuovere
un conflitto forte che dia il segno netto di una volontà determinata nel contrastare un
disegno nefasto che arrecherà enormi danni al nostro paese.
Riannodare i fili coi movimenti e con le associazioni diventa in questa fase
essenziale.
Nelle prossime settimane a livello regionale si deterrmineranno gli organici della
scuola e i 41.600 tagli previsti per il prossimo anno scolastico tra personale docente e
ATA assumeranno consistenza concreta nelle singole realtà scolastiche con tutto ciò
che significherà in termini di ricaduta sull'offerta formativa, sui lavoratori precari e su
quelli di ruolo.
L'acquisizione della consapevolezza su ciò che accadrà, potrebbe rappresentare il
momento giusto, forse l'ultimo, per avviare una mobilitazione articolata all'interno di
ciascuna scuola, a partire dalle semplice assemblee per socializzare le ricadute della
riforma, continuando con l'approvazione di documenti di dissenso, assemblee
permanenti, occupazioni simboliche, senza escludere a priori forme di protesta che
possano avere il crisma della radicalità e alle quali, a mio avviso, dobbiamo guardare
con estrema laicità sindacale, se condivise dall'intera comunità scolastica.

In questi due anni abbiamo profuso un impegno costante sia a livello politico che
sotto il profilo meramente organizzativo.
La Flc Cgil è stata dentro i processi politici che hanno interessato la città e attraverso
un’ intensa collaborazione con la CGIL provinciale, non ha mancato di esprimere la
propria azione in tutti i momenti importanti per il nostro comparto, per il mondo del
lavoro, del precariato, dei migranti.

Non sempre in questi processi abbiamo avuto accanto le altre organizzazioni


sindacali; l’Accordo separato del 22 gennaio 2009 ha segnato una frattura che ha
indebolito il mondo del lavoro e l’azione sindacale nel suo complesso, anche a livello
locale.
Tuttavia l’unità sindacale, pur essendo un obiettivo importante, non può essere un
valore in sé; perciò, ritengo, debba essere ricercata caso per caso, partendo dagli
elementi che accomunano gli interessi dei lavoratori. Nella scuola, così come
nell'università,, la battaglia sui tagli potrebbe rappresentare il punto d'incontro per
riaprire una nuova proficua stagione di lotte nel settore della Conoscenza.
11) Il “bilancio sociale”
Sotto il profilo organizzativo, in questi ultimi due anni, abbiamo lavorato alla
costruzione di un modello sindacale a rete nel territorio; modello che, in parecchie
circostanze, ha dato buoni frutti.
Abbiamo avviato un buon rapporto con i compagni che lavorano nei territori e senza
avere la pretesa di avere raggiunto l’ottimo, di certo la nostra presenza è migliorata
sia in termini politici e di rappresentanza che in ordine ai servizi offerti agli iscritti e
ai lavoratori.
Come sempre accade, non in tutte le parti i risultati sono uguali, esistono aree dove
malgrado gli sforzi la nostra presenza potrebbe essere più incisiva; l’impegno è
quello di rafforzare sempre più questo modello organizzativo con investimenti mirati,
per dare risposte ai lavoratori sempre più adeguate alle aspettative ed efficaci in
ordine ai risultati.
Abbiamo lavorato molto anche sulla comunicazione; abbiamo un sito internet
abbastanza frequentato, nei momenti caldi superiamo le 30.000 visite mensili,
tuttavia, anche qui dobbiamo fare uno sforzo aggiuntivo per passare dalla fase
artigianale a quella professionale. Così come dobbiamo migliorare la comunicazione
diretta con i nostri iscritti e coi lavorati utilizzando le tecnologie che l’informatica
oggi mette a disposizione.
In ordine ai comparti, abbiamo registrato con interesse un importante risultato coi
precari della ricerca universitaria che si sono proposti come soggetto lavorativo che
pone nuove istanze e nuovi spazi di tutela sindacale al mondo del lavoro. Siamo certi
che i compagni sapranno dare un grande contributo politico e organizzativo anche
all’intero comparto.

12) RSU
Abbiamo fatto un dignitoso lavoro anche con le RSU, malgrado Brunetta, ampliando
i momenti di incontro e cercando di attivare percorsi di formazione volti a qualificarle
sempre più.
Se questo governo ce ne darà il tempo e se la contrattazione nei luogo di lavoro avrà
un seguito, è necessario, però, puntare al salto di qualità: dobbiamo attivare una
formazione mirata e di alto valore per rendere autonome le RSU nell’azione
negoziale.
Anche in questo settore l’organizzazione a rete del sindacato ha pagato; in occasione
della presentazione delle liste, nonostante gli annunci del governo che avrebbe
prorogato le RSU, siamo riusciti a presentarne 227 su 237, con una media di tre
candidati per scuola.
Un risultato politico importante che esprime con chiarezza la volontà dei lavoratori di
non rinunciare al protagonismo sindacale e del profondo radicamento del nostro
sindacato nei luoghi di lavoro.
13) Un sindacato in crescita
L'intenso lavoro svolto dai compagni del direttivo provinciale, dalla segreteria, dai
distaccati, dall'ufficio sindacale, dai compagni che operano nei territori e anche dai
semplici iscritti, ha permesso al nostro sindacato di registrare una crescita costante
anche in termini di adesioni, in una fase in cui la contrazione degli organici è stata
molto pesante. Cresciamo di più tra i precari con il tesseramento diretto, teniamo
bene con i lavoratori a tempo indeterminato.
Durante le assemblee congressuali abbiamo registrato un dato significativo in termini
di adesioni: almeno 100 lavoratori di ruolo hanno chiesto l'iscrizione al nostro
sindacato. Un dato che dà riscontro al lavoro svolto dalle compagne e dai compagni
della struttura che non si sono mai risparmiati nel dare il loro prezioso contributo alla
Flc Cgil.
Il nostro convincimento è che dobbiamo consolidare i risultati ottenuti in questi anni
e ciò sarà possibile col lavoro di tutti.

14) Conclusioni
Il nostro sindacato ha compiuto 100 anni nel 2006. E' un sindacato che ha scritto un
pezzo importante della storia del movimento dei lavoratori in Italia.
E così, come quel contadino del racconto di Andrea Camilleri, che non viene citato a
caso, Michele Zosimo, che nel 1718, proclamato Re di Girgenti per un giorno, riuscì
a regalare un sogno di dignità ai suoi “affamati e sgangherati sudditi”, noi della Cgil
dobbiamo continuare a batterci per dare dignità al lavoro, ai lavoratori, ai soggetti
deboli della popolazione.
Grazie!

2 ° CONGRESSO FLC CGIL CATANIA


19 febbraio 2010 – Hotel Principe - CT
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“La Conoscenza oltre la Crisi”
Relazione del Segretario Generale
Lillo FASCIANA
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1) I Congressi di base
Care compagne, cari compagni,
il 2° Congresso della Flc Cgil segna un momento importante per il percorso di
unificazione avviato nel 2004: il settore della Conoscenza si è sempre più consolidato
e la trasversalità dei temi affrontati ha mostrato chiaramente che la scelta fatta dal
nostro sindacato ha rafforzato gli elementi di Confederalità che lo hanno da sempre
caratterizzato.
Abbiamo svolto 39 assemblee in tutta la provincia raggiungendo quasi la metà dei
nostri iscritti e parlando a tanti lavoratori non iscritti; la partecipazione ai lavori
congressuali, nel complesso, è stata dignitosa .
Il confronto nelle assemblee di base ha portato in superficie il malessere, il disagio e
talvolta la sfiducia che, in una fase politica ed economica così difficile e complessa ,
accompagnano la nostra categoria.
La riduzione generalizzata dei diritti di rappresentanza sociale con la conseguente
riduzione dei diritti sindacali nei luoghi di lavoro, indebolisce il mondo dei lavoratori
e ne attenua la capacità di lotta.
Eppure, tra tanto scetticismo, traspare, qua e là, una voglia nascosta di spendersi
ancora, di testimoniare che un altro modello di sviluppo è possibile, che non
possiamo abbandonare il campo all’individualismo sfrenato che alberga nelle
coscienze, al corporativismo, al liberismo più oltranzista, alla mercificazione dei
saperi e della vita delle persone.
Emerge la necessità, nell’area più consapevole, di spostare l’azione dalla sfera
individuale a quella collettiva, attraverso l’aggregazione di forze che diano corpo a un
progetto politico e sindacale che rappresenti le istanze del mondo del lavoro, dei
precari, dei disoccupati, dei soggetti che non hanno la cittadinanza dei diritti.

2) La crisi e il paradosso dei costi


I due anni di crisi acuta vissuta dall’economia globale, hanno fatto traballare il
sistema economico liberista ed è stato necessario l’intervento forte degli Stati per
contrastare l’azione travolgente, per rapidità e dimensioni, di una recessione generata
da bolle speculative che si sono riversate immediatamente nell’economia reale con
conseguenze pesantissime per i settori lavorativi e le fasce più deboli.
Oggi assistiamo increduli a un evento a dir poco paradossale: mentre la finanza e la
speculazione hanno traguardato il punto di inversione inferiore della crisi, il mondo
del lavoro registra le maggiori sofferenze e toccherà la punta superiore della curva
del disagio sociale proprio durante quest'anno, pagando un prezzo altissimo in
termini di disoccupazione, cassa integrazione, riduzione del reddito.
Gli Stati dell’economia globale, che, coi soldi dei contribuenti, sono intervenuti in
modo corposo per evitare il crollo del sistema bancario mondiale e dell’alta finanza,
non mostrano la medesima solerzia per sostenere i redditi delle famiglie dei lavoratori
e dei ceti meno abbienti. Anzi, i poteri forti della finanza e dell'imprenditoria
mondiale, facendo prevalere l'esclusiva logica del profitto, attraverso
delocalizzazioni selvagge abbandonano le vecchie aree industrializzate per rincorrere
un nuovo sfruttamento del lavoro laddove i costi di produzione sono più bassi.

Il Premio Nobel per l'economia, Paul Krugman, nel suo libro Economisti per caso e
altri dispacci della scienza triste, scrive: “La quintessenza della disumanità del
capitalismo (..) è il fatto di considerare il lavoro alla stregua di una merce (…) Un
commerciante può vendere molti beni, ma un lavoratore ha di norma un solo lavoro,
che gli fornisce non solo il sostentamento, ma spesso anche il suo senso di identità.
Una merce non venduta è un problema, un lavoratore senza impiego una
tragedia”

Non è più tollerabile che le imprese continuino a usare violenza ai territori e alle
persone, utilizzando, spesso, i contributi statali, per poi abbandonarli ai loro destini
quando odorano possibilità di maggiori guadagni. E’ una logica che non possiamo
accettare, occorre che le imprese assumano come linea guida quella responsabilità
sociale, da più parti evocata, che potrebbe permettere di attivare processi di
solidarietà collettiva in grado di dare risposte concrete ai lavoratori nei periodi di
crisi.

3) La risposta del governo


La risposta debole del governo italiano ad una crisi, che nel nostro paese avrà una
incidenza pesante nel mondo del lavoro, segna un aggravio aggiuntivo a quello che
noi avevamo definito nel congresso precedente come il declino economico
dell’Italia.
Declino che viene da lontano e che ha dato segni evidenti molto prima della crisi
globale. Termini Imerese, l’Alcoa, la Glaxo, la Numonix a Catania, per citarne
alcuni, sono casi emblematici dell’incapacità del Governo di programmare una
politica industriale solida, in grado di reggere le sfide del tempo.
Oggi, il nostro Paese necessita di politiche coraggiose volte a individuare nel
sostegno ai redditi medio bassi, negli investimenti nel settore della conoscenza,
nella diffusione della fruibilità dei beni comuni, gli elementi necessari che
possano consentire di affrontare le sfide dell’economia globale attraverso la messa a
punto di strumenti capaci di guardare a un modello di organizzazione sociale con al
centro il lavoro e la dignità del lavoro; a un modello di sviluppo economico
rispettoso dell’ambiente e della qualità della vita. Politiche nuove che non
appartengono al modello culturale e ideologico di questo governo. Un governo che ha
altro da fare.
L’attacco alla Costituzione e ai suoi principi fondamentali, l'attacco continuo alla
magistratura, l’utilizzo della decretazione d’urgenza come strumento finalizzato a
svuotare il Parlamento delle sue funzioni, sono segnali inquietanti per la democrazia
e per il paese.
Bene fa la CGIL a rivendicare il rispetto della Costituzione a partire dall’articolo 3.
In Italia, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, nel contesto dato, non è più un
fatto giuridico scontato: dalle leggi ad personam agli incresciosi quanto preoccupanti
fatti di Rosarno, i principi sanciti in quell'articolo mostrano tutta la loro fragilità
all'interno di un tessuto sociale che le politiche di questo governo ha reso sempre più
frammentato e disgregato.
In questo quadro, bene fa la Cgil a sostenere lo sciopero dei migranti del 1° marzo e a
inserire nella piattaforma rivendicativa dello sciopero del prossimo 12 marzo anche le
loro ragioni; perché le vite delle persone e i diritti delle persone non possono
registrare differenze né per il colore della pelle, né per i convincimenti religiosi, né
per la provenienza territoriale, e nemmeno per le condizioni economiche e sociali.
Ai soggetti deboli della popolazione occorre dare voce e trovare soluzioni concrete
ai loro bisogni; il riconoscimento dello ius soli agli immigrati deve rappresentare il
punto di partenza per avviare una politica dell'integrazione che veda nella diversità
una ricchezza e non un problema.
4) Redistribuzione del reddito – Un'impellente necessità

La sperequazione nella distribuzione del reddito ha allargato sempre più la curva


delle disuguaglianze; il 10% delle famiglie detiene il 45% della ricchezza del paese;
il reddito da lavoro dipendente soffre di una politica incapace di adottare la leva
fiscale per dare sostegno a chi, più degli altri percettori di reddito, contribuisce a
sostenere le spese collettive.
Restituzione del fiscal drag, riduzione delle aliquote alle fasce reddituali più basse,
aumento delle detrazioni d’imposta per la produzione di reddito da lavoro
dipendente, ampliamento degli ammortizzatori sociali per quantità, durata e fasce
sociali, sostegno al reddito dei pensionati e degli inoccupati, possono trovare
risposta attraverso un’azione redistributiva che faccia pagare realmente a ciascuno
secondo la propria capacità contributiva con riferimento anche alla fonte di reddito
prodotto: in particolare, le rendite finanziarie non possono concorrere alle spese
comuni con una imposizione privilegiata, occorre quantomeno raggiungere aliquote
pari a quelle europee.

5) La Conoscenza dentro la crisi


La miopia di questo Governo nel settore della Conoscenza è andata al di là delle
peggiori previsioni.
Il taglio di 8 miliardi di euro per la scuola e di 1 miliardo e mezzo per l’università, in
tre anni, a partire dal 2008/2009, ha mostrato un limite strategico nelle politiche del
governo e avrà l'effetto di aumentare le difficoltà quando l’uragano che ha investito
l’economia mondiale sarà passato del tutto.
L’Italia va in controtendenza sia in ordine alle strategie di sviluppo del Paese sia in
ordine alla congiuntura economic: non si seguono le indicazioni di Lisbona, quindi
non si investe sul futuro, si tagliano posti di lavoro tra l'altro in una fase di recessione
economica senza precedenti assecondando l'andamento ciclico senza contrastarlo dal
lato della domanda.
In questo quadro, la riduzione dei diritti individuali e collettivi nei luoghi di lavoro,
rappresenta l'ulteriore cifra dell’azione di governo nei rapporti con i lavoratori e le
organizzazioni sindacali.
La volontà determinata di ridurre il peso della rappresentanza sociale, favorendo
divisioni e spaccature, non aiuta di certo il mondo del lavoro e spinge verso un clima
di forte tensione sociale dagli sbocchi imprevedibili: quando gli spazi della
mediazione politica e sindacale vengono meno, la sofferenza delle fasce deboli si
acuisce e la mancanza di risultati determina angoscia, frustrazione, disperazione e
rabbia.
La riforma della scuola secondaria, così come per gli altri pezzi della Conoscenza,
segna un ulteriore momento di arretramento per il sistema formativo pubblico.
L’esperienza dell’anno scolastico in corso nella scuola di base ci ha permesso di
registrare un abbassamento generalizzato della qualità dell’offerta formativa: classi
numerose, alunni smistati in una pluralità di classi per mancanza di docenti,
prestazione dei servizi in grande sofferenza; il maestro unico o prevalente non è nella
condizione di rispondere alle esigenze di una didattica al passo coi tempi; di una
didattica capace di canalizzare le sollecitazioni esterne che gli alunni ricevono in un
percorso organizzato in modo sistematico, che finalizzi le conoscenze agli obiettivi
programmati.
Nella scuola secondaria di secondo grado la riforma in corso, attraverso la
riduzione del tempo scuola nei tecnici e professionali, esprime la chiara volontà di
attivare un percorso duale che risulterà penalizzante per i soggetti più deboli.
Nell'Università la riforna lascia intravedere un percorso di accentramento
gerarchizzante e autoritario; riduce l'autonomia degli Atenei, non aiuta a risolvere il
problema del precariato e non dà risposte ai giovani in ordine al diritto allo studio.
Tra l'altro, la riduzione del Fondo di Funzionamento Ordinario ha messo in ginocchio
la gestione degli Atenei con una contrazione dell’offerta formativa che avrà
ripercussioni fortemente negative sugli studenti e sul personale: i licenziamenti
generalizzati dei precari, dopo anni di lavoro presso l’amministrazione, danno la
misura di quanto potrà accadere nel futuro prossimo.
Anche nel settore della ricerca le sofferenze sono di grande rilievo: si tagliano
risorse finanziarie e umane, si accorpano gli enti senza un progetto organico di ampio
respiro, ma soprattutto non si investe nella ricerca di base, quella che consente a un
paese di accumulare la ricchezza delle idee che al momento opportuno si traducono in
applicazioni concrete, in know how, in produzioni ad alto valore aggiunto.

“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” dice Ulisse
ai suoi compagni quando giungono ai confini del mondo allora conosciuto,
esprimendo così l'intrinseca necessità che spinge l'uomo ad aggiungere nuovi saperi
per soddisfare bisogni materiali e immateriali. Poi continua dicendo:
“ Li miei compagni fec'io sì aguti, / con questa orazion picciola, al cammino, /che a
pena poscia li avrei ritenuti”.
Mi si permetta l’azzardo, è la metafora della ricerca di base. I compagni di Ulisse
non cadono nella trappola della sua oratoria, ma danno nutrimento al seme della
conoscenza che viene loro iniettato dal figlio di Laerte attraverso un investimento
assoluto, senza ritorno, che li porta verso l'ignoto; verso la possibile morte per amore
del sapere; ed è talmente elevata la frenesia che trasformano i loro remi in ali per il
“folle volo” (“ e volta nostra poppa nel mattino / de' remi facemmo ali al folle
volo…”)
Non pretendiamo così tanto dalla Gelmini: chiediamo semplicemente di investire,
soprattutto nella ricera di base, parte dei soldi che consegniamo quotidianamente a
Tremonti, i nostri soldi, per consentire al paese uno sviluppo equilibrato e sostenibile
e per dare opportunità alle future generazioni.

Il minimo comune denominatore nei settori della Conoscenza rimane lo


smantellamento del sistema formativo pubblico che comporta l’espulsione dei ceti
deboli dai percorsi di studio alti e qualificati.
Lo abbiamo detto nel passato e lo ribadiamo ancora: è un sistema classista che riporta
indietro il paese di almeno cinquant’anni.
Le decina di migliaia di posti di lavoro persi e che si perderanno nei prossimi anni
rappresentano uno scenario agghiacciante di ristrutturazione di un sistema che, come
quello industriale, non investe sulle professionalità delle persone e sulla qualità, ma
mira al realizzo immediato del risparmio o del profitto.
I cosiddetti progetti Lenza, nella scuola, sono un esempio di come si intende
rimodulare il sistema formativo: il governo centrale riduce l’intervento e smista alle
regioni una serie di compiti; l'offerta formativa, pertanto, si attaglia alle possibilità
territoriali e si introducono, in tal modo, forme di federalismo scolastico vuoto e a
perdere che destrutturano il sistema formativo, destrutturano il rapporto di lavoro,
concorrono ad incrementare il divario tra aree territoriali e strati sociali.
E’ una visione miope che dobbiamo contrastare con forza.
Bene ha fatto la Flc Cgil siciliana a dire no a quei progetti che tra l’altro stentano
ancora a decollare e registrano un gradimento vicino allo zero dei precari interessati.

6) Catania precaria
A Catania la precarietà ha assunto dimensioni tragiche; nella scuola la contrazione di
1.500 posti per l’anno scolastico in corso ha creato tensione e disperazione, che si è
tramutata in rabbia e contestazione. Tra l'altro, in Sicilia una parte corposa del taglio
ha gravato sul sostegno, rendendo difficile assicurare la didattica agli alunni disabili.
I nostri precari dal 1° settembre 2009 occupano, seppur con modalità diverse, l'USP;
siamo già al 6° mese. L'anno prossimo avremo un taglio ulteriore di almeno 1.000
unità lavorative; in una condizione generale in cui il lavoro nell'intera provincia segna
il passo, ciò aggraverà maggiormente l'impatto sociale nel territorio.
Tanti precari sono partiti per le città del Nord. Non è certamente una tragedia, siamo
abituati, lo abbiamo fatto noi e prima ancora i nostri padri. Tuttavia sono risorse
intellettuali che scappano, non per libera scelta, ma perché costretti; sono energie che
perdiamo, aggiungendo alla desertificazione industriale la desertificazione
intellettuale.

7) Università, ricerca
Anche nell'Università di Catania cominciamo a registrare forti sofferenze a causa dei
pesanti tagli. La nostra preoccupazione va a quei lavoratori di Lettere, tecnici e
amministrativi, che, dopo anni di lavoro non hanno avuto il rinnovo del contratto; agli
studenti che registreranno una riduzione generalizzata dell'offerta formativa e
dovranno subire gli effetti deleteri del numero chiuso; ai precari della ricerca che
giustamente reclamano stabilità e diritti che il loro status ad oggi non prevede.
Sul precariato della ricerca e della didattica negli Atenei riteniamo vada fatta una
discussione ampia, così come sul precariato del Policlinico, dai sociosanitari
esternalizzati sempre in balìa delle cooperative, ai medici che ormai da anni lavorano
nell'incertezza del futuro.
Riteniamo vada aperto un tavolo di confronto per determinarne l'anagrafe della
Ricerca per consentire di fotografare il reale funzionamento dell'Ateneo, rilevare il
ruolo che il precariato assolve al suo interno e fornire la base per
la pianificazione del reclutamento in funzione non solo delle
risorse finanziarie disponibili, ma anche dei tempi del turn-over e
delle progressioni delle carriere, in un Ateneo che conta poco meno
del 4% di docenti sotto i 35 anni.
E perché non pensare, inoltre, all'istituzione di una Commissione
Permanente sul Precariato con compiti di monitoraggio e di
indirizzo nonché all' introduzione della rappresentanza dei
precari della ricerca e della didattica (assegnisti, docenti a
contratto) negli organi collegiali di ateneo, facoltà e dipartimenti.
Su questa partita consegneremo al Rettore dell'Ateneo di Catania una piattaforma con
una richiesta formale di incontro.
La precarietà nel nostro comparto produce un danno duplice perché oltre a non dare
certezze alle persone comporta discontinuità nei processi formativi e ne abbassa la
qualità. La lotta alla precarietà per La Cgil e per la Flc rimane prioritaria nelle
piattaforme rivendicative a tutti i livelli.

8) Sicurezza nei luoghi di lavoro


In ordine alla sicurezza del lavoro, nell’ambito della più generale campagna
promossa dalla Cgil, abbiamo avviato una petizione per sensibilizzare i comuni e la
provincia in merito alla necessità di operare attivamente per la sicurezza degli edifici
scolastici, con particolare riferimento al rischio sismico. La raccolta delle firme è
ancora in corso, dovremmo concludere l’iniziativa a fine aprile. Preghiamo ciascuno
di voi affinché nelle scuole venga coinvolta quanta più gente possibile, dai docenti
alle famiglie.
Il problema della sicurezza e della tutela della salute nei luoghi di lavoro è per la Flc
Cgil uno degli argomenti centrali: dobbiamo richiedere il rispetto delle norme anche
quando si determinano gli organici. Le regole non possono essere rispettate a giorni
alterni o a seconda delle circostanze. I lavoratori e gli alunni debbono operare in
luoghi sicuri e salubri.
La vicenda della facoltà di Farmacia, ci consegna una realtà preoccupante, su cui
occorre fare chiarezza estrema individuando le responsabilità.

9) La conoscenza oltre la crisi


Il Sistema formativo che vogliamo non può che essere radicalmente alternativo a
quello neoliberista incarnato dalla Gelmini. Ed è un sistema che deve puntare sulla
conoscenza come strumento fondamentale per coniugare sviluppo economico
sostenibile e coesione sociale; un sistema che sia in grado di affrontare il confronto
con le sfide della globalizzazione.
La conoscenza per noi della CGIL è un bene bene comune. E i beni comuni
appartengono a tutti: ai ricchi e ai poveri; e l’appartenere a tutti comporta che la
gestione e la tutela sia affidata alla responsabilità collettiva quindi allo Stato.
La competitività dei prodotti, i diritti di cittadinanza, la capacità di leggere le
informazione, l’adattamento alle rapide trasformazioni , necessitano dell’acquisizione
di conoscenze alte e qualificate.
Perciò l’accesso ai gradi più alti dell’istruzione o meglio ancora l’istruzione per
tutto l’arco della vita rappresenta per la CGIL un obiettivo prioritario per lo
sviluppo politico sociale ed economico del nostro paese.
Il sistema formativo che vogliamo deve avere una dimensione pubblica e laica; deve
assumere come quadro valoriale di riferimento la democrazia, la tolleranza, il rispetto
delle diversità; deve formare le nuove generazione al sapere critico.
Il sistema formativo che vogliamo non è irrilevante rispetto a un nuovo modello
sociale e a un nuovo modello di sviluppo economico.
La Ricchezza delle Nazioni non può essere riscontrata nella sommatoria dei beni e
servizi prodotti, “a prescindere”, ma in una misurazione correlata alla qualità della
vita delle persone, nel rispetto di un equilibrio ambientale che deve essere preservato
come bene prezioso, sapendo che è un dovere di ciascuno quello di tramandarlo alle
future generazioni in buono stato di salute.

10) Lotta e forme di lotta


Da quell’infausto 25 giugno 2008, data dei pesanti tagli al settore della Conoscenza,
sono trascorsi quasi due anni. Abbiamo attivato azioni di contrasto sin dal primo
momento su tutto il territorio nazionale. Quel giorno a Catania eravamo davanti la
Prefettura a protestare. E nei giorni successivi, assieme agli altri sindacati, i
movimenti dei precari, gli studenti, le famiglie, le associazioni e i comitati del
personale della scuola dell’università e della ricerca, abbiamo prodotto una
mobilitazione costante, ma con un andamento ciclico in ordine alla partecipazione,
al coinvolgimento politico, alla tensione morale.
A Catania ci sono stati momenti di grande partecipazione popolare alle iniziative
promosse nel territorio: penso alla grande manifestazione del 30 ottobre 2008 per la
scuola, a quella del 12 novembre successivo per l'Università, alla manifestazione coi
precari del CPS il 3 settembre del 2009, alla occupazione dell’USP.
Tante altre però non hanno dato risultati, sono state svolte in solitudine, penso
all’ultima in ordine di tempo a quella del 20 ottobre 2009 che ha visto pochissime
centinaia di lavoratori sfilare per le vie di Catania con una scarsa presenza della città.
La mancanza di risultati netti e immediatamente esigibili, ha comportato
un’attenuazione della partecipazione dovuta a una sorta di rassegnazione da
risultato che ha fatto registrare un calo nella credibilità della lotta segnando uno
scarto incolmabile con la credibilità nell'elaborazione politica che pure è
riconosciuta ampiamente alla CGIL dai lavoratori.
Tuttavia non possiamo lasciare il campo alla rassegnazione e all’inerzia; la battaglia
per un sistema formativo di qualità, inclusivo e laico, è una battaglia di civiltà che
non può essere sottaciuta.
Abbiamo il dovere, anche quando segniamo il passo, di riattivare una mobilitazione
forte, ampia, costante, attraverso il coinvolgimento della categoria, delle famiglie,
degli studenti, delle associazioni, dei movimenti, dei partiti politici che al nostro
quadro valoriale fanno riferimento quantomeno in ordine alla necessità di garantire
pari opportunità ai nastri di partenza e diritto di cittadinanza ai soggetti sociali più
deboli.

Riteniamo che il terreno vada preparato stringendo alleanze e condivisioni di percorsi


senza esitazioni, ora! La strada e lunga, tortuosa e irta di ostacoli .
La Conoscenza può e deve diventare il terreno di lotta comune per rilanciare un
progetto sociale e un modello di sviluppo economico sostenibile, che nella sua
essenza è un progetto politico; tutto da costruire, ma possibile!
In questi mesi ci siamo appassionati molto sulle forme di lotta da adottare. Fermo
restando il valore politico irrinunciabile dello sciopero, i lavoratori non sempre
rispondono positivamente al nostro appello e spesso ci invitano ad una mobilitazione
meno dispendiosa e più efficace.
E' certamente il segno dei tempi: l'azione collettiva si indebolisce rispetto a soluzioni
individuali che spingono verso il corporativismo anche il nostro comparto.
E’ del tutto evidente, però, che in una condizione in cui la destra non concede spazi
alla mediazione politica e sindacale, anche lo sciopero più partecipato produce
risultati non sempre all’altezza delle aspettative dei lavoratori.
Pertanto, senza rinunciare a un momento di lotta collettiva di così grande valore
politico, occorre cominciare a ragionare, così come del resto stiamo facendo, su
forme di lotta più determinate, più incisive, e perché no, più radicali; azioni che
possano innescare un meccanismo virtuoso di contrasto all’interno dei singoli luoghi
di lavoro attraverso il coinvolgimento dell'intera comunità che opera nel settore della
Conoscenza.

Il mio convincimento personale è che in una situazione di contrazione dei diritti dei
cittadini e di riduzione della rappresentanza sociale nei luoghi di lavoro che non ha
precedenti, (la risposta di Sacconi alla richiesta che la CGIL pone sulla
rappresentanza sindacale, insegna!), un sindacato come il nostro debba promuovere
un conflitto forte che dia il segno netto di una volontà determinata nel contrastare un
disegno nefasto che arrecherà enormi danni al nostro paese.
Riannodare i fili coi movimenti e con le associazioni diventa in questa fase
essenziale.
Nelle prossime settimane a livello regionale si deterrmineranno gli organici della
scuola e i 41.600 tagli previsti per il prossimo anno scolastico tra personale docente e
ATA assumeranno consistenza concreta nelle singole realtà scolastiche con tutto ciò
che significherà in termini di ricaduta sull'offerta formativa, sui lavoratori precari e su
quelli di ruolo.
L'acquisizione della consapevolezza su ciò che accadrà, potrebbe rappresentare il
momento giusto, forse l'ultimo, per avviare una mobilitazione articolata all'interno di
ciascuna scuola, a partire dalle semplice assemblee per socializzare le ricadute della
riforma, continuando con l'approvazione di documenti di dissenso, assemblee
permanenti, occupazioni simboliche, senza escludere a priori forme di protesta che
possano avere il crisma della radicalità e alle quali, a mio avviso, dobbiamo guardare
con estrema laicità sindacale, se condivise dall'intera comunità scolastica.

In questi due anni abbiamo profuso un impegno costante sia a livello politico che
sotto il profilo meramente organizzativo.
La Flc Cgil è stata dentro i processi politici che hanno interessato la città e attraverso
un’ intensa collaborazione con la CGIL provinciale, non ha mancato di esprimere la
propria azione in tutti i momenti importanti per il nostro comparto, per il mondo del
lavoro, del precariato, dei migranti.

Non sempre in questi processi abbiamo avuto accanto le altre organizzazioni


sindacali; l’Accordo separato del 22 gennaio 2009 ha segnato una frattura che ha
indebolito il mondo del lavoro e l’azione sindacale nel suo complesso, anche a livello
locale.
Tuttavia l’unità sindacale, pur essendo un obiettivo importante, non può essere un
valore in sé; perciò, ritengo, debba essere ricercata caso per caso, partendo dagli
elementi che accomunano gli interessi dei lavoratori. Nella scuola, così come
nell'università,, la battaglia sui tagli potrebbe rappresentare il punto d'incontro per
riaprire una nuova proficua stagione di lotte nel settore della Conoscenza.
11) Il “bilancio sociale”
Sotto il profilo organizzativo, in questi ultimi due anni, abbiamo lavorato alla
costruzione di un modello sindacale a rete nel territorio; modello che, in parecchie
circostanze, ha dato buoni frutti.
Abbiamo avviato un buon rapporto con i compagni che lavorano nei territori e senza
avere la pretesa di avere raggiunto l’ottimo, di certo la nostra presenza è migliorata
sia in termini politici e di rappresentanza che in ordine ai servizi offerti agli iscritti e
ai lavoratori.
Come sempre accade, non in tutte le parti i risultati sono uguali, esistono aree dove
malgrado gli sforzi la nostra presenza potrebbe essere più incisiva; l’impegno è
quello di rafforzare sempre più questo modello organizzativo con investimenti mirati,
per dare risposte ai lavoratori sempre più adeguate alle aspettative ed efficaci in
ordine ai risultati.
Abbiamo lavorato molto anche sulla comunicazione; abbiamo un sito internet
abbastanza frequentato, nei momenti caldi superiamo le 30.000 visite mensili,
tuttavia, anche qui dobbiamo fare uno sforzo aggiuntivo per passare dalla fase
artigianale a quella professionale. Così come dobbiamo migliorare la comunicazione
diretta con i nostri iscritti e coi lavorati utilizzando le tecnologie che l’informatica
oggi mette a disposizione.
In ordine ai comparti, abbiamo registrato con interesse un importante risultato coi
precari della ricerca universitaria che si sono proposti come soggetto lavorativo che
pone nuove istanze e nuovi spazi di tutela sindacale al mondo del lavoro. Siamo certi
che i compagni sapranno dare un grande contributo politico e organizzativo anche
all’intero comparto.

12) RSU
Abbiamo fatto un dignitoso lavoro anche con le RSU, malgrado Brunetta, ampliando
i momenti di incontro e cercando di attivare percorsi di formazione volti a qualificarle
sempre più.
Se questo governo ce ne darà il tempo e se la contrattazione nei luogo di lavoro avrà
un seguito, è necessario, però, puntare al salto di qualità: dobbiamo attivare una
formazione mirata e di alto valore per rendere autonome le RSU nell’azione
negoziale.
Anche in questo settore l’organizzazione a rete del sindacato ha pagato; in occasione
della presentazione delle liste, nonostante gli annunci del governo che avrebbe
prorogato le RSU, siamo riusciti a presentarne 227 su 237, con una media di tre
candidati per scuola.
Un risultato politico importante che esprime con chiarezza la volontà dei lavoratori di
non rinunciare al protagonismo sindacale e del profondo radicamento del nostro
sindacato nei luoghi di lavoro.
13) Un sindacato in crescita
L'intenso lavoro svolto dai compagni del direttivo provinciale, dalla segreteria, dai
distaccati, dall'ufficio sindacale, dai compagni che operano nei territori e anche dai
semplici iscritti, ha permesso al nostro sindacato di registrare una crescita costante
anche in termini di adesioni, in una fase in cui la contrazione degli organici è stata
molto pesante. Cresciamo di più tra i precari con il tesseramento diretto, teniamo
bene con i lavoratori a tempo indeterminato.
Durante le assemblee congressuali abbiamo registrato un dato significativo in termini
di adesioni: almeno 100 lavoratori di ruolo hanno chiesto l'iscrizione al nostro
sindacato. Un dato che dà riscontro al lavoro svolto dalle compagne e dai compagni
della struttura che non si sono mai risparmiati nel dare il loro prezioso contributo alla
Flc Cgil.
Il nostro convincimento è che dobbiamo consolidare i risultati ottenuti in questi anni
e ciò sarà possibile col lavoro di tutti.

14) Conclusioni
Il nostro sindacato ha compiuto 100 anni nel 2006. E' un sindacato che ha scritto un
pezzo importante della storia del movimento dei lavoratori in Italia.
E così, come quel contadino del racconto di Andrea Camilleri, che non viene citato a
caso, Michele Zosimo, che nel 1718, proclamato Re di Girgenti per un giorno, riuscì
a regalare un sogno di dignità ai suoi “affamati e sgangherati sudditi”, noi della Cgil
dobbiamo continuare a batterci per dare dignità al lavoro, ai lavoratori, ai soggetti
deboli della popolazione.
Grazie!

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