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Appunti dalle lezioni di

IMPIANTI TECNICI / TERMOTECNICI


Onorio SARO e Marco MANZAN
20 dicembre 2011

1
INFORMAZIONI GENERALI:
La presente dispensa, scritta per il corso di impianti tecnici / termotecnici, tratta i seguenti argomenti:
Primo modulo:
Potenze disperse
Impianti di riscaldamento
Fabbisogni di energia
Verifiche termoigrometriche
Secondo modulo:
Benessere termoigrometrico
Carichi termici estivi
Impianti di raffrescamento estivi
Elementi di illuminotecnica
Normativa sugli impianti elettrici di corredo.

TESTO CONSIGLIATO:
Progettazione di impianti tecnici G. Moncada Lo Giudice - L. De Santoli Masson Editore
Milano ALTRI TESTI:

Progettazione di impianti tecnici E. Bettanini - P. Brunello CLEUP Padova

RIVISTE:
La termotecnica
Condizionamento dellaria. . . (CDA)
Heating, piping, air conditioning (HPAC)

Siti di interesse termotecnico:


http://www.cti2000.it Comitato termotecnico italiano
http://www.ashrae.com American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning
Engineers (associazione di ingegneri termotecnici statunitensi, conta soci in tutto il mondo)
http://www.aicarr.it Associazione italiana condizionamento dellaria, riscaldamento,
refrigerazione (collabora con lASHRAE)

2
http://www.rehva.com REHVA Federation of European Heating and Air Conditioning
Associations
http://www.caleffi.it Caleffi s.p.a. (idronica)
http://www.isover.it Saint-Gobain Isover Italia s.p.a. (materiali isolanti)
http://www.riello.it Riello s.p.a. (caldaie e altro)
http://www.rhoss.it Rhoss s.p.a. (climatizzazione)
http://www.irsap.it IRSAP s.p.a. (radiatori)
http://www.delonghi.it De Longhi S.p.A. (radiatori e altro)
altri
Si sottolinea che a causa del carattere della pubblicazione numerosi possono essere gli errori e le
imprecisioni nelle citazioni di Leggi e di Norme alle quali si rimanda per una lettura autentica. La
simbologia adottata nella presente dispensa e quella utilizzata nelle pi`u recenti norme tecniche UNI ed
EN anche se alcuni parametri sono calcolati con riferimento a norme precedenti che adottano spesso
una simbologia diversa.

Capitolo 1
POTENZE DISPERSE
1.1

Premessa sul benessere termoigrometrico

Gli impianti di riscaldamento e di condizionamento hanno lo scopo di mantenere un determinato microclima allinterno delledificio, con caratteristiche termoigrometriche ben definite. Le prestazioni
delle persone che svolgono una attivit`a in modo continuativo, allinterno di un ambiente confinato moderato, come nel caso delle abitazioni e negli uffici, dove si fa riferimento al benessere delle persone,
dipendono dalle condizioni termoigrometriche mantenute nellambiente. Laccettazione dellambiente e` massima quando le condizioni assumono particolari valori che dipendono dalla attivit`a svolta, dal
vestiario e dalle condizioni soggettive1 . Lattivit`a svolta dalle persone viene caratterizzata mediante la
potenza termica prodotta detta potenza metabolica M che se e riferita allunit`a di superficie corporea
si esprime di solito mediante una unit`a di misura incoerente, il met che corrisponde alla potenza
metabolica relativa ad una persona distesa a riposo:
1met = 50kCal/hm2 = 58, 2W/m2
Nella Tabella 1.1 sono riportati i valori di potenza metabolica per alcune attivit`a.
Tabella 1.1: Potenze metaboliche corrispondenti ad alcune attivit`a
Attivit`a
Potenza metabolica
(met)
(W/m2 )
Disteso
0,8
46
Seduto rilassato
1,0
58
Attivit`a sedentaria (ufficio, casa, scuola, laboratorio)
1,2
70
Attivit`a leggera in piedi (compere, laboratorio, industria leggera) 1,6
93
Attivit`a media in piedi (commesso, lavori domestici, ecc.)
2,0
116
Camminare a 2 km/h
1,9
110
Camminare a 3 km/h
2,4
140
Camminare a 4 km/h
2,8
165
Camminare a 5 km/h
3,4
200

Un individuo standard (70 kg di massa e 1,70 m di altezza) ha una superficie corporea di 1,8
m , seduto produce dunque circa 100 W.2 La progettazione dellambiente termico interno dovrebbe
2

1
2

Se nellambiente si svolge una attivit`a lavorativa, in tali condizioni anche la produttivit`a diventa massima.
La superficie corporea Ab pu`o essere calcolata con la legge di Du Bois per la quale si rimanda al Capitolo 5.

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

basarsi sulla EN ISO 7730, dove la qualit`a dellambiente termico e` espressa dal voto medio previsto
PMV (predcted mean vote) e dalla percentuale prevista di insoddisfatti PPD (predicted percentage of
disatisfied)3 . Il tipo di abbigliamento indossato dalle persone viene caratterizzato mediante lindice
di resistenza termica degli abiti che viene espresso di solito mediante una unit`a di misura incoerente:
il clo che corrisponde alla resistenza termica di un abito maschile invernale; si ha 1 clo = 0,155
m2 K/W, mentre un abito maschile estivo ha un indice di resistenza termica di 0,5 clo. Gli scambi termici tra gli individui e lambiente avvengono prevalentemente per convezione con laria alla
temperatura a e per irraggiamento con le k superfici dellambiente alle temperature k .
Lo scambio termico per irraggiamento tra individuo e ambiente, e` espresso nel modo seguente:
!
X
X
X

r =
Ap p Fpk Tp4 Tk4 = Ap p Tp4
Fpk
Fpk Tk4
k

siccome

Fpk = 1 per la definizione dei fattori di vista, si ha:


!
r = Ap p Tp4

Fpk Tk4

che viene sinteticamente espresso come:


4
r = Ap p Tp4 Tmr

dove
Tmr =

sX
4

Fpk Tk4

e` la temperatura assoluta media radiante.


Se, come succede negli ambienti moderati, le temperature delle superfici dellambiente non sono
molto diverse tra loro4 la temperatura media radiante si pu`o assumere come temperatura media pesata
delle temperature superficiali:
P
Ak k
mr ' Pk
k Ak
dove, ovviamente, mr = Tmr 273, 15 e` espressa in C. Introducendo il coefficiente di scambio
termico per irraggiamento
2
hr = p (Tp + Tmr )(Tp2 + Tmr
)
o se Tp e Tmr non sono molto diverse tra loro
hr ' 4p Tm3
con
Tm =

Tp + Tmr
2

si pu`o scrivere:
r = hr Ap (p mr )
3

Per i dettagli si rimanda al Capitolo 5.


E sufficiente che |Tk Tj | < 0, 2 min {Tk } (cio`e che la massima differenza tra le temperature superficiali sia
inferiore al 20% della minima temperatura assoluta) affinche lerrore sia inferiore al 5%.
4

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

mentre il flusso scambiato per convezione e` :


c = hc Ap (p a )
Globalmente il flusso scambiato da una persona pu`o essere espresso come segue:
p = c + r = (hc + hr )Ap (p o )
dove o e` la temperatura operante che e` una media pesata della temperatura dellaria e della temperatura media radiante; cio`e
o = Ba + (1 B)mr
Per basse velocit`a dellaria ambiente, come in assenza di impianti ad aria, va 0, 2 B = 0, 5 ed in
tal caso la temperatura operante o e` la media aritmetica tra la temperatura dellaria e la temperatura
media radiante. La temperatura operante e` cos` il parametro che caratterizza lambiente dal punto
di vista termico per quanto riguarda le condizioni di benessere delle persone. Per una percentuale di
insoddisfatti PPD< 10%5 le condizioni ottimali di temperatura operante al variare dellabbigliamento
e dellattivit`a svolta sono rappresentate in Figura 1.1, per altre percentuali di insoddisfatti .

Figura 1.1: Andamenti della temperatura operante ottimale (isoterme di neutralit`a)in funzione dellabbigliamento e dellattivit`a, curve A; sono riportate le fasce ammissibili di variazione B
in cui valgono gli scostamenti ammissibili (riportati negli ovali) della temperatura operante dellambiente rispetto a quella ottimale per mantenere la percentuale di insoddisfatti al
di sotto del 10%. X e K rappresentano la resistenza termica degli abiti espressa rispettivamente in clo e in m2 K/W; Y e Z rappresentano il metabolismo espresso rispettivamente
in met e in W/m2 .
La conoscenza degli scambi termici tra ledificio e lambiente esterno e fondamentale per il calcolo delle potenze massime necessarie a garantire il benessere interno al variare delle condizioni climatiche e per il calcolo del fabbisogno di energia per la climatizzazione sia nella stagione invernale che
5

Dalle indagini statistiche si rileva che la percentuale di insoddisfatti non scende mai sotto il 5%.

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

in quella estiva. Un edificio scambia calore con lesterno attraverso le strutture che costituiscono linvolucro e mediante i flussi daria dovuti a infiltrazioni e rinnovi controllati. Nel calcolo degli scambi
attraverso le strutture si deve tener conto delleffetto dellirraggiamento solare entrante attraverso le
strutture finestrate e nel calcolo dei flussi daria si deve tener conto dellazione del vento.

1.2

Potenze massime disperse nel periodo invernale

Gli impianti devono essere dimensionati in modo tale che la loro massima potenza permetta di far
fronte alle condizioni pi`u gravose prevedibili in base alla conoscenza della storia climatica della localit`a in cui e` realizzato ledificio ed in base allutilizzo al quale e` destinato. Affinche si possa svolgere
con continuit`a lattivit`a desiderata allinterno di un edificio ci si prefigge di mantenere le condizioni
termiche e igrometriche interne costanti mentre le condizioni esterne sono variabili nel tempo. In inverno, in particolare nei periodi piu rigidi quando le dispersioni sono massime, la temperatura interna
viene mantenuta quasi costante mentre la temperatura esterna oscilla poco attorno a valori medi sensibilmente inferiori alla temperatura interna. Pertanto, per il calcolo delle potenze disperse massime
e universalmente accettato un calcolo in regime stazionario. Per il calcolo della massima potenza di
riscaldamento si considera la situazione piu gravosa per limpianto e quindi assenza di irraggiamento
solare e di apporti interni(condizioni di progetto). Per il dimensionamento dellimpianto di riscaldamento si procede al calcolo del carico termico per ogni singolo vano. Per un predimensionamento di
massima dellimpianto, talvolta, si procede per un insieme di vani (al limite tutto ledificio) come un
singolo vano e poi si suddivide la potenza sui singoli vani. 6
Le dispersioni complessive di progetto delliesimo vano riscaldato si calcolano con la seguente
equazione,
i = T,i + V,i
(1.1)
in cui T,i sono le dispersioni di progetto per trasmissione e V,i sono le dispersioni di progetto per
ventilazione.
La potenza dispersa per trasmissione attraverso linvolucro T viene rappresentata come somma
di diversi contributi a seconda delle caratteristiche e delle condizioni al contorno degli elementi che
costituiscono linvolucro delledificio (pareti verso lesterno, pareti verso ambienti non riscaldati,
pareti e pavimenti a contatto col terreno, finestre).
Per il singolo vano abbiamo:
T,i = (HT,ie + HT,iue + HT,ig + HT,ij ) (int,i e )

(1.2)

dove:
HT,ie coefficiente di dispersione termica per trasmissione dallo spazio riscaldato (i) verso lesterno
(e) attraverso linvolucro delledificio;
HT,iue coefficiente di dispersione termica per trasmissione dallo spazio riscaldato (i) verso lesterno (e) attraverso lo spazio non riscaldato (u);
HT,ig coefficiente di dispersione termica per trasmissione verso il terreno, in condizioni di regime
permanente, dallo spazio riscaldato (i) verso il terreno (g);
6

La Norma UNI EN 12831 IMPIANTI DI RISCALDAMENTO NEGLI EDIFICI METODO DI CALCOLO DEL
CARICO TERMICO DI PROGETTO prevede il calcolo per singolo vano e solo successivamente il calcolo per lintero
edificio o unit`a immobiliare come somma degli scambi termici dei singoli vani al netto degli scambi interni tra vani
riscaldati a temperature diverse.

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

HT,ij coefficiente di dispersione termica per trasmissione dallo spazio riscaldato (i) a uno spazio
adiacente (j) riscaldato ad una temperatura significativamente diversa, per esempio uno spazio riscaldato adiacente allinterno della porzione entit`a di edificio o uno spazio riscaldato di
una porzione entit`a di edificio adiacente;
int,i temperatura interna di progetto dello spazio riscaldato (i);
e

temperatura esterna di progetto.

I valori della temperatura esterna di progetto e sono fissati dalla Legge (D.M.10/03/1977 e successive modifiche), in funzione della provincia e del comune di appartenenza delledificio; tali valori
sono riportati in una tabella nellallegato NA della Norma UNI EN 12831 e vanno corretti secondo
modalit`a fissate nello stesso decreto e nella Norma UNI 10349 per tener conto della variazione della
1

' 200
K/m, dellesposizione ai venti che vale
temperatura con la quota secondo un gradiente di z
-0,5 -1 K per edifici in piccoli agglomerati e 1 2 K per edifici isolati; ulteriore correzione di
1 2 K e` prevista per edifici pi`u alti di quelli adiacenti (solo per i piani sporgenti).

1.2.1

Dispersioni termiche direttamente verso lesterno

Il flusso termico disperso attraverso le pareti rivolte allesterno viene tradizionalmente espresso come
prodotto tra un coefficiente di scambio termico globale (trasmittanza o trasmittanza equivalente) U ,
un area caratteristica della parete, una differenza di temperatura ed un coefficiente di maggiorazione
in funzione della esposizione della parete; a questo flusso termico si aggiunge quello dovuto ai ponti
termici lineari. Pertanto il coefficiente di dispersione termica di progetto per trasmissione diretta verso
lesterno viene calcolato nel seguente modo:
HT,ie =

p
X

Aj Uj ej +

j=1

pt
X

k Lk ek

(1.3)

k=1

dove:
p

numero di pareti rivolte verso lesterno

Aj

area della j-esima parete

Uj

trasmittanza della j-esima parete 7

ej

coefficiente di esposizione della j-esima parete

ek

coefficiente di esposizione del k-esimo ponte termico

pt

numero di ponti termici rivolti verso lesterno

coefficiente di dispersione del k-esimo ponte termico (trasmittanza lineica) 8 ;

Lk

lunghezza del k-esimo ponte termico

Il primo termine della (1.3) rappresenta lo scambio termico tra lambiente interno e lambiente
esterno, per unit`a di salto termico, nellipotesi di flusso termico monodimensionale e regime stazionario. La seconda sommatoria della (1.3) tiene conto delle disomogeneit`a presenti nelle pareti, e della
NON monodimensionalit`a del flusso termico introducendo i ponti termici: percorsi preferenziali per
7

Per il calcolo delle trasmittanze fare riferimento alla Norma UNI EN 6946
Per il calcolo semplificato delle trasmittanze lineiche fare riferimento alla Norma UNI EN ISO 14683 mentre per il
calcolo dettagliato mediante metodi numerici fare riferimento alla Norma UNI EN ISO 10211
8

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

il flusso termico. Il coefficiente L viene detto anche trasmittanza lineica, e si misura in W/(m K).
Per il calcolo dei ponti termici si rimanda al paragrafo 1.2.4.
I coefficienti di esposizione ej ed ek per la norma europea EN 12831 sono pari allunit`a mentre
nella versione italiana UNI EN 12831:2006 in cui e` aggiunto un allegato nazionale NA sono maggiori
dellunit`a, come retaggio della vecchia normativa 9 .

1,20

1,15

1,20

1,15

1,10

1,05

1,10

1,00
Figura 1.2: Coefficienti di esposizione secondo la norma UNI EN 12831:2006 Allegato NA

1.2.2

Trasmittanza di una parete

La trasmittanza o anche coefficiente di scambio termico globale per una parete piana risulta:
1

U=
Rsi +

ns
X
j=1

sj X
+
Rk + Rse
j k=1

dove:
Rsi Resistenza termica superficiale interna pari al reciproco di hi coefficiente di scambio superficiale (coefficiente o adduttanza liminare) interno;
si

spessore dello strato generico [m]

conduttivit`a termica dello strato [W/(m K)] , e` specificata nella norma UNI 10351, oppure
certificato dal produttore del materiale assume valori compresi tra 3 e 0,03 W/(m K) per la
pietra e per isolanti asciutti, rispettivamente.

Secondo lallegato NA alla UNI EN 12831 i coefficienti per le diverse esposizioni prevedono aumenti delle dispersioni
che tengono conto dellinsolazione normale, del diverso grado di umidit`a delle pareti, della diversa velocit`a e temperatura
dei venti. Valori limite: e = 1 per parete esposta a SUD, e = 1, 2 per parete esposta a NORD o a NORD-EST mentre
non e` previsto nessun aumento delle dispersioni per le coperture che nella realt`a sono tra le pareti pi`u esposte, soprattutto
a causa dellelevato reirraggiamento verso la volta celeste nelle notti con cielo limpido.

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE


Rk

resistenza termica per unit`a di superficie degli strati non omogenei [m2 K / W], e` specificata
nella norma UNI 10355 per i diversi tipi di materiale da costruzione non omogeneo (es. strati
di parete in laterizi e malta).

Rse Resistenza termica superficiale esterna pari al reciproco di he coefficiente di scambio superficiale (coefficiente o adduttanza liminare) esterno;

hi

he

Figura 1.3: Parete piana multistrato


Nella tabella 1.2 sono riportati i valori della resistenza superficiale interna Rsi = h1i ed esterna
Rse = h1e come fissati nella Norma UNI EN ISO 6946. I coefficienti superficiali sono la somma del
coefficiente convettivo hc e del coefficiente radiativo hr . Quello interno dipende dalla direzione del
flusso termico che influenza la componente dello scambio termico dovuta alla convezione naturale
che in presenza di flusso termico discendente produce stratificazione e quindi coefficienti di scambio
minori. Daltro canto, la componente convettiva sulle superfici esterne e` dovuta prevalentemente al
vento e quindi corrisponde ad una convezione forzata che e` indipendente dalla direzione del flusso.
Si pu`o definire la trasmittanza anche per pareti con strati non omogenei, non piane e anche a spessori
variabili; per un calcolo dettagliato delle trasmittanze di elementi opachi si rimanda alla UNI EN
694610 .
Tabella 1.2: Resistenze termiche superficiali (in m2 K/W)
Direzione del flusso termico
Ascendente
Orizzontale
Discendente
Rsi
0,10
0,13
0,17
Rse
0,04
0,04
0,04

Nelle pareti sono abbastanza comuni le intercapedini daria che sono strati dal comportamento
particolare per la presenza dellirraggiamento tra le superfici affacciate, la conduzione termica nello
strato daria e la componente convettiva che aumenta allaumentare dello spessore. Nella tabella 1.3
ripresa dalla Norma UNI EN ISO 6946 sono riportati i valori della resistenza termica di intercapedini
daria le cui superfici sono ad elevata emissivita.
Si ricorda che, nelle ristrutturazioni di edifici esistenti con superficie utile non superiore a 1000
2
m i valori della trasmittanza degli elementi costituenti linvolucro sono limitati per legge; si faccia riferimento al al D.P.R. n.59/2009, art. 4 ed al Decreto Legislativo 311/2006 (modifica del D.l.
10

Nel rispetto di questa Norma, nei calcoli bisogna utilizzare valori di trasmittanza e di resistenza termica con tre cifre
significative ed i risultati vanno presentati con due cifre decimali in (W/m2 K) per le trasmittanze ed in (m2 K/W) per le
resistenze termiche

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

10

Tabella 1.3: Resistenze termiche (in m2 K/W) di intercapedini daria non ventilate con superfici ad
alta emissivita
Spessore
Direzione del flusso termico
dellintercapedine
mm
Ascendente
Orizzontale
Discendente
0
0,00
0,00
0,00
5
0,11
0,11
0,11
7
0,13
0,13
0,13
10
0,15
0,15
0,15
15
0,16
0,17
0,17
25
0,16
0,18
0,19
50
0,16
0,18
0,21
100
0,16
0,18
0,22
300
0,16
0,18
0,23

192/2005), in particolare allArticolo 3 per individuare il caso in cui si ricade ed allAllegato C per
i valori di riferimento ai quali rimanda il gi`a citato D.P.R. 59/2009. Allo scopo di facilitare la scelta
delle pareti, per i casi pi`u comuni, si riportano le tabelle di trasmittanze limite dellAllegato C del D.L.
311/200611 . Inoltre, per tutti gli edifici nelle zone climatiche C, D, E ed F, (nuovi o in ristrutturazione)
non industriali, le trasmittanze delle strutture di separazione da altri edifici o altre unit`a abitative sono
limitate per legge a 0,8 W/(m2 K). Il medesimo limite deve essere rispettato per le strutture opache
(verticali, orizzontali o inclinate) che delimitano verso lesterno gli ambienti non dotati di impianto
di riscaldamento.
Tabella 1.4: Valori limite della trasmittanza termica U in W/(m2 K) per le strutture opache rivolte allesterno o verso vani non riscaldati, di ampliamenti inferiori al 20% e per la ristrutturazione
integrale degli elementi edilizi costituenti linvolucro di edifici esistenti di superficie utile
non superiore a 1000 m2
Valori limite della trasmittanza termica U delle strutture opache verticali
Zona climatica
pareti verticali
coperture
pavimenti
verso lesterno
orizzontali
verso lesterno
o verso vani non riscaldati o inclinate o verso vani non riscaldati
A
0,62
0,38
0,65
B
0,48
0,38
0,49
C
0,40
0,38
0,42
D
0,36
0,32
0,36
E
0,34
0,30
0,33
F
0,33
0,29
0,32

Per gli edifici pubblici i valori di trasmittanza limite sono diminuiti del 10% rispetto a quelli
presenti in Tabella 1.4.
11

Nelle tabelle i limiti sono riportati per Zona climatica. Per la definizione delle zone climatiche si rimanda al capitolo
sul Fabbisogno di energia

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

1.2.3

11

Calcolo delle dispersioni degli elementi finestrati

Le dispersioni attraverso i componenti finestrati possono essere espresse in forma analoga alla (??)
w = Uw Aw
dove Uw rappresenta la trasmittanza dellelemento ed Aw larea lorda del foro che contiene lelemento
finestrato.
Un metodo per il calcolo dettagliato della trasmittanza delle strutture finestrate e` presentato nella
norma UNI EN ISO 10077, dove, nel caso di serramento semplice, la trasmittanza risulta essere una
media pesata della trasmittanza del vetro, del telaio e del ponte termico tra di essi come segue:
Uw =

Ag Ug + Af Uf + lg Lg
Ag + Af

dove:
Ag

area netta della parte vetrata,

Ug

trasmittanza della parte vetrata,

Af

proiezione sul piano della finestra della superficie del telaio,

Uf

trasmittanza del telaio della finestra,

lg trasmittanza lineica del ponte termico tra le lastre di vetro ed il telaio,


Lg

lunghezza del ponte termico tra le lastre di vetro ed il telaio.

Nel calcolo della trasmittanza Ug della parte trasparente, in assenza di informazioni, si assume per
il vetro una conduttivit`a termica g = 1, 0 W/(m K).
Nel caso di serramenti con pannelli opachi (di solito le porte) la trasmittanza si calcola, in modo
analogo, come media pesata della parte trasparente, dei pannelli opachi e del telaio. Indicando con
UD la trasmittanza di questi elementi, si ricava:
UD =

Ag Ug + Ap Up + Af Uf + lg Lg + lp Lp
Ag + Ap + Af

dove, in aggiunta alle definizioni precedenti:


Ap

area netta dei pannelli opachi,

Up

trasmittanza dei pannelli opachi,

lp trasmittanza lineica del ponte termico tra i pannelli opachi ed il telaio,


Lp

lunghezza del ponte termico tra i pannelli opachi ed il telaio.

Nella Tabella 1.5 sono riportati i valori di trasmittanza della parte vetrata per finestre a doppio
vetro, mentre nella Tabella 1.6 sono riportati i valori di trasmittanza della parte vetrata per finestre a
triplo vetro. Le trasmittanze riportate nelle tabelle 1.5 e 1.6 sono state calcolate secondo la Norma
EN 673 con riferimento ai dati di emissivit`a, spessori e concentrazioni di gas come indicato. Le intercapedini sono ermetiche e riempite con aria o gas senza vapore acqueo che altrimenti condenserebbe
nelle giornate fredde. Si ricordi che lemissivit`a e le concentrazioni di gas nelle intercapedini possono
cambiare nel tempo, inoltre pu`o penetrare vapore acqueo. A tale riguardo esistono Norme europee
che consentono di valutare leffetto dellinvecchiamento sulle propriet`a termiche dei sistemi vetrati

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

12

Tabella 1.5: Trasmittanza termica Ug in W/(m2 K) per sistemi a doppi vetri riempiti con gas diversi
Sistema vetrato
tipo
vetro
Uncoated
glass
(normal
glass)

emissivit`a in
direzione normale

0,89

One pane
coated
glass

0,4

One pane
coated
glass

0,2

One pane
coated
glass

0,1

One pane
coated
glass

0,05

spessori
(mm)
4-6-4
4-9-4
4-12-4
4-15-4
4-20-4
4-6-4
4-9-4
4-12-4
4-15-4
4-20-4
4-6-4
4-9-4
4-12-4
4-15-4
4-20-4
4-6-4
4-9-4
4-12-4
4-15-4
4-20-4
4-6-4
4-9-4
4-12-4
4-15-4
4-20-4

Tipo di gas nelle intercapedini


Concentrazione del gas 90%
Aria Argon Krypton SF6
3,3
3,0
2,9
2,7
2,7
2,9
2,6
2,4
2,2
2,2
2,7
2,3
1,9
1,8
1,8
2,6
2,1
1,8
1,6
1,6
2,5
2,0
1,7
1,5
1,5

3,0
2,8
2,7
2,6
2,6
2,6
2,3
2,1
2,0
2,0
2,3
2,0
1,7
1,6
1,7
2,2
1,7
1,5
1,4
1,4
2,1
1,6
1,3
1,2
1,2

2,8
2,6
2,6
2,6
2,6
2,2
2,0
2,0
2,0
2,0
1,9
1,6
1,5
1,6
1,6
1,7
1,3
1,3
1,3
1,3
1,5
1,3
1,1
1,1
1,2

3,0
3,1
3,1
3,1
3,1
2,6
2,7
2,7
2,7
2,7
2,3
2,4
2,4
2,5
2,5
2,1
2,2
2,3
2,3
2,3
2,0
2,1
2,2
2,2
2,2

(PrEN 1279-1 ed EN 1279-3). Nella Figura 1.4 sono riportati gli andamenti delle trasmittanze di telai
in legno al variare dello spessore del telaio.
Nella Tabella 1.7 sono riportati i valori da adottare per le trasmittanze lineari dei ponti termici, che
si hanno nel caso di doppi o tripli vetri, in corrispondenza del collegamento sistema vetratotelaio.
Per disporre di valori di Trasmittanza termica di finestre per un utilizzo immediato si pu`o fare
riferimento alla Tabella 1.8 per finestre a vetro singolo ed alla tabella 1.9 per finestre a doppi e tripli
vetri.
Si rimanda al testo della norma per i dati di dettaglio: trasmittanze della parte vetrata con lastre
di spessori diversi, trasmittanze di telai metallici con e senza taglio termico e per casi pi`u complicati,
come i doppi serramenti o i serramenti composti, che sullo stesso telaio presentano due ante, una
apribile verso linterno ed una verso lesterno. Si ricorda che, come per le strutture opache, nelle
ristrutturazioni di edifici esistenti con superficie utile non superiore a 1000 m2 i valori della trasmittanza delle strutture trasparenti, costituenti linvolucro sono limitati per legge; si faccia riferimento al
al D.P.R. n.59/2009, art. 4 ed al Decreto Legislativo 311/2006 (modifica del D.l. 192/2005), in particolare allArticolo 3 per individuare il caso in cui si ricade ed allAllegato C per i valori di riferimento
ai quali rimanda il gi`a citato D.P.R. 59/2009. Nella Tabella 1.10 sono riportati i valori limite della
trasmittanza delle strutture trasparenti ed e` la copia della Tabella 4a dellAllegato C al D.L. 311/2006.

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

13

Tabella 1.6: Trasmittanza termica Ug in W/(m2 K) per sistemi a tripli vetri riempiti con gas diversi
Sistema vetrato
tipo
vetro
Uncoated
(normal)
glass
Two panes
coated

emissivit`a in
direzione normale
0,89

0,4

Two panes
coated

0,2

Two panes
coated

0,1

Two panes
coated

0,05

spessori
(mm)
4-6-4-6-4
4-9-4-9-4
4-12-4-12-4
4-6-4-6-4
4-9-4-9-4
4-12-4-12-4
4-6-4-6-4
4-9-4-9-4
4-12-4-12-4
4-6-4-6-4
4-9-4-9-4
4-12-4-12-4
4-6-4-6-4
4-9-4-9-4
4-12-4-12-4

Tipo di gas nelle intercapedini


Concentrazione del gas 90%
Aria Argon Krypton SF6
2,3
2,0
1,9
2,0
1,7
1,5
1,8
1,4
1,2
1,7
1,3
1,1
1,6
1,2
1,0

2,1
1,9
1,8
1,7
1,5
1,3
1,5
1,2
1,0
1,3
1,0
0,9
1,3
0,9
0,8

1,8
1,7
1,6
1,4
1,2
1,1
1,1
0,9
0,8
1,0
0,8
0,6
0,9
0,7
0,5

2,0
2,0
2,0
1,6
1,6
1,6
1,3
1,3
1,4
1,2
1,2
1,2
1,1
1,1
1,1

Tabella 1.7: Trasmittanza termica lineare g in W/(m K) per distanziatori tra le lastre con prestazioni
termiche migliorate
Tipo di sistema vetrato
Tipo di telaio
Doppio o triplo
Doppio o triplo
vetro uncoated
vetro bassoemissivo
con aria o gas una lastra trattata per i doppi vetri
due lastre trattate per i tripli vetri
con aria o gas
in legno o PVC
0,05
0,06
metallico con taglio termico
0,06
0,08
metallico senza taglio termico
0,01
0,04

1.2.4

Calcolo dei ponti termici

Lapprossimazione di flusso termico monodimensionale e` accettabile per la zona centrale di pareti


piane, costituite da strati piani e omogenei, caratterizzate da un rapporto tra spessore ed altre dimensioni minore di 1/10. In prossimit`a dei bordi, ad esempio allunione tra due pareti ad angolo ecc., o
in presenza di disomogeneit`a degli strati, il flusso termico e` distorto, risultando NON monodimensionale. Come esempio importante di disomogeneit`a degli strati si consideri la presenza di un pilastro in
c.a. intermedio. In corrispondenza del pilastro la conduttanza termica e` maggiore, con conseguente
aumento del flusso termico nella zona del pilastro. In queste ed altre situazioni il flusso termico e`
maggiore rispetto a quello calcolato con lipotesi di strati omogenei e di flussi monodimensionali, si
e` in presenza di vie preferenziali per lo scambio termico chiamate ponti termici. Per quanto riguarda
le potenze disperse, i ponti termici che rivestono maggiore importanza hanno solitamente uno svi-

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

14

Figura 1.4: Trasmittanza Uf di telai in legno ed in legno con protezione metallica in funzione dello
spessore del telaio valutato in direzione perpendicolare al piano della finestra, per legno
di tipo pesante e leggero (da ISO/DIS 10077-1).
Tabella 1.8: Trasmittanza termica Uw in W/(m2 K) per finestre a vetro singolo con una percentuale di
area frontale di telaio del 20% al variare della trasmittanza del telaio
Ug
Uf
2
W/(m K)
W/(m2 K)
con 20% di area di telaio
0,8 1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 2,0 2,2 2,6 3,0 3,4 3,8 7,0
5,7
4,7 4,8 4,8 4,8 4,9 4,9 5,0 5,0 5,1 5,2 5,2 5,3 6,0

luppo lineare12 . Le dispersioni attraverso i ponti termici vengono calcolate mediante un coefficiente
che tiene conto delle disomogeneit`a presenti nelle pareti, e della NON monodimensionalit`a del flusso
termico attraverso di esse. Il coefficiente di ponte termico l viene detto anche trasmittanza lineica,
e si misura in W/(m K). Nella norma UNI EN ISO 14683:2001 sono presentati valori di l precalcolati per le strutture pi`u comuni13 , in alternativa, nella stessa norma si rimanda a calcoli semplificati
12

I ponti termici puntuali, che interessano zone limitate per i quali la zona pi`u critica e` individuabile da un punto sulla
superficie della parete, hanno una scarsa influenza sul flusso termico totale scambiato dalla parete, mentre hanno una
notevole importanza per i valori minimi di temperatura superficiale interna e rappresentano punti in cui aumenta molto il
rischio di condensa
13
Nella UNI EN ISO 14683 sono presenti tre valori di l per ogni tipologia di ponte termico: e sono per le dispersioni
della parete calcolate con riferimento alle superfici esterne, i per le dispersioni riferite alle superfici interne e oi sono
per le dispersioni riferite alle superfici interne lorde, cio`e calcolate ignorando lingombro delle pareti interne. Inoltre, va
tenuto presente che i coefficienti l presenti nella norma europea fanno riferimento al giunto nel suo complesso, pertanto
se si vuole riferire il ponte termico alla parete, nel caso di ponti termici dangolo come quelli che si hanno tra due pareti
esterne o tra una parete esterna ed un solaio o una copertura, il coefficiente va conteggiato met`a per una struttura e met`a
per laltra.

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

15

Tabella 1.9: Trasmittanza termica Uw in W/(m2 K) per finestre a vetro doppio e triplo, con distanziatori
tra le lastre con prestazioni termiche migliorate, con una percentuale di area frontale di
telaio del 20%, al variare della trasmittanza del telaio e del sistema vetrato
Ug
W/(m2 K)

3,3
3,2
3,1
3,0
2,9
2,8
2,7
2,6
2,5
2,4
2,3
2,2
2,1
2,0
1,9
1,8
1,7
1,6
1,5
1,4
1,3
1,2
1,1
1,0
0,9
0,8
0,7
0,6
0,5

0,8
2,9
2,9
2,8
2,7
2,6
2,5
2,5
2,4
2,3
2,2
2,1
2,1
2,0
1,9
1,8
1,8
1,7
1,6
1,5
1,4
1,4
1,3
1,2
1,1
1,0
1,0
0,9
0,8
0,7

1,0
3,0
2,9
2,8
2,7
2,7
2,6
2,5
2,4
2,3
2,3
2,2
2,1
2,0
2,0
1,9
1,8
1,7
1,6
1,6
1,5
1,4
1,3
1,2
1,2
1,1
1,0
0,9
0,8
0,8

1,2
3,0
2,9
2,9
2,8
2,7
2,6
2,5
2,5
2,4
2,3
2,2
2,1
2,1
2,0
1,9
1,8
1,8
1,7
1,6
1,5
1,4
1,4
1,3
1,2
1,1
1,0
1,0
0,9
0,8

1,4
3,1
3,0
2,9
2,8
2,7
2,7
2,6
2,5
2,4
2,3
2,3
2,2
2,1
2,0
2,0
1,9
1,8
1,7
1,6
1,6
1,5
1,4
1,3
1,2
1,2
1,1
1,0
0,9
0,8

Uf
W/(m2 K)
con 20% di area di telaio
1,6 1,8 2,0 2,2 2,6
3,1 3,1 3,2 3,2 3,3
3,0 3,1 3,1 3,2 3,2
2,9 3,0 3,0 3,1 3,2
2,9 2,9 2,9 3,0 3,1
2,8 2,8 2,9 2,9 3,0
2,7 2,7 2,8 2,8 2,9
2,6 2,7 2,7 2,8 2,8
2,5 2,6 2,6 2,7 2,6
2,5 2,5 2,5 2,6 2,5
2,4 2,4 2,5 2,5 2,4
2,3 2,3 2,4 2,4 2,4
2,2 2,3 2,3 2,4 2,3
2,1 2,2 2,2 2,3 2,2
2,1 2,1 2,2 2,3 2,3
2,0 2,0 2,1 2,2 2,3
1,9 2,0 2,0 2,1 2,2
1,8 1,9 1,9 2,0 2,1
1,8 1,8 1,8 1,9 2,0
1,7 1,7 1,8 1,9 1,9
1,6 1,6 1,7 1,8 1,9
1,5 1,6 1,6 1,7 1,8
1,4 1,5 1,5 1,6 1,7
1,4 1,4 1,4 1,5 1,6
1,3 1,3 1,4 1,5 1,5
1,2 1,2 1,3 1,4 1,5
1,1 1,2 1,2 1,3 1,4
1,0 1,1 1,1 1,2 1,3
1,0 1,0 1,0 1,1 1,2
0,9 0,9 1,0 1,1 1,1

3,0
3,4
3,3
3,2
3,2
3,1
3,0
2,9
2,8
2,8
2,7
2,6
2,5
2,4
2,4
2,3
2,3
2,2
2,1
2,0
1,9
1,9
1,8
1,7
1,6
1,5
1,5
1,4
1,3
1,2

3,4
3,5
3,4
3,3
3,2
3,2
3,1
3,0
2,9
2,8
2,8
2,7
2,6
2,5
2,5
2,5
2,3
2,3
2,2
2,1
2,0
1,9
1,9
1,8
1,7
1,6
1,5
1,5
1,4
1,3

3,8
3,6
3,5
3,4
3,3
3,2
3,2
3,1
3,0
2,9
2,8
2,8
2,7
2,6
2,6
2,5
2,4
2,3
2,3
2,2
2,1
2,0
1,9
1,9
1,8
1,7
1,6
1,5
1,5
1,4

7,0
4,1
4,0
3,9
3,8
3,7
3,7
3,6
3,5
3,4
3,3
3,3
3,2
3,1
3,1
3,0
2,9
2,9
2,8
2,7
2,6
2,5
2,5
2,4
2,3
2,2
2,1
2,1
2,0
1,9

Tabella 1.10: Valori limite della trasmittanza termica Uw in W/(m2 K), per le chiusure trasparenti comprensive degli infissi, per ampliamenti inferiori al 20% e per la ristrutturazione integrale
degli elementi edilizi costituenti linvolucro di edifici esistenti di superficie utile non
superiore a 1000 m2
Valori limite della trasmittanza termica U delle chiusure trasparenti
Zona climatica dall1 gennaio 2008
dall1 gennaio 2010
A
5,0
4,6
B
3,6
3,0
C
3,0
2,6
D
2,8
2,4
E
2,4
2,2
F
2,2
2,0

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

16

(mediante formule) 14 , ad altri abachi di ponti termici precalcolati oppure si rimanda alla la UNI EN
ISO 10211 (calcolo dettagliato dei ponti termici mediante simulazioni numeriche)15 .
Linfluenza globale dei ponti termici sulle dispersioni si aggira attorno al 10 15% e, ovviamente, aumenta al diminuire delle altre dispersioni. Limportanza dei ponti termici e` data dal prodotto
lunghezza trasmittanza lineica pertanto i pi`u importanti, per trasmittanza o per lunghezza, di solito
sono i giunti orizzontali tra solai e pareti, i giunti verticali tra pareti esterne portanti ed i giunti tra telai
delle finestre e pareti. I ponti termici sono dannosi anche perch`e in corrispondenza ad essi si manifesta un abbassamento della temperatura superficiale interna con conseguente aumento del rischio di
condensa superficiale e della formazione di muffe (umidit`a relativa locale superiore all80%); questo
avviene anche per ponti termici di estensione trascurabile (ad esempio la giunzione tra tre pareti: due
verticali ed una orizzontale). Pertanto, e` consigliabile adottare delle tecniche costruttive tali da evitare i ponti termici, ad esempio con isolamenti aggiuntivi in corrispondenza dei giunti tra pareti ed in
corrispondenza di cordoli e pilastri.

1.3

Calcolo della dispersione per strutture a contatto col terreno

A differenza di quanto succede per le pareti rivolte verso lesterno, per calcolare correttamente gli
scambi termici attraverso il terreno non si puo considerare il fenomeno stazionario, in particolare per
le variazioni di temperatura esterna nellarco dellanno. Infatti, la profondit`a di penetrazione16 della
oscillazione giornaliera e` di pochi centimetri mentre quella annuale e` dellordine dei metri.
Ad esempio, considerando un terreno costituito da ghiaia, le cui propriet`a termofisiche sono riportate nella Tabella 1.11 si ha che la profondit`a di penetrazione giornaliera (con periodo 0 = 86400
secondi) risulta:
s
r
0
2, 0 86400
=
= 0, 166 m
=
c
3, 1416 2, 0 106
mentre la profondit`a di penetrazione annuale (0 = 86400 365 secondi) e` :

= 0, 166 365 = 3, 17 m
Per quanto riguarda questo tipo di strutture la norma di riferimento e` la UNI EN ISO 13370. In
essa il flusso termico e` calcolato sommando tre contributi: quello stazionario, quello dovuto alla variazione periodica della temperatura interna e quello dovuto alla variazione periodica della temperatura
esterna. In generale, quindi, il flusso attraverso il terreno, da intendersi come valore medio mensile,
si esprime come segue:




m +
m

b
b
+ Hpe e cos 2
(1.4)
G = Hg (i e ) + Hpi i cos 2
12
12
dove:
14
Nel foglio aggiuntivo 3 (FA3) della Norma UNI 7357:1976 erano presenti formule per il calcolo semplificato dei
ponti termici ma tale Norma ed il foglio aggiuntivo corrispondente sono stati ritirati e pertanto non sono pi`u utilizzabili.
15
Esistono numerosi programmi per la simulazione numerica della conduzione del calore in 2D e 3D; tra questi si
segnala il software libero THERM specializzato per il calcolo 2D dei ponti termici, anche nei serramenti; THERM e`
scaricabile, assieme ad altri programmi, dal sito http://windows.lbl.gov/ nella sezione software.
16
La profondit`a di penetrazione di unonda termica e` la profondit`a alla quale lampiezza delloscillazione di temperatura
e` e1 volte lampiezza in superficie; tale parametro e` un indice di quanto londa termica si smorza allinterno del materiale
(nel nostro caso nel terreno).

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

17

Hg coefficiente di dispersione attraverso il terreno in regime stazionario;

temperature medie annuali;


Hpi coefficiente di dispersione termica periodica per le variazioni di temperatura interna;
bi

ampiezza di oscillazione della temperatura interna;

Hpe coefficiente di dispersione termica periodica per le variazioni di temperatura esterna;


be

ampiezza della variazione della temperatura media mensile dellaria esterna rispetto al valore
medio annuale: tale ampiezza e` definita come la met`a della differenza tra i valori massimo e
minimo delle temperature medie mensili;17

numero del mese (1 per gennaio, 12 per dicembre);

numero del mese in cui si verifica il minimo della temperatura esterna;

mesi di anticipo tra il ciclo del flusso termico e il ciclo della temperatura interna (solitamente
= 0);

mesi di ritardo tra il ciclo del flusso termico e il ciclo della temperatura esterna (solitamente
= 1);

Per la valutazione del flusso massimo nella 1.4 si pu`o prescindere dal contributo dovuto alla
oscillazione della temperatura interna e pertanto si ha:
G,max = Hg (i e ) + Hpe be

(1.5)

La trasmittanza termica delle strutture a contatto col terreno e` definita solo per il regime stazionario, con riferimento allarea della superficie orizzontale e tiene conto della presenza del terreno. Si
tratta pertanto di una trasmittanza equivalente18 .
E evidente che il flusso e` espresso pi`u correttamente con la 1.4 che mediante la sola Ueq . Il coefficiente di dispersione attraverso il terreno in regime stazionario Hg oltre alla dispersione attraverso
larea del pavimento deve tener conto anche della dispersione perimetrale attraverso il ponte termico
paretepavimento:
Hg = AUeq + P g
(1.6)
dove g rappresenta la trasmittanza lineare del ponte termico paretepavimento.
Per la determinazione dei parametri Hg , Hpi ed Hpe la norma prende in esame tre diversi schemi
di riferimento ai quali si devono ricondurre eventuali altri casi:
pavimento appoggiato sul terreno;
pavimento su spazio aerato;
pavimento e pareti di vano interrato.
Per schematizzare il problema viene introdotta la dimensione caratteristica del pavimento definita
come B 0 = 2A/P dove P rappresenta il perimetro del pavimento ed A larea. Inoltre, viene definito
uno spessore equivalente di terreno che rappresenta lo spessore di terreno che manifesta la stessa
resistenza termica delle resistenze che il flusso termico incontra in aggiunta rispetto al caso ideale in
17
18

Le temperature medie mensili si ricavano dalla UNI 10349.


Nella Norma UNI EN ISO 13370 questa trasmittanza equivalente e` indicata col semplice simbolo U .

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

18

cui le temperature sono imposte sulle superfici e il pavimento e` a contatto diretto con lesterno Figura
1.5:
dt = w + (Rsi + Rf + Rse )
dove:
w

spessore delle pareti verticali,

conduttivit`a termica del terreno,


1
hi

Rsi =
Rf

resistenza termica specifica sulla superficie interna,

resistenza termica specifica del componente che costituisce il pavimento (floor), essa comprende la resistenza termica di ogni strato uniforme di isolamento sopra, sotto o interno alla
soletta del pavimento, e quella di eventuali rivestimenti. La resistenza termica di solette di
calcestruzzo pesante e di rivestimenti sottili pu`o essere trascurata;

Rse =

1
he

resistenza termica specifica sulla superficie esterna;

un alto valore di dt corrisponde a unelevata resistenza termica tra interno ed esterno. Le formule da
applicare sono differenti per pavimenti non isolati o poco isolati (con dt < B 0 ) e quelli bene isolati
(con dt B 0 ). Per i valori della conducibilit`a termica e della capacit`a termica per unit`a di volume
del terreno c si possono assumere i valori riportati in tabella 1.11.
w

R si

R se
Rw

111111111111
000000000000
000000000000
111111111111
000000000000
111111111111
Rf

Figura 1.5: Pavimento appoggiato sul terreno, resistenze termiche

Tabella 1.11: Propriet`a termofisiche del terreno, valori della conducibilit`a termica e della capacit`a
termica c per unit`a di volume
Descrizione

c
[W/(m K)] [J/(m3 K)]
argilla o limo
1,5
3,0 106
sabbia o ghiaia
2,0
2,0 106
roccia omogenea
3,5
2,0 106

1.3.1

Pavimento a livello del terreno esterno

E` il caso in cui la struttura del pavimento e` posata allo stesso livello del terreno, senza interramenti o
sopraelevazioni. Sono considerati pavimenti controterra i pavimenti costituiti da una lastra a contatto

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

19

con il terreno su tutta la sua superficie, siano essi sostenuti o meno dal terreno su tutta la loro area,
situati allo stesso livello, o in prossimit`a, del livello della superficie del terreno esterno (Figura 1.6).
Tali pavimenti possono essere privi di isolamento o uniformemente isolati (sopra, sotto o internamente
alla soletta) su tutta la loro area.

est.

int.
w

Linee di
flusso

Figura 1.6: Schema di riferimento per i pavimenti a livello del terreno esterno
Nel caso di pavimenti non isolati o moderatamente isolati (con dt < B 0 ) si ha:


2
B0
Ueq = U0 =
ln
+1
B 0 + dt
dt
mentre nel caso di pavimenti bene isolati (con dt B 0 ) lespressione della trasmittanza si semplifica
come segue:
Ueq = U0 =

0, 457 B 0 + dt

In localit`a dal clima particolarmente rigido talvolta si adottano isolamenti aggiuntivi perimetrali
in tal caso le espressioni precedenti diventano.
P

= U0 + 2 0
A
B
Dove e` il coefficiente che tiene conto dellisolamento aggiuntivo sul perimetro (tipico di
edifici costruiti nei climi nordici). Notare che e` negativo perch`e lisolamento aggiuntivo riduce il
flusso termico disperso verso lesterno. 19
Ueq = U0 +

19

Nel caso in cui lisolamento aggiuntivo sia disposto orizzontalmente (Figura 1.7 a) si ha:
 




D
D
=
ln
+ 1 ln
+1

dt
dt + R 0

dove: R0 e` la resistenza dovuta allo strato di isolante aggiuntivo


R0 =

dis
dis

is

Nel caso in cui lisolamento aggiuntivo sia disposto verticalmente a ridosso della fondazione (Figura 1.7 b) si ha:
 



2D

2D
=
ln
+ 1 ln
+1

dt
dt + R0

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

20

a)

b)

d is

Figura 1.7: Schema di riferimento per lisolamento aggiuntivo: a) orizzontale, b) verticale


Per il caso di pavimento a livello del terreno, ai fini del calcolo dei flussi, il coefficiente di
dispersione termica in regime stazionario e` :
Hg = AUeq + P g = AU0 + P (g + )
mentre il coefficiente di accoppiamento termico periodico esterno (per le variazioni annuali di temperatura esterna), in assenza di isolamento perimetrale aggiuntivo, e` :

+ 1)
dt
dove e` la profondit`a di penetrazione dellonda termica annuale i cui valori, per i tipi di terreno
considerati, sono riportati nella Tabella 1.12. Per lespressione di Lpe in presenza di isolamento
perimetrale aggiuntivo, trattandosi di caso poco comune per i nostri climi, si rimanda alla Norma
UNI EN 13370.
Hpe = 0, 37P ln(

Tabella 1.12: Profondit`a di penetrazione della componente periodica annuale


Tipo di terreno (m)
argilla o limo
2,2
sabbia o ghiaia
3,2
roccia omogenea 4,2

1.3.2

Pavimento su spazio aerato (intercapedine ventilata)

Sono considerati pavimenti su spazio aerato o intercapedine i pavimenti che si trovano sollevati dal
terreno e staccati da questo mediante una cavit`a, per esempio un assito o un pavimento in laterocemento con un vuoto sanitario o un vano sottopavimento (Figura 1.8). Questo punto fa riferimento
a pavimenti su intercapedine di tipo convenzionale in cui lo spazio aerato sotto il pavimento e` ventilato naturalmente con aria esterna. Per il caso in cui la ventilazione dello spazio sottopavimento sia
meccanica, o vi sia una portata nota, si rimanda alla norma.
Laria sottostante viene considerata come unintercapedine ventilata. Si definisce la trasmittanza
dovuta al contributo del solaio unito a quello dello spazio areato:
1
1
1
=
+
Ueq
Uf
Ug + Ux
dove:

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

21

1111
0000
000
111
0000
1111
000
111
0000
1111
000
111
0000
1111
000
111
0000
1111
000
111
0000
1111
000
111
est. 1111
int.
0000
000
111
0000
1111
000
111
000000000000000
111111111111111
0000
1111
000
111
000000000000000
111111111111111
0000
1111
000
000000000000000111
111111111111111
0000
1111
000
111
0000
1111
000
111
z
0000
1111
000
111
0000
1111
000
111
ventilazione
0000
1111
000
111
0000
1111
000
111
000000000000000000000000000
111111111111111111111111111
000000000000000000000000000
111111111111111111111111111
000000000000000000000000000
111111111111111111111111111
Figura 1.8: Schema di riferimento per pavimenti su spazio aerato o intercapedine
Uf

e` la trasmittanza termica della parte sospesa del pavimento, (tra lambiente interno e lo spazio
sottopavimento);

Ug

e` la trasmittanza attraverso il terreno per il fondo del vano aerato (analoga ad U0 nel caso di
pavimento a livello del terreno;

Ux

e` la trasmittanza termica equivalente che tiene conto dello scambio termico attraverso le pareti
dellintercapedine e delleffetto della ventilazione dello stesso spazio aerato.

La trasmittanza Ug si calcola come:


2
Ug =
ln
B 0 + dt

B0
+1
dt

mentre il coefficiente Ux si ottiene dalla seguente relazione:

Ux =

2zUw
fv
+ 1450 v 0
0
B
B

dove:
Uw trasmittanza delle pareti verticali


area delle aperture di ventilazione per metro lineare di perimetro [m2 /m]

altezza del pavimento

velocit`a media del vento alla quota di 10 m, da UNI 10349

fv

coefficiente di protezione al vento (dalla norma): fv = 0, 02 in centri abitati, fv = 0, 05 in


periferia, fv = 0, 10 in zone rurali.

1450 fattore numerico che tiene conto della capacit`a termica dellaria per unit`a di volume quando
la trasmittanza e` espressa in W/(m2 K).
Per il calcolo dei flussi, il coefficiente di accoppiamento termico in regime stazionario si ricava
con la ?? :
Hg = AUeq + P g
mentre il coefficiente di accoppiamento termico periodico esterno e` :
Hpe = Uf

0, 37P ln(/dt + 1) + Ux A
/ + Ux + Uf

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

1.3.3

22

Piano interrato

Qui si fa riferimento al calcolo delle dispersioni per un edificio che abbia dei locali che siano completamente o parzialmente a livello inferiore a quello del terreno esterno (Figura 1.9). I concetti di base
sono analoghi a quelli introdotti per i pavimenti controterra, ma si tiene conto della:
- profondit`a z del pavimento del piano interrato rispetto al livello del terreno;
- possibilit`a di diversi livelli di isolamento applicati alle pareti e al pavimento del piano interrato.
Se z varia lungo il perimetro delledificio, per il calcolo si deve assumere un valore medio. La
trasmittanza equivalente si calcola come:
AUbf + zP Ubw
A + zP
Il primo contributo per vani interrati con pavimenti non isolati o poco isolati (dt +z/2 < B 0 ) si calcola
come:


B0
2
Ubf =
ln
+1
B 0 + dt + z/2
dt + z/2
Ueq =

mentre per pavimenti ben isolati (con dt + z/2 B 0 ) si ha


Ubf =

0, 457 B 0 + dt + z/2

di fatto sono le stesse formule viste in precedenza per il pavimento a livello del terreno in cui dt e`
sostituito da dt + z/2.
Il secondo contributo, che tiene conto delle pareti verticali, e` pari a:


 
2
dt /2
z
Ubw =
+1
1+
ln
z
dt + z
dw
con dw = (Rsi + Rw + Rse ) spessore equivalente di terreno per le resistenze termiche corrispondenti
alle pareti verticali. Nella espressione di Ubw compaiono sia dt che dw e solitamente si ha dw dt .
Se tuttavia risulta dw < dt nella precedente formula si deve sostituire dt con dw .

0110
00
11
00
11
1010
00
11
00
11
111111111
10000000000
00
11

Figura 1.9: Pavimento interrato, geometria e grandezze caratteristiche


Per il calcolo dei flussi, il coefficiente di accoppiamento termico in regime stazionario e` :
Hg = AUbf + zP Ubw

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

23

mentre il coefficiente di accoppiamento termico periodico esterno e` :








z/
z/
Hpe = 0, 37P 2(1 e
) ln
+1 +e
ln
+1
dw
dt
Si ricorda che le parti di pareti verticali sporgenti dal terreno si trattano come pareti rivolte
direttamente allesterno.

1.3.4

Flussi termici attraverso il terreno per singoli vani

Il flusso termico G ricavato nei paragrafi precedenti e` relativo a tutta la superficie del pavimento,
spesso per`o e` necessario calcolare il flusso termico disperso da ogni singolo vano, ad esempio per
dimensionare i singoli terminali di erogazione dellenergia temica. La norma UNI EN ISO 13370 a
differenza della UNI 10346 contempla una procedura per la suddivisione del flusso totale t in due
contributi, perimetrale e e centrale m relativi rispettivamente agli ambienti con e senza parte del
perimetro sul bordo esterno delledificio.
t = e + m

(1.7)

il flusso perimetrale si ricava come:


e = t

Ae
b + dt
Am
+ Ae
0, 5B 0 + dt

(1.8)

dove:
Ae

e` la superficie totale del pavimento dei vani in corrispondenza del perimetro dell edificio;

Am e` la superficie totale del pavimento dei vani centrali dell edificio;


b

e` la larghezza media dei vani perimetrali delledificio;

B0

e` la dimensione caratteristica dellintero pavimento

Il flusso centrale si ottiene quindi dalla (1.7)


m = t e
pertanto
qe = e /Ae
qm = m /Am
dove:
qe

e` la densit`a del flusso termico per vani in corrispondenza del perimetro dell edificio;

qm

e` la densit`a di flusso termico per vani centrali dell edificio;

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

1.4

24

Calcolo della dispersione attraverso vani non riscaldati

Analogamente a quanto fatto in precedenza, nel caso delle dispersioni attraverso vani non riscaldati
si definisce un coefficiente di dispersione Hu che ha le dimensioni di una potenza per unit`a di salto
termico tale che, detta u la potenza dispersa attraverso i vani non riscaldati, risulta:
u = Hu

(1.9)

dove Hu e` il coefficiente di dispersione tra interno ed esterno, attraverso il vano non riscaldato
(potenza per unit`a di salto termico), calcolata con lanalogia elettrica come presentato in figura 1.10.

Interno
i
R iu

111
000
000
111
000
111
000
111
000
111
u
000
111
000
111
000
111
000
111
000
111
000
111
000 Locale non
111

Esterno
e
R ue

riscaldato

Figura 1.10: scambi termici con ambienti non riscaldati, rete resistiva equivalente
Con riferimento alla figura ed allanalogia elettrica si pu`o evidenziare il significato del coefficiente
di dispersione Hu , infatti:
Ru = Riu + Rue
dove il pedice iu si riferisce ai termini relativi agli scambi tra ambiente interno e vano non riscaldato
ed il pedice ue si riferisce ai termini relativi agli scambi tra vano non riscaldato e ambiente esterno. Pertanto, Riu e` la resistenza tra interno e vano non riscaldato, Rue e` la resistenza tra vano non
riscaldato ed esterno. La resistenza totale sar`a Ru = Riu + Rue e quindi:
Hu =
Hiu =

1
Rie

1
1
; Hue =
Riu
Rue

Hiu Hue
Hiu + Hue
e HT,ue da quelli di ventilazione HV,iu e HV,ue , si pu`o

Hu =

Separando i termini di trasmissione HT,iu


scrivere:
Hiu = HT,iu + HV,iu

Hue = HT,ue + HV,ue


Dal calcolo dei coefficienti di dispersione H, eguagliando il flusso che dallinterno viene ceduto al
vano non riscaldato e da questo allesterno, si pu`o anche determinare il valore della temperatura del
vano non riscaldato, che diviene:

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

25

u = i

Hu
(i e )
Hiu

E` questo un modo mediante il quale si pu`o valutare la frazione della dispersione attraverso il locale
non riscaldato che compete ad una parte delledificio (es. un appartamento che disperde verso un vano
scale condominiale), cos` indicando col pedice aggiuntivo j la frazione che si vuole calcolare, si avr`a:
uj = (Uj Aj + m
uj cpa )(i u ) = Hiuj (i u )
dove m
uj rappresenta la portata daria scambiata tra la jesima porzione delledificio ed il vano non
riscaldato, cpa il calore specifico a pressione costante dellaria mentre gli altri simboli hanno il solito
significato.
Nella fase di calcolo delle potenze disperse per il dimensionamento dei corpi scaldanti e` bene
tener conto anche delle dispersioni verso ambienti appartenenti ad altre unit`a abitative o comunque
riscaldati ma non sotto il controllo della stessa utenza della quale si sta valutando la potenza. Questo e`
necessario perche le altre utenze potrebbero essere spente (appartamenti sfitti, uffici vuoti, ecc.). Questa situazione andrebbe affrontata considerando i locali adiacenti come vani non riscaldati, ma lonere
di calcolo aumenta considerevolmente. La norma europea UNI EN 12831 consiglia di considerarli
come vani a temperatura fissa. Per i dettagli fare riferimento al paragrafo successivo.

1.5

Calcolo della dispersione verso vani a temperatura fissata

Analogamente a quanto fatto in precedenza, nel caso delle dispersioni verso vani a temperatura fissata,
si definisce un coefficiente di dispersione HT,ij = HA che ha le dimensioni di una potenza per unit`a
di salto termico tale che, detta A la potenza dispersa verso tali ambienti risulta:
A = HA (i A )

(1.10)

dove HA e` il coefficiente di dispersione tra interno e vano a temperatura fissata, (potenza per unit`a di
salto termico), i e` la temperatura del vano di cui si sta calcolando il carico e A e` la temperatura del
vano adiacente.
Un caso comune di scambio termico tra vani a temperatura diversa e controllata e` , ad esempio,
quello tra i bagni, le stanze adiacenti e viceversa (per i bagni si assume i = 24 C). In fase progettuale
le potenze provenienti dai bagni si possono trascurare in quanto entranti, mentre nel dimensionamento
dei corpi scaldanti dei bagni e` bene tener conto, almeno in modo approssimato, delle potenze disperse
verso i locali riscaldati ma a temperatura inferiore.
Un altro caso ricorrente di vano adiacente che, secondo la UNI EN 12831 pu`o essere considerato a
temperatura fissata e` quello di vani adiacenti appartenenti ad altra unit`a abitativa. Lapproccio adottato
nella Norma e` riassunto nella Tabella 1.13.
In pratica la temperatura del vano adiacente si ottiene da un calcolo solo nel caso in cui il vano di
riferimento ed il vano adiacente appartengano ad unit`a immobiliari diverse ma dello stesso edificio.
Per il calcolo si distinguono due casi:
a)

case destinate ad occupazione prevalentemente continua;

b)

case destinate ad occupazione saltuaria (per esempio case per vacanza).

Nel caso (a) si ipotizza che tutte le unit`a immobiliari delledificio siano riscaldate tranne quella in cui e`
situato il vano adiacente. Nel caso (b) si ipotizza che lunica unit`a immobiliare riscaldata delledificio

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

26

Tabella 1.13: Valori di temperatura dei vani adiacenti


Calore scambiato tra il vano oggetto di calcolo e un locale adiacente
allinterno della stessa
appartenente ad unaltra
appartenente ad un altro
unit`a immobiliare
unit`a immobiliare
edificio
dello stesso edificio
A deve essere specificata:
Ove non stabilito contrattualmente
ad esempio bagni o depositi A si calcola come
temperatura esterna media annuale
influenza del gradiente di
di seguito specificato
A = me
temperatura verticale

sia quella in cui e` situato il vano riscaldato. In entrambi i casi si dovrebbe poi procedere come per gli
scambi attraverso vani non riscaldati ma escludendo il contributo della ventilazione (anche dai vani
non riscaldati verso lesterno), determinando la temperatura del vano adiacente. Nel caso (a) si pu`o
esprimere la temperatura del vano adiacente nel modo seguente:
A,a = i ba (i e )
con

ba = P

Se Ue
P
i Si Ui +
e Se Ue
e

dove
Se

sono le superfici del locale adiacente appartenente ad unaltra unit`a immobiliare, rivolte verso
lesterno;

Ue

sono le trasmittanze delle pareti di superficie Se ;

Si

sono le superfici del locale adiacente appartenente ad unaltra unit`a immobiliare, rivolte verso
unit`a immobiliari riscaldate;

Ue

sono le trasmittanze delle pareti divisorie di superficie Si .

Per gli edifici di cui al caso (b) lipotesi convenzionale ai fini del calcolo e` che lunit`a immobiliare
di cui si effettua il calcolo delle dispersioni sia lunica riscaldata, per cui la temperatura delle unit`a
immobiliari adiacenti e` :
A,b = i bb (i e )
con

bb = P

SE UE
P
AR SAR UAR +
E SE UE
E

dove
SE

sono le superfici della parte non riscaldata delledificio (escluse quindi quelle dellunit`a
immobiliare riscaldata) rivolte verso lesterno;

UE sono le trasmittanze delle pareti di superficie SE ;


SAR sono le superfici dellunit`a immobiliare riscaldata, adiacenti ad altre unit`a immobiliari ritenute non riscaldate;

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

27

UAR sono le trasmittanze delle pareti divisorie di superficie SAR .


Il limite inferiore di A,b , quindi nel caso di edifici destinati ad occupazione saltuaria, e` la temperatura antigelo di 4 C, che il progettista dovr`a garantire, con sistemi automatici, nelle unit`a immobiliari
non riscaldate.
Fortunatamente, in alternativa a questa procedura onerosa, la Norma UNI EN 12831 non esclude
luso di un metodo semplificato per la determinazione dei coefficienti b, avvalendosi di un prospetto
presentato nella Norma e qui riportato in Tabella 1.14. Il prospetto fornisce i coefficienti ba in funzione
della percentuale di superficie dellunit`a immobiliare adiacente rivolta verso lesterno e del rapporto
fra le trasmittanze delle pareti interne ed esterne ed i coefficienti bb esclusivamente nella riga relativa
alla percentuale P pari all80%.
Tabella 1.14: Coefficiente di posizione b
Coefficiente di posizione b
P
R = Ui,m /Ue,m < 2 2 R = Ui,m /Ue,m 3 R = Ui,m /Ue,m > 3
(%)
(poco isolato)
(isolato)
(molto isolato)
10
0,08
0,05
0,03
20
0,15
0,10
0,05
30
0,22
0,16
0,11
40
0,30
0,22
0,16
50
0,40
0,28
0,22
60
0,50
0,40
0,30
70
0,60
0,50
0,40
80
0,74
0,63
0,53
90
0,86
0,78
0,72

1.6

Potenza dispersa per ventilazione

Per il calcolo delle potenze disperse da un vano, si deve tener conto della potenza dispersa per ventilazione come indicato dal termine V,i nellequazione 1.1. Tale potenza e` costituita dalla differenza
tra i flussi di entalpia associati alla portata daria che esce dal locale alla temperatura i ed entra alla
temperatura e . Per il singolo vano, omettendo il pedice i, abbiamo:
V = mc
pa (i e ) = V cpa (i e )
con lipotesi di poter scrivere la differenza di entalpia specifica dellaria come hi he = cpa (i e ).
La portata volumica V si pu`o esprimere come:
V = n V
con V volume netto del locale, ed n tasso di rinnovo dellaria che esprime il numero di ricambi/ora,
cio`e il numero di volte che in unora si rinnova laria del locale.
Inserendo nellespressione precedente i valori numerici cpa = 1006 J/kgK e a = 1, 2 kg/m3 si
ottiene
V = 0, 34nV (i e ) [W ]
(1.11)

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

28

Evidentemente nella 1.11 il volume netto deve essere espresso in m3 . Anche in questo caso si pu`o
introdurre un coefficiente di dispersione per ventilazione HV
V = HV (i e )
dalla (1.11) si ottiene infine:
HV = 0, 34 n V

[W/K]

(1.12)

Per gli edifici civili si assume convenzionalmente un numero di ricambi minimo pari a nmin = 0, 5.
Per il dimensionamento dei terminali di impianto, in alcuni vani con destinazioni duso particolari
il numero di ricambi daria pu`o essere maggiore. Come riferimento si possono assumere i valori
riportati nella Tabella 1.15 tratta dallAllegato nazionale del gi`a citato progetto di norma prEN 12831.

Tabella 1.15: Tasso minimo di rinnovo daria esterna per edifici residenziali, nmin
Tipo di locale
n (h1 )
Locali di abitazione (default)
0,5
Cucine
1,5
Bagni
2,0

Per altre destinazioni duso, vedi norma UNI 10379.


In realt`a n dipende dalle caratteristiche di permeabilit`a allaria delledificio e dal comportamento
delle persone (vedi UNI 10379-2005). La permeabilit`a allaria delledificio pu`o essere valutata in
funzione della portata daria misurata sperimentalmente imponendo un salto noto di pressione tra
interno ed esterno, mediante un ventilatore; il salto di pressione imposto e` di solito pari a 50 pascal
ed il corrispondente ricambio daria misurato viene indicato con il simbolo n50 .
Il rinnovo dellaria negli ambienti frequentati dalle persone, pur essendo fonte di dispersioni, va
garantito ad un livello sufficiente a fornire lossigeno per il metabolismo, funzione anche dellattivit`a
che vi si svolge. Negli edifici per la cui conformazione laria che si infiltra naturalmente dallesterno
ha difficolt`a a raggiungere in quantit`a sufficiente tutti gli ambienti interni20 e` necessario predisporre
dei sistemi di ventilazione forzata (canalizzazioni e ventilatori) che garantiscano una portata adeguata
daria esterna. In tal caso la portata daria da considerare per il calcolo delle dispersioni e` :
V = V mec + V inf
dove V mec rappresenta la portata garantita dal sistema meccanico di ventilazione forzata e V inf e` la
portata daria dovuta alle infiltrazioni che si sovrappone a quella forzata; questultima pu`o essere
spesso considerata nulla.
Per ridurre le potenze disperse, limpianto di ventilazione forzata pu`o essere dotato di un recuperatore21 . I recuperatori per gli impianti di ventilazione sono, di solito, scambiatori di calore a flussi
incrociati. La capacit`a di recupero e` rappresentata dalla efficienza V definita come rapporto tra il
calore recuperato r ed il massimo calore recuperabile r, max.
Con riferimento allo schema di Fig. 1.11, tenuto conto che la portata espulsa e quella introdotta
sono praticamente uguali, possiamo scrivere:
V =
20

r
r,max

im e
i e

Sono di solito edifici caratterizzati da grandi dimensioni in pianta con destinati ad uso uffici o ad uso commerciale.
Come si vedr`a pi`u avanti nel capitolo relativo ai consumi, in presenza di un sistema di ventilazione forzata con grosse
portate daria e per climi rigidi linstallazione del recuperatore e` obbligatoria per legge.
21

CAPITOLO 1. POTENZE DISPERSE

29

Pertanto il flusso disperso per ventilazione risulta:


V = mc
pa (i im ) = 0, 34nV (1 V )(

[W]

In pratica e` come se i ricambi daria fossero ridotti a n(1 V ).


.
m
ee

.
m

eim

ei

Figura 1.11: Schema di recuperatore a flussi incrociati

1.7

Considerazioni finali

Per ragioni legate a esigenze di predimensionamento della caldaia oppure di stime di massima delle
potenze in gioco, lequazione 1.1 e` spesso applicata ad una intera unit`a abitativa o addirittura ad un
intero edificio. In questo caso la potenza di riscaldamento da attribuire ad ogni singola stanza si
pu`o ottenere approssimativamente con una ridistribuzione dei carichi. Ad esempio, con riferimento
allinsieme dei locali riscaldati da un unico impianto di riscaldamento, si pu`o risalire alla potenza
necessaria alla singola iesima stanza rapportandosi alla superficie disperdente ed al volume di
questultima:
T va diviso per i m2 di superficie totale disperdente, ottenendo un indice superficiale della
potenza dispersa.
V va diviso per i m3 di volume totale delledificio, ottenendo un indice volumico della potenza
scambiata per ventilazione.
Si ottiene

Si
Vi
) + V (
)
Stot
Vtot
A questo punto e` possibile dimensionare in maniera opportuna i terminali.
i = T,i + V,i = T (

Capitolo 2
IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
Dal calcolo delle dispersioni si e` ottenuta la potenza necessaria per il riscaldamento dei singoli locali:
= T + V
Tale potenza e` ricavata in regime stazionario, senza tener conto del funzionamento dei corpi scaldanti
e delle modalit`a di controllo della temperatura ambiente. Ogni tipologia di terminale dellimpianto
trasferisce calore allambiente secondo modalit`a che, per mantenere la temperatura interna al valore
di progetto, richiedono una potenza maggiore di quella calcolata idealmente secondo lespressione
precedente. Ad esempio, un radiatore posto in corrispondenza di una parete esterna scalda la parete
posteriore ad una temperatura maggiore di quella che si avrebbe se la parete scambiasse calore con
laria ambiente e per irraggiamento con le altre pareti; questo comporta una maggior dispersione
rispetto ai valori calcolati. Anche il sistema di regolazione e controllo della temperatura interna degli
ambienti pu`o dare luogo a disuniformit`a di temperatura che comportano maggiori dispersioni. Le
inefficienze legate allo scambio termico tra i terminali e lambiente vengono valutate mediante un
coefficiente e < 1 detto rendimento di emissione, le inefficienze dovute al sistema di regolazione
e controllo vengono valutate mediante un coefficiente c < 1 detto rendimento di regolazione. A
queste considerazioni si deve aggiungere che i calcoli possono contenere errori o anche le condizioni
in opera possono non corrispondere a quelle di calcolo, ad esempio possono mancare parti di isolante
nelle pareti. Per ovviare a ci`o si consiglia di aumentare ulteriormente la potenza con un coefficiente
di sicurezza Cs ' 1, 20. Inoltre, si deve prevedere che i locali possano essere riscaldati a partire da
condizioni di temperatura interna sensibilmente inferiore di quella di progetto, ad esempio a causa
della intermittenza o attenuazione del funzionamento durante la notte o i fine settimana. Affinche
la temperatura interna possa raggiungere il valore di progetto (di benessere)in tempi accettabili la
potenza da fornire deve essere superiore a quella calcolata tramite la 1.1, secondo la Norma UNI
EN 12831, alla potenza calcolata in regime stazionario rappresentata dalla 1.1 si somma una potenza
di ripresa RH ottenuta da potenze specifiche fornite dalla Norma. In Tabella 2.1 sono riportati i
valori di fRH per gli edifici residenziali. La maggiorazione per il preriscaldamento deve essere tanto
pi`u grande quanto pi`u elevata e` linerzia termica interna dellambiente e quanto minore e` il tempo
richiesto per il raggiungimento della temperatura di progetto1 .
Perci`o, la potenza che il corpo scaldante deve fornire al locale si pu`o esprimere come:
cs =

+ RH
e c

Secondo la normativa UNI EN 12828:2005 (Impianti di riscaldamento negli edifici Progettazione dei sistemi di
riscaldamento ad acqua), la maggiorazione si fa mediante un fattore di progetto per il carico termico fHL maggiore
dellunit`a

30

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

31

dove:
cs potenza del corpo scaldante

potenza ideale richiesta dallambiente

rendimento di emissione

rendimento di regolazione

Ci

coefficiente di intermittenza

Cs

coefficiente di sicurezza

RH potenza di ripresa
La potenza di ripresa viene espressa come:
RH = fRH Ap
dove Ap e` larea di pavimento del locale da riscaldare.
I corpi scaldanti sono collegati al sistema di generazione della potenza termica (caldaie, pompe
di calore o altri sistemi) mediante una rete di distribuzione del fluido termovettore (acqua o aria)
di solito organizzata per zone termiche. Le reti di distribuzione pur essendo obbligatoriamente coibentate hanno delle dispersioni verso lesterno che dipendono anche dalle caratteristiche delle zone
termiche e possono essere consistenti. Di questa inefficienza si tiene conto mediante un rendimento
di distribuzione d < 12 . La potenza termica da fornire alla singola zona termica si pu`o esprimere
come:
ncs
X
z =
cs,j
j=1

dove ncs e` il numero di corpi scaldanti della zona. E possibile cos` risalire alla potenza della caldaia
(del sistema di generazione) g .
nz
X
z,k
g
d,k
k=1
dove
nz

numero di zone servite dallimpianto;

z,k potenza termica della kesima zona;


d,k rendimento di distribuzione della kesima zona.
La potenza del sistema di generazione calcolata in questo modo pu`o risultare eccessivamente
sovrastimata soprattutto se si tratta di un impianto centralizzato con numerose utenze. Ad esempio,
una sovrastima pu`o derivare dal calcolo delle dispersioni se si sono previste dispersioni tra i locali
di una utenza e quella di unaltra adiacente, supposta spenta; nel caso qualche utenza sia spenta,
la potenza non utilizzata da queste resta a disposizione per il riscaldamento delle utenze collegate
e attive, senza necessit`a di incrementi. Pertanto per il calcolo della potenza del generatore queste
dispersioni e tutte le altre tra vani riscaldati, serviti dallo stesso impianto, non sano da considerare.
I fattori di ripresa consigliati nellallegato nazionale NA della UNI EN 12831 e riportati nella
Tabella 2.1 sono gli stessi previsti nella Appendice D della Norma europea che valgono per tutta
Europa e risultano eccessivi per la maggior parte dei climi italiani. Nel seguito si studiano i diversi
tipi di terminali dimpianto e le differenze che comportano sullimpianto. Per cominciare si studiano
gli impianti a radiatori che rappresentano il caso pi`u comune.
2

I valori da utilizzare per i rendimenti di emissione, regolazione e distribuzione sono riportati nella Norma UNI/TS
11300-2.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

32

Tabella 2.1: Fattori di ripresa fRH per edifici residenziali - Abbassamento notturno massimo di 8 ore
Tempo di ripresa
fRH (W/m2 )
(h)
Caduta di temperatura impostata per lattenuazione (K)1
1
2
3
massa delledificio massa delledificio
massa delledificio
alta
alta
alta
1
11
22
45
2
6
11
22
3
4
9
16
4
2
7
13
1) Negli edifici ben isolati e a buona tenuta allaria e` molto improbabile che la temperatura
ambiente discenda durante labbassamento notturno di oltre 2 K o 3 K.
La discesa dipender`a comunque dalle condizioni climatiche e dalla massa termica delledificio.

Sezione
radiatore

Figura 2.1: tipica sezione di radiatore

2.1

Impianto a RADIATORI

I radiatori sono i corpi scaldanti pi`u diffusi, sono realizzati in lamiera dacciaio stampata oppure in
ghisa o in alluminio pressofuso, quelli ottenuti da fusione o pressofusione sono modulari. Il radiatore,
a dispetto del nome, e` un terminale dimpianto che scambia calore prevalentemente per convezione,
mentre scambia per irraggiamento meno del 20% della potenza totale. La superficie utile allirraggiamento e` solo la frontale, mentre per la convezione conta la superficie totale del radiatore che nei
moderni modelli in commercio supera di molto quella frontale come si pu`o intuire dalla Fig. 2.1.
Attualmente il dimensionamento del corpo scaldante non viene pi`u effettuato in funzione della superficie frontale, come in passato, bens` in funzione della resa termica del radiatore, cio`e della potenza
nominale n , usualmente indicata dal produttore sui cataloghi. Tale valore e` ottenuto da prove di laboratorio secondo procedure normalizzate ed e` espressa in funzione della differenza tra la temperatura
media dellacqua e la temperatura dellambiente
La normativa attuale prevede che le prove siano condotte con lacqua in mandata alla temperatura
m = 75o C e acqua al ritorno alla temperatura r = 65o C ed una temperatura dellambiente di prova
a = 20o C. Questo porta ad una differenza di temperatura tra la temperatura media dellacqua e
lambiente n pari a:
(m + r )n
a = 50K
n =
2
La temperatura a e` la stessa per laria e per le pareti della camera di prova3 . In ogni caso le norme prevedono che la resa termica dei radiatori in condizioni operative diverse da quelle di prova si
possano determinare secondo una relazione del tipo:
La precedente normativa invece prevedeva m = 85o C e n = 60K con lambiente sempre a a = 20o C. Talvolta
si possono trovare ancora cataloghi di radiatori basati sulla precedente normativa.
3

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

33

= C()n
dove
C e un coefficiente caratteristico di ciascun radiatore;
n e` un esponente che viene determinato durante le prove di laboratorio e che viene riportato nei
cataloghi;
e la differenza di temperatura tra il radiatore e lambiente (temperatura operante):
m + r
a .
2
Applicando la relazione precedente anche alle condizioni di prova si pu`o eliminare il coefficiente
C e ottenere:

n

= n
n
Nei cataloghi sono riportati i valori di n e dellesponente n, oltre alle condizioni di temperatura
utilizzate per valutare la resa.
=

2.1.1

Osservazioni sul valore dellesponente n

Lesponente n risulta approssimativamente compreso tra 5/4 e 4/3 in quanto la resa dipende prevalentemente dallo scambio per convezione naturale. A seconda della conformazione del radiatore e
soprattutto dellaltezza, la convezione tender`a al regime laminare piuttosto che a quello turbolento.
Infatti, a parit`a delle altre condizioni, i radiatori di altezza maggiore hanno potenze rese maggiori,
poiche la superficie di convezione e piu alta e si ha una superficie pi`u ampia su cui si pu`o sviluppare
il regime di moto turbolento. Nello scambio convettivo infatti si ha:
Nu
H
con h coefficiente di scambio convettivo, H altezza di riferimento. Inoltre, nella convezione
naturale si ha:
h=

Nu = c (Gr Pr) = Ra con

p = 1/4 se Ra < 109 regime di moto laminare


p = 1/3 se Ra > 109 regime di moto turbolento

dove
gH 3

2
a
con a diffusivit`a termica e viscosit`a cinematica.
Pertanto, per il flusso termico convettivo c avremo:

(5/4) in regime di moto laminare
(p+1)
c = hAc
=
(4/3) in regime di moto turbolento
Ra = Gr Pr =

dove Ac rappresenta larea di scambio convettivo.


Ovviamente a questo flusso si aggiunge la componente radiante che resta praticamente costante e
influisce leggermente sul valore finale dellesponente n.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

2.1.2

34

Portata di fluido nei radiatori

I radiatori sono alimentati ad acqua allo stato liquido4 , eventualmente addizionata di glicole per
abbassarne il punto di congelamento qualora si prevedano fermi prolungati dellimpianto durante
linverno.
Il valore della temperatura di mandata m e del salto termico tra mandata e ritorno dellacqua
corrispondono a scelte progettuali; la tendenza attuale comunque e quella di porre m = 75o C mantenendo il salto m r al valore tipico di 10 K. Il valore della temperatura ambiente a dipende
prevalentemente dalla destinazione duso dei locali, ad esempio, a = 20o C per edifici ad uso civile
(esclusi i bagni) e a = 18o C per edifici ad uso industriale. Se i valori di m , r e a non coincidono con quelle di riferimento per i dati del catalogo che si ha a disposizione, si deve determinare la
potenza resa dal radiatore con lespressione presentata in precedenza.
In ogni caso, per ogni locale, la potenza del radiatore, nelle condizioni operative scelte, deve
superare la potenza del corpo scaldante calcolata come indicato in precedenza. Ovviamente la potenza
da fornire al locale pu`o essere frazionata su pi`u terminali. Scelta la tipologia di radiatore (solitamente
in base a criteri estetici), si valuta la resa singola, per poi arrivare al calcolo della portata di fluido
necessaria ad avere la potenza desiderata:
n


= m
w cw w
= n
n
con
m
w =portata di fluido (acqua normalmente).
cw = calore specifico del fluido (4,187 kJ/kgK per lacqua)
w = m r = 10K tipicamente.
Fissato il salto termico tra mandata e ritorno del fluido la portata di fluido resta determinata:
m
w=

cw (m r )

In base alla portata di fluido si dimensionano le tubazioni, le valvole, etc. . . , in pratica la rete di
distribuzione. Da notare che se viene aumentato il salto di temperatura w , per ottenere la stessa
potenza termica sar`a sufficiente una minore portata di fluido ai terminali, ma limpianto si adeguer`a
piu lentamente alle variazioni di carico, ed in particolare si allungher`a il transitorio per portarlo
a regime. Se il salto termico o le condizioni operative non coincidono con quelle della prova di
laboratorio con cui si e` determinata la resa nominale dei radiatori si deve procedere a ritroso e ricavare
la n di catalogo per fornire la cs nelle condizioni reali come segue:
n

n
n = cs
w
Nei radiatori modulari, che sono sempre pi`u diffusi, si calcola invece la resa di un modulo a partire
dalla resa nominale:

n
w
1 = n,1
n
4

Sopravvivono pochi vecchi impianti alimentati a vapore dacqua, soprattutto nei paesi nordici, in vecchi edifici molto
disperdenti in quanto un fluido pi`u caldo permette dimensioni minori dei corpi scaldanti a parit`a di potenza fornita

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

35

dove 1 rappresenta la resa di un singolo modulo. Poi si ottiene il numero di moduli:


m

2.1.3

cs
1

Collocamento ideale dei radiatori

I radiatori ben collocati sono posti di solito in una rientranza della parete, o sotto una piccola mensola,
in modo che la turbolenza dellaria venga aumentata nella zona sopra al radiatore stesso, aumentando
cosi lo scambio termico, e le linee di flusso vengano piegate verso il centro della stanza. Il radiatore
sotto la finestra inoltre irradia verso il centro della stanza e la parete opposta, e produce un circolo
daria benefico. vedere anche fotocopie

14

25

Soluzione
migliore
32

21

32

15

Soluzione
peggiore:
piedi piu
freddi.

18

14

Radiatore

2.1.4

Altri tipi di corpi scaldanti con disposizione simile

Esistono, oltre ai radiatori, anche altri tipi di corpi scaldanti di dimensioni simili ai radiatori, il cui
dimensionamento e disposizione in ambiente risulta molto simile a quello visto in precedenza per i
radiatori: In particolare
piastre radianti: molto simili ai radiatori, ma presentano una maggiore emissione di calore per
irraggiamento, dellordine del 30/35 %.

Sconsigliabile:
il pannello blocca
il flusso radiativo

ventilconvettori: lo scambio termico e` garantito da una ventilazione forzata dellaria su una


batteria alettata in cui circola il fluido.
termoconvettori: simili ai precedenti, ma senza ventilatore: lo scambio ternico e` dovuto alla
convezione naturale su batterie alettate, collocate spesso a zoccolo, ovvero a livello del battiscopa sul pavimento. Sono utilizzati negli USA, e da noi nelle ristrutturazioni o al disotto di
grandi vetrate. Presentano lo svantaggio di favorire il moto delle polveri.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

2.2

36

Calcolo delle perdite di carico

Le reti di distribuzione del fluido termovettore, essendo a tutti gli effetti circuiti idraulici, sono soggetti
a delle perdite di carico, che devono essere determinate per il corretto dimensionamento dei tubi e
la scelta delle pompe di circolazione. Le resistenze al moto si manifestano sia lungo le tubazioni e
sono proporzionali alla lunghezza del percorso e sia in corrispondenza a variazioni brusche di sezione
o deviazioni del flusso. Pertanto, le perdite di carico5 possono essere considerate di 2 tipi, distribuite
pd e localizzate o concentrate pc . Di conseguenza, esprimiamo le perdite di carico complessive in
un ramo di un circuito idraulico nel seguente modo:
p = pd + pc
Con riferimento al Sistema Internazionale di unit`a di misura (SI) r si esprime in pascal (Pa) o suoi
multipli (kPa o bar). Dividendo lespressione di r per la densit`a dellacqua e per laccelerazione
di gravit`a g il salto di pressione viene espresso come altezza di colonna dacqua, metri di colonna
dacqua (m c.a.) o col suo sottomultiplo pi`u utilizzato, il millimetro di colonna dacqua (mm c.a.) e
la perdita di carico per unit`a di lunghezza sar`a espressa rispettivamente in (m c.a./m) e (mm c.a./m).
Osservazione: Per la valutazione delle pressioni sono in uso numerose unit`a di misura di tipo tecnico.
In particolare, nei circuiti idraulici e` diffusa la misura in termini di altezza di colonna dacqua espressa
in millimetri (mm c.a.) o metri (m c.a.). Per passare facilmente da pascal a mm c.a. si consideri che
una colonna dacqua alta un metro (1000 mm c.a.) produce alla base, a causa del suo peso, una
pressione:
1000 9, 81 1
N
gz
=
= 9810 2 10000Pa
p=
A
1
m
Pertanto, in ambito tecnico si assume normalmente
1 mc.a. 10 kPa ; 1 mmc.a. 10 Pa
Per le perdite di carico espresse in metri o millimetri di colonna dacqua useremo nel seguito il
simbolo z. Nella fase di progettazione si cerca di limitare le perdite di carico e le velocit`a del fluido
entro valori accettabili. Tipicamente, si fa in modo di restare entro i seguenti valori:
0, 5 < w < 2, 5 m/s per la velocit`a del fluido nei tubi;
10 < z
< 30 mm c.a./m per la perdita di carico specifica per metro di tubazione.
L
Per quanto riguarda i valori della velocit`a del fluido, valori elevati di w comportano diametri
minori delle tubazioni con conseguenti minori ingombri e costi di impianto, parallelamente si hanno
maggior usura delle tubazioni, maggior rumore e maggiori perdite di carico con necessit`a di pompe
pi`u potenti e maggiori costi di esercizio.

2.2.1

Calcolo delle perdite di carico distribuite

Le perdite distribuite sono funzione della scabrezza del diametro e della lunghezza dei condotti, e
sono proporzionali al quadrato della velocit`a. Per le tubazioni (a sezione costante) e conveniente fare
riferimento alle perdite per unit`a di lunghezza:
r = fa

1 w2

D 2

con:
5

Le perdite di carico sono comunemente espresse in termini di differenze di pressione, trascurando le differenze di
energia cinetica del fluido in diversi punti del circuito.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

37

r perdita di carico per unit`a di lunghezza;


D diametro del condotto
densit`a del fluido
w velocit`a del fluido
fa fattore di attrito (adimensionale)
In regime laminare il fattore dattrito risulta:
fa =

64
Re

Per il regime turbolento il fattore dattrito si pu`o ricavare dal diagramma di Moody o si pu`o calcolare
per iterazioni successive con la relazione di Colebrook:


1

2, 51
= 2 log
+
3, 7D Re fa
fa
= scabrezza del condotto
Re = numero di Reynolds,
Re =

wD
wD
=

con viscosit`a statica e viscosit`a cinematica del fluido.


In alternativa si pu`o usare la formula di Altshul che ha il pregio di essere esplicita:
0

f = 0, 11

68

+
D Re

0,25

con fa = f 0 se f 0 0, 018 oppure fa = 0, 85f 0 + 0, 0028 se f 0 < 0, 018.


Le perdite di carico sono influenzate dalla scabrezza o rugosit`a dei tubi. I tubi con minor scabrezza
sono quelli in rame e quelli in materiale plastico quale polietilene normale, telato o ad alta densit`a (PE,
PEX, PEAD), polipropilene (PP), polivinil-cloruro (PVC) che si usano sempre pi`u frequentemente
anche per gli impianti ad acqua calda. I tubi in acciaio infine sono considerati di scabrezza media
e sono utilizzati sia senza trattamento superficiale (acciaio nero) oppure trattati per la resistenza alla
corrosione (acciaio zincato). A seconda del livello di scabrezza, esistono delle formule semplificate
per il calcolo di fa 6 :
bassa scabrezza: 2m < < 7m (Cu, PE)
fa = 0, 316 Re0,25
media scabrezza: 20m < < 90m (acciaio)
fa = 0, 07 Re0,13 D0,14
alta scabrezza: 0, 2mm < < 1mm tubi incrostati o corrosi.
6

Vedere anche il Quaderno CALEFFI: Reti di distribuzione.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

38

Le perdite di carico per i tubi di diversi materiali si trovano comunque anche diagrammate. Si
hanno diagrammi del tipo schematizzato nella figura seguente diversi per materiale del tubo, e temperatura dellacqua. Si entra nel diagramma con la portata e la perdita di carico unitaria desiderate,
e si trova il diametro commerciale che le soddisfa. Per temperature diverse i valori di perdita di carico vanno corretti opportunamente7 a causa della variazione delle propriet`a termofisiche del fluido:
soprattutto la viscosit`a.
Diametro

Portata

Perdite di carico specifiche

Ad esempio, per lo stesso materiale esistono 3 diversi diagrammi, a seconda della temperatura dellacqua: 10o /50o /80o C. Infatti al variare della temperatura la viscosita del fluido cambia sensibilmente
e di conseguenza anche le perdite, che sono maggiori alle temperature basse; a parit`a di portata un
impianto funzionante in raffrescamento con acqua ad una temperatura media di 10o C e` caratterizzato
da perdite di carico maggiori di circa il 30% rispetto al funzionamento, in riscaldamento, con acqua
ad una temperatura media di 80o C.

2.2.2

Calcolo delle perdite di carico localizzate

Come perdite di carico localizzate si considerano quelle dissipazioni di energia che si manifestano
per brevi tratti delle condutture, in corrispondenza a deviazioni brusche del moto del fluido, con
insorgenza di fenomeni vorticosi dissipativi (in aggiunta a quelli che si hanno nei tratti rettilinei). Le
brusche deviazioni del moto si possono individuare in presenza di curve a piccolo raggio, raccordi,
variazioni di sezione, valvole, etc. . . , e vanno sommate alle perdite distribuite. Esistono due diversi
metodi per la determinazione di tali perdite:
Metodo diretto:
e` il piu preciso dei due, e calcola direttamente la perdita in ogni discontinuita:
z =

w2
2

con coefficiente di perdita localizzata, che di solito viene fornito per ogni tipo di disturbo che puo
essere presente nel circuito. La perdita totale, per un tratto di tubo a diametro costante, risulta
w2 X
z = L r +

2
7

Vedi il materiale distribuito a lezione

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

39

Metodo delle lunghezze equivalenti:


ad ogni elemento di disturbo viene associata una perdita aggiuntiva da sommare alle distribuite. Dimensionalmente sono lunghezze. In pratica si determina una lunghezza virtuale del tubo maggiore
della reale, cos` le perdite totali vengono calcolate come sole perdite distribuite su tale lunghezza
fittizia. Si avr`a:
X
Ltot = L +
Leq
dove Ltot e` la lunghezza fittizia da usare nei calcoli, L la lunghezza effettiva della tubazione, Leq le
lunghezze equivalenti delle diverse discontinuit`a. La perdita di carico totale sara:
z = r Ltot
Una volta determinate le perdite di carico per ogni tratto, si deve operare il bilanciamento idraulico
dellimpianto.

2.3

Tipologie di distribuzione:

Esistono diversi modi di collegare i terminali tra lora ed alla caldaia: per gli edifici ad uso civile
principalmente vengono utilizzati 3 tipi di distribuzione diversa:
monotubo
a 2 tubi
a collettore, di solito complanare.

2.3.1

Distribuzione monotubo

Si tratta di una distribuzione ad anello sul perimetro dellambiente da scaldare in cui i corpi scaldanti
sono posti in serie. In passato veniva utilizzato specialmente nelledilizia a basso costo, in quanto
consente risparmi sul costo delle tubazioni.
Caldaia

Terminali in serie

pregi: basso costo di installazione e di tubazioni


difetti: se si chiude un radiatore si blocca il flusso anche agli altri, essendo posti in serie. Questo
problema viene risolto con un by-pass per ogni terminale. Inoltre il salto termico avviene non
in ogni terminale, che quindi scambia poco calore, ma in tutto lanello, costringendo ad alzare
le portate e di conseguenza le perdite di carico.
Attualmente questo sistema viene utilizzato dove gli altri riultano troppo costosi,ad esempio per
riscaldare locali molto ampi.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

2.3.2

40

Calcolo nella distribuzione monotubo

Si possono distinguere 3 diverse sottotipologie a seconda di come si garantisce il passaggio della


portata scaldante di progetto nel radiatore o altro tipo di terminale.
valvola a 4 vie: garantisce un rapporto costante tra la portata nel corpo scaldante e quella
nellanello.

Radiatore
Valvola

Mand.

Rit.

In pratica, e` un dispositivo di regolazione con 4 bocche che realizzano 2 percorsi, uno attraverso
il radiatore e laltro di by-pass.
tubo venturi: il rapporto tra le portate non e` pi`u costante, dipende dalle condizioni di funzionamento.
collegamento normale con detentore, ovvero valvola a perdita di carico variabile.
Per il dimensionamento, vengono date solo indicazioni di massima, per uno studio particolareggiato
si faccia riferimento ai manuali dei produttori. Indipendentemente dal numero di anelli, si procede
con un anello per volta, procedendo come segue:
1. Si calcola la potenza A da fornire a tutto lanello. Se ci sono n corpi scaldanti in un anello, la
A e` la somma delle potenze termiche T di ogni terminale.
X
A =
T
2. Si sceglie la tA , salto termico nellanello. Di solito si prende un valore compreso tra 10 e 15
K.
3. Si calcola la portata nellanello, GA :
GA =

A
c tA

4. in base a tale portata ed alla perdita di carico unitaria desiderata, si trova il diametro del tubo
grazie agli appositi grafici.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

41

Diametro

Portata

Velocita
nei tubi
Perdite di carico specifiche

Bisogna tener presente che i tubi in acciaio zincato sono pi`u costosi di quelli non zincati, ma
piu economici del rame. Il Cu per`o e` flessibile (mentre lacciaio costringe a fare solo curve a
gomito), ed a sua volta pu`o essere ricotto, per migliorare ancora la flessibilit`a e diminuire dunque il raggio delle curve fattibili. il costo del Cu e` circa una volta e mezza quello dellacciaio,
ed e` meglio tenersi al disotto di 18/20 mm di diametro, per evitare prezzi degli acessori troppo
alti. Se le portate risultassero in questo caso troppo elevate, la soluzione e` quella di suddividere
lanello in due.
5. Nel caso di collegamento con tubo venturi,

Radiatore
Valvola

Ga

gi

Gagi

Ga

si possono operare sul singolo terminale i bilanci di energia e delle forze:


Bilancio di ENERGIA (o di potenze termiche):
GA c(te,i te,i+1 ) = t,i
e si ricavano cos` le temperature di entrata nei diversi terminali te,i .
Bilancio di FORZE (o di pressioni): si hanno 2 rami con 2 nodi in comune, e quindi per
lequilibrio si deve avere lo stesso salto di pressione:
PA (GA Gi ) = Pi (Gi )
scegliendo il diametro di Gi e regolando la valvola si impone una certa pardita di pressione
tra i 2 nodi.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

42

6. Una volta dimensionato lanello, si trova la perdita di carico globale:


X
PA =
PAi + rA LA = rA Leq
P
Leq = LA +

PAi
rA

dove
PA perdita di carico globale sullanello
PAi perdita di carico sul singolo terminale
rA perdita di carico per unit`a di lunghezza nel tubo principale dellanello
LA Lunghezza di tale tubo.
Leq Lunghezza equivalente di tale tubo, che considera anche le perdite concentrate.
In presenza di pi`u anelli esistono perdite diverse per ogni anello: si tratta di introdurre una
caduta di pressione PV negli anelli che hanno perdite minori della massima, in modo da
bilanciare limpianto: per ogni anello con perdita PA risulter`a
PV = PA,max PA
Se non si introducessero tali cadute di pressione, negli anelli con perdita minore della massima
si avrebbe un aumento della portata fino ad avere un bilanciamento spontane`o dellimpianto,
con portata totale pi`u grande di quella di progetto, e potenza maggiore da fornire alle pompe.
Per valutare di quanto aumentano le portate, si fanno due considerazioni:
la velocit`a aumenta linearmente con la portata
Le perdite aumentano con il quadrato della velocit`a.
Si pu`o calcolare la nuova portata, passando per la lunghezza equivalente:
0
PA,max = Leq rA
0
con rA
perdita concentrata con la nuova portata
0
=
rA

PA,max
Leq

0
Una volta noto rA
, dal diagramma delle perdite si ricava la nuova portata G0A , che comunque
deve soddisfare:
G0A GA
< 10%
GA

2.3.3

Distribuzione a 2 tubi

E` il tipo di distribuzione che consente minor impiego di tubazioni senza precludere la possibilit`a di
regolare il singolo terminale, come avviene nella monotubo. Consiste nel servire in serie e parallelo
con due tubi i diversi terminali , che prendono il fluido dal tubo di mandata e lo scaricano su quello
di ritorno. Il ritorno di un terminale NON va quindi a quelli successivi, come nel monotubo. Il
collegamento pu`o esser fatto in due modi diversi, a seconda della lunghezza dellimpianto:

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

43

Caldaia

Ritorno semplice

Figura 2.2: circuito a ritorno semplice


Caldaia

Ritorno inverso

Figura 2.3: circuito a ritorno inverso


ritorno semplice
, usato per gli impianti piccoli la distribuzione E presentata in figura 2.2 Si noti che le portate sono
diverse nelle diverse zone di distribuzione, infatti ad ogni uscita verso un terminale la portata cala nel
tubo di mandata, che verr`a quindi dimensionato con diametri decrescenti, per avere perdita di carico
costante per unit`a di lunghezza.

Diametro
inferiore
Mand.
Rit.
Per quanto riguarda le perdite di carico, lultimo terminale servito sar`a soggetto a perdite molto pi`u
alte del primo, per la maggior lunghezza dei tubi di mandata e ritorno. Per mantenere le portate
di progetto, si agisce sulle valvole dei diversi terminali. Se per`o limpianto e` molto lungo, occorre
pessare allaltra disposizione:
ritorno inverso
, in questo caso tutti i terminali sono soggetti a perdite simili figura 2.3, anche se si deve utilizzare un
tubo di ritorno pi`u lungo: Per il dimensionamento delle reti a 2 tubi, si parte scegliendo una perdita
unitaria (e dunque il diametro adatto alla nostra portata iniziale), e si dimensionano i vari tratti dei
tubi cercando di mantenere costante tale perdita, pur con variazioni di portata. Per determinare le
portate, si parte dalla potenza dei vari terminali:
gi =

i
ct

con t = 10K, valore tipico, uguale per tutti i terminali. L aportata globale sar`a
X
G=
gi

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

44

Per mantenere costanti le perdite di carico unitarie nei 2 tubi, ogni terminale dovr`a avere un suo
diametro di mandata e di ritorno.

Caldaia

Pianta edificio

La disposizione a 2 tubi si presta allutilizzo di tubi in acciaio, poiche`le curve sono di solito solo a
gomito. attualmente per`o si preferisce il rame, che consente collegamenti a freddo e senza filettatura,
grazie alla tecnologia a pressare, o press fitting. Ad esempio, per il collegamento di 2 tubi in Cu
di diverso diametro,

Azione pinze
a freddo
Figura 2.4: raccordo a freddo
si usa, come raffigurato in fig 2.3.3, un raccordo con due anelli di tenuta in gomma e pinze che
garantiscono la tenuta, pur operando a freddo e senza filettature.

2.3.4

Distribuzione a collettore complanare

E` un sistema molto diffuso, e va molto bene per gli impianti nuovi in edifici di nuova costruzione,
non si usa nelle ristrutturazioni. Prevede una distribuzione a livello locale, cio`e di unit`a abitativa, a
partire da due collettori, uno di mandata e uno di ritorno giacenti sullo stesso piano che costituiscono
un unico componente, a cui sono collegati in parallelo tutti i terminali. Il collettore, di solito dottone
e di spessore di poco superiore al diametro esterno dei tubi di collegamento alla rete di distribuzione,
viene posizionato in una nicchia ricavata in una parete anche sottile, in posizione il pi`u possibile
baricentrica rispetto ai corpi scaldanti, per minimizzare la quantit`a di tubo utilizzato e le perdite di

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

45

carico; la nicchia e` di solito coperta da una lamiera metallica o una piastra in materiale plastico. I tubi
di collegamento, di solito in rame ricotto o in materiale plastico, si staccano dal collettore, scendono
verticalmente fino al pavimento in cui scorrono in orizzontale e contribuiscono,anche se in piccola
parte, al riscaldamento dei locali8 fino ai radiatori; in corrispondenza dei radiatori i tubi vengono
piegati e fatti risalire nella parete e fatti fuoriuscire dalla parete in corrispondenza dellattacco dei
corpi scaldanti ai quali vengono collegati mediante la valvola ed il detentore. Il posizionamento
dei tubi nel pavimento avviene prima del getto di allettamento e della finitura del pavimento. Per
quanto riguarda il dimensionamento, le relazioni da utilizzare sono le stesse della distribuzione a
due tubi. Da notare per`o che in questo caso ogni terminale e` collegato ai collettori con due tubi di
lunghezza anche elevata, che quindi vanno scelti in modo da ottenere perdite di carico accettabili (pur
restando preferibilmente sotto i 14 mm di diametro interno se si utilizza il rame, che oltre diventa
molto costoso). Ogni terminale avr`a quindi la sua lunghezza equivalente ed il suo diametro, che porta
ad una perdita totale che, in generale, e` diversa per ognuno di essi. Si vuole per`o che con le portate di
progetto le cadute di pressione siano uguali in tutti i rami, poich`e questi sono collegati in parallelo nei
collettori: altrimenti la portata nei rami meno sfavoriti aumenterebbe eccessivamente rispetto a quella
di progetto. Il sistema va dunque bilanciato idraulicamente. Per ottenere ci`o si usano delle valvole di
regolazione, in modo da ottenere la stessa perdita del ramo pi`u sfavorito anche sugli altri rami. Per
la regolazione si pu`o intervenire anche sui detentori dei corpi scaldanti. Infine, si dovr`a garantire ai
collettori una differenza di pressione pari alla perdita di carico del ramo pi`u sfavorito.

2.4

Pannelli radianti

Sono terminali che scambiano calore gran parte per irraggiamento. Si distinguono 3 diversi tipi:
1. Pannelli ad elevata temperatura, s > 680o C, destinati ad ambienti industriali, sono applicati sospesi per non essere raggiungibili dalle persone e staccati dalle strutture, date le alte
temperature. Alcune tipologie realizzano la combustione sul supporto ceramico che costituisce
lelemento radiante, in tal caso, siccome i prodotti della combustione vengono immessi nei locali da riscaldare il loro uso e` limitato a locali aperti o semi aperti. In altre tipologie il fluido
termovettore e` costituito da acqua calda pressurizzata, vapore o gas di scarico di un sistema di
combustione.
2. Pannelli a media temperatura, 80200o C, anche questi sono destinati ad ambienti industriali,
magazzini, ecc. e sono applicati sospesi e staccati dalle strutture. Il fluido termovettore e` acqua
calda o gas di scarico di un sistema di combustione. Questo tipo ed i precedenti si usano
in particolare quando la zona da riscaldare e` relativamente piccola rispetto allintero locale.
Presentano comunque degli scambi termici per convezione che scaldando laria al di sopra
delle zone occupate sono da considerarsi come perdite.
8

Si vedano le fotocopie allegate

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

46

Zona di lavoro
3. Pannelli a bassa temperatura, 2545o C, sono usati per impianti di riscaldamento, ma ultimamente anche per il raffrescamento estivo, facendo circolare nello stesso impianto acqua fredda
(a temperature di circa 18o C). Questi ultimi possono essere:
a pavimento: buone prestazioni sia per riscaldamento che per il raffrescamento. Sono i
pi`u utilizzati.
a parete: efficienti per riscaldamento e raffrescamento.
a soffitto: efficienti soprattutto per il raffrescamento
Lo scambio termico si realizza per convezione naturale con laria ambiente e in modo significativo anche per irraggiamento. Per i pannelli orizzontali, lo scambio termico e` pi`u efficace
con flusso termico ascendente. Perci`o, per il riscaldamento sono migliori i pannelli a pavimento, mentre per il raffrescamento estivo la resa migliore si ha con i pannelli a soffitto, che per`o
sono meno efficienti nella stagione invernale perch`e producono stratificazione dellaria. Lo
stesso varrebbe per il raffrescamento a pavimento, se non ci fosse una condizione favorevole:
la radiazione solare di solito entra dallalto verso il basso e colpisce il pavimento freddo che
raccoglie cos` subito una parte del carico termico da asportare. Rimane comunque la limitazione sulla convezione. Da notare che la presenza di mobili sul pavimento di solito limita poco
la diffusione del calore, mentre bisogna tener conto dei carichi che devono essere sopportati.
limpianto deve quindi essere robusto, di solito si hanno tubi annegati in profondit`a nel massetto di calcestruzzo che deve avere spessore maggiore di 45 mm. Questo problema non si pone
per i pannelli a parete o a soffitto, che quindi possono essere molto pi`u prossimi alla superficie,
ricoperti dallintonaco o solo dalla tinteggiatura.

2.4.1

Riscaldamento a pavimento

E` un tipo di impianto molto diffuso nei paesi dellEuropa centrale che si sta diffondendo sempre di
pi`u anche in Italia. La sua realizzazione non richiede tecnologie particolari e pu`o portare a risparmi

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

47

energetici soprattutto in abbinamento con caldaie a condensazione. Viene trattato nella norma UNI
EN 1264 (suddivisa in 4 parti). La prima parte e` riservata a definizioni e simbologia, la seconda
alla determinazione della potenza emessa (utile ai produttori), la terza al dimensionamento (utile ai
progettisti) e la quarta riguarda prescrizioni per linstallazione (utile ai progettisti, direttori dei lavori
e installatori).

Finitura

Massetto con tubi


Vengono chiamati pannelli radianti in quanto buona parte dello scambio termico avviene per irraggiamento.

Irraggiamento e convezione
I pannelli sono realizzati disponendo nel massetto del pavimento, prima del getto, un tubo a spirale
o a serpentina. E` consigliabile per il massetto lutilizzo di materiali con buona resistenza meccanica
ed alta conduttivit`a termica, come ad esempio il calcestruzzo (cls). Lobiettivo, nella realizzazione
del pavimento contenente i pannelli, e` quello di favorire lo scambio termico verso lalto e di limitarlo
verso il basso, utilizzando uno strato compatto di isolante (va bene il polistirolo o il poliuretano
espanso, non la lana di vetro o simili).

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

48

Finitura

Massetto con tubi


Isolante
Sopra il solaio portante si dispone lo strato di isolante, i cui spessori devono rispettare i valori di resistenza minima previsti nella UNI EN 1264-4 e riportati nella Tabella 2.4.1. Lisolante e` poi protetto
con un foglio di polietilene o equivalente. Al di sopra si posa solitamente una rete metallica che serve
sia a evitare crepe nel massetto che per lancoraggio dei tubi mediante ganci. I tubi sono raramente di
rame, di solito sono di materiale plastico quale polietilene (PE) o polipropilene (PP) con una guaina
per bloccare la diffusione dellossigeno che trasportato poi dallacqua andrebbe ad intaccare le parti
ossidabili dellimpianto. I tubi vengono posati sopra la rete metallica con un passo stabilito in fase di
progettazione 9 .
Tabella 2.2: Resistenza termica minima degli strati di isolamento sottostanti limpianto di
riscaldamento a pavimento
Resistenza termica minima (m2 K/W)
Pavimento verso
Ambiente sottostante
Ambiente sottostante
riscaldato
non riscaldato o
Ambiente esterno
riscaldato in modo
non continuativo o
Temperatura esterna di progetto
o
direttamente sul terreno (*) e 0 C 5 e 0o C 15 e 5o C
0,75
1,25
1,25
1,50
2,00
(*) Con un livello di falda freatica 5m il valore dovrebbe essere aumentato

Tubo

Pianta
9

Sezione

Una soluzione alternativa alla rete metallica e` costituita da pannelli isolanti con delle sporgenze cilindriche che hanno
lo scopo di trattenere i tubi in modo da rispettare il passo previsto. In questo caso il passo tra i tubi pu`o variare solamente
ad intervalli discreti corrispondenti al passo tra le sporgenze.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

49

Esempi di posa:

Infittimento nel lato freddo


della stanza

Per riscaldare un edificio si hanno pi`u circuiti che fanno capo ad un unico collettore, posto di solito
in una nicchia in una parete verticale non necessariamente in posizione baricentrica in quanto la
lunghezza dei tubi dipende meno dalla posizione dei collettori. I tubi di norma hanno tutti lo stesso
diametro, e le perdite dei diversi circuiti dipendono quindi solo dalle diverse lunghezze. Essendo i
circuiti in parallelo nel collettore, per avere le portate di progetto si deve procedere al bilanciamento
idraulico dellimpianto, tramite opportune valvole regolabili posizionate sul collettore. I collettori
di mandata e ritorno per i pannelli radianti non sono complanari e neppure collegati rigidamente
e solitamente sono pi`u ingombranti di quelli per impianti a collettori, anche per la presenza delle
valvole di regolazione.
Le norme prendono in considerazione diverse configurazioni (tipi) di pannelli:
Tipo A
Finitura superficiale

Massetto
Isolante
con tubi
Protezione
Struttura
isolante
portante

Dallalto verso il basso:


rivestimento finale
massetto contenente i tubi in cui fluisce il fluido caldo
strato di protezione ed isolante
struttura portante

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

50

Tipo B

Finitura

Tubi disposti
nell'isolante
I tubi sono disposti sullo strato pi`u superficiale dellisolante con delle sottili lamelle che permettono
miglior distribuzione orizzontale del flusso termico.
Tipo C
si ha un pannello prefabbricato contenente al suo interno tubi gi`a predisposti, collocati sopre lisolante.
Poich`e lo scambio termico avviene principalmente per irraggiamento, oltre alla temperatura dellaria, assume particolare importanza la temperatura delle superfici interne delle pareti. E opportuno
perci`o fare riferimento alla temperatura operante o dellambiente che e` una media pesata tra la
temperatura dellaria a e la temperatura media radiante mr delle superfici interne:
o = Aa + (1 A)mr
dove A e` il coefficiente di pesata (ovviamente A < 1). Per velocit`a dellaria basse si pu`o assumere
A = 0, 5 e pertanto:
a + mr
o =
2
La temperatura media radiante delle pareti mr e` la temperatura uniforme che le pareti dovrebbero
avere per scambiare per irraggiamento lo stesso calore, lesatto valore di mr si ottiene pesando con i
fattori di vista e con larea il valore della temperatura assoluta delle diverse pareti:
mr = Tmr 273, 15
dove
Tmr

v
uX
u n
4 t
=
(sj + 273)Fj
j=1

ed inoltre
n

numero di pareti

sj

temperatura della j-esima parete

Fj

fattore di vista della j-esima parete

Quando le pareti hanno temperature superficiali poco diverse tra loro ( < 5K si pu`o assumere:
Pn
j=1 sj Aj
mr Pn
j=1 Aj

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

51

con Aj area della j-esima parete.


Nella norma UNI EN 1264-2 e` fornita unespressione per il calcolo della potenza termica per
unit`a di superficie che il pannello pu`o fornire in funzione delle temperature in gioco:
Y
q = B (ai )mi H
(2.1)
dove
q

flusso termico per unit`a di superficie fornito dal pannello

B = coefficiente caratteristico dellimpianto


ai , mi coefficienti caratteristici del pavimento
H differenza di temperatura media logaritmica tra lacqua nei tubi e lambiente.
La differenza di temperatura media logaritmica e` data dalla seguente relazione:
H =

V R
i
)
ln( VR
i

con
V

temperatura di mandata dellacqua

temperatura di ritorno dellacqua

temperatura dellambiente

Ci sono diversi fattori che influenzano la potenza scambiata e di cui si tiene conto mediante i
i
termini am
i :
Il passo tra i tubi, T ;
Lo spessore del supporto, su . Normalmente il supporto e` il massetto in CLS.
La conduttivit`a termica del supporto, E ;
La resistenza termica del rivestimento, RB ;
Il diametro esterno dei tubi, D, che solitamente sono rivestiti da una barriera alla migrazione
di O2 :
elementi conduttivi addizionali, KW L ;
Il contatto tra i tubi e il pavimento.
In realt`a la potenza scambiata dovrebbe essere
n
q = f (H
)

con 1, 00 n 1, 05, ma di fatto si usa sempre n = 1. Mediante la formula 2.1 il produttore


del pannello (o il progettista) al variare dei parametri costruttivi determina le curve caratteristiche
del pannello in funzione di H in particolare, per i valori del passo T che si intendono utilizzare,
sono utili le curve ottenute con resistenze del rivestimento R,B = 0, 0 ed R,B = 0, 1 m2 K/W. Sui
diagrammi che rappresentano le curve caratteristiche sono riportate anche le curve che rappresentano

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

52

le massime potenze ottenibili qG , al variare di H , per una temperatura massima superficiale


di 29o C (zona calpestabile) e 35o C (zona perimetrale)10 . Lemissione massima qG per per un salto
termico F,max i = 9 K (curva limite inferiore si ottiene dalla seguente relazione:
qG = BG (H )nG
mentre lemissione massima qG per per un salto termico F,max i = 15 K (curva limite superiore
si ottiene dalla analoga relazione:

qG = BG

15
9

1,1(1nG )

(H )nG

dove BG ed nG sono riportati in prospetti nella Norma UNI EN 1264-2 in funzione del passo tra i
tubi T e dello spessore su e conduttivit`a termica E dello strato di supporto. Dalla uguaglianza tra
queste espressioni di qG e la resa del pannello fornita dalla 2.1 si ottiene il valore di H,G salto di
temperatura medio logaritmico in corrispondenza della intersezione tra le curve caratteristiche e le
curve limite11 .
Per i limiti sulla temperatura massima del pavimento a 29o C nella zona calpestabile un pannello
ha una emissione massima di circa 100 W/m2 in tale zona. Mentre ai bordi dei locali, dove si ha
maggiore dispersione e dove e` concessa una temperatura massima di 35o C il limite di emissione
raggiunge dirca 175 W/m2 . Valori tipici di emissione in fase di progetto per la zona calpestabile sono
q = 80/90 W/m2 .

2.4.2

Prestazioni e dimensionamento dei pannelli a pavimento

Il dimensionamento dei pannelli a pavimento per i diversi ambienti viene effettuato utilizzando un
diagramma, su cui sono riportate le curve caratteristiche, calcolate con la formula 2.1, che in ascissa
presenta la differenza di temperatura media logaritmica H tra ambiente e lacqua nei tubi, mentre in
ordinata il flusso termico specifico q per diversi valori del passo T e della resistenza del rivestimento
q''

Grafico
bilogaritmico

e f < e fm
R,B vedi figura 2.5.
Per il dimensionamento dellimpianto il punto di partenza e` sempre la potenza da fornire ad
ogni singolo locale, indicata nella Norma come QN,f che deve essere depurata della dispersione dal
10
Le curve limite inferiore e superiore valgono per differenze tra la massima temperatura del pavimento e lambiente
di 9 K e 15 K rispettivamente. In particolare la curva limite inferiore si pu`o utilizzare anche per i bagni dove e` prevista
una temperatura superficiale massima di 33o C per una temperatura ambiente di 24o C, associate a R,B = 0, 0.
11
Per i dettagli vedere la Norma UNI EN 1264-2.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

53
R

q''
175

Limite alto
epavim.
100
Limite basso
epavim.
6e h

Figura 2.5: Esempio di diagramma con le curve caratteristiche e le curve limite

pavimento verso il basso12 in quanto questa viene compensata da una maggior portata dacqua, senza
influire sulla temperatura della superficie superiore.
Si valuta poi, per ogni stanza, la richiesta di potenza per unit`a di superficie utile di pavimento:
qj =

QN,f,j
AF,j

(2.2)

dove AF,j rappresenta larea utilizzabile per disporre i tubi del pannello nella j-esima stanza. Si
individua la stanza pi`u sfavorita, che e` quella che richiede la massima emissione:
qmax = max {qj }
da questo calcolo sono esclusi i bagni, che vengono considerati con i = 24o C e quindi con un
H = 9o C
Si passa cos` alla scelta del passo tra i tubi da utilizzare nella stanza pi`u sfavorita mediante luso
delle curve caratteristiche dei pannelli per i diversi valori del passo tra i tubi.
Per la scelta del passo tra i tubi e della temperatura di mandata dellacqua la norma prevede lutilizzo delle curve caratteristiche valutate con R,B = 0, 1 m2 K/W13 . Si notino sul grafico le due curve
limite, la pi`u bassa per la zona calpestabile e i bagni, con F,max i = 9K, e la pi`u alta per le zone
perimetrali, con F,max i = 15K. si tratta dunque di trovare sul diagramma, in funzione della
qmax , il passo dei tubi e la resistenza del pavimento (anche se la finitura e` scelta a priori dal committente). Naturalmente, minore e` il passo, maggiore e` lemissione a parit`a di massima temperatura del
pavimento in quanto si ha maggiore uniformit`a della temperatura superficiale.
Praticamente, si entra nel diagramma sulle ordinate col valore di qmax e muovendosi in orizzontale
si individuano le intersezioni tra il valore di qmax e le curve caratteristiche per i diversi passi. Le
intersezioni al di sotto della curva limite inferiore individuano tutte dei passi utilizzabili. Se non ci
sono intersezioni al di sotto della curva limite inferiore si procede a suddividere il pavimento in zona
12

Nella determinazione delle curve caratteristiche, quando si valuta la prestazione del pannello, la dispersione verso il
basso viene assunta pari al 10% di quella verso lalto.
13
Se la resistenza del rivestimento e` R,B,j > 0, 1 bisogna utilizzare le curve caratteristiche valutate per la resistenza
effettiva del rivestimento.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

54

Area
perimetrale

<1m

Area
calpestabile

Figura 2.6: Indicazione della zona periferica di un pannello a pavimento

perimetrale e zona calpestabile14 . Individuata la fascia che si vuole utilizzare come perimetrale, con
larghezza massima di 1 metro, se ne calcola larea AR alla quale competer`a un flusso specifico qR
scelto tra quelli ottenibili dal pannello al di sotto della curva limite superiore. Scelto il passo TR , che
fornisce qR , si calcola la potenza termica residua da soddisfare con il pannello nella zona occupata
(calpestabile) di area AA = AF AR come:
QA = QN,f qR AR
Quindi, lemissione richiesta su tale area e` :
qA =

QA
AA

Se questo qA non e` pi`u il qmax si ripete il procedimento a ripartire dalla stanza con qj = qmax.
Riassumendo, lemissione nella zona calpestabile deve star sotto la curva limite inferiore, nella zona
perimetrale sotto quella superiore. Se nemmeno cos`si riesce a soddisfare QN,f , tenuto conto che la
fascia perimetrale non pu`o essere pi`u larga di 1m, si inserisce nellambiente un terminale di altro tipo,
tipicamente un ventilconvettore che funziona con temperature simili a quelle dei pannelli radianti
oppure un radiatore o uno scalda salviette (nei bagni). In questo caso il contributo del terminale va
sottratto al QN,f .
Temperatura di mandata dellacqua in condizioni di progetto
Poich`e il q viene fornito tramite itacqua calda, il passo successivo e` la valutazione della temperatura
di mandata dellacqua: La temperatura superficiale del pavimento non e` uniforme ma e` maggiore
in corrispondenza dei tubi e massima in corrispondenza del primo tubo del circuito dove lacqua e`
alla temperatura di mandata V . In pratica, la limitazione sulla temperatura superficiale si traduce
Le zone periferiche che hanno temperature superficiali pi`u elevate (fino a 35o C sono generalmente situate lungo le
pareti esterne dellambiente, in corrispondenza quindi delle zone a maggior dispersione.
14

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

55
R #B

q''
R #B = 0

!" h

Figura 2.7: Curve caratteristiche di un pannello a pavimento per diversi valori della resistenza del
rivestimento

in un limite sulla temperatura di mandata dellacqua. La formula 2.1 permette di determinare la


resa in funzione della differenza di temperatura media logaritmica tra lacqua e lambiente H ma
da questa non e` direttamente esplicitabile la temperatura di mandata dellacqua che costituisce un
parametro progettuale fondamentale.
H =

V R
i
ln( VR
)
i

(2.3)

Lacqua subisce dunque un salto termico tra la temperatura di mandata V e quella di ritorno R :
= V R

(2.4)

V e` la stessa per tutti i circuiti che confluiscono allo stesso collettore di zona. Per gli impianti
semplici e` preferibile che V sia la stessa per tutti i circuiti anche per un impianto con pi`u zone
controllate separatamente. Oltre al passo tra i tubi, la temperatura di mandata dellacqua rappresenta
laltra incognita da determinare nella fase di progettazione. Si definisce temperatura di mandata
di progetto V,des , quella calcolata partendo dal locale pi`u sfavorito, cio`e quello con flusso termico
specifico pi`u alto. La differenza tra questo valore e la temperatura dellambiente viene definita come:
V,des = V,des i
Per il locale pi`u sfavorito si fissa come riferimento 5 K.
La V,des pu`o essere ricavata direttamente dalla espressione di H,des 15 , infatti dalle equazioni
2.3 e 2.4 si ottiene:

H =
V
ln( V )
da questa, passando dal logaritmo agli esponenziali si esplicita rispetto a V e si ottiene:

V =

1 e H
15

il pedice des indica il valore assunto in condizioni progetto

(2.5)

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

56

La stessa equazione 2.5 si pu`o usare per il valore di progetto V,des , e` sufficiente sostituire H con
H,des . In alternativa alla 2.5, la norma propone due espressioni approssimate per V a seconda
del valore del rapporto/H , i due casi sono:
/H 0, 5
oppure
/H > 0, 5
Nel primo caso, se si assume = 5 K allora H 10 K e si ha:
V,des H,des +

/H > 0, 5, e quindi se = 5 K H 10 K, si ha:


V,des H,des +

+
2 12H,des

Nelle precedenti equazioni la norma permette di utilizzare al posto della differenza H,des corrispondente alla emissione in condizioni di progetto qdes la differenza H,G corrispondente alla
emissione limite qG per lo stesso passo, con la limitazione:
V,des H,G +

D o c u mdiagramma
ento contenuto nel p
o t t o U N I E D I L I M Pla
IANT
I e d i z i o n e 2 0a
1.
con 5 K. Dal
sir o dottengono

da qmax e dalla curva caratteristica


H,des 0 5 -partire
E' vietato l'uso in rete del singolo documento e la sua riproduzione. E' autorizzata la stampa per uso interno.
del pannello scelto per il locale e la H,G in corrispondenza della intersezione tra la stessa curva
caratteristica e la curvafigura
limite4 inferiore,
come
rappresentato
nellae della
figura
Se lambiente
e` previsto
Determinazione della
temperatura
di alimentazione di progetto
caduta 2.8
di temperatura
! per
j

tutti gli altri ambienti

6.3
Determinazione della portata di progetto
Figura 2.8:
Uso del diagramma
per la scelta della temperatura di mandata dellacqua
La portata di progetto del mezzo riscaldante m di un circuito di riscaldamento si calcola
H

come segue:

AF " q &
R
# i # u'
m H = -------------1 + ------o- + --------------! " cw $
R u q " R u%

[13]

con la zona periferica a temperatura


u elevata
la l'alto
scelta
della deltemperatura
di mandata
acqua pu`o
La resistenzapi`
termica
parziale verso
della struttura
pavimento R (resistenza
alla
trasmissione del calore), comprende la resistenza termica di conduzione e di convezione.
essere fatta con riferimento alla curva limite superiore se il circuito della zona periferica e` separato
o

s
1
R o = --- + R ),B + -----u
(
)u

1
2
dove --- = 0,093 m " K W
(
La somma delle resistenze di conduzione e di convezione verso il basso :

[14]

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

57

da quello della zona occupata ed e` alimentato con un controllo separato della temperatura dellacqua,
oppure anche nel caso in cui il circuito sia in serie, a monte di quello della zona calpestabile, purche
il salto termico sul circuito della zona periferica sia calcolato in modo che la temperatura dellacqua
allingresso della zona occupata non violi il limite imposto dalla curva limite inferiore, per la curva
caratteristica corrispondente al passo scelto per la zona occupata.
R finitura
R finitura
q''
scelta
scelta
q''
q max.
m/2

q max.

6e

6e h, des

6e h

6eh, des

6e h
h, G

6e v, des

Salto termico per lacqua negli altri ambienti


Per gli altri ambienti alimentati con la stessa temperatura di mandata e quindi con lo stesso V,des , il
valore della differenza di temperatura media logaritmica acqua-ambiente H,j si ricava dal diagramma delle curve caratteristiche in corrispondenza della emissione qj richiesta per il locale jesimo. Si
calcola il salto termico sullacqua:
j = 2(V,des H,j )
tale valore e` accettabile se soddisfa la limitazione (j /H,j ) < 0, 5 altrimenti deve essere calcolato
con la seguente formula:
#
"
 21
3 V,des H,j
1
j = 3H,j
1+
4
H,j
Portata dacqua nei circuiti
Fissato il salto termico V,des tra acqua e ambiente ed il salto termico sullacqua j resta da determinare la portata dacqua nei circuiti. Ogni circuito deve fornire una potenza termica QN f,j verso lalto
al locale da riscaldare ma contemporaneamente disperde verso il basso una potenza termica Qu,j in
funzione della condizione al contorno inferiore e della resistenza termica della struttura al disotto dei
tubi.
Quindi, per il j-esimo locale, la totale potenza che lacqua deve fornire e` :
Qw,j = QN f,j + Qu,j = m
H,j cw (V R )j = m
H,j cw j
dove:
m
H,j portata di fluido nel j-esimo circuito;

(2.6)

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO


cw

58

= 4190 J/(kg K) calore specifico dellacqua;

Qu,j perdita dal pannello verso il basso.


Con riferimento alla unit`a di superficie di pannello, la potenza che lacqua deve fornire pu`o essere
espressa come:
Qw,j
= qJ + qu,j
AF,j
dove:
qu,j perdita dal pannello verso il basso, per unit`a di superficie
AF,j area del pavimento
Tralasciando per brevit`a il pedice j, con riferimento alla figura 2.9, indicando con qo = qj il flusso
termico da fornire verso lalto e con w la temperatura dellacqua in un generico punto del circuito, si
possono fare le seguenti considerazioni:
Finitura superficiale

Ti
Ro
Tw

Isolante
Ru

Supporto
Tu

Figura 2.9: Schema di riferimento per la determinazione della portata dacqua

Flusso termico specifico verso lalto:


qo =

w i
Ro

dove con Ro si e` indicata la resistenza termica per unit`a di superficie tra i tubi e lambiente superiore,
ottenuta come somma delle resistenze dei singoli strati di materiale e della resistenza superficiale
superiore:
1
su
Ro =
+ R,B +
hi
u
1
hi

= 0, 093 (m2 K)/W dove:


1
hi

= 0, 093 (m2 K)/W e` la resistenza superficiale superiore

R,B e` la resistenza conduttiva del rivestimento,


su

e` lo spessore dello strato di supporto,

e` la conduttivit`a termica dello strato di supporto.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

59

Flusso termico specifico verso il basso:


w u
Ru

qu =

dove con Ro si e` indicata la resistenza termica per unit`a di superficie tra i tubi e lambiente inferiore,
ottenuta come somma delle resistenze dei singoli strati di materiale e della resistenza superficiale
inferiore:
1
Ru = R,ins + R,sol + R,int +
hu
dove:
R,ins e` la resistenza conduttiva dellisolante,
R,sol e` la resistenza conduttiva della soletta,
R,int e` la resistenza conduttiva dellintonaco,
1
hu

= 0, 017 (m2 K)/W e` la resistenza superficiale inferiore.

Somma dei due contributi:

w i w u
+
Ro
Ru
si aggiunga e si sottragga i al numeratore della seconda frazione del membro di destra, si ottiene:
qo + qu =

qo + qu =
infine:

w i w i i u
+
+
Ro
Ru
Ru

w i
qo + q u =
Ro

Ro i u
Ro
+
1+
Ru Ru w i

e poich`e
qo = q j =
si ha:

w i
Ro



Ro i u
qo + q u = qj 1 +
+
Ru
qj Ru

Cos`, moltiplicando per larea del pavimento, la potenza totale da fornire al locale j-esimo risulta:


Ro i u
Qw,j = (qj + qu,j )AF,j = AF,j qj 1 +
+
Ru
qj Ru
dalla equazione 2.6 per il locale j-esimo si ha la seguente portata dacqua:


Qw,j
AF,j qj
Ro i u
=
1+
+
m
H,j =
cw j
cw j
Ru
qj Ru
Nel caso in cui si abbia u = i , ovvero lambiente sottostante sia riscaldato, la formula si
semplifica come segue:


AF,j qj
Ro
m
H,j ==
1+
cw j
Ru
Il qu (calore ceduto verso il basso) e` equivalente al calore di un pannello radiante a soffitto per il vano
inferiore, e bisogna tenerne conto.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

60

Lunghezza dei circuiti


La lunghezza dei circuiti pu`o essere valutata con buona approssimazione, trascurando il contributo
delle curve, nel modo seguente:
AF
L=
T
dove AF e` larea del pavimento, e T il passo tra i tubi. E preferibile che la lunghezza dei circuiti
cada nel seguente intervallo:
30 < L < 100 m
In quanto percorsi molto lunghi hanno perdite di carico elevate, gravando troppo sulla pompa di
circolazione, la cui prevalenza dipende direttamente dalla lunghezza del circuito pi`u sfavorito. Da tale
prevalenza e dalla portata totale dipende poi la potenza ed il consumo di energia della pompa. Se dal
calcolo risultano valori di L troppo elevati, occorre spezzare il circuito in 2 o pi`u rami, ridistribuendo
la portata a parit`a di salto termico sullacqua cos` si riducono di molto le perdite di carico. Questo e`
consigliato nel caso ci sia un circuito molto pi`u lungo degli altri, che condiziona tutto limpianto.

Stanza 1

Stanza 2

Nella posa in opera ci sono dei locali (di solito i corridoi) in cui passano i tubi di diversi circuiti ed il
passo pu`o essere troppo stretto per il rispetto della temperatura massima del pavimento, in tal caso si
provvede ad isolare alcuni tratti di tubo per evitare surriscaldamento. Tale isolamento protegge anche
dalla formazione di condensa superficiale nel caso i pannelli vengano usati anche per il raffrescamento
estivo.
Per concludere, si sottolinea che gli impianti di riscaldamento in cui il fluido termovettore e` a
bassa temperatura come per i pannelli radianti e spesso per i ventilconvettori si possono utilizzare
efficacemente le caldaie a condensazione che in questi casi funzionano in condizioni ottimali.

2.5

Confronto tra caldaie tradizionali ed a condensazione

Nelle caldaie tradizionali i fumi vengono espulsi a temperature tali da evitare la formazione di condense nel condotto dei fumi: per le caldaie a gasolio, a nafta o ad olio pesante, a causa della presenza
dello zolfo nei fumi i valori tipici sono attorno ai 120/140o C per evitare la condensa acida dei composti dello zolfo. Per le caldaie a gas la temperatura dei fumi pu`o scendere a valori molto pi`u bassi
fino a circa 80o C. Nelle caldaie a condensazione invece, gli scambiatori fumi-acqua sono fatti in

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

61

modo da tollerare la condensazione del vapor dacqua presente nei fumi e di sfruttarne cos` il calore
di cambiamento di fase r che per i livelli di temperatura in gioco vale circa 2500 kJ/kg. Il metano
(CH4 ), combustibile utilizzato in queste caldaie, tra gli idrocarburi e` quello che presenta il maggior
rapporto H/C, che si traduce nella maggior in una maggior quantit`a di acqua nei fumi ed una maggior
differenza tra il potere calorifico inferiore e quello superiore (circa il 10%).
Potere calorifico a 25o C

Combustibile

[kJ/kg]
inferiore superiore
Idrogeno
Metano
Propano

120000
50050
46350

141900
55550
50400

[kJ/m3n ]
inferiore superiore
10800
35890
93630

12770
39830
101800

Densit`a
normale
[kg/m3n ]
0,090
0,717
2,020

Tabella 2.3: Poteri calorifici per alcuni combustibili gassosi


Da qui la convenienza nel far condensare il vapore presente nei fumi, che normalmente contengono acqua CO2 , N2 e tracce di altri composti trascurabili dal punto di vista energetico. La temperatura
di rugiada del vapore contenuto nei fumi di una combustione stechiometrica di metano e` di circa
59o C 16 . Raffreddando i fumi sotto tale vapore si ha dunque formazione di condensa. Pi`u fredda e`
lacqua di ritorno dallimpianto, pi`u bassa pu`o essere la temperatura dei fumi in uscita, maggiore sar`a
la quantit`a di vapore condensato, e dunque il calore latente recuperato. Le caldaie a condensazione
si accoppiano quindi perfettamente con gli impianti a pannelli radianti a pavimento, che hanno temperature del fluido circolante molto pi`u basse di quelle dei radiatori. La temperatura superficiale del
pavimento deve infatti restare al disotto dei 29o C, che corrisponde ad una temp. di mandata attorno
a 40 50o C. Altro buon accoppiamento e` quello con i ventilconvettori, che per evitare un eccessivo riscaldamento dellaria vengono fatti funzionare con una termperatura dellacqua dellordine di
45 50o C. Si noti che le temperature di ritorno sono minori, tipicamente di 10K, rispetto a quelle di
mandata, e risulta quindi molto semplice far condensare il vapore nei fumi. Comunque, non si realizza mai la condensazione di tutto il vapore presente nei fumi in quanto man mano che questi si seccano
diminuisce la pressione di vapore e la temperatura di rugiada. Per aumentare le prestazioni di queste
caldaie esse sono di solito accoppiate ad una sonda climatica esterna17 e ad una centralina elettronica
che regola la temperatura di mandata dellacqua allimpianto facendola diminuire allaumentare della
temperatura esterna18 . Una caldaia a condensazione provvista di sonda climatica esterna e centralina
di controllo pu`o risultare vantaggiosa anche su un impianto a radiatori, in quanto ai carichi parziali le
temperature di ritorno possono scendere al disotto del valore critico. Una caldaia a condensazione che
lavori a temperature sufficientemente basse arriva ad avere rendimenti superiori del 10/15% rispetto
ad una tradizionale.
caldaia tradizionale a CH4 ad alto rendimento ha:
u
91%
t100 =
m
c Hi + R
16
La combustione avviene sempre con un eccesso daria ed il valore della temperatura di rugiada diminuisce allaumentare delleccesso daria nella combustione a causa della diluizione dei fumi ed una minore pressione parziale del vapor
dacqua.
17
Sonda che misura la temperatura dellaria esterna
18
La regolazione si basa sulla dipendenza quasi lineare tra il carico sullimpianto e la differenza di temperatura tra gli
ambienti riscaldati e lesterno

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

62

dove
t100 = rendimento a massimo carico riferito ad Hi
Hi = potere calorifico inferiore
R = potenza del ventilatore del bruciatore (trascurabile)
Si vede che la massima potenza ottenibile e` forzatamente legata allHi , non avendosi condensazione.
caldaia a condensazione a CH4 :

Acqua di ritorno

Condensa

u, cond
90/92%
m
c Hs

t100 = 98/102%
dove

rendimento a massimo carico riferito ad Hs


Hs potere calorifico superiore
Si noti che il valore di t100 pu`o superare lunit`a in quanto e` riferito al potere calorifico inferiore.
Come si pu`o notare, il rendimento effettivo di una caldaia a condensazione pu`o essere nettamente superiore, anche se bisogna controllare con continuit`a la temperatura dellacqua per garantire la
condensazione in tutte le situazioni in cui e` possibile.
In definitiva, una caldaia a condensazione rispetto ad una normale comporta:
- minori spese di combustibile
maggiori spese di acquisto e manutenzione.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

2.6

63

Locali caldaie e sicurezza

La caldaia e` un sistema che trasforma lenergia chimica di una portata di combustibile, m


c , in energia
termica, trasportata poi alledificio con una linea di distribuzione del fluido caldo. La portata di fluido
in uscita e` garantita da una pompa, e poch`e il circuito e` chiuso e il regime stazionario ci sar`a un ritorno
con la stessa portata. Si rendono necessari dispositivi di controllo e sicurezza:

MANOMETRO
POMPA
SFIATO
VASO
ESPANSIONE

MANDATA

TRM RM
VS(RM)
TRM
REG

VAC

RITORNO

TRM
CD
PRST
RM

TRM RM= termostato di sicurezza a riarmo manuale: si interviene manualmente per riattivare
il sistema. Scatta quando la temperatura supera quella di regolazione.
TRM REG= termostato di regolazione, spegne la caldaia quando si raggiunge la temperatura
dellacqua voluta.
VAC= valvola di controllo del combustibile, che pu`o essere chiusa da un dispositivo di sicurezza
attiva quando si raggiungono temperature troppo elevate.
TRM CAL= tremometro caldaia, senza funzioni di sicurezza.
TRM MA= termometro sulla tubazione di mandata
MAN= manometro per controllare la pressione
PRS RM= pressostato a riarmo manuale, scatta al superamento di una pressione ritenuta pericolosa
SFT= sfiato, che sfiata i gas presenti nella caldaia
VS RM= valvola di sicurezza, la cui apertura e` controllata da una molla, quando scatta si ha
uno scarico di parte del fluido contenuto nel generatore. anche questa e` a riarmo manuale, ed e`
sensibile alla pressione nel fluido.
VE= vaso di espansione, che compensa le dilatazioni del fluido alle diverse temperature.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

2.6.1

64

Vasi di espansione

Il fluido che riempie tutti i componenti dellimpianto e tutti i tubi, durante il funzionamento dellimpianto subisce delle variazioni di temperatura cicliche (cicli giornalieri, settimanali, stagionali). Le
maggiori variazioni si hanno tra i lunghi periodi di spegnimento ed i periodi di pieno regime. A
causa delle variazioni di temperatura il fluido e` soggetto a variazioni di volume per effetto della dilatazione termica. Per impianti a liquido, la variazione di volume tra impianto freddo e impianto caldo
(espansione) si valuta in funzione del contenuto di fluido19 e delle sue caratteristiche, come segue:
E = Vl ()(max min )
con:
E

variazione di volume del liquido dellimpianto;

Vl

volume di liquido contenuto nellimpianto;

() coefficiente di dilatazione volumica del liquido20 ;


max massima temperatura prevista per il funzionamento normale dellimpianto;
min minima temperatura prevista per il liquido dellimpianto.
Per gli impianti di riscaldamento ad acqua, assumendo normalmente:
max = 80o C
min = 10o C
tenuto conto della dipendenza di dalla temperatura si pu`o assumere:
(max min ) = 0, 03
In pratica la variazione di volume del liquido risulta pari al 3% del volume iniziale. Per gli impianti
a radiatori il volume dacqua Vl contenuto nellimpianto e` proporzionale alla potenza dellimpianto e
vale circa 1520 l/kW. La variazione di volume del fluido, durante lesercizio normale dellimpianto,
e` compensata mediante dei dispositivi detti vasi di espansione21 . I vasi di espansione sono collegati
al generatore mediante dei tubi detti tubi di sicurezza che devono rispettare particolari disposizioni
dimensionali e di collegamento riportate nella Norma gi`a citata UNI 10412.
I vasi di espansione possono essere di due tipi, aperti o chiusi.
Vasi aperti:
Presenti solo nei vecchi impianti e negli impianti con generatore di calore a combustibile solido non
polverizzato, sono posti al di sopra del punto pi`u alto dellimpianto e sono collegati a questo punto
mediante un tubo detto tubo di sicurezza. Sono costituiti da una vaschetta con coperchio e di solito
sono muniti di galleggiante per il controllo del livello minimo. Allinterno della vaschetta il liquido
pu`o oscillare tra il livello minimo, controllato dal galleggiante, ed un livello massimo, determinato
da un tubo di troppo pieno che scarica il liquido in eccesso in una tubazione o canale di scarico. Le
oscillazioni del liquido allinterno del vaso devono compensare le variazioni di volume del liquido
19

Il progettista ha lobbligo di dichiarare il volume di fluido contenuto nellimpianto


Il coefficiente di dilatazione volumica e` una propriet`a che dipende sensibilmente dalla temperatura
21
La norma di riferimento per i vasi di espansione e gli altri dispositivi di sicurezza sugli impianti ad acqua calda e` la
UNI 10412.
20

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

65

nellimpianto che passando da impianto freddo a impianto caldo subisce una dilatazione. Pertanto
il volume compreso tra il livello dellacqua a impianto inattivo (punto di chiusura del galleggiante)
ed il livello dellacqua in corrispondenza al bordo inferiore del tubo di troppo pieno deve essere non
inferiore allespansione E del fluido. Oltre al troppo pieno il vaso aperto deve essere dotato di un
tubo di sfogo comunicante con latmosfera. Il tubo di troppo pieno e quello di sfogo devono essere
indipendenti e senza valvole di intercettazione. I vasi di espansione, i tubi di sicurezza e i tubi di
troppo pieno devono essere protetti dal gelo.
canale di s

troppo pien

tubo di sicurezza

Figura 2.10: Schema di un vaso di espansione aperto

Vasi chiusi:
Si possono classificare nel modo seguente:
autopressurizzati senza diaframma o membrana;
prepressurizzati senza membrana o con membrana;
a pressione costante senza membrana;
a pressione e volume costanti costituiti da due serbatoi senza membrana.
Vengono collegati alla tubazione di mandata, al di sotto della flangia oppure al ritorno in prossimit`a della caldaia; i primi due tipi si evita di collegarli a valle della pompa di circolazione per non
assoggettarli alla prevalenza della pompa. I vasi di espansione chiusi senza membrana, vedi Figura
2.12, quando vengono collegati allimpianto sono pieni di gas (solitamente aria o azoto), a pressione
atmosferica po se auto pressurizzati o alla pressione di precarica pp se prepressurizzati. Il collegamento e` fatto in modo che lingresso dellacqua sia rivolto verso il basso in modo da non lasciare uscire
laria o il gas.
Durante il caricamento dellacqua nellimpianto il vaso si riempie parzialmente dacqua e la pressione interna si porta alla pressione dellimpianto spento pi o di inizio esercizio (pressione idrostatica

Il tubo di sicurezza deve mettere in comunicazione la parte pi alta del generatore con
l'atmosfera e non presentare contropendenze, salvo il tratto destinato a sboccare nella
parte superiore del vaso di espansione
Pu essere previsto un collegamento fra la tubazione di sicurezza e il tubo di carico atto
ad assicurare la circolazione per gravit (vedere figura 3).
Il tubo di carico deve consentire il rapido riempimento del generatore di calore con lacqua
proveniente dal vaso.
Deve essere
previsto un tubo di riempimento
CAPITOLO 2. IMPIANTI
DI RISCALDAMENTO
espansione (vedere figura 2) o nella parte

(carico) o direttamente nel vaso di


inferiore del generatore di calore

66

(vedere figura 3).


figura

Schema di impianto con tubo di sicurezza e tubo di carico


Legenda
1
Tubo di sfiato
2
Tubo di troppo pieno
3
Tubo di caricamento
4
Andata
5
Ritorno
6
Generatore di calore
7
Tubo di sicurezza
8
Vaso despansione aperto

Figura 2.11: Schema di impianto con vaso aperto


UNI

UNI 10412-1:2006

Pagina 12

in corrispondenza del vaso)22 . Nei vasi autopressurizzati la pressione di inizio carica e` pari alla
pressione atmosferica po . Durante lesercizio, a causa della dilatazione dellacqua contenuta nellimpianto, dellacqua entra nel vaso, ne occupa una parte e comprime il gas contenuto in esso. Alla
temperatura massima di esercizio la pressione pf allinterno del vaso non deve determinare in altre
parti dellimpianto il superamento del valore della pressione massima di esercizio dei componenti
dellimpianto alla quale sono tarati i dispositivi di sicurezza quali ad es. le valvole di sicurezza. La
pressione assoluta massima pf viene posta pari alla pressione di taratura della valvola di sicurezza
diminuita di una quantit`a corrispondente al dislivello di quota esistente tra il vaso di espansione se
questultima e` posta pi`u in basso ovvero aumentata se posta pi`u in alto. Per calcolare il volume del
vaso Vv si ipotizza che le trasformazioni, prima descritte, di compressione del gas allinterno del vaso
siano isoterme e che il gas abbia comportamento ideale. Pertanto, lespansione del liquido E e` compensata dalla diminuzione di volume del gas contenuto nel vaso compresso dalla pressione assoluta
iniziale desercizio pi alla pressione assoluta massima desercizio pf 23 . Cos` si pu`o scrivere:
E = Vi Vf

(2.7)

con:
Vi

volume occupato dal gas a impianto fermo;

Vf

volume occupato dal gas alla pressione massima di esercizio;

22

Nei calcoli del volume del vaso il valore della pressione assoluta iniziale pi viene aumentato di una quantit`a stabilita
dal progettista comunque non minore di 15 kPa.
23
Con riferimento alla pressione massima desercizio, gli impianti si distinguono in impianti con pressione di esercizio
minore o maggiore di 5 bar (0,5 MPa).

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

67

Vf

pf

Vi
pi

Figura 2.12: Schema di un vaso di espansione chiuso senza membrana

Per la compressione isoterma di gas ideale si ha:


po V o = pi V i = p f V f
dove Vo = Vv e` pari al volume occupato dal gas alla pressione atmosferica po .
Si possono esprimere Vi e Vf in funzione di Vv come:
Vi = Vv

po
pi

e Vf = Vv

po
pf

sostituendo nella equazione 2.7 si ottiene:



E = Vv

po po

pi
pf

ed infine:
Vv =

po
pi

po
pf

(2.8)

Sul valore di Vv e` accettabile una tolleranza del 10%


Nei vasi prepressurizzati (con o senza membrana) la pressione iniziale pp (pressione di precarica)
nel vaso e` superiore alla pressione atmosferica po . Nei vasi senza membrana questa pressione deve
essere inferiore alla pressione minima di esercizio pi per evitare la fuoriuscita del gas a impianto
freddo mentre in quelli con membrana o diaframma, in cui il gas e` trattenuto dalla membrana, deve
essere superiore a tale valore per sfruttare tutta la capacit`a del vaso. In tal caso (vasi con membrana),
vedi Figura 2.13, il volume massimo Vi occupato dal gas a impianto fermo coincide col volume del
Vv del vaso. Lequazione 2.7 diventa:
E = Vv Vf
Mentre, sempre nellipotesi di trasformazione isoterma si ha:
pp Vv = pf Vf

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

68

membrana

acqua

Vi
pi
gas

Vf

gas

pf

Figura 2.13: Schema di un vaso di espansione chiuso con membrana

si espliciti rispetto a Vf e si sostituisca nella precedente e si ottiene:


Vv =

E
1 ppfp

(2.9)

I diaframmi o membrane di separazione dei vasi chiusi devono essere fabbricati con materiali resistenti alla massima pressione e temperatura di esercizio prevista per limpianto.
Per i vasi prepressurizzati senza membrana si potrebbe utilizzare lequazione 2.8 usando la pressione di precarica pp al posto della pressione atmosferica po . La Norma UNI 10412, invece, impone di
utilizzare lequazione 2.9 per calcolare Vi e poi di aggiungere a questo il volume di liquido presente
nel vaso a impianto freddo24 . A parit`a di variazioni di volume da compensare e di pressioni minima e massima desercizio, i vasi despansione chiusi prepressurizzati senza membrana risultano pi`u
piccoli di quelli autopressurizzati e quelli con membrana risultano minori di quelli senza membrana
prepressurizzati.
I vasi di espansione privi di diaframma o membrana di separazione tra lacqua e il gas in pressione
devono essere muniti di un mezzo per accertare il livello dellacqua allinterno del vaso stesso 25 .
I vasi di espansione a pressione costante sono dei serbatoi chiusi, allinterno dei quali viene mantenuta la pressione minima possibile nellimpianto, pari a quella idrostatica di carica dellimpianto,
grazie ad un cuscino daria, vedi la figura 2.14. Il livello di liquido nel vaso deve poter variare per una
variazione di volume pari alla espansione E. In pratica il vaso a pressione costante e` come un vaso
aperto che invece di lavorare a pressione atmosferica lavora alla pressione pi . La pressione nel vaso
viene mantenuta costante mediante una valvola che scarica aria allesterno quando nel vaso entra del
liquido a causa dellaumento di temperatura nellimpianto e mediante un compressore che introdu24

Questo e` probabilmente voluto per cautelarsi dalla incertezza che ci pu`o essere sul valore di pp per i vasi senza
membrana.
25
Ad esempio un tubicino che collega la parte inferiore del vaso, in cui c`e il liquido, con la parte superiore, in cui c`e
il gas, ed avente un tratto trasparente in corrispondenza della variazione di livello prevista.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

69

ce aria nel vaso quando questo si svuota di liquido durante le fasi di raffreddamento dellimpianto.
Questo tipo di vaso ha i seguenti vantaggi:
ha le dimensioni minime possibili, infatti il suo volume e` di poco maggiore dellespansione E;
non produrre aumenti di pressione nellimpianto per compensare le dilazioni del liquido
e` quindi adatto per i grandi impianti e per quegli impianti che sono gi`a soggetti a impianto freddo a
pressioni prossime a quelle massime accettabili per qualche componente dellimpianto. Ovviamente la presenza del compressore aumento sensibilmente il costo del sistema di compensazione delle
dilatazioni del liquido.

pi

Vf

Vi

Figura 2.14: Schema del vaso di espansione a pressione costante


Per i grossi impianti in cui il contenuto di liquido e` elevato anche il volume dellespansione E e`
grande. Per non utilizzare un serbatoio di grande diametro a elevata pressione 26 pu`o essere conveniente adottare vasi di espansione a pressione e volume costanti. Essi sono costituiti da due serbatoi:
uno di dimensioni minori operante alla pressione pi ed uno di dimensioni maggiori operante alla pressione atmosferica po , vedi la figura 2.15. Il serbatoio di piccole dimensioni deve consentire le minime
oscillazioni di livello del liquido che gli strumenti devono percepire per far intervenire i dispositivi di carica o svuotamento mentre il serbatoio di elevate dimensioni serve alla compensazione della
dilatazione. A impianto freddo il liquido nel serbatoio pi`u grande e` al livello minimo; durante il riscaldamento, mentre il liquido nellimpianto si dilata, il livello nel serbatoio piccolo si alza, i sensori
percepiscono la variazione di livello e fanno aprire la valvola di scarico verso il serbatoio di dimensioni maggiori, questo fino al raggiungimento della temperatura di esercizio. Durante il raffreddamento
dellimpianto il liquido nellimpianto si contrae e richiama liquido dal serbatoio pi`u piccolo nel quale
il livello diminuisce e gli strumenti fanno intervenire la pompa per trasferire liquido dal serbatoio
maggiore, alla pressione po a quello minore, alla pressione pi .
Evidentemente il serbatoio va dimensionato per un volume maggiore di E, mentre il serbatoio
minore va dimensionato per le oscillazioni consentite dagli strumenti di controllo.
26

A parit`a di pressione e di materiale per la resistenza meccanica lo spessore della lamiera di cui e` costituito il serbatoio
aumenta proporzionalmente al diametro del serbatoio.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

70

Vf

po

pi
Vi

Figura 2.15: Schema del sistema a pressione e volume costanti per la compensazione dellespansione

Se si vuol fare una modifica sostanziale allimpianto (es. ristrutturazioni) inserendo un nuovo
circuito, si deve cambiare il vaso di espansione. Talvolta si inseriscono vasi di espansione anche sui
circuiti secondari.

2.6.2

Dimensionamento delle valvole di sicurezza

La valvola di sicurezza e` un dispositivo sensibile alla pressione nellimpianto. La valvola di sicurezza


e` dimensionata in funzione della potenza utile della caldaia27 . Dal punto di vista della sicurezza, gli
impianti termici vengono classificati a seconda che la loro potenza termica sia inferiore o superiore a
350 kW. La valvola di sicurezza deve intervenire quanto la pressione nel generatore supera la pressione di taratura che non deve mai superare la massima ammessa per il generatore. Quando la valvola di
sicurezza interviene (a meno che non ci sia un guasto nel vaso di espansione) le condizioni dellacqua
sono tali per cui espandendo dalla pressione nellimpianto alla pressione atmosferica passa allo stato
di vapore. Pertanto si vuole che la portata di vapore in uscita equilibri la potenza termica utile della
caldaia
m
v r = u
dove m
v e` la portata di vapore, ed r e` il calore di vaporizzazione (circa 2500 kJ/kg). Dimensionare la
valvola significa scegliere la sezione di scarico:
u = m
vr =

wmax
V
r=
Ar
vv
vv

dove
wmax velocita massima del vapore sulla valvola;
vv
27

volume specifico del vapore

Ogni generatore di calore deve essere dotato di valvola di sicurezza.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO


A

71

area della valvola

Si ottiene
A = u

vv

wmax r
si vede che attraverso la potenza del generatore e la velocit`a massima del vapore si determina subito
la sezione di scarico della valvola.
Nella Norma UNI 10412 la sezione di scarico della valvola si calcola con la seguente formula:
A = 0, 005m
v

M
0, 9K

con:
A

area minima netta dellorifizio della valvola, in centimetri quadrati;

m
v portata di vapore della valvola di sicurezza, in kilogrammi ora;
M

fattore della valvola, da ricavare da tabella;

coefficiente di portata della valvola.

Il termine M/(0, 9K) presente nella precedente formula viene riportato in una tabella della norma
per le valvole di sicurezza ordinarie28 .

2.6.3

Valvola di scarico termico

Le valvole di scarico termico sono dispositivi azionati da elementi sensibili alla temperatura nel generatore di calore. Devono intervenire in modo da evitare che la temperatura dellacqua nel generatore
superi la temperatura di ebollizione alla pressione atmosferica. Le valvole di scarico termico scaricano acqua dal generatore che viene reintegrata con acqua dalla rete idrica; devono assicurare un
trasferimento allesterno di una quantit`a di potenza termica non inferiore alla potenza termica utile
del generatore e devono anche essere dotati di un dispositivo per lintercettazione dellalimentazione
del combustibile o dellaria comburente nel caso di generatori a combustibile solido non polverizzato.

2.6.4

Locale caldaia e camino

Il locale caldaia o centrale termica, deve soddisfare determinati requisiti di sicurezza:


le dimensioni devono sottostare a vincoli di norma
devono essreci aperture per lingresso dellaria comburente, e per lo sfogo del combustibile nel
caso ci fosse una perdita: in alto per il metano (piu leggero dellaria) ed in basso per il GPL
(piu pesante).
se il combustibile e` GPL, la centrale deve essere completamente fuori terra.
il canale di fumo deve essere a pendenza sempre positiva
il camino deve garantire levacuazione dei fumi per tiraggio naturale, garantito dalla differenza
di densita tra i fumi caldi e laria fredda esterna. Nel camino si prevede uno sportello di
ispezione per la rimozione del materiale accumulato.
28

Le valvole di sicurezza ordinarie sono quelle per le quali non viene effettuata alcuna determinazione sperimentale,
per tali valvole si deve assumere K = 0, 05.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

72

Aria CH 4

Aria GPL

si pu`o tracciare un andamento delle pressioni nelle caldaie atmosferiche (ovvero senza ventilatore)
e pressurizzate:
Caldaia atmosferica:

Entra aria
a P atmosferica

Sbocco

Patm

!P
tiraggio

P = gH(A F )
con H altezza del camino, A densita dellaria fredda in ingresso, F densita dei fumi. Si ha
che
A > F
Caldaia pressurizzata:

H
Ventilatore

Patm

Sbocco
!P
tiraggio

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

73

Il canale da fumo ed il camino devono comunque essere in depressione rispetto allambiente,


per evitare la fuoriuscita di fumi nel tragitto. Quindi, anche nella caldaia pressurizzata, lespulsione dei fumi deve essere dovuta al tiraggio del camino, che comunque e` limitato per la
presenza del ventilatore che favorisce il moto del fluido in caldaia.
Per il dimensionamento dei camini le norme di riferimento sono le UNI 7129 e la UNI10641, che regolano anche lo sbocco: esso deve essere piu alto del tetto, in modo da evitare la zona di ricircolazione
ed arresto.
Zone di ricircolazione
e di arresto causa del vento

Tetto

2.7

Schemi e funzionamento di diverse tipologie di impianti

Verranno trattate diverse tipologie di impianti, seplici e complessi, a seconda delle esigenze, con o
senza circuiti secondari.

2.7.1

Impianto di riscaldamento monofamiliare piccolo

E servito da una caldaia che possiede gia al suo interno tutti i sistemi di sicurezza e la pompa di
circolazione. Viene realizzato di solito a collettori complanari, il cui collegamento alla caldaia e`
diretto con tubi di acciaio. Dai collettori ai terminali si usano invece tubi in rame.
Caldaia
Termostato
ambiente
T

Collettore
caldo

Collettore
freddo

Radiatori

La regolazione avviene attraverso il termostato ambiente che interviene sulla pompa e sul bruciatore,
regola anche gli orari di accensione. Si possono installare anche delle valvole termostatiche, collocate nei terminali, che regolano la differenza di temperatura acqua-ambiente, e sono regolate dalla
temperatura ambiente stessa. Queste non vanno poste nello stesso locale del termostato ambiente.

2.7.2

Impianto di riscaldamento monofamiliare grande

Limpianto, piu grande del precedente, viene diviso in piu zone, di solito zona notte e zona giorno,
per permettere il funzionamento in dorari differenti.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

74

Zona 1

Zona 2

Secondari
Caldaia

Primario
Collettori

Si noti che la soluzione prevede secondari senza pompe, e regolazione trmite valvole a ter vie ,
B
A

A+B

che regolano la temperatura dellacqua di mandata e sono controllate dai termostati ambiente delle
rispettive zone. La valvola funziona con A chiuso e B aperto, o viceversa, ma senza posizioni intermedie, e sono attuate da motori elettrici od elettrocalamite. Gli impianti visti finora presentano una
sola pompa di circolazione sul primario. In realta si possono avere anche varie pompe sui circuiti
secondari, ed in questo caso non si fanno distinzioni tra impianti piccoli e grandi.

2.7.3

Impianto di riscaldamento a MISCELAZIONE

Sono impianti molto diffusi, meno complessi e costosi di quelli ad iniezione.


Carico zona 1
ms

ms!mp

Zona 2

Caldaia

mp

Primario

Si vede che, rispetto agli impianti ad iniezione:


mancano le valvole di taratura
la valvola a 3 vie e` posta sulla mandata del secondario, anziche sul ritorno. Questo perche
la valvola a 3 vie funziona meglio come miscelatrice, che come deviatrice.
i due collettori sul primario sono collegati, e non c`e dunque differenza di pressione.
Naturalmente, si ha:
m
s > m
p
a meno che non si chiuda il ricircolo. Anche qui si effettua una regolazione della temperatura di
mandata al secondario, per`o si pu`o variare anche la portata.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

2.7.4

75

Impianto di riscaldamento a MISCELAZIONE senza pompa sul primario


Carico zona 1
ms

ms!mp

Zona 2

Caldaia

mp

Primario

In questa tipologia di impianto e` assente la pompa sul primario, e non c`e collegamento tra i due
collettori. se limpianto e` molto grande e` prevista una piccola pompa di ricircolo presso la caldaia,
per mantenere la temperatura di ritorno ad un valore abbastanza elevato da evitare la formazione di
condensa allinterno della caldaia stessa. Questo perche il contatto tra i fumi caldi ed un tubo troppo
freddo (sotto la temperatura di rugiada dei fumi stessi) porta alla formazione di conensa che pu`o
corrodere gli scambiatori. Questo tipo di impianto pu`o essere utilizzato anche con sistemi a bassa
temperatura (pannelli a pavimento), come nello schema seguente:
Carico zona 1
ms

Zona 2

Caldaia

mp

Primario

viene garantita una portata di ricircolo che limita la temperatura di mandata del secondario al valore
massimo previsto per non avere pavimenti troppo caldi.

2.7.5

Analisi degli impianti a MISCELAZIONE

serve a determinare le portate nei rami della rete e dei rapporti fra di esse per la regolazione con la
valvola miscelatrice a 3 vie.
Carico zona 1
ms,
tms

trs

ms-mp
trs

Caldaia

mp

Primario

Zona 2

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

76

Limpianto pu`o essere considerato come diviso in 2 maglie diverse:


1
2

3
4

I rami 1 e 2 sono in parallelo, cosi come i rami 3 e 4.


Nella condizione di carico massimo dellimpianto, si ha:
A+B

la valvola a 3 vie presenta A completamente chiuso: le portate su perimario e secondario coincidono,


e quindi anche le temperature:
m
s=m
p
s = p
m
sm
p=0
max = m
s cw (ms rs )max
max = m
p cw (mp rs )max
con ms = mp e rs = rp , e dunque per il carico massimo occorre la portata seguente:
m
s=

max
cw (ms rs )max

Poiche il carico non e` quasi mai al massimo, e` molto importante anche il funzionamento a carico
parziale: la valvola A e` aperta, e si ha:
< max
=m
s cw (ms rs )
=m
p cw (mp rs )
La regolazione modifica la portata al secondario:
m
p
ms rs
=
m
s
mp rs

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

77

si vede che il rapporto delle portate e` legato al rapporto delle temperature, e si pu`o scrivere anche:

m
p
=
(mp rs )
m
s cw
m
s
m
p

=
[(mp amb ) (rs amb )]
m
s cw
m
s
inoltre

max

(ms rs )max =

m
p

[(mp amb ) (rs amb )max


]
m
s
max

da cui, si ha:

(ms rs )max max


m
p
=

m
s
(mp amb ) (rs amb )max max

Un termostato sulla mandata del primario e uno sul secondario regolano il rapporto tra le portate.

2.7.6

Impianti con un unico circuito:


mc, tc

AB

ms, tms

A
ms-mc
ms, trs

mc, trs

Anche in questo caso si ha regolazione con valvola miscelatrice: entra m


c a c , esce m
c a rs . il
bilancio di entalpie e` il seguente:
=m
c c (c rs )
=m
s c (ms rs )
ms rs
m
c
=
m
s
c rs
Nelle condizioni di carico massimo max si avra il massimo salto di temperatura sul secondario:
max = m
s c (ms rs )max

m
c
m
c
=
(c amb ) =
[(c amb ) (rs amb )]
m
sc
m
s
m
s

=
(ms cs )max
m
sc
max

m
c

=
[(c amb ) (rs amb )max
]
m
sc
m
s
max
dove
(rs amb ) =

(rs amb )max


(rs amb )
(rs amb )max

e dunque
(rs amb )

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

78

max (rs amb )max


da cui

(ms rs )max max


m
c
=

m
s
(c amb ) (rs amb )max max

e si vede che il rapporto tra le portate e` funzione delle temperature controllate c e amb .

2.7.7

Impianto di riscaldamento a INIEZIONE


Carico zona 1
ms

Secondari
ms!mi

mi

Caldaia

mp!mi

mp

Zona 2

Primario
Collettori

Si vede che sono presenti due circuiti distinti, primario e secondario, ognuno con la propria pompa.
Le valvole di taratura garantiscono una portata costante, e si indicano come segue:
Oppure

In particolare, m
i e` la portata di iniezione, m
s la portata sul secondario e m
p quella sul primario. Il
by-pass permette un ricircolo parziale della portata del secondario. Da notare che:
- i collettori sono a pressioni diverse
le due pompe (sul primario e sul secondario) lavorano a portata costante, e lo si vede dal fatto
che il circuito che chiude la pompa non ha regolazioni.
- grazie alla valvola di taratura si ha portata sul secondario costante, pur variando la portata di
inezione d dunque la temperatura.
La regolazione serve a mantenere al secondario una opportuna temperatura per quegli impianti
che non possono funzionare alla temperatura massima della caldaia che circola nel primario. Tipico
utilizzo, per i pannelli radianti a pavimento). In definitiva, questo impianto lavora a portata costante al
secondario, e permette di variare la temperatura di mandata. Questo avviene grazie alla portata di iniezione, che ha la temperatura che arriva dalla caldaia, ed e` regolata dalla valvola a tre vie. Diminuendo
la m
i e grazie al ricircolo, la temperatura di mandata del secondario si mantiene sufficientemente
bassa.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

79
q (fornitura calore)

ms,
hms

ms,
hrs

=m
s (hms hrs ) = m
s cw (ms rs )
con hms e hrs entalpie di mandata e di ritorno sul secondario;
(m
i ) > (m
s)
grazie al ricircolo si mantiene una differenza di temperatura tra i due circuiti di almeno 10 K. Da
notare infine che la pompa sul primario e` necessaria per garantire la circolazione in questo circuito,
che non ci sarebbe con la sola pompa sul secondario per la presenza del by-pass.
Osservazione: le valvole a 3 vie possono essere utilizzate come miscelatrici, con 2 entrate ed 1
uscita, o come deviatrici, con 1 entrata e 2 uscite.

2.7.8

Tipologie di valvole e loro scelta:

Nei circuiti idraulici possono essere inserite diverse tipologie di valvole che si possono classificare
secondo la funzione che svolgono o anche secondo il numero di collegamenti o vie. Classificando
secondo la funzione abbiamo:
- valvole di intercettazione:
sono valvole a due vie e sono utilizzate normalmente in posizione tutta aperta mentre vengono
chiuse quando si vuole escludere completamente un ramo del circuito (ad esempio per fare
manitenzione);
- valvole di non ritorno:
- sono valvole a due vie e permettono la circolazione del fluido in un solo verso, si installano
quando su un ramo del circuito, in particolari condizioni di funzionamento, il fluido potrebbe
muoversi in direzione contraria a quella desiderata, ad esempio in presenza di pompe su rami
in parallelo o per circolazione naturale;
- valvole di taratura:
- sono valvole a due vie che servono a introdurre una perdita di carico concentrata calcolata per
bilanciare il circuito cio`e per far circolare la portata voluta, lavorano di solito in posizione di
apertura parziale;
- valvole di regolazione:
- sono valvole a due, a tre vie o, molto raramente, a quattro vie (nei vecchi impianti), servono a
introdurre una perdita di carico che pu`o variare durante il funzionamento per regolare la portata
in uno o pi`u rami del circuito.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

80

AB

Funzionamento
a miscelazione

Si scelgono in funzione delle perdite di carico a cavallo della valvola.


Per una valvola di regolazione a tre vie, ad esempio: la valvola introduce una perdita di carico nel
circuito, che va sommarsi a tutte le altre presenti.

AB

!Pv
A
!Pc

Nella condizione di valvola aperta, si deve soddisfare la condizione seguente:


pv pc
dove pv sono le perdite della valvola, e pc quelle del circuito. La valvola opera su di un circuito
in cui le perdite sono dovute anche alla valvola stessa: tale circuito funziona bene se la perdita dovuta
alla valvola e` elevata, in quanto il comportamento risulta poco influenzato dalle variazioni di pv
epc introdote dalla regolazione. I costruttori caratterizzano le valvole con un coefficiente della
valvola KV :
V
KV =
pv
In pratica KV e` la portata volumetrica corrispondente ad un salto pv = 1 bar, ossia una perdita di
carico unitaria. Ora, posta la condizione
pv = pc
e dato il valore della portata V , si trova il valore del KV s di scelta:
KV s =

V
pc

da cui si sceglie la valvola dai cataloghi in modo da avere


KV < KV s
ed un diametro adeguato al diametro dei tubi. Da notare che il KV di una valvola e` calcolato dal
produttore misurando la portata che provoca un pv = 1 bar, mentre il KV s e` ricavato dal progettista
in funzione dellimpianto, determinando la perdita di carico effettiva sulla valvola.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

2.7.9

81

Scelta delle pompe di circolazione:

La pompa deve vincere una determinata perdita di carico p in un circuito con portata assegnata V .
Sui cataloghi sono forniti i diagrammi di funzionamento prevalenza/portata alle diverse velocita di
rotazione delle varie pompe:

Figura 2.16: Esempio da catalogo di famiglie di pompe per impianti

Figura 2.17: Simbolo grafico per una pompa in un impianto

Le pompe di circolazione di piccola potenza sono di solito a rotore bagnato (chiamate circolatori),
questa soluzione costruttiva consente di alleggerire il carico assiale sui cuscinetti. Nella Figura 2.18
e` riportata una sezione di un circolatore a rotore bagnato.
Una stessa pompa pu`o essere predisposta per lavorare a diverse velocit`a di rotazione ottenibili
agendo opportunamente sul motore elettrico. Sui cataloghi sono forniti i diagrammi di funzionamento
prevalenza/portata (curve caratteristiche) alle diverse velocita di rotazione delle varie pompe. La
curva caratteristica pu`o essere pi`u o meno inclinata, si pu`o parlare di caratteristiche piatte oppure
ripide per variabilit`a rispettivamente ridotta o elevata della prevalenza in funzione della portata. Nella
Figura 2.19 sono riportate qualitativamente una caratteristica piatta ed una ripida.
La curva caratteristica della pompa e la sua pendenza sono elementi determinanti ai fini delle
valutazioni tecniche e del comportamento dellimpianto. Laspetto si evidenzia negli impianti di riscaldamento degli edifici civili, in particolare dove sono installate valvole termostatiche sui corpi

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

82

Figura 2.18: Sezione di un circolatore

riscaldanti; queste provocano punti di lavoro variabili connessi alla variazione di portata che determinano. In questi casi la pompa e` scelta per portata utile al trasporto della massima quantit`a di calore
richiesto, e quindi per la copertura del massimo fabbisogno termico. Le valvole termostatiche controllano la portata che scorre nei corpi riscaldanti strozzando il passaggio. Conseguente a questa
variazione sinstaura un nuovo punto di lavoro sulla curva caratteristica della pompa corrispondente
ad una maggiore prevalenza. Le ripercussioni dovute alle differenti pendenze della curva caratteristica
della pompa, riferita alla caratteristica dellimpianto, sono rappresentate in Figura ??
Curva caratteristica piatta
Con andamento piatto della curva si possono verificare anche notevoli variazioni della portata, senza
che questo provochi rilevanti variazioni della prevalenza. Grazie a tale caratteristica della curva si ottengono i seguenti vantaggi: Non sono generati rumori fastidiosi. Il comportamento della regolazione
non e` influenzato. Le pompe con curva caratteristica piatta assicurano che, con la chiusura dei corpi
scaldanti, la portata del fluido in circolazione diminuisce senza provocare inaccettabili aumenti della
prevalenza.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

83

Figura 2.19: Esempi di curva caratteristica piatta e ripida di una pompa

Curva caratteristica ripida


Con landamento della curva ripida, gi`a con modeste variazioni della portata, si verificano rilevanti e non trascurabili variazioni della prevalenza. Le ripercussioni negative sul funzionamento delle
valvole termostatiche sono ottenute con limpiego di regolazioni delle prestazioni della pompa. Limpiego delle elettropompe con inverter impedisce, in modo automatico, laumento della prevalenza al
diminuire della prevalenza. Per gli impianti dove non si hanno ripercussioni dovute alla presenza di
valvole termostatiche, si possono adottare vantaggiosamente pompe con curva caratteristica ripida,
per esempio impianti a panelli radianti o monotubo, o in tutti quei casi dove per ragione di sicurezza,
in fase di progetto, sono ipotizzate perdite di carico maggiori rispetto a quelle reali. Lesperienza
pratica insegna che spesso, le perdite di carico reali dellimpianto sono inferiori a quelle calcolate,
pertanto risulta che la curva caratteristica e` pi`u piatta. Nella circostanza la curva ripida della pompa
offre il vantaggio che il punto di lavoro, (punto dintersezione fra curva dellimpianto e della pompa),
non si scosta troppo verso destra, provocando un aumento di portata inferiore a quello di una curva
piatta. Si evita linstaurarsi di rumori fastidiosi, causati dalleccessiva portata lungo le tubazioni.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO


H
(prevalenza)

84

Curve di
funzionamento

Velocita'
di rotazione

Q (portata)

Il calcolo sul circuito fornir`a i due valori, corrispondenti ad un punto sul diagramma, che in genere
non appartiene ad una curva caratteristica di una pompa in commercio: la scelta di solito e` quella di
una macchina con la caratteristica pi`u vicina che passa al di sopra del punto stesso. In realt`a anche
una pompa con curva caratteristica che incroci la caratteristica dellimpianto al di sotto del punto di
funzionamento nominale pu`o essere una buona scelta. Infatti, soprattutto negli impianti a radiatori,
in quanto la resa dei radiatori in funzione della portata, a portate prossime a quella nominale, varia
poco al variare della portata. In pratica, per questi impianti si pu`o tollerare una variazione sulla portata dellordine del 10% del valore nominale senza compromettere minimamente il funzionamento
dellimpianto.

curve caratteristiche delle pompe


curva dell'impianto
modificata

curva caratter
dell'impianto

.
V

La curva caratteristica dllimpianto e` praticamente parabolica perche le perdite sono proporzionali a


v 2 e quindi a V 2 .
Le pompe dei grandi impianti sono di solito gemellate, dotate di sistemi automatici che ne regolano il funzionamento alternato, in modo da garantire sempre il funzionamento dellimpianto, anche
in caso di guasto ad una pompa.

CAPITOLO 2. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

85

La curva caratteristica di un sistema gemellato in cui le pompe funzionano in parallelo e` uguale


a quella della singola pompa, solo che risulta allargata, avendo il doppio della portata a parita di
prevalenza. Si usano, ovviamente, per impianti con grosse portate e basse prevalenze.

Pompa
singola
2 pompe
gemellate

Capitolo 3
FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL
RISCALDAMENTO
3.0.10

Premessa sul quadro normativo

In Italia, fin dallemanazione della L.10/91 e del D.P.R.412/93, attuativo di una parte della stessa legge, nel caso di interventi sugli involucri degli edifici e/o sugli impianti di riscaldamento devono essere
rispettati alcuni requisiti minimi per quanto riguarda le prestazioni energetiche dei sistemi edificio
impianto. Allatto della denuncia dellinizio lavori, e` previsto il deposito presso gli uffici comunali
di una relazione tecnica che illustri lintervento1 . Nel caso di nuovi edifici e di nuovi impianti nella
relazione tecnica devono essere riportati i valori calcolati di alcuni parametri tra cui il fabbisogno
di energia per il riscaldamento2 . In seguito e` stata emanata una direttiva C.E.E. sulla certificazione
energetica degli edifici3 e per il suo recepimento sono stati emanati due Decreti Legge (il D.L.192
del 19/08/2005 ed il D.L. 311 del 29/12/2006 che modifica il precedente). Successivamente e` stato
emanato il D.L. 115 del 30/05/2008 che, oltre a definire meglio la figura professionale del certificatore, richiede che la valutazione dei fabbisogni di energia siano valutati secondo le specifiche tecniche
UNI TS 11300 (completate e pubblicate solo parzialmente). Questi Decreti fanno riferimento a Decreti successivi che sono stati emanati nel 2009. In particolare e` stato emanato il DPR 59 del 2 aprile
2009 che regolamenta le attivit`a nella fase di progettazione e che si basa in modo esteso sui DLGS
192/2005 e 311/2006. Successivamente e` stato emanato il Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 26 giugno 2009 che definisce le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli
edifici e gli strumenti di raccordo, concertazione e cooperazione tra lo Stato e le regioni nellambito della certificazione energetica degli edifici. Non bisogna dimenticare che in ambito energetico
la competenza e` delle amministrazioni regionali (o delle provincie autonome). In particolare, il DPR
59/2009 stabilisce alcuni adempimenti: per tutti i nuovi edifici, per tutti gli edifici esistenti in cui viene
installato un nuovo impianto e per gli edifici in ristrutturazione con una superficie utile di pavimento
Ap superiore a 1000 m2 e` reso obbligatorio il calcolo del Fabbisogno di energia per il riscaldamento.
Per la ristrutturazione di edifici con Ap non superiore a 1000 m2 non e` richiesto il calcolo del Fabbiso1

La relazione tecnica va attualmente redatta secondo lallegato E del DL 311/06.


Per i dettagli sui casi previsti dalla legge e le modalit`a di applicazione si rimanda al testo del DL 311/2006 che regola
attualmente la materia
3
DIRETTIVA 2002/91/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nelledilizia. Laspetto interessante e` che il certificato energetico delledificio gradualmente diventer`a
un documento da allegare obbligatoriamente agli atti di compravendita di immobili (secondo larticolo 6 del DL 311/2006
dal 01 luglio 2009 anche gli atti di compravendita delle singole unit`a abitative dovranno essere accompagnati da un
documento che abbia la valenza di un certificato energetico.
2

86

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

87

gno di energia ma il rispetto di limiti sulla trasmittanza termica degli elementi costituenti linvolucro
edilizio 4 .
Comunque, il fabbisogno di energia va valutato in termini di energia primaria, cio`e di energia
associata al combustibile consumato per produrre lenergia necessaria, compresa quella elettrica per
il funzionamento di tutti i componenti dellimpianto5 . Nellottica della certificazione energetica
degli edifici il calcolo del fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento degli edifici risulta un
passaggio determinante. Il fabbisogno di energia primaria calcolato in modo convenzionale e` soggetto
a restrizioni che la legge fissa in dipendenza del clima cui e` soggetto ledificio, attraverso il parametro
gradi giorno GG (vedere nota 1 a pagina 128), ed alle sue caratteristiche geometriche, attraverso
il rapporto di forma (S/V )6 . Siccome il DL 311/06 nellAllegato M riporta una lista di Norme
tecniche (UNI e CTI) da utilizzare per i calcoli, nel seguito si fara riferimento alla procedura illustrata
in queste normative che consentono un calcolo del fabbisogno energetico in forma semplificata. Il
fabbisogno cos calcolato e pertanto convenzionale ma risulta abbastanza prossimo a quello reale
con scostamenti dellordine del 20% ; lo scostamento sara tanto pi`u elevato quanto pi`u le condizioni
climatiche e di utilizzo delledificio saranno diverse da quelle assunte nella procedura.

3.1

Calcolo del Fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento

Il fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento Q e` il parametro che serve a valutare


lindice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale EPi (nel seguito brevemente EP )
introdotto nel D.L.311/2006. Lindice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale e`
definito in modo diverso per le abitazioni rispetto agli altri edifici8 .
Per gli edifici residenziali e assimilabili (categoria E.19 ) con alcune esclusioni, si fa riferimento
allarea calpestabile e si ha:
Q
(3.1)
EP =
Ap
dove:
Q

fabbisogno di energia primaria necessaria al riscaldamento durante tutta la stagione

Ap

superficie utile calpestabile

Per tutti gli altri edifici si fa riferimento al volume lordo riscaldato:


EP =
4

Q
V

(3.2)

Vedere lArticolo 3 e lAllegato C del D.L.311/06 (e successive eventuali modifiche).


In realt`a la Direttiva CE fa riferimento anche alla energia per la produzione dellacqua calda sanitaria, per
lilluminazione e anche il fabbisogno per il raffrescamento estivo, queste parti saranno regolamentate nelle linee guida.
6
Nel rapporto di forma S/V come definito nellAllegato C del D.L. 311/06 S e` la superficie, espressa in m2 , che
delimita verso lesterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento), il volume riscaldato V che e` il
volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano .
7
Nel seguito si fa riferimento prevalentemente alle Specifiche tecniche UNI TS 11300 parti 1 e 2 anche se talvolta la
simbologia adottata non corrisponder`a perfettamente anche a causa di alcune disuniformit`a nella simbologia delle stesse
Specifiche tecniche.
8
Vedere lallegato A del DL 311/06.
9
Nel DL 311/06 per le categorie degli edifici si fa riferimento alle definizioni riportate nellArt.3 del D.P.R. 412/1993
5

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

88

Lindice EP rappresenta cos` una energia media per unit`a di superficie (o di volume). Risulta
quindi un parametro che consente di confrontare gli edifici dal punto di vista del consumo per il
riscaldamento, a parit`a di condizioni climatiche. Il fabbisogno cos` definito e` un parametro che fa
parte dei dati che il progettista deve dichiarare nella relazione da depositare presso lUfficio tecnico
del Comune dove sar`a realizzato ledificio. La relazione di deposito sar`a il punto di partenza per la
certificazione energetica delledificio che e` in corso di definizione a livello ministeriale. La relazione
tecnica di deposito deve essere accompagnata da una dichiarazione di rispondenza fatta dal progettista
in cui si attesta di aver proceduto nei calcoli secondo quanto previsto dal Decreto e dalle norme
tecniche. Inoltre, alla fine dei lavori, anche il Direttore dei lavori dovr`a asseverare che gli stessi sono
stati realizzati nel rispetto di quanto previsto nel progetto e nelle varianti depositate. Il D.L.311/2006
(Allegato M) ed il D.L. 115/2008 che chiarisce quali norme tecniche devono essere seguite nella
redazione del calcolo10 .
La norma UNI 10379:2005, invece che al EP fa riferimento ad un diverso parametro: il F EN
(Fabbisogno Energetico Normalizzato). Pur essendo comunque possibile passare agilmente dal F EN 11
allindice EP e viceversa, basta usare le norme tecniche per arrivare al calcolo di Q e far riferimento
al DL 311/06 per lindice di prestazione energetica, ignorando il punto 4 della UNI 10379:200512 .
Le norme tecniche a cui si fa riferimento permettono un calcolo del fabbisogno per il riscaldamento come somma di contributi mensili calcolati separatamente oppure come una valutazione stagionale
complessiva.
METODO MENSILE: semistazionario: lenergia necessaria risulta come somma dei contributi mensili in ipotesi di stazionariet`a delle condizioni nellarco dei singoli mesi regime
stazionario nel mese e variabile da mese a mese durante la stagione di riscaldamento.
METODO STAGIONALE: stazionario: il fabbisogno e` ottenuto in base a condizioni climatiche
medie stagionali.
Nel seguito si far`a riferimento al metodo mensile che risulta pi`u accurato soprattutto per i climi
temperati.
Lenergia primaria Q per il riscaldamento e` lenergia relativa a tutti i consumi di combustibile
necessari al riscaldamento nellarco di un anno (medio dal punto di vista climatico). Utilizzando il
metodo mensile lenergia primaria si ottiene come somma dei valori ottenuti dal calcolo effettuato per
ogni mese della stagione di riscaldamento:
Q = Qc +

Qaux
sen

dove
Qc
10

energia primaria associata al combustibile bruciato localmente in caldaia

In particolare per il calcolo del fabbisogno di energia primaria il Decreto prevede lutilizzo della UNI 10379:2005,
della UNI EN 832 e della UNI EN ISO 13790 senza specificare quale seguire per le parti in sovrapposizione; si consiglia
di seguire la UNI 10379, che rimanda alle procedure presenti nella UNI EN 832, con qualche modifica e con qualche dato
precalcolato.
11
Il Fabbisogno Energetico Normalizzato F EN introdotto nel D.P.R. 412/93 e ridefinito nella norma UNI 10379.
12
Per effettuare il calcolo, la Norma UNI 10379:2005 fa riferimento esplicito alla UNI EN 832: Calcolo del fabbisogno
di energia per il riscaldamento. Edifici residenziali anche per edifici non residenziali, mentre il Decreto cita anche la UNI
EN ISO 13790 Prestazione termica degli edifici - Calcolo del fabbisogno di energia per il riscaldamento che a differenza
della precedente e` applicabile non solo agli edifici residenziali ma a tutti i tipi di edifici. Le due norme, di derivazione
europea differiscono leggermente in alcuni punti, in particolare nel modo in cui permettono di calcolare il regime di
funzionamento non continuo.

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

89

Qaux energia elettrica per gli ausiliari (pompe e ventilatori)13 ;


sen rendimento del servizio elettrico nazionale, e` il parametro per la conversione da energia
del combustibile ad energia elettrica; corrisponde a 0,40 in quanto il DL 311/06 fissa la
conversione da energia elettrica in energia primaria come 1 kWhe = 9 MJ.
aux
rappresenta lenergia primaria consumata per produrre lenergia elettrica utilizzata
Il rapporto Qsen
dagli ausiliari.
Qc e lenergia consumata in caldaia, e pu`o essere ricavata effettuando un bilancio di energie sul
generatore di calore, infatti sequendo lo schema di figura 3.1 si ottiene:

Qc = Qu + Qf + Qd + Qf bs
Qu = Qp Qpo po

(3.3)
(3.4)

dove:
Qd dispersioni di energia attraverso il mantello della caldaia;
Qf

perdite ai fumi (o al camino) a fiamma accesa;

Qf bs perdite ai fumi (o al camino) a bruciatore spento14 ;


Qpo energia elettrica fornita alla pompa;
po frazione dellenergia elettrica della pompa trasferita al fluido;
Qu energia utile, fornita dalla caldaia;
Qp

energia prodotta in base alle richieste dellimpianto, compreso il contributo della pompa15 .
Qf
Qd
Qpo

Qc
Qu

Qp

Figura 3.1: Bilancio di energia al generatore di calore


Per risolvere il precedente bilancio e` necessario determinare Qp . Tale termine si calcola, come illustrato di seguito, a partire dalle richieste di energia delle utenze (edificio) in condizioni di funzionamento
ideale dellimpianto, tenendo poi conto di tutte le inefficienze dellimpianto nel trasferire lenergia dal
generatore agli ambienti da riscaldare. Il fabbisogno ideale delledificio viene indicato col simbolo
13

Qaux e molto piccola: per impianti a radiatori e a pannelli radianti 1 2% di Qc mentre puo essere significativa per
impianti a ventilconvettori e per impianti di riscaldamento ad aria.
14
Durante il funzionamento dellimpianto il bruciatore della caldaia non e` sempre acceso. Negli intervalli di tempo
in cui e` spento ci sono delle perdite al camino dovute al tiraggio anche in assenza di fiamma, inoltre prima di ogni
riaccensione del bruciatore c`e una fase di lavaggio della camera di combustione durante la quale viene soffiata aria che
contribuisce a raffreddare la caldaia; Qf bs tiene conto di entrambi questi contributi.
15
Negli impianti ad acqua lenergia prodotta Qp solitamente e` poco diversa da Qu in quanto Qpo e` di solito inferiore
all1% di Qu ed po assume valori inferiori a 0,9. Negli impianti ad aria, invece, lenergia fornita dai ventilatori

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

90

Qh se valutato con riferimento a un funzionamento dellimpianto senza interruzione e con temperatura interna sempre pari a quella di riferimento, mentre viene indicato col simbolo Qhvs se valutato con
riferimento a un funzionamento dellimpianto con intermittenza (giornaliera e/o settimanale) oppure
con periodi di attenuazione della temperatura interna (di almeno 4 K). Per il calcolo dellindice EP
la Legge prescrive il calcolo in regime di funzionamento continuo.

3.1.1

Calcolo del fabbisogno ideale di energia Qh

Per il calcolo del fabbisogno di energia gli ambienti vengono raggruppati in funzione delle modalit`a
di riscaldamento e pertanto si definiscono:
ZONA TERMICA: parte delledificio in cui si ha uniformit`a di temperatura interna, di apporti
gratuiti e di tutti i parametri che entrano in gioco nel calcolo del fabbisogno ideale di energia
per il riscaldamento (vedi in seguito).
EDIFICIO: insieme di tutte le zone termiche da riscaldare con un unico impianto di riscaldamento. Spesso ledificio non corrisponde al FABBRICATO come nel caso frequente di un
appartamento riscaldato autonomamente in un condominio, oppure, meno frequentemente pi`u
corpi di fabbrica serviti da una stessa centrale termica come nel teleriscaldamento.
Il fabbisogno di energia ideale per il riscaldamento Qh e` calcolato separatamente per ciascuna
zona termica servita dallo stesso impianto. Il fabbisogno delledificio si calcola come somma dei
contributi delle singole zone 16 .
Allimpianto di riscaldamento viene richiesto di mantenere, nelle ore di accensione, le condizioni
interne costanti, al variare di quelle esterne, che raggiungono quelle di progetto solo per brevi periodi.
Le ore giornaliere di funzionamento a regime sono limitate per legge (tranne nelle localit`a con pi`u
di 3000 gradi-giorno, zona F); nelle ore rimanenti limpianto deve essere spento (intermittenza) o
funzionare garantendo una temperatura interna inferiore di almeno 4 K rispetto a quella di regime
(funzionamento in attenuazione). I fabbisogni ideali vengono stimati per ogni singola zona termica
come la differenza tra le energie disperse e le energie rese disponibili da fonti diverse dallimpianto
per altri scopi (gratuite ai fini del riscaldamento).
Il fabbisogno ideale si ricava da un bilancio di energia sulla zona termica come rappresentato in
figura 3.2:
Qh = (QL Qse ) u (Qi + Qsi )
(3.5)
dove i termini rilevanti sono
QL energie disperse dalledificio verso lesterno;
Qse apporti gratuiti solari sulle superfici esterne delle murature opache;
Qsi apporti gratuiti solari, disponibili allinterno del locale, entrati attraverso le finestre;
Qi

apporti gratuiti interni (persone, elettrodomestici, macchine dufficio, etc..);

fattore di utilizzazione degli apporti gratuiti. Tiene conto delle possibili situazioni in cui
il termine dovuto agli apporti gratuiti supera le perdite, portando ad un surriscaldamento
(inutile!) dei locali. Percio si penalizzano gli apporti gratuiti con il fattore di utilizzazione,
tipicamente < 1.

16

Spesso e possibile semplicemente far coincidere la zona termica con tutto ledificio (uniformita di esposizione
climatica, di destinazione duso e di tipologia di rete di distribuzione dellenergia).

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

Qsi

91

Qhvs

QL
Qse

Qi

Locale
caldaia

Figura 3.2: Schema di riferimento per il calcolo del fabbisogno di energia


Lequazione (3.5) e` valida per regime di funzionamento continuo, tipicamente per`o gli impianti funzionano con periodi di spegnimento temporaneo (intermittenza) oppure di attenuazione dellimpianto
(abbassamento di almeno 4 K della temperatura interna). Per la valutazione del fabbisogno in regime non continuo la (3.5) viene pertanto modificata (nella UNI 10379) introducendo i coefficienti
k; Fil ; Fig , si ottiene quindi il fabbisogno energetico utile in regime non continuo Qhvs
Qhvs = k[Fil (QL Qse ) u Fig (Qsi + Qi )]

(3.6)

dove:
k

coefficiente per modalita di funzionamento: intermittenza k = 1, attenuazione k > 1;

Fil

1 fattore di riduzione delle dispersioni;

Fig 1 fattore di riduzione degli apporti gratuiti;


questi coefficienti si ricavano in funzione dei seguenti parametri:
tc

costante di tempo delledificio, che serve anche nella determinazione di u , in quanto anche
in questo caso sono influenti le caratteristiche dinamiche delledificio stesso;

nag numero di ore di spegnimento o attenuazione notturne (dalle 16,00 alle 8,00), nellarco di una
giornata;
ndg numero di ore di spegnimento o attenuazione diurne (dalle 8,00 alle 16,00)17 ;
sb differenza tra la temperatura interna prefissata e la temperatura limite di attenuazione;
= i em differenza tra la temperatura interna e la temperatura esterna media del periodo.
17

Leventuale intermittenza settimanale (negozi, uffici) viene considerata ampliando proporzionalmente lintermittenza
giornaliera (UNI 10379:2500)

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

3.1.2

92

Nota sul calcolo dellindice EP e del rendimento globale stagionale g

Il calcolo del Fabbisogno di Energia Primaria si effettua considerando costante la temperatura interna
per tutta la stagione di riscaldamento, quindi non si considera leffetto dellattenuazione o dello spegnimento, pertanto k = Fil = Fig = 1 ed il fabbisogno di energia primaria Q mese per mese deve
essere calcolato utilizzando la (3.5), va fatto notare che questo e` un calcolo convenzionale. Per una
stima del fabbisogno energetico effettivo degli edifici va invece utilizzata la (3.6) che tiene conto della
non stazionariet`a della temperatura interna. I due calcoli coincidono nella zona climatica E dove e`
previsto il funzionamento continuo dellimpianto. Il calcolo in regime intermittente o attenuato era
previsto nelle procedure precedenti al DL 311/06 per la verifica del rendimento globale medio stagionale g quale rapporto tra il fabbisogno di energia termica utile per la climatizzazione invernale
e lenergia primaria delle fonti energetiche, ivi compresa lenergia elettrica dei dispositivi ausiliari.
Questa verifica e` prevista anche nel D.L. 311/2006 ma, mentre per il calcolo di EP il decreto fa riferimento esplicito al calcolo in regime continuo, per il rendimento globale medio stagionale non viene
specificata la modalit`a di calcolo delle energie. La Norma UNI 10379:2500 per la determinazione di
g prevede il calcolo in regime intermittente o attenuato che fornisce fabbisogni inferiori e valori di g
migliori (pi`u alti). Pertanto, possiamo definire il rendimento globale medio stagionale con riferimento
al regime continuo nel modo seguente:
g =

Qh
Q

(3.7)

Qhvs
QR

(3.8)

oppure con riferimento al regime non continuo:


g =

nella equazione 3.8 il fabbisogno di energia primaria Q ed il fabbisogno di energia termica utile Qhvs
sono da calcolare come somme dei corrispondenti valori mensili, ovviamente i valori mensili di QR 18
devono essere calcolati a partire dai valori mensili di Qhvs e non di Qh .

3.2

Calcolo dei termini di Qh e Qhvs

Il calcolo dei termini energetici che compaiono nella (3.6) o nella (3.5) viene fatto mese per mese se
si utilizza il metodo mensile, mentre viene fatto in una unica soluzione per tutta la stagione nel caso
del metodo stagionale, nel seguito si indicher`a con il periodo corrispondente in secondi:
= 86400 N

(3.9)

dove 86400 = 24 3600 sono i secondi in un giorno ed N rappresenta il numero di giorni corrispondenti al periodo considerato.

3.2.1

Calcolo dellenergia termica dispersa per trasmissione e ventilazione QL

Questi termini si possono ricavare in modo analogo a quanto fatto per i termini di potenza nel paragrafo 1.2, considerando per`o coefficienti di esposizione e pari allunit`a, differenze di temperatura
18

Vedere punto 8 della UNI 10379:2005

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

93

medie mensili o stagionali tra linterno e lesterno. Le potenze medie cos` calcolate si moltiplicano
per il corrispondente tempo di riferimento . Formalizzando quanto esposto si ha:
QL = (QT + QG + QU + QA ) + QV

(3.10)

QT energia trasmessa direttamente verso lesterno da pareti, finestre, porte.


QG energia trasmessa passando attraverso il terreno
QU energia trasmessa attraverso i vani non riscaldati
QA energia trasmessa attraverso i vani a temperatura costante diversa da quella interna (es. cella
frigorifera)
QV energia scambiata per ventilazione.
Nel seguito si analizzer`a ogni singolo termine che compare nella (3.10)
energia trasmessa direttamente verso lesterno da pareti, finestre, porte
QT = HT
HT coefficiente di dispersione (potenza dispersa per unit`a di salto termico) vedi (1.3) a pg. 7
salto termico = i em
em temperatura esterna media nel periodo considerato
energia trasmessa attraverso il terreno
QG = HG
HG coefficiente di dispersione attraverso il terreno (potenza dispersa per unit`a di salto termico),
trattato nella UNI EN 13370, vedi (1.6) a pag. 17;
salto termico = i em
em temperatura esterna media nel periodo considerato;
energia trasmessa attraverso i vani non riscaldati
QU = Hu
Hu coefficiente di dispersione tra interno ed esterno (potenza per unit`a di salto termico) calcolata
con analogia elettrica, vedi (1.9) a pag. 24;
salto termico = i em
em temperatura esterna media nel periodo considerato;

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

94

energia trasmessa attraverso i vani a temperatura costante diversa da quella interna


QA = HA A
HA (potenza per salto termico), e` la somma dei termini di trasmissione e ventilazione: HA =
HT,A + HV,A ;
A =i A
A

temperatura del locale a temperatura fissa.

energia scambiata per ventilazione


QV = HV
HV coefficiente di dispersione per ventilazione, vedi (1.12) a pg. 28;
salto termico, = i e ;
e

temperatura esterna media nel periodo considerato.

In pratica si ha:
HV = 0, 34nV
espresso in [W/K] con:
n

numero di ricambi daria orari19 fissato convenzionalmente pari a 0,5 per gli edifici di civile
abitazione20 ;

volume netto della zona termica;

3.2.2

Calcolo dei termini relativi agli apporti dovuti alla radiazione solare

Gli apporti gratuiti dovuti alla radiazione solare sono di due tipi e sono dovuti rispettivamente alla
radiazione solare incidente sulle superfici opache esterne Qse e parzialmente assorbita, ed alla radiazione solare incidente su superfici trasparenti Qsi , parzialmente trasmessa allinterno dove viene
assorbita. I due contributi hanno un effetto diverso: mentre Qse riduce le dispersioni aumentando
la temperatura superficiale esterna delle pareti, il termine Qsi aumenta la temperatura delle superfici
interne.
In ogni caso, con riferimento al contributo mensile, si pu`o scrivere:
!
e
v
X
X
Qs =
Is,j
Aei
(3.11)
j=1

i=1

numero di esposizioni (orientamento delle pareti);

numero di superfici per esposizione;

intervallo di tempo del periodo considerato;


Ae
19
20

area equivalente della superficie;

Per i valori da utilizzare ai fini delle verifiche di legge fare riferimento alla UNI 10379:2005
Categoria E.1(1) del D.P.R. 412/93

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO


Is

95

irradianza globale per unit`a di tempo, mediata sul mense, incidente sulla parete

Tenuto conto che lirradianza Is e` riportata nella UNI 10349 (col simbolo H) in MJ/(m2 giorno) e`
conveniente esprime lintervallo di tempo come numero di giorni nel mese N per avere Qs in MJ al
mese.
I contributi dovuti alla radiazione solare su superficie opaca o trasparente si differenziano considerando diverse metodologie di calcolo per larea equivalente Ae
Superfici opache
In questo caso larea equivalente viene calcolata come:
Ae = Fs Fer A
Fs

U
he

Fattore di schermatura legato alle ostruzioni;

Fer Fattore di riduzione per tener conto del reirraggiamento verso la volta celeste;
A

Area della superficie;

coefficiente di assorbimento della radiazione solare;

trasmittanza della parete;

he

coefficiente di scambio superficiale esterno.

pu`o accadere che le pareti esterne opache siano ombreggiate da ostacoli (alberi, altri edifici, etc. . .): si
introduce quindi il fattore di schermatura, Fs . Inoltre si corregge lapporto radiativo solare per tener
conto dello scambio per re-irraggiamento verso la volta celeste mediante il coefficiente Fer . Il termine
U / he rappresenta invece la frazione della radiazione solare che, assorbita, attraversa la parete verso
linterno, infatti una parte della radiazione incidente viene riflessa, (1 ) Is , mentre della quantit`a
assorbita Is solo una parte attraversa la parete mentre la restante viene ceduta allambiente esterno,
come rappresentato in figura 3.3. Il flusso termico dovuto allassorbimento della radiazione solare si
ripartisce, tra interno ed esterno secondo la regola della leva, con le resistenze termiche al posto delle
distanze.
Il termine hUe e` in relazione con le resistenze termiche della parete, infatti:
U
R00
= 00e
he
Rtot
si vede quindi che limportanza dei contributi Qse diminuisce allaumentare dellisolamento termico
delle pareti e viceversa come succede nei climi pi`u temperati dove gli edifici di solito sono meno
coibentati e, inoltre, la radiazione solare e` pi`u intensa.
Superfici finestrate
Larea equivalente viene espressa come:
Aej = Fsj Fcj Ffj g Aj
dove
Fsj fattore di riduzione per gli schermi esterni non appartenenti alledificio

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

qs

int.

parete

qs

est.

R"e = 1/ he

96

R"

_ U / he

R"i = 1/ hi

Figura 3.3: Radiazione solare incidente su una superficie opaca


Fcj fattore di riduzione per gli schermi esterni (aggetti, terrazze) ed interni (tende)
Ffj fattore per la riduzione dellarea trasparente dovuta al telaio
g

trasmittanza solare totale dellelemento.

area del foro della finestra;


Finestra

qs

parte
efficace

parte
riflessa

nei climi settentrionali, Qse < 10% di Qsi . Qsi rimane comunque elevato, ed il contributo e` tanto pi`u
importante quanto pi`u isolate sono le pareti delledificio, cio`e quanto pi`u piccolo e` il termine QL .

3.2.3

Contributi gratuiti interni Qi

Questo termine deriva dal contributo di energia termica dovuto allilluminazione, alle persone, agli
elettrodomestici, alle macchine per ufficio, etc.., quindi da tutte le sorgenti che producono calore
allinterno delledificio. Il valore e` praticamente pari alla potenza di targa di ogni apparecchio per il
tempo di utilizzo.
X
Qi =
Qij
j

Se il valore non e quantificabile, la norma impone di assumere valori convenzionali limite, per esempio per edifici adibiti a residenza (E.1)(1) si pu`o assumere un apporto gratuito pari a 4 Apavimento [W].

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

3.2.4

97

Calcolo di u , fattore di utilizzo degli apporti gratuiti

E un coefficiente riduttivo degli apporti gratuiti, gi`a introdotto nella (3.6), si calcola come
1
1 +1

u =
+1

u =

dove:
=

se

6= 1

se

=1

Qsi + Qi
guadagni
=
dispersioni
QL Qse
tc
=1+
16

tc

costante di tempo deledificio espressa in ore, ovvero prodotto della costante termica delledificio per la resistenza termica.
C
tc =
HK 3600

capacit`a termica delledificio;


C=

Aj mj cj

j=1

Aj

area della parete;

mj massa termica areica (ovvero la parte della massa della parete che accumula energia nellarco della giornata, calcolata
p come prodotto della densit`a per la profondit`a di penetrazione
dellonda termica d = 3, 71 / per pareti non isolate.
cj

calore specifico del materiale della parete;

HK coefficiente di dispersione globale delledificio, ricavato dallenergia dispersa QL :


HK =

3.2.5

QL

Nota sul calcolo della capacit`a termica C

La Norma UNI 10379:2005 fornisce una tabella di valori di capacit`a termica per unit`a di volume
delledificio che e` sufficiente moltiplicare per il volume lordo V delledificio per ottenere la capacit`a
termica.
Una procedura pi`u corretta per il calcolo della capacit`a termica delledificio e` riportata nella
Norma UNI EN 13790:
np
ns
X
X
C=
Aj
k,j ck,j sk,j
(3.12)
j=1

k=1

con:
np

numero di pareti delledificio;

Aj

area dellaj-esima parete che partecipa allaccumulo (superfici rivolte verso lambiente in cui
si manifestano gli apporti gratuiti);

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO


ns

98

numero di strati della j-esima parete contati dallinterno fino allisolante;

k,j densit`a dello strato k della parete j;


ck,j calore specifico dello strato k della parete j;
sk,j spessore dello strato k della parete j;
La sommatoria interna
P della equazione 3.12 va effettuata per gli strati interni allo strato di isolante
oppure fino a che k sk in cui rappresenta la profondit`a di penetrazione dellonda termica
allinterno delle pareti. La profondit`a di penetrazione e` definita come la profondit`a alla quale lampiezza dellonda termica e` pari a e 1 volte lampiezza in superficie21 . Dalla trattazione teorica della
conduzione termica si ottiene:
s
o
=
c
con
o

periodo di oscillazione dellonda termica (24 ore);

, , c propriet`a termofisiche dello strato di materiale di spessore maggiore compreso in .


Se il lato interno dello strato di isolante cade allinterno di valutata secondo la precedente formula,
viene posta pari alla posizione dello strato di isolante a causa della elevata attenuazione introdotta
da questo.

3.2.6

Calcolo dellenergia primaria consumata in caldaia Qc

Noto il valore del fabbisogno di energia in condizioni ideali per una zona termica, per mantenere le
condizioni interne desiderate, in regime continuo Qh o in regime attenuato Qhvs , si risale allenergia
che deve essere fornita dalla caldaia Qp , per poi arrivare allenergia primaria consumata dalla caldaia
stessa, Qc . Nel seguito, per brevit`a, si fa riferimento solamente a Qh vs e ci si limiter`a a mettere in
evidenza le differenze per il caso in regime continuo essendo la procedura la medesima.
Il primo passo si compie tenendo conto delle inefficienze del sistema di trasferimento dellenergia
dai terminali di erogazione allambiente:
Qr =

Qhvs
e c

con
Qr

lenergia da fornire alla zona termica in condizioni reali;

rendimento di emissione;

rendimento di regolazione o controllo.

Il rendimento di emissione e , tiene conto delle inefficienze nel trasferimento dellenergia dal
terminale dimpianto allambiente (es. aumento delle dispersioni a causa dellinnalzamento della
temperatura della parete posteriore dei radiatori, irraggiamento diretto da un radiatore verso una finestra ad esso affacciata, ecc.). Il valore di e varia da 0,95 (per pannelli radianti in strutture poco
isolate) a 0,99 (per i termoconvettori). Il rendimento di regolazione o controllo, c , tiene conto delle
21
Per i dettagli si consiglia di consultare un teso di Trasmissione del calore nella parte che tratta la conduzione
monodimensionale in regime periodico.

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

99

caratteristiche del sistema di regolazione, anche in dipendenza della tipologia dei terminali di impianto, che possono portare la temperatura interna a valori superiori a quelli di riferimento nel calcolo con
conseguenti maggiori dispersioni (es. isteresi del termostato ed anche disuniformit`a di temperatura
tra i locali termostatati e gli altri, oppure assenza del termostato come nei vecchi impianti centralizzati
dotati solamente di sonda climatica esterna, inerzia termica dellimpianto, ecc.). Il valore di questo
rendimento varia in funzione del sistema di regolazione e del tipo di impianto, ad es. per i radiatori e
ventilconvettori non e` mai inferiore a 0,93.
Come secondo passo si tiene conto delle perdite lungo la rete di distribuzione dalla centrale termica fino alle singole zone termiche e si calcola lenergia prodotta (uscente dalla centrale) come somma
dei contributi delle diverse nz zone termiche servite, divisa per lefficienza della rete di distribuzione:
nz
X

Qp =

Qr,j

j=1

con d , rendimento di distribuzione, funzione delle dispersioni dovute alla distribuzione, si attesta
attorno a 0,9.
I metodi di calcolo ed i valori consigliati dei rendimenti di regolazione, emissione e distribuzione
sono riportati nella Norma UNI 10348.22
Dallenergia prodotta Qp si risale allenergia utile Qu , al netto del contributo della pompa (figura
3.1):
Qu = Qp Qpo po
po rendimento della pompa, indica la frazione di energia che dalla pompa viene trasferita al fluido.
La differenza tra Qp e Qu risulta di solito molto piccola, dellordine del 1% . Dallenergia utile Qu si
ricava infine lenergia primaria consumata, Qc :
Qc =

Qhvs
Qu

tu
tu e c d

con tu , rendimento termico utile della caldaia, rappresenta il rendimento medio del generatore nel
periodo considerato (mese o stagione), esso dipende dalla tipologia della caldaia stessa, in particolare
dalle perdite al mantello Qd e ai fumi Qf e Qf bs , e da come essa viene utilizzata, cio`e dal livello di
potenza richiesta rispetto alla potenza nominale del generatore.23 . Infine , noto il valore di Qc , si ricava
il fabbisogno di energia primaria necessaria al riscaldamento Q durante il periodo di riferimento:
Q = Qc +

Qaux
Qpo + Qbruc
= Qc +
sen
sen

Se il periodo di riferimento e` mensile, i valori stagionali di Qhvs e di Q si ricavano banalmente


come somma dei valori calcolati mensilmente.
22

Si fa notare che a questo punto del calcolo, per poter scegliere correttamente questi rendimenti bisogna aver scelto
la tipologia dei terminali di impianto e le caratteristiche del sistema di regolazione.
23
La norma UNI 10348 prende in considerazione come generatori di calore le pompe di calore oltre alle caldaie. Questi
sistemi, che trasferiscono energia termica da un ambiente pi`u freddo a un fluido o ambiente pi`u caldo grazie alla spesa di
lavoro meccanico di un motore elettrico, vanno considerati separatamente e le loro prestazioni vengono tenute in conto
attraverso il coefficiente di effetto utile o COP (coefficient of performance).

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

3.3

100

Calcolo del rendimento della caldaia

Per il calcolo del rendimento termico utile tu dei generatori a combustione si fa riferimento alla norma UNI 10348, la formula del rendimento si ottiene da un bilancio sulla caldaia come rappresentato
in figura3.1.


(1F C)
Pd
Pf + F C + Pf bs F C
tu = 1 + Fbr
(3.13)
100
dove:
Pf perdite ai fumi [%];
Pd perdite al mantello della caldaia [%];
Pf bs perdite ai fumi a bruciatore spento [%];
F C fattore di carico al focolare, < 1;
Fbr frazione di energia che il bruciatore trasferisce al fluido (trascurabile).
Il denominatore 100 serve a riferire allunit`a le predite percentuali. Il fattore di carico al focolare F C
e` definito come
Qc
FC =
(3.14)
Qcn
dove;
Qc

energia primaria richiesta dal generatore nel periodo considerato;

Qcn energia primaria richiesta dal generatore funzionante a massimo carico in regime continuo.
Esso si pu`o intendere come il rapporto tra la somma dei tempi in cui avviene la combustione nel
generatore ed il tempo totale di disponibilit`a del generatore, cio`e tempo in cui lacqua in caldaia e`
mantenuta al valore nominale.
Lequazione 3.13 si ricava a partire da un bilancio di energie sul generatore funzionante a pieno
carico e da un bilancio a carico parziale nel modo illustrato nel seguito.
Bilancio sul generatore a pieno carico
Durante il funzionamento a pieno carico il generatore non ha perdite a bruciatore spento. Pertanto,
sempre con riferimento alla figura 3.1 si ha:
Qcn + br Qbr = Qun + Qf n + Qdn

(3.15)

dove il pedice n sta ad indicare la condizione di pieno carico (nominale) e:


Qbr e` lenergia assorbita dal bruciatore;
br rappresenta la frazione di energia trasferita dal bruciatore allaria comburente per ogni
unit`a di energia assorbita.
Si dividano i termini dellequazione 3.15 per Qcn , energia prodotta dalla combustione in condizioni
nominali:
Qun Qf n Qdn
br Qbr
=
+
+
1+
Qcn
Qcn
Qcn
Qcn
in questa equazione si possono riconoscere i seguenti termini:

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO


br Qbr
Qcn

101

= Fbr vedi definizione precedente;

Qf n
Qcn

= Pf perdite ai fumi a bruciatore acceso, riferite allunit`a;

Qdn
Qcn

= Pd perdite al mantello, riferite allunit`a;

si espliciti rispetto a

Qun
Qcn

e si ottiene:
Qun
= 1 + Fbr Pf Pd
Qcn

(3.16)

dove, come anche nel seguito, per brevit`a, a differenza della Norma i simboli Pd e Pf non sono
espressi in percentuale, ma sono riferite allunit`a.
Bilancio sul generatore a carico parziale
La Norma UNI 10348 fa riferimento a caldaie con regolazione ON-OFF e temperatura dellacqua
costante durante i periodi di disponibilit`a del generatore, questo comporta che il bruciatore sta per
parte del tempo acceso al massimo con perdite ai fumi pari a quelle nominali e per laltra parte spento
con perdite ai fumi corrispondenti e che le perdite al mantello si mantengono sempre pari a quelle
nominali a causa della temperatura costante dellacqua in caldaia.
Cos`, il bilancio di energia per un intervallo di tempo in cui si susseguono fasi di accensione e fasi
di spegnimento del bruciatore si pu`o scrivere come:
Qc + br Qbr = Qu + Qd + Qf + Qf bs

(3.17)

Si dividano i termini dellequazione 3.17 per Qcn , energia prodotta dalla combustione in condizioni
nominali:
br Qbr
Qu
Qf
Qd
Qc
+
=
+
+
Qcn
Qcn
Qcn Qcn Qcn
in questa equazione si possono riconoscere i seguenti termini:
Qc
Qcn

= F C vedi definizione precedente;

br Qbr
Qcn
Qf
Qcn

= Fbr F C in quanto il bruciatore e` acceso per una frazione F C del tempo totale;

= Pf F C per la stessa ragione del caso precedente;

Qf bs
Qcn

= Pf bs (1 F C) in quanto il bruciatore e` spento per una frazione (1 F C) del tempo


totale;
Qd
Qcn

= Pd in quanto la caldaia e` a temperatura pari a quella a pieno carico;

u
pu`o essere trattato nel modo seguente:
Il termine QQcn

Qu
Qu Qun
Qun
=
= CP
Qcn
Qcn Qun
Qcn
u
e` detto fattore di carico utile e rappresenta il rapporto tra lenergia richiesta dallimdove CP = QQun
pianto e lenergia che il generatore darebbe allimpianto se funzionasse sempre a pieno carico. In
particolare si ha:
Qun = un ta

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

102

dove con un si e` indicata la potenza utile nominale della caldaia (ricavabile da catalogo) e con ta si
e` indicato il tempo di disponibilit`a del generatore nel periodo di riferimento; cio`e, ad esempio, nel
caso di funzionamento continuo o attenuato (disponibilit`a 24 ore su 24) ta = N 24 3600 secondi,
mentre nel caso di funzionamento intermittente con disponibilit`a di 14 ore al giorno (zona climatica
E) si ha ta = N 14 3600 secondi. Il fattore di carico utile CP e` sempre minore del fattore di
carico al focolare F C perche il bruciatore funziona non solo per fornire Qu allimpianto, ma anche
per mantenere lacqua in caldaia alla temperatura di funzionamento. Si sottolinea che il fattore di
carico utile CP e` un parametro calcolabile quando e` nota lenergia Qu richiesta dallimpianto nel
periodo, la potenza nominale della caldaia n ed il tempo di attivazione ta 24 mentre il fattore di carico
al focolare e` calcolato come specificato di seguito. Si sostituiscano i vari termini come ora definiti
nellequazione precedente, si raccolgano F C e CP , si ottiene:
F C(1 + Fbr Pf + Pf bs ) = CP (1 + Fbr Pd Pf ) + Pd + Pf bs
si espliciti rispetto a F C e si ha:
FC =

Pd + Pf bs + CP (1 + Fbr Pf Pd )
1 + Fbr Pf + Pf bs

(3.18)

A questo punto, si pu`o ricavare lespressione di Qu dalla equazione 3.17:


Qu = Qc + br Qbr Qd Qf Qf bs
Allora il rendimento termico utile del sistema di generazione diventa:
tu =

Qu
Qc + br Qbr Qd Qf Qf bs
=
Qc
Qc

in questa equazione si possono riconoscere i seguenti termini:


(br Qbr )n
br Qbr
=
= Fbr
Qc
Qcn
in quanto il contributo del bruciatore si ha quando il bruciatore e` acceso e quindi proporzionalmente
allenergia consumata Qc ;
Qd
Qd Qc
Pd
=
=
Qc
Qcn Qcn
FC
Qf
Qf n
=
= Pf
Qc
Qcn


Qf bs
Qf bs Qcn
1
1 FC
=
= (1 F C)Pf bs
=
Ppf bs
Qc
Qcn Qc
FC
FC
Infine si ottiene:

Pd
(1 F C)
Pf bs
(3.19)
FC
FC
Lequazione 3.19 e` analoga alla 3.13 a parte le perite che sono unitarie invece che percentuali.
Tenuto conto che i produttori di generatori di calore sono tenuti a fornire nei cataloghi diversi
parametri tra cui:
tu = 1 + Fbr Pf

24

I tempi di attivazione massimi sono fissati per le diverse zone climatiche dallart.9 del D.P.R.412/93.

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

103

un
rendimento termico a pieno carico;
100 = Q
Qcn
un
30 = Q
rendimento termico al 30% del carico (CP = 0, 30);
Qcn

cn =m
c Hi potenza termica al focolare, detta anche portata termica;
f c =cn (1 Pf ) = cn (100 + Pd ) potenza termica convenzionale;
un =cn (1 Pd Pf ) = cn 100 potenza utile nominale;
Si possono ottenere le seguenti espressioni pi`u sintetiche:
tu =

Qu
Qu Qcn Qun
CP
=
=
100
Qc
Qun Qc Qcn
FC

(3.20)

questa espressione e` utilizzabile appena calcolati CP ed F C.


Se i termini Pf , Pd e Pf bs non sono forniti dalla documentazione del generatore di calore possono
essere ricavati dalle potenze prima elencate cn , f c e un nel modo seguente: Per le perdite al
camino Pf :
cn f n
f c
=
= 1 Pf
cn
cn
dove f n rappresenta la potenza persa ai fumi in condizioni di pieno carico, quando la caldaia lavora
in condizioni nominali; pertanto:
f c
Pf = 1
cn
Per le perdite al mantello:
un
= 100 = 1 Pf Pd
cn
e quindi:
Pd = 1 Pf 100
Il termine di perdite al camino a bruciatore spento Pf bs se non disponibile pu`o essere ricavato
dalla tabella 3.1.
In alternativa alluso della tabella 3.1 le perdite a bruciatore spento Pf bs si possono ricavare, con
una buona approssimazione25 , ponendo CP = 0, 30 e calcolando il valore corrispondente di F C, nel
25

Lapprossimazione consiste nel fatto che 30 e` ottenuto in laboratorio con temperatura media dellacqua in caldaia
di 50o C e non di 70o C come viene fatto per 100

Tipo di generatore
a combustibile liquido o gas con bruciatore ad aria soffiata
con serranda sullaspirazione dellaria comburente

Pf bs (%)
0,1

a combustibile liquido o a gas con bruciatore ad aria soffiata


senza serranda sullaspirazione dellaria comburente:
con camino fino a 10 m
con camino oltre 10 m

0,6
0,8

a gas con bruciatore atmosferico e rompitiraggio

0,6

Tabella 3.1: Valori delle perdite al camino a bruciatore spento

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

104

modo seguente: Si consideri:


100 = tu (CP = 1)
ed
30 = tu (0, 30)
dalla equazione 3.20 si ottiene:
30 =

0, 30
100
F C(0, 30)

dalla equazione 3.16


100 =

Qun
= 1 + Fbr Pf Pd
Qcn

cos` si ottiene:
F C(0, 30) = 0, 30

100
30

ed anche, manipolando algebricamente lequazione 3.18:


Pf bs = 100

F C 0, 30
Pd
1 FC

Nella figura 3.4 viene riportato landamento qualitativo del rendimento termico utile tu ricavato
con lequazione 3.13 al variare del fattore di carico utile CP . Si fa notare che molte caldaie moderne, con bruciatore modulante, hanno un comportamento che non e` correttamente rappresentato dalla
(3.13), infatti in questo caso si nota che il rendimento ha un andamento decisamente pi`u favorevole al
diminuire di CP .
d tu
1

Pd+Pf

d 100

d 30
caldaia modulante
caldaia tradizionale

0,3

CP

Figura 3.4: Andamento del rendimento tu di una caldaia al variare del fattore di carico utile CP .
Le perdite Pd , Pf e Pf bs sono misurate in laboratorio in condizioni di prova corrispondenti ad
una temperatura media dellacqua in caldaia di 70o C ed una temperatura ambiente di 20o C con una
corrispondente differenza di temperatura tra acqua e aria pari a:
n = (70 20) = 50K
Qualora la differenza di temperatura tra acqua e aria sia diversa da n , la Norma UNI 10348
prevede che nelle precedenti formule le perdite Pd , Pf e Pf bs vengano sostituite con le perdite corrette
nel modo seguente:

0,02

0
Pf = Pf
n

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

105

FEP

lim

GG

0,2

0,9 S/V

Figura 3.5: andamento del EPlim al variare del rapporto S/V e dei gradi giorno
Pd0
Pf0 bs

3.4

= Pd
n



= Pf bs
n

Calcolo di EP limite e sua verifica

Lindice di prestazione energetica EP va calcolato a partire dal valore di Q stagionale espressa in kWh
utilizzando la formula 3.1. Come previsto dal pi`u volte citato D.L.311/2006 lindice di prestazione
energetica per il riscaldamento deve essere inferiore al limite previsto dal Decreto allAllegato C. La
Tabella 1 relativa ai limiti per gli edifici di categoria E.1 e` riportata di seguito nella Tabella 3.4.
La Legge (Art.2 del D.P.R.412/93) considera le localit`a appartenenti a zone climatiche in funzione
dei gradi giorno, da A (pi`u calda, GG 600) ad F (pi`u fredda, GG > 3000). Per ciascuna zona si
hanno due valori di EPlim , rispettivamente uno per S/V = 0, 2 ed uno per S/V = 0, 9, come riportato
in tabella 3.4.
Si deve avere:
EP EPlim
Il limite imposto EPlim varia in funzione dei gradi giorno GG del comune26 in cui e` situato ledificio e
del Rapporto di forma S/V delledificio. Il limite di Legge, espresso in kWh/m2 di area utile calpestabile va calcolato nel modo seguente. Il primo passo per determinare lEPlim dello specifico edificio
e` quello di interpolare linearmente in funzione dei GG (ricavati dallallegato A al D.P.R.412/93 e
successive modifiche27 ) del Comune di appartenenza delledificio tra i valori estremi per la fascia
climatica in corrispondenza di Sd /Vl =0,2 e poi in corrispondenza di Sd /Vl =0,9. Si ottengono cos` i
valori estremi dellEPlim0,2 e EPlim0,9 per il Comune28 . A questo punto, se ledificio ha un rapporto
Sd /Vl 0, 2 oppure Sd /Vl 0, 9 il EPlim sar`a pari a EPlim0,2 o EPlim0,9 rispettivamente. Altrimenti
(con 0, 2 < S/V < 0, 9) si procede interpolando in funzione di S/V delledificio tra i due valori
EPlim0,2 e EPlim0,9 determinati al passo precedente ricavando cos` il valore finale del EPlim .
Negli edifici residenziali della classe E.1, esclusi collegi, conventi, case di pena e caserme valgono
le seguenti limitazioni sul massimo valore di EP .
26

Vedere la tabella dei Gradi Giorno messa a disposizione nel materiale didattico del corso.
Ad esempio il Comune di Trieste ha subito un cambiamento recente dei GG ed e` passato dalla zona D alla zona E.
28
Tali valori saranno gli stessi per qualsiasi edificio dello stesso territorio comunale

27

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

106

Tabella 3.2: Valori limite dellindice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale
espresso in kWh/m2 anno.
valori da rispettare fino al 31/12/2007
Rapporto
di forma
S/V
0,2
0,9

Zona climatica
A
600
10
45

B
601
10
45

C
900
15
60

901
15
60

1400
25
85

1401
25
85

E
2100
40
110

2101
40
110

F
3000
55
145

3000
55
145

FEP lim
FEPlim

0,2

0,9 S/V
S/V

Figura 3.6: doppia interpolazione per ottenere il EPlim in funzione della zona climatica e del rapporto
S/V

3.5

Calcolo del rendimento globale medio stagionale

Si vuole garantire che il sistema di riscaldamento funzioni con un buon rendimento non solo al carico
di progetto, ma anche ai carichi parziali durante tutta la stagione invernale. Perci`o il rendimento
globale medio stagionale definito come nella equazione 3.7 o nella 3.8 qui ripetuta:
g =

Qhvs
QR

Qhvs fabbisogno ideale richiesto dalledificio per essere riscaldato


QR fabbisogno di energia primaria totale per il riscaldamento.
deve risultare non inferiore al valore minimo fissato per legge:
g g,min
Nelle norme transitorie del D.L. 311/2006 il rendimento minimo, espresso in percentuale, per le
caldaie con potenza nominale fino a 1000kW e` posto pari a:
g,min = 65 + 3 log(Pn )
con log logaritmo in base 10 e Pn = un potenza utile nominale del sistema di generazione espressa
in kW. Per potenze nominali superiori a 1000kW il limite resta pari a 74% . Nel caso di interventi

CAPITOLO 3. FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL RISCALDAMENTO

107

solo sugli impianti o sul generatore, invece, il valore minimo e` stato elevato di 10 punti percentuali
come segue29 :
g,min = 75 + 3 log(Pn )
Si pu`o notare che al crescere della potenza cresce anche il rendimento minimo ammissibile: ad esempio, con riferimento al valore previsto per i nuovi edifici, se per una caldaia da 10 kW g,min = 68%,
per una da 100 kW g,min = 71%.

29

Vedi Allegato I comma 3.

Capitolo 4
VERIFICA TERMOIGROMETRICA
La diffusione dellacqua sia liquida che allo stato di vapore nei componenti edilizi e` un fenomeno
particolarmente complesso e la conoscenza dei suoi meccanismi, delle proprieta dei materiali, delle
condizioni iniziali e al contorno e spesso insufficiente, inadeguata e ancora in via di sviluppo. Il
problema viene qui affrontato secondo le procedure semplificate presenti nella norma UNI EN ISO
13788:20031 .
La norma prende in considerazione due fenomeni che si possonoo verificare in corrispondenza
delle pareti rivolte verso lesterno:
la condensa superficiale sulle superfici interne
la condensa interstiziale allinterno delle pareti esterne.
Le verifiche vengono condotte mese per mese, con ipotesi di stazionariet`a delle condizioni di temperatura e di pressione del vapore nel mese considerato; le condizioni al contorno corrispondono ai
valori medi mensili. La standardizzazione di questi metodi di calcolo non esclude luso di metodi pi`u
avanzati. I metodi di calcolo utilizzati forniscono in genere risultati cautelativi e quindi, se una struttura non risulta idonea secondo questi, possono essere utilizzati metodi pi`u accurati che ne dimostrino
lidoneit`a.

4.1
4.1.1

Parametri fondamentali e dati necessari per il calcolo


Caratteristiche dei materiali

Per i calcoli devono essere utilizzati valori di progetto. Possono essere utilizzati i valori di progetto
riportati nelle specifiche su prodotti o materiali, o quelli tabulati forniti nelle norme indicate nella
seguente tabella.
La conduttivit`a termica e il fattore di resistenza al vapore sono applicabili per materiali omogenei mentre la resistenza termica R e lo spessore equivalente di aria per la diffusione al vapore sd
soprattutto per prodotti compositi o di spessore non ben definito.

4.1.2

Condizioni climatiche

Per il calcolo del rischio di crescita di muffe superficiale o la valutazione del rischio di condensazione
interstiziale nelle strutture, devono essere utilizzati valori medi mensili di temperatura e di umidit`a
1

Per valutazioni pi`u dettagliate fare riferimento al progetto di Norma europea prEN 15026:Hygrothermal performance
of building components and building elements - Assesment of moisture transfer by numerical simulation.

108

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

109

dellaria esterna, rappresentativi della localit`a in cui e` collocato ledificio, ottenuti dalla norma UNI
10349. Per elementi a contatto col terreno, la temperatura del terreno va assunta pari al valor medio
annuale della temperatura dellaria esterna ed una umidit`a pari a quella di saturazione. Per il calcolo
del rischio di condensazione superficiale su elementi a bassa inerzia termica, come ad esempio finestre
e telai, deve essere utilizzata la temperatura minima di progetto e una umidit`a relativa del 95%.

4.1.3

Condizioni interne

Per la temperatura dellaria interna devono essere usati valori in accordo alluso previsto delledificio,
ad esempio 20 C per gli edifici civili e 18 C per gli edifici industriali. Il D.L.192/2005 prevede
condizioni interne costanti corrispondenti a una temperatura i = 20o C e una umidit`a relativa i =
65%.

4.2

Verifica della condensa superficiale

Quando sulle superfici interne, dei componenti edilizi che separano gli ambienti dallesterno, le condizioni di umidit`a dellaria si approssimano a quelle di saturazione si possono verificare problemi
che, a seconda del tipo di superficie vanno dal rischio di corrosione, alla formazione di muffe fino alla
formazione di condensa. Il controllo del rischio si traduce in una limitazione dellumidit`a relativa
dellaria ambiente.
I valori limiti per i casi predetti sono:

60% pvi < 0, 6ps (si ) per superfici sensibili alla corrosione
80% pvi < 0, 8ps (si ) per prevenire la formazione di muffe
si <

100% pvi < ps (si )


per i telai dei serramenti (presenza di liquido)
dove
si

temperatura superficiale interna

ps

pressione di saturazione del vapor dacqua (funzione della temperatura)

pvi

pressione di vapore nellambiente interno.

Tabella 4.1: Propriet`a termofisiche dei materiali e dei prodotti


Propriet`a

Simbolo

Norme di riferimento

conduttivit`a termica
resistenza termica specifica

da UNI 10351 e da UNI 10355 o da EN 12524 o determinate


in accordo con ISO 10456

permeabilit`a al vapore
fattore di resistenza al vapore
spessore equivalente daria

sd

da UNI 10351 o da EN 12524 o determinate


in accordo con ISO 12572

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

Tint, Pvi

110

Parete

Tsi
Tse
Test, Pve

Per la valutazione del contenuto di vapore nellaria oltre che alla pressione parziale di vapore nella
Norma si fa riferimento al contenuto di vapore per unit`a di volume (umidit`a volumica)2 che permette
una facile correlazione tra le condizioni igrometriche esterne e quelle interne. Infatti, in assenza di
produzione di vapore, il contenuto di vapore nellaria interna si mantiene uguale al contenuto di vapore
dellaria esterna. Una produzione di vapore G negli ambienti comporta un aumento del contenuto di
vapore legato al rinnovo daria come segue:
i e = =

G
nV

dove
n

tasso di rinnovo dellaria

volume dellambiente

Il tasso di ventilazione n viene assunto variabile in funzione della temperatura esterna secondo la
seguente relazione:
n = 0, 2
per e 0 C
n = 0, 2 + 0, 04e
per e > 0 C
Possiamo mettere in relazione la pressione parziale di vapore pv con lumidit`a volumica considerando il vapor dacqua come aeriforme a comportamento ideale, tenuto conto del valore basso della
pressione parziale del vapore in aria:
pv V = mv Rv T = mv
pv =

R0
T
Mv

mv R0
R0
T =
T
V Mv
Mv

dove
mv massa di vapore
2

In pratica si tratta della densit`a che avrebbe il vapore se avesse a disposizione tutto il volume occupato dalla miscela
aria-umida

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

111

volume daria che contiene la massa di vapore mv ;

pv

pressione di vapore;

Mv massa molare dellacqua;


R0 = 8, 314 kJ/(kmolK) costante universale dei gas;
T

temperatura assoluta dellaria umida.

Laumento di umidit`a pu`o essere espresso anche in funzione della pressione di vapore:


R0
Ti + Te R0
R0
' (i e )
=
Tm
pvi pve = pv = (i Ti e Te )
Mv
2
Mv
Mv
La normativa prevede che le condizioni interne da utilizzare nei calcoli vengano maggiorate
mediante un coefficiente di sicurezza per cautelarsi dalle approssimazioni insite nel metodo.
pvi = pve + Cs pv
pv = f (e , destinazione d0 uso)
dove Cs coefficiente di sicurezza posto, nella Norma pari a 1, 1 ma definibile diversamente a
livello nazionale e pv e` funzione sia della temperatura esterna e che della destinazione duso del
locale, questo valore e si pu`a ricavare dal diagramma di figura 4.1 utilizzando i valori riportati nella
tabella 4.2.
Noto che = ppvs le limitazioni sullumidit`a relativa si traducono in un controllo della pressione di
vapore nellaria ambiente, in funzione della pressione di saturazione. Per valutare la pressione di saturazione ps (in pascal) in funzione della temperatura (in celsius) si utilizzino le seguenti espressioni:
17,269
psat = 610, 5 e( 237,3+ )

se 0 C

(4.1)

21,875
psat = 610, 5 e( 265,5+ )

se

< 0 C.

(4.2)

La verifica alla condensa interstiziale va ripetuta ogni mese. Nei mesi in cui si ha e > 20o C la
verifica e` necessaria solo se, che comunque va eseguita mese per mese nella stagione di riscaldamento.
I dati di pressione di vapore esterna per le diverse localit`a si trovano sulla UNI 10349 (dati climatici).
La pr
Tabella 4.2: differenza di pressione di vapore in funzione della destinazione duso
pv

Produzione di vapore
Produzione di vapore molto bassa (magazzini)
bassa (uffici)
media (alloggi poco affollati)
alta (alloggi molto affollati)
molto alta (locali speciali come cucine, lavanderie, piscine)

270 Pa
540 Pa
810 Pa
1080 Pa
da calcolare

La variazione di pv al variare delle temperatura esterna e` dovuta allassunzione di una ventilazione naturale crescente al crescere della temperatura. La norma considera la ventilazione costante al
di sotto di 0 C e linearmente crescente al di sopra di 0 C a fronte di una produzione di vapore interna

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

112

Diff. di
Pv (Pa)
1080
Produzione
di vapore

810
540
270
0
0

20

Test

Figura 4.1: differenza di pressione di vapore in funzione della temperatura e della destinazione duso
costante. In pratica i ricambi daria (tasso di ventilazione) n viene assunto pari a 0, 2 per e 0 C e
variabile secondo la seguente relazione:
n = 0, 2 + 0, 04 e
per e > 0 C.
Resta lincognita della temperatura superficiale interna. La sua determinazione non e` difficile nel
caso di regime monodimensionale stazionario, per`o il calcolo si complica per la presenza di ponti termici. Si definisce quindi un fattore di temperatura sulla superficie interna o fattore di resistenza
interna, fRsi :
Rsi/e
si e
=
i e
Ri/e
dove Rsi/e ed Ri/e rappresentano, rispettivamente, la resistenza termica tra la superficie interna e
lambiente esterno e la resistenza termica tra lambiente interno e lambiente esterno. In assenza di
altre indicazioni, nel calcolo di Ri/e si possono adottare i seguenti valori di hi :
fRsi =

hi = 4 W/(m2 K) per parete piana senza schermatura


hi = 2 W/(m2 K) nel caso in cui sia prevista o sia probabile la presenza di una schermatura termica
(mobili, quadri, ecc.).
Quanto minore e` fRsi = h1i tanto minore sar`a si e di conseguenza ps (si ). I valori minimi del
fattore di resistenza si hanno in corrispondenza dei ponti termici, per il calcolo dettagliato del ponte
termico si veda la UNI EN 10211-1, per quello semplificato la UNI EN 10211-2 oppure le tabelle dei
fattori di temperatura presenti nellatlante delle strutture.

4.3

Verifica della condensa interstiziale

Si deve verificare mensilmente che allinterno dalle pareti esterne non si formi condensa. Questo
fenomeno si presenta quando la pressione di vapore supera il valore assunto a saturazione. Viene

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

113

6x
p1
p2

psat

e1
+

= p1

p1

e2
p2

p2

Figura 4.2: a) Andamento della temperatura, b) andamento della pressione di vapore c) andamento
della pressione di saturazione
utilizzato il metodo di Glaser: si ipotizza un fenomeno monodimensionale e stazionario, in modo
che si possanano utilizzare relazioni simili a quelle della trasmissione del calore:
00 =

d
=
[W/m2 ]
dx
x

00 e il flusso termico per unit`a di superficie, con = 1 2 salto di temperatura tra due strati di
conduttivit e distanza x. In analogia a questa formula, si pu`o scrivere il flusso di vapore g:
g = p

dp
p
= p
[kg/m2 s]
dx
x

con p permeabilit`a al vapore, p = p1 p2 differenza di pressione di vapore tra due superfici.


Accanto allandamento della pressione parziale di vapore pv pu`o essere riportato anche landamento
della pressione di saturazione psat funzione questa solo della distribuzione di temperatura allinterno
della parete (x) come riportato in figura 4.2. La condensazione inizia quando la pressione di vapore
raggiunge quella di saturazione.
La condensa inizia quando la retta delle pv interseca la curva di saturazione psat , funzione questa
delle temperature 1 e 2 .

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

114

psat
p1
p2

zona di condensa

Nelle pareti multistrato lanalisi pu essere svolta tracciando le psat in funzione della temperatura
e confrontandole con landamento lineare a tratti della pv :

Tint
Tsi
Psat(T)

Tse
Test
Parete

La normativa, per semplificare il calcolo, introduce un materiale fittizio, con permeabilit`a al uguale
a quella vapore dellaria: cos` per ogni strato di spessore xj e` possibile determinare uno spessore
daria equivalente Sdj avente la stessa resistenza al vapore.3
strato xj Sdj
xj
Sdj
= aria
pj
p
da cui

paria
Sdj =
xj
pj

in questo modo tutta la parete risulta costituita dello stesso materiale, eliminando gli spigoli ed
ottenendo un andamento lineare di pv . Assumendo che:
0 = paria = 2 1010 [kg/(m sPa)]
si definisce per il materiale jesimo un fattore di resistenza al vapore:
j =
3

paria
p j

I valori di permeabilit`a al vapore dei materiali sono riportati sulla norma UNI 10351.

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

115

ottenendo quindi
Sdj = j xj
Gli elementi ad alta resistenza termica, come gli isolanti, si suddividono in un numero di strati caratterizzati ciascuno da una resistenza termica non superiore a 0,25 m2K/W; ciascuno di questi viene
considerato come singolo strato di materiale in tutti i calcoli e pure la distribuzione della pressione di
saturazione psat viene assunta lineare a tratti. 4
Nel caso ci sia interferenza tra andamento della pressione di vapore e della pressione di saturazione
e` necessario calcolare laccumulo di acqua, verificando che sia inferiore al limite consentito e che
comunque evapori tutta nei mesi pi`u caldi. Ipotizzando la parete asciutta allinizio del calcolo, si
procede mese per mese come segue:
si fissano i , e , pi e pe medie mensili, con pi = pe + 1, 1 p
si calcola landamento della temperatura (x) nella parete reale;
a ciascuno strato si fa corrispondere uno strato daria equivalente. Gli spessori equivalenti
sono di solito maggiori di quelli reali perche ogni materiale ha permeabilit`a minore di quella
dellaria.
sulla parete fittizia si traccia landamento di psat e delle pv , il cui andamento ora e` lineare su
tutto lo spessore, essendo il materiale omogeneo.
Si verifica che non ci sia intersezione, come in figura 4.3, in caso contrario si deve calcolare la
quantit`a di acqua accumulata nella stagione.

Pint

Parete
fittizia
Psat

Pest

Figura 4.3: parete senza condensazione

4.3.1

Calcolo della quantit`a di acqua condensata

Si possono distinguere due casi: condensazione su un piano di interfaccia e condensazione su pi`u


piani di interfaccia come riportato in figura 4.4:
in realt`a landamento non E lineare come si pu`o vedere considerando le eqns (4.1) e (4.2), ma la suddivisione degli
strati con elevata resistenza termica riduce lerrore semplificando comunque il calcolo
4

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

116

psat
psat

pint
a)

pint

b)
pv

pest

pest
sd,c1

sd,c

sd,c2

sd,T

sd,T

Figura 4.4: a) Condensazione su un piano dinterfaccia, b)su pi`u piani dinterfaccia


Il flusso di vapore condensato g si ottiene da un bilancio tra il vapore che entra dalla faccia interna
e quello che esce dalla parete esterna nel periodo considerato. Nel caso di accumulo su un solo piano
di interfaccia, e facendo riferimento alla figura 4.4a si ottiene:


pc pe
pi pc

gc = 0
(4.3)
sd,T sd,c
sd,c
dove pc e` la pressione del vapore allinterfaccia di condensazione, pc = psat (c ) pari alla pressione di
saturazione alla temperatura dellinterfaccia dove avviene la condensazione c .
Se la condensazione avviene su pi`u interfacce, facendo riferimento alla figura 4.4b si possono
calcolare i flussi di condensazione nelle due interfaccie gc1 e gc2 :

pc1 pe
pc2 pc1

= 0
sd,c2 sd,1
sd,c1


pi pc2
pc2 pc1
= 0

sd,T sd,c2 sd,c2 sd,c1




gc1
gc2

(4.4)
(4.5)

laccumulo nel mese considerato risulta dunque


Gm = gcond m
[kg/m2 ] con m tempo (in secondi) del mese considerato. Questo valore va aggiunto alla quantit
eventualmente accumulato nei mesi precedenti. In presenza di condensazione la pressione di vapore
si assume quindi sempre pari alla pressione di saturazione alla temperatura dellinterfaccia anche nei
mesi sucessivi. Passando al mese sucessivo si ha quindi:
p = ps (mese successivo )
mentre per le pressioni esterne e interne si assumono i nuovi valori:
pi = pi (m + 1)
pe = pe (m + 1)
con le nuove distribuzioni di pressione e temperatura si pu`o avere ancora condensazione oppure
evaporazione
psat (m+1 ) < pi continua a condensare

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

117

ps (m+1 ) > pi si ha evaporazione


Nel caso in cui laccumulo continui, la quantit`a condensata va sommata a quella accumulata nei mesi
precedenti; se la condensa finale supera i 0,5 kg/m2 , la parete risulta inaccettabile. Se invece non
si supera tale valore si deve comunque verificare che tutta la condensa evapori nel corso dellanno,
per avere ad ottobre la parete sempre asciutta. Per il calcolo dellacqua evaporata si possono ancora
utilizzare le (4.3), e (4.5), in questo caso landamento delle pressioni E riportato nella figura 4.5
ottienendo di g 0. La quantit evaporata nel periodo risulta quindi pari a
Em = gev
valore che va sottratto alla quantit precedentemente accumulata, se tale quantit assume valori
negativi siglifica che tutta lacqua E evaporata e pertanto linterfaccia E asciutta.
psat
psat

pint
a)

pint

b)
pv

pest
pest
sd,c1

sd,c
sd,T

sd,c2
sd,T

Figura 4.5: a) Evaporazione da una sola interfaccia, b) Evaporazione da due interfacce

4.4

Posizionamento ottimale degli strati di isolante

Tipicamente, si utilizzano 3 tipi di installazione dellisolante nella parete:


esterna: soluzione recente (ultimi decenni), presenta costi alti, difficolt di attuazione e meno
durevole delle altre.
centrale: piuttosto rara, esistono comunque delle soluzioni inermedie che si avvicinano al
centro della parete.
interna: tra le soluzioni possibili e la piu utilizzata, ha costi bassi, e semplice da effettuare, e
lisolante ha limitati problemi di sostegno
Finora e stato considerato un comportamento delledificio di tipo stazionario, approssimando il fenomeno reale, che in realt e di tipo periodico. Poiche il posizionamento dellisolante influenza le
caratteristiche dinamiche delledificio, valutiamone il comportamento:

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

4.4.1

118

aspetti legati al comportamento termico ed igrometrico delledificio

Il problema igrometrico e legato a quello termico. I problemi nascono, come visto, quando la
pressione di vapore supera quella di sturazione:
pv > ps ()
con pv , e ps che diminuiscono dallinterno verso lesterno. Il salto massimo di temperatura si ha in
corrispondenza dello strato di isolante:
Isolamento interno:

Tint
Parete con
isolamento
interno

Isolante

Test

La pressione di saturazione segue landamento della temperatura:

Andamento
della Psat
Isolante

Psat

mentre la pressione di vapore e indipendente, ed ha un andamento in funzione della permeabilit


al vapore di ogni strato p

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

119

Pi
Andamento
della P
Isolante
Pe

Con lsolamento interno la ps ha un valore basso nella maggior parte della parete, favorendo la
condizione di condensa pv > ps .
Isolamento esterno:

Tint
Parete con
isolamento
esterno

Isolante

Test

Psat
Andamento
della Psat
Isolante

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

120

Pi
Andamento
della P
Isolante
Pe

Con ps elevata nella maggior perte della parete, la condizione di saturazione si raggiunge piu
difficilmente, in regime stazionario.
In regime periodico invece si ha andamento di tipo ondulatorio della temperatura e del flusso termico
(con periodo di oscillazione di 24 ore). Lirraggiamento solare e caratterizzato da piccole lunghezze
donda , con un picco di radiazione fino a 1 m, secondo la legge di Wien max T = cost = 2898K,
dove T nel caso del Sole vale 5700 K.

Interno

Esterno

Nei periodi in cui manca il flusso si ha dispersione, mentre quando ce irraggiamento si ha riscaldamento. La radiazione entra in gran parte dai vetri, che sono trasparenti alle basse lunghezze donda
del Sole, ma opachi alle alte corrispondenti ai 300 K degli oggetti interni alledificio: si ha dunque
un effetto serra.

Emiss.

Temperatura

Lungh. d'onda

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

121

Nel caso di andamento periodico, si ha:


x = m + ex sen( x)
dove ex e il termine di attenuazione: man mano che si entra nel corpo si ha smorzamento dellampiezza dellonda termica.

Esterno

Interno

r
=

=
2a

2/c

mettendo uno strato di isolante, con molto bassa (<< parete), aumenta il valore di . Valori tipici:
isolante 102 W/mK
muro 100 , 101 W/mK
Quindi, con isolante, aumenta, e dunque, a parit di x, ex diminuisce, e con esso anche x .

Strato isolante

Interno

Andamento
con isolante
Andamento
senza isolante

q
Esterno

Con isolante interno la temperatura si smorza piu rapidamente verso lesterno, e la quantit di calore
risulta essere minore, infatti:
Z

Q=

q
0

lisolante ha bassa, isol << c Inoltre lambiente e piu soggetto a surriscaldamento: sup ha
escursione piu elevate:
(e )isol > (e )c

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

122

Tutto questo farebbe propendere verso un isolamento esterno, magari con cappotto, che per presenta
gli svantaggi visti. Lisolamento interno invece da questa analisi risulta adatto solo a stanze poco abitate (ad es case di vacanza), ma in realt viene comunque preferito quasi sempre. Come soluzione ottimale si pone lisolante dalla parte interna , sorretto da uno strato di mattoni forati, con intercapedine
daria e schermature alla radiazione (fogli di alluminio).

Int.

Sezione
parete

Est.

Isolante
Barriera
al vapore

Intercapedine
d'aria

Schermatura
alla radiazione

Laterizio

Questi fogli possono fare anche da barriera al vapore, producendo un salto nellandamento della
pressione di vapore, come raffrigurato nella figura seguente:

Pi

Parete
reale

Pe

Pi

Parete
fittizia

Pe

La barriera va posta preferibilmente dal lato caldo dellisolante, in modo che il salto di pv avvenga
prima di quello di ps . Tale barriera va applicata molto accuratamente ovunque, onde evitare che

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

123

ci siano delle lacune che porterebbero ad un passaggio preferenziale del vapore con formazione di
condensa. Altre soluzioni efficaci sono rappresentate nelle figure seguenti.

Int.

Sezione
parete

Est.

Intercapedine
Isolante
d'aria
Laterizio
Barriera
Schermatura
al vapore
alla radiazione

Nel caso di solaio + cordolo:

Int.

Solaio

Est.
Solaio
+
cordolo

Isolante

4.4.2

Intercapedini daria

Un significativo contributo allisolamento delledificio lo possono fornire le intercapedini daria purche di spessore limitato. La loro efficacia compromessa quando i moti convettivi al loro interno
diventano significativi ed aumentano sensibilmente gli scambi termici. Lintercapedine daria pu contribuire anche alla prevenzione del danneggiamento delle struttura dovuto alla condensa interstiziale
soprattutto se vengono ventilate nei mesi caldi. Nei climi mediterranei molto spesso lintercapedine
daria costituisce lunico strato di isolante adottato e la sua efficacia si manifesta anche nel periodo
estivo. Infatti, lintercapedine tipicamente uno strato intermedio nella parete e non porta ai surriscaldamenti estivi che si manifestano negli edifici isolati internamente (e magari dotati di notevoli
superfici finestrate. Il comportamento delle intercapedi daria pu essere riassunto come segue. Fra le
due superfici dellintercapedine, a temperatura diversa, si hanno tre tipi di scambio termico attrverso
lo strato daria:

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

124

Conduzione, si ha con aria ferma.


qk00 =

(1 2 )
s

Convezione, dipende dal movimento dellaria nellintercapedine


h1 h2 =

Nu
sH

con Nusselt N u = f (Gr, P r) , Gr Grashof e Pr Prandtl. Dunque


qc00 = h(1 2 )
Irraggiamento: poiche laria e anche trasparente allirraggiamento, si ha un flusso termico
anche in questa forma, indipendentemente dal moto dellaria.
qr00 =
qr00

(T14 T24 )
11
2
+ 1 + 1
1
2
(T14 T24 )
= 1
+ 12 1
1

dove:
 = emissivit delle superfici
= costante di Boltzmann
T = + 273 temperatura assoluta: considerando T1 T2 = Tm , si ha:
(T14 T24 ) = (T12 + T22 )(T12 T22 )
= (T12 + T22 )(T1 + T2 )(T1 T2 )
= (T12 + T22 )(T1 + T2 )(1 2 )
2Tm2 2Tm (1 2 )
= 4Tm3 (1 2 )
e dunque
qr00 =

4Tm3 (1 2 )
1
+ 12 1
1

il flusso specifico finale risulta


00
qtot
= qk00 + qc00 + qr00

Osservazione:
aria 0, 026W/mK, h 1 2W/m2 K,
Tm 280K, 1 2  = 0, 9
allora:
qr00 = 4Tm3 (1 2 ) 4, 1

W
(1 2 )
m2 K

CAPITOLO 4. VERIFICA TERMOIGROMETRICA

125

e dunque

00
qtot
= qk00 + qc00 + qr00 = ( + h + hr )(1 2 )
s
ad esempio, per una intercapedine da 2 cm si ha:
=(

0, 026
+ 2 + 4, 1)(1 2 )
0, 02

(1 2 )
R00
con R00 = 0, 14 m2 K/W . Il termine preponderante e quello dovuto allo scambio termico per irraggiamento (almeno pari a quello per convezione) e che aumenta sensibilmente allaumentare di Tm .
Per limitarlo si potrebbero adottare trattamenti superficiali che abbiano bassa emissivit per elevate
lunghezze donda, ad esempio fogli dalluminio.
=

Capitolo 5
Normativa di riferimento
Nellambito della progettazione di impianti tecnici e termotecnici e` necessario fare riferimento alla
norme di legge vigenti. In particolare, per quanto riguarda gli impianti di riscaldamento invernali,
sono numerose le leggi ed i decreti promulgati in questo ambito. Qui di seguito si fa un elenco
sicuramente non completo delle norme di legge che interessano il settore termotecnico e tecnico
nelledilizia.

Leggi e Decreti che interessano la progettazione degli impianti:


Decreto del 26 giugno 2009 Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli
edifici: Definisce a) le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici; b) gli
strumenti di raccordo, concertazione e cooperazione tra lo Stato e le regioni.
D.P.R. 59 del 02 aprile 2009: definisce 1) i criteri generali, le metodologie di calcolo e i
requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici per la climatizzazione invernale e per la preparazione dellacqua calda per usi igienici sanitari; 2) I criteri
generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli impianti termici per la climatizzazione estiva e, limitatamente al terziario, per lilluminazione
artificiale degli edifici per ledilizia pubblica e privata anche riguardo alle ristrutturazioni di
edifici esistenti.
Decreto Legge 115 del 30 maggio 2008: tra le altre cose aggiorna la tabella dei coefficienti di conversione in petrolio equivalente delle diverse fonti di energia; stabilisce quali figure
professionali possono fare i Certificatori per redigere i certificati energetici degli edifici.
Decreto Legge 311 del 29 dicembre 2006: Costituisce una riedizione leggermente modificata
e pi`u restrittiva del Decreto Legge 192/2005.
Decreto Legge 192 del 19 agosto 2005: e` il decreto di recepimento delle Direttiva CE sulla efficienza energetica degli edifici e modifica in numerosi punti, pi`u dal punto di vista procedurale
che concettuale, i calcoli che si devono produrre per ottenere le autorizzazioni necessarie per la
realizzazione di edifici nuovi o per gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di edifici esistenti. Introduce il concetto di certificazione energetica degli edifici che viene inteso come una
attestazione delle caratteristiche energetiche di un edificio basata su un calcolo del fabbisogno
di energia per il riscaldamento, lacqua calda sanitaria e lilluminazione, mentre le prestazioni

126

CAPITOLO 5. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

127

energetiche per il periodo estivo vengono temporaneamente lasciate in sospeso. Rende pi`u restrittivi i requisiti sullisolamento dellinvolucro edilizio e sul consumo di energia primaria per
il riscaldamento. Rimanda a successivi Decreti (ancora da emanare) le modalit`a di classificazione degli edifici dal punto di vista energetico. Stabilisce comunque che gli atti di compravendita
dei nuovi edifici devono essere accompagnati dal certificato energetico. Con questo decreto
vengono abrogati alcuni articoli della Legge 10/91 e del D.P.R.412/93 (vedi di seguito) in particolare viene abrogata la verifica del coefficiente volumico di dispersione Cd e viene modificata
la modalit`a di verifica del Fabbisogno di energia per il riscaldamento. E in corso di approvazione un Decreto di modifica di questo D.L. che (nella versione corrente, suscettibile forse di
modifiche) chiarisce le Norme tecniche da utilizzare nel calcolo delle prestazioni energetiche
degli edifici e stabilisce che in attesa dei Decreti sulla certificazione, il Certificato di prestazione
energetica sia temporaneamente sostituito da un Attestato di qualificazione energetica che pu`o
essere emanato anche da un professionista che siano stati coinvolti nella fase di progettazione,
direzione lavori e collaudo delle opere inerenti ledificio. Il D.L.192/2005 e i Decreti attuativi
dello stesso, per quanto disposto dalla Legge 11 del 4 febbraio 2005 che stabilisce la competenza delle regioni in ambito di risparmio energetico, si applica solo alle regioni che non hanno
recepito in proprio la Direttiva CE.
Legge 11/2005: stabilisce la competenza esclusiva delle Regioni e delle Provincie autonome in
alcuni ambiti tra cui il risparmio energetico.
Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul
rendimento energetico nelledilizia: e` la Direttiva Europea recepita dal D.L.192/2005 sulla
certificazione energetica degli edifici. Essa indica che i fabbisogni di energia da computare per
valutare le prestazioni dio un edificio sono quelli per la climatizzazione invernale ed estiva,
quelli per la produzione di acqua calda sanitaria e quelli per lilluminazione.
Legge 10/91: una legge allavanguardia per stimolare luso razionale dellenergia, in parte poi
vanificata dalla mancata emanazione in tempi utili dei decreti attuativi, si pone lobiettivo del
risparmio energetico anche negli edifici non solo mediante la coibentazione ma anche mediante laumento dellefficienza dei sistemi e lutilizzo di fonti energetiche alternative, abroga
la 373 e introduce la certificazione energetica che poi sar`a bloccata fino alla emanazione della Direttiva comunitaria 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nelledilizia. In parte
ancora in vigore.
D.P.R. 412/93: e` uno dei decreti attuativi della Legge 10/91; ribadisce la verifica del Cd facendo
riferimento esplicito alla norma UNI 7357-74 e stabilisce altri due parametri da verificare: il
fabbisogno energetico normalizzato (FEN) ed il rendimento globale medio stagionale(g )
facendo riferimento generico alla normativa tecnica UNI. Inoltre, introduce dei limiti inferiori ai
rendimenti termici utili dei generatori di calore (caldaie) in funzione della potenza termica utile.
Questo decreto e` stato parzialmente modificato dal D.P.R. 660/96 e dal D.P.R. 551/99. Inoltre,
prevede degli obblighi di manutenzione da parte dei responsabili e controllo degli impianti
termici da parte degli enti locali.
D.M. 13/12/93: fornisce la traccia della relazione tecnica da presentare ai Comuni per il soddisfacimento del D.P.R.412/93.
D.M. 12/06/94: fornisce lelenco delle norme UNI da utilizzare per il calcolo del F.E.N. e di
(g ) per il soddisfacimento del D.P.R.412/93.

CAPITOLO 5. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

128

D.P.R. 660/96: e` un decreto di modifica del D.P.R. 412/93, tra laltro prende in considerazione
le caldaie a condensazione e richiama la marchiatura CE.
D.P.R. 551/99: e` un decreto di modifica del D.P.R. 412/93 in particolare prevede il controllo a
campione degli impianti termici da parte deli enti locali (il D.P.R. 412/93 prevedeva invece il
controllo su tutti gli impianti cosa che si e` rivelata irrealizzabile come era prevedibile).
D.P.R. 1052/77: e` uno dei decreti attuativi della Legge 373/76; definisce un coefficiente di
dispersione Cd riferito ad un volume (coefficiente volumico di dispersione), che deve risultare
minore del valore fissato dalla legge.
Cd < Cdlim
Questo decreto introduce per edifici con elevate portate di ventilazione e dotati di sistemi di
ventilazione forzata, lobbligo del recupero di una parte superiore al 50% del calore disperso
per ventilazione. Inoltre, fissa le temperature esterne di progetto per i capoluoghi di provincia.
D.M. 10/03/77 modificato dal D.M. 30/07/86: da le disposizioni per lindividuazione delle zone climatiche, e dei valori del Cdlim . Inoltre, fissa il valore dei gradi-giorno per alcuni
comuni1 .
Legge 308/82: analoga alla 373/76 ma per gli edifici industriali, artigianali ed agricoli. Demanda a decreti le modalit`a di attuazione.
D.M. 23/11/82 : fornisce i valori del Cdlim e i limiti per il recupero del calore di ventilazione
per gli edifici industriali ed artigianali.
Legge 373/76: ai fini del risparmio energetico stabilisce delle prescrizioni sulla progettazione,
realizzazione e gestione degli impianti di riscaldamento degli edifici pubblici e privati (esclusi
quelli per attivit`a industriali ed artigianali) e demanda a sucessivi decreti di stabilire le modalit`a
di attuazione (regolamento). Precisa che gli edifici devono rispettare determinati parametri di
isolamento delle strutture (livello minimo di isolamento).

Lultima definizione dei gradi-giorno e` riportata nel DPR 412/93 che allArt. 1 comma 1 recita tra laltro: Ai fini
dellapplicazione del presente regolamento si intende: punto z) per gradi giorno di una localit`a, la somma, estesa
a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la
temperatura dellambiente, convenzionalmente fissata a 20 C, e la temperatura esterna media giornaliera; lunit`a di
misura utilizzata e` il grado giorno (GG).

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