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ROMANICO
A cura di
Fulvio Zuliani
Introduzione di Giovanna Valenzano
Schede di:
Ettore Napione
Gianpaolo Trevisan
Giovanna Valenzano
Fulvio Zuliani
2008
Editoriale Jaca Book SpA, Milano
tutti i diritti riservati
INDICE
Composizione e fotolito
Fotochrom, Grottammare (AP)
Finito di stampare nel mese di ottobre 2008
da DAuria Industrie Grafiche, Ascoli Piceno
ISBN 978-88-16-60303-5
Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si pu rivolgere a:
Editoriale Jaca Book SpA - Servizio Lettori
Via Frua 11, 20146 Milano
tel. 02-48.56.15.20/48.56.15.29, fax 02-48.19.33.61
e-mail: serviziolettori@jacabook.it; internet: www.jacabook.it
Cartografia
Treviso e il territorio
IL DUOMO DI TREVISO
SAN VITO A TREVISO
SANTEUSTACHIO A NERVESA
DELLA BATTAGLIA
248
Il territorio bellunese
IL DUOMO E IL BATTISTERO DI FELTRE
SAN DANIELE A PEDESERVA
253
255
Il territorio padovano
SAN MICHELE ARCANGELO A POZZOVEGGIANI
SANTO STEFANO A DUE CARRARE
SANTA MARIA A CARCERI
257
261
265
Il Polesine
IL DUOMO DI ADRIA
SAN BASILIO AD ARIANO POLESINE
269
270
203
217
Vicenza e il territorio
LA CATTEDRALE DI VICENZA
SAN GIORGIO IN GOGNA A VICENZA
SAN SILVESTRO A VICENZA
SANTA MARIA ETIOPISSA A POLEGGE
SAN GIORGIO A VELO DASTICO
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275
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279
227
228
230
232
233
235
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Verona e il territorio
SANTO STEFANO A VERONA
SANTI APOSTOLI A VERONA
SANTA MARIA ANTICA A VERONA
SANTISSIMA TRINIT A VERONA
LE CRIPTE DI SAN PROCOLO E SANTA MARIA
IN ORGANO A VERONA
LA CRIPTA DI SAN BENEDETTO A VERONA
MADONNA DELLA STR A BELFIORE
SANTA MARIA DELLA CHIUSARA A BONAVIGO
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Schede maggiori
35
67
91
101
107
113
121
129
147
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175
185
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Schede brevi
Venezia, le lagune e la terraferma
SAN NICOL DI LIDO A VENEZIA
SAN ZACCARIA A VENEZIA
SAN GIACOMO DI RIALTO A VENEZIA
IL CAMPANILE DI SANTELENA A TESSERA
SANTA MARIA DI JESOLO
IL BATTISTERO DI CONCORDIA SAGITTARIA
SANTA MARIA A SUMMAGA
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290
292
295
298
300
303
INDICE
306
308
311
315
317
319
321
324
328
Bibliografia generale
335
322
342
INDICE
SAN MARCO
35
67
76
TORCELLO
77
91
SANTA SOFIA
A PADOVA
me ci si aspetterebbe poich labside maggiore, comunicante direttamente con il falso deambulatorio tramite
una serie di arcate, slitta verso il fondo e si adagia tangente
a una cella triconca emergente dallemiciclo, annullando il
percorso semianulare. Dunque, un edificio affatto singolare nel panorama dellarchitettura regionale, tanto pi che,
come si dir, fu realizzato a cavaliere dei secoli XI e XII da
maestranze formatesi nei cantieri delle grandi architetture
della laguna veneta.
Lodierna fisionomia, al pari della maggior parte delle
chiese medievali, il risultato di una serie di restauri
compiuti tra Otto e Novecento che hanno eliminato le cosiddette superfetazioni fino a restituire il presunto aspetto originario. Tra i vari interventi il pi consistente, e in
sostanza definitivo, per laspetto attuale della chiesa il restauro iniziato nel 1941, parzialmente protrattosi durante
la guerra e concluso nel 1951-1958 con il sensazionale ritrovamento di una cripta sottostante larea presbiteriale,
prima ignota. La storiografia ha ricostruito le vicende e
lentit di tali lavori, fornendo gli strumenti per discernere
in parte quanto frutto dellinterpretazione e interpolazione dei restauratori da quanto pertiene alloriginaria
costruzione di Santa Sofia e alle modifiche introdotte in
epoche antiche (Porter 1917; Forlati 1941; Fontana 1982;
Coden 2005).
In origine la suddivisione interna in navate era attuata
secondo una successione modulare di due pilastri e una
colonna; la serie ora alterata nella seconda met della
chiesa dove le colonne furono mutate in pilastri e i pilastri
originali manomessi. Nella prima parte della chiesa, invece, laspetto dei sostegni verosimilmente quello primitivo, anche se parzialmente di ripristino: le coppie di pilastri
presentano a mezza altezza una nicchia con colonnette ottagonali (alcune rifatte nei restauri del 1852) e piccoli capitelli a spigoli smussati, e le arcate fra pilastro e pilastro si
appoggiano su colonne con capitelli imposta fittamente
SANTA SOFIA
107
113
lonnette coronate da capitelli, forse un arcosolio addossato alla parete absidale a protezione del sarcofago tipico di
molte altre tombe medievali. Come gi accennato tale
struttura venne eliminata per la costruzione del coro francescano: le colonnette sono state recuperate e poste nella
medesima sacrestia ai lati della porta dentrata; della coppia di capitellini un esemplare potrebbe essere quello erratico reso noto da Alpago Novello, lavorato a mastice
nero e simile a quelli della galleria, ma pi piccolo e con
collarino. inoltre probabile che il sarcofago di Giovanni
da Vidor sia lattuale arca dei martiri Vittore e Corona, ivi
riutilizzato nel 1440.
In conclusione, la particolare architettura e decorazione
dei Santi Vittore e Corona ne fanno un monumento unico
e imperdibile, ma allo stesso tempo limitano le possibili
comparazioni a singoli aspetti o elementi non tutti facilmente inquadrabili in una trama di riferimenti unitaria.
per evidente che tutta la costruzione segue un preciso indirizzo culturale e di gusto che difficilmente troverebbe
collocazione dopo linizio del secolo XII, e in un momento
diverso dal periodo del vescovo imperiale Arpone da Vidor. Ad Arpone spetta certamente un ruolo di primaria
importanza nella costruzione del martyrium dei santi legati alla propria famiglia, e la responsabilit della peculiare
fisionomia tra Oriente e Occidente impressa alledificio sacro, con tutta probabilit frutto delle esigenze funzionali e
di monumentalit dettate dal committente. Le due epigrafi del 1096 e del 1101 ricordate allinizio hanno dunque un
119
Pagine precedenti:
85. Feltre, Ss. Vittore e Corona, interno, veduta delle navate verso occidente.
86. Feltre, Ss. Vittore e Corona, interno, veduta verso settentrione.
87. Feltre, Ss. Vittore e Corona, interno, veduta delle navate verso labside.
88. Feltre, Ss. Vittore e Corona, interno, capitello-imposta del loggiato absidale
con decorazionea riempimento di mastice.
notevole peso storico, ma devono essere riferite allarchitettura con alcune cautele: lanno 1096 ricorda la data di
morte di Giovanni da Vidor, e potrebbe essere linizio della costruzione attuale; non per plausibile correlare la
deposizione delle reliquie del 1101 alla conclusione della
chiesa, bens pi probabilmente alla consacrazione del solo santuario. Come stato osservato i caratteri architettonici delledificio convengono a un periodo pi avanzato, e
tuttavia ledificazione della chiesa dei Santi Vittore e Corona strettamente ancorata agli interessi dei da Vidor e va
collocata negli anni del pontificato di Arpone, del quale
abbiamo notizie fino al 1117, mentre il suo successore Gilberto documentato solo dal 1134: verosimile dunque
che il cantiere si sia concluso entro il secondo o terzo decennio del secolo XII.
120
FELTRE
121
IL DUOMO DI VERONA
IL DUOMO
147
159
SAN LORENZO
A VERONA
La chiesa di San Lorenzo sorgeva in unarea extraurbana a ovest della citt lungo la romana Via Postumia, oggi
Corso Cavour, che dalluscita della citt alla zona cimiteriale di San Zeno era fiancheggiata da monumenti sepolcrali. Tralasciando le congetture favolistiche che volevano
lodierna costruzione addirittura di epoca costantiniana o
giustinianea, e cos pure la testimonianza circa la fondazione o restauro della chiesa da parte dellarcidiacono veronese Pacifico nel secolo IX, contenuta nel suo epitaffio rivelatosi uninvenzione della prima met del secolo XII, la
prima notizia certa sulla chiesa nel Versus de Verona, un
componimento scritto tra il 796 e l805 che celebra le memorie religiose di Verona, cui segue la menzione in un atto
del 20 giugno 814. Ai documenti scritti si affiancano alcuni reperti scultorei appartenuti a un arredo presbiteriale
del secolo IX, ritrovati durante i lavori di ripristino del secolo XIX scavando nellarea davanti allaltare maggiore, e
fino a poco tempo fa raccolti vicino alla chiesa nel portico
della canonica in un vergognoso stato di abbandono. Manca per qualsiasi riscontro archeologico delledificio ecclesiastico precedente lattuale, che pure dovette esistere.
Lodierna San Lorenzo con tutta probabilit venne conclusa al principio del secolo XII, in un momento prossimo
alla data convenzionale del 1110 proposta da Luigi Simeoni, e suggerita da una lamina plumbea ritrovata nel 1894 in
un repositorio per reliquie nel pavimento dellabsidiola
meridionale del transetto. La lamina reca uniscrizione che
attesta la deposizione di reliquie di santIppolito effettuata
dal vescovo di Verona Zufeto, il cui pontificato si colloca
precisamente tra l1 dicembre 1107, ultimo atto conosciuto del predecessore Bertoldo, e il 21 febbraio 1111, primo
atto del successore Uberto.
La chiesa di San Lorenzo presenta uno schema planimetrico identico a quello di San Fermo Maggiore, ma svolge un elevato sorprendentemente diverso. San Lorenzo si
configura come una basilica a tre navate con transetto re-
168
VERONA
SAN LORENZO
169
SAN SEVERO
A BARDOLINO
La chiesa di San Severo a Bardolino, sulla riviera orientale del lago di Garda, contiene uno dei cicli pittorici ad
affresco pi integri della prima met del XII secolo, una
delle migliori approssimazioni sulla condizione figurativa
e decorativa di una chiesa del Veneto continentale in periodo romanico.
Ledificio odierno un impianto basilicale triabsidato,
suddiviso in tre navate da colonne, il cui aspetto dipende,
in parte, dalle modifiche apportate dai restauri effettuati tra il 1927 e il 1932. Questi lavori erano il punto di arrivo di un impegno di salvaguardia assunto da Carlo Cipolla
nel 1884, quando San Severo, ormai sconsacrata da tempo,
veniva utilizzata come teatro per le marionette (Archivio
di Stato di Verona, Prefettura, Commissione consultiva belle arti, busta 3, fasc. 55). Lo studioso intervenne bloccando degli adeguamenti strutturali che avrebbero distrutto
gli affreschi (allora, a quanto sintende, parzialmente a vista, dopo la caduta di un intonaco di et moderna), avviando delle indagini sullorigine di San Severo, sfociate
nel 1903 in uno scavo archeologico sotto il presbiterio. Alla conservazione della navata centrale e degli affreschi, i
restauri fecero corrispondere una ristrutturazione quasi
integrale del settore orientale e una revisione della parete
nord. Gli scavi, ripresi in parte nel 1927, misero in luce
una cripta a corridoio annessa ai perimetrali di una chiesa
ad aula con unica abside, impostata su di un asse spostato
a sud-ovest rispetto a quello delledificio odierno. Queste
scoperte favorirono il progetto di eliminare le trasformazioni settecentesche, per ridare alla struttura ununiformit di aspetto romanico (furono risparmiante le variazioni alla facciata, mantenendo, per esempio le due finestre con cornice inflessa, ai lati del portale). Labside quadrata, che nel 1750 aveva sostituito la terminazione medievale, fu demolita per rifare un catino semicircolare, comprensivo degli ornati del doppio coronamento esterno in
cotto, con cornice a denti di sega e ad archetti pensili.
20 m
SAN SEVERO
185
SAN GIORGIO
DI VALPOLICELLA
SAN GIORGIO
195
Pagina a fianco:
186. Gazzo Veronese, S. Maria, pianta.
SANTA MARIA
lare. Lofficina impegnata nella loro esecuzione, non riconoscibile in altri contesti veronesi, intaglia su questa nutrita variet di sagome (che in qualche caso si pu sospettare,
tuttavia, siano derivate da sostituzioni operate nel tempo),
animali o protomi zoomorfe e umane con scarsa propensione naturalistica, divertendosi piuttosto a contrastare
forme triangolari a forme curve, spazi pieni e spazi vuoti.
Linsistenza nella creazione di alveoli ricorda i capitelli alto-medievali ed singolare che uno dei capitelli pseudocorinzi (dove i caulicoli angolari diventano lati di un triangolo rovesciato, con una sorta di stanghetta mediana che
scende dallabaco) abbia una similitudine locale in un capitello reimpiegato a Villa Monga di San Pietro Incariano,
considerato di epoca carolingia (Arslan 1943, fig. 30).
Sullintonaco della parete orientale del chiostro sono
ancora visibili disegni di creature mostruose, quasi sinopie, forse del XII secolo. Questa parete coincide con il muro esterno della sala dei canonici, caratterizzata allinterno
da interessanti decorazioni ad affresco risalenti al XIV secolo, fatte di tondi e di meandri in cui abitano iscrizioni votive (Et Verbum caro factum est, Via Veritas et Vita).
(E.N.)
202
VALPOLICELLA
La chiesa parrocchiale di Santa Maria a Gazzo Veronese sorge in prossimit del fiume Tartaro, ai confini con il
territorio mantovano, dove fu fondata nel primo Medioevo come cappella di un monastero benedettino. La struttura odierna il risultato di un compromesso tra quanto
sopravvive della chiesa medievale e i restauri effettuati nel
Novecento (labsidiola sud, in particolare, come diremo,
fu interamente rifatta tra il 1938 e il 1940). Santa Maria
presenta lo schema basilicale a tre navate chiuse da absidi
semicircolari, impostato nel XII secolo costruendo la struttura quasi interamente di laterizi. Furono realizzate in cotto anche le colonne a partizione delle navate e i capitelli a
cubo scantonato. Il campanile visibile a nord-est fu edificato nel secolo XV, obliterando la sporgenza dellabside
settentrionale, nellambito di un rinnovamento quattrocentesco delledificio, di cui sono testimonianza evidente
le finestre gotiche della parete sud.
Gli scavi aperti sotto la navata dallingegner Alessandro
Da Lisca, negli anni Trenta del XX secolo sulla base di alcuni reperti gi noti, portarono alla scoperta di un pavimento ornato da mosaici, riferibile a una chiesa dellVIII-IX
secolo, i cui lacerti sono ancora osservabili da alcune finestre a botola aperte nel pavimento. Questo litostrato rimanda alle origini di Santa Maria. Nellanno 864, un diploma dellimperatore Ludovico II confermava al monastero benedettino di Gazzo le dotazioni (illas res et mancipia) gi attribuite dai sovrani Liutprando e Ildeprando
nel secolo VIII (Fainelli 1940, n. 228, p. 344). Romualdo, il
superiore del cenobio, era abate anche di Santa Maria in
Organo a Verona: nel Medioevo le due sedi furono collegate, in una condizione variabile di parit e di dipendenza.
La campagna di scavo condotta tra il 1938 e il 1940 mise in
luce componenti strutturali e frammenti decorativi riferi-
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SANTANDREA
A SOMMACAMPAGNA
SANTANDREA
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VENEZIA, LE LAGUNE
E LA TERRAFERMA
10 m
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SCHEDE BREVI
10 m
Si conservano soltanto pochi resti del complesso monastico di San Nicol, vestigia di un passato lontano ma importante, sede di uno dei pi celebri luoghi di culto veneziani, luogo di sepoltura veneratissimo di un patrono della
Citt, e teatro di solenni cerimonie religiose nella celebrazione dello Stato veneziano. Nella chiesa infatti veniva custodito il vero corpo di san Nicol vescovo di Mira, quivi deposto nel 1100 circa dopo essere stato recuperato
dai veneziani assieme ai corpi di san Nicol, zio omonimo
del vescovo, e san Teodoro, nel corso di una missione di
supporto durante la prima crociata come narra la Translatio sancti Nicolai, scritta da un monaco dellabbazia al
principio del secolo XII . Da lungo tempo tuttavia la figura del santo godeva di particolare venerazione in laguna
(era patrono dei marinai e dei mercanti), in particolare il
suo culto era assurto a maggiore fortuna quando la chiesa
di San Nicol di Lido, fin dalla sua fondazione, era divenuta parte integrante del solenne percorso cerimoniale che
accompagnava la celebrazione dello Sposalizio del Mare.
Un atto di donazione stilato verosimilmente nel 1053
dai fondatori e principali patrocinatori del monastero benedettino, il doge Domenico Contarini (1043-1070), il fratello Domenico vescovo di Olivolo (cio di Castello-Venezia), e Domenico patriarca di Grado, ci fornisce le coordinate cronologiche per la costruzione della chiesa originaria, a quel tempo quasi giunta a conclusione (Fabbiani
1989), o pi probabilmente gi terminata: il documento fu
Datum in ecclesia dicti monasteri.
Il luogo di edificazione della chiesa si trova allestremit
nord dellisola di Lido, unarea di grande importanza strategica per la difesa dellaccesso pi vicino al porto di Venezia, tanto che in obbedienza alle esigenze del presidio militare il monastero, fortificato gi dal secolo XIV, venne cinto
227
Rahtgens, tali caratteristiche architettoniche pongono Santa Maria di Equilo in quel gruppo di chiese seguite al cantiere marciano ed erette tra i secoli XI e XII, quali Santo
Stefano a Caorle, Santa Sofia a Padova, Santi Maria e Donato a Murano: anzi, con tutta probabilit la cattedrale di
Equilo fu limmediata emanazione di quel cantiere.
La restituzione della struttura portante incontra delle
difficolt oggettive non sempre superabili. Per certo un sistema di arconi trasversali impostato sui pilastri collegava
su due livelli le pareti della navata centrale ai muri perimetrali: il primo intermedio, il secondo alla sommit della parete dambito a sostegno della copertura lignea. La spinta
delle arcate trasversali era neutralizzata dal sistema di catene lignee tipico delle architetture medievali del territorio
veneto, che a Equilo si articolava su entrambi i livelli degli
arconi con una trave in corrispondenza di ogni colonna,
travi doppie per ogni arcata trasversale e forse anche una
trave allinterno della muratura dellarcata stessa. Del tutto
probabile la soluzione proposta recentemente da Dorigo
di nave maggiore e crociera prive di archi trasversi, come
per esempio la chiesa dei Santi Maria e Donato a Murano (Dorigo 1994). Per quanto riguarda invece larticolazione delle pareti centrali della chiesa, piuttosto che le improbabili superfici piene immaginate da Dorigo, ragionevole ipotizzare la presenza di gallerie con pavimentazione lignea che si aprivano verso la navata mediana tramite
ampie arcate, secondo la precedente ipotesi della Artico
(Artico 1977; Richardson 1997) nella logica di una coerenza interna dellarticolazione spaziale che vedeva come
detto la presenza di tribune nella zona presbiteriale, e
nelladesione a un modello consolidato e prestigioso qual
era appunto la basilica marciana. Tuttavia poich dalle
vecchie fotografie non si traggono prove inequivocabili
dellesistenza del solaio, rimane aperta anche la possibilit
di una soluzione a falsi matronei, la quale prevede pareti con arcate come a San Marco ma esclude limpalcato.
Lapparato ornamentale sopravvissuto, dalle cornici
234
SCHEDE BREVI
marcapiano ai frammenti di opus sectile del pavimento, accomuna Santa Maria alle grandi chiese lagunari dei secoli
XI e XII sopra ricordate. Assai interessanti, a Equilo, sono
un paio di cornici lapidee decorate a riempimento di mastice a semipalmette correnti, e a palmette verticali di
sette lobi molto stilizzate non presenti n a San Marco n
in altre costruzioni del gruppo, sebbene la tecnica a mastice non si trovi in ambito veneto prima della terza basilica
marciana e quindi risulti necessariamente una derivazione
di quel cantiere.
La cattedrale di Equilo, in conclusione, malgrado non
esista quasi pi, assume un rilievo particolare sia quale originale variante architettonica di San Marco nella sua redazione contariniana (1063-1071), sia come testimonianza
monumentale della diffusione regionale dello stile contariniano in sinergia con tradizioni costruttive altoadriatiche. La rinuncia alla copertura voltata per quella lignea e
laggiunta di una campata occidentale, che ne enfatizza lo
sviluppo longitudinale, evidenzia una certa autonomia
progettuale nelladattamento dellimpianto centrale cruciforme con la basilica a navate della tradizione locale.
Inoltre, non si pu escludere che lo schema icnografico risultante, pi vicino a chiese derivate dallApostoleion costantinopolitano come il San Giovanni Evangelista di Efeso, non abbia un riferimento diretto a modelli bizantini.
stato infatti proposto di leggere larchitettura della basilica
equilense non solo come limmediato prodotto delle maestranze provenienti dal cantiere marciano, ma anche come
espressione di conoscenze dirette e autonome dellarchitettura e decorazione bizantine.
(G.T.)
IL BATTISTERO
DI CONCORDIA SAGITTARIA
Grazie allimportante annotazione contenuta nel Liber
anniversariorum del Capitolo cattedrale di Concordia
Reginpotus episcopus Item fecit facere ecclesiam Sancti
Iohannis Baptiste et dotavit abbiamo memoria del fondatore del battistero: il vescovo Reginpoto. Il suo nome
viene ricordato anche nellepigrafe tombale ora posta
nellatrio delledificio, la quale, con linvito a pregare San
Giovanni Battista per la pace eterna del presule, attesta
quasi sicuramente la volont del vescovo di essere sepolto presso il battistero da lui fatto costruire. Date precise
sul pontificato di Reginpoto non ve ne sono; tuttavia egli
sottoscrisse un documento non meglio databile prima del
1089 e risulta gi deceduto nel 1106, quando nella documentazione troviamo quale vescovo di Concordia Riwinus, riferimenti che permettono di definire con sufficiente approssimazione larco cronologico in cui il battistero
venne realizzato.
Il complesso episcopale concordiese offre la rara opportunit di fruire letteralmente di uno spaccato lungo
milleseicento anni di storia dellarchitettura e dellarte cristiane. Ma tale sorprendente stratigrafia, arricchita da recenti indagini archeologiche che hanno prodotto risultati
di notevole interesse anche per le poco documentate fasi
medievali, afflitta da una grave lacuna al momento irrisolta: non vi sono sufficienti indizi relativi allipotetica cattedrale romanica per la quale Reginpoto fece costruire il
battistero.
Com noto gli edifici religiosi nacquero a ridosso di
unimportante area cimiteriale preesistente verso la fine
del secolo IV quando Concordia divenne sede vescovile.
Tra i secoli VIII e IX alla basilica paleocristiana, perduta in
seguito a un incendio e sepolta sotto un susseguirsi di strati alluvionali, si sostitu una chiesa triabsidata (forse con
pianta a T, forse ad aula, alla quale dovettero appartenere lambone allinterno della chiesa, i plutei e gli altri elementi di recinzione presbiteriale conservati al Museo Civico o murati nelle adiacenze del battistero, tutti reperti
ascrivibili al secolo IX), mentre rimaneva in uso la cella trichora adiacente la cattedrale e probabile repositorio delle
preziose reliquie degli Apostoli ai quali originariamente
era dedicata la basilica. Al tempo di Reginpoto la chiesa altomedievale e anche la trichora pare non fossero pi utilizzate dato che la quota del terreno sul quale simposta ledificio battesimale di circa 1,5 m superiore alledificio del
secolo VIII-IX e qualche decennio dopo, nel corso del secolo XII, labside meridionale della chiesa altomedievale venne parzialmente distrutta dalle fondazioni del campanile
antistante il battistero. E poich le parti pi antiche dellodierna cattedrale di Santo Stefano sono scarsissime e di
difficile datazione, il problema della cattedrale romanica rimane ancora del tutto aperto, forse risolvibile con future indagini archeologiche.
Pagina seguente:
221. Concordia Sagittaria, battistero, interno, abside principale.
222. Concordia Sagittaria, battistero, interno,
levangelista Marco dipinto nel pennacchio di sud-est della cupola.
235
TREVISO
E IL TERRITORIO
IL DUOMO DI TREVISO
Il duomo di San Pietro a Treviso ebbe a subire in due distinte epoche radicali trasformazioni architettoniche che
sostituirono quasi completamente le strutture delledificio
medievale: tra il 1481 e il 1523 si rinnov interamente larea
orientale demolendo le tre absidi antiche, prolungando la
chiesa verso est e realizzando le tre nuove cappelle e il coro
coperti dalle cupole che tuttoggi vediamo, mentre in facciata si apr un rosone. In un secondo tempo, tra il 1759 e il
1816, si mise mano al restante corpo della chiesa abbattendo le tre navate romaniche per costruire limpianto presente fino alla facciata, e successivamente, tra il 1836 e il 1848,
si realizz il pronao neoclassico. La sola struttura preminente del duomo romanico la vasta cripta a oratorio
sottostante lintero presbiterio, il quale, di conseguenza, risulta sopraelevato rispetto al piano delle navate; non meno
importanti per qualsiasi resto dellantica chiesa rappresenta una preziosa fonte di informazioni sono il tratto di
unarcata di comunicazione tra il coro e la navata laterale
sud, visibile dalla cappella dellAnnunziata, e un tratto della parete laterale nord corrispondente al presbiterio, articolata in una serie di alte e ampie arcate cieche binate a doppia ghiera e visibile dallesterno presso il campanile.
Ledificio a cui la cripta apparteneva venne edificato ex
novo dalle fondamenta, evidentemente sostituendo una
precedente chiesa (com noto lesistenza del vescovo di
Treviso certa dal secolo VI) alla quale forse appartenevano alcuni capitelli databili al secolo IX reimpiegati proprio
nella cripta. Tuttavia di questa chiesa precedente, come di
altre eventuali fasi architettoniche antiche, nullaltro ci
dato sapere, tanto che non nemmeno certo se insistesse
nello stesso luogo dellattuale duomo. Sembrerebbe infatti, ma non sono state reperite sicure prove documentarie,
che la cattedrale sia stata costruita su terreni donati intor-
242
SCHEDE BREVI
no al 1021 da Giovanni nipote del conte di Treviso Rambaldo II, terreni che in tal caso lecito presupporre non
fossero occupati da edifici della chiesa trevigiana. Forse
uno scavo archeologico nel sito della cattedrale e nelle aree
adiacenti potrebbe risolvere la questione.
Nellincerto quadro cronologico dellarchitettura medievale, il duomo di Treviso rappresenta uno dei pochi
fortunati casi in cui la sopravvivenza di un preciso riferimento temporale semplifica ma non risolve le problematiche connesse alla datazione delledificio. La costruzione infatti pu considerarsi completata nellanno 1141, come testimoniava la data apposta nelliscrizione scoperta
nel 1739 lungo tre lati del presbiterio e appartenuta al pavimento musivo dellantica chiesa; oltre alla data liscrizione menzionava il vescovo di Treviso Gregorio de Carbonaria (1129-1148) e il vicedomino Valperto, nonch lartefice
del pavimento Uberto. Ciononostante le questioni relative
alla cronologia della fabbrica rimangono ancora da chiarire: infatti una donazione da parte del medesimo vescovo
Gregorio in favore del monastero di SantElena di Tessera
datata maggio 1130 apre nuove prospettive dinterpretazione. Latto venne rogato in ecclesia episcopatus ante altari
Sancti Petri e se il documento si riferisse alledificio in questione, appare evidente che nel 1130, dunque pi di dieci
anni prima dellesecuzione della pavimentazione musiva,
la costruzione del duomo doveva essere, se non completata, per lo meno arrivata a un punto tale da consentirne la
frequentazione del santuario. Tale ipotesi appare la pi
plausibile nella misura in cui i riferimenti formali degli elementi architettonici e ornamentali del duomo possono essere datati ai primi decenni del XII secolo.
Recenti e accurate indagini sulle fonti scritte e grafiche,
e sui pochi resti murari dellantica costruzione sopra ricordati, hanno consentito di restituire con buona precisione
la fisionomia della chiesa cattedrale trevigiana prima delle
trasformazioni di epoca moderna. Innanzitutto, a prescin-
TREVISO E IL TERRITORIO
243
Pagina a fianco:
244. Feltre, duomo, sezione longitudinale della cripta
(Alpago Novello 1939).
IL TERRITORIO
BELLUNESE
IL DUOMO E IL BATTISTERO
DI FELTRE
La distruzione della citt di Feltre compiuta dalle truppe austriache dellimperatore Massimiliano I nel 1510
colp anche la cattedrale di San Pietro, che venne pertanto
ricostruita dalle fondamenta a partire dallanno 1514, conservando delledificio precedente solo la zona orientale
con il presbiterio e labside poligonale realizzata nel 14711474. Purtroppo non conosciamo nulla della precedente
fisionomia della cattedrale (si auspicano ricerche archeologiche in merito), tuttavia sotto al presbiterio ne rimane
lampia cripta, del tipo a oratorio, riscoperta casualmente nel 1900 e infine riportata completamente alla luce e restaurata nel 1937-1938. Due file di sei sostegni dividono la
cripta in tre navate di otto campate lottava fu in parte
obliterata dal rifacimento cinquecentesco coperte da volte a crociera con archi lunati longitudinali e trasversali, che
252
SCHEDE BREVI
IL TERRITORIO BELLUNESE
253
IL TERRITORIO
PADOVANO
IL TERRITORIO PADOVANO
257
VICENZA
E IL TERRITORIO
LA CATTEDRALE DI VICENZA
Nel 1944, un bombardamento colpiva la cattedrale di
Santa Maria Annunciata a Vicenza, squarciando la copertura delledificio quattrocentesco e distruggendo parte
dellinterno. I danni causati al pavimento e i lavori di rimozione delle macerie contribuirono a evidenziare sotto la
navata le tracce di costruzioni precedenti. Al termine della
guerra, quando il sottosuolo fu indagato da Bruna Forlati
Tamaro, vennero alla luce i resti di una chiesa romanica
a cinque navate, suddivisa da pilastri in mattoni, che fu demolita per costruire la cattedrale gotica. Queste preesistenze erano fondate su vestigia di epoca romana e paleocristiana, in particolare sopra una basilica del IV-V secolo,
dotata di un atrio e forse, di un battistero assiale, in coerenza allapplicazione di un modello ecclesiale di origine
ambrosiana (secondo la recente e suggestiva proposta di
Gianfranco Fiaccadori).
Le porzioni di pilastro, ancora visibili sotto la navata
odierna, sono resecate quasi alla stessa altezza (circa due
metri oltre le fondazioni) e parallele alle murature laterali
esistenti, in forte dislivello rispetto al piano della chiesa
successiva, simili a piloni di un atrio sotterraneo. I pilastri
delle corsie centrali sono cruciformi, mentre quelli esterni
hanno forma a T, con lesena addossata verso linterno.
Forlati Tamaro pens che i sostegni cruciformi fossero riferibili allesistenza di una basilica a tre navate del IX-X secolo, con tetto a capriate, allargata tra X e XI secolo, attraverso la costruzione dei pilastri a T. Il nuovo assetto a
cinque navate avrebbe sostenuto una copertura a volte. La
giustificazione delle due fasi consisteva in una presunta
differenza del paramento in laterizio dei piloni centrali,
pi trasandato rispetto a quello degli esterni (e, perci, secondo larcheologa, pi antico).
Le osservazioni della studiosa sono state riviste da Ful-
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vio Zuliani, che ha considerato i pilastri organicamente riconducibili a ununica chiesa a cinque navate, in una cronologia del XII secolo. I sostegni, infatti, hanno varianti costruttive marginali e la loro forma, nelle due versioni,
troppo matura per una datazione in et carolingia-ottoniana. Questa cattedrale probabilmente aveva una copertura
lignea, forse con archi-diaframma.
Lo scavo ha restituito diversi capitelli quadrangolari riferibili ai pilastri, con ornamentazioni fitomorfe e zoomorfe, (lampiezza delle lesene di circa 80 cm quanto la larghezza dei capitelli pi integri). La sagoma, le foglie carnose, le protomi angolari a forma di leone, sono opera di una
maestranza locale di pieno XII secolo, molto probabilmente la stessa che realizz i capitelli della basilica dei Santi
Felice e Fortunato (il rilievo a doppia serie di foglie sostanzialmente identico). Il ritrovamento, invece, di un capitello con base semicircolare coevo a quelli quadrangolari e di proporzioni analoghe, potrebbe indicare una variazione nel sistema dei sostegni, forse a ridosso delle pareti
di facciata o di quelle absidali, di cui, tuttavia, non rimangono evidenze leggibili.
Forlati Tamaro riteneva che i muri perimetrali della
chiesa romanica coincidessero con quelli odierni, fidandosi del loro allineamento con la serie dei pilastri (non riferisce, per, di controlli esterni al perimetro della navata
gotica). Lo scavo del dopoguerra ed una successiva indagine del 1971 di Aristide Dani, che avevano operato senza
cognizione del metodo stratigrafico, lasciarono sul terreno
molte incertezze. Una delle questioni rimaste aperte riguardava il rapporto tra il considerevole numero di mobilia liturgica altomedievale frammentaria (recinzioni, cibori, pergulae, amboni) e la coeva evoluzione della struttura
architettonica, priva, invece, di evidenze sicure. Forlati Tamaro, fraintendendo la cronologia dei pilastri romanici,
aveva fornito una soluzione errata al problema, mentre
Dani, che pure scrisse di aver trovato reperti di et caro-
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Pagina a fianco:
351. Villanova di San Bonifacio, S. Pietro, interno, navata centrale.
352. Capitello corinzio antico.
353. Capitello con protomi animali.
rete sud e in controfacciata). Ma anche successive necessit di rimaneggiamento, seguite ai danni conseguenti a
bombardamenti della seconda guerra mondiale o alle nuove velleit di recupero del tempio antico, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ebbero un impatto temperato. I propositi di ripristinare la visibilit del tetto a capriate togliendo
il controsoffitto di volte a crociera (peraltro coordinato sul
lato meridionale con lapertura di finestre a lunetta) e di
sostituire la scalinata barocca sono rimasti tali. Il presbiterio rialzato della chiesa romanica probabilmente non aveva una scala centrale, ma solo due accessi laterali. La parete verticale che veniva a stagliarsi al centro della chiesa
svolgeva una funzione analoga a quella dei muri di tramezzo, per la netta separazione tra il clero e i laici.
Un tema soltanto dibattuto dai restauratori, fu quello
del riassetto della facciata. Il paramento in conci di pietra
usato per quasi due terzi della superficie dal basso, che
muta nella parte superiore alternando i conci a corsie di
tre o pi mattoni, dovrebbe in linea di massima rispecchiare quello del XII secolo, cos la partizione segnata dai due
contrafforti a sperone e gli archetti pensili lungo gli spioventi, combinati alla solita cornice a denti di sega. I contrafforti, tuttavia, furono adattati per diventare piedistallo
dello stemma degli Olivetani, mentre gli archetti lasciano
limpressione di essere stati ripresi, forse quando furono
posizionate le statue settecentesche ai vertici della facciata.
Loculo al centro del fronte, con cornice a dentelli, attribuibile al XV secolo, fu inserito avendo cura di ricomporre
il paramento circostante, mentre anche il portale considerato quattrocentesco. Era sormontato da uno pseudoprotiro, forse demolito nel Settecento per fare una finestra
quadrangolare, contemporanea delle due minori aperte in
corrispondenza delle navatelle. Le tracce di questa edicola, alta quasi fino alloculo superiore, sono ancora visibili
nella muratura e sembrano essere coeve al portale.
Rimangono, invece, da interpretare i dissesti che costrinsero a rifare la parete nord sopra la navata, nella met occidentale, in mattoni disposti a spina di pesce, fino allinnesto
con la facciata. Questo intervento viene datato al XV secolo,
perch considerato contemporaneo alla cornice in mattoni
del sottotetto, che tuttavia sappiamo essere stata spesso ripresa (la stessa prossimit al tetto, evidentemente rifatto dopo il Quattrocento, ne in qualche modo un segnale).
Non si hanno evidenze, invece, del monastero del XII secolo, n altri segnali sulla sua conformazione rispetto alla
chiesa. Quanto rimane a sud della basilica dovuto alla
trasformazione settecentesca del chiostro e degli ambienti
edificati nei primi due decenni del Quattrocento per iniziativa dellabate Guglielmo da Modena (di cui sono state
riportate a vista le arcate claustrali). La parete meridionale
mostra tracce riferibili a un ingresso e a una scalinata correlati alla sistemazione del XV secolo, che probabilmente
furono realizzati in seguito alla demolizione del cenobio
fondato da Uberto. Forse soltanto uno scavo archeologico
sotto il monastero quattrocentesco e nellarea intorno alla
chiesa potr portare qualche novit sullantica abbazia.
(E.N.)
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