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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO

FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA


CORSO DI LAUREA IN LETTERE

TESI DI LAUREA IN STORIA DELLE RELIGIONI

Morte al Nazzareno
La Passione di Ges raccontata da
Marionette e Pupi
Relatore:

Candidato:

prof. Natale Spineto

Alessio Ruzzafante
Matr. N 70015

Anno Accademico 2011/2012

Sommario
1.

Introduzione .......................................................................................................3

2. Il teatro di marionette in Piemonte .....................................................................6


2.1.1 Cenni introduttivi sul teatro di marionette ...................................................6
2.1.2 Il Teatro di marionette a Torino .................................................................9
2.1.3 Altri esempi di compagnie esterne alla realt torinese ............................12
2.2 Un dramma sacro Passione, Morte e Risurrezione di N.S Ges Cristo .......14
2.3 Una passione non capita: La passione del signore ..................................22
3. LOpera dei Pupi .................................................................................................26
3.1.1 Cenni introduttivi sullopera dei pupi ..........................................................26
3.1.2 Il Pubblico dellOpera dei Pupi ....................................................................30
3.1.3 Gli Spettacoli ed il loro repertorio ...............................................................31
3.1.4 Levoluzione dellOpera dei Pupi nel XX secolo ........................................32
3.2 I pupi e il dramma sacro: Passione di N. S. G. C di Nino Insaguine ..........33
4. Conclusioni...........................................................................................................50
4.1 Due diverse realt teatrali a confronto ............................................................50
Manoscritti inediti ...................................................................................................56
Bibliografia ..............................................................................................................56
Sitografia ..................................................................................................................57

1. INTRODUZIONE
La vicenda della Passione di Cristo un tema centrale nella religione
cristiana e in particolar modo nella confessione cattolica. Oltre al ruolo
fondamentale che ricoprono nei riti, gli ultimi giorni della vita terrena di Ges
godono di un ampio interesse anche in occasioni meno ufficiali come le
rappresentazioni sacre e i Sacri Monti.
Esempi di tale interesse sono forniti da ogni forma di spettacolo, basti
ricordare i numerosi lungometraggi, anche recenti, che sono stati dedicati
allargomento. Dato questo contesto, linteresse di questo elaborato quello di
confrontare due realt teatrali molto distanti tra loro, come quelle del Teatro di
marionette e dellOpera dei pupi, in modo da vedere come esse si sono accostate
alla sacra materia e come lhanno portata in scena. La scelta di queste due forme
non stata dettata dal caso, in quanto esse, fino alla met del XX secolo, hanno
ricoperto un ruolo fondamentale nella scena culturale delle citt italiane, tanto da
essere entrambe ricordate da diversi autori stranieri nei loro resoconti di viaggi
nel bel paese; inoltre pu essere interessante confrontarle in modo da evincere
somiglianze e differenze.
Il primo capitolo dellelaborato dedicato al Teatro di marionette. La
prima parte dedicata ad una breve introduzione, dove si ricordano alcuni aspetti
legati alla storia, alla forma e ad alcune caratteristiche proprie di questa
particolare forma teatrale. La seconda parte pi propriamente legata alla
descrizione del sistema teatrale torinese nella seconda met del XIX secolo, in
altre parole negli anni in cui gli spettacoli di marionette raggiunsero il loro apice
artistico, grazie agli allestimenti delle grandi compagnie come quella della
Famiglia Lupi e quella di Sales e Bellone, senza tuttavia dimenticare la presenza
di alcune compagnie pi piccole che operano in citt, ma dotate di mezzi tecnici
inferiori. La terza parte si occupa al contrario di altre compagnie di marionette,
che operano per lo pi al di fuori del capoluogo piemontese; anche in questo caso
si riportato sia l'esempio di una grande compagnia come quella della

Compagnia Carlo Colla & Figli, che ancora attiva tuttoggi, sia quella di artisti
pi modesti, come il caso di Luciano Zane.
La seconda parte del capitolo , invece, dedicata allanalisi di un copione
della famiglia Ajmino-Pallavicini dal titolo Passione, Morte e Risurrezione di
NS. Ges Cristo. Dopo alcuni accenni introduttivi, volti a motivare le ragioni alla
base della scelta del metodo di lavoro applicato, si passa allanalisi vera e propria
del testo. Lanalisi effettuata mediante il confronto sistematico con i testi del
Nuovo Testamento, con particolare attenzione ai quattro Vangeli, in modo da
estrapolare con chiarezza in quali punti lautore si discostato dalle versioni
originali, alterandole oppure sostituendole con episodi di sua invenzione. In tale
processo, non sono dimenticate le ragioni pi strettamente legate alleconomia
generale dello spettacolo, ponendo laccento e spiegando le pi interessanti note
extra-testuali riportate dallautore del copione.
Alla fine del capitolo, si procede riferendosi a un articolo di Marco
Piccat comparso sulla rivista Studi Piemontesi. Lautore dellarticolo analizza un
copione di una Passione risalente alla fine del XIX secolo, stupendosi di trovare
la maschera piemontese Gianduja nel ruolo di Barabba. La sua analisi viene per
falsata dal non aver riconosciuto lesatta destinazione del copione, egli presume
di aver trovato un copione per attori, mentre quello che ha davanti , in realt, un
copione per marionette. Lo scopo alla base di questa parte mostrare quanto
possano assomigliarsi i copioni per marionette e quelli per attori, tanto da trarre
in inganno un filologo, e dimostrando cos il diverso ruolo, rispetto a quello
odierno, che tale forma di spettacolo ha ricoperto fino alla met del XX secolo.
Linteresse del secondo capitolo rivolto verso lOpera dei Pupi. Anche
in questo caso, si scelto di introdurre questa forma teatrale partendo dalle sue
origini, evidenziando le diverse caratteristiche che assumono le due scuole di
riferimento, di cui sono illustrati repertorio e, pi brevemente, le tecniche
recitative utilizzate. Detto questo, si passa a parlare del pubblico cui sono
destinati, almeno nei canoni classici, gli spettacoli delle compagnie pupare. Alla
fine di questa panoramica, pi propriamente riferita alla tradizione dellOpera, si

parla dellevoluzione moderna di questa forma di spettacolo, in particolar modo


dei cambiamenti e delle alterazioni che le compagnie devono mettere in atto per
sopravvivere al mutamento avvenuto nel dopo guerra nella societ siciliana.
Dopo aver introdotto lOpera, avendo descritto le sue caratteristiche
principali, si passa ad analizzare un copione di Antonino Insanguine, noto puparo
catanese della prima met del XX secolo, dal titolo Passione di N. S. G. C. Come
in precedenza, lanalisi del testo effettuata comparando gli episodi chiave del
copione con i paralleli presenti nel Nuovo Testamento, sottolineando cos le
modifiche cui la materia sacra deve essere sottoposta, per essere conforme ai
canoni dellOpera. La particolare organizzazione della materia narrativa, divisa
in pi serate che compongono un ciclo, fa che la durata di questa
rappresentazione raggiunga le sette serate, dando cos luogo a un copione molto
lungo, che presenta molte differenze rispetto al testo sacro. Anche in questo caso,
si cerca di fornire una chiave di lettura per poter interpretare le motivazioni alla
base di tali modifiche, senza dimenticare le note extra-testuali segnate dallautore
per fornire suggerimenti tecnici per la messa in scena.
Nellultimo capitolo dellelaborato si confrontano queste due realt. In
primo luogo si analizzano le caratteristiche proprie di queste forme teatrali,
segnalando le differenze che vi sono tra le due in diversi ambiti. In secondo
luogo si passa al confronto dei due copioni. Essi sono, infatti, lo specchio di
come una stessa vicenda possa essere rappresentata con modalit estremamente
differenti, in modo da essere conforme a quella forma teatrale che la porta in
scena.
Per ragioni tipografiche, si scelto di accludere alla versione cartacea di
questo elaborato le appendici in formato digitale (CD-ROM).

2. IL TEATRO DI MARIONETTE IN PIEMONTE


2.1.1 CENNI INTRODUTTIVI SUL TEATRO DI MARIONETTE
Il teatro di marionette ha mantenuto per molto tempo un ruolo di rilievo
nellambito della comunicazione, in unepoca priva di mass-media le marionette
non si sono limitate a proporre opere destinate alla messa in scena, ma hanno
portato sui loro palcoscenici anche gli avvenimenti che i giornali e le gazzette
pubblicavano. Nonostante il ruolo fondamentale esercitato nel contesto sociale e
culturale italiano per almeno due secoli, su di esso, per lungo tempo, calato un
silenzio critico che ha rischiato loblio di tale tradizione plurisecolare. Il primo a
occuparsi di tale argomento Piero Coccoluto Ferigni (Livorno 1836-Roma
1895), conosciuto maggiormente con lo pseudonimo Yorick, che nel 1884
pubblica una raccolta di articoli sul tema con il titolo La storia dei burattini1.
Questopera non trova una continuazione fino agli anni Cinquanta del XX secolo,
quando Roberto Leydi (Ivrea 1928-Milano 2003) pubblica Marionette e
burattini, ponderoso saggio che pu essere giustamente considerato come il
capostipite degli studi moderni, in quanto, per la prima volta, il teatro di
animazione analizzato non pi come espressione del folklore, ma come una
forma di spettacolo pienamente integrata nel sistema teatrale della propria epoca.
Negli ultimi tre decenni in particolare nasce un rinnovato interesse verso le
marionette e i burattini. I testi critici nati da questo rinnovato interesse sono alla
base di questo lavoro, e da essi si pu evincere come questa lingua del teatro
verta su caratteristiche peculiari che, per rendere pi chiaro il fine di questa
dissertazione, si ricorderanno brevemente, partendo dalla sua storia. Va tenuto
presente che marionette e burattini, pur avendo svariati punti in comune, come ad
esempio parte del repertorio, hanno storie differenti, perch differenti non solo
la concezione di spettacolo, ma i luoghi in cui agiscono e soprattutto il pubblico
di riferimento, nonch il rapporto tra loggetto animato e il suo animatore2.

Yorick (figlio di Yorik), La storia dei burattini, Firenze, Bemporad & Figlio, 1902

I fili della memoria. Percorsi per una storia delle marionette in Piemonte, a cura di A. Cipolla e G.
Moretti, Torino, edizioni SEB 27, 2001, pp. 18-20

Qui ci si occuper esclusivamente di marionette.


Nel saggio Storia delle marionette e dei burattini in Italia3 viene ribadito
come questo teatro non abbia una data dorigine certa: le prime testimonianze
risalgono gi ai tempi degli antichi egizi, tuttavia le prime fonti attendibili
inerenti il teatro professionale risalgono ai primi anni del XVII secolo. Da esse si
pu notare come la storia di questa forma di spettacolo tende a svilupparsi in due
direzioni, da un lato quella del teatro colto, attratto dalloggetto-marionetta e
dalla sua ambivalenza di oggetto feticcio e di rappresentazione umana, dallaltra
quella del teatro popolare, che vede nelle marionette un possibile mezzo per
raccontare la Storia. Per quanto riguarda il teatro colto, il genere prediletto verso
la fine del XVII secolo il melodramma, questo per via di alcune analogie che vi
sono tra lopera lirica e il teatro di marionette, in particolare la loro dichiarata
falsit nel rappresentare lessere umano e la sua sfera emotiva4. Tra le
rappresentazioni dell'epoca troviamo sia adattamenti di opere del teatro
maggiore, come Gli amori fatali di Francesco Antonio Pistocchi, che libretti
originali scritti appositamente per marionette come Lo starnuto dErcole di Pier
Iacopo Martello. Luogo prediletto per lesecuzione di queste opere miniaturizzate
sono le case nobiliari o in teatri di propriet dellaristocrazia.
Come sottolinea Roberto Leydi nel suo saggio contenuto in I fili della
memoria5, la fine dellAncient Rgime provoca uno scossone nel panorama
culturale, e le marionette sono costrette a cercare un nuovo pubblico, trovandolo
nel ceto che lentamente si sta imponendo come dominante, quello borghese.
Parallelamente alla sua ascesa, molte compagnie iniziano a rinunciare al loro
nomadismo, stabilendosi nelle citt, dove si esibiscono in teatri pubblici e vedono
il loro lavoro annunciato e recensito dai giornali, piegandosi cos a logiche di
profitto pi marcate e stabilendo un nuovo rapporto con il loro pubblico, basato
3

A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011, pp.
79-88
4

Cfr. M. Bambozzi, Figure e melodramma, in Il mondo delle figure. Burattini, marionette, pupi, ombre, a
cura di L. Allegri e M. Bambozzi, Roma, Carocci, 2012, pp. 165.174.
5

I fili della memoria. Percorsi per una storia delle marionette in Piemonte, a cura di A. Cipolla e G.
Moretti, Torino, edizioni SEB 27, 2001, pp. 11-20

su nuovi aspetti: per un verso le compagnie portano in scena opere che attirino la
gente a teatro sono quindi frequenti i rifacimenti e le imitazioni di opere del
teatro maggiore, a volte proprio in contemporanea con essi dallaltro il
pubblico apprezza la stretta relazione con la quotidianit, espressa dalle battute
delle maschere, incarnazioni del sentimento popolare. Questa stretta relazione tra
palcoscenico e platea ha avuto come conseguenza il fatto che le autorit
tenessero sotto controllo il lavoro dei marionettisti, i cui copioni, cos come
accadeva per il teatro in persona, dovevano essere approvati per la
rappresentazione. Il modus operandi di questa prassi permette sia di risalire alla
data di stesura/copiatura del copione sia di ottenere alcuni dati sulla storia
dellopera, ad esempio quando venne rappresentata la prima volta o le parti che
le autorit consideravano pericolose. Queste compagnie che rinunciavano al
nomadismo non erano formate da marionettisti, alcune di esse erano in origine
compagnie di burattinai, i quali abbandonavano il precedente tipo di spettacolo
solo dopo un certo lasso di tempo, sia per impadronirsi meglio delle tecniche del
nuovo mezzo scenico sia per completare ledificio, ossia lattrezzattura
necessaria per la messa in scena degli spettacoli, che aveva costi decisamente
maggiori rispetto a quelli dei burattini.
La stanzialit e il conseguente inurbamento comporta il misurarsi con un
pubblico eterogeneo e sfaccettato. Una testimonianza di ci viene fornita da un
articolo6 di Edmondo De Amicis datato 1897: lautore di Cuore, scrivendo sulla
famiglia marionettistica torinese Lupi, lascia ai lettori una vivida immagine del
pubblico che assisteva alle rappresentazioni La ressa era tale che seran dovute
mettere due guardie municipali ai due lati della porta []. La strada era per un
buon tratto affollata, duna folla diversa dalle solite: erano famiglie numerose
strette in gruppo, molte signore, moltissimi ragazzi, una falange di governanti, di
balie, di servitori, soldati ti fanteria e bersaglieri, gente di campagna, donne del
popolo. Un pubblico vasto ed eterogeneo insomma, da queste poche righe si

Edmondo De Amicis, Un piccolo teatro celebre, in La vita italiana, III, 1896-1897, ripubblicato in
Ricordi dinfanzia e di scuole. Seguiti da Bambole e Marionette, Fratelli Treves, Milano, 1903, pp.210244

riesce inoltre a evincere facilmente la fallacit dellassioma che vede il teatro di


marionette come uno spettacolo esclusivo per linfanzia, tale connotazione infatti
nasce solo dopo la seconda guerra mondiale, quando compagnie e artisti hanno
dovuto ritagliarsi un nuovo ruolo per sopravvivere alla competizione portata dai
mass-media.
Come accennato pocanzi, anche il repertorio delle compagnie subisce dei
profondi mutamenti. Il genere melodrammatico viene parzialmente abbandonato,
in favore di testi drammatici di facile effetto, di agiografie e derivati dalla
cronaca criminale o cittadina. In questo contesto si situa la tematica dellopera
che si analizzer nelle parti successive di questo elaborato. Il soggetto della
Passione di Cristo richiamava un buon numero di spettatori, in particolare nel
periodo pasquale, e soddisfaceva il bisogno che il pubblico aveva di veder
rappresentato il momento culminante della vita di Ges: non dimentichiamo che
fino al Concilio Vaticano II il rito liturgico veniva celebrato in latino, di
conseguenza vi era la necessit di vedere confermate visivamente le proprie
conoscenze sul tema. Come Roberto Leydi sostiene:
I Marionettisti hanno dovuto [] misurarsi sul gusto, sui desideri e sulla coscienza
del loro pubblico, fornendo un servizio di divertimento capace di dar risposta alla
richiesta del pubblico []7.

2.1.2 IL TEATRO DI MARIONETTE A TORINO


Addentrandosi pi specificatamente nella storia del teatro di marionette a
Torino impossibile non parlare di due compagnie: quella di Sales e Bellone e
quella della Famiglia Lupi.
La storia della compagnia di Giovanni Battista Sales e Gioacchino Bellone,
come descritta in I fili della memoria8, rappresenta uno spaccato della situazione
del teatro di marionette nella citt di Torino. La compagnia ricopre infatti un

R. LEYDI, I fili della memoria, p. 12

L. TAMBURINI, Fantocci, burattini, marionette a Torino, in I fili della Memoria, Torino, edizioni SEB
27, 2001, pp. 21 - 28

ruolo di fondamentale importanza. Oltre ad essere tra i primi a stanziarsi in


modo stabile nella citt di Torino, nel 1808 portano in scena la commedia Gli
anelli magici, ovverosia le 99 disgrazie di Gianduja. Questopera la prima in
cui compare la celebre maschera piemontese. Sempre nel saggio9 contenuto ne I
fili della memoria, Leydi parla di Gianduja, raccontandone levoluzione che da
contadino lo porta a diventare cittadino, incarnazione e simbolo della citt stessa.
In un altro saggio10 de I fili vi sono notizie pi precise sulla storia della
compagnia, lautore, Luciano Tamburini, descrive come fino al 1843 lo
spettacolo allestito da Sales sia solamente di burattini, tuttavia per fronteggiare
lassidua concorrenza della famiglia Lupi viene deciso di passare alluso delle
marionette. Le due compagnie si sfidano apertamente emulando reciprocamente
le grandi rappresentazioni del Teatro Regio, inaugurando cos una corsa alla
rappresentazione sempre pi spettacolare.
La compagnia della famiglia Lupi la pi antica dItalia ancora in attivit;
fondata da Luigi Lupi 1818 per quasi un secolo e mezzo stata protagonista nella
scena culturale della citt sabauda. Con la morte di Sales, avvenuta intorno alla
fine degli anni Sessanta dellOttocento, i Lupi ne ereditano la maschera di
Gianduja, ormai diventata simbolo del popolo piemontese artefice dellUnit
dItalia, abbandonando il vecchio personaggio di Arlecchino, protagonista dei
loro spettacoli.
Lassimilazione del carattere di Gianduja tale, che, come riportato da
Alfonso Cipolla11, nel 1891 il teatro DAngennes dove nel 1884 si era spostata
la compagnia assume il nome di Teatro Gianduja.

R. LEYDI, Qualche questione ancora aperta sul teatro con le marionette e il teatro dei burattini, edizioni
SEB 27, 2001
10

L. TAMBURINI, Fantocci, burattini, marionette a Torino, in I fili della Memoria, Torino, edizioni SEB
27, 2001, pp. 21 - 28

11

A. CIPOLLA, Le marionette in Piemonte: storie di famiglie e di compagnie, in I fili della Memoria,


Torino, edizioni SEB 27, 2001, pp. 73 - 129

10

De Amicis, nel suo lungo articolo, apre una finestra sulloperato della
compagnia Lupi, allorquando alla guida di essa vi sono i nipoti del fondatore,
Luigi I Lupi e Luigi II Lupi, e ci testimonia come la compagnia fosse pienamente
inserita nel sistema teatrale torinese, visto che poteva contare su un pubblico di
cui facevano parte artisti famosi e addirittura i membri della famiglia reale. Il
brano offre poi alcuni elementi, che permettono di comprendere meglio la
complessit del lavoro dei marionettisti. De Amicis scrive chiaramente come il
repertorio della compagnia fosse vastissimo, raccogliendo un tal numero di testi
che il solo elenco imporrebbe la scrittura di un volume, e aggiunge che oltre ai
testi letterari vi erano molte opere tratte dalla cronaca cittadina e dalla storia
patria. Tutti i sovrani, tutti i grandi statisti, [] tutti gli italiani celebri in
qualunque campo e per qualsiasi fatto, dal 1821 ai giorni nostri, passarono su
quel palcoscenico, non di nome soltanto ma nella loro effigie. Il passo riportato
sottolinea chiaramente come la compagnia abbia creato un tipo di teatro
fortemente legato alla contemporaneit, un teatro in cui il pubblico potesse
ritrovarvi la vita di tutti i giorni, ma reinventata in chiave spettacolare e satirica.
I Lupi rappresentano uneccellenza nel panorama del teatro di animazione
italiano. Agli antipodi forme di spettacolo decisamente minori e pi legate
allimmagine romantica del burattinaio nomade da piazza. Un curioso ritratto
ci viene lasciato da Mark Twain. Lo scrittore statunitense, in visita a Torino,
assiste ad una rappresentazione con Pulcinella e Colombina. Egli la descrive
come piuttosto povera, il palcoscenico era piuttosto piccolo, tanto che un
fazzoletto sarebbe bastato a fare da sipario, e le luci di scena erano due
mozziconi di candela. Twain sottolinea anche i limiti tecnici della
rappresentazione, lillusione non era perfetta, in quanto sia i fili che le mani del
marionettista erano visibili, e le voci delle marionette non differivano molto,
tanto che lo scrittore ricorda che i personaggi maschili e quelli femminili
avevano la stessa voce. Nonostante i limiti, lo spettacolo ha un discreto numero
di spettatori, circa una quindicina, che, usando le parole dellautore sembravano

11

12

godersi lo spettacolo veramente di cuore . Al termine della rappresentazione, un

ragazzo fece il giro con un piattino per le offerte, Twain, non sapendo quale fosse
una cifra equa, fin per lasciare una monetina svizzera di poco valore. Lautore
non nasconde la sorpresa che ebbe quando il ragazzo torn indietro per
ridargliela, in quanto secondo lui era troppo denaro. Twain conclude che la gente
di teatro in Italia non imbroglia, per quando fosse stato avvertito di diffidare dai
nostri connazionali.
Di l dal bozzetto pittoresco, la testimonianza interessante per ribadire le
profonde differenze esistenti tra lo spettacolo con marionette e quello con
burattini.
2.1.3 ALTRI ESEMPI DI COMPAGNIE ESTERNE ALLA REALT TORINESE
Come sostenuto da Alfonso Cipolla in Storia delle marionette, uscendo dalla
realt cittadina di Torino, vi sono anche compagnie che non rinunciarono al
nomadismo e riuscirono a mettere in scena anche spettacoli complessi, come
quelli di Luciano Zane che vengono descritti dallo scrittore Theopille Gautier13.
Un'altra compagnia nomade che godette di molta fortuna fu quella della
Famiglia Colla. Alcune notizie della sua storia tratte da I fili della memoria14:
operativa fin dal 1835, si distingue fin dal principio per un vasto repertorio che
spazia dai drammi a tinte forti, alle commedie farsesche e alle trasposizioni di
avvenimenti contemporanei di particolare rilevanza, come la battaglia di Palestro.
Dopo la morte del fondatore Giuseppe nel 1861, la compagnia si divide in tre
diverse compagnie, ognuna gestita dai suoi figli. Quello che avr pi successo
Carlo, il quale, nel 1890, lascia la direzione per motivi di salute al figlio Carlo.
Sotto la sua guida la compagnia acquisisce una notevole fama e rispettabilit,
grazie allo sfarzo delle sue rappresentazioni, che comprendono anche grandi

12

M. Twain, Vagabondo in Italia, Biblioteca del Vascello, Roma, 1991, pp. 33 - 37

13

A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011,
pp. 104-109
14

A. Cipolla, Le marionette in Piemonte: storie di famiglie e di compagnie, in I fili della Memoria, op.
cit. Torino, edizioni SEB 27, 2001, p. 98

12

balli. La compagnia si esibisce in molte citt del settentrione, arrivando


addirittura al Teatro Regio di Parma, per poi stabilirsi stabilmente al Teatro
Gerolamo di Milano, in cui rimarr fino al 1957, anno della chiusura del teatro e
dello scioglimento della compagnia. Essa viene rifondata otto anni pi tardi dagli
eredi della famiglia, ed operante ancora oggi, riscuotendo ampi successi in
Italia e allestero.

13

2.2 UN DRAMMA SACRO PASSIONE, MORTE E RISURREZIONE DI N.S GES


CRISTO
In questa parte dellelaborato si analizzer il copione dellopera per
marionette Passione, Morte e Risurrezione di N.S Ges Cristo15, conservato
presso larchivio dellIstituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare, che
qui si ringrazia per averne consentito la riproduzione allegata.
Parlare di fonti dirette, per quanto concerne i copioni del teatro di
marionette, alquanto rischioso, questo per via del particolare modo in cui tali
testi si diffondevano. Come Giovanni Moretti spiega nel saggio Attori e
baracche16, il sistema teatrale, di cui faceva parte anche il teatro di marionette e
di burattini, gode di un repertorio comune, il quale non si differenzia per le
tipologie di spettacolo. Le opere vengono inserite nel repertorio da compagnie
eterogenee le quali le adattano alle proprie esigenze, questo sia per il livello
narrativo, che viene innovato o ridotto a seconda dei casi, sia per aspetti pi
propriamente tecnici, come la composizione delle scene e il numero di
personaggi presenti contemporaneamente, dipendendo essi dalla composizione
della compagnia, senza infine dimenticare le possibili contaminazioni da altre
opere di diversa origine. Questo processo rende alquanto arduo e difficoltoso la
ricerca delle fonti dirette, in quanto ogni rapporto di dipendenza viene cancellato
o nascosto. Oltre a questo processo di riscrittura e adattamento, gli spettacoli
sacri sono soggetti ad un altro tipo di problema: quello di soddisfare non solo le
esigenze delle autorit comunali, ma anche quelle delle autorit religiose. Per
questi motivi si pu dunque comprendere la precisione con cui lanonimo
trascrittore del copione sottolinea come il copione sia stata scritto da un
sacerdote, tal Stefano Stefani, in modo da facilitare il consenso da parte del clero
locale.
Il copione di marionette in questione, databile intorno ai primi anni del
XX secolo, proviene dalla famiglia Ajmino-Pallavicini, nota compagnia attiva

15

16

Appendice I, imm. 1
G. Moretti, Attori e baracche, Torino, edizioni SEB 27, 2001, pp. 9 - 17

14

dalla seconda met del XIX secolo fino al 1968. Il copione non rivela molto della
sua genesi, per cui lunico testo con cui possiamo confrontarlo, data la sua
materia, il Nuovo Testamento, in particolare facendo riferimento ai quattro
Vangeli, che sono gli unici testimoni che abbiamo della vita di Ges. I motivi
alla base di questa scelta sono diversi, innanzitutto necessario ricordare il
particolare ruolo che le sacre rappresentazioni assumono nella cultura cattolica,
in cui non comune la lettura personale dei testi sacri. I contenuti di essi
vengono conosciuti e assimilati per mezzo delloralit. I drammi sacri, e le sacre
rappresentazioni diventano cos i mezzi con cui una conoscenza orale si
trasforma in una conoscenza visiva. Gli esempi pi eclatanti di questo processo
sono i Sacri Monti17. Non va inoltre dimenticato il disinteresse, quello che
Moretti definisce unacritica spensierata smemoratezza18, che a lungo ha
circondato il teatro di marionette e burattini. Esso ha permesso che molto
materiale di questa tradizione andasse perduto, facendo arrivare fino al giorno
doggi solo un numero relativamente minore di testi.
Per questi motivi lunico confronto possibile diventa quello con i testi
sacri, che viene in questa sede affrontato cercando di capire dove la lezione di
essi risulti ampliata, o modificata, e quindi le ragioni alla base di tali
trasformazioni dei presunti modelli originali, tenendo sempre a mente che uno
spettacolo teatrale deve privilegiare lazione rispetto alla narrazione.
Il divario tra il testo sacro ed il copione analizzato inizia subito. Il
copione si apre con il tribunale ebraico riunito19, che discute di Ges; la scena si
conclude con limposizione della fazione dei sacerdoti Caifa (nellopera
trasformato nel dispregiativo Caifasso) e Anna, i quali vedono il Nazzareno
come un pericolo e vogliono metterlo a morte. Questa scena, nella sua totalit,
non presente in nessuno dei quattro Vangeli, lunico che riporta una lectio

17

A. Cipolla, Dalla Sacra rappresentazione alle processione, in Maria S. del Bello, D. (a cura di),
Quattrocentoanni, Rocca S. Giovanni, Litografia Botolini SRL, 2008, p.99-108
18

G. Moretti, Piccole teorie per una grande storia, in A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e
dei burattini in Italia, Titivillus, 2011, p.13

19

Appendice I, imm. 3

15

simile il Vangelo di Giovanni20. Le due versioni, nonostante qualche assonanza,


presentano ampie differenze. La versione del copione risulta ampliata e
maggiormente avvincente, nel Vangelo il lettore trova il solo personaggio di
Caifa, che fa quasi un monologo e non vi traccia di opposizione alla sua linea:
una pagina che, portata in teatro risulterebbe una scena piuttosto statica.
Leggendo le prime pagine del copione, si ha davanti agli occhi uno scontro
violento tra due gruppi opposti. Questa insolita presentazione permette agli
spettatori di conoscere subito alcuni tra i personaggi chiave della vicenda: da un
lato vi sono Caifasso e Anna, i due sacerdoti malvagi che vogliono la morte di
Ges, dallaltro Nicodemo e Giuseppe dArimatea, strenui sostenitori del
Nazzareno che, pi avanti, ne deporranno il corpo dalla croce dopo la morte. Si
pu facilmente ipotizzare che un inizio simile riesca a catturare immediatamente
lattenzione del pubblico, che viene ancor pi stimolata dal proseguimento della
scena, ossia nel momento in cui fa la sua comparsa Giuda. Il discepolo appare
subito deciso a tradire il suo maestro, il che non fa altro che aumentare la
caratterizzazione negativa che il suo personaggio ha gi di per s.
Proseguendo nel confronto, unaltra scena significativa per il discorso
impostato quella della preghiera nellorto del Getsemani21. Come nel caso
precedente i passi dei Vangeli corrispondenti alla scena, in particolare il Vangelo
di Matteo22e quello di Giovanni23, riportano degli avvenimenti molto statici,
sottolineando particolarmente la solitudine di Ges nei momenti che precedono
larresto. Lautore del copione ha scelto di non rinunciare a questo elemento,
tuttavia deve essersi reso conto della lentezza della scena ed ha preferito variare,
seppur in minima parte, la materia originale. Dalle battute presenti si trovano gli
apostoli molto pi attivi, che esortano il loro maestro a sfogarsi con loro. Tale
partecipazione collide con il loro plateale disinteresse verso la preghiera, tanto da

20

Gv 11, 45-57

21

Appendice I, imm. 18

22

Mt 26, 36-45

23

Gv 18, 1-11

16

cadere addormentati pi di una volta. Al culmine della drammaticit della scena,


lautore rimane fedele alla versione del Vangelo di Luca24, che riporta
lapparizione di un angelo. In questo caso si visto come lautore abbia variato
solo minimamente rispetto alle testimonianze evangeliche. Da notare come le
presenze sovrannaturali siano una costante dello spettacolo marionettistico, dato
che permettono di arricchire lo spettacolo con effetti speciali atti a stupire lo
spettatore: da sempre il meraviglioso al centro dello spettacolo con marionette
spalancando le porte su unimmaginario capace di concretizzarsi in maniera
evocativa davanti agli occhi del pubblico.
Lazione prosegue con larresto di Ges25, ed anche in questo caso non
abbiamo particolari differenze rispetto ai testi sacri26, se non il finale in cui i
discepoli rimasti inveiscono contro Giuda. Lassenza di variazioni
probabilmente dovuta al carattere molto spettacolare gi presente nei testi sacri,
che dunque non richiedono interventi particolarmente profondi. Lapparizione
dellangelo mantenuta per evidenti motivi spettacolari, essa viene infatti
sottolineata con luso di magnesio o di bengala, creando una scena cos di gran
attrazione per il pubblico.
Un intervento simile lo si riscontra anche nella scena del processo27. I
testi sacri28, per quanto concordi, contengono ognuno alcuni episodi singolari che
lautore sceglie di raccogliere e armonizzare, in modo da creare una scena pi
accattivante agli occhi degli spettatori.
Fino a qui, in tutti gli episodi citati, lintervento dellautore del copione
non stato molto pronunciato, le sue scene non si distaccano troppo da quanto
raccontato nei testi sacri, al massimo romanza e dilata alcuni elementi secondari.

24

Lc 22, 43-44

25

Appendice I, imm. 20

26

Mt 26, 47-56; Mc 14, 43-52; Lc 22, 47-53; Gv 18, 1-11

27

Appendice I, imm. 23

28

Mt 26, 57-27.26; Mc 14, 53-15.15; Lc 22, 66-23.24; Gv 18, 12-14; 18, 19-24; 18, 28-40; 19, 1-36

17

Continuando la lettura ci si trova davanti ad una scena alquanto singolare, che i


Vangeli trattano in modo decisamente marginale: la morte di Giuda29. La scena
introdotta da un dialogo tra Giuseppe e Nicodemo, che fanno sapere al pubblico
di aver visto Giuda aggirarsi nella campagna come un folle. Appena escono di
scena i due, entra proprio il discepolo traditore, il quale, conscio della grave
colpa di cui si macchiato, decide di togliersi la vita impiccandosi. Come si dice
sopra, lautore ha insistito per tutto il primo atto sulla malvagit di Giuda, per cui
al pubblico pare naturale che ad aiutarlo nelle sue ultime volont ci siano un paio
di diavoli. La sua morte seguita da urli, tuoni e lampi, che sottolineano ancora
una volta il legame con il maligno, che allatto pratico si traducono virtuosismo
tecnico del marionettista. interessante notare come tale modello sia altres
presente in altre opere di marionette, anche nei copioni del Don Giovanni e di
Macbeth infatti si trovano morti estremamente simili. Nel teatro di marionette
quasi un topos scenico quello della caratterizzazione infernale della fine dei
personaggi negativi: Giuda, Don Giovanni e Macbeth non muoiono, ma vengono
trascinati vivi nellInferno tra una ridda di diavoli festanti.
Anche se estraneo ai fini di questo discorso, interessante notare la
nota che conclude la pagina, in cui lautore, o il marionettista proprietario del
copione, aggiunge che la scena da eseguirsi a soggetto, in modo da ottenere il
massimo risultato spettacolare.
Proseguendo nellanalisi, si pu passare ora a due scene che si
differenziano in parte da quanto riportato dai Vangeli, quella della Via Crucis30 e
della Crocifissione31. La prima rimane fedele quasi interamente alla lezione
evangelica32, solo verso la fine infatti lautore si concede di aggiungere un
dialogo tra Ges e sua madre. Tale innovazione stata fatta probabilmente per

29

Mt 27, 5-9

30

Appendice I, imm. 37

31

Appendice I, imm. 41

32

Mt 27, 32-34; Mc 15, 21-23; Lc 23, 26-31; Gv 18, 17

18

muovere maggiormente il pubblico alla compassione, in quanto non aggiunge


nulla a livello narrativo.
La scena della Crocifissione resta anchessa piuttosto fedele ai testi
evangelici33, sfruttandone i caratteri spettacolari, ma come quella che la precede
viene modificata nel suo sviluppo finale: appare in scena il personaggio di
Longino, il quale, incaricato di verificare leffettiva morte di Ges, gli conficca
nel costato la sua lancia. Dalla ferita provocata da questa sgorga una goccia di
sangue, che provvidenzialmente colpisce il soldato romano nel suo occhio cieco,
che guarisce istantaneamente. Il personaggio non compare nei Vangeli sinottici,
solo in quello di Giovanni34 si parla di un soldato armato di lancia, versione che,
verosimilmente, ha dato origine al nome che verr poi attestato in molti testi
apocrifi successivi ai Vangeli. La storia del soldato cieco poi guarito , come
sostiene Gianluca Orsola35, unaggiunta decisamente tarda rispetto agli stessi
apocrifi, che nel medioevo conobbe una gran fortuna, e di cui si pu ipotizzare
unorigine popolare. Lautore del copione la inserisce perch, probabilmente, gli
spettatori la conoscevano e di conseguenza si aspettavano di vederla
rappresentata, ed inoltre poteva dare sfoggio al virtuosismo stesso del
marionettista che la eseguiva con una marionetta truccata, ossia una preparata
appositamente per la scena, che in questo caso indicava una marionetta di Ges
da cui poteva sgorgare un liquido rosso sangue.
Segue la scena cardine della passione di Cristo, la sua resurrezione36.
Come altre volte nel testo, lautore introduce la scena attraverso i personaggi di
Nicodemo e Giuseppe, che il pubblico gi conosce e che hanno il compito di
raccontare gli avvenimenti che non sono stati rappresentati, come la deposizione
del corpo di Ges dalla croce. La scena non lasciata interamente a loro, in

33

Mt 27, 35-55; Mc 15, 24-41; Lc 23, 32-49; Gv 18, 18-35

34

Gv 19, 31-37

35

G. Orsola, San Longino nella tradizione greca e romana di et tardoantica, Graphe.it, Ponte Felcino,
pp. 5-6

36

Appendice I, imm. 46

19

quando sono presenti anche due soldati, intenti a giocarsi le vesti di Ges, e
inoltre Maria e Giovanni: questi ultimi attenti a pregare davanti al sepolcro.
Terminata lintroduzione, entrano in scena altri due soldati, accompagnati dal
Centurione, che invita i civili presenti ad abbandonare il sepolcro per ordine del
tribunale ebraico. A tale richiesta risponde Maria, rassicurando se stessa e gli
spettatori che suo figlio risorger. Lasciati in scena i soli quattro soldati, ecco che
si compie la resurrezione. Il sepolcro si apre, esce Ges con un fascia bianca che
recita Ressurexit e compaiono due angeli con le scritte Alleluja e Gloria in
excelsis; le guardie sono svenute a terra dallo spavento. Questa scena non
presente in nessuno dei Vangeli, solo in quello di Matteo si accenna allordine di
sorvegliare il sepolcro. Tale innovazione rispetto alla materia biblica
facilmente spiegabile, il momento della resurrezione nei Vangeli non
raccontato, le donne arrivano al sepolcro trovandolo vuoto. Una tale soluzione
non si presta ad uno spettacolo teatrale, non solo di marionette, in quanto manca
il cosiddetto gran finale, con cui concludere la rappresentazione. Il teatro di
marionette non prevede un finale negativo, gli spettacoli sono soliti concludersi
con un finale lieto o salvifico attraverso unapoteosi. il caso ad esempio del
finale dellAida di Verdi per marionette: Aida e Radames muoiono s sepolti vivi,
ma il loro sepolcro di squarcer per vederli uniti per leternit in un fantomatico
Paradiso delle Uri37. Dato questo presupposto, anche questa Passione si uniforma
a questo modello.
Oltre agli esempi sopracitati, interessante notare come lautore
intervenga maggiormente, pi che sulla materia narrativa, sulla caratterizzazione
dei singoli personaggi. Giuda uno dei personaggi che subisce questa parziale
riscrittura, che non lo rivaluta in senso positivo, ma vengono accentuati tutti i
tratti che lo contraddistinguono come personaggio malvagio. Fin dal primo atto
infatti, lo spettatore conosce Giuda come il discepolo avido, che tradisce il suo
maestro esclusivamente per una somma di denaro. Il suo rapido pentimento
presente anche nei Vangeli, tuttavia lautore del copione, coerentemente con la
37

A. Cipolla, DallAlpi alle piramidi, da Callianetto al Nilo, ovvero LEgitto in terra di Lupi, con
Gerolamo redivivo, Gianduja alle porte e Aida che ai d in Famiglia Lupi, Aida, Bergamo,
Edizioni Junior, 2002.

20

linea adottata, ne ha accentuato i caratteri portandoli fino al grottesco. Il dialogo


tra Nicodemo e Giuseppe che introduce la scena della morte di Giuda contiene
molti di questi elementi, il discepolo lincarnazione stessa della follia: Le
chiome rabuffate e confuse, il ciglio torvo e le labbra spumanti; sudiva sovente
stridere i denti, e sospirar ben forte. Il concetto romantico che laspetto esteriore
collegato alla vita interiore ancora una volta affermato.
Due personaggi che conoscono uno sviluppo ed una centralit notevole
allinterno del copione sono Nicodemo e Giuseppe dArimatea. Le fonti sono
modeste per entrambi, il primo viene citato esclusivamente dal Vangelo di
Giovanni38, il secondo compare in tutti i Vangeli39 ma con caratteristiche a volte
discordanti tra loro. Lautore del testo prende due personaggi, comunque
importanti visto il loro ruolo dopo la crocifissione, e ne amplia notevolmente il
ruolo. Di Giuseppe dArimatea sia il Vangelo di Marco che quello di Luca
riportano la sua appartenenza al sinedrio, mentre di Nicodemo sappiamo che era
uno dei capi dei farisei, che addirittura difese Ges dai suoi compagni, ma non ci
dato sapere se facesse parte o meno anchegli del tribunale ebraico. Lautore
sfrutta probabilmente lepisodio in cui egli difese il Nazzareno, decidendo cos di
farlo comparire al fianco di Giuseppe contro Anna e Caifas, anche forse per
pareggiare le forze in campo tra i due schieramenti.
Infine il personaggio di Ges stesso subisce una parziale riscrittura. La
figura del Nazzareno viene proposta dai Vangeli da angolazioni differenti, ad
esempio quello di Matteo consegna un Ges che parla moltissimo, che cerca di
insegnare tramite grandi discorsi e parabole, mentre in Marco il protagonista
spesso incompreso dai suoi stessi discepoli. Lautore del copione ha optato per
fare una summa dei tratti pi noti di Ges, creando a volte della contraddizioni
piuttosto lampanti; ad esempio non si pu non notare una forte discrepanza tra il
Ges affranto che prega nel Getsemani e quello che risponde ad ogni accusa che
il sacerdote Anna gli rivolge. Tali differenze sono probabilmente dovute alla

38

Gv 19, 39

39

Mt 27, 57-60; Mc 15, 42-46; Lc 23, 50-53; Gv 19, 38

21

volont di massimizzare lattenzione degli spettatori, consegnando loro prima


una scena di forte drammaticit con un tono dimesso e poi un forte duello verbale
tra uno dei cattivi e il protagonista stesso.
La caratterizzazione dei personaggi molto vicina a quella dei
personaggi dei melodrammi, daltronde il successo di questo tipo di spettacoli
impone un adattamento. I personaggi esprimono sentimenti forti e assoluti, molto
spesso gridati: non vi sono vie di mezzo.
Concludendo, il copione della compagnia Ajmino-Pallavicini mostra
chiaramente alcune caratteristiche tipiche del teatro di marionette. Gli interventi
eseguiti sul testo evangelico si dimostrano essere funzionali ad una
spettacolarizzazione del testo, privilegiando, come detto nellintroduzione al
capitolo, laspetto pi propriamente riferito allazione a scapito della
narrazione impersonale del testo sacro. Proprio per questi motivi le scene ritenute
pi ricche di attrattiva vengono mantenute e, a volta, arricchite da tradizioni e usi
tipiche del teatro di marionette. Il forte legame con il teatro maggiore della
tradizione marionettistica fa s che le modifiche effettuate non vadano oltre al
puro adattamento, evitando cos riscritture che potevano causare problemi con le
autorit religiose.

2.3 UNA PASSIONE NON CAPITA: LA PASSIONE DEL SIGNORE


Nel 1986, nel numero di marzo di Studi Piemontesi40, il filologo
Marco Piccat pubblica un saggio in cui parla del teatro sacro, facendo riferimento
ad una Passione che ha avuto modo di studiare personalmente dal titolo La
passione del Signore, copione manoscritto conservato presso la biblioteca della
parrocchia di Pagno(Cn).
La particolarit di questopera la presenza della maschera piemontese
Gianduja nel ruolo di Barabba. Lautore si inoltra nellanalisi del testo partendo

40

M. Piccat, Gianduja Barabba personaggio profano di una Passione ottocentesca, in Studi


Piemontesi, vol XV, fasc. 1, pp. 119 - 128

22

da tutte le informazioni che riesce a raccogliere dalla copia sotto analisi. Egli
riporta il nome del proprietario, tale Marengo G. e i dati fisici del copione,
quindi le sue dimensioni e le carte che lo compongono. Proseguendo la sua
analisi, lautore arriva a parlare dei materiali di scena e delle indicazioni tecniche
contenute, definendoli votati alla massima economia possibile, in modo di poter
allestire unimmediata rappresentazione.
Lelemento che falsa la sua analisi che egli non ha compreso di
esaminare unopera di marionette. Nonostante il testo usato dallautore non sia
pi disponibile ad unanalisi diretta, vi sono, nel saggio di Piccat, alcuni elementi
che fugano ogni dubbio. Innanzi tutto la propriet del copione, il nome Marengo
G. fa sicuramente riferimento a Giovanni Marengo, marionettista attivo verso la
fine del XIX secolo, le cui rappresentazioni a Cherasco nel 1887 e nel 1892 sono
documentate, ed inoltre sappiamo che non dovette godere di grandi fortune visto
lesiguo repertorio di appena sette opere.
A questo primo fattore si aggiungono le considerazioni sulla forma
fisica del manoscritto, lautore del saggio scrive che il copione scritto con
grafia molto chiara, impaginato con 21 righe per ogni foglio, i titoli degli atti e le
indicazioni sceniche sono sottolineate in modo evidente. Anche questo fattore
concorre a dimostrare la natura del copione, i testi di cui si servivano i
marionettisti dovevano essere forzatamente scritti in una calligrafia chiara, in
quanto dovevano essere leggibili anche nelle peggiori condizioni di luce.
I ventisei anni trascorsi dal saggio in questione a questo elaborato, hanno
purtroppo fatto perdere la memoria della sistemazione attuale del copione
originale, che inutilmente abbiamo cercato di rintracciare41
Nella trascrizione che Piccat esegue del quarto atto abbiamo per un
ulteriore prova della sua destinazione duso marionettistico. Si legge infatti che
Gianduja Gli cava il fazzoletto truccato con destrezza. Lindicazione di

41

Lattuale parroco di Pagno non a conoscenza della collocazione di questo copione.

23

fazzoletto truccato non pu che far riferimento alle marionette truccate di cui
si parlato nel capitolo precedente.
Entrando poi nello specifico dellopera, Piccat analizza il personaggio di
Gianduja-Barabba, sostenendo la rarit di trovare un personaggio minore come
Barabba, a malapena accennato dai Vangeli42, impersonato dalla maschera
piemontese, dando vita ad una vicenda quasi a s stante rispetto alla storia
narrata. Nel testo, non casualmente, viene rimosso ogni comparazione tra
Gianduja-Barabba e Ges, quasi a sottolineare il diverso personaggio cui il
marionettista ha dato vita.
Come ogni maschera, il Gianduja di questopera si esprime in dialetto,
lautore del saggio ipotizza alcuni motivi che stanno dietro a questa scelta, e
propone che essa fu dettata per garantire maggiore libert espressiva e per far
attribuire al Piemonte un ruolo inedito di proposta culturale sovraregionale.
Piccat sostiene che, tra i motivi alla base della fusione dei due personaggi vi
siano sia le proteste contro gli oppressori dei popoli che le forti analogie tra i due
personaggi, in particolare la caratterizzazione che Gianduja aveva in opere
contemporanee. Anche questa interpretazione pare discutibile in parte, se
riportata allambito marionettistico, dato che normalmente linserimento della
maschera operata dal marionettista in maniera piuttosto meccanica e funzionale
allazione scenica, come appunto evidente nel cammeo inserito nel quarto atto,
Si tratta di un intermezzo comico in cui pieno protagonista appunto Gianduja.
La scena si rivela molto divertente anche alla sola lettura, riportando la furbizia e
la prontezza di spirito tipica della maschera, sia quando parla, e deruba, Ponzio
Pilato, sia quando si congeda dallancella innamorata di lui. Entrambe le
conversazioni si svolgono in modo quasi surreale per i due partecipanti, che
vengono derisi abilmente da Gianduja. I due protagonisti secondari di tali
scene, capiscono poco la sua lingua, e la maschera non perde tempo schernendoli
con doppi sensi e digressioni dalle loro domande.

42

Mt 27, 16; Mc 15, 7; Lc 23, 19; Gv 18, 40;

24

Tralasciando lerrata analisi, lopera analizzata molto interessante, in


quanto la materia sacra della rappresentazione si unisce ad un messaggio di
interesse pi prettamente sociale. La maschera di Gianduja si erge contro le la
fame e la povert; un esempio su tutti lo si legge nella risposta che da alla
domanda di Pilato, che gli chiede perch dal lontano Piemonte andato in
Palestina A venta ca sappia che an [t el me pais] a jera gnanca dpolenta d[ a
mangi] e la fam i la vidia rampi [ su per le] muraje; un bel d per la dis[
sperassion i son ] scapp via, e im son b[ utame a f l viro ] 43. Come sottolinea
lo stesso Piccat, la rarit di questo abbinamento di spettacolo comico e di
dramma sacro suggerisce la sua evidenziazione, tuttavia travisando la
destinazione del copione, tale rarit resta piuttosto relativa, dato la pluralit di
copioni per marionette che riporta la presenza di Gianduja anche in
rappresentazioni sacre come quelle su Giovanna dArco, dove la maschera
piemontese

diventa

lo

scudiero

della

santa44.

43

M. PICCAT, Gianduja Barabba personaggio profano di una Passione ottocentesca in Studi


Piemontesi vol XV, fasc. 1, p. 124

44

A. Cipolla, Teatro di Animazione mod.2, Universit degli Studi di Torino Facolt di Lettere e
Filosofia, a. a. 2008/2009

25

3. LOPERA DEI PUPI


3.1.1 CENNI INTRODUTTIVI SULLOPERA DEI PUPI
LOpera dei Pupi una particolare forma del teatro con marionette che
si sviluppa nellItalia meridionale, interessando in particolar modo le regioni del
Lazio, della Campania e della Sicilia. In questultima regione inoltre, essa
acquisisce, nel corso del tempo, unimportanza tale da entrare stabilmente nella
cultura regionale ed essere una delle sue manifestazioni pi note anche allestero.
Tale forma di spettacolo non si afferma nel solo territorio della penisola italiana.
Esperienze simili e coeve a essa si sviluppano anche nel Belgio e in alcune
regioni della penisola scandinava. Al contrario di quanto successo per il teatro di
marionette, lOpera dei Pupi ha suscitato, fin dal XIX secolo, linteresse di
diversi studiosi, i quali hanno prodotto una letteratura critica che ha fornito una
storia ricca dinformazioni su questa forma di spettacolo. Tra gli esponenti pi
eminenti di tale gruppo sono Antonio Pasqualino, Giuseppe Pitr, e, pi
recentemente, Bernadette Majorana.
La storia di questa forma teatrale fornita da diversi testi, la versione che
qui si riporta tratta da un testo di Antonio Pasqualino45 e da un saggio di
Alessandro Napoli46. Questa forma di teatro si sviluppa allinizio del XIX secolo
come evoluzione del teatro di marionette; esso viene a contatto con altre forme di
spettacolo che lo influenzano e che diventano modelli cui ispirarsi, in particolare
la danza con le spade, le rappresentazioni di soggetti cavallereschi con attori
umani e i cuntu dei cantastorie.
Dalla danza con le spade, lOpera dei Pupi trae la sua caratteristica
fondante, quella di rappresentare il combattimento con una serie di movimenti

45

A. Pasqualino, Lopera dei pupi, Sellerio editore, Palermo, 1977, pp.17-23

46

A. Napoli, Lopera dei pupi di stile catanese, http://www.fratellinapoli.it/storia-opera-pupi/storia-operapupi.pdf, 2012, pp.1-2

26

ritmici ripetuti. Tali scene agonistiche sono tipiche della cultura tradizionale
siciliana, attestazioni di esse si trovano in molte usanze, alcune anche molto
distanti dai pupi come quelle dei riti di fertilit.
Le rappresentazioni teatrali con attori influiscono principalmente sul
repertorio dellOpera. I cosiddetti maggi epici, che sono rappresentazioni tipiche
dellItalia centro-meridionale, hanno al centro delle loro narrazioni episodi di
guerra cavallereschi, spesso tratti dalle Chanson de Geste. I pupi recuperano
lintero impianto ideologico alla base di queste rappresentazioni, le storie si
sviluppano sul conflitto manicheo tra buoni e cattivi, e i guerrieri sfidano non
solo fisicamente gli avversari, ma anche verbalmente, schernendoli con epiteti di
disprezzo. Si pu riscontrare facilmente come nellItalia meridionale il genere
epico ha sempre ottenuto molto successo, ed utilizzato in molte forme di
spettacolo, anche insospettate come il balletto.
Infine un ruolo chiave per lOpera lo giocano i Cunti dei cantastorie.
Nonostante le molteplici occasioni in cui rappresentato materiale epico, esso
non utilizzato che in minima parte. Vengono, infatti, rappresentati quasi
solamente singoli episodi, che solo in rari casi formano brevi serie. I cantastorie
invece recitano le intere saghe degli eroi cavallereschi, suddividendole in pi
puntate rappresentate in cicli di lunga durata, che arrivavano a durare anche
diversi mesi. La divisione del materiale narrativo in cicli e la predominanza del
genere epico sono caratteristiche che simpongono nellOpera dei Pupi. Oltre a
questaspetto pi strettamente legato allambito narrativo, i pupari mutuano dai
cantastorie anche alcune tecniche recitative, come la declamazione nei
combattimenti, in cui le parole sono spezzate in sillabe secondo una propria legge
ritmica.
Oltre a queste forme di spettacolo, che restano comunque quelle che pi
hanno influito nella caratterizzazione dellOpera, facendo emergere profonde
differenze dalle altre forme di teatro di figura, non si pu non citare quel teatro di
marionette che la base da cui parte levoluzione che porter alla forma
27

definitiva dei Pupi, come ricorda Alessandro Napoli. Lo stesso autore ricorda
inoltre come questi ultimi, infatti, si differenziano dalle marionette per il loro
particolare sistema di manovra47. Nasce cos il Pupo Siciliano. Tali modifiche
permettono a queste nuove marionette movimenti pi rapidi, nonch pi precisi,
il che diventa fondamentale nellimitazione dei combattimenti, scene che vantano
unassidua presenza in qualsiasi saga epica.
Dati questi presupposti, interessante osservare che in Sicilia si
sviluppano due diverse scuole di arte pupara: quella palermitana e quella
catanese. Ci che pi interessa ai fini di questo discorso la caratterizzazione del
pupo palermitano e dove esso si differenzia da quello catanese.
Innanzitutto i pupi palermitani vengono animati dai loro pupari che sono
posti dietro le quinte laterali, con i piedi alla stessa altezza del palcoscenico e a
braccio teso, e tutto ci, come facilmente immaginabile, comporta una riduzione
della larghezza dello spazio scenico. Fisicamente essi sono alti circa ottanta
centimetri, per un peso medio di circa cinque chilogrammi, inoltre sono
interamente scolpiti nel legno, al contrario di quelli catanesi, come si vedr pi
avanti; per quanto concerne la loro mobilit, hanno la possibilit di piegare le
gambe, grazie allarticolazione delle ginocchia e inoltre, se sono guerrieri,
possono impugnare o riporre la spada nel fodero. Per quanto concerne pi
propriamente laspetto tecnico, i pupari palermitani sono soliti doppiare i propri
personaggi, anche quelli femminili, i quali vengono recitati usando la voce in
falsetto. Infine importante sottolineare che lambiente dellOpera palermitana
piuttosto chiuso, senza contatti con le altre forme teatrale. Tutto ci porta a una
staticit delle sue messinscene, che rimangono a un livello pi elementare e
stilizzato.

47

Nel XVII secolo le marionette vengono animate dallalto grazie ad un asta metallica collegata al capo
tramite uno snodo e per mezzo di pi fili che controllavano gli arti superiori ed inferiori. Nei primi anni
del XIX secolo, un anonimo marionettista rimuove lo snodo e fa passare allinterno della testa lasta
metallica e, soprattutto, il filo che controllava il braccio destro viene sostituito con unasta di metallo.

28

La scuola catanese si sviluppa il decennio successivo rispetto a quella


palermitana, risalgono, infatti, al 1835 le prime attivit dei primi pupari di cui
sono giunte notizie fino a oggi, ossia Giovanni Crimi e del suo antagonista
Giovanni Grasso. Vi sono profonde differenze tra le due scuole pupare, innanzi
tutto a livello oggettivo, il pupo catanese arriva a essere alto fino a un metro e
trenta centimetri e con un peso di oltre trenta chili, inoltre essi, a differenza di
quelli palermitani, presentano solamente uno scheletro intagliato nel legno, il
resto del corpo viene rivestito con altri materiali, in modo da rendere pi
realistici i corpi delle figure di legno. Queste caratteristiche fisiche impongono
innanzitutto una diversa tecnica di animazione, in primo luogo i pupari si
sistemano su un ponte dietro i fondali, e in secondo luogo vi una diversa
mobilit del pupo, le cui gambe restano rigide in modo da facilitare il lavoro agli
animatori, sgravandoli di una parte del peso. Un'altra differenza importante
rispetto alla scuola palermitana che gli animatori non prestano la propria voce
ai personaggi. A ricoprire tale ruolo vi sono i parlatori, che quasi sempre
ricoprono anche il ruolo di regista degli spettacoli. Questultimo probabilmente
uno dei fattori chiave che permette allOpera dei Pupi catanese di allacciare forti
legami con il teatro lirico e verista di fine secolo. Simbolo esemplare di questo
rapporto la figura di Giovanni Grasso, nipote del patriarca omonimo che fonda
la sua compagnia, che allinizio del XX secolo lascia il ruolo di parlatore per dare
il via a una carriera da attore estremamente lusinghiera in termini di successo e di
critica. Questo legame tra lOpera e il teatro maggiore coinvolge soprattutto il
repertorio, il quale, oltre a mantenere le vicende del ciclo carolingio, si amplia
con lassimilazione di storie cavalleresche di pi recente origine, romanzi storici
di origine romantico-risorgimentale e agiografie, inoltre, come sostiene
Alessandro Napoli48 della compagnia dei Fratelli Napoli, vi sono elementi pi
marginali che non posso derivare da altre fonti come la letteratura classica, sia
greca sia latina, o il teatro shakesperiano. I pupari catanesi medievalizzano cos

48

A. Napoli, Lopera dei pupi di stile catanese, http://www.fratellinapoli.it/storia-opera-pupi/storia-operapupi.pdf, 2012, pp. 2-3

29

svariate opere in una grande e reiterata lezione sulla tragicit dellesistenza


umana.

3.1.2 IL PUBBLICO DELLOPERA DEI PUPI


Il pubblico dellOpera in Sicilia pressoch uguale in tutta lisola, anche
se a Palermo si nota come la maggior parte di esso sia di estrazione popolare, in
ogni caso si tratta di uno spettacolo cittadino e di quartiere rivolto a spettatori di
sesso prettamente maschile, che inizia a partecipare alle rappresentazioni fin
dalla pi tenera et. La presenza di donne fra il pubblico piuttosto rara, e
testimonianze illustri, come quella riportata da Bernadette di Giuseppe Pitr49,
raccontano chiaramente lattenzione che un tal evento suscita da parte del resto
del pubblico. Le differenze, sopra elencate, tra le due scuole determinano delle
diversit anche nei luoghi di svolgimento degli spettacoli. I pi piccoli pupi
palermitani sono fruibili da un pubblico minore, di conseguenza i teatrini
palermitani raggiungono capienze pari a cento, centocinquanta posti, viceversa i
pupi catanesi possono usufruire di sale ben pi ampie, fino a raggiungere anche i
seicento posti. I luoghi di svolgimento di queste rappresentazioni non sono fissi,
a seconda delle esigenze i pupari sono soliti trasferire la propria attivit in sedi e
quartieri diversi per pochi mesi o vi rimangono anche stabilmente anche per
diversi anni. La stabilit della composizione del pubblico, che tutte le sere si reca
in teatro, e il repertorio dei pupari fa s che lOpera superi i confini
dellintrattenimento spettacolare, e diventi portatrice di messaggi ed esperienze
capaci di guidare la percezione di s degli spettatori e del proprio ruolo
allinterno della comunit e nel pi vasto orizzonte sociale e politico. Sempre
Majorana50, riporta un testo di Pitr, il quale riferisce di un aneddoto interessante
in tal senso, il genero di don Gaetano Greco gli dice li picciotti chi vannu
allopra significanu, e vdinu cu sapi fari e cu nun sapi fari, ossia i ragazzi che

49

B. Majorana, Pupi e attori, ovvero lopera dei pupi a Catania. Storia e documenti, Bulzoni, Roma,
2008, pp. 3-4
50

B. Majorana, Pupi e attori, Bulzoni, Roma, 2008, p.6

30

vanno allOpera vedono ci che devono fare e ci non devono fare.


Questaspetto pi prettamente demagogico, viene sottolineato ancora oggi da
Fiorenzo

Napoli51, direttore artistico

dellomonima

compagnia pupara.

Limmedesimazione del pubblico tale che il puparo non pi un artista che va


premiato con applausi per eventuali virtuosismi tecnici. Il suo ruolo cambia,
diventando il solo amministratore del patrimonio dei valori cavallereschi; gli
applausi si riservano agli eventi narrati, eroismi, prodezze, riconciliazioni. Come
sottolinea la Majorana il silenzio durante le rappresentazioni, sottolinea la
circolarit di sentimenti e saperi che ogni giorno pubblico e pupari si scambiano.
Il livello di partecipazione talmente alto che alcune testimonianze raccontano di
come alcuni spettatori arrivano ad acquistare i pupi odiati, per vendicare
personalmente i personaggi amati.

3.1.3 GLI SPETTACOLI ED IL LORO REPERTORIO


I cicli di spettacoli duravano dai due ai sei mesi e raramente
raggiungevano punte di un anno ed oltre. La cadenza quotidiana permette di
avere un pubblico omogeneo sera dopo sera, cos che si sviluppano discussioni
intorno agli eventi appena visti o su quelli in programma le prossime serate. Lo
spettacolo dura circa due ore, due ore e mezza, diviso generalmente in tre atti.
Prima dellatto conclusivo della serata un pupo che gode dei favori del pubblico,
grazie a qualche azione appena narrata, declama lannuncio, o invito, per la
serata successiva, in cui vengono illustrati gli avvenimenti dello spettacolo
successivo52. Oltre a questo invito declamato, i pupari preparano anche dei
cartelloni da mettere in strada, che raffigurano lepisodio cruciale del giorno
seguente oppure pi episodi riguardanti gli spettacoli successivi; oltre alle
immagini vi sono anche dei brevi testi che cercano di attirare lattenzione dei
passanti. Gli episodi cardine dei cicli, quelli che pi attirano il pubblico, vengono

51

F. Napoli, http://youtu.be/jBbUIwyhP4g, 2012

52

B. Majorana, Pupi e attori, Bulzoni, Roma, 2008, pp. 8-9

31

sapientemente rappresentati nei giorni festivi, con conseguente aumento del


prezzo del biglietto.

3.1.4 LEVOLUZIONE DELLOPERA DEI PUPI NEL XX SECOLO


Dalla sua origine fino alla met del XX secolo lOpera dei Pupi ha un
ruolo di primordine nello spettacolo popolare, e pertanto mantiene intatti codici
e canoni stabili. Lavvento dellintrattenimento di massa e il boom economico
degli anni 60 porta in crisi questa forma teatrale. Pasqualino53 sostiene, infatti,
che le nuove generazioni vedono nelle tradizionali rappresentazioni solamente
una forma di nostalgia, che troppo si collega ad un passato fatto di povert e
miseria. Laumento della scolarizzazione coincide molto spesso con un rifiuto
netto delle tradizioni, e tale fenomeno ben noto e documentato nei paesi del
nord dellEuropa. Questo cambiamento si verifica, nellItalia meridionale, molto
velocemente ed i pupari devono correre ai ripari; la scelta obbligata, da un lato
vi la necessit di cercare un nuovo pubblico, snaturando lOpera ed i suoi
canoni, dallaltro vi rimane solamente la chiusura dellattivit, svendendo i
materiali di scena. Coloro che scelgono la prima via danno vita ad una riscrittura
dellOpera, abbandonando i lunghi cicli, cercando vicende il cui compimento
assicurato in una sola serata. In questo modo si perdono le conoscenze pi
profonde che lOpera trasmetteva, in generale aspetti delle rappresentazioni che
prima erano secondari assumono improvvisamente ruoli fondamentali. Antonio
Pasqualino illustra nel suo libro in modo chiarissimo come queste modifiche
furono volte ad una maggior spettacolarizzazione delle vicende, che port
complessivamente alla categorizzazione dellOpera come mero divertimento
infantile. Solo verso la fine degli anni 70 viene a crearsi una nuova coscienza,
che non rifiuta in blocco la cultura tradizionale ma cerca di scoprirne gli aspetti
pi dimenticati. Tale sentimento permette ad alcune compagnie di poter tornare
allattivit effettiva, ricalibrando i vecchi canoni su un pubblico pi moderno, ad
esempio i lunghi cicli restano inutilizzati quotidianamente, ma vengono

53

A. Pasqualino, Lopera dei pupi, Sellerio editore, Palermo, 1977, pp.48-50

32

conservati per alcune occasioni. Caso esemplare di questa nuova linfa quello
della compagnia dei fratelli Napoli di Catania54, che nel 1973, senza alterare
codici e regole tecniche della tradizione, infonde nuova linfa alla scienza
catanese, iniziando ad usare Pupi di dimensioni inferiori, alti circa ottanta
centimetri, che permette loro di trovare nuovi spazi dove essere rappresentati e ad
nuovo pubblico, fatto di studenti, uomini di cultura, professionisti ecc., di
affezionarsi a questa nuova forma dellOpera.

3.2 I PUPI E IL DRAMMA SACRO: PASSIONE DI N. S. G. C DI NINO INSAGUINE


Il copione che ci si appresta ora ad analizzare fa parte delledificio
teatrale di Antonino Insanguine, detto Nino, noto puparo attivo a Catania nella
prima met del XX secolo55. Come gi detto nel capitolo precedente, la ricerca
delle fonti dirette di unopera del teatro di figura unazione alquanto audace,
poich difficilmente si giunger ad avere delle certezze. Dato questo
presupposto, anche in questanalisi si proporr un confronto tra la materia del
copione e le testimonianze dei quattro Vangeli, cos da vedere come la
presumibile fonte originale sia stata modificata, innovata o soppressa, in modo da
essere adeguata ad una forma teatrale cos particolare come lOpera dei Pupi. Un
aspetto interessante viene fornito da due interviste5657 di Fiorenzo Napoli, attuale
direttore artistico della compagnia pupara dei Fratelli Napoli di Catania. Il
puparo riporta la tradizione tipicamente catanese, che prevede, durante la
settimana santa, la rappresentazione della passione di Ges, accantonando
temporaneamente il repertorio epico.

54

A. Napoli, Lopera dei pupi di stile catanese, http://www.fratellinapoli.it/storia-opera-pupi/storiaopera-pupi.pdf, 2012 pp.4-5


55

B. Majorana, Pupi e attori, ovvero lopera dei pupi a Catania. Storia e documenti, Bulzoni, Roma, 2008,
pp. 336-337; 340-342; 345-348
56

F. Marchese, Cristo al Golgota la passione dei Fratelli Napoli, Telecolor,


http://youtu.be/WBswWub2BA8, 2012
57

F. Napoli, Dai paladini ai Giudei, RAI, http://youtu.be/jBbUIwyhP4g, 2012

33

Aprendo il copione58, dal suo frontespizio59, si ottengono subito alcune


informazioni. Innanzi tutto si nota subito sia il nome dellautore che il nome del
proprietario che sono la stessa persona, Nino Insaguine di cui si vede anche una
sorta di biglietto da visita, in cui si legge lindirizzo del teatro. Si pu leggere
anche lanno, anche se non si pu dire se esso sia lanno della composizione
originale del copione o di una semplice riscrittura. Il copione risulta organizzato
in quattro quinterni, ossia fascicoli di cinque fogli piegati in due e inseriti l'uno
dentro l'altro. Infine si nota subito una delle caratteristiche principali dellOpera:
quella della divisione in pi serate della materia narrativa. In questo caso si legge
Azione sacra in sette serate. Coerentemente con detto sopra, ogni serata
divisa in tre atti: i primi due pi lunghi ed articolati ed il terzo pi breve. E
interessante notare come sulla prima pagina di ogni serata sia presente linvito
alla stessa, tuttavia non vi sono prove per sapere se esso veniva eseguito tra il
secondo ed il terzo atto, cos come la tradizione riporta, o in un altro momento.
La prima serata60 si apre con il Consiglio del Sinedrio riunito, allordine
del giorno vi la figura di Ges, che divide i membri dellassemblea; il
presidente Caifas, Anna e Misandro considerano il Nazzareno una figura
pericolosa che deve essere eliminata per evitare la sollevazione del popolo, o
addirittura una ritorsione dei romani. A difesa di Ges vi sono i due consiglieri
Ioseffo e Nicodemo, che dimostrano una fede assoluta nella bont del loro
maestro. Questa scena prende spunto, in maniera evidente, dal Vangelo di
Giovanni61, tuttavia la versione dellevangelista un monologo del sommo
sacerdote Caifas, che tuttavia non solo, come si capisce dalla presenza del
pronome personale plurale. Lautore del copione non fa altro che dilatare la
lezione giovannea, presentando in scena anche altri personaggi, come Anna,

58

Appendice II

59

Appendice II, imm. 1

60

Appendice II, imm. 3

61

Gv 11, 45-57

34

Misandro, Ioseffo e Nicodemo che nel ciclo avranno violenti scontri e non solo
verbali. Il primo atto si apre e si chiude con solo questa scena.
A questa scena introduttiva, che, almeno parzialmente, riprende il testo
di un Vangelo, segue una parte molto pi lunga, rappresentata nei due atti, che
nella sua interezza non ha riscontro in nessun testo del Nuovo Testamento,
pertanto necessario riassumerli per poter meglio comprendere le considerazioni
presenti in seguito.
Il secondo atto62 si apre con un dialogo tra Ioseffo e Nicodemo in cui,
ancora una volta, i due sottolineano la malvagit del Consiglio del Sinedrio; i due
escono di scena per evitare di incontrare Marco, il quale entra seguito dai suoi
soldati e riceve lordine di impedire ad ogni modo lentrata di Ges in
Gerusalemme, poich il consiglio ritiene le sue intenzioni pericolose. Questa
parte appena riassunta trascritta in tre scene diverse, scandite ognuna
dallentrata o dalluscita dei personaggi ma data la coesione della narrazione
utile analizzarle nel loro insieme. Gli eventi narrati in questa parte non hanno
alcun riscontro nei testi dei Vangeli. La parte introduttiva, quella del dialogo tra
Ioseffo e Nicodemo, ha probabilmente una funzione di collegamento con il primo
atto, che si chiude con le liti tra i membri del Consiglio. Il dialogo tra i due
consiglieri che sono a favore di Ges serve ovviamente a sottolineare al pubblico
sia la loro fede in lui, che la meschinit che sta muove il Consiglio. Proseguendo
nella narrazione, ha luogo lentrata dei soldati. Lordine che viene dato loro serve
a creare uno stato di tensione nel pubblico, il quale viene a conoscenza di alcuni
dettagli che altri personaggi, in questo caso il gruppo di Ges, ancora non
conoscono. In questo modo, quando pi avanti Cristo dichiara la sua intenzione
di entrare in citt, lattenzione degli spettatori stimolata date le informazioni in
loro possesso a riguarda della presenza dei soldati a guardia della porta cittadina.

62

Appendice II, imm. 9

35

Come ci si aspetta, le scene che seguono63 sono ad appannaggio del


gruppo di Ges. La narrazione prosegue subito con il Nazzareno che annuncia ai
suoi seguaci la decisione di entrare a Gerusalemme. Egli non si reca subito alle
porte, ma manda alcuni dei discepoli ad avvertire sua madre, che vuole andare a
salutare prima che inizi la sua passione. La narrazione si sposta cos su un gruppo
di donne in preghiera, guidate ovviamente da Maria. Ella intuisce subito il
motivo della visita dei discepoli e, appena finisce di parlare con loro, compare
Ges sulla soglia. Quello che segue un dialogo molto breve, in cui il Nazzareno
comunica il motivo della visita alla madre ed annuncia tutti gli eventi della
passione. Giunti al momento dei saluti i due si separano, tuttavia interessante
notare un particolare: mentre la Madonna sconsolata piange sulla soglia della
porta compare Giuda, il quale viene incaricato di vegliare su Ges. Il discepolo si
congeda con parole rassicuranti: E a buone mani. Latto si chiude con la
preparazione del gruppo allentrata in citt, munendosi di rami di ulivo e di
palma come simboli di pace. Come detto poco fa, il secondo atto non pu che
aprirsi con il protagonista che dichiara di voler andare a Gerusalemme. La
narrazione prosegue introducendo un fittizio dialogo con la Madonna, che non ha
paralleli nei testi sacri. Come spiegare dunque questa innovazione? Nel capitolo
introduttivo allOpera dei Pupi si accennato al pubblico che tale forma di
spettacolo richiamava. Il tema di questa rappresentazione esula dal repertorio pi
tradizionale dellOpera, toccando una storia che ricca di interesse non solo per
la popolazione maschile, ma per lintera comunit; per questo motivo lecito
ipotizzare che alle rappresentazioni di questo copione vi fosse anche un buon
numero di donne. Dato questo presupposto lautore inserisce pi volte la figura di
Maria, la quale incarna i sentimenti di una madre, che non possono non trovare
terreno favorevole nella sensibilit delle spettatrici. Nel corso del riassunto viene
sottolineata la particolarit della presentazione di Giuda; egli appare come un
uomo in cui la Madonna ha fiducia, altrimenti non gli affiderebbe il figlio. Come
si detto sopra, lOpera porta in scena non solo delle storie, ma offre dei modelli

63

Appendice II, imm. 10

36

di comportamento, mostrando di conseguenza quelli che sono dei comportamenti


deprecabili. In tal senso si spiega la promessa di Giuda: lautore decide di
inserire questa parte in modo da far apparire ancora pi ignobile il tradimento del
discepolo, che attira su di s lo sdegno del pubblico.
A questi due atti, uno molto combattuto ed uno pi discorsivo, segue un
atto pi veloce. Il terzo atto64 , infatti, composto di una scena singola, che vede
la trionfale entrata di Ges in citt, nonostante le porte fossero chiuse. Lazione
preceduta dal canto degli apostoli, dopo il quale si vedono le porte aprirsi e
comparire il protagonista a dorso di un asino. Si conclude in questo modo la
prima serata.
La seconda serata65 si apre con il Consiglio del Sinedrio riunito, anche in
questo caso non vi sono paralleli ed dunque necessario riassumere gli eventi
narrati. La prima in realt solo un dialogo tra Caifas e Anna, che discutono su
come abbia fatto ad entrare Ges. Data la situazione, i sacerdoti decidono di
cambiare strategia, decidendo di sobillare il popolo contro Ges. Dopo questa
scena introduttiva, lazione passa ai personaggi di Ponzio Pilato e sua moglie
Claudia, i quali vengono presentati come devotissimi al Nazzareno. La
narrazione prosegue con una scena66 ambientata in un bosco, dove Ges sta
istruendo i discepoli sul valore della compassione. Egli viene per interrotto da
una donna che viene a cercarlo per ottenere aiuto e da unofferta fatta al
Nazzareno di una moneta che era destinata alle tasse romane da un popolano. La
narrazione prosegue spostandosi ancora una volta nella camera di Pilato, e
successivamente nuovamente al Consiglio, che viene a conoscenza della
disponibilit di uno dei discepoli a tradire il proprio maestro, Giuda.

64

Appendice II, imm. 12

65

Appendice II, imm. 13

66

Appendice II, imm. 15

37

La parte appena riassunta, che il solo primo atto della seconda serata,
presenta anchessa una scarsa attinenza alle testimonianze bibliche. Le prime
scene, con il Consiglio riunito, non hanno particolare rilevanza della narrazione,
si pu ipotizzare che esse servano a fare da riassunto della serata precedente e
anche a riempire, almeno in parte, il primo atto, per riprendere poi la narrazione
dove la si era lasciata. Un spunto interessante viene fornito dalle scene nel bosco:
nonostante non vi siano paralleli nei testi biblici lautore non rinuncia ad inserire
due passi molto famosi, anche se vengono decontestualizzati. Il primo quello
della donna adultera condotta dai farisei e dagli scribi a Ges, una scena presente
nel Vangelo di Giovanni67. Nel caso del testo biblico lepisodio fa riferimento ad
uno dei tentativi con cui i farisei tentano di indurre il Nazzareno a fare un errore,
in modo da poterlo accusare. Ges li sorprende pronunciando la famosa frase
Date a Cesare quel che di Cesare, ed essi sono costretti ad andarsene senza
essere riusciti nel loro intento. Ges si limita ad ammonire la donna di non
peccare pi e la lascia andare. La differenza qui notevole, perch la donna non
viene portata da Ges, ma essa stessa che lo va a cercare sperando nel suo
aiuto. Inoltre non vi sono nemmeno i farisei e gli scribi, ma solo dei popolani che
la vogliono lapidare. Questa modifica diventa funzionale per il secondo passo
citato: lepisodio originario presente in tutti e tre i Vangeli sinottici68, e anche
qui sono i farisei a provocare Ges. Lintento malizioso di questi ultimi ben
noto al Nazzareno, il quale li liquida con un altro famoso detto. I due episodi
vengono fusi insieme ma sorvolano sulla presenza dei farisei. Le motivazioni alla
base di questo rimaneggiamento possono essere di due tipi: innanzi tutto lautore
preferisce

probabilmente

sottolineare

laspetto

di

educatore

di

Ges,

sottolineandone la bont danimo. In secondo luogo la presenza dei farisei,


avrebbe inequivocabilmente portato ad una maggior visibilit degli accusatori di
Cristo, una situazione che probabilmente non sarebbe piaciuta al pubblico. Non
deve essere dimenticato inoltre laltro grado di spettacolarit della scena, in

67

Gv 8, 3-11

68

Mt 22, 15-22; Mc 12, 13-17; Lc 20, 20-26

38

quanto sono presenti diversi pupi contemporaneamente. Latto si conclude con il


Consiglio del Sinedrio nuovamente riunito69, ma questa volta le scene in
questione hanno un peso specifico ben maggiore, viene, infatti, annunciato per la
prima volta il tradimento di Giuda.
Il secondo atto si apre con lultima cena, la scena25 una somma delle
varie testimonianze dei Vangeli70, lautore, infatti, riporta tutti gli episodi
significativi, da Ges che comunica di sapere che uno di loro lha tradito, al
lavaggio dei piedi, al rito della cena come viene ricordato ancora oggi nel rito
cattolico delleucarestia. Lunica differenza degna di nota la chiusura della
scena, dove Ges rivela esplicitamente la sua divinit ai discepoli, un fatto
curioso dal momento che in nessun testo sacro lo svela in questi termini. La
vicenda prosegue con il tradimento vero e proprio di Giuda. La scena , anche in
questo caso, uninnovazione del materiale biblico71, di cui restano solo i dettagli,
come la somma corrisposta a Giuda. Il copione non fornisce altre indicazioni, se
non la cupidigia del discepolo traditore, che conta subito il suo compenso. La
nota che chiude la scena Gioia comune72 fa sicuramente da contraltare al
sentimento degli spettatori, indignati per il gesto del discepolo.
La serata si avvia verso la conclusione con il terzo atto73, che viene
diviso in due scene. La prima riguarda la preparazione dellarresto mentre la
scena successiva ambientata nel Getsemani, detto Monte Oliveto nel copione.
La scena di preghiera rimane fedele alle testimonianze evangeliche74, anche se
sindugia a ricordare al protagonista gli effetti della sua passione. La storia

69

Appendice II, imm. 26

70

Mt 26, 20-35; Mc 14, 17-31; Lc 22, 14-23. 31-34; Gv 13, 1-30. 36-38

71

Mt 26, 14-16; Mc 14, 10-11; Lc 22, 1-6; Gv 13, 21-30

72

Appendice II, imm. 18

29

Appendice II, imm. 18

74

Mt 26, 36-45; Mc 14, 32-42; Lc 22, 39-46; Gv 18,1

39

prosegue con larresto, che anchesso avviene conformemente al testo sacro75.


Latto, nel suo complesso, non di discosta molto dal testo sacro, per cui non vi
sono aspetti particolari da rilevare; vi da notare per il comportamento di
Giuda, che attira su di s sempre pi le antipatie degli spettatori. Egli dice di
volersi vendicare per laffronto che avrebbe subito da Ges durante la cena.
Giuda sembra mentire a se stesso, infatti, il pubblico sa benissimo che il
discepolo si venduto ben prima dellultima cena.
La terza serata76 si apre un nuovo dialogo tra Ponzio Pilato e sua moglie
Claudia. Queste scene non sono particolarmente interessanti: nonostante non
siano presenti nei testi sacri la loro funzione riempitiva abbastanza evidente,
per cui meglio procedere oltre. La rappresentazione continua portando gli
spettatori nelle camere di Caifas e Anna, i quali tentano entrambi di interrogare il
protagonista. Dato il loro fallimento, Ges viene portato da Pilato, che dovr
decidere la sua sorte. Latto continua tornando da Pilato, dove questa volta vi
sono Ioseffo e Nicodemo, che chiedono la grazia, anche se in sottofondo si
sentono le grida del popolo che chiedono una condanna a morte. Nel frattempo
arrivano Ges, Misandro ed il Centurione, seguiti a poca distanza da Caifas e
Anna. Si sviluppa cos una vivace discussione, in cui le due fazioni, quella in
difesa di Ges e quella che invece lo accusa, cercano invano di prevalere luna
sullaltra. Latto si chiude con la decisione di Pilato di mandare Ges a giudizio
di Erode, vicer della Galilea.
Questo primo atto risulta molto lungo, e particolarmente denso di eventi.
Le scene di Cristo davanti al tribunale ebraico, cos come vengono scritte nel
copione, non si trovano in nessuno dei Vangeli, anche se nella loro struttura
complessiva vediamo come lautore abbia cercato di armonizzare la

75

Mt 26, 46-56; Mc 14, 43-50; Lc 22, 47-53; Gv 18, 2-12

76

Appendice II, imm. 21

40

testimonianza dei sinottici77, in cui Ges portato davanti a Caifas, e quella del
testo giovanneo78, che vede il Nazzareno portato da Anna. Un altro tratto inedito
quello del silenzio del protagonista, in tutti i Vangeli egli risponde alle accuse
mosse contro di lui, mentre in questo caso non proferisce parola. Tale scelta pu
essere dovuta alle esigenze dellOpera dei pupi di caricare negativamente i
personaggi negativi, data la divisione netta che richiede tra personaggi buoni e
personaggi cattivi; questo porta cos a far apparire ancora maggiore
lincapacit dei sacerdoti di provar compassione verso Ges.
Il secondo atto79 si apre con una scena inconsueta: il pubblico assiste alla
disperazione della Madonna, la quale non si d pace del destino del figlio,
nonostante i tentativi di consolarla da parte dei discepoli. La narrazione vera e
propria prosegue nella camera di Erode. In questo punto lautore concorda con la
versione del vangelo di Luca80, sarebbe quindi superfluo riassumere cosa
succede. Latto si chiude con una lite tra Misandro ed il centurione, che per poco
non arrivano alle armi. Questatto, per quasi la sua interezza, fedele ai Vangeli,
tranne che per la scena di apertura e, successivamente, quella di chiusura. La
prima, quella con Maria, va spiegata con le stesse motivazioni che sono state
elencate prima, quindi una probabile volont di stimolare i sentimenti della
componente femminile del pubblico. La scena di chiusura altrettanto
particolare: essa si avvicina, infatti, ad un duello ma prima che esso possa
iniziare viene bloccato sul nascere, lasciando cos una tensione molto evidente tra
due dei personaggi secondari pi ricorrenti, Misandro ed il centurione.

77

Mt 26, 57-67; Mc 14, 53-65; Lc 22, 54-55.63-71

78

Gv 18, 12-14

79

Appendice II, imm.28

80

Lc 23, 6-12

41

Il terzo atto81 prende avvio con il pentimento di Giuda ma tali scene sono
sostanzialmente concordi con quanto riportato dal Vangelo di Matteo82, rendendo
non necessario un riassunto degli avvenimenti narrati. La scena successiva
ambientata nella camera di Pilato, dove viene raggiunto prima da Ioseffo e
Nicodemo, e successivamente da Caifas e Anna, che danno vita ad una vivace
discussione per convincere il pretore delle proprie posizioni. Quando entra in
scena anche Ges con le guardie la situazione degenera. Nonostante i tentativi di
mediazione di Pilato, questultimo costretto a condannare il Nazzareno a
ricevere cento frustate. Anche in questo atto vi sono alcune note che possono
essere interessanti da rilevare: innanzi tutto il pentimento di Giuda, che
rispecchia, come gi detto, un passo del Vangelo di Matteo, anche se viene,
ovviamente, drammatizzato. Un altro aspetto che risulta interessante la
continua insistenza sulla malvagit dei due sacerdoti; tale caratterizzazione un
ulteriore esempio del conflitto manicheo che si deve sviluppare tra i personaggi
dellOpera. In secondo luogo, confrontando la scena successiva, ambientata nella
camera di Pilato, e il testo sacro vediamo come non vi siano corrispondenze, se
non qualche parziale assonanza con il Vangelo di Luca83.
Il primo atto della quarta serata84 anchesso privo di particolare
interesse. Nonostante anchesso presenti delle parti innovative, la loro analisi si
rif a modelli gi analizzati, di conseguenza appare pi interessante proseguire.
Il secondo atto85 si apre con il sogno di Claudia, moglie di Pilato. Il
contenuto scioccante di esso fa si che ella si svegli di soprassalto. La scena
successiva mostra Ges con una corona di spine che viene schernito da alcuni

81

Appendice II, imm. 31

82

Mt 27, 3-5

83

Lc 23, 13-24

84

Appendice II, imm. 34

85

Appendice II, imm. 36

42

soldati romani. Questi ultimi cadono addormentati dopo la comparsa di un


angelo. Latto si conclude con una scena di nuovi litigi delle due fazioni del
Sinedrio davanti a Pilato. Lo scontro tra esse cresce fino a quando il pretore non
costretto ad assecondare Caifas, aprendo il tribunale. Questatto appare molto
romanzato, il sogno di Claudia ha si un parallelo nel testo sacro, nel Vangelo di
Matteo86, tuttavia levangelista non scende nei dettagli. Lautore sfrutta
loccasione per inserire una scena piuttosto spettacolare, un virtuosismo vero e
proprio, che sicuramente colpisce lo spettatore. La scena che segue pare
anchessa una forzatura del materiale biblico, la comparsa dellangelo, oltre a
non avere nessun riscontro nel testo biblico, pare anche inadeguata e casuale.
Tale scelta non trova nessun riscontro, se non il voler armonizzare con una
presenza divina quelle fiamme infernali poco prima proposte.
Del terzo atto87 si possono tralasciare le prime due scene, dove Pietro
rinnega il suo maestro e poi va a chiedere il perdono della Madonna, esse non
aggiungono nulla ai fini di questo discorso. Ben pi interessante la scena
conclusiva della serata. Lautore ripete, infatti, il topos narrativo del sogno, il
protagonista di questa scena il centurione, anche se la tematica della visione
onirica non varia in termini significativi. Il ricorso nuovamente a tale topos
probabilmente indicativo di una volont di sottolineare, se mai ve ne fosse
bisogno, la natura divina di Ges; tuttavia non bisogna dimenticare che questa
scena offre nuovamente la possibilit di esibire al pubblico il virtuosismo tecnico
dellartista, il quale sottolinea al fondo della pagina: Questa scena quella che
conclude la serata, se ben fatta il pubblico esce contento, ma se no fischia88.

86

Mt 27, 19

87

Appendice II, imm. 37

88

Appendice II, imm. 38

43

La quinta serata89 si apre coerentemente a come lautore ha abituato, vi


sono, infatti, due scene che riassumono al pubblico tutte le vicende della serata
precedente e hanno anche una funzione riempitiva decisamente marcata. La
prima scena con cui continua la narrazione vera e propria la terza, dove, infatti,
avviene il processo a Ges. Data limportanza e la centralit della scena lautore
rimane fedele alle fonti evangeliche90, decidendo di armonizzare le versioni
riportate dai Vangeli di Giovanni, Matteo e Luca. Tale aderenza non evita una
drammatizzazione della materia usando coerentemente i personaggi introdotti
nelle parti dellopera precedenti.
Il secondo atto91 inizia con alcune scene innovative rispetto alla materia
biblica, lautore d nuovamente spazio alla disperazione di Maria, aggiungendo
una nota folklorica come la nascita della Sacra Sindone. Tale scena introduce
lavvio della via crucis, di cui lautore stesso non lascia molte indicazioni, se non
quelle pi sommarie, per eseguirla, per cui si pu ipotizzare una stretta aderenza
alle testimonianze dei Vangeli92. Latto si conclude con la crocifissione di Ges
ed una sprezzante battuta di Misandro. Questatto, vista probabilmente
limportanza di ci che si narra, non presenta evidenti rimaneggiamenti della
materia biblica93, tranne lintroduzione di una breve scena con Maria, che
siscrive per in quella stessa volont dietro le altre presenze del personaggio.
Il terzo atto94 conclude la passione vera e propria di Ges,
rappresentando la sua morte. Coerentemente con quanto fatto prima, lautore
rimane su una linea di assoluta aderenza al testo biblico. A dimostrazione di ci,

89

Appendice II, imm. 41

90

Mt 27, 15-26; Mc 15, 6-15; Lc 23, 13-25; Gv 18,38-19,16

91

Appendice II, imm. 48

92

Mt 27, 32-34; Mc 15, 21-23; Lc 23, 26-31; Gv 18, 17

93

94

Mt 27, 35-55; Mc 15, 24-41; Lc 23, 32-49; Gv 18, 18-35


Appendice II, imm. 50

44

nelle note che chiudono latto, egli scrive Mi sono limitato a descrivere cos la
scena della morte del Nazzareno, ma se lartista vorr far di meglio sta a lui,
basta per che rispetta oblicatamente ci che dice Ges sulla croce95.
La vicenda si avvia verso la sua conclusione, mancano solo due serate al
termine. La sesta serata96 si apre laddove la narrazione con la rappresentazione di
un miracolo: quello che il sangue di Cristo opera sullocchio malato di Longino.
La vicenda procede velocemente, seguendo ancora la traccia dei Vangeli, anche
se poi lautore aggiunge un nuovo violento scontro nella camera di Pilato tra i
sostenitori e gli avversari di Ges. Landamento della vicenda in questatto inizia
ad alterare le dinamiche cui lo spettatore aveva assistito: fino ad ora i cattivi
avevano sempre avuto la meglio. Con la morte di Ges, le sorti di questi iniziano
a cambiare: , infatti, la prima volta in cui vengono platealmente trattati con
disprezzo da Pilato, da cui vengono addirittura cacciati con la forza.
Il secondo atto97 inizia con la deposizione dalla croce, cui segue un coro
musicale funebre eseguito dagli apostoli. La scena seguente ambientata davanti
al sepolcro, dove viene adagiato il corpo di Cristo. Lautore mette in scena
ancora una volta un personaggio avverso al gruppo, Misandro, che da ordine ai
soldati di controllare la tomba. La chiusura dellatto affidata ad una battuta di
Ioseffo che, pur non brillando di originalit compositiva, sottolinea il mutamento
delle dinamiche sottolineato poco sopra.
Il terzo atto98, come dice il copione stesso, doveva contenere la morte di
Giuda, ed in fascicolo separato. Tale parte andata probabilmente perduta, per
cui non opportuno formulare alcuna ipotesi su di essa.

95

Appendice II, imm. 51

96

Appendice II, imm. 51

97

Appendice II, imm. 56

98

Appendice II, imm. 58

45

Lultima serata99 il fulcro dellintera rappresentazione, essa occupa da


sola il quarto quinterno, per cui si pu ipotizzare una performance piuttosto lunga
del puparo. Lautore apre il primo atto con uninnovazione degna di nota,
sicuramente inaspettata ovvero la richiesta da parte di Cesare Augusto di voler
incontrare Ges. La narrazione prosegue portando nuovamente gli spettatori al
Sinedrio, dove questa in corso una lite tra i due sacerdoti. Latto continua,
rappresentando prima latmosfera di speranza che si vive intorno al sacro
sepolcro e successivamente la camera di Pilato, dove il pretore viene informato
dei desideri di Cesare. Latto si conclude tornando al santo sepolcro, dove
avviene la resurrezione di Ges. Come si detto, latto profondamente
innovativo, non si trovano paralleli in nessun testo sacro. Lintroduzione del
personaggio di Augusto singolare, ed difficoltoso formulare analisi in tal
senso. Lunica spiegazione possibile quella di voler sottolineare la divinit di
Ges, visto la fiducia che ripone in lui addirittura limperatore romano. Il litigio
fra i due sacerdoti, fautori della condanna di Ges, risponde probabilmente a ci
che il pubblico sicuramente desidera: i due sono stati per sei serate esempi di
malvagit e, per iniziare a saziare il desiderio di giustizia che del pubblico,
lautore inizia ad adeguare la materia narrativa a quanto i canoni dellOpera
prevedono. La resurrezione anchessa opera dellautore, poich nessun Vangelo
riporta la ricostruzione del momento esatto in cui essa avviene. Insanguine si
limita a riproporre gli elementi divini che gi erano comparsi in precedenza, e
affida a Ges una battuta in cui viene ulteriormente sottolineata la sua infinita
bont.
Il

secondo

atto100

altrettanto

interessante,

lautore

miscela

sapientemente elementi biblici e sue innovazioni. Le prime scene provengono,


infatti, dai Vangeli, ma vengono modificate cambiandone alcuni dettagli. La
prima scena tratta direttamente dallannuncio della resurrezione presente nei

99

Appendice II, imm. 60

100

Appendice II, imm. 63

46

Vangeli sinottici101, anche se viene leggermente modificata. La scena seguente


invece tratta dallepisodio di Emmaus102, dove Ges per la prima volta appare ai
discepoli. Lautore non la cambia nella sostanza, alterando alcuni dettagli
secondari, come labbigliamento di Ges. Latto si conclude con unulteriore
scena in cui i Caifas e Anna vengono umiliati, ma essa non fa altro che obbedire
a quelle esigenze tipiche dellOpera prima spiegate.
Il terzo atto103 conclude la vicenda, e si apre con quello che il pubblico
attende, ossia luccisione dei due malvagi sacerdoti che finiscono tra le fiamme
infermali. Lo spettacolo si chiude con una scena dove sono presenti tutti i
discepoli, le donne e Ges, dove questultimo, dopo aver dato le ultime
indicazioni ai dodici, va in estasi accompagnato da un coro finale, similarmente a
quanto accade nei Vangeli e gli Atti degli Apostoli104. Lultimo atto porta a
compimento la vicenda, e finalmente il pubblico vede punire i due cattivi. A
questa parte pi propriamente innovativa, ne segue una pi consona al testo
biblico, anche se ovviamente il finale spettacolare orchestrato in modo da
stupire lo spettatore con una scena di massa.
Concludendo, utile analizzare lorganizzazione interna allopera del
materiale narrativo. In primo luogo, appare chiaro come lintera vicenda venga
dilatata notevolmente. Come gi si detto, lOpera dei pupi prevede, almeno nei
suoi canoni classici, listituzione di lunghi cicli narrativi. La vicenda della
Passione di Ges viene descritta in modo piuttosto sintetico dai Vangeli. I
sinottici vi dedicano tre capitoli ciascuno105, mentre quello di Giovanni106 la

101

Mt 28, 1-10; Mc 16, 1-8; Lc 24, 1-12

102

Mc 16, 12-13; Lc 24, 13-34

103

Appendice II, imm. 65

104

Mt 28, 16-20; Mc 16, 14-18; Lc 24, 36-49; Gv 20, 19-23, At 1, 6-8

105

Mt 26-28; Mc 14-16; Lc 22-24

106

Gv 11-18

47

dilata in pi capitoli, ma non va dimenticato che il filo della narrazione viene


spesso abbandonato, dando spazio allinserimento di insegnamenti o discorsi di
Ges. Date queste premesse, il copione per pupi vede ampliata lintera vicenda.
La sua durata non casuale, la decisione di dividere il ciclo in sette serate
sicuramente dettata dalla contemporaneit della settimana santa, di cui segue,
almeno inizialmente, lordine liturgico.
Oltre a questo processo di dilatazione, gli eventi della Passione vengono
anche organizzati secondo logiche teatrali. In particolare utile notare come il
materiale di una singola serata venga disposto nei tre atti che la compongono.
Non sbagliato generalizzare che il secondo atto di ogni serata quello dal tono
pi dimesso; lautore del copione ha fatto s che il primo ed il terzo atto sono
quelli in cui la narrazione deve necessariamente attrarre lattenzione dello
spettatore. A esempio di ci che si sta dicendo, si pu ricordare il terzo atto della
prima serata dove viene rappresentata la trionfale entrata di Ges in
Gerusalemme, oppure il terzo atto della quarta serata, con il sogno del
centurione. Tali conclusioni di serata, obbediscono al principio del Gran finale
con cui ogni rappresentazione tende a chiudersi. La presenza di scene
spettacolari, dovute a effetti di scena particolari o al virtuosismo stesso
dellartista, fa che linteresse del pubblico sia stimolato, come sottolinea in una
nota lautore stesso nella nota in chiusura della quarta giornata.
Il primo atto assolve, invece, una funzione pi introduttiva, riproponendo
gli eventi della serata/e precedente/i. Oltre a queste scene iniziali, in genere latto
tende ad aumentare il ritmo della narrazione, mostrando verso la fine, scene di
grande interesse per gli spettatori, come lannuncio del tradimento di Giuda,
oppure rappresentando scene volte ad aumentare la tensione narrativa, come pu
essere la scena dove Pilato scrive la sentenza di morte di Ges.
Il secondo atto generalmente quello in cui laspetto narrativo tende a
prevalere. Come si detto nel capitolo precedente, un adattamento di unopera
per il teatro tende, per sua stessa natura, a privilegiare gli avvenimenti e le scene
48

di azione alle parti pi narrative. Tale aspetto generalmente corretto, tuttavia


una rappresentazione non pu neppure fondarsi interamente esclusivamente su
tali parti, in questo senso dialoghi, e altri topos pi statici vengono inseriti per
dare allopera un pi ampio respiro. In questo caso particolare, lautore del
copione inserisce la maggior parte di queste parti pi statiche nel secondo atto. Il
ritmo della rappresentazione tende cos a definirsi con uno schema riproposto in
tutte e sette le serate. Generalizzando si pu notare come il ritmo narrativo
raggiunga due picchi allinterno di ogni serata, ovvero alla fine del primo atto e
nel

terzo

atto.

49

4. CONCLUSIONI
4.1 DUE DIVERSE REALT TEATRALI A CONFRONTO
Dai due capitoli precedenti pare chiaro che tra lOpera dei pupi e il teatro
di marionette tipico dellItalia settentrionale vi siano profonde differenze. Esse
coinvolgono quasi tutti gli aspetti delle rappresentazioni, a partire dalloggetto
stesso. Il pupo siciliano, non dimenticando le differenze che vi sono tra le due
scuole darte pupara, caratterizzato da una mobilit inferiore rispetto a quella
delle marionette. La sostituzione di alcuni fili utili alla sua animazione con aste
metalliche fa che i movimenti ottenibili siano meno raffinati, ma pi veloci.
Questa caratteristica permette per ai pupi di poter rappresentare in modo pi
realistico i combattimenti, che, come detto pi volte, sono le scene pi
rappresentate allinterno dei lunghi cicli. La tradizione allinterno dellOpera
molto forte, il che porta a un sostanziale congelamento dellevoluzione del pupo
stesso, che rimane cristallizzato nelle due incarnazioni tipiche delle due scuole.
Ladeguamento che lOpera subisce nel XX secolo non sintomo di una nuova
apertura alla sperimentazione, ma frutto delle necessit economiche che
spingono le compagnie a riscrivere i canoni tradizionali.
Ben diverso invece il caso delle marionette. Come sostenuto da Cipolla
in Storia delle marionette e dei burattini in Italia107, il teatro di marionette non
attira su di s solamente linteresse del teatro popolare ma anche il teatro colto
simpadronir di questa forma di spettacolo. Lattenzione verso lambivalenza
delloggetto marionetta, visto come simbolo e simulacro della figura umana,
nota fin dal Barocco, tuttavia con le avanguardie di fine XIX secolo, e del
primo decennio del di quello successivo,108 che tale interesse esplode. Merito di

107

A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011,
pp. 79-88
108

A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011,
pp. 177-181

50

ci da attribuirsi allevoluzione che la marionetta compie grazie allingegno di


personaggi quali Thomas Holden e Vittorio Podrecca. Il primo crea un nuovo
sistema di animazione per le marionette, che, grazie a complicate articolazioni,
riescono a raggiungere unillusione di movimento quasi perfetta. Il secondo,
invece, innova profondamente lorganizzazione e la messa in scena delle opere,
portando allinterno del teatro di marionette alcune innovazioni del teatro
moderno, come una maggior attenzione alla regia e la ricerca di un linguaggio
stilistico dellimmagine. Tale ricerca innovativa si contrappone molto nettamente
alla chiusura conservativa dellOpera dei pupi. Oltre alloggetto scenico, a
distinguersi sono anche i repertori.
Leydi109 e Moretti110 spiegano molto bene i rapporti che lega il teatro di
marionette al teatro maggiore. Lappartenenza al medesimo sistema, di cui
condividono gli intenti, implica una condivisione del repertorio. Le
rappresentazioni vengono organizzate in modo da ricalcare i cartelloni dei grandi
teatri cittadini, in modo da attirare il maggior numero di spettatori. Non si deve
per ridurre tale fenomeno ad una mera imitazione in formato ridotto, gli
allestimenti per marionette spesso riuscivano a superare gli omonimi dei teatri
maggiori. Le dimensioni inferiori, infatti, permettono di portare in scena elementi
che non possono essere integrati negli allestimenti maggiori. Le compagnie
marionettistiche possono cos stupire i loro spettatori grazie alluso di marionette
non solo di forma umana che permettono un maggior realismo della scena.
Il repertorio dellOpera , invece, pi ridotto; nonostante laffermazione
di Alessandro Napoli111 che nella scuola catanese si sono affermati elementi
provenienti da opere distanti dal genere epico, sono le vicende di questultimo ad

109

R. Leydi, Qualche questione ancora aperta sul teatro con le marionette e il teatro dei burattini,
edizioni SEB 27, 2001, pp. 11-21

110

G. Moretti, Attori e Baracche, Edizioni SEB 27, Torino, 2002, pp 9-18

111

A. Napoli, Lopera dei pupi di stile catanese, http://www.fratellinapoli.it/storia-opera-pupi/storiaopera-pupi.pdf, 2012, p. 3

51

essere rappresentate maggiormente, con alcune eccezioni di vite di santi o


passioni. Il ciclo dei paladini di Francia resta parte dominante dellofferta teatrale
dei pupi. Oltre a questo si deve tenere presente la lunghezza delle vicende
narrate, articolate in cicli di durata superiore al mese.
Tale organizzazione del materiale narrativo dovuta al diverso ruolo
esercitato nella societ da parte dellOpera. Il teatro di marionette, analogamente
al teatro maggiore, svolge prevalentemente una funzione di intrattenimento. Tale
funzione assente nelle rappresentazioni dei pupi. Come affermato da Fiorenzo
Napoli in un intervista alla Rai, il repertorio delle compagnie pupare funzionale
ai messaggi che le loro rappresentazioni trasmettono. Le vicende dei paladini di
Francia non erano vicende che si limitavano al palcoscenico, esse erano fonti di
lezioni di vita. Il teatro dei pupi [] non un teatro della violenza, ma un teatro
dellesistenza112
Vi erano inoltre profonde differenze tra il mestiere di puparo e quello di
marionettista. Come si accennato nel corso del primo capitolo, in genere i
marionettisti, oltre ad animare i personaggi, prestavano anche la propria voce ad
essi. A seconda delle rappresentazioni e delle compagnie si poteva assistere ad
allestimenti molto semplici, come accaduto a Mark Twain nellepisodio riportato
da Cipolla, oppure ad opere pi complesse come quelle della compagnia della
Carlo Colla & Figli o della famiglia Lupi.
Il ruolo dei pupari si differenzia nelle due scuole. Nellarea palermitana
si afferma il modello del puparo che presta la voce ai propri pupi, tale scelta
porta alla presenza di una sola voce che doppia anche i personaggi femminili,
ricorrendo, in questo caso al falsetto. Il modello tipico della scuola catanese , al
contrario, profondamente diverso. Il ruolo di animatori dei pupi non prevede che
gli stessi soggetti prestino loro anche la voce. Coloro che adempiono a tal
compito sono i parlatori, che cercano di imitare la recitazione dei grandi attori

112

F. Napoli, Dai paladini ai giudei, RAI, http://youtu.be/jBbUIwyhP4g, 2012

52

drammatici, il che resta un chiaro esempio della maggior apertura della scena
catanese nei confronti del teatro maggiore.
Unulteriore differenza tra le due forme di spettacolo riguarda il pubblico
che assiste alle rappresentazioni. Il pubblico del teatro di marionette un
pubblico piuttosto eterogeneo, non vi sono esclusioni per sesso, et o classe
sociale, come si diceva nel primo capitolo, alle rappresentazioni della compagnia
della famiglia Lupi parteciparono anche alcuni membri della famiglia reale
sabauda. Lesecuzione di un intero spettacolo in una sola occasione permetteva
inoltre che il pubblico variasse ad ogni rappresentazione.
Il pubblico delle compagnie pupare , al contrario, profondamente
diverso, almeno nella forma tradizionale di tali spettacoli. LOpera dei pupi
destinata, infatti, ad un pubblico di sesso esclusivamente maschile, il quale cerca
di non perdere nessuna serata del ciclo fino alla conclusione dello stesso.
Tali differenze fanno si che tra i due copioni vi siano delle profonde
differenze. Il copione per marionette Passione, Morte e Risurrezione di NS. Ges
Cristo presenta una maggiore aderenza alla tradizione evangelica. Come si
detto, le testimonianze dei quattro Vangeli non sono molto prolisse, in quanto
solo pochi capitoli vengono dedicati alla fine della vita terrena del fondatore
della religione cristiana. La vicenda portata in scena segue i principali eventi dei
testi sacri, rinunciando ad innovare la materia biblica. Lattribuzione della
paternit di questopera ad un sacerdote pu forse spiegare la fedelt di questo
adattamento. Le uniche innovazioni non riguardano laspetto narrativo, quanto
pi laspetto teatrale della messa in scena. Lopera viene strutturata in cinque atti,
dove ognuno con un ritmo narrativo diverso, cos da sorprendere gli spettatori e
tenere alta la loro attenzione. In ultima analisi appare interessante sottolineare le
condizioni fisiche del copione; esso giunto fino ad oggi in un ottimo stato, in
particolare gli angoli sono privi di quei segni che denotano luso frequente, e di
conseguenza la rappresentazione, di tale opera. Tutto ci pu far ipotizzare che

53

gli Ajmino-Pallavicini non allestiscono molto spesso questo spettacolo, anche se


non vi sono prove a sostegno di questa tesi.
Il copione di Nino Insaguine Passione di N. S. G. C presenta
caratteristiche piuttosto interessanti, che ovviamente lo distinguono dal copione
piemontese. Il primo aspetto che risalta la lunghezza del copione.
Lorganizzazione della vicenda in sette serate, di cui si pu ipotizzare una durata
media di due ore e mezza, fa si che il copione occupi quasi settanta facciate. Per
far raggiungere alla vicenda tale durata, che, come abbiamo gi detto, coincide
con la settimana santa, lautore costretto a innovare e modificare la lezione
biblica. Le parti innovative sono comunque utili per favorire la maggior
comprensione del pubblico: lopera di Ges come maestro non viene solamente
evocata da qualche battuta, ma viene portata direttamente in scena. Un'altra delle
innovazioni che colpisce il maggior spazio narrativo che viene assecondato al
personaggio della Madonna. Alla base di tale scelta vi sono ragioni riconducibili
alla differenza di pubblico, che durante la rappresentazione della Passione
prevedeva la presenza di alcune donne, come si detto nel secondo capitolo. Le
caratteristiche strutturali dellOpera dei Pupi, che prevedono lo scontro
manicheo e assoluto tra buoni e cattivi, vengono qui rispettate. I numerosi scontri
che si registrano nellarco delle sette serate coincidono con il modello tipico
degli spettacoli per pupi. Lo scherno verbale in primo piano, mentre gli attacchi
fisici sono estremamente limitati; la maggior parte delle volte, lo spettacolo
aumenta il ritmo fino a far crescere la tensione, che tuttavia rimane senza
sforgarsi. La morte violenta dei due sacerdoti, che avviene nellultimo atto, si
pu considerare come lo sfogo finale di tutta la tensione accumulata nel corso
delle serate. Il servizio Rai prima citato conferma che, a Catania, vi la
tradizione di interrompere i cicli epici durante la Settimana Santa. Per quanto
questa informazione resti sul generico, si pu facilmente ipotizzare che il copione
analizzato in questo elaborato sia stato pi volte rappresentato, dato il lungo
periodo di attivit di Insanguine, che nel 1929 aveva da pochissimo tempo
fondato la sua compagnia.

54

Concludendo, si visto come una stessa tematica religiosa, che, per la


sua stessa natura, omogenea in tutta la penisola italiana venga per adattata e
rappresentata con modalit estremamente differenti. NellItalia settentrionale gli
intenti di intrattenimento e di spettacolarit fanno si che il tema della Passione
venga adattato scegliendo una linea generale di maggior aderenza possibile al
testo sacro. Il diverso peso e il diverso ruolo che viene ricoperto dallOpera
allinterno del sistema culturale dellisola siciliana impone a tale forma di
spettacolo di affrontare in modo diverso la stessa tematica rispetto a quanto fatto
dalle compagnie di marionette, proponendo, come si visto, soluzioni e aggiunte
volte a trasformare la Passione di Cristo in uno spettacolo per pupi.

55

MANOSCRITTI INEDITI
Famiglia Ajmino-Pallavicini, Passione, Morte e Risurrezione di NS. Ges Cristo,
(Istituto per i beni marionettistici ed il teatro popolare)
Antonino Insaugine, Passione di N. S. G. C, (Istituto per i beni marionettistici ed
il teatro popolare)

BIBLIOGRAFIA
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Mursia.
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M. Bambozzi, Figure e melodramma, in Il mondo delle figure. Burattini,
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A. Cipolla, DallAlpi alle piramidi, da Callianetto al Nilo, ovvero LEgitto in
terra di Lupi, con Gerolamo redivivo, Gianduja alle porte e Aida che ai d, in
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Cipolla, A (2004) (a cura di), Genoveffa di Brabante, Torino, Edizioni SEB 27
Cipolla, A (2009), Il Teatro di figura in Piemonte, Torino, Istituto per i beni
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Cipolla, A & Moretti G (2001) (a cura di), I fili della memoria. Percorsi per una
storia delle marionette in Piemonte, Torino, Edizioni SEB 27

56

Cipolla, A. & Moretti, G (2011), Storia delle marionette e dei burattini in Italia,
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Moretti G (2002), Attori e baracche, Torino, Edizioni SEB 27.
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Pasqualino, P (1980), Teatro con i pupi siciliani, Palermo, Vito Cavallotto
Editore

SITOGRAFIA
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I Fratelli Napoli su RAI 3 Cristo Al Golgota, http://youtu.be/jBbUIwyhP4g,
2012
I Fratelli Napoli su Telecolor, http://youtu.be/jBbUIwyhP4g, 201

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