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Morte al Nazzareno
La Passione di Ges raccontata da
Marionette e Pupi
Relatore:
Candidato:
Alessio Ruzzafante
Matr. N 70015
Sommario
1.
Introduzione .......................................................................................................3
1. INTRODUZIONE
La vicenda della Passione di Cristo un tema centrale nella religione
cristiana e in particolar modo nella confessione cattolica. Oltre al ruolo
fondamentale che ricoprono nei riti, gli ultimi giorni della vita terrena di Ges
godono di un ampio interesse anche in occasioni meno ufficiali come le
rappresentazioni sacre e i Sacri Monti.
Esempi di tale interesse sono forniti da ogni forma di spettacolo, basti
ricordare i numerosi lungometraggi, anche recenti, che sono stati dedicati
allargomento. Dato questo contesto, linteresse di questo elaborato quello di
confrontare due realt teatrali molto distanti tra loro, come quelle del Teatro di
marionette e dellOpera dei pupi, in modo da vedere come esse si sono accostate
alla sacra materia e come lhanno portata in scena. La scelta di queste due forme
non stata dettata dal caso, in quanto esse, fino alla met del XX secolo, hanno
ricoperto un ruolo fondamentale nella scena culturale delle citt italiane, tanto da
essere entrambe ricordate da diversi autori stranieri nei loro resoconti di viaggi
nel bel paese; inoltre pu essere interessante confrontarle in modo da evincere
somiglianze e differenze.
Il primo capitolo dellelaborato dedicato al Teatro di marionette. La
prima parte dedicata ad una breve introduzione, dove si ricordano alcuni aspetti
legati alla storia, alla forma e ad alcune caratteristiche proprie di questa
particolare forma teatrale. La seconda parte pi propriamente legata alla
descrizione del sistema teatrale torinese nella seconda met del XIX secolo, in
altre parole negli anni in cui gli spettacoli di marionette raggiunsero il loro apice
artistico, grazie agli allestimenti delle grandi compagnie come quella della
Famiglia Lupi e quella di Sales e Bellone, senza tuttavia dimenticare la presenza
di alcune compagnie pi piccole che operano in citt, ma dotate di mezzi tecnici
inferiori. La terza parte si occupa al contrario di altre compagnie di marionette,
che operano per lo pi al di fuori del capoluogo piemontese; anche in questo caso
si riportato sia l'esempio di una grande compagnia come quella della
Compagnia Carlo Colla & Figli, che ancora attiva tuttoggi, sia quella di artisti
pi modesti, come il caso di Luciano Zane.
La seconda parte del capitolo , invece, dedicata allanalisi di un copione
della famiglia Ajmino-Pallavicini dal titolo Passione, Morte e Risurrezione di
NS. Ges Cristo. Dopo alcuni accenni introduttivi, volti a motivare le ragioni alla
base della scelta del metodo di lavoro applicato, si passa allanalisi vera e propria
del testo. Lanalisi effettuata mediante il confronto sistematico con i testi del
Nuovo Testamento, con particolare attenzione ai quattro Vangeli, in modo da
estrapolare con chiarezza in quali punti lautore si discostato dalle versioni
originali, alterandole oppure sostituendole con episodi di sua invenzione. In tale
processo, non sono dimenticate le ragioni pi strettamente legate alleconomia
generale dello spettacolo, ponendo laccento e spiegando le pi interessanti note
extra-testuali riportate dallautore del copione.
Alla fine del capitolo, si procede riferendosi a un articolo di Marco
Piccat comparso sulla rivista Studi Piemontesi. Lautore dellarticolo analizza un
copione di una Passione risalente alla fine del XIX secolo, stupendosi di trovare
la maschera piemontese Gianduja nel ruolo di Barabba. La sua analisi viene per
falsata dal non aver riconosciuto lesatta destinazione del copione, egli presume
di aver trovato un copione per attori, mentre quello che ha davanti , in realt, un
copione per marionette. Lo scopo alla base di questa parte mostrare quanto
possano assomigliarsi i copioni per marionette e quelli per attori, tanto da trarre
in inganno un filologo, e dimostrando cos il diverso ruolo, rispetto a quello
odierno, che tale forma di spettacolo ha ricoperto fino alla met del XX secolo.
Linteresse del secondo capitolo rivolto verso lOpera dei Pupi. Anche
in questo caso, si scelto di introdurre questa forma teatrale partendo dalle sue
origini, evidenziando le diverse caratteristiche che assumono le due scuole di
riferimento, di cui sono illustrati repertorio e, pi brevemente, le tecniche
recitative utilizzate. Detto questo, si passa a parlare del pubblico cui sono
destinati, almeno nei canoni classici, gli spettacoli delle compagnie pupare. Alla
fine di questa panoramica, pi propriamente riferita alla tradizione dellOpera, si
Yorick (figlio di Yorik), La storia dei burattini, Firenze, Bemporad & Figlio, 1902
I fili della memoria. Percorsi per una storia delle marionette in Piemonte, a cura di A. Cipolla e G.
Moretti, Torino, edizioni SEB 27, 2001, pp. 18-20
A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011, pp.
79-88
4
Cfr. M. Bambozzi, Figure e melodramma, in Il mondo delle figure. Burattini, marionette, pupi, ombre, a
cura di L. Allegri e M. Bambozzi, Roma, Carocci, 2012, pp. 165.174.
5
I fili della memoria. Percorsi per una storia delle marionette in Piemonte, a cura di A. Cipolla e G.
Moretti, Torino, edizioni SEB 27, 2001, pp. 11-20
su nuovi aspetti: per un verso le compagnie portano in scena opere che attirino la
gente a teatro sono quindi frequenti i rifacimenti e le imitazioni di opere del
teatro maggiore, a volte proprio in contemporanea con essi dallaltro il
pubblico apprezza la stretta relazione con la quotidianit, espressa dalle battute
delle maschere, incarnazioni del sentimento popolare. Questa stretta relazione tra
palcoscenico e platea ha avuto come conseguenza il fatto che le autorit
tenessero sotto controllo il lavoro dei marionettisti, i cui copioni, cos come
accadeva per il teatro in persona, dovevano essere approvati per la
rappresentazione. Il modus operandi di questa prassi permette sia di risalire alla
data di stesura/copiatura del copione sia di ottenere alcuni dati sulla storia
dellopera, ad esempio quando venne rappresentata la prima volta o le parti che
le autorit consideravano pericolose. Queste compagnie che rinunciavano al
nomadismo non erano formate da marionettisti, alcune di esse erano in origine
compagnie di burattinai, i quali abbandonavano il precedente tipo di spettacolo
solo dopo un certo lasso di tempo, sia per impadronirsi meglio delle tecniche del
nuovo mezzo scenico sia per completare ledificio, ossia lattrezzattura
necessaria per la messa in scena degli spettacoli, che aveva costi decisamente
maggiori rispetto a quelli dei burattini.
La stanzialit e il conseguente inurbamento comporta il misurarsi con un
pubblico eterogeneo e sfaccettato. Una testimonianza di ci viene fornita da un
articolo6 di Edmondo De Amicis datato 1897: lautore di Cuore, scrivendo sulla
famiglia marionettistica torinese Lupi, lascia ai lettori una vivida immagine del
pubblico che assisteva alle rappresentazioni La ressa era tale che seran dovute
mettere due guardie municipali ai due lati della porta []. La strada era per un
buon tratto affollata, duna folla diversa dalle solite: erano famiglie numerose
strette in gruppo, molte signore, moltissimi ragazzi, una falange di governanti, di
balie, di servitori, soldati ti fanteria e bersaglieri, gente di campagna, donne del
popolo. Un pubblico vasto ed eterogeneo insomma, da queste poche righe si
Edmondo De Amicis, Un piccolo teatro celebre, in La vita italiana, III, 1896-1897, ripubblicato in
Ricordi dinfanzia e di scuole. Seguiti da Bambole e Marionette, Fratelli Treves, Milano, 1903, pp.210244
L. TAMBURINI, Fantocci, burattini, marionette a Torino, in I fili della Memoria, Torino, edizioni SEB
27, 2001, pp. 21 - 28
R. LEYDI, Qualche questione ancora aperta sul teatro con le marionette e il teatro dei burattini, edizioni
SEB 27, 2001
10
L. TAMBURINI, Fantocci, burattini, marionette a Torino, in I fili della Memoria, Torino, edizioni SEB
27, 2001, pp. 21 - 28
11
10
De Amicis, nel suo lungo articolo, apre una finestra sulloperato della
compagnia Lupi, allorquando alla guida di essa vi sono i nipoti del fondatore,
Luigi I Lupi e Luigi II Lupi, e ci testimonia come la compagnia fosse pienamente
inserita nel sistema teatrale torinese, visto che poteva contare su un pubblico di
cui facevano parte artisti famosi e addirittura i membri della famiglia reale. Il
brano offre poi alcuni elementi, che permettono di comprendere meglio la
complessit del lavoro dei marionettisti. De Amicis scrive chiaramente come il
repertorio della compagnia fosse vastissimo, raccogliendo un tal numero di testi
che il solo elenco imporrebbe la scrittura di un volume, e aggiunge che oltre ai
testi letterari vi erano molte opere tratte dalla cronaca cittadina e dalla storia
patria. Tutti i sovrani, tutti i grandi statisti, [] tutti gli italiani celebri in
qualunque campo e per qualsiasi fatto, dal 1821 ai giorni nostri, passarono su
quel palcoscenico, non di nome soltanto ma nella loro effigie. Il passo riportato
sottolinea chiaramente come la compagnia abbia creato un tipo di teatro
fortemente legato alla contemporaneit, un teatro in cui il pubblico potesse
ritrovarvi la vita di tutti i giorni, ma reinventata in chiave spettacolare e satirica.
I Lupi rappresentano uneccellenza nel panorama del teatro di animazione
italiano. Agli antipodi forme di spettacolo decisamente minori e pi legate
allimmagine romantica del burattinaio nomade da piazza. Un curioso ritratto
ci viene lasciato da Mark Twain. Lo scrittore statunitense, in visita a Torino,
assiste ad una rappresentazione con Pulcinella e Colombina. Egli la descrive
come piuttosto povera, il palcoscenico era piuttosto piccolo, tanto che un
fazzoletto sarebbe bastato a fare da sipario, e le luci di scena erano due
mozziconi di candela. Twain sottolinea anche i limiti tecnici della
rappresentazione, lillusione non era perfetta, in quanto sia i fili che le mani del
marionettista erano visibili, e le voci delle marionette non differivano molto,
tanto che lo scrittore ricorda che i personaggi maschili e quelli femminili
avevano la stessa voce. Nonostante i limiti, lo spettacolo ha un discreto numero
di spettatori, circa una quindicina, che, usando le parole dellautore sembravano
11
12
ragazzo fece il giro con un piattino per le offerte, Twain, non sapendo quale fosse
una cifra equa, fin per lasciare una monetina svizzera di poco valore. Lautore
non nasconde la sorpresa che ebbe quando il ragazzo torn indietro per
ridargliela, in quanto secondo lui era troppo denaro. Twain conclude che la gente
di teatro in Italia non imbroglia, per quando fosse stato avvertito di diffidare dai
nostri connazionali.
Di l dal bozzetto pittoresco, la testimonianza interessante per ribadire le
profonde differenze esistenti tra lo spettacolo con marionette e quello con
burattini.
2.1.3 ALTRI ESEMPI DI COMPAGNIE ESTERNE ALLA REALT TORINESE
Come sostenuto da Alfonso Cipolla in Storia delle marionette, uscendo dalla
realt cittadina di Torino, vi sono anche compagnie che non rinunciarono al
nomadismo e riuscirono a mettere in scena anche spettacoli complessi, come
quelli di Luciano Zane che vengono descritti dallo scrittore Theopille Gautier13.
Un'altra compagnia nomade che godette di molta fortuna fu quella della
Famiglia Colla. Alcune notizie della sua storia tratte da I fili della memoria14:
operativa fin dal 1835, si distingue fin dal principio per un vasto repertorio che
spazia dai drammi a tinte forti, alle commedie farsesche e alle trasposizioni di
avvenimenti contemporanei di particolare rilevanza, come la battaglia di Palestro.
Dopo la morte del fondatore Giuseppe nel 1861, la compagnia si divide in tre
diverse compagnie, ognuna gestita dai suoi figli. Quello che avr pi successo
Carlo, il quale, nel 1890, lascia la direzione per motivi di salute al figlio Carlo.
Sotto la sua guida la compagnia acquisisce una notevole fama e rispettabilit,
grazie allo sfarzo delle sue rappresentazioni, che comprendono anche grandi
12
13
A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011,
pp. 104-109
14
A. Cipolla, Le marionette in Piemonte: storie di famiglie e di compagnie, in I fili della Memoria, op.
cit. Torino, edizioni SEB 27, 2001, p. 98
12
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16
Appendice I, imm. 1
G. Moretti, Attori e baracche, Torino, edizioni SEB 27, 2001, pp. 9 - 17
14
dalla seconda met del XIX secolo fino al 1968. Il copione non rivela molto della
sua genesi, per cui lunico testo con cui possiamo confrontarlo, data la sua
materia, il Nuovo Testamento, in particolare facendo riferimento ai quattro
Vangeli, che sono gli unici testimoni che abbiamo della vita di Ges. I motivi
alla base di questa scelta sono diversi, innanzitutto necessario ricordare il
particolare ruolo che le sacre rappresentazioni assumono nella cultura cattolica,
in cui non comune la lettura personale dei testi sacri. I contenuti di essi
vengono conosciuti e assimilati per mezzo delloralit. I drammi sacri, e le sacre
rappresentazioni diventano cos i mezzi con cui una conoscenza orale si
trasforma in una conoscenza visiva. Gli esempi pi eclatanti di questo processo
sono i Sacri Monti17. Non va inoltre dimenticato il disinteresse, quello che
Moretti definisce unacritica spensierata smemoratezza18, che a lungo ha
circondato il teatro di marionette e burattini. Esso ha permesso che molto
materiale di questa tradizione andasse perduto, facendo arrivare fino al giorno
doggi solo un numero relativamente minore di testi.
Per questi motivi lunico confronto possibile diventa quello con i testi
sacri, che viene in questa sede affrontato cercando di capire dove la lezione di
essi risulti ampliata, o modificata, e quindi le ragioni alla base di tali
trasformazioni dei presunti modelli originali, tenendo sempre a mente che uno
spettacolo teatrale deve privilegiare lazione rispetto alla narrazione.
Il divario tra il testo sacro ed il copione analizzato inizia subito. Il
copione si apre con il tribunale ebraico riunito19, che discute di Ges; la scena si
conclude con limposizione della fazione dei sacerdoti Caifa (nellopera
trasformato nel dispregiativo Caifasso) e Anna, i quali vedono il Nazzareno
come un pericolo e vogliono metterlo a morte. Questa scena, nella sua totalit,
non presente in nessuno dei quattro Vangeli, lunico che riporta una lectio
17
A. Cipolla, Dalla Sacra rappresentazione alle processione, in Maria S. del Bello, D. (a cura di),
Quattrocentoanni, Rocca S. Giovanni, Litografia Botolini SRL, 2008, p.99-108
18
G. Moretti, Piccole teorie per una grande storia, in A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e
dei burattini in Italia, Titivillus, 2011, p.13
19
Appendice I, imm. 3
15
20
Gv 11, 45-57
21
Appendice I, imm. 18
22
Mt 26, 36-45
23
Gv 18, 1-11
16
24
Lc 22, 43-44
25
Appendice I, imm. 20
26
27
Appendice I, imm. 23
28
Mt 26, 57-27.26; Mc 14, 53-15.15; Lc 22, 66-23.24; Gv 18, 12-14; 18, 19-24; 18, 28-40; 19, 1-36
17
29
Mt 27, 5-9
30
Appendice I, imm. 37
31
Appendice I, imm. 41
32
18
33
34
Gv 19, 31-37
35
G. Orsola, San Longino nella tradizione greca e romana di et tardoantica, Graphe.it, Ponte Felcino,
pp. 5-6
36
Appendice I, imm. 46
19
quando sono presenti anche due soldati, intenti a giocarsi le vesti di Ges, e
inoltre Maria e Giovanni: questi ultimi attenti a pregare davanti al sepolcro.
Terminata lintroduzione, entrano in scena altri due soldati, accompagnati dal
Centurione, che invita i civili presenti ad abbandonare il sepolcro per ordine del
tribunale ebraico. A tale richiesta risponde Maria, rassicurando se stessa e gli
spettatori che suo figlio risorger. Lasciati in scena i soli quattro soldati, ecco che
si compie la resurrezione. Il sepolcro si apre, esce Ges con un fascia bianca che
recita Ressurexit e compaiono due angeli con le scritte Alleluja e Gloria in
excelsis; le guardie sono svenute a terra dallo spavento. Questa scena non
presente in nessuno dei Vangeli, solo in quello di Matteo si accenna allordine di
sorvegliare il sepolcro. Tale innovazione rispetto alla materia biblica
facilmente spiegabile, il momento della resurrezione nei Vangeli non
raccontato, le donne arrivano al sepolcro trovandolo vuoto. Una tale soluzione
non si presta ad uno spettacolo teatrale, non solo di marionette, in quanto manca
il cosiddetto gran finale, con cui concludere la rappresentazione. Il teatro di
marionette non prevede un finale negativo, gli spettacoli sono soliti concludersi
con un finale lieto o salvifico attraverso unapoteosi. il caso ad esempio del
finale dellAida di Verdi per marionette: Aida e Radames muoiono s sepolti vivi,
ma il loro sepolcro di squarcer per vederli uniti per leternit in un fantomatico
Paradiso delle Uri37. Dato questo presupposto, anche questa Passione si uniforma
a questo modello.
Oltre agli esempi sopracitati, interessante notare come lautore
intervenga maggiormente, pi che sulla materia narrativa, sulla caratterizzazione
dei singoli personaggi. Giuda uno dei personaggi che subisce questa parziale
riscrittura, che non lo rivaluta in senso positivo, ma vengono accentuati tutti i
tratti che lo contraddistinguono come personaggio malvagio. Fin dal primo atto
infatti, lo spettatore conosce Giuda come il discepolo avido, che tradisce il suo
maestro esclusivamente per una somma di denaro. Il suo rapido pentimento
presente anche nei Vangeli, tuttavia lautore del copione, coerentemente con la
37
A. Cipolla, DallAlpi alle piramidi, da Callianetto al Nilo, ovvero LEgitto in terra di Lupi, con
Gerolamo redivivo, Gianduja alle porte e Aida che ai d in Famiglia Lupi, Aida, Bergamo,
Edizioni Junior, 2002.
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38
Gv 19, 39
39
21
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22
da tutte le informazioni che riesce a raccogliere dalla copia sotto analisi. Egli
riporta il nome del proprietario, tale Marengo G. e i dati fisici del copione,
quindi le sue dimensioni e le carte che lo compongono. Proseguendo la sua
analisi, lautore arriva a parlare dei materiali di scena e delle indicazioni tecniche
contenute, definendoli votati alla massima economia possibile, in modo di poter
allestire unimmediata rappresentazione.
Lelemento che falsa la sua analisi che egli non ha compreso di
esaminare unopera di marionette. Nonostante il testo usato dallautore non sia
pi disponibile ad unanalisi diretta, vi sono, nel saggio di Piccat, alcuni elementi
che fugano ogni dubbio. Innanzi tutto la propriet del copione, il nome Marengo
G. fa sicuramente riferimento a Giovanni Marengo, marionettista attivo verso la
fine del XIX secolo, le cui rappresentazioni a Cherasco nel 1887 e nel 1892 sono
documentate, ed inoltre sappiamo che non dovette godere di grandi fortune visto
lesiguo repertorio di appena sette opere.
A questo primo fattore si aggiungono le considerazioni sulla forma
fisica del manoscritto, lautore del saggio scrive che il copione scritto con
grafia molto chiara, impaginato con 21 righe per ogni foglio, i titoli degli atti e le
indicazioni sceniche sono sottolineate in modo evidente. Anche questo fattore
concorre a dimostrare la natura del copione, i testi di cui si servivano i
marionettisti dovevano essere forzatamente scritti in una calligrafia chiara, in
quanto dovevano essere leggibili anche nelle peggiori condizioni di luce.
I ventisei anni trascorsi dal saggio in questione a questo elaborato, hanno
purtroppo fatto perdere la memoria della sistemazione attuale del copione
originale, che inutilmente abbiamo cercato di rintracciare41
Nella trascrizione che Piccat esegue del quarto atto abbiamo per un
ulteriore prova della sua destinazione duso marionettistico. Si legge infatti che
Gianduja Gli cava il fazzoletto truccato con destrezza. Lindicazione di
41
23
fazzoletto truccato non pu che far riferimento alle marionette truccate di cui
si parlato nel capitolo precedente.
Entrando poi nello specifico dellopera, Piccat analizza il personaggio di
Gianduja-Barabba, sostenendo la rarit di trovare un personaggio minore come
Barabba, a malapena accennato dai Vangeli42, impersonato dalla maschera
piemontese, dando vita ad una vicenda quasi a s stante rispetto alla storia
narrata. Nel testo, non casualmente, viene rimosso ogni comparazione tra
Gianduja-Barabba e Ges, quasi a sottolineare il diverso personaggio cui il
marionettista ha dato vita.
Come ogni maschera, il Gianduja di questopera si esprime in dialetto,
lautore del saggio ipotizza alcuni motivi che stanno dietro a questa scelta, e
propone che essa fu dettata per garantire maggiore libert espressiva e per far
attribuire al Piemonte un ruolo inedito di proposta culturale sovraregionale.
Piccat sostiene che, tra i motivi alla base della fusione dei due personaggi vi
siano sia le proteste contro gli oppressori dei popoli che le forti analogie tra i due
personaggi, in particolare la caratterizzazione che Gianduja aveva in opere
contemporanee. Anche questa interpretazione pare discutibile in parte, se
riportata allambito marionettistico, dato che normalmente linserimento della
maschera operata dal marionettista in maniera piuttosto meccanica e funzionale
allazione scenica, come appunto evidente nel cammeo inserito nel quarto atto,
Si tratta di un intermezzo comico in cui pieno protagonista appunto Gianduja.
La scena si rivela molto divertente anche alla sola lettura, riportando la furbizia e
la prontezza di spirito tipica della maschera, sia quando parla, e deruba, Ponzio
Pilato, sia quando si congeda dallancella innamorata di lui. Entrambe le
conversazioni si svolgono in modo quasi surreale per i due partecipanti, che
vengono derisi abilmente da Gianduja. I due protagonisti secondari di tali
scene, capiscono poco la sua lingua, e la maschera non perde tempo schernendoli
con doppi sensi e digressioni dalle loro domande.
42
24
diventa
lo
scudiero
della
santa44.
43
44
A. Cipolla, Teatro di Animazione mod.2, Universit degli Studi di Torino Facolt di Lettere e
Filosofia, a. a. 2008/2009
25
45
46
26
ritmici ripetuti. Tali scene agonistiche sono tipiche della cultura tradizionale
siciliana, attestazioni di esse si trovano in molte usanze, alcune anche molto
distanti dai pupi come quelle dei riti di fertilit.
Le rappresentazioni teatrali con attori influiscono principalmente sul
repertorio dellOpera. I cosiddetti maggi epici, che sono rappresentazioni tipiche
dellItalia centro-meridionale, hanno al centro delle loro narrazioni episodi di
guerra cavallereschi, spesso tratti dalle Chanson de Geste. I pupi recuperano
lintero impianto ideologico alla base di queste rappresentazioni, le storie si
sviluppano sul conflitto manicheo tra buoni e cattivi, e i guerrieri sfidano non
solo fisicamente gli avversari, ma anche verbalmente, schernendoli con epiteti di
disprezzo. Si pu riscontrare facilmente come nellItalia meridionale il genere
epico ha sempre ottenuto molto successo, ed utilizzato in molte forme di
spettacolo, anche insospettate come il balletto.
Infine un ruolo chiave per lOpera lo giocano i Cunti dei cantastorie.
Nonostante le molteplici occasioni in cui rappresentato materiale epico, esso
non utilizzato che in minima parte. Vengono, infatti, rappresentati quasi
solamente singoli episodi, che solo in rari casi formano brevi serie. I cantastorie
invece recitano le intere saghe degli eroi cavallereschi, suddividendole in pi
puntate rappresentate in cicli di lunga durata, che arrivavano a durare anche
diversi mesi. La divisione del materiale narrativo in cicli e la predominanza del
genere epico sono caratteristiche che simpongono nellOpera dei Pupi. Oltre a
questaspetto pi strettamente legato allambito narrativo, i pupari mutuano dai
cantastorie anche alcune tecniche recitative, come la declamazione nei
combattimenti, in cui le parole sono spezzate in sillabe secondo una propria legge
ritmica.
Oltre a queste forme di spettacolo, che restano comunque quelle che pi
hanno influito nella caratterizzazione dellOpera, facendo emergere profonde
differenze dalle altre forme di teatro di figura, non si pu non citare quel teatro di
marionette che la base da cui parte levoluzione che porter alla forma
27
definitiva dei Pupi, come ricorda Alessandro Napoli. Lo stesso autore ricorda
inoltre come questi ultimi, infatti, si differenziano dalle marionette per il loro
particolare sistema di manovra47. Nasce cos il Pupo Siciliano. Tali modifiche
permettono a queste nuove marionette movimenti pi rapidi, nonch pi precisi,
il che diventa fondamentale nellimitazione dei combattimenti, scene che vantano
unassidua presenza in qualsiasi saga epica.
Dati questi presupposti, interessante osservare che in Sicilia si
sviluppano due diverse scuole di arte pupara: quella palermitana e quella
catanese. Ci che pi interessa ai fini di questo discorso la caratterizzazione del
pupo palermitano e dove esso si differenzia da quello catanese.
Innanzitutto i pupi palermitani vengono animati dai loro pupari che sono
posti dietro le quinte laterali, con i piedi alla stessa altezza del palcoscenico e a
braccio teso, e tutto ci, come facilmente immaginabile, comporta una riduzione
della larghezza dello spazio scenico. Fisicamente essi sono alti circa ottanta
centimetri, per un peso medio di circa cinque chilogrammi, inoltre sono
interamente scolpiti nel legno, al contrario di quelli catanesi, come si vedr pi
avanti; per quanto concerne la loro mobilit, hanno la possibilit di piegare le
gambe, grazie allarticolazione delle ginocchia e inoltre, se sono guerrieri,
possono impugnare o riporre la spada nel fodero. Per quanto concerne pi
propriamente laspetto tecnico, i pupari palermitani sono soliti doppiare i propri
personaggi, anche quelli femminili, i quali vengono recitati usando la voce in
falsetto. Infine importante sottolineare che lambiente dellOpera palermitana
piuttosto chiuso, senza contatti con le altre forme teatrale. Tutto ci porta a una
staticit delle sue messinscene, che rimangono a un livello pi elementare e
stilizzato.
47
Nel XVII secolo le marionette vengono animate dallalto grazie ad un asta metallica collegata al capo
tramite uno snodo e per mezzo di pi fili che controllavano gli arti superiori ed inferiori. Nei primi anni
del XIX secolo, un anonimo marionettista rimuove lo snodo e fa passare allinterno della testa lasta
metallica e, soprattutto, il filo che controllava il braccio destro viene sostituito con unasta di metallo.
28
48
A. Napoli, Lopera dei pupi di stile catanese, http://www.fratellinapoli.it/storia-opera-pupi/storia-operapupi.pdf, 2012, pp. 2-3
29
49
B. Majorana, Pupi e attori, ovvero lopera dei pupi a Catania. Storia e documenti, Bulzoni, Roma,
2008, pp. 3-4
50
30
dellomonima
compagnia pupara.
51
52
31
53
32
conservati per alcune occasioni. Caso esemplare di questa nuova linfa quello
della compagnia dei fratelli Napoli di Catania54, che nel 1973, senza alterare
codici e regole tecniche della tradizione, infonde nuova linfa alla scienza
catanese, iniziando ad usare Pupi di dimensioni inferiori, alti circa ottanta
centimetri, che permette loro di trovare nuovi spazi dove essere rappresentati e ad
nuovo pubblico, fatto di studenti, uomini di cultura, professionisti ecc., di
affezionarsi a questa nuova forma dellOpera.
54
B. Majorana, Pupi e attori, ovvero lopera dei pupi a Catania. Storia e documenti, Bulzoni, Roma, 2008,
pp. 336-337; 340-342; 345-348
56
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58
Appendice II
59
60
61
Gv 11, 45-57
34
Misandro, Ioseffo e Nicodemo che nel ciclo avranno violenti scontri e non solo
verbali. Il primo atto si apre e si chiude con solo questa scena.
A questa scena introduttiva, che, almeno parzialmente, riprende il testo
di un Vangelo, segue una parte molto pi lunga, rappresentata nei due atti, che
nella sua interezza non ha riscontro in nessun testo del Nuovo Testamento,
pertanto necessario riassumerli per poter meglio comprendere le considerazioni
presenti in seguito.
Il secondo atto62 si apre con un dialogo tra Ioseffo e Nicodemo in cui,
ancora una volta, i due sottolineano la malvagit del Consiglio del Sinedrio; i due
escono di scena per evitare di incontrare Marco, il quale entra seguito dai suoi
soldati e riceve lordine di impedire ad ogni modo lentrata di Ges in
Gerusalemme, poich il consiglio ritiene le sue intenzioni pericolose. Questa
parte appena riassunta trascritta in tre scene diverse, scandite ognuna
dallentrata o dalluscita dei personaggi ma data la coesione della narrazione
utile analizzarle nel loro insieme. Gli eventi narrati in questa parte non hanno
alcun riscontro nei testi dei Vangeli. La parte introduttiva, quella del dialogo tra
Ioseffo e Nicodemo, ha probabilmente una funzione di collegamento con il primo
atto, che si chiude con le liti tra i membri del Consiglio. Il dialogo tra i due
consiglieri che sono a favore di Ges serve ovviamente a sottolineare al pubblico
sia la loro fede in lui, che la meschinit che sta muove il Consiglio. Proseguendo
nella narrazione, ha luogo lentrata dei soldati. Lordine che viene dato loro serve
a creare uno stato di tensione nel pubblico, il quale viene a conoscenza di alcuni
dettagli che altri personaggi, in questo caso il gruppo di Ges, ancora non
conoscono. In questo modo, quando pi avanti Cristo dichiara la sua intenzione
di entrare in citt, lattenzione degli spettatori stimolata date le informazioni in
loro possesso a riguarda della presenza dei soldati a guardia della porta cittadina.
62
35
63
36
64
65
66
37
La parte appena riassunta, che il solo primo atto della seconda serata,
presenta anchessa una scarsa attinenza alle testimonianze bibliche. Le prime
scene, con il Consiglio riunito, non hanno particolare rilevanza della narrazione,
si pu ipotizzare che esse servano a fare da riassunto della serata precedente e
anche a riempire, almeno in parte, il primo atto, per riprendere poi la narrazione
dove la si era lasciata. Un spunto interessante viene fornito dalle scene nel bosco:
nonostante non vi siano paralleli nei testi biblici lautore non rinuncia ad inserire
due passi molto famosi, anche se vengono decontestualizzati. Il primo quello
della donna adultera condotta dai farisei e dagli scribi a Ges, una scena presente
nel Vangelo di Giovanni67. Nel caso del testo biblico lepisodio fa riferimento ad
uno dei tentativi con cui i farisei tentano di indurre il Nazzareno a fare un errore,
in modo da poterlo accusare. Ges li sorprende pronunciando la famosa frase
Date a Cesare quel che di Cesare, ed essi sono costretti ad andarsene senza
essere riusciti nel loro intento. Ges si limita ad ammonire la donna di non
peccare pi e la lascia andare. La differenza qui notevole, perch la donna non
viene portata da Ges, ma essa stessa che lo va a cercare sperando nel suo
aiuto. Inoltre non vi sono nemmeno i farisei e gli scribi, ma solo dei popolani che
la vogliono lapidare. Questa modifica diventa funzionale per il secondo passo
citato: lepisodio originario presente in tutti e tre i Vangeli sinottici68, e anche
qui sono i farisei a provocare Ges. Lintento malizioso di questi ultimi ben
noto al Nazzareno, il quale li liquida con un altro famoso detto. I due episodi
vengono fusi insieme ma sorvolano sulla presenza dei farisei. Le motivazioni alla
base di questo rimaneggiamento possono essere di due tipi: innanzi tutto lautore
preferisce
probabilmente
sottolineare
laspetto
di
educatore
di
Ges,
67
Gv 8, 3-11
68
38
69
70
Mt 26, 20-35; Mc 14, 17-31; Lc 22, 14-23. 31-34; Gv 13, 1-30. 36-38
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29
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40
testimonianza dei sinottici77, in cui Ges portato davanti a Caifas, e quella del
testo giovanneo78, che vede il Nazzareno portato da Anna. Un altro tratto inedito
quello del silenzio del protagonista, in tutti i Vangeli egli risponde alle accuse
mosse contro di lui, mentre in questo caso non proferisce parola. Tale scelta pu
essere dovuta alle esigenze dellOpera dei pupi di caricare negativamente i
personaggi negativi, data la divisione netta che richiede tra personaggi buoni e
personaggi cattivi; questo porta cos a far apparire ancora maggiore
lincapacit dei sacerdoti di provar compassione verso Ges.
Il secondo atto79 si apre con una scena inconsueta: il pubblico assiste alla
disperazione della Madonna, la quale non si d pace del destino del figlio,
nonostante i tentativi di consolarla da parte dei discepoli. La narrazione vera e
propria prosegue nella camera di Erode. In questo punto lautore concorda con la
versione del vangelo di Luca80, sarebbe quindi superfluo riassumere cosa
succede. Latto si chiude con una lite tra Misandro ed il centurione, che per poco
non arrivano alle armi. Questatto, per quasi la sua interezza, fedele ai Vangeli,
tranne che per la scena di apertura e, successivamente, quella di chiusura. La
prima, quella con Maria, va spiegata con le stesse motivazioni che sono state
elencate prima, quindi una probabile volont di stimolare i sentimenti della
componente femminile del pubblico. La scena di chiusura altrettanto
particolare: essa si avvicina, infatti, ad un duello ma prima che esso possa
iniziare viene bloccato sul nascere, lasciando cos una tensione molto evidente tra
due dei personaggi secondari pi ricorrenti, Misandro ed il centurione.
77
78
Gv 18, 12-14
79
80
Lc 23, 6-12
41
Il terzo atto81 prende avvio con il pentimento di Giuda ma tali scene sono
sostanzialmente concordi con quanto riportato dal Vangelo di Matteo82, rendendo
non necessario un riassunto degli avvenimenti narrati. La scena successiva
ambientata nella camera di Pilato, dove viene raggiunto prima da Ioseffo e
Nicodemo, e successivamente da Caifas e Anna, che danno vita ad una vivace
discussione per convincere il pretore delle proprie posizioni. Quando entra in
scena anche Ges con le guardie la situazione degenera. Nonostante i tentativi di
mediazione di Pilato, questultimo costretto a condannare il Nazzareno a
ricevere cento frustate. Anche in questo atto vi sono alcune note che possono
essere interessanti da rilevare: innanzi tutto il pentimento di Giuda, che
rispecchia, come gi detto, un passo del Vangelo di Matteo, anche se viene,
ovviamente, drammatizzato. Un altro aspetto che risulta interessante la
continua insistenza sulla malvagit dei due sacerdoti; tale caratterizzazione un
ulteriore esempio del conflitto manicheo che si deve sviluppare tra i personaggi
dellOpera. In secondo luogo, confrontando la scena successiva, ambientata nella
camera di Pilato, e il testo sacro vediamo come non vi siano corrispondenze, se
non qualche parziale assonanza con il Vangelo di Luca83.
Il primo atto della quarta serata84 anchesso privo di particolare
interesse. Nonostante anchesso presenti delle parti innovative, la loro analisi si
rif a modelli gi analizzati, di conseguenza appare pi interessante proseguire.
Il secondo atto85 si apre con il sogno di Claudia, moglie di Pilato. Il
contenuto scioccante di esso fa si che ella si svegli di soprassalto. La scena
successiva mostra Ges con una corona di spine che viene schernito da alcuni
81
82
Mt 27, 3-5
83
Lc 23, 13-24
84
85
42
86
Mt 27, 19
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88
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94
44
nelle note che chiudono latto, egli scrive Mi sono limitato a descrivere cos la
scena della morte del Nazzareno, ma se lartista vorr far di meglio sta a lui,
basta per che rispetta oblicatamente ci che dice Ges sulla croce95.
La vicenda si avvia verso la sua conclusione, mancano solo due serate al
termine. La sesta serata96 si apre laddove la narrazione con la rappresentazione di
un miracolo: quello che il sangue di Cristo opera sullocchio malato di Longino.
La vicenda procede velocemente, seguendo ancora la traccia dei Vangeli, anche
se poi lautore aggiunge un nuovo violento scontro nella camera di Pilato tra i
sostenitori e gli avversari di Ges. Landamento della vicenda in questatto inizia
ad alterare le dinamiche cui lo spettatore aveva assistito: fino ad ora i cattivi
avevano sempre avuto la meglio. Con la morte di Ges, le sorti di questi iniziano
a cambiare: , infatti, la prima volta in cui vengono platealmente trattati con
disprezzo da Pilato, da cui vengono addirittura cacciati con la forza.
Il secondo atto97 inizia con la deposizione dalla croce, cui segue un coro
musicale funebre eseguito dagli apostoli. La scena seguente ambientata davanti
al sepolcro, dove viene adagiato il corpo di Cristo. Lautore mette in scena
ancora una volta un personaggio avverso al gruppo, Misandro, che da ordine ai
soldati di controllare la tomba. La chiusura dellatto affidata ad una battuta di
Ioseffo che, pur non brillando di originalit compositiva, sottolinea il mutamento
delle dinamiche sottolineato poco sopra.
Il terzo atto98, come dice il copione stesso, doveva contenere la morte di
Giuda, ed in fascicolo separato. Tale parte andata probabilmente perduta, per
cui non opportuno formulare alcuna ipotesi su di essa.
95
96
97
98
45
secondo
atto100
altrettanto
interessante,
lautore
miscela
99
100
46
101
102
103
104
105
106
Gv 11-18
47
terzo
atto.
49
4. CONCLUSIONI
4.1 DUE DIVERSE REALT TEATRALI A CONFRONTO
Dai due capitoli precedenti pare chiaro che tra lOpera dei pupi e il teatro
di marionette tipico dellItalia settentrionale vi siano profonde differenze. Esse
coinvolgono quasi tutti gli aspetti delle rappresentazioni, a partire dalloggetto
stesso. Il pupo siciliano, non dimenticando le differenze che vi sono tra le due
scuole darte pupara, caratterizzato da una mobilit inferiore rispetto a quella
delle marionette. La sostituzione di alcuni fili utili alla sua animazione con aste
metalliche fa che i movimenti ottenibili siano meno raffinati, ma pi veloci.
Questa caratteristica permette per ai pupi di poter rappresentare in modo pi
realistico i combattimenti, che, come detto pi volte, sono le scene pi
rappresentate allinterno dei lunghi cicli. La tradizione allinterno dellOpera
molto forte, il che porta a un sostanziale congelamento dellevoluzione del pupo
stesso, che rimane cristallizzato nelle due incarnazioni tipiche delle due scuole.
Ladeguamento che lOpera subisce nel XX secolo non sintomo di una nuova
apertura alla sperimentazione, ma frutto delle necessit economiche che
spingono le compagnie a riscrivere i canoni tradizionali.
Ben diverso invece il caso delle marionette. Come sostenuto da Cipolla
in Storia delle marionette e dei burattini in Italia107, il teatro di marionette non
attira su di s solamente linteresse del teatro popolare ma anche il teatro colto
simpadronir di questa forma di spettacolo. Lattenzione verso lambivalenza
delloggetto marionetta, visto come simbolo e simulacro della figura umana,
nota fin dal Barocco, tuttavia con le avanguardie di fine XIX secolo, e del
primo decennio del di quello successivo,108 che tale interesse esplode. Merito di
107
A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011,
pp. 79-88
108
A. Cipolla G. Moretti, Storia delle marionette e dei burattini in Italia, Corazzano, Titivillus, 2011,
pp. 177-181
50
109
R. Leydi, Qualche questione ancora aperta sul teatro con le marionette e il teatro dei burattini,
edizioni SEB 27, 2001, pp. 11-21
110
111
51
112
52
drammatici, il che resta un chiaro esempio della maggior apertura della scena
catanese nei confronti del teatro maggiore.
Unulteriore differenza tra le due forme di spettacolo riguarda il pubblico
che assiste alle rappresentazioni. Il pubblico del teatro di marionette un
pubblico piuttosto eterogeneo, non vi sono esclusioni per sesso, et o classe
sociale, come si diceva nel primo capitolo, alle rappresentazioni della compagnia
della famiglia Lupi parteciparono anche alcuni membri della famiglia reale
sabauda. Lesecuzione di un intero spettacolo in una sola occasione permetteva
inoltre che il pubblico variasse ad ogni rappresentazione.
Il pubblico delle compagnie pupare , al contrario, profondamente
diverso, almeno nella forma tradizionale di tali spettacoli. LOpera dei pupi
destinata, infatti, ad un pubblico di sesso esclusivamente maschile, il quale cerca
di non perdere nessuna serata del ciclo fino alla conclusione dello stesso.
Tali differenze fanno si che tra i due copioni vi siano delle profonde
differenze. Il copione per marionette Passione, Morte e Risurrezione di NS. Ges
Cristo presenta una maggiore aderenza alla tradizione evangelica. Come si
detto, le testimonianze dei quattro Vangeli non sono molto prolisse, in quanto
solo pochi capitoli vengono dedicati alla fine della vita terrena del fondatore
della religione cristiana. La vicenda portata in scena segue i principali eventi dei
testi sacri, rinunciando ad innovare la materia biblica. Lattribuzione della
paternit di questopera ad un sacerdote pu forse spiegare la fedelt di questo
adattamento. Le uniche innovazioni non riguardano laspetto narrativo, quanto
pi laspetto teatrale della messa in scena. Lopera viene strutturata in cinque atti,
dove ognuno con un ritmo narrativo diverso, cos da sorprendere gli spettatori e
tenere alta la loro attenzione. In ultima analisi appare interessante sottolineare le
condizioni fisiche del copione; esso giunto fino ad oggi in un ottimo stato, in
particolare gli angoli sono privi di quei segni che denotano luso frequente, e di
conseguenza la rappresentazione, di tale opera. Tutto ci pu far ipotizzare che
53
54
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MANOSCRITTI INEDITI
Famiglia Ajmino-Pallavicini, Passione, Morte e Risurrezione di NS. Ges Cristo,
(Istituto per i beni marionettistici ed il teatro popolare)
Antonino Insaugine, Passione di N. S. G. C, (Istituto per i beni marionettistici ed
il teatro popolare)
BIBLIOGRAFIA
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I Fratelli Napoli su RAI 3 Cristo Al Golgota, http://youtu.be/jBbUIwyhP4g,
2012
I Fratelli Napoli su Telecolor, http://youtu.be/jBbUIwyhP4g, 201
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