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Africa: la storia ritrovata

di Lorenzo Possamai

Il libro ricostruisce la storia del continente africano a partire dall'arrivo dei primi
coloni europei, fino alla lunga e tortuosa strada che ha portato alla
decolonizzazione. Particolare attenzione, infine, dedicata ai processi storici
che determinano l'instabilit politica di molte regioni africane.

Universit: Universit degli Studi di Padova
Facolt: Scienze Politiche
Esame: Storia dellAfrica dal 1500 al 2000
Titolo del libro: Africa: la storia ritrovata. Dalle prime forme
politiche alle indipendenze nazionali
Autore del libro: Giampaolo Calchi Novati e Pierluigi Valsecchi
Editore: carocci
Anno pubblicazione: 2005
1. Introduzione all'Africa
In questo lavoro tratteremo la storia del continente Africano a partire dallarrivo degli europei e in special
modo a partire dallinizio della colonizzazione intensiva del continente. Poich tuttavia impossibile
capirne la storia senza conoscere il prima, ovvero le condizioni dei territori al momento in cui gli europei
cominciarono a prenderne possesso, proporremmo anche un breve riassunto della storia africana precedente.
Si tratta di un qualcosa di molto difficile a farsi per le ragioni che presto spiegheremo; tuttavia, almeno nelle
sue linee principali, tale riassunto essenziale prima ancora che molto interessante. Essenziale per lo storico
ed essenziale anche per gli africani doggi, impegnati nella costruzione di una propria identit storica e
culturale dopo lo shock del colonialismo.

Per ora bene fissare un criterio che ci permetta di ricostruire la storia di un cos enorme e variegato
continente. Per prima cosa necessario osservare il clima, poich esso, al pari dei mari, dei fiumi e delle
catene montuose negli altri continenti, ha segnato le linee di demarcazione fra le civilt, le lingue, le
religioni e le culture dellAfrica.
Come si pu notare lim-menso deserto del Sahara costituisce una barriera naturale fra lAfrica del Nord, da
sempre proiettata nel Mediterraneo e legata alla civilt occidentale antica, e il resto del continente. Vi poi
un'altra zona, quella compresa fra deserto del Sahara e foresta pluviale, altra grande barriera naturale che
praticamente spezza in due lAfrica. Infine la grande regione meridionale, posta ai confini del mondo di
allora, lontanissima dalloccidente e lontana anche dal mondo arabo. Una regione che rimase del tutto isolata
fino allarrivo dei primi colonizzatori europei.

Riassumendo: esistono due grandi barriere naturali, il deserto del Sahara e la foresta equatoriale, che
dividono il continente in tre fasce longitudinali:
- Africa del Nord o mediterranea;
- Africa occidentale o Sudan (il suo nome storico); compresa fra Sahara e foresta equatoriale.
- Africa australe, a sua volta parzialmente interrotta dal deserto del Kalahari.
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2. LAfrica settentrionale
LAfrica settentrionale
Si tratta di una regione con clima mediterraneo temperato lungo la costa, e secco semiarido gi
nellimmediato entroterra, che si tramuta poco dopo in vero e proprio deserto. Una regione quindi
favorevole allinsediamento umano e allagricoltura, ma solo entro la stretta striscia costiera. Ad eccezione
per dellEgitto, che grazie al Nilo pot ospitare una delle pi antiche civilt della storia delluomo, quella
egizia, i cui primi insediamenti risalgono addirittura al 5'000 a.C.
Altra grande civilt africana fu Cartagine. Nata probabilmente come stazione commerciale fenicia lungo la
costa tunisina nel IX secolo a.C. Cartagine, gi nel 500 a.C. aveva esteso il suo domini a tutta la costa
settentrionale dellAfrica, dallAtlantico al confine con lEgitto. Dominio che avrebbe mantenuto fin quasi al
146 a.C., quando Scipione l'Africano il Giovane rase al suolo Cartagine, ponendo fine alla sua gloriosa
storia.

Con la sconfitta di Cleopatra e Marco Antonio nel 31 a.C. anche lEgitto divenne provincia romana
completando cos il passaggio sotto Roma di tutta lAfrica settentrionale. Dominazione che termin solo nel
400 d.C., quando i vandali dilagarono in Africa settentrionale. Nel 500 per la regione verr riconquistata
dallimperatore bizantino Belisario, e rimarr per quasi tre secoli sotto lerede del vecchio Impero romano.

La dominazione bizantina si concluder nel decennio successivo alla morte di Maometto (632), quando
eserciti islamici attaccheranno lEgitto, sconfiggendo in breve tempo i bizantini e quindi dilagando
indisturbati per tutto il nord Africa. La loro dominazione continuer praticamente fino allarrivo degli
europei.
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3. L'Africa occidentale
LAfrica occidentale, come mostra mirabilmente la figura stretta a nord dal Sahara e a sud
allinattraversabile foresta pluviale. Si tratta di una regione vastissima, anticamente nota col nome arabo di
Bilad es-Sudan, letteralmente terra dei neri. Infatti per gli arabi che provenivano dai paesi islamizzati del
nord Africa attraverso il Sahara, la regione si presentava come un paese diverso, abitato da gente di pelle
nera, disseminato di villaggi di coltivatori. Con il termine Sudan si intende indicare oggi, geograficamente,
la fascia di terre a sud del Sahara, estesa fino al limite delle foreste equatoriali, e longitudinalmente, che si
estende dalla Mauritania fino allaltopiano etiope.
un ambiente di savane pi o meno rade, soggetto a un clima a due stagioni, una piovosa e una asciutta, che
consente la coltivazione di cereali, come il miglio, di rapido ciclo vegetativo. Come razza le popolazioni del
Sudan sono alte e piuttosto scure di pelle, anche se non tanto quanto quelle abituate a vivere nelle foreste. La
regione del Sudan oggi una delle pi povere del continente, dedita sopratutto alla coltivazione di cotone e
arachidi.
Storicamente la regione del Sudan, in particolare nella grande zona del Sahel (che si estende in Mauritania,
Mali, Niger e Ciad), prosper sfruttando le vie carovaniere transahariane attraverso le quali loro e gli
schiavi provenienti dalle regioni pi a sud, venivano ceduti in cambio di tessuti, utensili, sale e armi che
giungevano da settentrione. Numerosi regni tribali sorsero e scomparvero nel Sahel contendendosi il
controllo di questi commerci e alcune grandi citt, che adesso sono capitali di stato, nacquero proprio grazie
ai commerci fra Sudan meridionale e gli stati arabi dellAfrica mediterranea. Fu inoltre attraverso le vie
carovaniere, oltre che per spostamenti di popolazioni provenienti dal Sudan orientale, che lintera regione
venne lentamente e progressivamente islamizzata.
Discorso diverso invece quello che riguarda appunto la parte orientale della regione del Sudan, quella che
coincide oggi con, guarda caso proprio lo stato del Sudan. Essendo Attraversato dal Nilo lo stato del Sudan
ha sempre mantenuto dei contatti abbastanza significativi con lEgitto, e quindi con lImpero bizantino
prima, e il mondo arabo poi. Nella seconda met del VI secolo (quindi quasi un secolo prima che lEgitto
diventasse islamico), la zona dellattuale stato del Sudan sub la cristianizzazione promossa dallimperatore
bizantino Giustiniano e vi si svilupparono diversi stati cristiani di tipo teocratico. Rimasti isolati in seguito
alla conquista araba dellEgitto (VII secolo circa) e sottoposti alle incursioni islamiche, furono conquistati
nel XVI secolo dai fung, una popolazione nera islamizzata; questi stabilirono nel 1504 un sultanato a
Sennar, che prosper sulla tratta degli schiavi e divenne uno dei principali centri africani di cultura islamica;
le due religioni continuarono tuttavia a convivere e forte rimase la presenza cristiana.

Inseriamo in questa fascia dellAfrica occidentale (anche se impropriamente: perch non fa assolutamente
parte della regione storica del Sudan), la regione del Corno dAfrica, o dellAfrica orientale. Tale regione
non separata da quella del Sudan da invalicabili barriere naturali, come foreste o deserti, tuttavia la
presenza di catene montuose, come laltopiano etiope, dove fra laltro erano stanziate popolazioni di
religione cristiana, deve in qualche modo aver contribuito ad isolare questa regione dallespansione
islamica.
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Della storia di queste regioni sappiamo molto poco, sebbene siano stati rinvenuto scritti di marinai greci del
primo secolo che parlavano dei commerci con alcune citt della costa. Tali citt, fondate spesso da
popolazioni indiane od arabe, si dedicarono con profitto al commercio di oro e schiavi, ma non rivolsero mai
la loro attenzione allentroterra e la loro influenza sulle popolazioni dellinterno rimase perci pressoch
nulla, quanto la nostra conoscenza di esse. Diverso il caso del Regno etiope. LEtiopia costituita da un
grande altopiano circondato in tutti i lati da catene montuose e perci facilmente difendibile. Quando intorno
al 600 lEgitto cadde in mani arabe, i cristiani che vi risiedevano o si convertirono o fuggirono a sud:
dapprima nellodierno Sudan e poi in Etiopia, dove rimasero e dove tuttora la religione dominante quella
cristiana.
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4. LAfrica australe
Lafrica australe si pu grosso modo dividere in due aree: quella dellAfrica centrale, pressappoco
coincidente con la foresta pluviale, e quella dellAfrica meridionale. Sulla storia di questi luoghi non
sappiamo praticamente nulla; erano regioni fuori dal mondo, lontane sia dallEuropa sia dal mondo arabo.
Mancano in maniera totale reperti scritti o resoconti di esploratori. Non vi erano vie carovaniere che
potessero catalizzare la formazione di entit statali e neppure lislam arrivo mai in queste lande lontane.
Nelle foreste lirruenza della natura e del clima erano tali da consentire la sopravvivenza solo alle trib di
cacciatori-raccoglitori, mentre nelle savane meridionali esistevano diverse trib che si dedicavano con
metodi arretratissimi alla coltivazione del miglio o allallevamento. La zona dellattuale stato del Sud Africa
era pressoch disabitata. In un certo senso addirittura legittimo affermare che gran parte dellAfrica
meridionale non fu colonizzata, ma popolata per la prima volta, dagli europei che vi giunsero intorno alla
seconda met del 1600, tanto era sottopopolata rispetto allimmensit dei suoi spazi.
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5. L'Africa: un difficile lavoro
assai difficile delineare, anche a grandi linee, la storia dellAfrica subsahariana, la cosiddetta Africa nera.
Ci essenzialmente dovuto alla mancanza di testimonianza scritte, perch - se si escludono alcuni
embrionali metodi di scrittura ideografica che si stavano formando in alcune zone dellAfrica occidentale - i
primi veri reperti scritti compaiono solo con la penetrazione araba nel continente, dato che n i greci n i
latini si spinsero mai stabilmente al di sotto del Sahara, lasciando peraltro ben poche testimonianze scritte.
quindi solo intorno al X secolo che si cominciano ad avere numerosi scritti (in lingua araba) sullAfrica, in
particolare sulla fascia di continente immediatamente al di sotto del Sahara.
Su ci che successe prima (lAfrica abitata da tempo immemorabile), possiamo solamente basarci sulla
ricchissima tradizione orale africana, tradizione che per essendo orale, non ci consente n la precisione, n
la sicurezza essenziali ad una accurata ricostruzione storica. A ci si aggiunga che, salvo qualche rara
costruzione in pietra, le civilt africane edificavano con materiali naturali, affatto deperibili nellinclemente
clima del continente. Una storia non scritta quindi, e perlopi ancor oggi sconosciuta e avvolta dal mito.
Larrivo degli europei viene comunemente fatto risalire al XV secolo, ma rimase limitato alle coste e ben
pochi europei (in genere missionari cappuccini) affrontarono lardua esplorazione dellinterno. Bisogner
quindi aspettare fin quasi al XIX secolo perch gli scritti europei o turco-ottomani divengano pi numerosi
ed affidabili di quelli arabi. Ed da questa data, che coincide con linizio della famosa corsa allAfrica da
parte delle potenze coloniali europee, che davvero comincia la messa per iscritto della storia dellAfrica
nera. Prima di allora le fonti rimasero scarse, imprecise o poco affidabili, e allo storico abbisognava sempre
laiuto della testimonianza orale per colmare le loro lacune.
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6. Lidea di Africa ieri e oggi
La mancanza di tradizione scritta, di realt statuarie moderne, di monumenti od altre opere poderose, non
un problema solo per gli storici, ma anche per gli africani doggi in relazione al concetto stesso di Africa
(intendiamo Africa nera) che nel tempo si venuto formando: quello di un continente arretrato e selvaggio
abitato da popolazioni razzialmente e culturalmente inferiori. La mancanza di entit statali, di edifici che
colpissero.. furono tutti elementi che spinsero a ritenere i neri una razza inferiore dalla quale nulla di buono
o bello poteva essere imparato. Il ragionamento spinse anche a far risalire a precedenti dominazioni straniere
(o extraterresti), le poche opere pregevoli che gli europei trovarono al loro arrivo (come il grande recinto, un
maestoso monumento in pietra in Zimbabwe).
Tale idee hanno in parte plasmato gli stessi africani che, privi di monumenti e di testimonianza scritte, con la
brusca interruzione nella trasmissione orale causata dal fenomeno coloniale, si sono ritrovati ignari del loro
stesso passato e trasportati in un mondo, una societ, un sistema economico, non loro. La riscoperta del
proprio passato come punto di partenza per la riacquisizione della propria identit, ora lobiettivo primario
dellAfrica indipendente, ma si tratta di qualcosa di non facile per le ragioni che abbiamo detto e per altre
che si possono facilmente immaginare.
Lafrica nera era, ed ancor oggi , per la maggior parte, un continente che ha acquisito consapevolezza di se
attraverso le descrizioni degli europei che lo avevano colonizzato ed quindi normale che oggi sia
impegnato in un lento e difficile processo di riscoperta di se stesso. Un processo che per - spiace doverlo
dire - in parte inattuabile. Intere culture (in molte delle quali non esisteva neppure la propriet privata)
sono state spazzate via della colonizzazione, e di loro non rimasto pi nulla; anche la tradizione orale,
sotto i colpi della tratta degli schiavi, stata in certi casi gravemente compromessa e con essa sono
scomparse per sempre credenze, lingue e tradizioni che costituivano la cultura di intere popolazioni.

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7. Africa: arrivano i primi europei
1444_ portoghesi raggiungono larcipelago di Capo Verde e la foce del Senegal
1482_ fondata la piazzaforte di Elmina in Costa dOro (lodierno Ghana)
1488_ il portoghese Bartolomeo Diaz raggiunge il Capo di buona speranza
1498_ Vasco da Gama raggiunge lIndia circumnavigando lAfrica

Come si osserva i portoghesi iniziarono ad esplorare lAfrica nella seconda met del 1400 (XV secolo); nel
1498 con limpresa di Vasco da Gama avevano stabilito la prima rotta diretta verso lIndia ed iniziavano a
costruire insediamenti anche lungo la costa orientale dellAfrica nera. Con i loro avamposti-piazzeforti
commerciali inizia il processo di colonizzazione dellAfrica da parte degli europei.
Tuttavia la colonizzazione rimase limitata solo alle zone immediatamente attigue alle piazzeforti
commerciali e i portoghesi che in esse risiedevano era spesso meno di un centinaio, talvolta solo poche
decine. Ovvio quindi affermare che la loro influenza sulle popolazioni africane fu pressoch nulla.
ragionevole pensare che solo le trib stanziate nelle immediatissime vicinanze degli insediamenti potessero
avere dei rapporti culturali, e non solo commerciali con i portoghesi. Rapporti probabilmente di buon
vicinato, accordi di reciproca non aggressione, o tentativi di evangelizzazione operati da qualche missionario
temerario.

Le popolazioni nere dellentroterra tenevano con i portoghesi solo rapporti commerciali, manufatti in
cambio di oro, e schiavi in seguito. Probabilmente per le trattative i portoghesi si affidavano ai missionari o
alle trib indigene stanziate presso i loro insediamenti, che forse avevano cominciato ad imparare il
portoghese. Ma quanto alle trib dellinterno veramente difficile immaginare che, almeno per tutto il
cinquecento, esse abbiano in qualche modo risentito della presenza portoghese. Tenendo conto delle
difficolt delle comunicazioni, dello stile di vita basato allautosufficienza, delle barriere linguistiche e
culturali, arduo ipotizzare stabili e profondi contati fra le popolazioni dellinterno Africa e il piccolo
gruppo di bianchi che si erano stabiliti lungo le coste.
Dato inoltre che fino alla seconda met del 1800 la presenza numerica degli europei nel continente si
mantenne molto bassa e perlopi limitata alle coste e alla zona dellodierno Sud Africa (solo pochissimi
missionari si avventuravano nellinterno e non furono compiuti viaggi di esplorazioni almeno fino al XIX
secolo), tenendo conto dellimmensit del continente.., possiamo ancora una volta confermare la quasi non
influenza europea per quanto riguarda le popolazioni dellinterno, anche per i secoli XII e XIII (1600 e
1700). A ben guardare lunico evento che effettivamente si abbatt in maniera veramente massiccia e
significativa sulle popolazioni di alcune zone dellinterno fu la tratta degli schiavi, ma di questa parleremo
fra pochissimo. Per concludere la premessa si ricordi perci che fino al 1800 circa, la presenza europea non
indusse significativi cambiamenti nella cultura e nelle istruzioni della maggior parte delle regioni e delle
popolazioni dellAfrica nera.
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8. Africa: oro e schiavi
I portoghesi cominciarono a fondare le loro stazioni commerciali lungo la costa africana per agevolare la via
diretta verso lIndia; a partire dal 1500 anche altre potenze europee cominciano a stabilire alcuni
insediamenti lungo le coste del continente nero. Ma al di la dellIndia, cosa spinge le potenze europee ad
impegnarsi in terre cos lontane e pericolose?
La risposta loro. Da alcuni secoli ormai la maggior parte delloro arrivava in Europa attraverso i mercanti
dei paesi nordafricani, i quali lo importavano dal Sudan attraverso le vie carovaniere transahariane. Gli
insediamenti lungo le coste dellAfrica consentirono agli europei di aggirare gli arabi ed importare loro
direttamente alla fonte. Per tutto il quattrocento e per alcuni decenni del cinquecento (quando il mercato sar
inondato dalla produzione americana), loro della Guinea, della Costa dOro (oggi Ghana) e del Mozambico,
costituir la ricchezza delle grandi compagnie commerciali europee, e continuer ad esserlo anche nei secoli
successivi, affiancandosi al sempre pi redditizio mercato degli schiavi.
Sulla deportazione di schiavi dallAfrica nera c molto da dire; per prima cose esistevano due tratte degli
schivi: la prima agiva dalla costa occidentale alle Americhe, la seconda dalla costa orientale verso lIndia e
il mondo arabo.

Per quanto riguarda la tratta dellAtlantico essa cominci a svilupparsi nel cinquecento e gi nel seicento il
suo valore come commercio aveva superato quello del commercio delloro. Nel settecento la deportazione di
schiavi nelle Americhe raggiunse il culmine e intere popolazioni stanziate lungo le coste occidentali
(sopratutto dellAfrica equatoriale) vennero deportate in massa. Le navi salpavano dalle coste occidentali
dellAfrica cariche di schiavi; arrivate nelle Americhe li vendevano imbarcando al loro posto le materie
prime prodotte dalle colonie; quindi si dirigevano verso i porti europei dove scambiavano i prodotti coloniali
con tessuti e armi prodotti in Europa; barattavano infine questi prodotti con le trib africane della costa, che
fornivano loro in cambio gli schiavi provenienti dallinterno. Era il cosiddetto commercio triangolare che
assicuro profitti pi che cospicui alle compagnie commerciali europee e anche agli stessi africani impegnati
nel rifornire gli europei di schiavi neri catturati nelle zone pi remote dellinterno.

Solo a partire dallinizio dellottocento le colonie americane cominciarono a divenire pi indipendenti (nel
senso che il numero di chiavi si automanteneva e non cera pi spazio per nuove piantagioni), determinando
cos una contrazione della domanda. Inoltre in questo periodo gli stati europei cominciarono
progressivamente a dichiarare criminale la tratta negriera e ad impegnarsi attivamente a reprimerla a partire
dalla met del secolo. Con alcuni strascichi fino agli anni ottanta dellottocento il commercio degli schiavi si
esaurir pressoch del tutto con la fine del secolo.

Ma quali furono i numeri? difficile dirlo e spesso gli storici africani tendono a sovrastimare il fenomeno
quanto quelli anglosassoni a sminuirlo; tuttavia secondo stime:
- fra 1450 e 1600 vennero deportati 400 mila africani
- fra 1600 e 1700 il numero sfiora i 2 milioni
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- fra 1700 e 1800 supera i 6 milioni
- fra 1800 e 1900 si riduce 3,3 milioni.
- a questi numeri vanno aggiunti anche gli sciavi deportati dalla costa orientale: circa 1,2 milioni secondo le
stime.

La tratta lungo la costa orientale era un fenomeno molto antico, risalente al IX secolo (ma abbiamo notizia
di esso anche presso mercanti dellantica Grecia!); tradizionalmente veniva praticato da mercanti egiziani e
mediorientali. Gli schiavi venivano generalmente inviati in Egitto o verso lImpero ottomano, in certi
periodi anche verso le piantagioni portoghesi di Goa, in India. A parte nel corso del 18 secolo il fenomeno
rimase tuttavia abbastanza limitato e si esaur (o perlomeno divenne clandestino) introno alla met
dellottocento, quando lintera Africa orientale cominci a divenire possedimento diretto delle potenze
europee.

In conclusione possiamo dire che, geograficamente, il fenomeno schiavistico interess solo le aree
raggiungibili dalla costa occidentale e, sia pure in misura minore, da quella orientale; alcune zone per,
come gran parte dellAfrica meridionale (che erano sottopopolate quando vi arrivarono gli europei), non
venne mai coinvolto nella tratta degli sciavi, se non come luogo di destinazione. Circa 13 (e forse anche pi)
milioni di africani vennero trasportati in America come schiavi. Molti morirono durante il viaggio, molti
altri di fatiche e stenti durante il duro lavoro nelle piantagioni. Quelli che sopravissero e i loro figli, sono da
considerarsi fra i principali colonizzatori dellAmerica latina e degli Stati Uniti.

Altro discorso importante quanto la tratta degli schiavi abbia ridotto la popolazione africana di allora e
quanto ci abbia pesato sullo sviluppo del continente, anche alla luce della suo cronico sottopopolalamento.
Se come sembra probabile la tratta negriera non ne ha inficiato le potenzialit demografiche nel lungo
periodo, per vero che, almeno per quanto riguarda il 18 e il 19 secolo, il continuo prelievo di schiavi da
alcune zone dellAfrica centrale, deve aver prodotto delle carenze di forza lavoro tali da rallentarne il
possibile sviluppo. Rimandiamo comunque al libro per lapprofondimento di questo aspetto, peraltro di
difficile trattazione per la mancanza di dati attendibili e per la difficolt di ricostruire i possibili tassi di
sviluppo demografico dellAfrica di allora.

Gi nella premessa abbiamo avuto modo di citare come la presenza europea fino alla seconda met
dellottocento, fosse rimasta molto limitata e circoscritta alla coste. Abbiamo detto che le popolazioni non
costiere (e quindi la stragrande maggioranza degli abitanti dellAfrica nera), non subirono in maniera
apprezzabile linfluenza degli europei e se non fosse stato per la tratta degli schiavi (peraltro portata avanti
dalle stesse popolazioni africane impegnate nella vendita di schiavi agli europei), la presenza dei bianchi
lungo le coste non avrebbe prodotto nessun mutamento nelle secolari strutture economiche e sociali delle
popolazioni dellinterno.

Se un evoluzione anche presso le popolazioni dellinterno vi stata, in seguito allarrivo degli europei, essa
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stata trasmessa loro dalle popolazioni africane stanziate lungo le coste, le sole che avessero potuto
apprendere qualcosa dagli europei. Vale quindi la pena di soffermarsi sul rapporto fra queste popolazioni
costiere e gli europei che con esse interagivano, vuoi per il commercio delloro, vuoi per quello degli
schiavi.
Secondo il nostro eminente libro, il rapporto fra europei ed africani fu di sostanziale parit e rispetto
reciproco dallantichit fino al seicento-settecento; tanto che sarebbe pi coretto parlare di una societ
costiera africana che includeva in se anche gli europei che vivevano presso di essa, piuttosto che di poche
centinaia di europei stanziati affianco ai villaggi delle popolazioni africane lungo la costa. Ovvero non di
due comunit distinte che dialogano reciprocamente, ma di una sola comunit, composta per la quasi totalit
da neri, ma nella quale vivono e trovano un loro posto e ruolo, anche i pochi bianchi arrivati dallEuropa. In
una comunit di questo tipo ognuno impara dallaltro, gli africani apprendono la tecnologia europea e gli
europei i riti e la cultura africane, o, perlomeno, ne subiscono linfluenza. A sostegno di questa tesi anche la
considerazione che fra cinquecento al seicento, il modo di vivere di un contadino europeo e di uno nero
africano, non erano ancora incolmabili, nel senso che erano entrambi assolutamente analfabeti e vivevano in
grande povert. Invero le abitazioni africane venivano chiamate case dagli europei fino al 17 secolo circa,
dopo saranno viste dispregiante solo come capanne.
La notevole evoluzione sociale, economica e culturale che caratterizz lEuropa del settecento e pi ancora
dellottocento, unita alla visione misera e priva di dignit che ispiravano gli africani deportati come schiavi
nelle stive delle negriere agli occhi degli spettatori europei, contribuirono a produrre lidea di un salto di
civilt fra i due continenti. Il nero non fu pi visto come un uomo diverso, infedele, arretrato
tecnologicamente, ma comunque uomo al pari del bianco, ma come lesponente selvaggio e rozzo, lo
schiavo sporco, di una subcultura umana arretrata e spregevole. Questa fu effettivamente la visione che
simpadron del discernimento europeo fra settecento, ottocento ed inizio novecento.
Quindi in definitiva facile supporre che almeno fino al settecento fra i due gruppi che abitavano le coste
del continente nero vi sia stato un certo interscambio culturale reciproco, mentre nei secoli successivi, tale
interscambio sia progressivamente diventato a senso unico, per tradursi, a partire dalla seconda met
dellottocento, in una imposizione forzata agli africani della cultura, della religione, della lingua.. in pratica
dei modelli europei. Sullentit dellinterscambio fra cinquecento e ottocento difficile esprimersi: gli
europei erano molto pochi e mancano fonti precise; tuttavia possiamo ritenere che se anche esso fu limitato
nella maggior parte dei casi, almeno in due zone esso assunse proporzioni significative: in sud Africa con i
boeri e nella zona del golfo di Guinea, dove pi numerosa era la presenza europea per via del commercio
delloro e degli schiavi.
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9. La presenza europea in Africa
Gi nella premessa abbiamo avuto modo di citare come la presenza europea fino alla seconda met
dellottocento, fosse rimasta molto limitata e circoscritta alla coste. Abbiamo detto che le popolazioni non
costiere (e quindi la stragrande maggioranza degli abitanti dellAfrica nera), non subirono in maniera
apprezzabile linfluenza degli europei e se non fosse stato per la tratta degli schiavi (peraltro portata avanti
dalle stesse popolazioni africane impegnate nella vendita di schiavi agli europei), la presenza dei bianchi
lungo le coste non avrebbe prodotto nessun mutamento nelle secolari strutture economiche e sociali delle
popolazioni dellinterno.
Se un evoluzione anche presso le popolazioni dellinterno vi stata, in seguito allarrivo degli europei, essa
stata trasmessa loro dalle popolazioni africane stanziate lungo le coste, le sole che avessero potuto
apprendere qualcosa dagli europei. Vale quindi la pena di soffermarsi sul rapporto fra queste popolazioni
costiere e gli europei che con esse interagivano, vuoi per il commercio delloro, vuoi per quello degli
schiavi.
Secondo il nostro eminente libro, il rapporto fra europei ed africani fu di sostanziale parit e rispetto
reciproco dallantichit fino al seicento-settecento; tanto che sarebbe pi coretto parlare di una societ
costiera africana che includeva in se anche gli europei che vivevano presso di essa, piuttosto che di poche
centinaia di europei stanziati affianco ai villaggi delle popolazioni africane lungo la costa. Ovvero non di
due comunit distinte che dialogano reciprocamente, ma di una sola comunit, composta per la quasi totalit
da neri, ma nella quale vivono e trovano un loro posto e ruolo, anche i pochi bianchi arrivati dallEuropa. In
una comunit di questo tipo ognuno impara dallaltro, gli africani apprendono la tecnologia europea e gli
europei i riti e la cultura africane, o, perlomeno, ne subiscono linfluenza. A sostegno di questa tesi anche la
considerazione che fra cinquecento al seicento, il modo di vivere di un contadino europeo e di uno nero
africano, non erano ancora incolmabili, nel senso che erano entrambi assolutamente analfabeti e vivevano in
grande povert. Invero le abitazioni africane venivano chiamate case dagli europei fino al 17 secolo circa,
dopo saranno viste dispregiante solo come capanne.
La notevole evoluzione sociale, economica e culturale che caratterizz lEuropa del settecento e pi ancora
dellottocento, unita alla visione misera e priva di dignit che ispiravano gli africani deportati come schiavi
nelle stive delle negriere agli occhi degli spettatori europei, contribuirono a produrre lidea di un salto di
civilt fra i due continenti. Il nero non fu pi visto come un uomo diverso, infedele, arretrato
tecnologicamente, ma comunque uomo al pari del bianco, ma come lesponente selvaggio e rozzo, lo
schiavo sporco, di una subcultura umana arretrata e spregevole. Questa fu effettivamente la visione che
simpadron del discernimento europeo fra settecento, ottocento ed inizio novecento.
Quindi in definitiva facile supporre che almeno fino al settecento fra i due gruppi che abitavano le coste
del continente nero vi sia stato un certo interscambio culturale reciproco, mentre nei secoli successivi, tale
interscambio sia progressivamente diventato a senso unico, per tradursi, a partire dalla seconda met
dellottocento, in una imposizione forzata agli africani della cultura, della religione, della lingua.. in pratica
dei modelli europei. Sullentit dellinterscambio fra cinquecento e ottocento difficile esprimersi: gli
europei erano molto pochi e mancano fonti precise; tuttavia possiamo ritenere che se anche esso fu limitato
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nella maggior parte dei casi, almeno in due zone esso assunse proporzioni significative: in sud Africa con i
boeri e nella zona del golfo di Guinea, dove pi numerosa era la presenza europea per via del commercio
delloro e degli schiavi.
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10. Africa: il secolo precoloniale
Fino alla seconda met dellottocento, anzi fin quasi alla fine del secolo, la presenza e lingerenza degli
europei in Africa nera rimase limitata. Il XIX secolo pu quindi considerarsi lultimo periodo in cui lAfrica
nera fu degli africani e in cui persistettero le loro istituzioni sociali e culturali. Nel volgere di pochi lustri
lintero continente sarebbe diventato colonia europea con tutti i pro e i contro del caso.

Ci non di meno nel XIX secolo lintera Africa nera interessata da alcuni fenomeni comuni, come il
rafforzarsi e lingrandirsi delle realt statali, la fine della tratta degli schiavi, lavanzata dellislam e del
cristianesimo, lascesa del ceto dei mercanti che diventano sempre pi ricchi e potenti grazie al diffondersi
del commercio con gli europei. Vedremo in seguito tutti questi aspetti che, sebbene resi possibili e stimolati
dalla presenza e degli europei lungo le coste, furono per portati avanti e sviluppati dagli stessi africani, ed
appunto a questo che alludevamo parlando dei decenni fra la fine del settecento e gli anni settanta-ottanta
dellottocento, come allultimo secolo dellAfrica libera.
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11. La fine della tratta degli schiavi
La fine della tratta degli schiavi
Laspetto pi importante del XIX secolo caratterizzato dallo spegnersi del commercio negriero, che, gi in
calo da qualche decennio, viene definitivamente stroncato dallabolizione della schiavit che le potenze
europee decidono di adottare intorno agli anni trenta. Con gli anni settanta il commercio di schivi ormai
illegale anche nella costa orientale, dove tuttavia, nonostante il pattugliamento delle navi inglese, prosegue
in maniera clandestina fin quasi alla fine del secolo.

Quanto per quanto riguarda la tratta; la schiavit come istituzione si esaurir solamente pi tardi. Negli Stati
Uniti fu abolita nel 1865, nelle colonie spagnole nel 1870, in Brasile nel 1888. Negli stati e presso le trib
africane essa continu ad esistere come istituzione tradizionale e come commercio interno fin quasi alla fine
del secolo, quando il controllo europeo diventer pi forte e capillare. Fonti confermano che negli anni
ottanta dellottocento, quando ancora gran parte dellAfrica nera era indipendente, luso di schiavi presso
alcune popolazioni o governi locali era largamente diffuso.
Tuttavia la fine della tratta degli schiavi un dato di estrema importanza nella storia africana del 18 secolo.
Per prima cosa esso restituisce allAfrica le sue capacit di crescita demografica, e in secondo luogo la
inserisce in chiave diversa nel contesto economico mondiale: non pi come mera esportatrice di schiavi, ma
come produttrice di importanti materie prime e prodotti agricoli. Entrambi i fatti si ripercuotono in maniera
consistente sugli assetti sociali e statali africani. Nei secoli precedenti infatti gran parte di questi stati - o
poteri, se si preferisce un termine pi flessibile - si reggono proprio sul controllo del commercio di schiavi
con gli europei. Con la fine della centralit della merce schiavo, la produzione della ricchezza passa dalle
mani delle elite militari a quelle dei commercianti o dei grandi produttori agricoli. Beninteso, nella maggior
parte dei casi questo spostamento di importanza economica non causa fenomeni rivoluzionari: ovvero le
elite e i gruppi dirigenti legati alla capacit militare rimangono al potere, ma i ruoli di governo, i ruoli di
potere, cominciano sempre di pi ad essere aperti a coloro che, per usare una terminologia in prestito dal
marxismo, detengono i mezzi di produzione.

Per concludere, nel corso dellOttocento lAfrica nera si modernizza, nel senso che il suo sistema economico
(in particolare nelle zone del Golfo di Guinea) si fa pi capitalistico, pi legato alla produzione a al
commercio. Questo fenomeno tende, sia pur nei modo e nei tempi legati alla particolarit delle situazioni
locali e regionali, a coinvolgere tutte le popolazione dellimmensa Africa nera. Un continente assolutamente
variegato, con zone come il Sud Africa e il Golfo di Guinea secoli e secoli pi modernizzate rispetto alle
zone interne del Sudan, dellAfrica centrale o pluviale, ma che comincia, sia pur in modo assai attenuato e
macchia di leopardo, a battere uno stesso ritmo, ad essere coinvolto negli stessi processi. Anche per questo il
periodo che va dallinizio del secolo fino ai suoi anni settanta ed ottanta, spesso definito secolo
precoloniale, per indicare come lintera Africa nera, stesse in qualche modo entrando nel contesto mondiale,
cio di come prodotti esterni (come appunto la fine della domanda estera di schiavi) producessero
mutamenti nel suo contesto socio-economico interno, sia pur solo in alcune zone e sia pur in maniera poco
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flessibile e lenta.
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12. Africa: un esempio emblematico:il commercio da costa a costa
Finora abbiamo avuto spesso modo di parlare di come la regione del Sudan, in articolare quella del Sahel,
fossero da secoli coinvolte in traffici commerciali con il mondo arabo e i paesi dellAfrica mediterranea.
Successivamente abbiamo visto come lEuropa e lAmerica latina commerciassero in schiavi, oro e
manufatto con la costa occidentale dellAfrica; allo stesso tempo abbiamo osservato come la costa orientale
fosse da sempre in contatto con il mondo arabo e con lIndia sempre a causa del traffico di schiavi.
Nella prima met dellottocento cominciano a formarsi le prime vie commerciali fra costa occidentale e
costa orientale, fino ad allora mai incontratesi. Fra 1860 e 1880 un grande mercante di nome Msiri, riesce
con la forza a costituire un vero e proprio impero personale che unisce in maniera stabile e salda le reti di
commercianti dellAngola, con quelli stanziati nella zona dellodierno Tanzania, passando per il Congo e la
Zambia. la dimostrazione dellimportanza che il commercio con gli europei omai rappresenta per i
mercanti africani e della loro autonoma capacit di organizzarsi ricercando il profitto.
Sempre intorno alla met del secolo accade un altro fatto rilevante. A seguito dellestensione dei commerci
arabi anche nella zona del Darfur (pressappoco lodierna parte occidentale dello stato del Sudan), e
progressivamente al bacino del fiume Uele (Congo settentrionale), i tra grandi sistemi commerciali che
abbiamo ricordato sopra (Europa-Americhe-costa occidentale; Mediterraneo-mondo arabo-ragione del
Sudan; costa orientale-mondo arabo-India) si congiungono appunto nella regione dellUele che diventa per
questo il pi importante nodo commerciale dellAfrica continentale. un fatto di importanza capitale,
perch oltre a mettere in contatto il Sahel con la zona dei grandi laghi, lEgitto con il Golfo di Guinea,
eccetera.., il processo commerciale produce interscambi culturali e linguistici, sconvolge equilibri di potere
consolidati. Come abbiamo detto, pur tenendo conto delle distanze e del baso numero di persone coinvolte
(lAfrica nera composta essenzialmente da contadini dediti allautoconsumo, o da cacciatori raccoglitori),
questo fiorire dei commerci indica che essa si stava inserendo nel contesto economico mondiale e che
cominciava ad agire in maniera compatta ed armonica.
Per tutto il resto del secolo il commercio continua a crescere, al pari dellinteresse economico europeo;
cominciano anche a diffondersi, a livello regionale, delle lingue franche fra mercanti. Si pu quasi parlare di
rapporto sinergico fra europei ed africani, entrambi ricavano profitto nel commerciare: gli europei ricevono
materie prime e agricole, gli africani armi e conoscenze tecnologiche.
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13. Islam e cristianesimo in Africa
Durante tutto lottocento entrambe le religioni si diffondono fra la popolazione nera. Lislam in particolare
conosce una vera fioritura nella regione del Sahel, dove passa da religione delle lites a religione della
stragrande maggioranza della popolazione. Anche nellAlto Nilo, fino al bacino dellUele e allaltopiano
etiope lislam, sospinto dai commerci, avanza.
Ma anche il cristianesimo grazie allopera missionaria (che si sviluppa moltissimo nella seconda met del
secolo) penetra nel continente, seppure in maniera pi lenta dellislam, che essendo presente in Africa da
secoli poteva contare su una breccia gi aperta. Dalla Costa dOro comincia lentamente a diffondersi
verso la parte meridionale della regione del Sudan; comincia anche ad aprirsi la strada nellAfrica australe e
si rinvigorisce in Etiopia e nella valle dellalto Nilo, dove dai tempi dei bizantini rimanevano alcune
comunit cattoliche. Per dare un idea, nel Sud Africa il numero di societ missionarie passer dalle due del
1800 alle undici del 1860; in Africa occidentale da 3 a 15 fra 1800 e 1840.
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14. Stati e trib africane fra 1800 e 1870
Anche in questo caso preferiamo rimandare al libro. Questo pezzo pu considerarsi la continuazione del suo
corrispettivo del capitolo precedente. Segue infatti levoluzione geografica e politica delle principali entit
statali dellAfrica nera.
Il 19 secolo per lAfrica lultimo libero ed caratterizzato dal rafforzarsi ed ingrandirsi degli stati,
dallaumento della loro capacit di controllo sul territorio, con una limitazione drastica dellautonomia delle
comunit rurali rispetto al potere centrale, anche nelle zone pi remote e periferiche. Verso la fine del secolo
poche fra le popolazioni organizzate in sistemi a potere diffuso (ovvero senza una capitale di stato o un re,
ma come confederazione di trib o simili) riescono a mantenersi indipendenti dallegemonia dei poteri forti
(gli stati in senso classico).
Fra le entit pi importanti si ricordano, altre ai gi noti regni dellAsante, di Etiopia e del mercante Msiri, la
Liberia (fondata nel 1847 da schivi americani emancipati), la Colonia del Capo (fondata dagli inglesi ad
inizio ottocento scacciando gli olandesi boeri, che, nel 38, daranno vita ad un loro stato nelle terre
limitrofe), e infine limpero Zul che da piccola entit si trasforma in pochi anni in un dominio enorme,
tanto che il suo capo viene chiamato dagli storici il Napoleone nero. Si rimanda comunque al libro per una
trattazione pi degna di questi e daltri stati africani del periodo.
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15. Riforme ed ammodernamento in Africa
Oltre che espansione e rafforzamento gli stati africani furono anche interessati da processi di
modernizzazione. In alcuni di essi le riforme furono portate avanti dai sovrani in maniera molto incisiva.
Anche in questo caso rimandiamo al libro per la trattazione dei casi pi interessanti.

In questo capitolo abbiamo sempre usato la parola stati, ma necessaria una precisazione: non si trattava
dello stato-nazione come lo intendiamo noi europei oggi, anzi spesso le realt statali africane erano
multietniche ed il potere era basato sulla capacit militare o sulle credenze religiose. Non esistevano concetti
di popolo guidato dal suo capo carismatico, almeno per la maggior parte degli stati africani. Stati quindi si,
ma non in senso europeo, ma africano. Il sovrano ad esempio decideva vita e morte dei suoi sudditi e non
doveva sottostare a nessuna legge scritta preesistente o a lui superiore; non cerano costituzioni, non cera lo
stato di diritto; si trattava di domini assoluti.
Ci non di meno questi stati africani erano in evoluzione e stavano costruendo se stessi. Questo processo
fu troncato introno agli anni ottanta dalla corsa allAfrica da parte delle potenze europee e non possiamo
quindi dire a quali conclusioni avrebbe portato: se una brutta copia del modello europeo o qualcosa di
diverso, migliore o peggiore.
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16. Lafrica degli europei: le ragioni del colonialismo in Africa
Come abbiamo ricordato nel capitolo precedente, fino alla seconda met dellottocento, e anche nei tre lustri
successivi, la presenza e lingerenza degli europei negli affari interni africani rimase limitata; tuttavia non si
pu dire lo stesso per le trasformazioni socio-politico-economiche che essa contribu in maniera
determinante ad innescare. Ma cosa spinse le potenze europee a capovolgere il loro atteggiamento verso
lAfrica nera nel volgere di pochi anni? Cosa le spinse ad abbandonare il proficuo rapporto commerciale che
gli insediamenti lungo la costa garantivano, per tuffarsi in ardue e costose imprese di conquista delle regioni
dellinterno?

Nel 1870 le potenze europee controllavano appena un decimo dellenorme superficie africana; meno di
quarantanni dopo la situazione era capovolta: appena un decimo era rimasto agli africani, era lImpero
etiope. Fu una vera e propria gara - scramble for Africa (corsa allAfrica) venne definita - e non solo per la
velocit con la quale fu portata a termine, ma anche per lentusiasmo che seppe suscitare presso lopinione
pubblica delle varie potenze colonizzatrici: ricchi o poveri, borghesi o socialisti, tutti sembravano gioire allo
stesso modo dei successi in Africa riportati dai propri eserciti.

Abbiamo visto che il meccanismo degli insediamenti costieri garantiva buoni profitti con sforzi minimi. Non
era necessario occupare linterno, disperdere truppe, spendere soldi; questo veniva lasciato agli africani e
alle loro classi dirigenti. I meccanismi del commercio funzionavano ugualmente, venivano portati avanti
dagli stessi africani, spesso coadiuvati da trafficanti o maestranze europee. In alcuni stati costieri inoltre le
classi dirigenti stavano anche cercando di promuovere ambiziosi programmi di riforme ed erano disposte ad
intensificare le relazioni economico-politiche con gli europei a patto di rimanere indipendenti. Perch
dunque di punto in bianco cambiare politica? spendere soldi, tempo e uomini per amministrare direttamente
i territori dellinterno, infestati di malattie e completamente privi di strade o sistemi di comunicazione
efficienti?
Non esiste una risposta unica ed anzi tale questione ancora una fra le pi dibattute e oggetto di
revisionismo storico. Inizialmente si era dato pi peso alle motivazioni economiche, oggi si tende a rivedere
tutto rivalutando quelle politiche e culturali. Ci stiamo quindi addentrando in uno dei tanti campi minato
della storia.

Gli economisti tendono a far notare che il perenne stato di instabilit e conflittualit fra gli stati africani
ledeva in maniera significativa gli interessi economici europei nel continente. Il consolidamento delle realt
statali e i processi di riforme che abbiamo visto al capitolo 5, erano certo ottima cosa, ma non potevano
bastare a colmare in pochi anni secoli di arretratezza produttiva. Siamo nellEuropa delle grandi potenze,
esse sono in pieno sviluppo e necessitano di grandi quantit di materie prime a basso costo per alimentare le
loro power politics. Proprio questa ineludibile e grande necessit di materie prime costringe lEuropa a
procedere allamministrazione diretta dellAfrica. Solo amministrando direttamente era infatti possibile
porre fine alle endemiche guerre fra le trib e i regni locali; solo amministrando direttamente era possibile
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costruire le strade e le ferrovie necessarie ad abbattere le immense distanze africane; solo amministrando
direttamente era possibile allestire le piantagioni e i grandi impianti minerari.
Si aggiungano poi gli immensi interessi privati in gioco: le grandi compagnie commerciali avevano il pieno
interesse a che i loro governi procedessero alla formazione delle colonie africane; ci avrebbe permesso loro
di espandere la loro attivit, di poter usufruire dellappoggio diretto dei loro stati e dei loro eserciti.. Grandi
Societ per azione, singoli trafficanti di successo, gente di ogni tipo interessata allAfrica, facevano
pressione sui governi affinch si procedesse alla conquista militare.
Un altro punto su cui gli economisti pongono laccento quello dei capitali. Dal 1850 al 1970 leconomia
europea aveva attraversato un periodo di crescita eccezionale ed interrotta, che aveva letteralmente prodotto
immense rendite e capitali. Tanto guadagno aveva per inondato il mercato di liquidit ed abbassato i tassi
di interesse. Da pi parti quindi si cercavano nuove forme di investimento sulle quali dirottare questi
risparmi in eccesso; eventuali nuove colonie sarebbero state lideale: terre vergini sulle quali investire in
vista di ottimi guadagni nel giro di soli pochi anni.

Eppure invadere e poi amministrare una colonia non era cosa da poco, servivano soldi e uomini e in Africa
significava partire da zero: bisognava costruire tutto, dalle fortezze difensive alle strade, agli ospedali alle
fattorie. Invero i governi delle potenze europee furono dapprima molto dubbiosi circa la convenienza di
controllare direttamente i territori africani. Una commissione della Camera dei Comuni raccomand nel
1865 al governo inglese di sospendere ogni ulteriore acquisizione in Africa e di ritirarsi anche da quelle gi
occupate, ad eccezione del Capo e della Sierra Leone, dove lInghilterra aveva dei doveri speciali nei
confronti degli ex schivi che vi si erano istallati. Anche i francesi, specie dopo che la sconfitta con la Prussia
consigliava di non disperdere truppe, guardarono con sospetto allutilit dei loro possedimento africani. Il
dominio indiretto quindi, al di la delle pressioni dei vari potentati economici, veniva stimato pi conveniente
e, forse, considerato tutto, lo sarebbe stato davvero.

Questa idea che tende a ridimensionare le ragioni economiche confermata dai dati statistici, che
quantunque incompleti e viziati, pure esprimono in maniera fedele le line di tendenza del rapporto
economico fra Europa ed Africa. Sappiamo cos che negli anni settanta dellottocento lAfrica contava solo
il 5% del volume del commercio britannico, ma ad esso contribuivano in maniera preminente Egitto e Sud
Africa. Anche per quanto riguarda i capitali, essi prendevano quasi totalmente la via dellIndia o
dellAmerica, cos come lemigrazione inglese, anchessa diretta soprattutto verso lAmerica e lAsia. Lo
stesso discorso vale per la Francia, che esportava solo il 9% dei suoi capitali in Africa e quasi tutti nella
vicina Algeria. Se poi si pensa alla convenienza dellavventura coloniale italiana.. ci si avvede di come
spesso i calcoli economici si rivelassero del tutto errati.

Tuttavia altri fattori spingevano i governi al colonialismo, primo fra tutti il prestigio nazionale (vedi anche il
caso italiano). Il fiorire del nazionalismo nellEuropa del tardo ottocento, mescolandosi alle ragioni
umanitarie - molto in voga era il pensiero che ai bianchi spettasse il dovere di aiutare i neri, uomini inferiori,
a civilizzarsi e convertirsi alla giusta fede (il cosiddetto fardello delluomo bianco) - spinse la quasi totalit
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dellopinione pubblica a ritenere, per una ragione o per laltra, che fosse doveroso oltre che lecito, che le
potenze europee occupassero lAfrica. Queste motivazioni non devono essere sottovalutate: spesso una
conquista coloniale poteva servire ad aumentare il prestigio del governo o a distogliere lattenzione da
problemi interni. Nei giornali spesso si vagheggiavano in termini fantastici i vantaggi che le colonia
avrebbero fornito, come nuove terre da coltivare per i contadini o nuovi sbocchi per i beni dellindustria. Il
tutto condito di nazionalismo, sentimenti umanitari ed evangelizzazione, si saldava in un blocco unito di
persone favorevoli alle conquiste. Infine un altro fatto di grande rilevanza: quando si innesc la corsa
allAfrica le potenze non avevano tempo di ragionare: erano infatti impegnante a conquistare il pi
possibile, spesso semplicemente per evitare che potesse cadere nelle mani di qualche altra potenza rivale.
Ecco perch corsa allAfrica: non cera tempo di discutere, era una corsa contro il tempo, il numero di lotti
conquistabili stava esaurendosi ad una velocit spaventosa.
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17. L'Africa dal 1800 - 1870
Con labolizione della tratta nel primo ottocento limportanza economica dellAfrica per gli europei
diminuisce. Segue un momento di riassestamento che coincide in Europa con le guerre napoleoniche e la
restaurazione, e durante il quale il valore del commercio euro-africano decresce ( il cosiddetto secolo
precoloniale che abbiamo trattato nel precedente capitolo); in questo periodo fra laltro che vengono
portate a termine le leggendarie missioni esplorative dellinterno, che fino ad allora era rimasto quasi
sconosciuto agli europei: nel 1828 Rene Caill mette piede a Timbuktu nella grande curva del fiume Niger
(odierno Mali); nel 1962 vengono finalmente localizzate le fonti del Nilo, dopo vari tentativi costati la vita
agli esploratori. Fino alla met del secolo infatti, quando fu scoperto il chinino, il tasso di morte per malaria
fra gli europei oscillava fra il 250 e il 750 per mille!!

Successivamente leconomia europea attraversa una fase splendida dal 1848 al 1873, che contribuisce a
rinnovare linteresse economico per lAfrica, che continu comunque a salire di intensit anche per tutto il
resto del secolo. Allora per era ancora tutto in mano alle iniziative dei privati o alle Compagnie per azioni,
cosiddette a Carta, perch godevano di privilegi commerciali e potevano amministrare autonomamente i loro
insediamenti costieri e stipulare trattati con i poteri indigeni locali. Nel 1869 lapertura del canale di Suez
decresce limportanza geografica dellAfrica, ma non quella economica di serbatoio di terra e materie
prime.
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18. La corsa allAfrica
Fra la meta del secolo e gli anni ottanta linteresse economico verso lAfrica stava aumentando, ma i governi
delle potenze europee non desideravano impegnarsi militarmente e preferivano lasciare mano libera alle
Compagnie di Carta e ai singoli avventurieri. Era il cosiddetto colonialismo informale, che si basava sugli
insediamenti lungo la costa e, al massimo, su forme di controllo indirette. Durante tutta questa fase lazione
delle potenze europee sar semmai incentrata ad impedire che le altre potenze potessero invadere la loro
sfera dinfluenza o rafforzare ed espandere la loro presenza. Per una sorta di accordo tacito nessuno osava
trasformare in dominio diretto le propri zone dinfluenza, a patto che gli altri si comportassero allo stesso
modo. Nessuno voleva fare il primo passo. Ad interrompere questo precario equilibrio furono, secondo
lodierna storiografia, tre eventi, che inserendosi nel contesto di cui palavamo allinizio del capitolo,
innescarono quella che passata alla storia come corsa allAfrica. Produrre date precise difficile per via
dellimmensit del continente e dellindeterminatezza delle forme di controllo, ma per aiutare possiamo
fissare il 1976 come data dinizio della gara e la fine degli anni ottanta come il traguardo, con un rush finale
fra 1895 e 96. Il perno del processo rappresentato dal 1885, che lanno di chiusura del Congresso di
Berlino sullAfrica.

Il primo avvenne a partire dal 1876 quando la Francia cominci a muoversi nella direzione di consolidare la
sua presenza in Senegal e nella zona del Congo; poco dopo, nel 1878, al Congresso di Berlino, la Francia
aveva palesato le sue mire sulla Tunisia (nonostante le rivendicazioni italiane) e aveva ottenuto lassenso di
G.B. e Germania; cos nell81 la Tunisia divenne un suo protettorato.
Il secondo fatto - che ritenuto dagli storici il pi importante, il vero detonatore dello scramble - costituito
dalloccupazione militare britannica dellEgitto, nel 1882. Il paese era strategicamente importante per via di
Suez ed era met di cospicui investimenti economici inglesi, che sembravano minacciati dal crescente
successo del movimento rivoluzionario guidato dal colonnello Arabi Pasci. Dopo lo scoppi di moti
antieuropei ad Alessandria, il governo Gladstone decise di intervenire militarmente e in poco tempo
trasform lEgitto in semicolonia britannica, nonostante lopposizione francese e tedesca. Questa azione
segn linizio della corsa allAfrica.

Il terzo episodio - contemporaneo a quello egiziano e di importanza simile - riguarda lassoggettamento che
il re del Belgio Leopoldo II, stava compiendo in Congo. Leopoldo fu uno dei primi sovrani europei ad
interessarsi allAfrica e, mascherando dapprima la sua opera in Congo sotto le insegne dellorganizzazione
umanitaria, costru pian pianino i presupposti di un vero e proprio sfruttamento esclusivo della regione.
Verso la fine degli anni settanta era tuttavia chiaro a tutti che lazione umanitaria non rientrava nei piani di
Leopoldo, anzi.. il suo colonialismo fu uno dei pi spietati. I problemi iniziarono quando Leopoldo decise di
consolidare la posizione belga assicurandosi lo sbocco al mare tramite la foce del fiume Congo, che, in base
ad un trattato anglo-portoghese, era assegnata a questultimo. Ne nacque un vero e proprio contenzioso
internazionale che port il grande Otto Von Bismarck a proporre una conferenza internazionale sullAfrica.

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La conferenza come abbiamo detto, il perno del colonialismo africano, poich al di la delle sue intenzioni
originari, essa fu percepita dai governi europei come una discussione sulla spartizione dellAfrica e un disco
verde allavvio della corsa allaccaparramento delle ultime terre libere. Inutile ricordare che alla
spartizione del loro continente non parteciparono gli stati africani, che non erano nemmeno riconosciuti
come tali sistema internazionale di allora.

Linfiammata questione congolese fu risolta attraverso laccordo sul cosiddetto principio delleffettiva
occupazione, cio la norma in base alla quale quando una potenza acquisiva nuovi territori in Africa o
assumeva il protettorato di una regione del continente, avrebbe dovuto darne notizia alle altre potenze
firmatarie e predisporre uneffettiva struttura di dominio che ne estendesse lautorit anche nellentroterra e
non solo sulla costa. Ora, dato che nel 1880 le occupazioni effettive si limitavano agli insediamenti costieri,
venne concesso a Leopoldo II uno sbocco al mare e il diritto di transito sul fiume Congo. Il principio
delleffettiva occupazione si rilev importantissimo, perch ebbe leffetto di spingere le potenze ad
accelerare loccupazione dei territori stimati importanti per accaparrarseli prima degli altri; ecco perch si
dice corsa allAfrica.
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19. La spartizione dell'Africa
Nella maggior parte dei casi il passaggio dalle forme di dominio indiretto a quello diretto avvenne tramite
accordi con il potere locale. In alcuni casi le elite al potere decisero di cedere il governo agli europei per il
proprio tornaconto personale; nella maggioranza dei sai invece i governanti neri si resero semplicemente
conto dellinutilit di affondare una guerra persa in partenza e decisero di accettare il protettorato europeo
allo scopo sia di evitare inutili spargimenti di sangue, sia per continuare governare il proprio popolo
evitandogli cos lamministrazione straniera diretta. Gli europei dal canto loro necessitavano dellapparato
locale per governare gli immensi territori africani e, chi pi chi meno, cercarono ove possibile, di delegare a
questi molte delle funzioni amministrative. Un poeta senegalese sintetizz con questa metafora la necessit
di piegarsi agli europei, anche per cogliere qual che il colonialismo aveva di buono da offrire: Se gli
europei sanno uccidere con efficacia, essi sanno anche curare con la medesima arte.

In moltissimi altri casi invece fu necessario intraprendere vere e proprie guerre, e mantenere anche dopo una
certa presenza militare per prevenire le rivolte. Alcuni stati africani si batterono con incredibile tenacia, ma,
se si eccettua il caso dellEtiopia contro lItalia, i loro sforzi furono vani contro un nemico che disponeva gi
di armi come la mitragliatrice.

Al momento del congresso di Berlino il Belgio aveva la vasta regione del Congo, che nella sua parte
settentrionale era posseduta dalla Francia. La quale era anche stanziata in tutta lAfrica occidentale, con una
punta nellattuale Gabon, nellAfrica equatoriale. Possedeva infine il piccolo Gibuti, nella regione del corno,
e Marocco, Algeria e Tunisia nellAfrica mediterranea.

LInghilterra era invece stanziata nella zona costiera del Golfo di Guinea, dove, assieme allindipendente
Sierra Leone (colonia di schiavi imperiali emancipati), controllava la Costa dOro e la zona della foce del
Niger (odierna Nigeria); nella costa orientale, lisola di Zanzibar, la Somalia e il Kenya. Teneva infine due
perle: lEgitto e il Sudafrica. Il Portogallo, primo paese a colonizzare lAfrica nera, rimaneva con tre sole
colonie: la piccola Guinea-Bissau (ai confini con il Senegal), lAngola e il Mozambico. Le altre future
potenze coloniali, Germania, Italia, Spagna, non avevano per ora nessun possedimento.

Muovendo le mosse dagli accordi franco-inglesi e anglo-tedesci del 1990, rispettivamente per lAfrica
occidentale e per lAfrica orientale, e dallaccordo anglo-portoghese del 1991, le potenze coloniali misero in
atto i loro piani definitivi: la g.b. mirava alla creazione di un dominio ininterrotto lungo la costa orientale,
dallEgitto alla Colonia del Capo; la Francia invece seguiva una linea trasversale: dalla costa occidentale del
Senegal al corno dAfrica, passando per lodierno Sudan e la zona equatoriale del Congo-Uganda. La
Germania sperava a sua volta di riuscire a congiungere i suoi possedimenti in Namibia con quelli nella zona
del lago Tanganica.
Il 1898 fu lanno risolutivo per la competizione angolo-francese in Africa: il disegno nord-sud britannico si
scontro con la penetrazione francese da ovest: reparti francesi giunsero sullorlo di uno scontro con quelli
inglesi nella zona dellAlto Nilo, ma la sproporzione delle forze e la diversa importanza della posta per le
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due parti, convinse i francesi a ritirarsi. Gibuti (la piccola colonia francese stretta fra Eritrea e Somalia,
rimase isolata dal resto dellAfrica francese).

Nello stesso momento le due potenze si contendevano il delta del Niger, nel Golfo di Guinea, una regione
ricca e molto popolata. La g.b. stava consolidando il suo possedimento, che aveva rivendicato gi nel 1886
al congresso di Berlino, mentre la Francia era impegnata a contenerlo nella sua espansione verso nord, lungo
il corso del fiume Niger. Nel 90 la g.b. aveva ormai costruito la popolosa colonia della Nigeria, mentre la
Francia rispondeva con listituzione delle colonia del Niger e del Dahomey (lodierno Benin). Terminava
cosi la contese anglo-francese: la Francia deteneva lovest e il Gabon nella zona equatoriale, mentre la g.b.
era padrona indiscussa dellEst, dove la Francia teneva solo Gibuti e il Madagascar.

Nel 91 la g.b. dichiar il suo protettorato sul Malawi (un piccolo regno, fra Mozambico e Zambia attuali),
che unito a parti dellattuale Zambia, costituiva la colonia del Nyasaland. Frattanto i britannici, grazie
allintraprendenza di Cecil Rhodes, estendevano la loro autorit anche sulle repubbliche boere, battendo cos
sul tempo sia i portoghesi sia i tedeschi, impegnati entrambi nel tentativo di costruirsi un dominio da costa a
costa nellAfrica australe. Dopo la seconda guerra mondiale, quando la colonia tedesca del Tanganica
passer a Londra, gli inglesi potranno vantare un impero ininterrotto dal Cairo al Capo.

Prima di soffermarci sulle guerre anglo-boere vediamo le altre potenze coloniali: la Spagna non prese parte
alla spartizione e si prese solo la parte pi meridionale del Marocco per lei strategicamente importante;
lItalia eresse lEritrea a colonia nel 1990, la Tripolitania e la Cirenaica nel 1912 e in seguito anche la
Somalia. Olandesi, danesi e scandinavi non presero parte alla colonizzazione dellAfrica. Indipendenti
rimanevano solo lImpero etiope e la piccola Liberia, fondata da schiavi statunitensi emancipati.

I boeri sono i discendenti degli antichi coloni olandesi che nel lontano 1652 avevano fondato Citt del Capo.
Quando la Gran Bretagna conquist la Colonia del Capo (1795) i boeri, dediti sopratutto allagricoltura, si
spostarono nelle regioni settentrionali, dove fondarono le province del Natal, dellOrange e del Transvaal, in
una migrazione chiamata in seguito Grande Trek (1835-1843), che nella lingua boera, lafrikaans, significa
pionieri. Vissuti in Africa per moltissime generazioni i boeri si sentivano i primi abitanti dellestrema Africa
australe (che al loro arrivo era quasi disabitata), e vissero larrivo degli inglesi come unoccupazione
militare straniera.

Lo stesso grande trek considerato dai boeri come una sorta di guerra dindipendenza in cui i pionieri per
sfuggire alla dominazione inglese si spostarono nelle regioni settentrionali che abbiamo menzionato (oggi
comprese nel Sudafrica) e scacciarono le trib indigene con una serie di guerre sanguinose, delle quali per
approfittarono gli inglesi che nel corso delle sanguinose guerre anglo-boere (1899-1902) riuscirono ad
annettere le province alla Colonia del Capo, poi rinominata Sudafrica. Ai Boeri fu concessa una certa
autonomia, ma essi continuarono a costituire un gruppo sociale fieramente distinto dal resto della
popolazione bianca e nera del Sudafrica. Le guerre erano costante agli inglesi 28.000 uomini e ai boeri 4000,
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ma oltre 20.000 civili erano periti nei campi di prigionia, dove gli inglesi li avevano rinchiusi per stroncare
la loro forte resistenza. Quello delle guerre anglo-boere forse lunico caso di guerra coloniale che vide
contrapposti due eserciti di bianchi per il controllo del suolo africano.

Protagonista sotterraneo delle guerre anglo-boere, Cecil Rhodes forse il principale artefice della
realizzazione del grande dominio inglese in Africa australe. Nel 1870, allet di 17 anni emigr nell'area
dell'odierno Sudafrica, dove fond la De Beers Consolidated Diamond Mines Ltd, accumulando una grande
fortuna. Nel 1873 ritorn in patria e si iscrisse all'Universit di Oxford, continuando a occuparsi
dell'industria di diamanti.

Nel 1881 entr a far parte del Parlamento della Colonia del Capo. Si deve alla sua iniziativa l'annessione del
Bechuanaland (ora Botswana) all'impero britannico (1885). Successivamente la sua compagnia mineraria
riusc a farsi elargire dalla corona i diritti esclusivi di sfruttamento per la zone degli attuali Zimbabwe e
Zambia, ponendo le basi per la creazione della futura colonia inglese della Rhodesia, cos battezzata in suo
onore nel 1895. Nel 1898 il territorio venne suddiviso in due entit amministrative: la Rhodesia
Settentrionale, diventata indipendente nel 1964 con il nome di Zambia; e la Rhodesia Meridionale, che
divenne stato indipendente nel 1980, con il nome di Zimbabwe.
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20. Le forme del colonialismo in Africa
Fra anni settanta ed ottanta dellottocento le potenze europee decisero di procedere alla sistematica
conquista dellAfrica, abbandonando quelle forme di dominio indiretto, alleanza e cooperazione che
avevano caratterizzato tutto il periodo precedente. La colonizzazione dellAfrica fu un fatto che sconvolse la
vita sociale economica e politica dellAfrica; ovviamente non tutto il passato venne cancellato, molte lingue,
religioni ed istituzioni culturali sopravissero, ma molte altre scomparvero per sempre. Ma ci che davver
cambi rispetto al passato fu che lAfrica cessava di essere degli africani e che la sua evoluzione sociale e
politica cessava di essere autonoma (sia pure sotto linfluenza e lesempio europei), ma veniva coattamente
inserita nel mondo della civilt europea occidentale. Un mondo al quale fu sottoposta per circa un secolo,
ma dal quale non potr pi slegarsi, pur riscoprendo le sue peculiarit e le sue attitudini.
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21. La varie forme della colonizzazione africana
Ciascuna potenza colonizzatrice rivers nellamministrazione il segno distintivo della sua storia e della sua
cultura, tuttavia possiamo distinguere o ricondurre ogni specifica posizione intermedia a due scuole
fondamentali: lamministrazione indiretta di stampo inglese e lassimilazione di stampo francese.

Francia: erede dei valori di uguaglianza figli della rivoluzione francese e schiava del suo senso di superiorit
(la civilisation franaise), la Francia pratic in linea di massima una politica centralizzata e assimilatrice: i
colonizzati dovevano assimilare la cultura francese, interiorizzarla e riconoscersi in essa, condividere i valori
della madrepatria, diventare sudditi della Francia. A parte il caso dellAlgeria (dove la cospicua minoranza
francesi tendeva ad essere spezzante) nelle colonie francesi non si incentivava il razzismo e si tendeva a
promuovere, almeno in linea teorica, il principio delluguaglianza fra sudditi e cittadini.

Gran Bretagna: lInghilterra invece tendeva a delegare lamministrazione ai poteri preesistenti e a
coinvolgere maggiormente gli indigeni nella gestione delle colonie. Il colonialismo inglese favoriva, specie
nelle campagne, il mantenimento delle istituzioni e delle tradizioni locali, al costo per di una separazione in
status, fra indigeni e bianchi, pi marcata di quella francese. Ci tuttavia permise, specie dove i poteri
preesistenti si dimostravano capaci ed efficienti, un colonialismo meno invadente, che modificava assai
meno lidentit culturale delle nazionalit sottomesse rispetto a quello francese.
Germania: i tedeschi ovviamente si comportarono da tedeschi e senza tener conto delle necessit degli
indigeni locali si dedicarono a costruire colonie che funzionassero come orologi svizzeri per quanto
concerneva i loro interessi. Tuttavia a causa della prima guerra mondiale linfluenza coloniale dei tedeschi
fu molto ridotta.

Belgio: il Belgio deteneva da decenni la colonia del Congo, che governava con grande durezza e senza
lasciare spazio a nessuna forma di rappresentativit; mentre la Chiesa cattolica si occupava febbrilmente di
indottrinare al cattolicesimo i neri li residenti. Nel Ruanda-Urundi (ex colonia tedesca a lui assegnatagli
dopo la guerra), invece il Belgio adotto un linea allinglese, privilegiando lamministrazione indiretta.

Portogallo: il Portogallo si inserisce nel filone inglese con gli aspetti positivi di quello francese: la politica
era quella di non discriminare fra cittadini portoghesi e colonizzati, favorendo lintegrazione culturale di
tutti ai valori della madrepatria, con la speranza di trasformare le colonie in province doltremare. Vi era
tuttavia una distinzione fra colonizzati ai quali veniva concessa la cittadinanza (perch civilizzati ed
assimilati) e quelli che mantenevano lo status di indignato. Pur senza volerlo questa politica assimilatrice
favor, soprattutto in Africa, matrimoni comuni fra bianchi e neri.

Italia: anche lItalia -con lesclusione del periodo fascista- si in seriche nel filone inglese.
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22. Sviluppi economici e sociali del colonialismo in Africa
Un indice molto utile alla storia economica, specie nei paesi arretrati, sempre stato la demografia.
Sappiamo che la popolazione dellAfrica nera conobbe una flessione negli anni caotici della corsa allAfrica
- quando le guerre di conquista, le situazioni di anarchia e povert (con le crisi agricole e le epidemie che
spesso le accompagnano) provocate dal crollo dei poteri locali, e infine le successive campagne di
pacificazione condotte dagli europei (spesso con metodi spietati..) per stroncare lopposizione al loro
dominio - determinarono molti e molti morti fra gli africani. Numeri esatti o stime precise sono impensabili:
nella maggior parte delle entit africane precoloniale non esisteva quasi la scrittura e comunque non
venivano fatti censimenti; tuttavia la flessione della curva demografica e confermata dalla logica oltre che
dalle ricerche storiografiche.
Con il consolidamento del regime coloniale si produce in tutta lAfrica nera un aumento demografico
costante e generalizzato. Oltre al miglioramento dellassistenza sanitaria - nelle citt i governi allestiscono
ospedali e vaccinano la popolazione, mentre nelle campagne grazie allopera missionaria cominciano a
giungere le conoscenze mediche - migliora anche leconomia: vengono costruiti grandi impianti minerari e
agricoli, sempre pi africani diventano lavoratori dipendenti. Ma pi che questi fattori, comunque marginali
e limitati rispetto al totale della popolazione, a favorire lincremento demografico la fine di lotte fra le
entit statali africane e, ancor pi, la fine delle ribellioni contro il dominio europeo, ormai saldamente
insediatosi.
Nella loro opera di conquista gli eserciti europei mappano lAfrica, costruiscono strade e ferrovie, fondano
citt. In pochi anni, talvolta per esigenze militari talvolta per favorire il trasporto delle merci, lAfrica nera si
arricchisce di strade, ferrovie e porti. Attorno ai porti, lungo le foci dei fiumi, vengono fondate le capitali
coloniali, che diventano in poco tempo centri nevralgici dei traffici e della burocrazia; lAfrica nera vede
sorgere le citt che oggi sono le capitali degli stati indipendenti.

Ma il colonialismo porta anche problemi e mali nuovi. Le terre migliori diventano propriet dei piantatori
bianchi e i neri che prima le coltivavano sono costretti ad emigrare o a lavorare come schivi salariati per i
capitalisti europei. In altri casi la difficolt di reperire manodopera fu affrontata dalle autorit coloniali
tramite la tassazione (che costringeva i tranquilli contadini almeno a commercializzare i loro prodotti o a
dedicarsi temporaneamente a lavori retribuiti), o tramite vere e proprie forma di lavoro coatto.
Lintroduzione del denaro o listituzione della propriet privata furono, in alcune zone, delle novit totali,
che provocarono vere e proprie rivoluzioni culturali e sociali.

Come abbiamo visto nel capitolo cinque, lAfrica nera presentava vari gradi di sviluppo: dalle societ di
contadini autosufficienti che non conoscevano n denaro, n propriet privata, n forme di dominio da parte
di autorit statali; ai regni stratificati, con economia di mercato, eserciti regolari e contatti commerciali
secolari con le potenze europee. Il colonialismo si inser in tutti questi contesi, imponendo le sue istituzioni a
prescindere dal livello di sviluppo delle singole realt locali. Le zone particolarmente arretrate furono cos
costrette a percorrere in poco tempo secoli di sviluppo economico e, rispetto alle zone pi progredite,
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patirono assai maggior maggiormente le conseguenze del dominio coloniale.

Nuovi ceti sociali, nuove professioni e status, nuove leggi, nuovi prodotti importati dalla madrepatria, treni e
ospedali, citt dove poco prima cerano solo villaggiil colonialismo nellAfrica sud sahariana un
fenomeno variegato, ricco di luci ed ombre; qual che certo che esso ha segnato la storia dellAfrica,
talvolta solo accelerando processi gi in corso (come laumento dei commerci e il rafforzamento degli stati),
altre volte cancellando tutto ed impostando qualcosa di completamente nuovo ed estraneo rispetto alla realt
preesistente.
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23. Scrittura, Islam e Cristianesimo in Africa
Con il colonialismo levangelizzazione ad opera dei missionari (gi ampiamente sviluppatasi nella prima
met dellottocento), sub una netta spinta, potendo valersi dellappoggio delle amministrazioni e delle
nuove infrastrutture che rendevano il continente pi accessibile. Anche lislam guadagna posizioni,
estendendosi fittamente in tutta la regione sudanese, che gi da secoli stava subendo la sua penetrazione.
Assieme alle religioni aumenta anche la diffusione della scolarizzazione e grazie ai missionari cristiani viene
anche ampliata la copertura sanitaria. Anche le autorit coloniali tuttavia allestiscono alcune suole nelle
capitali, che, seppure ben lungi dal costituire una scolarizzazione di massa, riescono per ad istruire quella
ristrettissima cerchia di africani necessari allamministrazione burocratica delle colonie e alle attivit
economiche. Sar questa cerchia molto ristretta di scolarizzati a fornire i burocrati ai futuri stati
indipendenti.
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24. Il colonialismo italiano in Africa
Sul perch del colonialismo in generale abbiamo gi molto discusso; se i benefici pareggiassero i costi
economici oppure no, argomento ancora controverso. Nel caso dellItalia per la questione trova subito
una risposta unanime: allItalia il colonialismo non conveniva in termini economici. LItalia post-unitaria
non era una potenza industriale ma principalmente agricola, non aveva capitali ingenti da allocare, anzi.
Lunica materia che forse abbondava allora nel nostro paese era la forza lavoro, la popolazione. Molto
spesso economisti e politici italiani guardarono alle colonie come a possibili sbocchi per i contadini senza
terra; tuttavia la portata di questi sbocchi fu senza dubbio molto sopravalutata e, comunque, lemigrazione
italiana prender sempre altre vie rispetto a quelle che portavano alle colonie italiane, dove le prospettive di
sistemarsi erano pi scarse che non, ad esempio in America, nonostante i governi e la lingua fossero
stranieri. Possiamo quindi affermare che lidea delle colonie come mete per lemigrazione fosse stata
sostanzialmente un grosso abbaglio, se non un vero e proprio errore.
LItalia si gett nella corsa coloniale sostanzialmente per motivi politici e di prestigio nazionale. Era diffusa
lidea, sia presso strati della popolazione borghese e nazionalista, sia fra i ranghi della politica, sia
allinterno di Casa Savoia, che lItalia dovesse avere almeno qualche colonia in Africa per potersi proporre
nello scenario internazionale come potenza di medio calibro e importante attrice nello scenario
mediterraneo. Questo pensiero raggiunse lapice al congresso di Berlino, quando si comprese che la
spartizione dellAfrica era iniziata e che ogni potenza intendeva prendervi parte; se lItalia voleva
dimostrare di essere pari agli altri paesi europei non poteva tirarsi indietro.
Al di la di questo spingevano perch venisse adotta una politica coloniale alcuni strati del clero (interessati a
favorire lopera missionaria in Africa) e alcuni ambienti industriali, marcatamente il settore dellindustria
bellica e cantieristica e la marina mercantile. Tuttavia queste pressioni non sarebbero certo bastate se fosse
mancata la volont politica di perseguire una certa politica di potenza.
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25. Eritrea e Somalia italiana
Linsediamento italiano in Africa orientale inizi nel 1869, lo stesso anno dellapertura del Canale di Suez,
con latto acquisto di una piccola stazione commerciale lungo la costa eritrea da parte di una compagnia
commerciale di Genova. Nel 1882 questa compagnia a Carta entr in bancarotta e il possedimento pass
sotto lamministrazione dello stato italiano; il 1882 pu quindi rappresentare lanno ufficiale di nascita del
colonialismo italiano.
Tuttattorno a questa piccola stazione commerciale venne creata una rete di interessi e postazioni che
allargando via via loccupazione culmin nella fondazione dellEritrea, la nostra prima colonia, ritagliata a
spese di Turchia, Egitto ed Etiopia, in una situazione storicamente e giuridicamente mal determinata, senza
particolari resistenze da parte delle autorit e delle popolazioni locali.
Laltra direttrice di penetrazione italiana era la zona del Corno, abitata da popolazioni di lingua somala e
suddivisa fra autorit locali indigene, zone doccupazione inglese, zona egiziana e turca. Non avendo quindi
di fronte una podest unitaria lItalia procedette per gradi, territorio dopo territorio. Il tratto di costa che
affacciava sul Mar Rosso era tenuto dalla Francia (Gibuti) e dalla g.b. (Somalia inglese); lItalia occup
quello che dava sullOceano indiano. In un primo momento liniziativa fu portata avanti dalle compagnie
commerciali; lItalia come Stato assunse il controllo della Somalia solo nel 1905 e la proclam colonia nel
1908, fissando la capitale a Mogadiscio.
Ma la vera ambizione di Roma rimaneva comunque lEtiopia e, in questo senso, Eritrea e Somalia erano
solo tappe davvicinamento ad Adis Abeba. In quel momento lEtiopia era impegnata in ambiziosi progetti
di riforma e consolidamento dello stato, con il Negus occupato a rafforzare la sua autorit sullaristocrazie e
sulle province periferiche dellimpero. LItalia si mosse dapprima lateralmente, cercando di cooptare nella
sua sfera dinfluenza queste province periferiche, ma raccogliendo scarsi frutti da questa politica, si decise a
prendere il toro per le corna, firmando con il negus Menelik II il celebre Trattato di Uccialli (2 maggio
1889), con il quale credeva di aver stabilito il suo protettorato sullEtiopia, come si affett a comunicare alle
altre potenze europee. Solo che mentre Roma credeva questo, Menelik sosteneva di aver stipulato
esclusivamente un alleanza di buon vicinato e ribad la piena autonomia e indipendenza del suo paese
rispetto allItalia. Alla base dellequivoco vi era lambiguit della traduzione dalletiope allitaliano del testo
del trattato, che per errore o per dolo, aveva prodotto questo fraintendimento che sar successivamente citato
in tutti i manuali di diritto dei trattati.
Successivamente lesercito italiano sconfin pi volte in territorio etiope arrivando a scontrarsi con
lesercito del negus, fino a quando, il 1 maggio1896 presso la piana di Adua, una colonna italiana di 15
mila uomini, fu letteralmente sbaragliata dalle forze etiope, superiori in numero, provocando la morte di
4000 soldati italiani e circa un migliaio di ascari, ponendo fine ad ogni altro tentativo italiano di
penetrazione in Abissinia fino al periodo fascista. Per alcuni anni in Italia nessuno volle pi sentir parlare di
avventure coloniali; Francesco Crispi fu costretto alle dimissioni. LItalia riconobbe in un trattato la piena
sovranit dellEtiopia.
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26. La conquista italiana della Libia
Dopo la battuta darresto di Adua il colonialismo italiano riprese slancio negli anni immediatamente
precedenti la prima guerra mondiale. Allontanato dalla memoria il ricordo della sconfitta con lEtiopia,
lItalia si scopr pi convinta della necessit e della giustezza di crearsi un impero in Africa. Mentre
proseguiva lopera di effettiva presa di possesso delle colonie del Corno - la Somalia fu dichiarata colonia
nel 1908 - lattenzione della politica e della finanza italiana si spostarono sulla Libia, a qual tempo divisa
nelle due province di Tripolitania e Cirenaica, entrambe sotto la sovranit nominale dellImpero ottomano.
Dopo un acceso dibattito il fronte interventista, composto da nazionalisti, cattolici moderati (anche perch il
Banco di Roma aveva investito in Libia) ed varie grandi personalit convinte delle potenzialit della Libia di
offrire terre ai nostri contadini, riusc infine a vincere le diffidenze dei timorosi e lopposizione dei socialisti.
Cos quando nel 1911 la Francia estese il suo protettorato al Marocco, lItalia decise di inviare in Libia 35
mila uomini, facendo valere un accordo del 1902 che sanciva la priorit italiana in Tripolitania e Cirenaica.
La guerra fu pi lunga e difficile del previsto, poich i turchi invece di accettare battaglie campali attuarono
tattiche di guerriglia, spalleggiati dalle tenaci popolazioni arabe locali. Per risolvere la situazione vennero
inviati altri 75 mila uomini in Libia ed occupate alcune isole del Dodecanneso; larmistizio -la pace di
Losanna- fu infine firmato nellottobre 1912. Rimanevano per in armi molte trib arabe che continuavano
a resistere in maniera tenace; si distinse in maniera particolare la confraternita musulmana dei Senussia, che
dalle sue basi in Cirenaica porter avanti anche nel decennio successivo, una temeraria guerriglia contro le
forze italiane.
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27. La Libia italiana 1915-1925
Durante gli anni difficili della prima guerra mondiale le truppe italiane avevano sostanzialmente perso il
controllo della Libia; il tricolore sventolava ancora a Tripoli, Bengasi e in poche altre citt lungo la costa,
dove le nostre truppe vivevano praticamente in stato dassedio. Lazione di riconquista si protrasse fra
avanzate e ritirate per quasi dieci anni, e fu condotta oltre che dallesercito italiano, anche da truppe eritree e
attraverso strumenti ignobili come le rappresaglie contro i civili e la decimazione del bestiame. Il risultato fu
che nel 1931, data ufficiale della fine della riconquista, la popolazione di Tripolitania e Cirenaica era
inferiore a quella di ventanni prima.

Pi rapida fu invece lopera di riconsolidamento e riorganizzazione delle colonie del Corno. La Somalia,
dove loccupazione effettiva era fino ad allora stata a macchia di leopardo, fu definitivamente unificata ed
amministrata come ununica entit, a cui venne aggiunta, nel 1925, la provincia inglese dellOltregiuba
(ovvero la regione del bacino del Giuba, attualmente nella Somalia meridionale, ma allora appartenente alla
colonia inglese del Kenya). Fu questo lunico compenso che lItalia ricevette in Africa come premio per aver
vinto la prima guerra mondiale, anche se Roma si aspettava a torto o a ragione, qualcosa di pi.
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28. LEtiopia italiana
Completata la difficile riconquista della Libia e ultimata la riorganizzazione delle colonia del Corno, il
fascismo decise che era giunto il tempo di puntare finalmente allEtiopia, o Abissinia, vendicando
lumiliazione di Adua di 40 anni prima.

Nel 1934, cogliendo a pretesto alcuni incidenti di frontiera lItalia si prepar ad invadere lEtiopia, mentre il
negus Haile Selassie attendeva invano che la Societ delle Nazioni si attivasse seriamente per difendere la
sovranit del suo paese. Cosa che ovviamente non avvenne, anzi, le sanzioni che furono imposte allItalia si
rilevarono di scarsa entit, basti considerare che non comprendevano nemmeno il petrolio. La questione
etiope mise in luce sia le ipocrisie, sia la precariet della situazione internazionale del momento.

Cos, mentre Mussolini raddoppiava la dose sulle democrazie plutocratiche di Francia e g.b. che
congiuravano contro la piccola Italia imponendogli di costituirsi un dominio in Africa orientale quando loro
possedevano imperi coloniali estesi a tutti i continenti, due contingenti italiani, uno agli ordini di Badoglio e
uno a quelli di Graziani, entravano in Etiopia rispettivamente da Eritrea e Somalia italiana. Lesito della
guerra era scontato: nonostante lEtiopia fosse uno stato forte, anche dal punto di vista militare, non poteva
competere con un corpo dinvasione forte di 400 mila uomini e sostenuto cor ardore dalla quasi totalit degli
italiani; non dimentichiamo infatti che la popolarit del Duce toccher lapice proprio in occasione della
guerra contro lAbissinia.

Per piegare la fortissima resistenza etiope fu fatto ricorso anche alle armi chimiche e cos, gi a maggio le
truppe italiane potevano entrare ad Adis Abeba; il 9 maggio 1936 il Mussolini dal balcone di Palazzo
Venezia proclamava Vittorio Emanuele III imperatore. Dopo la conquista lEtiopia venne unita alla Somalia
e allEritrea nellAfrica orientale italiana (aoi), con una popolazione complessiva di 12 milioni di abitanti ed
una superficie di 1'725 mila chilometri quadrati. Il primo vicer fu Badoglio, che chiese quasi subito di
essere avvicendato; dopo di lui vennero nominati Graziani e infine il duca Amedeo dAosta.
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29. I caratteri del colonialismo fascista
Il colonialismo italiano nel periodo fascista un fenomeno complesso. Accanto ai grandiosi progetti di
creazione di infrastrutture (ne furono realizzate di veramente notevoli sia nellAOI che in Libia), ai tentativi
di modernizzazione economica, ai miglioramenti dellurbanistica delle citt, si alternarono fenomeni
fastidiosi come litalianizzazione forzata, figlia della retorica imperiale fascista, le leggi razziali e gli
espropri di terra in favore dei coloni italiani. Proseguendo un sogno che era stato proprio anche dellItalia
liberale, il fascismo tent anchesso in Africa il cosiddetto colonialismo demografico, ovvero incentiv il
trasferimento dei contadini italiani nei nuovi possedimenti coloniali. Ci comportava in molti casi
lesproprio delle terre migliori agli indigeni; ma anche quando ci non avveniva bastava la semplice
decisione di fissare per iscritto la propriet delle terra per stimolare malumori o rivolte (specie nei territori
rurali dellEtiopia, dove vigevano ancora forme di propriet collettiva e dove la sovranit effettiva del
governo coloniale italiano lasciva ancora molto a desiderare).
Nonostante i grandi sforzi, il tentativo di insediare in Africa la manodopera in eccesso si rivel del tutti
impraticabile. Non disponiamo di cifre del tutto sicure, ma si ritiene che negli anni immediatamente
precedenti la seconda guerra mondiale, quindi nel momento pi alto del nostro colonialismo, (esclusa
lEritrea che in quanto colonia primigenia vantava una comunit italiana pari a quasi il 10% della sua
popolazione), la percentuale degli italiani nelle altre colonie rimanesse del tutto marginale; prendendo le
stime pi alte: 120 mila in Libia, 60-100 mila in Etiopia, 45-70 mila in Eritrea, poco pi di 10 mila in
Somalia. E tenendo conto che solo una piccola parte di questi risiedevano nelle campagne dedicandosi
allagricoltura si comprende evidentemente come gli italiani preferivano emigrare in America piuttosto
che fare i contadini in Africa.
Il colonialismo italiano, anche nel periodo fascista, fu poco redditizio perch si invest molto in termini di
infrastrutture, tentativi di modernizzare e costi militari veri e propri, senza tuttavia riuscire ad innescare un
vera e propria economia coloniale, con scambio di prodotti agricoli e materie prime in cambio di prodotti
lavorati dalla madrepatria. LAOI e la Libia erano povere di risorse minerarie e non si immagin che sotto
quello scatolone di sabbia potessero esserci grandi giacimenti di petrolio. Ci ha spesso fatto pensare ad
un colonialismo poco sfruttatore, nel senso che al di la delle ingiustizie e dei soprusi (specie durante il
ventennio fascista), ha dato in termini di infrastrutture ed investimenti produttivi pressappoco ci che ha
preso. difficile stabilire queste cose e molto probabilmente impossibile, e comunque non varrebbe ad
attenuare il giudizio morale di un azione di deliberata conquista verso regioni, come la Libia e lEtiopia, che
erano gi oraganizzate autonomamente in stati e che stavano da sole evolvendosi economicamente e
socialmente, anche senza il contributo italiano, in ogni caso duramente pagato col sangue.
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30. La perdita delle colonie italiane in Africa
Tutte le nostre colonie furono occupate militarmente dagli inglesi durante la seconda guerra mondiale;
lAfrica Orientale Italiana fu presa nel 41 ed occupata dagli inglesi, solo lEtiopia ridivenne indipendente: il
negus Haile Selassie ritorn ad Adis Abeba, loccupazione italiana era durata appena cinque anni. La Libia
fu invasa dagli alleati nel 1943. Allarticolo 23 il trattato di pace privava lItalia di tutte le sue colonie e
metteva anche a suo carico le spese di guerra relative.
Alla fine del conflitto si discusse sulla sorte di Eritrea, Somalia e Libia. Nella situazione guerra fredda che si
venne a produrre i quattro grandi non seppero trovare un accordo ed il governo De Gasperi tent anche di
ottenerne la riassegnazione tramite mandato onu. Il fatto che in Libia ed Eritrea americani ed inglesi
avevano istallato importanti basi militari; lurss difendeva il diritto allindipendenza delle nazioni africane
ma era franata dalla Francia, preoccupata che la stessa logica potesse venire applicata al Maghreb.

LEritrea era la colonia primigenia, quella in cui pi marcata era limpronta lasciata dagli italiani e che
aveva sempre goduto di una posizione speciale nella nostra politica in Africa. Sullo scacchiere lEritrea era
importante per gli americani, che avevano istallato ad Asmara una stazione per il controllo delle
comunicazioni di primaria importanza, e rappresentava il tradizionale sbocco al mare dellEtiopia. Il ritorno
degli italiani come amministratori temporanei in vista dellindipendenza era osteggiato dallEtiopia e anche
da inglesi e russi, che semmai avrebbero voluto occuparsene personalmente. Del resto la stessa via
dellindipendenza non pareva conveniente: storicamente lEritrea non era mai stata un vero e proprio stato,
ma un territorio sempre spartito fra terzi e principalmente sotto linfluenza etiope. Aveva acquisito unit
solo grazie alla colonizzazione italiana, che per aveva anche aumentato la gi abbastanza netta divisione fra
popolazione musulmana (favorevole allannessione al Sudan britannico o allindipendenza) e la parte
cristiana, favorevole al ricongiungimento con lEtiopia.
LOnu esit a lungo prima di decidere e alla fine prevalse una linea ambiguamente a favore dellunione con
lEtiopia (anche su pressione americana che voleva ingraziarsi il negus per evitare che venisse cooptato
dallUrss). Nel 1952 lEritrea divenne un entit autonoma federata allEtiopia anche se la cosa presentava
numerosi inconvenienti: prima di tutto la capitale federale e le mansioni di governo federale erano
interamente svolte da Adis Abeba; in secondo luogo lEritrea adottava forme di governo democratiche
mentre lEtiopia era in sostanza una monarchia feudale. Comunque la situazione prosegu, sebbene in
maniera un po stentata, fino al 62, quando il governo eritreo, in mano agli unionisti, ruppe gli induci vot
a favore dellannessione piena allEtiopia. Incominci un periodo di semiguerra che sarebbe durato
trentanni e avrebbe portato lEritrea allindipendenza di fatto nel 1991 e di diritto nel 93, in seguito al
collasso del regime militare in Etiopia.

In Libia il governo italiano cap subito di non avere alcun margine di iniziativa nonostante i ventimila
italiani ancora residenti nel paese. La regione era importante per americani ed inglesi che vi avevano
istallato due basi militari, e lUrss aveva fatto sapere di essere interessata alla Tripolitania nel caso in cui si
fosse deciso per lamministrazione fiduciaria. Si scelse perci la strada dellindipendenza, che fu approvata
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a larga maggioranza dallOnu il 21 novembre 1949, la Libia divenne una monarchia indipendente.
Successivamente Gheddafi avrebbe conquistato il potere e cacciato brutalmente gli ultimi italiani rimasti,
ma questa un'altra storia.

Le possibilit italiane di rimanere in Africa, sia pure a tempo determinato, si ridussero perci alla sola
Somalia, territorio arretrato e strategicamente poco importante. Sfumato un piano inglese di creare una
grande Somalia, lOnu si decise ad affidare allItalia il paese in vista dellindipendenza per il periodo 1959-
1960. La Somalia era (ed ancora oggi) uno dei paesi africani pi poveri e frammentati a livello di
nazionalit. Come abbiamo visto prima di essere eretta a colonia italiana non era mai stato uno stato unito,
ma sempre e solo un territorio frammentato fra molti poteri locali e stranieri. Nel 1950 era divisa in Somalia
italiana, Somalia inglese e Somalia francese (Gibuti).
Il primo giugno 1960 si concluse lamministrazione italiana (giudicata positiva dallOnu) e la Somalia
italiana divenne indipendente, ricongiungendosi poco dopo con quella britannica; Gibuti invece divenne
indipendente nel 77, ma non scelse di unirsi alla Repubblica somala.

Sempre nel 77 la gi instabile situazione politica del nuovo stato fu pericolosamente scossa dalla guerra con
lEtiopia per il controllo della regione etiope del Ogaden (vedi cartina), abitata perlopi da popolazioni
somale. Conclusasi con un armistizio la guerra con lEtiopia stata presto sostituita da una guerra civile e
poi dalla secessione della ex-Somalia britannica, diventata indipendente di fatto nel 1991, mentre la ex
Somali italiana scivolava sempre pi in unanarchia senza uscita. Ma anche questa unaltra storia, assai
triste per la verit. Oggi la Somalia uno stato senza governo, diviso dai conflitti etnici e religiosi; neppure
le organizzazioni umanitarie riescono ad operare nel paese, tanta lanarchia e lo sfacelo.

Quanto ai coloni italiani nellAOI il loro numero si era gi notevolmente assottigliato durante gli anni della
guerra e in quelli immediatamente successivi. Un impulso aggiuntivo allesodo venuto dalla guerra fra
Etiopia ed Eritrea cominciata nel 62, dalle vicende burrascose poi scoppiate nella stessa Etiopia e infine dal
conflitto con la Somalia nel 77. Privati dei loro privilegi e delle propriet sono rimasti nel Corno solo gli
italiani troppo poveri per partire e chi aveva ormai l le sue radici. Con la brutale espulsione della comunit
italiana dalla Libia si concluse quel che rimaneva del nostro colonialismo.
Quanto alla nostra lingua, la Libia sempre stato un paese arabo con una sua cultura ben radicata; la
Somalia dopo un primo momento in cui litaliano rimase la lingua dotta, mise per iscritto il somalo e oggi
ci che rimase dellitaliano stato spazzato via dalle guerre e dallanarchia; in Eritrea ed Etiopia litaliano
scompare man mano che muoiono le generazioni che con esso ebbero a che fare e oggi ne rimane ben poco.
Quanto alle tracce culturali rimane molto poco: in Somalia c solo guerra e anarchia, in Etiopia la
dominazione italiana stata talmente breve (solo 5 anni) che quasi non si pu parlare di decolonizzazione; in
Libia gli italiani sono stati cacciati dal primo allultimo, Gheddafi ha imposto il socialismo e lislam. Solo
lEritrea, con la sua stessa esistenza, i suoi confini, costituisce leredit lampante della dominazione italiana
in Africa. Altrove rimangono a fiera testimonianza solo le strade, le ferrovie, i ponti e gli acquedotti che gli
italiani costruirono fra le due guerre e nel secondo dopoguerra come riparazioni; se non altro quindi sono
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rimaste le cose pi buone che avevamo fatto per lAfrica.
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31. Le origini del nazionalismo africano
Il cammino che dalla ricoperta di s al nazionalismo africano si snoda in circa un secolo: dai primi decenni
dellottocento alla seconda met del novecento. I suoi primi teorici furono gli schiavi emancipati nel Nord
America; i secondi gli intellettuali africani istruitisi in Europa o nelle scuole ed universit che furono
fondate dagli europei in Africa; i terzi gli addetti allamministrazione delle colonie, dai maestri di scuola, ai
burocrati, ai tecnici per le grandi aziende minerarie o per le piantagioni. Si tratta ovviamente di una
generalizzazione, ma come tutte le generalizzazioni aiuta a capire un fenomeno complesso che altrimenti
sarebbe ancor pi difficile da studiare.
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32. Il mito dellEtiopia e il caso della Liberia
Il mito dellEtiopia si deve essenzialmente a questo: essa fu lunico stato africano a rimanere immune dalla
dominazione straniera (eccetto i cinque anni sotto lItalia), ad ingrandirsi e rafforzarsi negli anni della corsa
allAfrica e a trovare in se stesso le forze per modernizzarsi e procedere verso lo sviluppo. Possedeva una
storia millenaria ed era ritenuto la patria dorigine del cristianesimo. Uno regno di neri forte e orgoglioso, un
esempio per le nazionalit sottomesse; un punto di riferimento per tutti i neri umiliati; una conferma del fatto
che i neri non erano inferiori ai bianchi.
Anche la Liberia, e in un certo qual modo la Sierra Leone (che per era guardata con meno interesse perch
era comunque inserita nel contesto del colonialismo britannico), erano nel XIX secolo loggetto delle
speranze dei neri di tutto il mondo. Si trattava di due stati composti da schiavi emancipati ritornati in Africa
dopo lumiliazione della schiavit. Diversamente dallEtiopia, Sierra Leone e Liberia possedevano
istituzioni di stampo occidentale e la loro indipendenza pi che dalla propria capacit militare era dovuta
alla protezione di g.b. e usa; questo era al contempo amaro (perch non erano stati che avessero conservato
la loro tradizione come lEtiopia) ma anche positivo, perch dimostrava che gli africani potevano utilizzare
quanto di buono cera in occidente per costruire la loro Africa.
Siamo nella prima met del 1800, lAfrica ancora in gran parte indipendente ma umiliata dalla tratta
degli schiavi e i pochi intellettuali neri si interrogano su quale sar il suo futuro. Vi era un gran bisogno di
miti ed Etiopia e Liberia si prestavano bene a costituire i simboli della futura Africa sviluppata. Leuforia
nei confronti della Liberia scem presto: nella seconda met dellottocento fu chiaro a tutti quanto stesse
diventando corrotto il governo della Liberia; gli schiavi emancipati nutrivano sentimenti al limite dello
spezzo verso i nativi locali e invece di aiutarli ad evolvere si limitavano a cercare di arricchirsi
personalmente. Pi continu invece stato il mito etiope: anche quando fu piegata dalloccupazione italiana
lEtiopia non cesso mai di essere il modello e lo scrigno della millenaria storia africana.
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33. Panafricanismo e negritudine
Negli stessi anni in cui si scopriva che la Liberia non avrebbe risposto alle grandi aspettative che aveva
suscitato cominciava a prendere il via la corsa allAfrica e si spegnevano gli ultimi residui del fenomeno
della tratta degli schiavi. Gli intellettuali africani erano divisi: taluni vedevano positivamente il colonialismo
quale fenomeno temporaneo per modernizzare lAfrica nera, ma la maggior parte cominci a preoccuparsi
seriamente. Reversibile Johnson (1838-1917) visse in prima persona la contraddizione drammatica di quegli
africani che nei possedimenti inglesi cessavano di essere africani senza riuscire a diventare europei. John
Mensah Sarbah (1864-1910) cerc di conciliare i due mondi in conflitto salvando il meglio delluno e
dellaltro. Samuel Richard Brew Attoh-Ahuma (1863-1921) per dimostrare di aver capito fino in fondo il
colonialismo, abbandon la parte europea del suo nome per quella africana. Pixley ka Isaka Seme (1880-
1951) fondatore nel 1912 assieme ad altri intellettuali africani del African National Congress, magnific
lEtiopia di Menelik e il regno zul come esempi della rigenerazione africana. Citiamo queste posizioni solo
per dare unidea generale di come fosse variegato il mondo intellettuale africano di fine ottocento.
Ad inizio novecento fu chiaro a tutti che le potenze europee erano andate in Africa per restatici e che la loro
presenza stava distruggendo la cultura e la tradizione nera. Lindipendenza pareva un obiettivo cosi
irraggiungibile che fino alla fine della prima guerra mondiale nei vari congressi di intellettuali africani si
parlava soprattutto di come combattere fame, malattie ed analfabetismo, oppure di come salvare e
promuovere la cultura africana, di come ridare dignit ai neri. In Europa e America si diffuse il
panafricanismo: i neri americani cominciarono a lottare e a costituire associazioni per i loro diritti. Inoltre
cominciarono ad allestire congressi sui problemi dellAfrica nera, cercarono di riscoprirne e a valorizzarne
al cultura. Si cominci insomma a parlare dellAfrica e del suo futuro. Il nazionalismo si svilupp in senso
proprio solo dopo la seconda guerra mondiale, quando le condizioni per lindipendenza cominciarono a
delinearsi. Limportante sapere che esso prese le mosse dal panafricanismo e dalla negritudine sviluppatesi
nella prima met del XX secolo.
Diversamente dal panafricanismo, che si colloca pi in una dimensione politica, la negritudine un tentativo
di valorizzazione di tutto ci che prettamente africano. Elaborata soprattutto da intellettuali francofoni, la
negritudine agisce sulla considerazione che i neri hanno di s e della propria civilt. Vuole che essi si
riscoprano in essa con fierezza, tanto che i teorici della negritudine amavano dirsi negri, esprimendo con il
termine il loro orgoglio culturale e razziale. Inevitabile il riscontro politico: lindipendenza culturale non
pu non implicare anche lindipendenza politica. La negritudine vuole un Africa libera, indipendente ed
orgogliosa di s, che interagisce e trova un suo posto nella civilt universale.
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34. La prima guerra mondiale in Africa
Alla prima guerra mondiale lAfrica partecip attivamente: circa 200 mila africani furono inviati a
combattere nelle trincee in Europa, altri 300 mila furono impegnati nella contesa per le colonia tedesche in
Africa; la necessit di rifornimenti e soldati da parte delle potenze europee provoc carenze di cibo in varie
regioni, specie nellAfrica centrale; la spagnola dallEuropa dilag anche in Africa falciando dal 2 al 5%
della popolazione in molte regioni del continente.
Ma tutto questo nonostante tutto marginale rispetto alle conseguenze politiche che la guerra avrebbe
innescato nei riguardi del fenomeno coloniale. Sebbene quella che segu Versailles fu quasi una nuova
spartizione dellAfrica (le colonie tedesche non furono rese indipendenti, ma semplicemente distribuite ai
vincitori), dichiarazioni come i 14 punti di Wilson o eventi come la rivoluzione russa, non potevano non
incidere a fondo sulla filosofia dellimperialismo e sulla sua giustificazione morale. Invero la prima guerra
mondiale segna storicamente la fine dellet dellimperialismo e linizio della parabola discendente del
colonialismo. La stessa formulazione del concetto del mandato, pur con tutta la sua ipocrisia, testimonia il
cambiamento di visione morale nei riguardi del fenomeno coloniale.
Pi in generale possiamo dire che sia presso lopinione pubblica delle democrazie occidentali, sia presso i
ceti istruiti di Africani nelle colonie, il colonialismo cominci ad apparire quale era veramente, ossia un
metodo sistematico di sfruttamento dellAfrica. Idee come il fardello delluomo bianco o la sua superiorit
razziale cominciarono ad essere duramente contestate, e la sanzione del concetto del diritto
allautodeterminazione (che veniva riconosciuto da tutti come valido relativamente al contesto europeo), non
poteva non far nascere il sospetto che la sottomissione politica dei neri fosse moralmente sbagliata.

Questo nuovo modo di pensare importante, perch prima della guerra non passava nemmeno per la testa
agli europei che i neri potessero avere altro destino se non quello di essere sottomessi ai bianchi. Si trattava
di una cosa talmente scontata e naturale da non dover neppure essere messa in discussione. Solo dopo la
guerra lEuropa comincer a sentire il bisogno di mascherare i domini coloniali sotto letichetta dei mandati,
e gli africani comprenderanno il loro diritto allindipendenza e la necessit di organizzarsi per poterla
ottenere. Sintetizzando possiamo dire che se anche nella pratica poco o nulla cambi, il dado era oramai
tratto.
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35. Gli anni fra le due guerre in Africa
Le colonie tedesche pi ambite, Camerun e Togo (entrambe affacciate sul Golfo di Guinea), furono spartite
fra Francia e Inghilterra; lAfrica orientale tedesca pass sotto il controllo britannico, eccetto il territorio
corrispondente al Ruanda-Urundi che venne affidato alle cure del Belgio. Anche il Sud Africa (stato
indipendente che aveva partecipato alla guerra come Dominion britannico) prese parte alla spartizione,
ottenendo lassegnazione dellattuale Namibia. LItalia invece fu esclusa dalla spartizione delle colonie
tedesche, cos come previsto dagli accordi di Londra del 1915, nonostante alla fine della guerra si fosse
sperato di ottenere ugualmente qualche cosa.
Sul piano economico gli anni fra le due guerre videro la partecipazione dellAfrica al commercio mondiale
aumentare per poi contrarsi per via della grande crisi del 29. Per favorire lesportazione delle merci africane
(e forse anche un po per ottemperare al nuovo spirito del colonialismo con lo scopo di migliorare le
condizioni di vita dei popoli sottomessi), la maggior parte dei governi coloniali si impegn nel
miglioramento del sistema infrastrutturale. Ne risult un maggior coinvolgimento delle zone rurali
nelleconomia coloniale e pi in generale nel sistema economico internazionale. Furono varati grandi
progetti di irrigazione; lindustria mineraria ed agricola si accrebbe per volumi di produzione e numero di
addetti. Eccetto certe zone (soprattutto lAfrica equatoriale francese e le colonie portoghesi) il continente
nero fu interessato da ammodernamento produttivo, diminuzione della mortalit infantile e quindi, aumento
demografico.
Anche sul piano sociale i cambiamenti furono notevoli. Per prima la societ divenne pi stratificata:
aumentava il numero di addetti nellindustria (in genere mineraria o della gomma) e nellamministrazione
coloniale; lalfabetizzazione conobbe un certo incremento, forse scarso in termini percentuali, ma rilevante
in termini numerici. Questi mutamenti accompagnati dai 14 punti di Wilson e dalla rivoluzione russa, si
tradussero in una maggior diffusione delle idee politiche presso lelite di africani alfabetizzati.
Cominciarono o a sorgere le prime associazioni e partiti politici africani che andarono rafforzandosi per tutti
gli anni successivi. Il 1927 merita di essere ricordato perch si tenne a Bruxelles una conferenza sui popoli
oppressi che pu essere considerata il primo grande congresso afro-asiatico della storia. Si discusse di
indipendenza ed emancipazione, di solidariet fra Asia ed Africa, di comunanza con le vedute
anticolonialiste dellUrss.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale e la rinnovata affermazione del principio allautodeterminazione
(espresso da Roosevelt e Churchill nella Carta atlantica del 1941), completarono la formulazione della
condanna al colonialismo iniziata con i 14 punti di Wilson. La perdita di centralit dellEuropa uscita
devastata dalla guerra, sar linizio del nazionalismo africano e della sua volont di indipendenza.
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36. Decolonizzazione ed indipendenza degli stati africani

Nel precedente capitolo abbiamo guardato ai processi di sviluppo, sia economici sia politici e sociali, che
interessarono lAfrica nera fra le due guerre. Abbiamo anche visto la nascita e levoluzione del
panafricanismo e della negritudine, che saranno il calderone ideologico dal quale, negli anni della seconda
guerra mondiale, si produrr il nazionalismo africano vero e proprio, che mirer in primo luogo
allindipendenza, ma anche alla riscoperta del passato e alla valorizzazione del nero, inteso come cultura,
razza e tradizione.
Una pluralit di intenti non priva di contraddizioni per: se infatti la lotta per lindipendenza si combatt
colonia per colonia e se gli stati africani odierni non ricalcano quelli del passato precoloniale ma i distretti
amministrativi coloniali, e pur vero che il fenomeno ebbe portata generale e che molti dei movimenti
nazionalisti si ispirarono alle ideologie -appunto generali ed unitarie- del panafricanismo e della negritudine.
Ovvero spesso si combatteva per affrancare il singolo stato coloniale dallEuropa, ma lo si faceva
ispirandosi allidea che lAfrica era unentit unica e che la propria lotta era solo un particolare del
movimento generale che avrebbe portato allemancipazione di tutto il continente, nella sua interezza ed unit
culturale.
Al di l di questa ispirazione di fondo furono per mantenuti i confini delle unit amministrative coloniali
(che come sappiamo non tenevano assolutamente conto di quelli etnici, religiosi, culturali e linguistici), e
questa scelta sar allorigine nei decenni successivi di non poche guerre e fenomeni di disgregazione
politica. Una idea dellAfrica nera come entit unica rimase comunque nella visione di molti ed condivisa
anche oggi, se non altro per via delle comuni piaghe del sottosviluppo e della povert.
Unaltra considerazione che possiamo fare osservando i caratteri della decolonizzazione africana, che essa,
negli anni immediatamente seguenti la seconda guerra mondiale, fu caratterizzata da un andamento talmente
vertiginoso da ricordare quello che fu proprio della corsa allAfrica negli ultimi decenni dellOttocento; dal
1946 al 1961 (il cosiddetto anno dellAfrica, per il gran numero di paesi che si dichiararono indipendenti) il
numero di membri delle Nazioni unite semplicemente raddoppi. Limperativo era indipendenza subito,
anche se le condizioni per passare allautogoverno forse non erano ancora del tutto mature.

Accenniamo solo brevemente. infatti noto che la seconda guerra mondiale e la consacrazione delle due
superpotenze (entrambe anticoloniali seppure per motivi diversi), segnarono la fine della centralit
dellEuropa e con essa anche dellimperialismo di tipo coloniale. La decolonizzazione si svolse nel difficile
contesto della guerra fredda e fu, a seconda delle singole circostanze, o favorita o sfavorita da questo
contesto internazionale. Il Vietnam pu essere considerato il simboli della triste interazione fra lotta per
lindipendenza e confronto a distanza fra le due superpotenze. Pi spesso comunque il nuovo scenario
internazionale favor lemancipazione; ad esempio alle conferenze fra gli alleati che seguirono la guerra, fu
pi volte messo in discussione il diritto di Londra e Parigi di riprendere il possesso dei territori dellAsia di
cui avevano perduto il controllo negli anni turbolenti della guerra.
Quanto alle ex potenze coloniali dopo le devastazioni della guerra esse semplicemente non avevano pi la
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forza per tenersi i loro possedimenti. Le decolonizzazione sconta questa aporia di essere un grande
fenomeno dal basso ma al contempo anche un riequilibrio dallaltro dei rapporti di forza sanciti dalla guerra.
Non un caso del resto che lAfrica sia stata lultima regione del mondo ad essersi affrancata dal
colonialismo e che lindipendenza abbia raggiunto prima i paesi dellAfrica mediterranea e solo in seguiti
quelli dellAfrica nera. Tornando alle potenze coloniali possiamo delineare a grandi linee il loro modo di
porsi di fronte al fenomeno: la g.b. come sappiamo dimostr intelligenza, comprendendo subito la natura
ineluttabile degli eventi e concedendo lindipendenza appena la classe dirigente locale dimostrava di essere
matura; la Portogallo e in misura minore la Francia tentarono fino allultimo la carta dellassimilazione,
imbarcandosi cos in sanguinose ed inutili guerre; il Belgio non si pose neppure il problema fino
allultimissima ora utile; lItalia come sappiamo perse le sue colonie assieme alla guerra.

La decolonizzazione africana non pu essere compresa senza tener conto degli attori che la portarono avanti.
Il fatto che essa non fu il risultato dellazione dei gruppi dirigenti degli stati precoloniali (che perlopi o
furono annientati o divennero collaboratori degli europei, ma che in entrambi i casi perdettero la loro
identit primigenia), ma bens del corpo di istruiti che si era formato intorno alla presenza straniera:
amministratori locali, burocrati, insegnanti, tecnici, commercianti.. Tutte persone che per quanto africane
erano state istruite dagli europei ed avevano quindi assorbito anche la cultura europea e, soprattutto, il modo
europee di gestire uno stato, dalla finanza alla diplomazia. In secondo luogo queste persone costituivano un
elite, che, come tutte le elite, era interessata a mantenersi al potere anche quando gli europei se ne fossero
andati.
Queste considerazioni sono essenziali per comprendere la natura dello stato africano indipendente, che
spesso sar infatti caratterizzato dalla difficolt di comunicazione fra il gruppo dirigente centrale, residente
nella capitale ed erede del periodo coloniale, e i molti poteri locali, sparsi nelle zone rurali: capi trib, ecc.
Ma sono altres utili per capire tutta una cerchia di problemi spesso derivanti anche da altre cause in
interazione fra loro. Ad esempio tutta la difficolt insita nella riscoperta della propria identit culturale e
della tradizione, oltre che alle motivazioni di cui si parlava al capitolo Uno, deriva in parte anche da questa
esteroformazione del gruppo dirigente centrale.
In stati che non erano nazioni (perch trascendevano i confini etnici, religio..), con un gruppo dirigente pi
legato al passato coloniale che non alla realt delle campagne, vi era il serio rischio di una disgregazione
politica appena fosse venuta meno la dominazione straniera. Di fatto questo avvenne per solo in parte: gli
stati della decolonizzazione hanno dato prova di una durata insospettabile. Cos come sono rimasti solo in
parte i modelli occidentali: molto spesso dietro una facciata istituzionale erede delle forme europee (quasi
tutti gli stati africani sono democrazie sul modello francese o inglese), esiste una natura indigena con le
sue regole e i suoi rapporti di potere. Gli stati della decolonizzazione sono insomma fenomeni complessi
formatesi per interazione fra lelemento europee e quello indigeno.
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37. Africa, la prima decolonizzazione (1950-69)
Se escludiamo lEgitto, che ottenne una formale indipendenza gi nel 1922 e il Sudafrica (gi dominion
autonomo nel 1910), il primo paese africano ad ottenere lindipendenza fu la Libia (1951), seguita nel 1956
da: Sudan britannico, protettorato francese di Tunisia, protettorato francese del Marocco. Per quanto
riguarda lAlgeria, il possedimento europeo in Africa di pi antica data (1830), lindipendenza sarebbe
giunta solo pi avanti, poich Parigi tent fino allultimo la carta dellassimilazione. Come abbiamo gi
detto lAfrica mediterranea fu la prima ad accedere allindipendenza per ovvie ragioni del resto, ma anche
per merito degli sconvolgimenti prodotti dalla guerra e dello sbarco americano.

Vediamo ora in dettaglio le vicende che portarono allindipendenza delle varie regioni africane; ammettiamo
subito che questo procedimento del tutto discutibile: avremmo ugualmente potuto procedere per imperi
coloniali, ma il nostro arbitrio presenta il vantaggio di evidenziare anche i fattori culturali che hanno
influenzato il processo a livello regionale (come il gi accennato sbarco americano e la cultura araba per
quanto riguarda lAfrica mediterranea), spiegando lateralmente le politiche con le quali le potenze
coloniali sbrogliarono lo smantellamento dei loro imperi.
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38. Decolonizzazione dell'Africa mediterranea
LEgitto, formalmente indipendente dal 22 vedr partire le ultime truppe inglesi nel 36; si schierer con gli
alleati durante la seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra il regime corrotto e filo-inglese del re Faruq I e
la successiva proclamazione dello stato di Israele, monteranno nel paese una crescente intolleranza verso la
monarchia e verso Londra. Nel 1952 un colpo di stato organizzato dai Liberi ufficiali (un gruppo
nazionalista cresciuto in seno allesercito egiziano) scacci il re e pose alla guida dello stato il generale
Muhammad Nagib; l'anno seguente fu proclamata la repubblica.
Il Marocco francese divenne indipendente nel marzo del 1956. Il mese successivo Madrid concedeva
lindipendenza al Marocco spagnolo, o quantomeno una larga autonomia. Nel 75 la regione, nota anche
come Sahara Occidentale e rivendicata da ben tre stati: Marocco, Algeria e Mauritania, venne spartita fra
Marocco e Mauritania, che occuparono - con il consenso della Spagna, che si ritir definitivamente dalla
regione - rispettivamente il Nord e il Sud del paese. LAlgeria, rimasta esclusa, aiut il movimento di
guerriglia saharawi noto come Fronte Polisario, il cui obiettivo era da sempre lindipendenza della regione,
che sarebbe dovuta divenire sovrana col nome di Repubblica Araba Saharawi Democratica. Nel 1979 la
guerriglia saharawi costrinse la Mauritania ad abbandonare il sud del paese, che sar immediatamente
annesso al Marocco. Il riconoscimento del Fronte Polisario, operato da vari stati africani, non tuttavia
valso ad incrementare la capacit militare del Fronte, che rimane tuttoggi incapace di mettere seriamente in
crisi le truppe marocchine. Il negoziato Onu avrebbe dovuto imporre un referendum che decretasse sul
futuro assetto politico della regione, ma contrasti sul corpo elettorale ammesso al voto hanno da molti anni
arenato ogni trattativa.

LAlgeria non era considerata una colonia francese ma parte integrante del territorio nazionale e Parigi
aveva sempre cercato di promuovere lassimilazione dello stato alla madrepatria offrendo in cambio una
parit giuridica, di diritto pi che di fatto, fra francesi e algerini. Queste ipocrisie unite al sostanziale
fallimento delle politiche di francesizzazione, determinarono alla fine della guerra e ancor pi dopo Dien
Bien Phu (1954: la battaglia che segn la fine dellegemonia francese in Indocina), il radicale cambiamento
di svolta nella politica del Fronte di liberazione nazionale, che rompendo finalmente gli indugi e le
ambiguit (la prospettiva dellassimilazione aveva sedotto non pochi intellettuali e dirigenti algerini..), si
decise, nella notte di Ognissanti di quello stesso anno, a laniere unoffensiva senza esclusione di colpi contro
il governo francese. La guerra fu decisamente brutale e agli attentati terroristici del Fronte, Parigi rispondeva
con repressioni in massa e rafforzando la sua presenza militare. Leffetto pi diretto della guerra in Algeria
fu la veloccizazzione del disimpegno francese in Tunisia e Marocco, dettato dalla necessit di non
disperdere truppe; leffetto a lungo termine fu il tracollo della Quarta Repubblica a seguito del tentato putsch
degli ufficiali algerini. LAlgeria raggiunse lindipendenza nel 1962 dopo alcune centinai di migliaia di
morti fra algerini e francesi. Dopo un primo periodo tranquillo e prospero, una vittoria elettorale negata al
partito islamico causer una situazione di profonda conflittualit fra forze governative e fondamentalisti
islamici, culminata in un tremendo periodo di eccidi e massacri che solo ora comincia a chiudersi.
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39. Decolonizzazione dell'Africa del sud
La grande regione a sud del Sahara, dal Sudan britannico allAfrica Occidentale Francese (aof) compresi i
possedimenti inglesi di costa dOro, Nigeria, Sierra Leone, fu la prima dellAfrica nera ad arrivare
allindipendenza (escluse ovviamente Liberia, Etiopia e Sudafrica, che per sono casi assai particolari).

Il primo stato fu il Sudan. Condominio anglo-egizziano sin dal 1899 il Sudan un paese complesso:
musulmano-arabo a Nord (da sempre legato allEgitto e alla tradizione araba), a maggioranza cristiana e
colore della pelle nero nel Sud. Nel 36 accordi anglo-egizziani confermarono il condominio sul paese; nel
53 altri accordi avviarono le procedure per lindipendenza; nel 55 scoppio una pseudo-guerra civile fra
nord e sud del paese; nel 56 fu dichiarata lindipendenza, che venne immediatamente riconosciuta da Egitto
e g.b. Successivamente proseguono i conflitti fra nord e sud, nella regione del Darfur, un po dovunque. La
situazione di conflittualit diffusa persiste ancor oggi. Del caso di Etiopia, Eritrea e Somalia italiana
abbiamo gi parlato al capitolo 8, passiamo quindi allAfrica nera vera e propria.

NellAfrica occidentale britannica il governo inglese aveva avviato gi dal 47 (data dellindipendenza di
India e Pakistan), le procedure per laffrancamento. La Costa dOro fu la prima colonia ad ottenere
lindipendenza: nel 1957 col nome di Ghana nellambito del Commonwealth. Tutti i possedimenti inglesi
seguiranno il suo esempio, scegliendo di entrare nel Commonwealth; solo il Sudan in quanto paese arabo
rifiuter ladesione, e, il Sudafrica ne sar espulso nel 61 per via dellApartheid.

Il secondo paese ad affrancarsi fu la Nigeria, il pi popoloso stato dellAfrica nera. La Nigeria era un
conglomerato di esperienze storiche e religioso-culturali diverse, con un nord compattamente musulmano,
dominato dagli hausa-fulani, e un sud pi penetrato dalla colonizzazione dalloccidente e dal cristianesimo,
spartito fra yoruba a ovest e igbo ad est. Il pericolo era che lo stato si disgregasse al momento
dellindipendenza. Dopo numerose conferenze fu adottata una forme federale che consent allo stato di
mantenersi dopo la proclamazione dellindipendenza il 1 ottobre 1960. Otto anni dopo per scoppiava una
sanguinosa guerra civile che fu risolta solo nel 70, quando le truppe federali riusciranno a riconquistare le
regioni secessioniste dellOvest. La Nigeria era ed anche un importante produttore di petrolio.

Nel 1961 giunse allindipendenza la Sierra Leone, dove per lautonomia non valse a produrre una
distribuzione pi equa del potere fra i discendenti degli ex schiavi liberati dalla g.b. e la popolazione nativa,
emarginata sia dalla politica che dalleconomia.

Per lAfrica orientale francese invece necessaria qualche parentesi. Nel 1958 De Gaulle istitu la Comunit
franco-africana; si trattava di un tentativo di costruire qualcosa che replicasse i vantaggi del Commonwealth
inglese, cio offrire una soluzione di compromesso verso lindipendenza alle colonie mantenendo con esse
un rapporto privilegiato. Il tentativo si rivel del tutto infruttifero ed ebbe vita brevissima. Assai migliore fu
lesito della Comunit francofona, che ebbe vita pi lunga anche se poteri assai pi limitati. Ad essa
aderirono anche paesi non francesi, come lex Congo belga. Lintero processo di affrancamento delle
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colonie francesi fu comunque pi tormentato di quello inglese; pesava soprattutto la volont di Parigi di
mantenere sempre -nonostante le concessioni di autonomia ed indipendenza- un certo controllo sulla politica
delle sue ex colonie e sulla gestione dei suoi interessi.

Il primo passo compiuto da Parigi fu di istituire governi autonomi per ognuna delle singole colonie che
componevano lAfrica Occidentale Francese e lAfrica Equatoriale Francese (1956). La misura fu comunque
criticata da numerosi esponenti africani, poich smembrava le grandi regioni del colonialismo francese in
piccoli stati, politicamente meno forti, e perch minava il progetto dei grandi stati federali, caro soprattutto
ai sostenitori delle ideologie unitarie, negritudine e panafricanismo. Le loro preoccupazioni erano motivate:
colonie ricche come la Costa dAvorio nellAOF e il Gabon nellAEF, avevano tutto linteresse a
conquistare lindipendenza come stati autonomi relativamente ricchi e progrediti, piuttosto che come regioni
sviluppate allinterno di immense realt statuali, arretrate e povere, quali sarebbero state lAfrica Orientale
Francese e lAfrica Equatoriale Francese. Allopposto si schieravano stati come il Senegal e il Congo
francese, le cui capitali, rispettivamente Dakar e Brazzaville, cresciute enormemente grazie allo status di
centri amministrativi dellAOF e dellAEF, avrebbe perso tutti i loro privilegi se il progetto federalista
non fosse entrato in porto.
Alla fine la strategia francese del dividi et imperia, unita agli egoismi delle amministrazioni e dei poteri
locali, fece naufragare il progetto federalista dei panafricanisti, primo fra tutti Leopold S. Senghor,
celeberrimo cantore della negritude.

Nel 1958, al via della quanta repubblica, Parigi propose un referendum in tutti i suoi possedimenti; agli
africani veniva in teoria permesso di scegliere fra lindipendenza immediata e una forma di autonomia
condizionata entro listituenda Comunit franco-africana, rimandando ancora lemancipazione piena dei
territori africani. Solo la Guinea vot in massa per lindipendenza subito, il suo leader, il socialista Skou
Tour, disse che il popolo della Guinea preferiva la libert nella penuria alla ricchezza nella servit. La
scelta fu per pagata a caro prezzo perch il governo francese decise di interrompere ogni relazione
diplomatica con il nuovo stato, ritirare i tecnici e revocando ogni forma di assistenza. Lesempio della
Guinea doveva essere penalizzato affinch nessuno avesse lardire di imitarlo. Con leccezione della Guinea
in tutte le altre colonie il s vinse con facilit; le amministrazioni locali, cresciute sotto lala della francia,
sapevano che lindipendenza sarebbe presto arrivata e che il governo sarebbe passato direttamente a loro in
eredit, cos riuscirono con facilit a mobilitare le masse in favore del s, che contentava la Francia e dava
loro il tempo di prepararsi alla transizione di poteri.

Lindipendenza dellAfrica francese era infatti solo questione di mesi o al massimo di qualche anno. Nel
1960 tutti gli stati dellAOF e dellAEF e il Madagascar, amministrato di fatto come unappendice dei due
grandi raggruppamento continentali, pi Camerun e Togo, che erano amministrati a se in quanto mandati
Onu, chiesero ed ottennero lindipendenza nelle forme debite: istanza, negoziato, costituzione e
indipendenza formale. Un indipendenza quella concessa dalla Francia, con caratteri neocolonialisti, come si
disse allora, poich nonostante la formale autonomia i nuovi stati rimanevano ancora molto legati alla
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madrepatria: la permanenza in vigore del franco cfa sotto lautorit della banca centrale francese era il
simbolo tangibile di questa dipendenza, pi tangibile forse della stessa presenza di reparti militari francesi in
alcuni degli ex possedimenti, a difesa delle minacce alla loro stabilit interna.
Il Senegal fallito il progetto federalista che doveva comprendere lintera AOF, ripieg verso una soluzione
federale con lodierno Mali. Il nuovo stato divenne indipendente il 20 giugno 1960, ma gi il 20 agosto dello
stesso anno contrasti fra Senghor e il leader del Mali Modiko Keita, ne determinarono la scissione in due
stati indipendenti. Nello stesso anno fu proclamata la Repubblica islamica di Mauritania e sempre nel 1960
divennero indipendenti anche Burkina Faso e il Dahomey, che nel 1975 cambio nome in Benin.
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40. Decolonizzazione del Congo belga
Lindipendenza dellAfrica equatoriale condizionata dai drammatici eventi congolesi. Il 30 giugno del
1960 il governo belga accett la dichiarazione di indipendenza della Repubblica indipendente del Congo con
capitale Lopoldville (lattuale Kinshasa). Ma solo pochi mesi dopo, precisamente l'11 luglio, Mose
Ciombe proclam la secessione della provincia del Katanga (ricchissima di giacimenti minerari); egli poteva
valersi dellappoggio della compagnia mineraria belga Union minire e, poco dopo, anche di reparti armati
inviati dal Belgio allo scopo di difendere i cittadini belgi residenti nella regione. La sanguinosa guerra civile
che ne segu un segno evidente delle ipocrisie e delle contraddizioni della decolonizzazione: la regione del
Katanga posizionata sul crinale fra lAfrica abbandonabile, alla quale lindipendenza viene concessa
senza problemi, e lAfrica importante, ricca di grandi insediamenti di popolazione bianca e giacimenti
minerari, che limperialismo era disposto ad abbandonare solo a parole. Una regione contesa, oltre che per
via delle risorse, anche per via della guerra fredda, con entrambe le superpotenze interessate a cooptare
lAfrica centrale nella propria sfera di influenza.

In una situazione disperata il capo del governo congolese Patrice Lumumba chiese aiuto allOnu e al suo
energico segretario generale, lo svedese Dag Hammarskjld. LOnu si risolse per linvio di una forza
militare di interposizione e chiese il ritiro delle truppe belghe. Dato che come sempre gli appelli dellOnu e
le sue forze di interposizione non riuscivano a risolvere nulla, Lumumba si rivolse anche allUnione
Sovietica, seppure al prezzo di far aumentare lisolamento del paese. Poco dopo, il 5 settembre, il presidente
del paese, Kasavubu, destitu Patrice Lumumba (capo del governo) e il 13 le forze dell'ONU si ritirarono,
mentre l'esercito congolese, cominciava finalmente a riassumere il controllo del paese. Dopo la morte del
segretario Onu Hammarskjld in uno strano incidente aereo, nel dicembre del 1962 le forze dell'ONU
(tornate nel paese vista limpossibilit di soluzioni politiche) si mossero contro il Katanga, conquistando
Elisabethville (lattuale Lubumbashi). Mose Ciombe si arrese nel gennaio del 1963 e in seguito ottenne
l'amnistia per s e per le sue milizie.

Nonostante la riunificazione linstabilit politica continu ad essere la vera padrona del palcoscenico del
Congo che, nel 77, cambi nome in Zaire. Successivamente alla corruzione dilagante, al dissesto
economico, ai profughi entrati nel paese per sfuggire allolocausto in Ruanda, si aggiunse linconveniente di
essere al centro di un conflitto economico e strategico tra la Francia e gli Stati Uniti che negli anni
successivi e per mille altri motivi degener in una nuova situazione di guerra che se non altro ristabil il
nome di Congo al paese.
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41. Decolonizzazione di Uganda, Randa, Burgundi
La colonia inglese dellUganda divenne indipendente nel 1962 dopo che Londra era finalmente riuscita far
passare una costituzione federale nel paese. Esso era infatti storicamente diviso in pi regni, di cui uno,
quello del Buganda, un tempo egemone, rivendicava in maniera accesa lindipendenza rispetto al resto del
territorio coloniale. Dopo una serie (assolutamente normale nel contesto africano) di dittature, guerre e colpi
di stato militari, il paese ha infine trovato un suo precario assetto, ed oggi uno dei pi importanti della
regione.
Assai pi tormentata la vicenda del piccolo Ruanda, ex colonia tedesca amministrata fino al 1962 dal
Belgio su mandato Onu. Da Secoli diviso al suo interno fra una maggioranza di etnia hutu e minoranza di
etnia tutsi che per ha storicamente sempre goduto di una posizione egemone. Ulteriormente polarizzata dal
dominio belga la popolazione del Ruanda ha dimostrato in maniera mirabile quanto grande possa essere il
problema etnico nellAfrica indipendente. Senza scendere nei dettagli: negli anni dellindipendenza la
maggioranza hutu conquist il potere (con conseguente sterminio dei tutsi che si riversarono nei paesi vicini
come profughi). I tutsi promossero allora una lunga guerriglia che verso gli anni novanta sarebbe forse
riuscita a riconquistare il potere se non fosse stata fermata in tempo da truppe belghe, francesi e di paesi
africani limitrofi. Tuttavia quando il peggio sembrava evitato, nel 1994, labbattimento dellaereo in cui
viaggiavano i presidenti di Ruanda e Burundi (entrambi hutu), scaten nel paese una violenta ondata di odio
verso i tutsi che si trasform presto in un vero e proprio genocidio, fra laltro sotto gli occhi dei caschi blu,
ai quali fu chiesto di non intervenire (probabilmente per via degli interessi contrapposti di Usa e Francia);
questa una delle peggiori macchie sulla coscienza dellOrganizzazione delle Nazioni Unite. Il Fronte tutsi di
resistenza per ebbe il sopravvento sulle forze hutu che, temendo una ritorsione commisurata a quella da
loro imposta ai tutsi, evacuarono in massa dal paese affollandosi in campi profughi nei paesi vicini, dove
presto scoppiarono epidemie di colera. Attualmente il potere saldamente in mano ai tutsi; la situazione
economica del piccolo pese, devastato da anni di guerra e dal lento rimpatrio di quasi un milione di profughi
hutu, grave. La situazione attuale rimane tesissima e il dialogo fra i due gruppi sempre appeso ad un filo
fragilissimo.
Sempre caratterizzato dalla rivalit fra tutsi e hutu il caso del Burundi, piccolo stato confinante con il
Ruanda, anchesso mandato belga fino allindipendenza nel 1962. Nel caso del Burundi tuttavia la lotta
etnica non assunse mai la forma del genocidio ed stata in qualche modo ricondotta alla dialettica
democratica. Non bisogna comunque abbassare la guardia.
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42. Decolonizzazione dell'Africa orientale
La decolonizzazione dellAfrica orientale (che scontava un dibattito politico politica e sindacale meno
acceso di quella dellAfrica occidentale) part in lieve ritardo e si concluse negli anni immediatamente
seguenti il 1960. Anche nellAfrica orientale il tentativo federalista (che al contrario della Francia era invece
benvisto dalla g.b.) naufrag sotto legoismo delle elite indisposte a spartire il proprio potere con enti
sopranazionali. Kenya, Uganda, Tanzania e Zanzibar (confluiti in uno stesso stato), giunsero
allindipendenza fra il 1961 e il 63. Anche il tentativo inglese di istituire una Federazione dellAfrica
centrale comprendente le due Rhodesie e il Nyasaland cadde nel vuoto e i tre stati raggiunsero
lindipendenza separatamente verso la met degli anni sessanta con i nomi rispettivamente di Zambia,
Rhodesia meridionale e Malawi.
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43. Decolonizzazione dell'Africa orientale
La decolonizzazione dellAfrica orientale (che scontava un dibattito politico politica e sindacale meno
acceso di quella dellAfrica occidentale) part in lieve ritardo e si concluse negli anni immediatamente
seguenti il 1960. Anche nellAfrica orientale il tentativo federalista (che al contrario della Francia era invece
benvisto dalla g.b.) naufrag sotto legoismo delle elite indisposte a spartire il proprio potere con enti
sopranazionali. Kenya, Uganda, Tanzania e Zanzibar (confluiti in uno stesso stato), giunsero
allindipendenza fra il 1961 e il 63. Anche il tentativo inglese di istituire una Federazione dellAfrica
centrale comprendente le due Rhodesie e il Nyasaland cadde nel vuoto e i tre stati raggiunsero
lindipendenza separatamente verso la met degli anni sessanta con i nomi rispettivamente di Zambia,
Rhodesia meridionale e Malawi.
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44. La seconda decolonizzazione africana (1970 - 1990)
cos chiamato il processo di affrancamento dei possedimenti portoghesi (Guinea-Bissau, Mozambico,
Angola e isole di Capo Verde) e la fine del regime dellapartheid in Sudafrica. Si tratt di una lotta per
lautodeterminazione molto diversa da quella della prima decolonizzazione, condotta sopratutto attraverso lo
strumento del negoziato con la madrepatria e mirante quasi esclusivamente allindipendenza politica; la
seconda decolonizzazione era guerriglia armata, e mirava s allindipendenza politica, ma ancor pi alla
creazione di un ordine sociale nuovo, pi giusto, e soprattutto non razzista. Poich i bianchi residenti nelle
colonie portoghesi, assieme a quelli di Sudafrica e Rhodesia del Sud, avevano stretto una tacita alleanza, una
sorta di vallo bianco in Africa australe, attraverso il quale imponevano alla maggioranza nera una
sottomissione ai loro interessi.
Cos la seconda decolonizzazione fu anche un fenomeno politico; se vero che molti stati indipendenti della
prima decolonizzazione scivolarono per convinzione o per convenienza, verso posizioni filosocialiste, pur
vero che tale obiettivo era del tutto subordinato rispetto a quello dellindipendenza. La seconda
colonizzazione invece, vuoi per via del razzismo bianco, vuoi in ringraziamento agli aiuti militari
sovietici, vuoi per comunanza di scopi fra guerriglieri anticoloniali e opposizione al regime fascista di
Salazar in Portogallo, fu un fenomeno se non socialista pur inserito in quella sfera. Lo conferma anche il
fatto che, mentre la prima decolonizzazione fu dialettica fra governi dei paesi europei ed elite coloniali, la
seconda fu il risultato di una lotta in cui i guerriglieri godevano dellappoggio delle masse rurali.

Dopo circa dieci anni di acerrima guerriglia, lindipendenza dei domini portoghesi fu favorita dalla morte di
Salazar nel 1970 che rese possibile il colpo di stato del 1974 con il quale il Portogallo ritorn alla
democrazia. Salazar era solito dire che il Portogallo era in Africa da cinque secoli e che non avrebbe caduto
alla moda di abbandonarla a cui si erano date le altre potenze occidentali; la fine del suo regime segn la
fine di questa posizione anacronistica ormai invisa agli stessi portoghesi, stanchi degli sforzi che il
mantenimento dellimpero comportava, oltre che per la questione di principio. Il nuovo governo si affrett a
concedere lindipendenza alle colonie, abbandonando il sogno dellassimilazione delle province
doltremare a cui per lungo tempo (e anche con qualche risultato..) il Portogallo aveva creduto.
Laltra frontiera della seconda decolonizzazione fu come detto la lotta dei neri contro il razzismo. Il vallo
bianco costruito dal Sudafrica con lappoggio della Rhodesia del sud ed esteso anche allex colonia tedesca
della Namibia (mandato sudafricano dalla prima guerra mondiale), cominci a disgregarsi nel 1975 con
lindipendenza di Angola e Mozambico. Un altro duro colpo fu la revoca inglese dellindipendenza di fatto
di cui godeva la Rhodesia del sud: la colonie era stata dichiarata indipendente dalla minoranza bianca che la
controllava (non pi di 200 mila bianchi su circa 5 milioni di abitanti) attraverso un atto del tutto unilaterale
rispetto a Londra. Dopo il crollo dellImpero portoghese (dal quale la Rhodesia riceveva aiuti), il paese si
trov sempre pi isolato sul piano internazionale e la guerriglia nera diventava sempre pi forte. Prevedendo
una sconfitta militare il governo bianco accett di concedere il suffragio ai neri, ma il tempo ormai era
maturo per ben altro. Nel 79 la Gran Bretagna riprese temporaneamente il controllo della ex colonia per
garantire la fine definitiva di ogni egemonia bianca. Nel 1980 si svolsero quindi nuove elezioni sotto
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controllo britannico che portarono al potere i leader neri del Fronte patriottico. Il 17 aprile del 1980 il paese
divenne indipendente con il nome di Zimbabwe.
Nel 1990 infine divenne indipendente dal dominio sudafricano anche la Namibia, che nonostante i divieti
dellOnu il Sudafrica aveva continuato ad amministrare come parte del suo territorio. Il Sudafrica si trovo
quindi isolato essendo lultimo stato razzista dellAfrica. Decolonizzazione in Sudafrica sinonimo di
smantellamento dellapartheid e nel 1990 questo avvenuta in maniera silenziosa ed indolore. Sotto la
pressione del movimento antirazzista capeggiato dallAfrican National Congress e dalla comunit
internazionale, la minoranza bianca comprese che la fine dellapartheid non era pi una scelta. I prigionieri
politici vennero rilasciati e i partiti antirazzisti resi legali. Nel 1994 le prime elezioni a suffragio universale
portarono al trionfo lAfrican National Congress e Nelson Mandela divenne il primo presidente nero
dellantica colonia boera. Con questo si conclude lultimo capitolo del processo di decolonizzazione del
continente africano.
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45. Linstabilit politica nellAfrica indipendente
Quanto detto deve aver gi fornito un quadro abbastanza accurato dello scenario africano. Anche nei paesi in
cui la democrazia rappresentativa ha ottenuto maggior successo il colpo di stato uno strumento ordinario
per risolvere le successioni al potere. Guerre e golpe sono elementi comuni nello scenario della politica
africana quanto i leoni nella savana prima che iniziassero a sterminarli.
Si tratta di un fenomeno tipicamente indigeno: nellAfrica precoloniale esistevano solo regni, non
repubbliche; il monarca assoluto, il vate, lo stregone, erano le forme (spesso confuse fra loro) del leader. N
daltronde il colonialismo, che era una dominazione diretta basata sulla forza, pu essere considerato una
buona scuola di democrazia. Naturale quindi che anche oggi, luomo forte di turno conquisti facilmente il
potere in Africa; dopo i colpi di stato dei generali e dei colonnelli si sono avuti anche quelli dei capitani e
dei tenenti e, persino, dei sergenti. Fra le mosche bianche del continente (ovvero gli stati sfuggiti alla prassi
dei colpi di stato) figurano Senegal, Camerun, Kenya, Tanzania, Zambia, Zimbabwe. Il fatto che il colpo
di stato facile da attuarsi e comodo; spesso ai golpisti basta conquistare alcuni edifici della capitale
(palazzo del governo e televisioni): le campagne rimangono perlopi estranee alla politica e legate ai poteri
locali (etnie, clan, trib..) e nelle citt la fascia di popolazione istruita e politicizzata e molto sottile. I colpi
di stato possono essere sia un modo per porre fine allo strapotere di un gruppo, sia il mezzo per imporre gli
interessi di unaltro gruppo.
La corruzione un fenomeno spesso sistemico e molte volete funzionale agli interessi della ristretta elite
dominate erede del colonialismo. Anche la carenza di tecnici e politici che conoscano a fondo leconomia, la
sociologia o le altre scienze sociali, ha negli anni seguenti lindipendenza causato molti problemi, da
politiche economiche velleitarie a errori nella gestione del bilancio statale. Linterferenza delle potenze
straniere (abbiamo visto il termine neocolonialismo riferito alla Francia, ma non certo il solo caso), le
contese legate alla guerra fredda, eventi come la crisi petrolifera o altre oscillazioni del valore di certi
prodotti agricoli o minerari (il colonialismo aveva infatti favorito la specializzazione e la monocultura), sono
tutti eventi che hanno talvolta pesato in maniera consistente sulleconomia e la politica dellAfrica appena
emancipata.

Un Africa non pi tribale ma nemmeno occidentale. Un Africa libera e con una geografia politica ormai
definita e incontestata ma che non ha ancora superato le divisioni etniche e religiose. UnAfrica dalla
facciata democratica ma dove golpe e addirittura guerra civile ed etnica, costituiscono spesso strumenti per
fare politica e conquistare il potere per s o per il proprio gruppo. Ma comunque un Africa che comincia a
camminare da sola e a scegliere quale futuro offrirsi.
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Indice
1. Introduzione all'Africa 1
2. LAfrica settentrionale 2
3. L'Africa occidentale 3
4. LAfrica australe 5
5. L'Africa: un difficile lavoro 6
6. Lidea di Africa ieri e oggi 7
7. Africa: arrivano i primi europei 8
8. Africa: oro e schiavi 9
9. La presenza europea in Africa 12
10. Africa: il secolo precoloniale 14
11. La fine della tratta degli schiavi 15
12. Africa: un esempio emblematico:il commercio da costa a costa 17
13. Islam e cristianesimo in Africa 18
14. Stati e trib africane fra 1800 e 1870 19
15. Riforme ed ammodernamento in Africa 20
16. Lafrica degli europei: le ragioni del colonialismo in Africa 21
17. L'Africa dal 1800 - 1870 24
18. La corsa allAfrica 25
19. La spartizione dell'Africa 27
20. Le forme del colonialismo in Africa 30
21. La varie forme della colonizzazione africana 31
22. Sviluppi economici e sociali del colonialismo in Africa 32
23. Scrittura, Islam e Cristianesimo in Africa 34
24. Il colonialismo italiano in Africa 35
25. Eritrea e Somalia italiana 36
26. La conquista italiana della Libia 37
27. La Libia italiana 1915-1925 38
28. LEtiopia italiana 39
29. I caratteri del colonialismo fascista 40
30. La perdita delle colonie italiane in Africa 41
31. Le origini del nazionalismo africano 44
32. Il mito dellEtiopia e il caso della Liberia 45
33. Panafricanismo e negritudine 46
34. La prima guerra mondiale in Africa 47
35. Gli anni fra le due guerre in Africa 48
36. Decolonizzazione ed indipendenza degli stati africani 49
37. Africa, la prima decolonizzazione (1950-69) 51
38. Decolonizzazione dell'Africa mediterranea 52
39. Decolonizzazione dell'Africa del sud 53
40. Decolonizzazione del Congo belga 56
41. Decolonizzazione di Uganda, Randa, Burgundi 57
42. Decolonizzazione dell'Africa orientale 58
43. Decolonizzazione dell'Africa orientale 59
44. La seconda decolonizzazione africana (1970 - 1990) 60
45. Linstabilit politica nellAfrica indipendente 62

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