Sei sulla pagina 1di 20

S

Siamo finalmente giunti al momento


della verit. Il 13 giugno il governo
varer la riforma della pubblica
amministrazione, i cui contenuti sono,
a oggi, sconosciuti a tutti; mentre le
tante indiscrezioni giornalistiche
hanno contribuito ad aumentare la
confusione da un lato e la curiosit
dallaltro. Insomma, il governo ha
creato un evento utilizzando anche
la ben nota lettera ai dipendenti
pubblici. Ma, al di l del tono, sempre
maggiore lurgenza di un progetto
di riforma delle pubbliche
amministrazioni. La riforma del
settore una cosa seria, per il
lavoro, per il paese, per la sua
crescita. La riforma una cosa seria
per il sindacato confederale, per un
sindacato che pensa a un pubblico
amico, a unidea di pubblico da
qualificare, da rendere protagonista
della crescita, non a un pubblico
da ridurre o che divenga sinonimo
di meno diritti e minore qualit.
Oggi lurgenza deriva anche dai
tanti fenomeni di corruzione, di
tagli e di aumentata inefficienza.
Proprio in tema di corruzione,
sempre pi evidente, a chi voglia
vedere, appare chiaro come le
tante esternalizzazioni di funzioni
fondamentali legate alle grandi opere,
ai contenuti delle leggi in tema di
appalto, vessatorie verso i piccoli
lavori, lassiste verso le grandi opere e
in ogni caso punitive verso il lavoro,
agli stravolgimenti legislativi in
tema di bilancio, abbiano non poco
contribuito a questi fenomeni. Anche
per questi motivi, della riforma c
necessit. Ma una riforma fatta
innanzitutto di scelte politiche, anche
di lungo periodo, e di strategie (lo
fu la riforma Bassanini e, a parte
il merito, assolutamente negativo,
la stessa riforma Brunetta). Due
riforme con due impianti e due
strategie opposte. La riforma
fatta di temi prioritari necessari per
concretizzare i progetti. Per questo
bene delineare quali sono le nostre
priorit, che si muovono in assoluta
discontinuit, e sulla base delle quali
valuteremo il lavoro del governo.
Obiettivo strategico, che permea
tutti i nostri punti della riforma,
quello di tornare a investire risorse e
produrre innovazioni coraggiose.
Prima di tutto, in tema di lavoro,
del suo valore, della contrattazione.
Occorre affrontare il tema dei
processi di riforma tornando a
innescare il circuito virtuoso della
contrattazione, ferma dal 2009 e con
seri rischi di blocco fino al 2017. Una
contrattazione vera e piena, che deve
servire a costruire le condizioni con le
quali i lavoratori possano partecipare
al processo di riforma in modo attivo
e non solo come destinatari di una
lettera di intenti. In altri termini,
occorre ridefinire
Massimo Mascini
M
atteo Renzi non andato allassemblea di
Confindustria, lo scorso 29 maggio, ma ha
fatto sapere che sar presente alle
assemblee degli industriali di Vicenza e di Treviso.
Non un bel segnale per Giorgio Squinzi. Vuol dire
che il premier non considera importante la
Confindustria, ma tiene agli imprenditori. Non
proprio la stessa cosa e soprattutto non la stessa
cosa per la confederazione, perch nel lungo periodo
la differenza si sentir e forse anche pesantemente. La
concertazione non stata amata dagli ultimi governi
che si sono succeduti dopo Romano Prodi.
Berlusconi convocava le parti sociali due ore prima
del Consiglio dei ministri che doveva prendere le
decisioni pi importanti. Mario Monti odiava la
concertazione e per quanto ha potuto ha deciso tutto
senza sentire nessuno. Enrico Letta aveva giurato che
non avrebbe mosso foglia prima di sentire sindacati e
imprenditori, ma poi nemmeno lui ha fatto vera
concertazione. Matteo Renzi andato molto al di l,
ha detto chiaramente che per quanto lo riguarda la
concertazione finita perch inutile, anzi dannosa. In
realt non cos, non dovrebbe essere cos, perch la
concertazione altro non che uno strumento che la
politica pu utilizzare per governare le societ
complesse come la nostra. Se prima di prendere
provvedimenti particolarmente complessi, che
toccano da vicino gli interessi di vaste aree del paese,
un governo trova un accordo con chi rappresenta
quegli interessi gli sar poi pi facile applicare quei
provvedimenti.
LARGOMENTO
DOVE VA CONFINDUSTRIA
Le contraddizioni
di Squinzi
PRIMO PIANO
TORINO, RAPPORTO
ROTA: I COSTI DELLA
CRISI E LA RIPRESA
POSSIBILE
Toma Valfr 6-7
GRANDANGOLO
LOMBARDIA,
DOPO SETTE MESI
I PRIMI RISULTATI
DELLA DOTE UNICA
Cristilli 8-9
LAVORO E SINDACATO
RAPPRESENTANZA,
IMMIGRATI: CRESCE
IL TASSO DI ADESIONE
ALLA CGIL
Greco Saccoia 10-11
IL REPORTAGE
DA NURAXI FIGUS
ALLALCOA, RESISTE
UNA CULTURA OPERAIA.
GENTE DI CARBONIA
Ferracuti 12
PASSATO & PRESENTE
LAVORO E LIBERT, UNA
RICERCA ININTERROTTA.
TRENTIN NELLULTIMO
LIBRO DI IGINIO ARIEMMA
Cruciani Rispoli 14-15
P
o
s
t
e

i
t
a
l
i
a
n
e

s
p
a

-

S
p
e
d
i
z
i
o
n
e

i
n

a
.

p
.

d
.
l
.

3
5
3
/
0
3

(
c
o
n
v
.

l
.
4
6
/
0
4
)

a
r
t
.

1
,

c
o
m
m
a

1
,

D
C
B
.

R
o
m
a
.


E
u
r
o

1
,
7
5

-

C
o
n
t
i
e
n
e

I
.

R
.
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
Occorre tornare
a investire risorse
e produrre
innovazioni
coraggiose
di MICHELE GENTILE
Responsabile dei settori pubblici
Cgil nazionale
QUESTA COPIA
DEVE ARRIVARTI
IL 12 GIUGNO
WWW.RASSEGNASINDACALE.IT
Sito di informazione su lavoro,
politica ed economia sociale
Guido Iocca
I
l tema delle alte retribuzioni
nel pubblico impiego torna a
occupare la scena, sollecitato
nelle ultime settimane da interventi e
importanti prese di posizione di
autorevoli studiosi, del settore e non
solo. Il dibattito si nuovamente
acceso in seguito alla riduzione
del tetto massimo degli stipendi
consentiti e allannuncio delle
intenzioni del governo di introdurre
una serie di fasce retributive
predefinite per dirigenti e manager
pubblici. Unanomalia tutta italiana che
tuttavia, a ben vedere, non riguarda
solamente le alte retribuzioni di
chi si trova al vertice della piramide
gerarchica, ma anche i bassi stipendi di
chi ne occupa la base. Se dunque
lobiettivo, ribadito anche di recente da
alcuni docenti vicini al premier Renzi
(si veda in particolare gli articoli
pubblicati da Roberto Perotti e Filippo
Teoldi a partire dal mese di gennaio su
lavoce.info), fosse davvero quello di
ristabilire lequit
RETRIBUZIONI/UN SAGGIO DI MICHELE RAITANO
Il pubblicodisuguale
SEGUE A PAGINA 3 SEGUE A PAGINA 4
SEGUE A PAGINA 2
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
IL TEMA
DELLA SETTIMANA
SETTIMANALE FONDATO DA GIUSEPPE DI VITTORIO - ANNO LX
Rassegna Sindacale
La riforma
necessaria

P
H
O
T
O
S
H
O
T
/
S
IN
T
E
S
I
il Piano
del LavoroCgil
suTwitter e Facebook
A soli 0,60 centesimi
Per ordinativi:r.trecca@rassegna.it
tel.0644888228
23p01-03_ok 10/06/14 16:29 Pagina 1
per via contrattuale le condizioni di
lavoro, abbandonando la sbornia
dellunilateralit instaurata dalla
legge Brunetta, che pur nel suo
fallimento ha provocato non pochi
guasti. Significa tornare a ridare
valore al contratto nazionale
privatistico, certo semplificandolo,
riducendone il numero, mirandolo
alla definizione degli istituti comuni
e di quelli specifici, riprendendo
anche per questa via le innovazioni
dellorganizzazione del lavoro,
derivanti dalla contrattualizzazione
del rapporto di lavoro, che debbono
accompagnare le riforme istituzionali
per evitare che riformare le istituzioni
senza riformare i prodotti pubblici
continui a produrre inefficienza.
La riapertura della stagione
contrattuale che tutti auspicano
deve avere come scenario il
superamento della riforma Brunetta
e un nuovo assetto della normativa
sul lavoro pubblico. Questa per
noi la priorit e questa la prima
valutazione sulla futura riforma.
Il secondo tema loccupazione.
Un tema sul quale i contratti
debbono dire la loro. Non possiamo
che concordare con la necessit
di riprendere una politica
delloccupazione anche nei
settori pubblici che affronti
le emergenze nei servizi alla
persona, nellistruzione, nella ricerca,
nella legalit. Non possiamo non
concordare con una politica che
faccia del rinnovamento del lavoro e
della modernizzazione professionale
un tema urgente. Ma tutto ci
possibile solo attraverso una
profonda revisione dei tanti
asfissianti vincoli posti in nome
dellausterit alle amministrazioni
pubbliche, a partire da quelle che
gestiscono servizi per le persone, il
lavoro e le imprese. Senza tale
rimozione, la pur importante
staffetta generazionale rischia di
trasformarsi in un positivo fiore
allocchiello e di non poter risolvere i
tanti problemi che oggi rendono
difficoltosa per le amministrazioni
lofferta di servizi e per i cittadini
la loro fruizione. Oggi il tema
delloccupazione unemergenza
politica. Lo per i tantissimi precari, il
cui rapporto di lavoro scade nel 2016
al netto di quelli che contribuiscono
a garantire i centri per limpiego e che
lavorano alla Youth Guarantee, il cui
contratto di lavoro precario scade
alla fine di questanno. Lo per
i tanti vincitori di concorsi che una
procedura burocratico-discrezionale
ha beffato, negando le loro speranze.
Lo per chi ha studiato e non riesce a
trovare un lavoro nemmeno precario.
La riforma del reclutamento, il
superamento del precariato e una
revisione degli organici basata sul
fabbisogno reale e sulle priorit
funzionali e settoriali rappresentano
gli strumenti necessari per una nuova
politica occupazionale. in questo
quadro, con una visione dinsieme
e avendo a mente le riforme
istituzionali, che si pu affrontare
anche il tema della mobilit, senza
nascondersi la delicatezza della
questione, che riguarda direttamente
il lavoro e le sue condizioni. A seguito
della cosiddetta riforma Brunetta la
mobilit nei settori pubblici molto
apprezzata dai datori di lavoro
privati; mancano regole, vincoli,
relazioni sindacali. Ora riparlare della
mobilit significa ricostruire, senza
scorciatoie e senza spot, una
definizione contrattuale del tema.
Proprio quello che non si comprende
se il governo voglia o meno fare.
Chiaramente, il tema mobilit
paradigmatico di come si intende
affrontare la riforma. Di cosa significa
non voler insultare i lavoratori
pubblici. Di come si segna la
discontinuit con quanto stato
definito fino a oggi. Da parte nostra,
siamo pronti a una discussione,
ma il ritorno alla contrattazione
anche su questo tema ineludibile.
Abbiamo letto di interventi di
riorganizzazione mirati. Alcuni
inaccettabili (vedi la soppressione di
Covip). Sembrano molto interventi a
domanda e quello che si stenta a
vedere un modello, un disegno
chiaro. Lo stesso limite (unito a una
mancanza di coraggio) che riguarda il
processo di riforma degli assetti delle
amministrazioni. Anche in questo
campo, occorre decidere qual la
centralit. Per noi la centralit
rappresentata dal territorio e dai
cittadini. E proprio nel territorio
necessario costruire, a partire dalle
amministrazioni centrali, lo sportello
del cittadino, al quale rivolgersi per
interloquire con le pubbliche
amministrazioni per ottenere
prestazioni e servizi. Si tratta di una
forte semplificazione possibile, senza
aspettare una mitica unificazione
delle amministrazioni territoriali,
sotto legida di prefetture il cui
numero viene presentato in forte
e inspiegabile contrazione (40).
Una semplificazione alla quale
aggiungere cosa fare per...., mettendo
in trasparenza tutto ci che serve
per ottenere prestazioni, liberando
in tal modo lutente dalla schiavit
dei passaggi tra amministrazioni
e rendendo controllabile la stessa
trasparenza, che cos smette
di essere una procedura e
diviene un obiettivo conquistato.
Proposte sicuramente coraggiose, che
motiverebbero anche il lavoro e la
sua qualit. Un coraggio che continua
a mancare sulla riorganizzazione
delle amministrazioni centrali, sulla
loro qualificazione e semplificazione
e sulla riduzione degli sprechi. Anche
in questo caso, necessario aver
chiaro qual il disegno, la scelta
politica. Si molto parlato di
dirigenza pubblica. Ora, dopo
aver assistito a un pessimo
connubio tra figure apicali pubbliche
e politica, bene che la distinzione
costituzionale tra politica e
amministrazione abbia proprie regole
tipiche del sistema italiano, che la
politica riprenda il suo ruolo (non
solo tetti positivi, ma anche obiettivi,
valutazione dei risultati) e la dirigenza
torni a essere a garanzia del rispetto
delle regole dellamministrazione,
come spesso non ha fatto.
Limpressione che si stia facendo
unoperazione per la quale la
razionalizzazione sempre sinonimo
di riduzione, mai di nuove offerte di
servizi dai quali i cittadini abbiano un
valore che non sia quello di un mero
risparmio di spesa pubblica (tra
laltro, tutto da dimostrare) e, in ogni
caso, gi impegnato sulla base di
risorse affidate a spending review.
Il governo ha sostenuto che non
c bisogno di confrontarsi con i
sindacati; che chi vuole pu scrivere
on line i suoi pensieri, che saranno
letti e presi in considerazione da
mani attente e valutati nella piena
trasparenza. Beh, per far questo il
sindacato non serve. Si tratta di un
inquietante messaggio, in linea con
la pervicace e conclamata negazione
della funzione della rappresentanza
sindacale, gi praticata da Berlusconi
a partire dal 2008.
2
Pa, la riforma necessaria
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
Rossana Dettori
Segretaria generale Fp
S
iamo arrivati alla fine di questa
estenuante fase preparatoria della
riforma della pubblica amministrazione
del governo Renzi e ci che resta sul tappeto
ben poco rispetto alle aspettative che si sono
volute ingenerare. Nessun ragionamento di
sistema, nessuna proposta di ridisegno
complessivo delle funzioni pubbliche, nessun
approccio generale che possa farci leggere la
possibilit di un progetto organico. Nulla
che sia nulla sugli errori del passato, sulle
controriforme Brunetta-Monti e sulla necessit
di un loro superamento. E nulla, ancora, sulla
crisi economica in corso, che ha inciso, fra le
altre cose, sia sulla garanzia dei servizi ai
cittadini, sia sulle condizioni di lavoro,
aggravando, anche per questa via, una crisi
istituzionale che sotto gli occhi di tutti.
La pubblica amministrazione avrebbe avuto
bisogno non di un dibattito fatto di mail,
hashtag e post sui social, ma di una
discussione vera, trasversale, coinvolgente,
per certi versi anche appassionante, e questo
anche al di l del rapporto che il governo
Renzi intende avere con il sindacato. Cos non
stato, ma ci non esclude che cos pu
ancora essere: si sottragga il tema delle
pubbliche amministrazioni dallagor della
comunicazione mediatica e si recuperi il
tempo perduto, aprendo nel paese quella
discussione che mancata clamorosamente.
Il sindacato confederale vuole, pretende,
di fare la sua parte, e intende farlo non in
difesa, ma rilanciando. Le proposte ci sono, la
disponibilit a concorrere a un progetto
di riforma che serve al paese pure.
Abbiamo bisogno di riorganizzare
innanzitutto le istituzioni territoriali e il
sistema di relazioni e responsabilit che le
lega ai diversi livelli di governo della cosa
pubblica. Nellultimo decennio la spesa inutile
per eccellenza, e quindi da tagliare, stata
demagogicamente individuata in quella
degli enti locali. Lassenza di una strategia
precisa nellaffrontare il tema del riassetto
complessivo del territorio ha aggravato le
difficolt e aumentato i problemi di
funzionalit. Sono ormai indispensabili,
quindi, riforme strutturali in questo senso, a
cominciare da una nuova scrittura del Titolo V
della Costituzione, dalla ridefinizione delle
competenze attribuite a Stato e Regioni e da
una nuova disciplina delle modalit di
esercizio della potest legislativa e della
riduzione delle materie concorrenti.
Le Regioni, tanto per fare un esempio,
devono riappropriarsi del loro ruolo di
programmazione e legislazione, aggiungendo
a ci anche un rinnovato esercizio di
coordinamento e regolamentazione delle
funzioni locali. A valle di ci, bisogna anche
rivedere il sistema fiscale, ridefinendo il giusto
rapporto tra funzioni attribuite e risorse
economiche necessarie al loro esercizio,
abbattendo, anche per questa, via gli sprechi, i
costi impropri, le sovrapposizioni di enti e
strutture. Occorre intervenire sulla miriade di
societ partecipate che esercitano
impropriamente funzioni che la Costituzione
assegna alle autonomie locali e colmare il
vuoto che labolizione delle Province ha
prodotto rispetto alle funzioni e al loro
esercizio. Si chiariscano una volta per tutte le
funzioni di area vasta, citt metropolitane
comprese, e si operi affinch questo livello di
governance diventi strategico. Si renda
obbligatoria la gestione associata dei servizi
per i Comuni, realizzando cos economie di
scala efficaci: lassociazionismo comunale
come obiettivo strategico per creare
condizioni economiche favorevoli,
assicurando la gestione ottimale delle
funzioni. Si assuma lobiettivo di creare, dalla
fusione dei Comuni pi piccoli, nuove
comunit in grado di gestire pi facilmente
lamministrazione del territorio: mezzi,
professionalit, risorse, centri di acquisto in
FP/LA NOSTRA SFIDA AL GOVERNO
Quello che serve al p
Domenico Pantaleo
Segretario generale Flc
L
a riorganizzazione
e innovazione dei
servizi pubblici
una delle sfide che il paese
deve vincere per migliorare
la qualit del sistema
economico e sociale.
Per rendere pi efficienti
e funzionali le pubbliche
amministrazioni occorrono
prima di tutto la
partecipazione e il consenso
dei lavoratori pubblici.
Lesperienza degli scorsi
anni di esclusione da scelte
complesse e il tentativo di
scaricare sui lavoratori
responsabilit di
procedimenti decisi altrove
sono stati disastrosi, al di l
dei contenuti, altrettanto
nefasti, di quegli interventi.
Bisogna, invece, procedere
con obiettivi di sistema,
mettendo al centro il lavoro e
le professionalit. Con una
premessa indispensabile:
lobiettivo deve essere
allargare e non restringere
il perimetro dellintervento
pubblico, aggredendo le
tante sacche di inefficienza,
ma anche reinvestendo
parte delle risorse recuperate
dalla lotta agli sprechi per
migliorare la qualit
dei servizi. Deve essere
esplicitato dove si intenda
razionalizzare la spesa e
dove bisogna investire
nellinteresse generale del
paese. Non vedo allorizzonte
questo disegno strategico. Mi
pare che, ancora una volta, la
tendenza sia quella di
recuperare, attraverso la
spending review, quante
pi risorse possibili con
ulteriori tagli lineari.
Che fare, allora? Noi abbiamo
lanciato le nostre sfide. La
prima investire nei saperi,
riprogettando lintera filiera
della conoscenza. Negli
ultimi anni il tratto comune
dei processi che hanno
attraversato e investito come
un ciclone scuola,
universit, ricerca e Afam
stato la forte riduzione nella
qualit e quantit dellofferta
formativa. Nella riduzione
della spesa pubblica, i
comparti della conoscenza
sono quelli che hanno subito
i maggiori tagli, a partire
dalla scuola. Siamo in uno
stato di emergenza continua
tra mancate soluzioni per i
precari, ristrettezza di risorse
e di organici, incertezza
di regole, indebolimento
dellautononomia, blocco
dei salari e dei contratti. Non
viene pi garantito il diritto
allo studio e crescono i tassi
di abbandono scolastico e
universitario. Il primo passo
per innalzare la qualit del
sistema distruzione,
formazione e ricerca deve
essere riconquistare la
normalit nel funzionamento
delle istituzioni della
conoscenza. Servono strategie
di sistema per integrare le
diverse responsabilit
politiche e istituzionali e
con esse razionalizzare
lutilizzo delle risorse umane
e finanziarie. Una riforma
in questo campo deve basarsi
prioritariamente su un piano
concreto e coerente che
parli allistruzione, alla
formazione e alla ricerca nei
prossimi dieci anni, facendo
interagire in una logica di
filiera i diversi comparti.
Tra le priorit emerge
linnalzamento dei livelli di
istruzione: nella fascia di et
18-24 anni rappresentano pi
del 17 per cento i giovani in
possesso della sola licenzia
media. Elevare lobbligo
scolastico a 18 anni implica
migliorare le condizioni di
continuit del percorso
formativo ed educativo.
Servono politiche finalizzate
FLC/PRIMO, INVESTIRE NEI SAPERI
Se manca un disegno s
Ancora una volta la tendenza quella di recuperare pi riso
Gentile
DALLA PRIMA

23p01-03_ok 10/06/14 16:29 Pagina 2


comune come leva per migliorare lesercizio
dellintervento pubblico in queste comunit.
E poi lo Stato, o meglio le amministrazioni
centrali dello Stato. La riforma che vogliamo
non prevede in alcun modo labdicazione ai
privati del ruolo di garanzia dei diritti di
cittadinanza. Per questo abbiamo bisogno di
una progettualit organica che non faccia
considerare esclusa dal processo riformatore
nemmeno unamministrazione, nemmeno il
pi piccolo degli enti. Nessuno pu essere
escluso dallinnovazione e dal cambiamento:
una riforma tale se coinvolge lo Stato nella
sua interezza. Alle amministrazioni centrali
vanno affidati compiti di fissazione dei livelli
essenziali di qualit dei servizi e di vigilanza e
controllo, per garantire legalit a tutto il paese,
mentre alle loro articolazioni periferiche va
assegnata la funzione di gestione dei servizi,
in stretto rapporto con Regioni ed enti locali.
Non pu pi esistere un modello organizzativo
totalmente avulso dai bisogni del cittadino:
noi chiediamo si realizzino nel territorio poli
unici dello Stato cui cittadini e imprese
possano rivolgersi, senza duplicazioni e
moltiplicazione dei costi; una nuova
organizzazione delle amministrazioni che
unifichi e riaggreghi quelle funzioni
attualmente svolte da pi soggetti, liberando
risorse e tempo per cittadini e imprese.
Vogliamo cominciare cos, per indicare delle
priorit dalle ispezioni su sicurezza e
regolarit del lavoro, dalle incombenze
contributive-fiscali, dalle funzioni relative al
mercato del lavoro e allavviamento al lavoro?
Noi siamo pronti. Ma per fare questo, se ne
convincano la ministra Madia e il presidente
Renzi, bisogna costruire una forte azione
negoziale, che governi i processi di
riorganizzazione delle pubbliche
amministrazioni, a cominciare da quelli
derivanti dai percorsi di riordino istituzionale.
Unazione che governi un sistema di deroghe
alle normative attuali sui tetti di spesa del
personale e che rafforzi, non annichilisca, il
sistema delle relazioni sindacali, anche
attraverso lindividuazione di nuovi livelli di
confronto dove affrontare problematiche
derivanti dai processi di riorganizzazione. In
tutto ci, due semplici e inequivoci
presupposti: la salvaguardia dei livelli
occupazionali, garantendo per questa via
anche una prospettiva di stabilit dei rapporti
di lavoro, a garanzia dei livelli quali-quantitativi
dei servizi erogati; il ritorno dei contratti
collettivi nazionali di lavoro a un ruolo di
autorit salariale e strumento di propulsione
di un livello integrativo partecipato, anche
per migliorare lefficienza dei servizi ai
cittadini. Avranno abbastanza coraggio il
presidente Renzi e la ministra Madia per dare
gambe alla parola rivoluzione?

Iocca
DALLA PRIMA
distributiva, e non semplicemente
quello di ridurre la spesa pubblica,
la soluzione non dovrebbe
limitarsi allimposizione di tetti.
questa, in estrema sintesi, la tesi
sostenuta da Michele Raitano,
ricercatore di politica economica alla
Sapienza Universit di Roma, che in
un saggio pubblicato sullultimo
numero della rivista on line Menab
di Etica ed Economiapresenta alcune
evidenze empiriche finalizzate a
fornire una risposta pi consapevole
a una serie di domande relative alla
consistenza dei super-redditi e dei
divari retributivi nel settore pubblico
del nostro paese. Dai dati dellOcse
osserva Raitano emerge come le
retribuzioni dei dirigenti pubblici
italiani, di prima e seconda fascia,
siano ben pi elevate di quelle della
media degli altri paesi. I dirigenti
italiani di prima fascia guadagnano
in media pi del doppio il 112 per
cento in pi dei loro omologhi
colleghi dei paesi Ocse, mentre
fra i dirigenti di seconda fascia il
divario si attenua, ma comunque
sostanziale, pi 32 per cento.
La comparazione delle strutture
retributive non pu tuttavia dirsi
completa se ci si limita a osservare
unicamente la coda alta della
distribuzione. Non c dubbio
prosegue Raitano che lItalia
caratterizzata da retribuzioni
apicali molto elevate, ma anche
vero che il paese, fra quelli presi in
considerazione, in cui i funzionari
ministeriali laureati percepiscono gli
stipendi pi bassi, il 23 per cento
in meno rispetto alla media Ocse.
Il nostro paese si caratterizza,
quindi, non solo per laltezza delle
retribuzioni apicali, ma anche per la
forte disuguaglianza retributiva fra
chi occupa diverse posizioni nella
scala gerarchica, come nel caso del
confronto tra dirigenti e funzionari.
Ma, dinnanzi al quadro di riferimento
appena delineato, come si sono
mosse nel tempo le disuguaglianze
nei salari pubblici in Italia? Gi ben
prima dei provvedimenti di blocco
degli scatti di anzianit e dei rinnovi
contrattuali ancora lanalisi di
Raitano , sono cresciute, in termini
reali, quasi esclusivamente le
retribuzioni percepite al top; quelle
mediane, o ancora pi basse,
nel migliore dei casi sono rimaste
stabili, com evidente guardando
landamento nel periodo 1995-2010
delle retribuzioni nette, in termini
reali, dei diversi percentili della
distribuzione dei salari pubblici
rilevate dalla Banca dItalia. In
particolare, la crescita delle
retribuzioni dei percentili pi
elevati sembra essere stata
accelerata dallallentamento della
regolamentazione dei parametri in
base a cui sono stabiliti i salari
pubblici, introdotto dalla riforma
della contrattazione del 1998, che
prevedeva anche lo spoil system.
La crescita delle disuguaglianze
retributive nellambito della pubblica
amministrazione confermata, si
legge nel saggio pubblicato da
Menab di Etica ed Economia,
dallosservazione della dinamica
dei rapporti fra percentili, ovvero
dal rapporto fra la retribuzione
conseguita dal novantacinquesimo
dipendente pubblico pi ricco
e dal dipendente mediano o,
alternativamente, da chi si situa
al venticinquesimo posto lungo la
scala crescente dei redditi. Entrambi i
rapporti sono cresciuti sensibilmente
tra il 1998 e il 2004, per poi
stabilizzarsi (o ridursi lievemente in
qualche caso) nel periodo successivo.
Dai dati finora mostrati sembra
quindi evidente argomenta Raitano
che il problema del pubblico
impiego in Italia non riguarda
unicamente laltezza delle
retribuzioni apicali, quanto, pi in
generale, la crescente disuguaglianza
fra dipendenti pubblici, che si
sta presumibilmente acuendo in
seguito agli effetti regressivi del blocco
degli scatti e dei rinnovi contrattuali
iniziato nel 2010. Nel dibattito sembra
invece prevalere lidea che il
problema emerga unicamente al
top della distribuzione e che, anzi,
adeguare le retribuzioni dei dirigenti
pubblici italiani al livellodi quelle
pagate altrove rappresenterebbe
un facile modo per conseguire
risparmi di spesa non irrilevanti.
Ma se il riferimento deve essere
rappresentato dagli standard
internazionali, si domanda ancora
Raitano, perch omogeneizzare
soltanto le retribuzioni apicali e
non anche quelle dei funzionari
pubblici? E se i livelli retributivi
italiani fossero pi simili a quelli dei
principali paesi occidentali, la spesa
pubblica per retribuzioni si
ridurrebbe? Un semplice calcolo
svela la ragione principale
dellasimmetria di tali proposte e
chiarisce come lattenzione ai divari
retributivi sia motivata dallobiettivo
di contenere la spesa e non di
migliorare in modo sostanziale
lequit distributiva. Poich il numero
di coloro che si collocano alla base
della piramide, i funzionari, ben pi
elevato di quello di chi sta al vertice, i
dirigenti, laumento della spesa per le
retribuzioni dei primi pi che
compenserebbe la minor spesa per le
retribuzioni apicali. Tenendo conto
dei dati dellOcse sulla dimensione
degli organici ministeriali, se i livelli
retributivi dei dirigenti e funzionari
laureati italiani fossero eguagliati a
quelli medi Ocse la spesa italiana per
stipendi crescerebbe del 22 per cento.
Laumento sarebbe inevitabile anche
se si prendesse uno qualunque dei
paesi Ocse come termine di
riferimento; sarebbe minimo,
restando nellambito Ue, se le
retribuzioni fossero omogeneizzate a
quelle di Regno Unito e Svezia,
dellordine del 10 per cento, e
massimo se come punti di riferimento
si considerassero Francia, pi 34,
e Germania, pi 42 per cento.
350.000
300.000
250.000
200.000
150.000
100.000
50.000
0
Italia Francia Germania Regno Unito Spagna Svezia Stati Uniti
Dirigenti di prima fascia
Dirigenti di prima fascia
Media OCSE
Dirigenti di seconda fascia
Dirigenti di seconda fascia
Media OCSE
Funzioni laureati
Funzioni laureati
Media OCSE
RETRIBUZIONE ANNUA LORDA DI DIRIGENTI E FUNZIONARI
DEI MINISTERI IN ALCUNI PAESI OCSE NEL 2012
(valori espressi in dollari PPA) Fonte: elaborazioni su dati Ocse Government at a Glance 2013
3
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23 ILTEMADELLASETTIMANA
al paese
a garantire migliori
competenze di base su
tutto il territorio nazionale.
una sfida importante, che
comporta anche un ridisegno
dei curricoli e una complessiva
modernizzazione del sistema
scolastico. Sono ormai saltate
efficaci modalit di governo
del sistema e il Miur (ministero
dellIstruzione, dellUniversit
e della Ricerca) diventato
ormai una scatola vuota,
commissariato dalle
burocrazie di Mef (ministero
dellEconomia e delle
Finanze), Funzione pubblica e
Ragioneria, tanto che non ha
pi la capacit di esprimere un
minimo di programmazione.
Gli interventi normativi sul
versante contrattuale e
ordinamentale hanno
contribuito solo a rendere
pi pesante e complesso
il lavoro, non solo senza alcun
riconoscimento economico,
ma senza pure alcun incentivo
sulla motivazione dei
lavoratori. Per questo insisto
sulla necessit di ricostruire
una governance condivisa e
trasparente dei comparti della
conoscenza, che impatti scelte
generali di politica economica
e sociale. Il contratto nazionale
e la contrattazione decentrata
sono gli strumenti necessari
per tenere insieme
salario, struttura retributiva,
valorizzazione professionale,
diritti e miglioramento della
qualit del sistema della
conoscenza pubblica.
Rilegificare il rapporto di
lavoro, con il conseguente
carico di norme e codicilli in
una giungla burocratica
inestricabile, ha significato
rompere quellequilibrio e
spingere i settori pubblici
verso una deriva corporativa.
Cancellare la legge Brunetta
e rinnovare il contratto
nazionale sono questioni
decisive per rispondere
alla questione salariale,
ma anche per valorizzare le
professionalit, adeguandole
a contesti organizzativi
profondamente mutati.
Il precariato nei nostri
settori ha raggiunto
livelli insostenibili ed
indubbiamente un fattore
di inefficienza. Ma non per
colpa dei lavoratori. Un
progetto di ricerca che dura
anni e anni non pu basarsi su
contratti a termine, si cancella
la memoria di un lavoro, si
annullano competenze che si
sono costruite. E questo solo
un esempio. Per non parlare
poi del contenzioso che questi
contratti reiterati alimentano e
delle sanzione che lUe
commina allItalia. Anche
questi sono costi. Abbiamo
dimostrato, dati alla mano,
che assumere quei precari,
che coprono, non esigenze
straordinarie, ma vuoti
nellorganico, sarebbe
praticamente a costo zero. Il
superamento del precariato,
dunque, deve essere uno dei
pilastri della riforma della
pubbliche amministrazioni. Se
nelle scuole, negli istituti di
ricerca, nelle universit, nelle
accademie e nei conservatori
vi sono, a parit di prestazioni
e competenze, diverse
tipologie contrattuali,
diverse condizioni salariali
e normative, non ci sar pi
contrattazione e il sindacato
confederale sar sempre
meno rappresentativo.
Riunificare il lavoro una
questione strategica per
la Flc, che implica anche
un cambiamento profondo
nellinterpretare e praticare
la funzione di sindacato
confederale. La nostra sfida
quella di innovare i nostri
comparti, partendo proprio
dal ridare valore e dignit al
lavoro e interpretando il
contratto come strumento di
responsabilit collettiva e
dovere di verifica sociale.
o strategico
pi risorse possibili con ulteriori tagli lineari
Sarebbe stato necessario
un dibattito meno mediatico
ma pi coinvolgente

A
.
C
R
IS
T
IN
I
23p01-03_ok 10/06/14 16:29 Pagina 3
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
L
a sirena non suoner
pi. Se ne andato
in silenzio Daverio
Giovannetti, il leader storico
dei minatori sardi e uno
dei padri della Cgil isolana.
Le sirene nelle miniere
suonavano a ogni inizio e ne
turno, suonavano anche per
le situazioni di emergenza
e in occasione dei tanti
incidenti che hanno funestato
anni e anni di attivit estrattiva.
Per il leader iglesiente ha
suonato il 31 maggio scorso.
Nel dopoguerra, in una
situazione difcilissima,
Daverio Giovannetti riusc a
riorganizzare la federazione
regionale dei minatori,
diventandone, in occasione
del congresso del 1958, il
primo segretario provinciale di
Cagliari. Una vita interamente
dedicata ai lavoratori del
sottosuolo, che allepoca nel
Sulcis Iglesiente erano una
vasta moltitudine, lunica
vera forza lavoro esistente.
Gente che proveniva da
ogni parte dItalia e del
mondo. Tanti che avevano
pagato con il conno nelle
miniere la loro contrariet al
fascismo e alle camicie nere.
Per i padroni, Giovannetti era
sicuramente un temibile
agitatore di masse, per le
compagne e i compagni del
tempo era un vero e proprio
intellettuale, che sapeva
organizzare i lavoratori
non solo per resistere, ma
soprattutto per cambiare e
trasformare la ricchezza del
bacino minerario in una fonte
di libert e lavoro. Proprio
lavoro e libert erano le sue
parole dordine. Memorabili,
anche per il forte impatto e la
vasta risonanza mediatica, che
travalic i conni regionali,
rimangono i 60 giorni di
occupazione nel 1960 dei
cantieri della Pertusola (una
potentissima multinazionale
belga del settore estrattivo e
metallurgico, che possedeva
numerose e importantissime
concessioni minerarie in tutta
lisola). Giovannetti, che allora
era il segretario provinciale
della Filie (la gloriosa
federazione dei lavoratori
delle industrie estrattive),
rispose senza esitazioni
al licenziamento di due
delegati della commissione
interna della miniera di Su
Zurfuru (Fluminimaggiore),
proclamando lo sciopero a
oltranza, che trascin compatti
tutti i cantieri isolani. Quella
lotta divenne lotta di popolo,
forte dellappoggio di tanti
cittadini e di tutti i settori
economici. Uno scontro
che i minatori condussero
afancando alle rivendicazioni
contrattuali e salariali richieste
sul piano politico che nirono
per arricchire la lotta per
lautonomia regionale. Alla
ne, vinsero i minatori,
grazie alla forte solidariet
espressa da tutta lisola.
Il dirigente dei minatori stato
per 60 anni la memoria storica
del movimento sindacale e
politico del Sulcis Iglesiente
e della Sardegna, le sue
memorie sono raccolte in
due volumi, dove come lui
stesso scrive ha cercato di
raccontare le battaglie contro
le ingiustizie, le violazioni dei
diritti del lavoro, dopo aver
combattuto le posizioni
settarie e negato spazio
alle facilonerie, tentando di
offrire a ogni problema la
giusta collocazione culturale.
Daverio fu il segretario
provinciale dei minatori dal
1958 al 1964, anno in cui fu
chiamato alla guida della
Camera del lavoro di Cagliari;
incarico che ricopr no al
1968, quando venne eletto
segretario regionale della Cgil.
Decenni di dispute sindacali e
politiche hanno segnato la vita
di Giovannetti: nel 1972
candidato nelle le del Pci per
il collegio di Iglesias arriva in
Senato per la prima volta, vi
rester per tre legislature, sino
al 1983. In quegli anni nelle
mani dei minatori stava il
destino anche di altre categorie
di lavoratori questa la lezione
che ha lasciato in eredit ,
con lunit del popolo si
battono i padroni, si pu
sperare in una societ pi
giusta e pi democratica.
4
L

A
R
G
O
M
E
N
T
O
LALETTERA
DAL SULCIS
A CURA DI FRANCESCO CARTA
Per Daverio Giovannetti, storico
e combattivo leader dei minatori sardi,
la campana ha smesso di suonare
Mascini DALLA PRIMA Le contraddizioni di Squinzi
Senza nessun obbligo per nessuno,
senza costituire cos dei diritti di veto. Uno
strumento, appunto. Ma se un governo
non lo vuole utilizzare, non per questo
ne nasce un problema di democrazia.
C da chiedersi per cosa questo
atteggiamento di Renzi, questo voler
escludere la concertazione, comporter
per le parti sociali, soprattutto per la
Confindustria. Nella relazione che ha
presentato allassemblea Squinzi non ha
mostrato di preoccuparsene pi di tanto.
Non ha mai pronunciato la parola
concertazione, non ha manifestato alcun
rimpianto per il dialogo con il governo. Si
limitato a chiedere al governo le riforme
che erano state promesse, magari anche
qualcuna in pi. Hai avuto i voti che ti
servivano, ha detto al premier, adesso
fai quello che hai detto di voler fare e
che il paese ti chiede di fare, le riforme.
Del resto un suo mantra quello
di preferire il fare al dire. Solo che
in questo modo non ha soltanto
riconosciuto il primato della politica,
ma ha cancellato il ruolo politico che
la Confindustria ha sempre avuto in tanti
anni. Non ha nemmeno detto come vuole
le riforme, si limitato a indicare qualche
particolare, senza entrare nel merito.
Questo un problema serio per
la Confindustria, perch se la
confederazione non ha interlocuzione
con il governo sui temi della politica
economica esce immediatamente dal
confronto pi generale, anche su quello
per la politica industriale, che invece
proprio ci che pi chiedono i suoi
associati, gli industriali che non sanno
dove dirigere i propri investimenti.
Sono anni che di politica industriale
vera in pratica non se ne fa nel nostro
paese, si potrebbe dire fin dagli anni
settanta, e la conseguenza stata la
perdita di interi settori industriali,
fondamentali per uneconomia avanzata.
Si fa tanto dire sul fatto che gli industriali
di casa nostra non investono, ma c da
tener presente anche che nessuno li ha
aiutati, nessuno ha indicato con
precisione dove e perch investire.
C poi da osservare che in questo
modo la Confindustria sarebbe sempre
meno un punto di riferimento per
limprenditoria nel suo insieme.
indiscutibile la leadership che
Confindustria ha sempre esercitato negli
anni su tutto il mondo imprenditoriale. Le
altre grandi confederazioni non hanno
mai avuto un ruolo uguale a quello di
Confindustria, ma questa posizione di
rilievo, che una volta poteva venire dal
peso economico e sociale dellindustria,
adesso che il terziario diventato di gran
lunga pi importante, come valore
aggiunto generato e come occupazione e
soprattutto nuova occupazione, viene
proprio dal fatto di essere partner o
quanto meno interlocutore privilegiato
del governo. E c anche da osservare che
la caduta della concertazione non
dovuta solo alla cattiveria di un leader
politico che snobba gli industriali, perch
lappannamento al quale assistiamo
adesso, e che ha portato alla caduta
anche della concertazione, la diretta
conseguenza di una caduta di autonomia
da parte della stessa Confindustria,
dal legame troppo stretto che la
confederazione ha avuto in questi
anni con il potere politico, quando
c stata unaccettazione troppo
ampia delle decisioni del governo.
Una caduta di ruolo, quindi. N
da credere che Confindustria possa
poggiare troppo una sua leadership
sulla contrattazione, che pure lattivit
tradizionale della confederazione, la vera
causa che port un secolo fa alla sua
costituzione. Ormai, ed la Confindustria
a dirlo, come ha fatto Squinzi nella sua
relazione allassemblea, la contrattazione
si svolger per lo pi nelle sedi
decentrate, soprattutto in azienda e nei
territori. l che si genera il valore
aggiunto ed l che si pu misurare
quanto deve e pu crescere il salario, in
stretto collegamento con la dinamica
della produttivit. La contrattazione
aziendale per sostanzialmente svolta
dalle aziende medio-grandi, che sono
quelle che hanno meno bisogno della
confederazione, perch perfettamente in
grado di svolgere da sole i negoziati con
la controparte sindacale. Al pi, queste
aziende possono appoggiarsi alle
associazioni territoriali, che non a caso
sono destinate ad assumere dentro il
mondo confindustriale un ruolo sempre
maggiore a danno delle associazioni
di categoria che, con il decadere del
contratto nazionale, non potranno non
perdere di importanza e quindi di forza.
Questo insieme di cose che effetto avr
sulla confederazione? Perder di peso
oltre che di ruolo? Lesempio della Fiat
sar seguito da altre imprese? Questo
non per nulla scritto, perch comunque
allinterno del mondo imprenditoriale il
prestigio di Confindustria resta alto. Il
FUORICLASSE.BLOG.RASSEGNA.IT
DI STEFANO IUCCI
DEMOCRAZIA, NON TUTTO CONSULTABILE
P
are dunque che Grillo e Casaleggio abbiamo sciolto il
dubbio: ci sar una consultazione via web per decidere il
gruppo cui aderir il M5S.Sarebbe cos scongiurata la mi-
naccia indicata da tanti iscritti e simpatizzanti del movimento
stesso,e cio che,in un soggetto che punta alla democrazia diretta
siano poi i capi, senza alcun vincolo o mandato, a decidere le al-
leanze. Siamo in una fase in cui partiti, post-partiti, movimenti
non se la passano troppo bene. Fuori dal Novecento, oltre le
grandi aggregazioni organizzate rigidamente,i soggetti che riu-
niscono i cittadini per fare politica stentano a trovare regole,pro-
cedure e garanzie moderne per gestire rapporti di rappresen-
tanza,processi decisionali e meccanismi di selezione dei dirigenti.
Non mi interessa analizzare i limiti e la strumentalit con cui i lea-
der del M5S brandiscono consultazione e partecipazione (in
questo caso giorni e giorni di post tutti positivi su Farage e lUkip
e critiche varie ai Verdi europei). Non questo, stavolta, il punto.
Personalmente sono convinto che la rete offra possibilit impor-
tanti di partecipazione e di influenza nelle scelte e decisioni
strategiche di partiti, movimenti e sindacati e che una certa
quota di disintermediazione sia in qualche modo, oggi, inevi-
tabile. Tuttavia, di unaltra cosa sono altrettanto certo: io non
vorrei mai essere consultato dal mio partito per decidere se
allearmi con uno xe-
nofobo iperliberista.
Immagino che anche
un militante dellUkip,
che pure si professa
favorevole alla demo-
crazia diretta,non vor-
rebbe pronunciarsi
sulla possibilit che il
suo partito si allei con
la Lista Tsipras o con i
Verdi. Non tutto pu
essere consultabile,
devono esserci delle
ragioni minime per
stare insieme,un tes-
suto di valori fondanti
dati prima, non da
verificare ogni volta
poi,in una continua
messa ai voti di ideali
e grandi obiettivi. Se
il partito mi consulta
su argomenti di que-
sto tenore, vuol dire
che non mi conosce o,
pi propriamente,che
non ci conosciamo.
M
O
N
D
O
B
L
O
G
Settimanale della Cgil
Via dei Frentani 4/a, 00185 Roma tel. 06/44888200
fax 06/4469008
E-mail: redazione@rassegna.it
Comitato editoriale
ArisAccornero, Patrizio Bianchi, Mimmo Carrieri,
Mario Centorrino, Claudio DeVincenti, Fiorella Farinelli,
Maria Luisa Mirabile, Enzo Rullani, Giorgio Ruffolo
Direttore responsabile
Guido Iocca g.iocca@rassegna.it
Redazione
MassimilianoAcerra m.acerra@rassegna.it
PaoloAndruccioli p.andruccioli @rassegna.it
Patrizia Ferrante p.ferrante @rassegna.it
Enrico Galantini e.galantini@rassegna.it
Carlo Gnetti c.gnetti@rassegna.it
Roberto Greco r.greco@rassegna.it
Mayda Guerzoni mayda_guerzoni@er.cgil.it
Stefano Iucci s.iucci@rassegna.it
Cristina Izzo c.izzo @rassegna.it
Ilaria Longo i.longo@rassegna.it
Giovanni Rispoli g.rispoli@rassegna.it
MarcoTogna m.togna@rassegna.it
Progetto gracoIlaria Longo
Editore Edit. Coop. societ cooperativa di giornalisti,
Viadei Frentani 4/a, 00185Roma Iscrittaal reg.naz.
Stampaal n.4556del 24/2/94
Presidente del Consiglio damministrazione
PaoloAndruccioli p.andruccioli@rassegna.it
Propriet della testata Ediesse Srl
Abbonamenti 2014Annuo:euro86,00
(euro53,00per gli iscritti Cgil). Estero:euro190,00
IbanIT04B0312703201000000000717
intestatoa:Edit.Coop.SocietCooperativadi Giornalisti
Ufcio abbonamenti
06/44888201 fax 06/44888222
e-mail: abbonamenti@rassegna.it
Ufcio vendite 06/44888230 fax 06/44888222
e-mail: vendite@rassegna.it
Pubblicit Edit. Coop., via dei Frentani 4/A
tel. 06/44888223
Comunicazione e Marketing Edit. Coop.
Stampa Puntowebsrl,
ViaVariante di Cancelliera, 00040Ariccia (RM)
Chiuso intipograa marted 10giugno ore 13
AssociatoaMediaCoop
Legacoop
AssociazioneCooperative
Editoriali
edi Comunicazione
La testata fruisce dei contributi diretti
di cui alla l. 7-08-1990, n. 250. Iscritto al n. 13.101 del
registro delle pubblicazioni periodiche del tribunale di
Roma il 28 novembre 1969 - Iscrizione al Roc n. 2743
Rassegna Sindacale
RASSEGNADOS.BLOG.RASSEGNA.IT
DI LORENZO PIERFELICE
23p04-05_ok 10/06/14 16.06 Pagina 4
fatto stesso che due anni fa luscita della
Fiat non abbia provocato una valanga,
come pure molti si aspettavano, dimostra
che la tenuta associativa pi forte di
quanto non si creda. Se Confindustria
deve perdere associate, non certo
un problema di adesso, perch tutto
sembra far credere che avvenga proprio
il contrario e non un caso se ogni
anno cresce il numero delle aziende
associate, giunto al livello di 150.000,
una cifra altissima. Semmai c da
chiedersi dove porter la disputa
legata alla natura degli associati alla
confederazione. Un paio di anni fa sono
stati in molti a sottolineare la diversit
che esiste tra le aziende private e quelle
pubbliche, e che sarebbe stato bene
se queste ultime fossero uscite dalla
confederazione. In molti si sono chiesti
se non fosse pi giusto tornare a
dividere i destini. La Marcegaglia non
volle dare spazio a queste richieste, ma
il tema non mai stato archiviato. Ed
tornato di moda dopo che Squinzi ha
reso noto il team di presidenza della
seconda met del suo mandato. Il
presidente ha infatti cancellato dalla
lista dei vicepresidenti i responsabili di
Eni ed Enel. Cera un motivo preciso,
perch al momento dellindicazione
il loro mandato era scaduto, ma
non erano ancora stati nominati i
nuovi vertici. Fatto che nemmeno
dopo la loro indicazione lelenco
dei vicepresidenti stato rivisto,
n c alcun segnale che ci si
voglia fare. Per cui da credere
che le ex Partecipazioni statali
non avranno diretti rappresentanti
al vertice dellorganizzazione, al cui
finanziamento peraltro contribuiscono
in maniera molto pesante. Una
situazione che non sembra poter
continuare a lungo, perch nessuno
ha piacere a essere considerato
cittadino di serie B.
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
5
LAPIAZZA
Commento di Fausto
a Lavoro: Poletti, pensione anticipata
per disoccupati over 60,
http://goo.gl/3WST9Y - 3 giugno
La Fornero piangeva
quando parlava delle
revisioni delle pensioni,con
laltro furbone chiamato Monti
che la rincuorava...Nessuno
di noi sapeva cosa ci aspettava
veramente,adesso siamo tutti
disperati perch troppo vecchi per
lavorare,ma siamo troppo giovani
per accedere alla pensione...per
questi politici senza scrupoli.Loro
per la vita se la godono con tanti
soldi e tanti bei discorsi!!!
Commento di Arianna
a Sciopero call center:
oltre l80% di adesione,
http://goo.gl/EYLKeT - 4 giugno
Sono dipendente di
una delle societ citate
nellarticolo e ho scioperato.
Appartengo a quella schiera di
lavoratori quarantenni e laureati
che hanno trovato nel call center
non il lavoro ideale,ma lunico
lavoro possibile.Il continuo
trasferimento di commesse in
Albania,Turchia e Repubblica
Ceca ci mette in ginocchio:ogni
giorno ci viene ricordato che per
coprire i nostri costidobbiamo
raggiungere livelli di produttivit
impensabili.Cos siamo costretti a
una guerra tra poveri!
Commento di Paolo
a Esaote: Fiom Firenze, disponibili
a confronto su nostro piano industriale,
http://goo.gl/s3PEVv - 5 giugno
Vorrei ricordare che oltre
agli esuberi sono previsti 22
trasferimenti dal laboratorio di
ricerca e sviluppo di Firenze a
quello di Genova.Se lazienda non
receder da questo proposito
perder sicuramente buona parte
delle indispensabili risorse.Per
quanto il mercato del lavoro
sia in crisi, impensabile per
molti separarsi dalle proprie
famiglie! Credo proprio che un
progetto di rilancio industriale
cos non sia credibile!!
Commento di claudio
a Rai: sindacati, sciopero confermato,
http://goo.gl/5MvBu2 - 5 giugno
Non bisogna scioperare
categoria per categoria,
fermiamo per due giorni lItalia...
Commento di Elio Borri
a Mose: Camusso, restituire
responsabilit alle istituzioni,
http://goo.gl/oGZG8s - 5 giugno
Le grandi opere
provocano le tangenti...
Commento di Franco Riccardi
a Mose: Camusso, restituire
responsabilit alle istituzioni,
http://goo.gl/oGZG8s - 6 giugno
LItalia va avanti cos
ormai da anni.
Commento di Anna
a Camusso: meno contratti
e pi tutele per il lavoro,
http://goo.gl/F8mnLR - 9 giugno
Condivido in pieno!!
I PODCAST
DELLA
SETTIMANA
I COMMENTI
ONLINE
DEI NOSTRI
LETTORI
www.radioarticolo1.it
Alihad: pagano caro,
pagano tutto i lavoratori
da Elleradio
goo.gl/65WZKi 10 giugno
Laccordo tra Alitalia e
Ethiad costa lesubero
di 2.200 lavoratori. Ne
abbiamo parlato con
Mauro Rossi, Filt
nazionale; Stefano
Malorgio, Filt Milano;
Daniele Martini, il Fatto
Quotidiano; Stefano
Monticelli, Filt Roma e
Lazio;Oder Procacciante,
cassintegrato; Sara Di
Marco e Romano
Lazzara, lavoratori dello
scalo di Fiumicino.
Io sto con la sposa
da Elleradio
goo.gl/fKbhTf 9 giugno
Tre registi fantasiosi
hanno messo in scena
un finto corteo nuziale
per aiutare un gruppo
di ragazzi siriani senza
documenti a raggiungere
la Svezia,partendo da
Milano:lavventura
diventata un film-
documentario.Ai nostri
microfoni Rachele
Masci,attrice,Antonio
Augugliaro,operatore,
e i registi Gabriele del
Grande e Khaled
Soliman.
Sciopero Rai
da Italia parla
goo.gl/IWWKkv 9 giugno
La Cgil e lo sciopero
dei lavoratori dellente
radio-tv, tenutosi l11
giugno nonostante la
Commissione di garanzia
lo abbia giudicato
illegittimo.Il sindacato
esprime preoccupazione
per un decreto legge che
mette a rischio lazienda
di viale Mazzini,sia
come servizio pubblico,
sia come grande impresa
del paese.Il giudizio di
Barbara Apuzzo,della
segreteria nazionale Slc.
Genova una citt in crisi
da Speciale Addio
alle fabbriche
goo.gl/ecetnV 5 giugno
Siamo andati sotto la
Lanterna per capire quali
sono le problematiche di
una citt sempre pi
deindustrializzata. Sono
intervenuti Ivano Bosco,
segretario generale
Cgil; Bruno Manganaro,
segretario generale
Fiom provinciale; Fabio
Marante, segretario
generale Fillea
provinciale; assieme a
delegati Ilva, Piaggio,
Fincantieri,Esaote,Cea.
SIAMO ANCHE SU
facebook.com/rassegna.it
twitter.com/rassegna_it
IL PUNTO
Lo scandalo sorto intorno agli
appalti del Mose di Venezia
riporta al centro dellattenzione di analisti e media, a
meno di due settimane dagli arresti effettuati a
Milano per i lavori dellExpo 2015, la grave
emergenza legata alla corruzione e allintreccio
politica-affari nel nostro paese. Uno scandalo che
preoccupa in misura maggiore rispetto a quelli (non
pochi) emersi negli ultimi anni: prima di tutto per la
qualit e la quantit dei soggetti coinvolti, dal sindaco
della citt a un ex generale della Guardia di finanza,
al direttore del consorzio Venezia Nuova (lunico
concessionario dellopera), a un magistrato della
Corte dei conti, ma anche perch forse mai come in
questa occasione la credibilit della classe
imprenditoriale e di quella degli amministratori locali
si dimostrata se dovesse essere confermato
limpianto accusatorio cos al di sotto della
decenza. Ha fatto dunque bene la Cgil del Veneto a
sollecitare alle forze sane della regione di stringere
un patto per la legalit improntato alla
moralizzazione della politica e delleconomia, e
altrettanto bene ha fatto da Roma Susanna
Camusso a chiedere il ritorno a un sistema con al
centro la responsabilit dellistituzione che decide di
fare linvestimento, una responsabilit di governo e
non solo dellappalto. E mentre in casa sindacale si
giustamente impegnati a promuovere soluzioni
finalizzate a impedire il ripetersi dei casi di
corruzione, un accorato grido dallarme giunge
proprio dallepicentro dellultimo terremoto
giudiziario, dove si fa notare (lo ha fatto tra i primi il
segretario della Camera del lavoro veneziana
Roberto Montagner) che i rischi maggiori li corrono
ora le migliaia di addetti che operano allinterno del
Mose. Senza contare i pericoli insiti per la citt nel
congelamento di questioni della massima
importanza per il futuro del lavoro, a cominciare dalle
scelte che si sarebbero dovute fare in queste ore per
Porto Marghera: la Newco per le bonifiche con
Regione e Comune, la cessione da parte dellEni
delle aree finalizzate alla reindustrializzazione. La
beffa che insomma andrebbe evitata che, alla fine,
siano i lavoratori a dover pagare, a causa delluso
distorto della cosa pubblica, che gi li vede
defraudati come cittadini, il prezzo pi alto.
Tra le cose pi
interessanti
contenute nellinserto
dellUnitdedicato a
Enrico Berlinguer a trentanni
dalladdio, c una intervista
di Claudio Sardo a Guido
Bodrato. Il vecchio esponente
della sinistra Dc ritorna
sullasse strategico esistente
tra Moro e Berlinguer e
fa chiarezza sul concetto
moroteo di terza fase,
negando che in esso fosse
gi presente la nozione di una
democrazia dellalternanza.
Questa idea che rinvia a una
democrazia competitiva,
incardinata sullesplicita
polarit maggioranza-
opposizione, era del tutto
estranea a Moro, e nessuna
lettura in chiave anticipatrice
della sua elaborazione
strategica plausibile. Egli
conservava, come tutti
i principali politici degli
anni settanta del resto,
una visione consensualistica
della democrazia. La terza
fase per lui indicava la
presenza nel nuovo sistema
politico di un Pci anchesso
legittimato a governare,
ma non come guida di
uno schieramento costruito
in aperta concorrenza
con un polo antagonista
incentrato sulla Dc.
In ci risiede la distanza
delluniverso concettuale
di Moro (e in fondo anche del
Berlinguer del compromesso
storico) rispetto ai cardini di
un bipolarismo che a lungo
stato celebrato dai politologi
come una mistica entit
paradisiaca. E invece lordine
bipolare, con la caduta dei
grandi soggetti di massa
che presupponevano la
politica come pensiero, ha
comportato una catastrofica
deriva nei lidi ingannevoli
della comunicazione affidata
a maschere fabbricate dai
media (e quindi dai poteri
economici che ne sono
proprietari). Finch la politica
era davvero faccenda di
popolo, non spuntavano
fuori politici con larte della
finzione e della simulazione
appresa in laboratorio per
apparire simpatici a tutti i
consumatori di spot. Ha
ragione Bodrato quando
osserva che, nel tempo della
leadership venduta come
un accattivante prodotto
pubblicitario, non so se
un Moro o un Berlinguer
sarebbero potuti emergere.
Oggi le leadership non
scaturiscono dalla battaglia
politica, che fatta di idee
e di passione, ma anche di
cultura, di interpretazione.
qui che la lezione di
Berlinguer e quella
di Moro restano valide.
proprio cos. Se ne pu
discutere, come fa in un
recente libro Claudia
Mancina, che ai tempi di
Berlinguer per, sulla scia
di Althusser, lo criticava,
perch rompeva con i dogmi
della dittatura del proletariato
e del marxismo ortodosso, la
modernit rispetto ai
canoni del saggio liberalismo
odierno. Ma quanto pensiero,
quanto sforzo di riflessione
complessa cera dietro ogni
discorso, ogni scritto del
leader del Pci. La sofferenza
del concetto, che affiorava
sempre in una parola
sorvegliata e meditata,
rimane come ricordo di
una politica-progetto che non
c pi. La consapevolezza
dellestrema distanza che
separa la piccola politica di
oggi dalla grande politica
di un tempo non equivale a
una rassegnata ritirata agli
ordini di una drammatica
sensazione di impotenza.
piuttosto il fondamento di
una nostalgia attiva, che non
contempla il gi dato come
una reliquia da rendere uno
sterile oggetto di culto, ma
opera per recuperarne tutto il
senso possibile e gettarlo
nelle nuove battaglie per la
liberazione e la disalienazione
dalla follia del capitale.
di MICHELE PROSPERO
Nel tempo della leadership politica venduta
come un accattivante prodotto pubblicitario
un Moro o un Berlinguer non sarebbero emersi
23p04-05_ok 10/06/14 16.06 Pagina 5
6
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
esempio, ma il percorso da fare
per completare la trasformazione
ancora lungo.
In questo senso basti pensare alle
dinamiche che riguardano la fabbrica
per eccellenza: Mirafiori. I ricercatori
del Rota hanno cercano di
fotografare, per la prima volta,
limpatto su Torino delloperazione
Fiat-Chrysler. Nel giro di pochi anni i
rapporti di forza si sono praticamente
ribaltati rilevano . Se nel nascente
gruppo il peso di Fiat nel 2009 era
pari al 62% e Chrysler vendeva il
restante 38%, adesso il peso del
Lingotto sceso al 42%. Nonostante
Mirafiori sia una delle fabbriche di
auto pi grandi dEuropa, in realt
scivolata al terzultimo posto tra gli
stabilimenti italiani (-62% di auto
vendute), seguita soltanto da
Grugliasco e Modena.
Anche gli utili sono cresciuti grazie a
Detroit: lanno scorso il 98% del
guadagno stato fatto da Chrysler,
due anni prima era appena il 60%.
Fiat ha diminuito in tre anni i suoi
profitti del 76%, mentre Chrysler li ha
pi che raddoppiati (+134%).
Nonostante la crudelt dei numeri,
per il sindaco Fassino non si possono
non guardare i punti di forza del
settore auto che con la Bertone, ad
esempio, rappresenta bene un seme
di speranza. Qui cerano 1200 operai
condannati a perdere il lavoro dopo
sette anni di ammortizzatori sociali.
Ora c uno dei principali stabilimenti
Maserati. Entro lestate partiranno i
lavori per ammodernare gli impianti a
Mirafiori. Lhub dellautomotive
esporta l80% della sua produzione
perch capace di competere a
livello internazionale. La crisi in
atto, ma la trasformazione completa
a portata di mano.
Alla difficile situazione dellauto, tra
2008 e 2012 si affiancata anche la
caduta del settore edile. Nella ricerca
si legge che se nellindustria sono
stati persi oltre 20mila posti e quasi
5mila nelle costruzioni, questi solo in
parte sono stati compensati
dallaumento di circa 6mila occupati
nel commercio e nel turismo e da
oltre 5mila nei servizi alle imprese.
La differenziazione produttiva stata
la scelta obbligata di fronte alla
D
Da un lato tre ricercatori che hanno
passato al setaccio la citt e, dallaltro,
il sindaco Piero Fassino che ha cercato
di enfatizzare i semi di fiducia che in
mezzo a tante criticit continuano a
rappresentare le ragioni per
immaginare una Torino pi coesa e
competitiva. In mezzo c la fotografia
del quindicesimo Rapporto Giorgio
Rota realizzato dal Centro di ricerca e
documentazione Luigi Einaudi.
In questa edizione emergono
chiaramente due Torino, proprio cos
come ci sono due Italie. Sempre pi
distanti, sempre pi diverse. A
guardare queste realt torna in mente
la piccola canzone dei contrari in
versione socio economica. Saldo
imprese negativo, 15.616 aperture
contro 16.091 cessazioni, chiusure ma
riduzione dei fallimenti, crollo
automotive e costruzioni ma crescita
turismo e servizi pubblici, pi
esportazioni verso Nord America,
Brasile e Cina ma meno
multinazionali sul territorio cittadino,
sei su otto poli dinnovazione
regionale rientrano tra i dieci migliori
dItalia, ma il livello di qualificazione
della popolazione rimane inferiore ad
altre metropoli del paese.
Insomma, capire Torino oggi come
guardare allItalia su scala
laboratoriale. In mezzo a tante
difficolt, ci sono semi di fiducia,
titolo della ricerca di questanno, che
vanno curati per farli germogliare e
crescere. Lelemento caratterizzante
per vincere la sfida proprio
quellalways on the move di
olimpica memoria: Torino non sta
mai ferma stato lo slogan scelto
per dare un senso al grande evento
del 2006. Nel rapporto di questanno
sul suo stato di salute, si conferma
questo dinamismo della capitale
subalpina, capace di ridefinire se
stessa, ma non ancora in grado, nel
turbinio dello spazio-tempo
globalizzato, di assorbire gli effetti
deleteri di mutamenti cos poderosi. Il
costo sociale del passaggio che si sta
compiendo negli ultimi ventanni da
citt-fabbrica a citt poliedrica
davvero elevato: sono oltre 12mila i
lavoratori in cassa integrazione
(primato italiano) e i giovani
disoccupati che hanno superato il 46
c
i
t
t


e

s
v
i
l
u
p
p
o
I costi della crisi,
la ripresa possibile
TORINO LULTIMO RAPPORTO ROTA DEL CENTRO EINAUDI
E
uno dei sedici
progetti urbanistici
della nuova Torino
strategica. Tristemente nota
per i tragici fatti accaduti il 6
dicembre del 2007,
loperazione di riqualificazione
riguardante lex ThyssenKrupp
ed ex Ilva, il Castello di
Lucento e le aree limitrofe,
dovrebbe far tornare a nuova
vita un pezzo del quadrante
nord est della citt. Attorno a
questa porzione di territorio
metropolitano compresa tra
corso Regina Margherita, via
Pietro Cossa, via Pianezza e la
Dora si aperto un dibattito
significativo che coinvolge
cittadini ed enti locali. In
particolare, la scorsa settimana
Legambiente e lassociazione
Campus hanno presentato alla
citt uno studio di analisi e
proposte che mette nero su
bianco lacune e carenze della
zona e possibili vie di
rinascita, fissando al tempo
stesso paletti ben precisi.
Il problema spiega Silvana
Fagnani, presidente del circolo
di zona Legambiente
LAquilone che proprio su
questarea si possa realizzare
lennesima colata di cemento.
Di ufficiale ancora non c
nulla, ma il rischio che il
passaggio del Castello di
Lucento alla citt comporti la
cessione dimportanti aree da
edificare. Noi non vogliamo
una nuova urbanizzazione
prosegue n tanto meno che
il Castello diventi merce di
scambio per palazzinari pronti
Progetti
NELLAREA
DELLA
THYSSENKRUPP
Cresce in citt la forbice
tra ricchi e poveri,
insorgono
difcolt inedite.
Non mancano
per i semi di ducia
MICHELANGELO TOMA
per cento, proprio come nelle aree
depresse dellItalia del sud. Sembra di
vivere in pieno darwinismo sociale: i
primi della classe corrono pi
velocemente e si arricchiscono pi
rapidamente, lasciando indietro e
staccando sempre pi quelli delle
ultime file. E questo si conferma in
un dato su tutti: dal 2006 i torinesi
poveri sono aumentati ma quelli
sopra i 60mila euro lanno sono
cresciuti in media del 15 per cento.
In mezzo tutti gli altri, una classe
media sfibrata e disorientata, resa
anche pi fragile dallandamento dei
prezzi del bene rifugio per eccellenza:
il mattone. Nei quartieri centrali i
prezzi delle case negli ultimi
quattro anni sono aumenti del 46%,
mentre nelle zone periferiche della
citt sono calati del 35%.
Insomma la forbice si apre,
aumentano i sempre pi ricchi, come
crescono i sempre pi poveri e le due
categorie ormai si concentrano in
zone ben definite dellarea urbana.
Persino la salute si polarizza con tassi
di mortalit superiori nei quartieri
meno fortunati.
La crisi della manifattura spiega
Luca Davico, uno dei ricercatori
curatori del Rapporto uno degli
elementi che hanno generato questa
situazione. Torino ha provato a
cambiare pelle puntando su
universit, turismo e cultura, ad
23p06-07_ok 10/06/14 15.50 Pagina 6
C
hi guida
unorganizzazione
che ha fatto
delluguaglianza tra le persone
una delle sue ragioni dessere,
non pu che leggere con una
certa inquietudine le oltre 200
pagine della quindicesima
edizione del Rapporto Giorgio
Rota sulla citt di Torino. il
caso di Enrica Valfr, da
qualche mese nuova
segretaria generale della
Camera del lavoro.
Rassegna Segretaria, nel
Rapporto si racconta una citt
dove negli ultimi anni
aumentato sempre pi il
divario tra ricchi e poveri e la
ricchezza tende a concentrasi
nelle mani di pochi. Come
spiega questo fenomeno?
Valfr Il vero problema da
affrontare e risolvere la
mancanza di lavoro. Dal
rapporto emerge chiaramente
che il processo di
differenziazione produttiva e
lemergere di nuovi settori
economici nella realt
cittadina come la cultura, il
turismo e i servizi alla persona
non hanno ancora sostituito o
quanto meno assorbito
lingente mole di soggetti,
soprattutto giovani, che non
trovano unoccupazione. Si
possono continuare a fare
grandi investimenti in
operazioni di marketing
territoriale, ma fino a quando
lunit di misura di una
strategia non sar il numero di
nuovi posti di lavoro di
qualit generati, nessuno
potr dirsi soddisfatto dei
risultati conseguiti.
Rassegna Il sindaco della
citt, Piero Fassino, durante
la presentazione del Rapporto
ha sostenuto con orgoglio
la scelta della sua
amministrazione di non
chiudere molti servizi sociali e
di continuare a sostenere
diverse forme di welfare.
questo il compito delle
istituzioni pubbliche?
Valfr S, certo. Ma va fatta
una precisazione. vero, non
sono stati cancellati, ad
esempio, i soggiorni estivi per
i disabili. Ma per molti servizi
si sono alzate le soglie
daccesso. Quindi sulla carta
lofferta di welfare comunale
invariata se non addirittura
aumentata, ma la platea si
palesemente ridotta proprio in
un momento in cui lo strato
sociale che tende alla povert
relativa cresciuto. La
sensazione che si ha che si
stia abbandonando il welfare
di cittadinanza costruito a
partire dal secondo
dopoguerra e si stia tornado a
un welfare paternalistico e
caritatevole che si rivolge solo
ai casi pi disperati. E questo
un arretramento davvero
preoccupante in una citt che
ha fatto della solidariet
universale un diritto su cui
edificare il proprio sviluppo.
Rassegna In questo senso ci
sono altri casi che suonano
come un campanello
dallarme?
Valfr Un anno fa la citt ha
rinunciato alla gestione diretta
di nove asili nido su
cinquantaquattro e ha affidato
lerogazione di questi servizi a
delle cooperative sociali.
In questo non c nulla di
male in assoluto, ma una cosa
certa: i lavoratori hanno
dovuto accettare contratti con
remunerazioni pi basse e
condizioni di lavoro peggiori.
Rassegna Ci che caratterizza
il cosiddetto modello Torino
proprio il rapporto tra
pubblico e privato e le sinergie
che esso genera. Enti locali,
fondazioni bancarie e
associazionismo hanno creato
negli anni una rete capace di
contenere lesplosione del
disagio sociale. Come valuta
questelemento peculiare
della citt?
Valfr In s una dinamica
positiva che va incoraggiata e
sostenuta. Ma anche qui
bisogna guardare il fenomeno
dalla giusta prospettiva. Se
fondazioni di privati cittadini
che operano in strutture
ospedaliere riescono, ad
esempio, a condizionare le
scelte relative ai numeri di
posti letto nuovi da realizzare
in un reparto o in una
struttura, c da chiedersi se
questo viene fatto per
salvaguardare un interesse
pubblico e generale o meno.
Negli ultimi anni solo la
fondazione bancaria
Compagnia di San Paolo ha
aumentato la propria voce di
spesa sociale, compensando
cos almeno in parte i grossi
tagli che il Comune ha dovuto
praticare. Ora, le scelte
derivanti da questo suo ruolo
sempre pi influente
andrebbero discusse e
condivise con i soggetti pi
rappresentativi della citt. Una
delle sfide del mio mandato
sar proprio quella di
costituire un luogo dove
anche i sindacati abbiano pi
voce per orientare queste
decisioni.
Rassegna In questo senso
immagina un ruolo
innovativo del sindacato?
Valfr Certo, ma non che
una delle vie possibili. Ad
esempio, per intercettare
mondi ormai estranei alle
classiche dinamiche del
lavoro, con la Flc abbiamo
lanciato due progetti,
Controluce e Se non sai
non sei.
Il primo, realizzato insieme ad
Arci e altre realt associative
locali, si propone di
combattere il fenomeno della
dispersione scolastica in uno
dei quartieri pi difficili della
citt. Il secondo si occupa di
immigrati e tenta di favorire
percorsi di istruzione,
emancipazione e inclusione
sociale per questi nuovi
italiani.
Rassegna Il tema
dellistruzione sta molto a
cuore alla Cgil. La nuova
giunta regionale non potr
non affrontare la questione
del diritto allo studio, proprio
in una citt che nei due atenei
ha i motori della sua nuova
identit. Quale dovrebbe
essere la priorit?
Valfr Indico un dato su tutti:
nellultimo anno di Regione
guidata dal centrosinistra, i
fondi per il settore hanno
toccato i 26 milioni di euro.
In quattro anni di Lega al
governo si scesi a 12
milioni. Un serio rilancio del
diritto allo studio come
strumento di lotta alle
diseguaglianze deve essere
una priorit della nuova
giunta. M. To.
7
PRIMOPIANO
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
aggiungono due grandi sfide: la
nascita della citt metropolitana e il
lancio di nuovi grandi progetti di
riqualificazione urbana.
Unica nel suo genere, la nuova citt
metropolitana andr a sostituire i
confini che fino a oggi segnavano
lidentit della provincia: 315 comuni
e pi di 2,5 milioni di abitanti.
Una sfida grande e impegnativa che
se verr realizzata far di questarea
una delle principali aree urbane
integrate dEuropa.
Trasformazioni urbane e risorse da
iniettare nelleconomia reale
attraverso la realizzazione di sedici
grandi progetti urbanistici. In questa
nuova visione di Torino strategica
sar fondamentale il lavoro per far
arrivare una parte di quel 5% dei
nuovi fondi strutturali che per la
prima volta verranno destinati proprio
a questo tipo di operazioni. Nei
prossimi anni si prevede la
conversione di 2 milioni di metri
quadri deindustrializzati, met dei
quali coinvolgono la variante 200 del
piano regolatore che incide quasi
sullintero quadrante nordest della
citt. Un ennesimo tassello di
cambiamento, unennesima occasione
di rinascita. Star a quanti guidano
questo passaggio fare in modo che i
vantaggi di queste operazioni vadano
a favore se non di tutti, almeno di
molti e non solo di pochi.

M
.
D

O
T
T
A
V
IO
/
B
U
E
N
A
V
IS
T
A
a invadere di cemento Torino.
E infatti dallanalisi emerge
come, a distanza di diciannove
anni dallapprovazione del
Piano regolatore generale del
1995, non siano le case a
mancare nella zona. Il vuoto
da colmare riguarda i servizi
pubblici che ad oggi solo in
parte sono stati effettivamente
realizzati. In sintesi, il
fabbisogno di aree per il verde,
il gioco e lo sport soddisfatto
per l85,6%, mentre solo per
l11% quello di parchi urbani e
comprensoriali. Gli obiettivi
del Prg sono raggiunti al 54%
per le aree da destinare a
scuole dellobbligo e asili nido,
al 66% per le aree per
listruzione superiore, al 28%
per quanto riguarda i
parcheggi e al 78% per le aree
e le attrezzature di interesse
generale. Infine, nel quartiere
sono presenti solo il 53% dei
servizi prescritti dalla legge
urbanistica regionale.
Questo deficit di servizi, ad
esempio, potrebbe essere
colmato proprio attraverso la
trasformazione urbanistica che
interesser larea Thyssen
aggiunge la presidente del
circolo LAquilone . Ma prima
di fare qualsiasi cosa bisogna
realizzare dei seri interventi
di bonifica e la messa in
sicurezza della Dora.
Sullo sfondo resta la grande
questione del Castello di
Lucento, che potrebbe essere
centrale per donare alla zona
un polo culturale rilevante.
Lipotesi che viene avanzata
nel progetto di trasformazione
lacquisizione pubblica in
cambio della concessione di
diritti edificatori nellarea del
Castello a cui Legambiente,
come s visto, si dice
contraria. Questo passaggio si
potrebbe concretizzare con la
costruzione di palazzi sullasse
di via Pianezza di fronte alla
chiesa di Lucento, a fianco
del Castello stesso. Un prezzo
da pagare troppo alto per gli
abitanti del quartiere e in
controtendenza con i dati
relativi agli immobili invenduti
in citt. Comunque, se si
dovesse realizzare il sogno del
Castello pubblico, anche per
questo immobile dallalto
valore storico e architettonico
nel progetto c un futuro:
un centro di studi e
documentazione sulla sicurezza
sul lavoro aperto alle scuole,
agli operatori economici
e ai cittadini, per non
dimenticare le sette vittime del
tragico rogo consumatosi pi
di sette anni fa. M. To.
LAVORO E WELFARE/PARLA ENRICA VALFR, SEGRETARIA GENERALE DELLA CGIL
Pubblico e privato, una riflessione
caduta del manifatturiero. Passaggio
necessario spiega la ricercatrice
Cristiana Cabodi che ha aiutato a
reggere lurto, ma che non basta a
sostituire la base del sistema
economico torinese: la manifattura
occupa il 50% degli addetti, il turismo
e i servizi soltanto il 20%. Anche se
nellultimo anno le imprese del
turismo (+4%) e dei servizi (+3%)
sono le uniche a essere cresciute,
Torino resta una citt a chiara
vocazione industriale.
Infine, fondamentale in questa
situazione il ruolo del welfare.
La citt ha saputo attrezzarsi con un
welfare innovativo spiega Davico ,
inventando percorsi per affrontare la
crisi non in modo ripetitivo ma
propositivo, con alcuni casi che
stanno facendo scuola altrove.
Anche se la spesa pubblica in questo
settore precipitata dai 511 milioni
del 2009 ai 396 milioni del 2012, il
sindaco ha rivendicato con orgoglio la
grande tradizione solidale che
caratterizza questarea urbana. Su
tutto la grande attenzione allinfanzia:
37 bimbi su 100 hanno un posto al
nido contro una media nazionale del
19. Sul territorio cittadino sono sparse
600 strutture per servizi alla persona
e 2.600 dipendenti comunali su
10mila lavorano in maniera pi o
meno diretta nel campo del welfare.
Ora nel futuro di Torino si
23p06-07_ok 10/06/14 15.50 Pagina 7
FASCIA 1 Intensit bassa
FASCIA 2 Intensit media
FASCIA 3 Intensit alta
FASCIA 4 Altro aiuto
2.884
N. DOTI
ASSEGNATI
7.475
13.966
2.914
2.745.372,18
RISORSE
ASSEGNATE
12.428.045,99
35.065.836,59
728.778,88
27.239 50.968.033,64
11%
DISTRIBUZIONE
DOTI
27%
51%
11%
100%
Post Laurea 0,04%
Nessun titolo 2,69%
Elementare 1,32%
Secondaria inferiore 27,93%
10.109
Operatori accreditati lavoro
12.473
Apl
Secondaria superiore 54,39%
4.657
Cpi
Disoccupati 68,02%
Inoccupati 12,66% Occupati 19,31%
Laurea 13,63%
A
8
A sette mesi dal suo esordio, la Dote
unica lavoro produce i primi risultati.
La Regione Lombardia ha inaugurato
questo strumento lo scorso ottobre,
con un protocollo firmato, tra gli altri,
dalla Cgil territoriale. La Dote si
inserisce nel sistema delle politiche
attive del lavoro, aggiornandole
attraverso una serie di interventi inediti
e mirati. Essa si rivolge a una platea
vasta di beneficiari, tra cui gli
inoccupati fino ai 29 anni di et e tutti
coloro che, a vario titolo, hanno o
stanno perdendo il lavoro: lavoratori in
mobilit, disoccupati di lunga durata
senza pi ammortizzatori sociali,
titolari di AspI, mini AspI, cassa in
deroga o straordinaria per cessazione
di attivit o fallimento aziendale.
Una vera novit rispetto ai precedenti
interventi in materia, i quali erano
unicamente destinati ai destinatari di
un ammortizzatore sociale.
Tali soggetti vengono presi in carico
gratuitamente da un operatore
pubblico o privato enti formativi,
centri pubblici per limpiego, agenzie
per il lavoro che mette a disposizione
alcuni servizi tarati sulle concrete
necessit della persona. Sono previste
tre fasce a intensit di aiuto crescente,
elaborate a partire dallo stato
occupazionale, dallet, dal titolo di
studio e dal genere. A queste se n
aggiunta una quarta pensata per chi,
pur non avendo perso il posto di
lavoro, intende riqualificarsi per
ottenere maggiori garanzie.
Le prestazioni offerte vanno dal
bilancio delle competenze
allorientamento, dalla formazione
allattivazione di un tirocinio. Tutto ci
finalizzato alla stipula di un contratto
di lavoro di durata non inferiore a
centottanta giorni. La presa in carico
della persona va dai tre ai sei mesi.
Se, in questo intervallo di tempo,
il soggetto non ottiene un contratto,
pu rientrare nel sistema di
accompagnamento al lavoro,
sia rivolgendosi allo stesso operatore,
che ad uno diverso.
Questi vengono pagati a processo,
sulla base dei risultati che
raggiungono. In caso di insuccesso,
vale a dire nel momento in cui il
percorso non si conclude con la nascita
di un rapporto di lavoro, non possono
prendere in carico altre persone.
Il sistema della Dote unica per il lavoro
finanziato fino al 2015. Il budget
iniziale, pari a 48 milioni di euro, gi
stato impiegato. La Regione ha dunque
messo a disposizione altri 20 milioni
Lombardia
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
Parla Valentina Aprea
Risultati
al di sopra
delle
aspettative
L

I
N
T
E
R
V
I
S
T
A
I
risultati in sette
mesi di attivit
sono al di sopra
delle nostre aspettative.
Valentina Aprea, assessore
allistruzione, formazione e
lavoro della Regione
Lombardia non ha dubbi sul
successo delliniziativa tenuto
conto che le persone che
stanno accedendo alla Dote
unica lavoro sono per oltre il
50 per cento disoccupati che
avrebbero avuto grandi
difcolt a trovare un lavoro
autonomamente, in
considerazione dellet, del
titolo di studio, della durata
del periodo di disoccupazione.
Ci peraltro dimostra
continua lassessore come
gli operatori, anche quelli
privati, stanno lavorando in
una logica di servizio
pubblico, facendosi carico
anche delle situazioni meno
facili. inoltre positivo che vi
sia un equilibrio negli
interventi da parte delle
diverse tipologie di operatori.
Le Agenzie per il lavoro sono
notoriamente molto efcienti,
ma anche i servizi pubblici
sono una risorsa importante e
Dote unica lavoro li pone in
positiva concorrenza.
inoltre attivo il sistema di
nanziamento a risultato, una
potente leva per orientare gli
operatori al raggiungimento
del risultato.
In tal senso, considero un
importante risultato il fatto
che dallottobre 2013, delle 27
mila persone prese in carico, il
45 per cento si sono riattivate
nel mercato del lavoro: di
questi il 12 per cento con un
tirocinio e ben l88 per cento
con un contratto di lavoro. Ma
questo dato non mostra
appieno il potenziale di Dote
unica lavoro, perch
comprende anche le persone
che sono entrate nel sistema
da pochi giorni. Infatti i
risultati migliorano ancora per
le persone che hanno portato
a termine il percorso di
accompagnamento lavorativo
che dura almeno tre mesi. Le
persone che sono entrate nel
sistema 6 mesi fa, ben l81,4
per cento di queste si sono
riattivate nel mercato del
lavoro: il 9 per cento con un
tirocinio ed il 72,4 per cento
con un contratto di lavoro
Rassegna Si parlato
dellExpo come di
uneccezionale opportunit
occupazionale. Si
prevedevano 20.000 nuovi
posti di lavoro. Oggi questi
numeri sono molto
ridimensionati. A che punto
siamo?
Aprea Expo resta una
formidabile occasione di
rilancio delleconomia e
delloccupazione regionale.
Non solo confermo quanto ho
detto in passato, ma Regione
Lombardia ha rilanciato il
Lavoro, decolla
di CHIARA CRISTILLI
di euro per far fronte alle
necessit crescenti. Per la Cgil, i
risultati ottenuti fino a questo
momento sono soddisfacenti.
A partire da ottobre, sono state
prese in carico quasi 24 mila
persone. Altre 5 mila si sono da
poco iscritte per ottenere i
servizi offerti. Tra coloro che
hanno scelto di usufruire della
dote, il 51 per cento inserita
nella terza fascia. Si tratta di
quella ad intensit di aiuto alta,
di cui fanno parte i soggetti pi
difficili da ricollocare: inoccupati
e disoccupati di lunga durata,
magari con un basso profilo
professionale e una storia
occupazionale intermittente.
il segmento di popolazione
che desta le maggiori
preoccupazioni, per cui
riteniamo molto positivo che un
numero tanto elevato di soggetti
svantaggiati abbia colto
lopportunit rappresentata dalla
Dote commenta Fulvia
Colombini, segretaria della Cgil
Lombardia. La forte presenza
femminile, allinterno di tutte
le fasce continua la
sindacalista , per noi un
ulteriore motivo di
soddisfazione. In percentuale,
le donne si sono attivate
pi degli uomini, dimostrando
una forte propensione
STATO DELLARTE DELLE PRESE IN CARICO
DISTRIBUZIONE DOTI PER TIPO DI OPERATORE
DISTRIBUZIONE DOTI PER CONDIZIONE OCCUPAZIONALE
DISTRIBUZIONE DOTI PER TITOLO DI STUDIO
Fonte: Regione Lombardia
Dul supporta in modo consistente le persone pi lontane dal mercato del lavoro (Fascia 3).
Il 46% dei destinatari preso in carico dalle Apl e il 17% dai servizi pubblici per limpiego.
Il restante 37% gestito dagli altri operatori accreditati.
Accedono a Dul principalmente disoccupati,con titolo di studio di scuola secondaria superiore.
La Regione
Lombardia ha
inaugurato a ottobre
dello scorso anno
questo strumento
con un accordo
sottoscritto
dai sindacati.
Dopo sette mesi
ecco i primi risultati
23p08-09_ok 10/06/14 14:28 Pagina 1
verso le politiche attive.
Il 46 per cento dei soggetti presi
in carico infatti costituito da
donne. Molte di queste erano
casalinghe che hanno cercato
unoccupazione con laggravarsi
della crisi, per sostenere
economicamente la famiglia.
Altre sono state vittime dei
licenziamenti che, sempre in
percentuale, hanno colpito pi
le lavoratrici che i lavoratori.
Per quanto riguarda let dei
beneficiari, si nota un certo
equilibrio tra le generazioni.
Il 24,65 per cento dei destinatari
ha tra i 16 e i 24 anni;
il 24,80 per cento tra i 25 e i 34;
il 24,29 per cento tra i 35 e i 44;
il 20,76 per cento ha tra i 45
e i 55 anni. Gli over 55
rappresentano il 5,50 per cento.
La maggior parte delle persone
prese in carico possiede un
diploma di scuola superiore
(54,10 per cento). Il 28,15 per
cento ha la licenzia media.
I laureati sono il 13,39 per
cento. Il numero di chi non ha
nessun titolo (3 per cento)
supera quello dei possessori
di licenza elementare
(1,32 per cento).
Il 67,70 per cento costituito da
disoccupati. Gli occupati che
rientrano nel sistema Dote,
magari in perch bisognosi di
rafforzare le proprie competenze
in vista di possibili
licenziamenti, sono il 19,81 per
cento. La fetta degli inoccupati
ammonta al 12,49 per cento.
Il 26 per cento dei percorsi
intrapresi si concluso. Nel 18
per cento dei casi con esito
pienamente positivo, dunque
con la firma di un contratto di
almeno sei mesi. Tale risultato
ha riguardato maggiormante i
soggetti inquadrati nella terza
fascia. Il 54,1 per cento dei
contratti stipulati a tempo
indeterminato. Sono soprattutto
le piccole imprese a proporli,
mentre le grandi aziende
prediligono i contratti a tempo
determinato (24,8 per cento
dei casi). Lapprendistato
rappresenta il 21,2 per cento
degli avviamenti al lavoro.
L11,1 per cento delle prese in
carico ha portato alla nascita di
esperienze lavorative inferiori ai
tre mesi, mentre nel 7,8 per
%
ZIONE
I
%
%
%
%
2.473
Apl
,39%
,31%
,63%
GRANDANGOLO
9
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
proprio impegno qualche
giorno fa, quando abbiamo
sottoscritto un avviso
comune con le parti sociali
regionali per liberare il lavoro
e dare concreta opportunit
alle aziende di massimizzare
limpatto occupazionale di
Expo, valorizzando le forme
contrattuali che possono
rispondere ad un evento per
sua natura temporaneo,
coniugando la essibilit
richiesta dalle imprese con le
tutele da garantire ai
lavoratori. Inoltre il
Presidente Maroni ha
fortemente voluto afancare
alla Dote unica lavoro una
Dote per Expo, per la
formazione delle persone e le
eventuali attivit di
ricollocazione post evento.
Rassegna La Regione ha
stanziato quasi 70 milioni di
euro per nanziare il sistema
Dote. Ritiene che dovr
mettere a disposizione altri
fondi?
Aprea La cifra stata
stanziata ma ancora non
totalmente utilizzata. Ad oggi
le risorse impegnate per
accompagnare le 27 mila
persone prese in carico sono
circa 50 milioni, ma ci
aspettiamo alcune economie
proprio perch il
nanziamento per le attivit
di accompagnamento al
lavoro viene effettivamente
riconosciuto solo se si
raggiunge il risultato.
Una media di meno di 2 mila
euro a persona per il suo
inserimento lavorativo una
cifra molto bassa, sintomo di
un sistema efciente grazie
allutilizzo dei costi standard.
Come ho sempre detto, Dote
unica lavoro un modello per
lo sviluppo delle politiche
attive del lavoro in Italia,
quindi un modello unitario,
sempre aperto e
continuativo. Perci sar
rinanziato con continuit,
anche attraverso le risorse
della prossima
programmazione
comunitaria 2014-2020.
Rassegna Il 48 per cento
degli avviamenti si
concluso con la rma di un
contratto di lavoro. Tuttavia la
crisi continua a falcidiare
posti . Su cosa state
puntando, concretamente,
per creare nuova
occupazione e un futuro per il
territorio?
Aprea Lassessorato al
lavoro si occupa delle
politiche attive e passive per i
lavoratori e dello sviluppo del
capitale umano.
Naturalmente collaboriamo
con lassessorato alle attivit
produttive che mette in
campo notevoli interventi per
lo sviluppo, dal supporto
allinternazionalizzazione
delle imprese, al sostegno al
credito, dal supporto alle
startup allanticipazione dei
debiti della Pubblica
amministrazione.
Tuttavia deve essere chiaro:
lattuale crisi economica
dipende sia da fattori
internazionali, sia dalla
strutturazione del nostro
sistema produttivo e dalle
condizioni del nostro Stato e
dalle relazioni industriali. In
questi anni ho visto troppe
aziende multinazionali
abbandonare lItalia perch
trovano condizioni migliori in
altri Paesi,
anche a noi vicini.
Il lavoro non si crea con
decreto o aumentando
limposizione scale, ma al
contrario creando le
condizioni perch le aziende
scelgano di mantenere da noi
i propri insediamenti o
crearne di nuovi. Si tratta del
buon funzionamento della
macchina amministrativa e
giudiziaria, di buone relazioni
industriali, di una legislazione
del lavoro comprensibile e
senza vincoli sproporzionati,
di un costo del lavoro che non
sia distorto da un cuneo
scale insostenibile. Per
questo abbiamo proposto la
creazione di zone a
burocrazia zero, la
liberazione del lavoro, la
riduzione del cuneo scale,
ma tutto ci riguarda
competenze legislative
nazionali.
cento dei casi si arrivati
allattivazione di un tirocinio.
Veniamo alle imprese. Il sistema Dote
prevede una serie di incentivi per
quelle che assumono. Il budget
va dai 3 mila ai 10 mila euro, a
seconda delle condizioni del lavoratore.
Maggiore la necessit di intervenire
con strumenti di reinserimento,
pi alto sar il finanziamento.
Le domande di incentivo finora
presentate sono 824, e i primi
5 milioni messi a disposizione sono
gi stati spesi.
Le politiche attive costano afferma
Colombini . Oggi abbiamo un mercato
del lavoro fermo. Attraverso il sistema
Dote abbiamo cercato di prendere in
carico tipologie diverse di soggetti, in
modo da contrastare una crisi non solo
economica, ma anche sociale. Ma un
domani, quando ci troveremo in un
contesto di ripresa, dovremo
concentrarci maggiormente sulle fasce
deboli, quelle che necessitano
di un sostegno pi solido. Occorre
ragionare in prospettiva.
Per il futuro vedo percorsi di
riqualificazione stabili, coerenti con i
profili professionali pi richiesti.
Un dato interessante riguarda la
tipologia di enti che hanno operato
con maggior successo. Su una classifica
di dieci, le agenzie per il lavoro pi
strutturate conquistano i primi posti,
ma anche alcuni centri per limpiego
ed enti accreditati guadagnano
posizioni importanti. Per il sistema
Dote, gli enti pubblici e i privati
agiscono su un piano di piena parit,
tuttavia sottolinea Colombini avere
un pubblico di qualit fondamentale,
per alzare il livello delle prestazioni.
C un ultimo aspetto su cui occorre
riflettere, ed il rapporto delle persone
prese in carico con il sindacato.
La Cgil ha offerto un fondamentale
contributo nellelaborazione di uno
strumento di politica attiva come la
Dote ma cosa accade quando il
soggetto conclude il percorso di
avviamento?
Per Fulvia Colombini si tratta di una
questione su cui bisogner spendere
molte energie. Cos come siamo in
grado di seguire il lavoratore allinterno
dellazienda, non siamo ancora
organizzati per accompagnarlo nei
percorsi di politiche attive. Occorre
dunque aggiornare le nostre modalit
di approccio, investire in strutture e
territori, creare competenze specifiche.
Altrimenti rischiamo di perdere tutto
conclude Colombini.
L
a Garanzia giovani, voluta
dallEuropa e adottata dal
governo italiano, pu
veramente rappresentare
unopportunit. In Lombardia la platea
interessata formata da due gruppi: il
cosiddetto stock, identificabile con i
Neet 260.000 giovani tra i 15 e i 29
anni e quello rappresentato dal
flusso dei ragazzi che ogni anno esce
dal sistema dellistruzione e della
formazione con un titolo di studio,
circa 70.000 persone. Per lo stock
lobiettivo laccompagnamento
veloce: la Regione indica un mese
dalla presa in carico verso
unesperienza di lavoro, il rientro in un
percorso formativo, una proposta di
servizio civile. Per il flusso dei 70.000
lobiettivo quello di un percorso di
job experience entro quattro mesi dal
conseguimento del titolo di studio. La
Garanzia giovani per la quale la
Regione Lombardia ha messo a
disposizione 178 milioni di euro per il
biennio 2014/2015 rappresenta un
vero percorso di politiche attive del
lavoro, indirizzato verso
laccompagnamento al lavoro, ma
anche al completamento della
formazione del singolo giovane.
In Garanzia giovani si ritrovano
alcuni principi del sistema di politiche
attive lombardo denominato
Dote unica lavoro, che si sta
sperimentando su tutto il territorio
regionale a partire dallottobre scorso
e i cui risultati sono monitorati e
valutati mensilmente da un tavolo cui
partecipano tutte le parti sociali.
Dote unica lavoro funziona,
analogamente a quanto stabilito dal
governo per Garanzia giovani,
mettendo al centro la persona
attraverso lindividualizzazione
dellintervento, con una serie di
servizi pagati a processo, altri a
risultato raggiunto. I servizi vengono
scelti da un paniere appositamente
indicato e vengono utilizzati i costi
standard, definiti a livello regionale. I
giovani, attraverso la presa in carico
da parte dei servizi,
laccompagnamento e lorientamento,
vengono profilati e inseriti in fasce di
aiuto diverse, definite a livello
nazionale. Garanzia giovani pu
rappresentare uno stimolo ulteriore
per rafforzare, estendere e qualificare
i servizi al lavoro su tutto il territorio
regionale, che da anni vengono
garantiti da soggetti pubblici e privati
accreditati, in regime di parit. La
qualificazione del pubblico
rappresenta ovviamente un elemento
di garanzia per la qualit di tutti i
servizi al lavoro e alla formazione,
unitamente alla realizzazione di un
sistema di rating che renda disponibili
e trasparenti i dati delle performance
degli operatori, misurati sulla base di
indicatori condivisi. Particolarmente
efficace si rivelata la
sperimentazione delle reti di
parternariato finanziate dalla Regione
negli ultimi due anni, con la
partecipazione di soggetti diversi tra
di loro e portatori dei vari interessi:
sistema delle imprese, operatori
privati, operatori pubblici, enti locali,
istituzioni scolastiche, organizzazioni
sindacali. Una sperimentazione delle
reti territoriali che pu funzionare
anche per la gestione di Garanzia
govani, che ha bisogno per anche
della capacit del sistema delle
imprese di cogliere lopportunit
offerta accogliendo i giovani e
indicando al territorio e agli altri
soggetti interessati, le vie del
possibile sviluppo economico, le
vocazioni produttive, le professionalit
emergenti, i fabbisogni qualitativi e
numerici. Il sistema dellistruzione,
della formazione e dellUniversit
deve diventare il pilastro
fondamentale per combattere
labbandono attraverso la
programmazione di percorsi
motivazionali ed esperienze di lavoro
e formazione strettamente intrecciate,
con percorsi di alternanza scuola
lavoro e tirocini extra curriculari,
come avvio veloce a unesperienza
formativa e di lavoro, e lassunzione in
apprendistato.
Un vero
percorso di
politiche attive
GARANZIA GIOVANI
olla la dote unica
mbardia
.
riore.
23p08-09_ok 10/06/14 14:28 Pagina 2
10
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
T
re storie di immigrazione, un
unico comune denominatore: la
Cgil. La prima quella di Pedro
Gilberto Rincon Campos, 55 anni,
laureato in Economia, proveniente dal
Per, dal 92 nel nostro paese, prima in
Sicilia, poi a Roma e dal 2007 residente
a Bolzano. Allinizio ho svolto ogni
genere di attivit ricorda : musicista,
venditore ambulante, artigiano,
manovale, fino alle pulizie nelle case.
Non avevo documenti e quindi stavo
per forza al nero. Successivamente ho
cominciato a lavorare nella grande
distribuzione con contratto a termine.
Nel 2009 sono passato a tempo
indeterminato e mi sono iscritto alla
Filcams. Dopo un paio di mesi ho
iniziato a fare il delegato nel mio luogo
di lavoro, conseguendo da subito buoni
risultati, malgrado molti colleghi
abbiano paura a prendere la tessera
temendo possibili ritorsioni da parte
dellazienda. Oggi quasi met del
personale di quel supermercato, 13 su
28, iscritto alla Cgil, mentre Pedro
uno dei quattro lavoratori stranieri
entrati nei direttivi della Cdl di Bolzano
e della Filcams provinciale: Tengo
corsi di formazione, spiego diritti e
doveri contrattuali, ma per migliorare il
proselitismo c ancora tanto da fare: in
primo luogo, bisogna conoscere il
mondo dellimmigrazione. Molti
dirigenti sindacali devono entrare
maggiormente in contatto con le
comunit straniere per sapere quali
sono i problemi, che non sono solo
quelli legati al lavoro, ma anche al
diritto di cittadinanza o al disbrigo delle
pratiche burocratiche dei permessi di
soggiorno. Ultimamente, per,
qualcosa cambiato: molti giovani
stranieri si avvicinano al sindacato pi
degli stessi italiani. Ci significa
rileva Pedro che le nostre campagne
di sensibilizzazione legate alle
tematiche degli immigrati hanno
centrato lobiettivo. Io ho adottato il
principio di stare in mezzo alle
comunit per non lasciare mai solo
nessuno. In qualit di sindacalista ho
grandi responsabilit perch svolgo
una missione importante: mi occupo
delle tutele individuali e collettive dei
lavoratori e devo far capire che il
sindacato sta dalla loro parte. Tempo
fa, la provincia ha promosso un
concorso pubblico per 46 operatori
socio-sanitari riservato alle comunit
linguistiche locali, italiana, tedesca e
ladina. In sinergia con la Cgil, ho lottato
per estendere il bando agli immigrati
residenti e alla fine ho vinto: il giudice
mi ha dato ragione e cinque stranieri
sono entrati in graduatoria, con una
sudamericana al terzo posto.
Storia diversa quella di Eric Wibabara,
39 anni, laureato in Scienze della
comunicazione a Roma dopo essere
scappato nel 94 dal Ruanda, suo paese
dorigine, travolto dalla guerra civile.
Per pagarmi gli studi racconta
lavoravo nelle cave di Tivoli, dove
abitavo. Di l a poco, sono entrato nella
Fillea di Roma Est come Rsu. Nel 2012
mi stato proposto di lavorare a tempo
pieno nel sindacato. Oggi sono un
funzionario Cgil e seguo ledilizia,
occupandomi di contratti, vertenze e
crisi aziendali. Eric fa un bilancio del
suo operato: Sono diventato un punto
di riferimento per i lavoratori stranieri
della zona, anche per quel che
concerne il rinnovo del permesso di
soggiorno. Riesco a dare una mano a
un sacco di gente, che non sa come
muoversi perch non conosce nessuno,
ha una cultura diversa e spesso ignora i
propri diritti: io li indirizzo, li consiglio,
spiegandogli cosa devono fare e loro
mi ascoltano. Cos facendo, sono
riuscito a risolvere molte questioni e
anche a recuperare qualche soldo in
busta paga. La guerra, per, non
ancora vinta. La Cgil deve fare di pi
per gli immigrati continua , che sono
i primi a soffrire per via della crisi. un
periodo tremendo per la mia categoria:
gli iscritti sono diminuiti parecchio
anche tra gli stranieri. A causa della
famigerata Bossi-Fini, in molti se ne
sono dovuti andare via, perch con la
perdita del lavoro improvvisamente
sono diventati clandestini e non hanno
potuto neanche usufruire della cassa
integrazione che pure spettava loro di
diritto, almeno per un anno. Perci
Una vita per aiutare gli altri
V
Giovani
e sindacalizzati
ROBERTO
GRECO
Voglia di sindacato tra i giovani immigrati. Nel complesso,
sul totale degli iscritti alle 42 camere del lavoro considerati
dal sistema Omnibus Cgil, il 29% dei tesserati con meno di
25 anni risulta straniero, mentre nella fascia compresa fra i
26 e i 35 anni tale percentuale tocca il 27,5. Questi dati
interessanti sono stati analizzati allinterno del VII rapporto
Immigrazione e sindacato. Lavoro, cittadinanza e
rappresentanza (Ediesse, a cura di Francesca Carrera ed
Emanuele Galossi per lAssociazione Bruno Trentin-Ires-
Isf), da Kurosh Danesh dellUfficio per le politiche
dellimmigrazione della Cgil. La leva di Archimede che
favorisce il proselitismo tra i lavoratori stranieri quasi
sempre laccesso al sistema dei servizi Cgil che nella
maggior parte dei casi si dimostra essere la prima forma di
relazione tra il mondo dellimmigrazione e quello del
sindacato. La particolarit di questo contatto sostiene
Danesh gioca un ruolo decisivo sulleventuale decisione
di aderire al sindacato da parte dellimmigrato. La
rappresentazione che ha un lavoratore marocchino del
sindacato, ad esempio, assai differente rispetto a quella
che pu avere un lavoratore polacco, vista la difformit
domanda di sindacato molto pi forte che tra
i giovani italiani e come tale importante
patrimonio vada assolutamente valorizzato in
futuro. Se non saranno introdotte nel nostro
ordinamento leggi restrittive contro
limmigrazione, ritengo non sia lontano il
giorno in cui proprio gli stranieri
diventeranno la prima categoria
rappresentata nella Cgil.
Meno ottimista il giudizio di Piero Soldini,
responsabile dellUfficio per le politiche
dellimmigrazione Cgil, soprattutto sullazione
sindacale dellultimo periodo. Non possiamo
nasconderci dietro un dito: il recente
congresso della Cgil non riuscito a
riequilibrare nellorganizzazione la
rappresentanza dei lavoratori immigrati. La
crisi economica e occupazionale non pu
essere una giustificazione, perch questa
riguarda tutti e ancora di pi gli immigrati che
pagano un prezzo aggiuntivo in termini di
disoccupazione, precariet, perdita del
permesso di soggiorno, arretramento dei
percorsi dintegrazione, aumento di
discriminazioni e razzismi. La percentuale di
iscritti immigrati si attesta al 15% sul totale dei
lavoratori attivi e sale al 25 tra i giovani under
35, ma nella platea di Rimini la presenza di
delegati stranieri stata dell1,5 %. Non
parliamo poi degli eletti nel Direttivo
nazionale: 2,5. Dati analoghi si riscontrano in
quasi tutte le istanze territoriali e di
categoria. Limpegno solenne dei congressi
precedenti denuncia ancora Soldini era di
promuovere una rappresentanza di delegati e
dirigenti sindacali immigrati proporzionale
agli iscritti; ci pu stare che tale obiettivo sia
raggiunto con gradualit e tempi lunghi non
traumatici per lorganizzazione, ma non si
pu accettare che aumentino gli iscritti e
diminuisca la rappresentanza: se ci avviene
significa che iscriviamo lavoratori immigrati
ma non siamo in grado di rappresentarli. Tale
Il primato della Filt
I dati forniti dal sistema Omnibus per gli
iscritti alla Cgil a fine 2012 permettono di
avere un quadro pi completo della
situazione attinente alla distribuzione per
categoria, genere e fascia det. In particolare,
sono stati analizzati i dati relativi a 42 camere
del lavoro (41 province), con una
distribuzione territoriale concentrata nelle
regioni centro-settentrionali (30 Centro-Nord
e 12 Mezzogiorno), che rappresentano quasi
un milione e 600.000 iscritti, di cui oltre
140.000 sono immigrati (pari a circa il 9%).
Nello specifico degli attivi, invece, il peso
percentuale degli iscritti stranieri supera il
16%. Oltre al dato interessante che riguarda i
giovani migranti, altri elementi interessanti si
possono trarre da Omnibus. A livello di
categoria, ladesione tocca punte altissime
nella Filt; in questa categoria pi di un iscritto
su due tra i 26 e 35 anni straniero (53,9%),
ma anche in Flai (43,2) e Fillea (40,4). Sempre
la federazione dei trasporti della Cgil si
insedia al primo posto (28,4%) della
graduatoria complessiva per fasce det,
seguita da Fillea (27,3), Flai (27,1), Nidil
(24,7) e Filcams (20,8).
Con linsorgere della crisi precisa il
sindacalista , sono mutati gli equilibri interni
tra le categorie. La Fillea, ad esempio, a
seguito della chiusura di molti cantieri, ha
subto una pesante perdita di iscritti anche tra
gli immigrati. Viceversa, Flai e Filcams hanno
visto aumentare i propri tesserati: la prima, in
virt del buon risultato conseguito con la
campagna nazionale di emersione dal lavoro
nero in agricoltura che ha interessato una
pluralit di migranti; la seconda grazie al
settore domestico che proprio nel 2012 ha
fatto registrare un saldo positivo di posizioni
lavorative allInps, in maggioranza straniere.
Pi in generale, appare sempre pi evidente
come tra i giovani stranieri ci sia una
r
a
p
p
r
e
s
e
n
t
a
n
z
aIMMIGRATI CRESCE IL TASSO DI ADESIONE ALLA CGIL
LE STORIE DI PEDRO, ERIC E SUSAN
storica e loperato delle organizzazioni dei
lavoratori in questi due paesi. In generale
limmigrato assume consapevolezza del suo
giudizio sul sindacato e sul sindacalismo
italiano solo dopo alcuni anni di permanenza,
mentre il suo approccio molto diverso
quando si rivolge al sistema di servizi per
avere la risposta a una specifica domanda di
tutela individuale. Nel complesso il tasso di
adesione dei lavoratori immigrati
percentualmente molto pi alto rispetto ai
lavoratori italiani. Diversi sono i motivi che
determinano questa voglia di sindacato tra gli
stranieri spiega Danesh , ma almeno due
vanno sottolineati: in primis gli immigrati
sono pi ricattabili, e quindi esprimono una
domanda pi puntuale di tutele. In secondo
luogo, la ricerca di una sede in cui esprimere
la propria propensione alla partecipazione
sociale non pu che condurre a un sindacato
plurietnico come la Cgil, ovvero a
unassociazione di italiani e di immigrati.
23p10-11_ok 10/06/14 16.10 Pagina 10
Lalto numero di immigrati
iscritti la riprova del fatto che la Cgil
stata, a partire dallo scorso decennio,
una delle pi grandi agenzie per lin-
tegrazione, il luogo dove tale proces-
so si effettivamente realizzato. Gli
immigrati si iscrivono, in percentua-
le pi alta rispetto ai lavoratori italia-
ni, perch alta la domanda di sinda-
cato, con il suo portato di bisogni e ri-
vendicazioni che trovano nellorganiz-
zazione sindacale risposte, uno stru-
mento di condivisione che influisce
sulla qualit della loro stessa vita e sul-
la natura delle relazioni, cos Vera La-
monica, segretaria confederale della
Cgil , commenta i dati del VII rappor-
to Immigrazione e sindacato(vedi arti-
colo nella pagina). Soprattutto il rap-
porto ci mostra come gli immigrati sia-
no un valore aggiunto per il sindacato,
lo stimolano a intensificare la sua atti-
vit classica, quella di vicinanza e di
risposta ai bisogni concreti. Proprio
per questo, aggiunge la sindacalista,
il tema che la Cgil deve porsi quel-
lo di trasformare gli iscritti immigrati
in operatori e, soprattutto, in dirigenti
sindacali. Su questo versante sono sta-
ti fatti molti sforzi, in linea con le scel-
te politiche assunte dalla nostra orga-
nizzazione, sia sul versante nazionale
che su quello locale. Abbiamo abbina-
to un impegno intenso, sul territorio e
vicino ai bisogni concreti delle perso-
ne, con uno spettro ampio di attivit che
vanno dalla proposta politica alla lot-
ta giuridica: penso, per stare agli ulti-
mi fatti, al ricorso vinto presso il Tar
del Lazio circa la sovrattassa sul per-
messo di soggiorno.
RassegnaQuali i prossimi passaggi?
Lamonica Gli immigrati, specie in
alcune categorie, sono presenti nelle
Rsu, che lunico lunico luogo in
questo paese dove essi votano e sono
votati. Il primo obiettivo che abbiamo
in questa fase dunque quello di pro-
muovere una vasta operazione di inse-
rimento e di candidature di immigra-
ti, proprio per garantire una rappresen-
tanza vera ed effettiva nel rinnovo ge-
neralizzato delle Rsu che seguir lac-
cordo sulla rappresentanza. Gli immi-
grati non devono essere dirigenti dei
soli immigrati; vogliamo che essi, es-
sendo parte costitutiva della nostra so-
ciet e del mondo del lavoro, diventi-
no dirigenti sindacali a tutti gli effetti,
rappresentanti di immigrati e non. Ed
solo nei posti di lavoro che si crea una
generazione di dirigenti sindacali che
siano espressione di una effettiva rap-
presentanza.
RassegnaCome giudichi la loro pre-
senza nella vita effettiva allinterno del-
lorganizzazione?
Lamonica C bisogno che la pre-
senza degli immigrati cresca negli or-
ganismi. Il congresso ha fatto uno sfor-
zo ma non abbiamo ancora raggiunto
lobiettivo. Certo nei direttivi territo-
riali confederali, come in quelli delle
categorie, la presenza degli immigra-
ti c, consistente e soprattutto ha que-
sto carattere nuovo: esprimere dirigen-
ti totali e non di settore. Non siamo
ancora a un livello che garantisce il giu-
sto rapporto tra iscritti e dirigenti e su
questo serve una spinta da parte del-
lintera Cgil. Una maggiore presenza
di lavoratori immigrati negli organi-
smi dirigenti, infatti, garantisce che
lorganizzazione sia in grado di coglie-
re davvero le trasformazioni dentro al
lavoro. La battaglia su questo fronte
aperta, alla luce di tutto il lavoro fatto
in questi anni: penso ad esempio al sin-
dacato di strada che mostra come la
Cgil sia capace di innovare per rispon-
dere a domande diverse, particolari e
difficili. A riprova del fatto che la pre-
senza degli immigrati vive nellorga-
nizzazione non attraverso le quote ma
con le scelte politiche.
Giorgio Saccoia
Parla Vera Lamonica
Il nostro
valore aggiunto
11
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
dobbiamo stare ancora pi vicino a
questi lavoratori, far sentire la sede
sindacale come la loro casa, di cui
possono avere fiducia. Quando riesci
a instaurare con loro un rapporto del
genere, basato sullamicizia, questo
vale pi di tutto e puoi dire di
avercela fatta.
Susan Darboe una giovane
sindacalista di 23 anni, laureanda in
Giurisprudenza, nata nel nostro paese
da padre ghanese e madre nigeriana.
Susan non ha ancora la cittadinanza
italiana e, dopo aver avuto per due
volte il permesso di soggiorno per
motivi umanitari, riuscita ad
ottenere un permesso di lavoro per la
sua attivit di colf a part time. Tutto
questo per merito della Cgil di Caserta
rivela , a cui mi ero rivolta cinque
anni fa per conoscere i miei diritti. L
ho trovato lambiente ideale e ho
deciso di rimanere, impegnandomi ad
aiutare gli stranieri del territorio. Oggi
sono responsabile dellufficio
immigrazione di Castelvolturno e
spesso vado anche alla sede di Villa
Literno. Mi alterno allo sportello con
unaltra dozzina di persone; mi
occupo di contratti, permessi di
soggiorno, assistenza fiscale, vertenze
e fornisco ogni tipo di informazione
utile ai lavoratori che vengono al
sindacato. Da qualche tempo, Susan
segue anche lufficio della Flai
provinciale, sempre molto affollato,
dove fa pratiche di disoccupazione,
licenziamenti, contratti stagionali
per lavoratori agricoli. L c il
problema soprattutto degli indiani
dice , che pascolano gli allevamenti
di bufali e vivono nelle fattorie dove
lavorano, sfruttati al massimo dai loro
padroni. Abbiamo girato con il
camper dei diritti e siamo riusciti a
risolvere molte situazioni illegali. Il
quadro non brillante, anche a causa
della presenza della criminalit
organizzata, ma sono fiduciosa che
grazie alla Cgil le cose miglioreranno.
Nel 2013 abbiamo iscritto 920 lavoratori
e il trend in crescita continua: la
prova del nove della buona riuscita
del nostro lavoro. R. Gr.

A
.
C
R
IS
T
IN
I
Il 29 per cento
degli iscritti
con meno
di 25 anni
risulta straniero.
Il primo contatto
spesso con i servizi
carenza si riflette anche sullo stallo delle
rivendicazioni che avanziamo per abrogare la
Bossi-Fini, per riformare la cittadinanza e
rimuovere la condizione di discriminazione
nei loro confronti.
Uomini e donne
Rispetto alla differenza di genere, tra gli
immigrati si manifesta generalmente una
maggiore presenza di iscritti uomini, ma nel
contempo si conferma la tendenza a una forte
alternanza delle presenze a seconda delle
categorie di appartenenza. In particolare
riprende Danesh , i settori delle costruzioni e
dellindustria sono appannaggio quasi totale
della componente maschile, mentre di solito
nei servizi il peso delle donne appare
predominante. Scendendo nel dettaglio, la
Fillea risulta al vertice dei tesserati immigrati
uomini (97,8%), seguita da Fiom (90,3) e Filt
(86,7); di contro, sul versante femminile
eccellono Flc (79,3%) e Fp (76,8). Un ulteriore
elemento da prendere in considerazione
riguarda la percentuale di iscritti a livello
territoriale. un fattore di grande interesse
osserva il sindacalista , perch permette di
individuare, nellambito del campione delle
Cdl analizzate, il peso degli iscritti immigrati
sul totale dei tesserati Cgil. Cos si evince che
in alcune province del Nord-Est, in particolare
Belluno, Trieste e Verona, la componente
immigrata considerevole, essendo ormai
prossima al 20% del totale degli iscritti,
mentre se consideriamo solo i lavoratori
attivi, in testa alla classifica subentrano
Bolzano, Piacenza e Forl-Cesena, con
percentuali vicine al 30. Di contro, finiscono
in coda alla classifica territoriale le province
meridionali, in particolare quelle di Sassari,
Taranto e Brindisi, logica conseguenza della
presenza di immigrati concentrata nelle
regioni del Nord (con oltre il 60%). Altro
elemento considerato dalla ricerca, la
percentuale di iscritti stranieri in rapporto al
numero dei residenti: circa il 10% dei
residenti immigrati nel complesso delle 41
province prese a campione ha aderito alla
Cgil. I territori con il pi alto tasso di
sindacalizzazione sono Trieste (27,9%,
includendo anche i lavoratori
transfrontalieri), Forl-Cesena (20,1), Belluno
(19,3) e Ravenna (19), mentre Ragusa (18) si
conferma la provincia pi sindacalizzata di
tutto il Sud. Infine, lindagine misura le
tendenze alla sindacalizzazione Cgil dal
punto di vista delle nazionalit. In questo
caso, la metodologia seguita ha preso in
considerazione le prime 25 nazionalit per
numero di residenti, confrontandole con il
numero di iscritti Cgil nelle province italiane
campione. A livello complessivo conclude
Danesh , persiste una grande difficolt a
intercettare lavoratori provenienti dalla Cina e
pi in generale dallAsia, nonostante qualche
buon risultato ottenuto con indiani e filippini.
Vi poi un sottodimensionamento della
componente dellEst Europa, malgrado, in
numero assoluto, i rumeni siano la comunit
con il maggior numero di iscritti. Inoltre, si
denota una buona tenuta con i paesi africani,
sia del Nord che delle regioni subsahariane, e
anche ottime performance con i lavoratori
provenienti dagli Stati balcanici. Scorrendo
le cifre, il tesseramento Cgil vede consolidata
al primo posto la comunit rumena (con
11.756 tesserati) con, a ruota, quella
marocchina (11.077) e albanese (10.682).
Inoltre, vi sono 6.389 iscritti di Serbia e
Montenegro, 4.770 tunisini, 3.880 svizzeri,
3.629 senegalesi, 3.593 indiani, e via di
seguito tutte le altre nazionalit.
LAVORO
&
SINDACATO
IMMIGRATI PER CATEGORIA E CLASSE DI ET (valori %, 2012)
CATEGORIE DA 0 A 25 ANNI DA 26 A 35 ANNI DA 36 A 45 ANNI DA 46 A 55 ANNI DA 56 A 65 ANNI OLTRE 65 ANNI TOTALE
Disoccupati 14,8 22,4 23,5 18,2 18,1 47,4 20,7
Filcams 24,5 27,0 21,6 17,1 14,4 19,7 20,8
Filctem 25,2 17,5 13,7 8,7 4,8 5,9 11,3
Fillea 37,3 40,4 33,4 20,0 10,0 3,6 27,3
Filt 42,8 53,9 32,0 16,3 8,4 11,0 28,4
Fiom 27,5 18,4 14,7 12,1 9,1 14,2 14,1
Fisac 3,5 1,6 1,6 1,8 1,6 2,1 1,7
Flai 38,0 43,2 32,9 18,5 10,4 11,6 27,1
Flc 2,3 2,1 3,4 3,6 2,6 1,7 3,1
Fp 13,7 10,6 9,6 5,9 3,5 3,5 6,7
Miste 27,3 45,7 35,5 29,2 13,8 2,3 26,8
Nidil 22,0 26,4 28,0 23,7 14,2 17,9 24,7
Slc 7,4 6,1 5,5 4,2 3,4 4,2 4,8
Spi 5,0 13,9 12,4 8,1 2,1 1,7 1,9
Totale 29,0 27,5 19,2 11,6 4,3 1,7 8,8
IMMIGRATI GCIL (valori assoluti e %)
2007 2008 2009 2010 2011 2012
Immigrati presenti in Italia 2.938.922 3.432.651 3.891.295 4.235.059 4.570.317 4.389.721
Immigrati iscritti alla Cgil 271.238 297.591 377.896 398.587 410.127 408.216
% immigrati iscritti alla Cgil 9,23 8,67 9,71 9,41 8,97 9,29
Fonte: Istat e Cgil
Fonte: elaborazione Cgil su dati Omnibus Cgil
23p10-11_ok 10/06/14 16.11 Pagina 11
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
12
IL REPORTAGE
Angelo Ferracuti
C
i sono punti in ogni citt dove
il passato si vede meglio,
basta saperli cercare. Posti
dove le epoche successive si
sono meno impossessate di qualcosa di
originario che resiste, come queste
piccole case del distretto minerario di
Carbonia. Sono strette una allaltra,
tinteggiate di giallo color pastello negli
intonaci scrostati, di verde o dazzurro,
coi camini fumanti, le piccole strade
sterrate e le file di lampioni, quellaria
lumpen qui molto forte in ogni cosa, che
ti fa sentire una fratellanza di corpi
diversa nelle strade e dentro gli
appartamenti. Vicino ai giardinetti, di
lato agli ingressi, a met di queste viuzze
polverose, le piccole utilitarie
parcheggiate, un ragazzino che si lancia
con lo scooter, laria di silenzio e di
desolazione. I giovani come loro, quelli
che abitano qui, sanno di non avere
lavoro e futuro, forse un giorno saranno
costretti ad andare in continente, fuggire
da questo paese senza ricchi dove la
classe operaia esiste ancora, pi forte e
combattiva che altrove: livella le
distanze, abbassa i privilegi, rende il
tenore di vita pi popolare.
Qui cerano solo minatori e figli di
minatori che avrebbero intrapreso
anche loro la via del sottosuolo, solo
musi neri, facce bronzee come quelle
dei bassorilievi, in questa doppia
esistenza sopra e sotto la terra, tra la
luce e il buio, e minatori ci sono anche
adesso a Nuraxi Figus, lultima miniera
italiana ancora attiva, i pi fortunati
prima della crisi sono andati a lavorare
nelle fabbriche dellalluminio nella zona
industriale di Portovesme, allAlcoa,
allEuroallumina, alla centrale dellEnel,
tutti gli altri ingrossano da sempre il
popolo sterminato dei disoccupati.
Sotto, vicino alla stazione, dove si
sviluppata la zona commerciale, c il
cadavere della grande miniera di
Serbaru, dove anticamente si trovava un
borgo di pastori, con il castello del
pozzo metallico che svetta verso il cielo
e la lampisteria.
Gi in miniera
Poi in miniera ci sono sceso davvero, a
Nuraxi Figus, a un tiro di schioppo da
Carbonia, il giorno dopo che in quella di
Sora, in Turchia, durante un cambio di
turno, a causa di un incendio innescato
in una delle gallerie sotterranee,
morivano 301 lavoratori. Nel 1992 nella
miniera di Zonguldak, ne erano crepati
263. A 400 metri sottoterra si trovavano
787 minatori al momento dellincidente,
stavano ancora vagando come topi nelle
viscere della terra mentre i soccorritori
pompavano ancora aria fresca verso le
gallerie invase da fiamme e fumo
spesso, nel tentativo di estrarre i corpi, e
davanti ai cancelli si erano radunati i
famigliari dei minatori intrappolati.
Qui non siamo in Turchia, ma il Sulcis
la provincia pi povera dEuropa, 30.000
disoccupati su 130.000 abitanti, e 40.000
pensionati dellindustria, spesso usciti
dal mondo del lavoro per aver contratto
malattie come la silicosi. Ma quella che
tutti chiamano la crisi spesso invisibile,
la dignit la nasconde, riesce addirittura
a cancellarla, per basta attraversare via
Gramsci per rendersi conto di quante
saracinesche sono abbassate, quanti
negozi hanno chiuso i battenti. Mi
hanno detto che la gente va al centro
commerciale, ma per fare un giro,
soprattutto il fine settimana, comprano
poco o niente. Forse gi adocchiare le
merci fa stare pi allegri. Un signore al
bar del dopolavoro, che sta proprio in
piazza Roma, tra il teatro e la torre, mi ha
raccontato che in una piccola edicola di
via Nuoro si raccolgono fondi per chi
non arriva alla fine del mese, deve
pagare bollette o non ha pi i soldi per
mangiare. Ma in questa terra da sempre
precaria, e operaia, si pi abituati ai
periodi difficili. Sar forse per il fatto di
convivere col maestrale, combattere
sempre con il vento contro, ma la gente
di queste parti sembra avere una
naturale attitudine per la lotta. Saranno
forse quelle del passato, che sono state
moltissime, e agiscono ancora per
coazione a ripetere anche nelle ultime
generazioni.
A Nuraxi Figus, una volta indossata la
muta, gli scarponi e il caschetto,
attaccata la lampada e agganciato sulla
cintura il respiratore demergenza, sono
sceso con Elisabetta Fois, Stefano
Farenzena e Sandro Mereu a 500 metri
sottoterra, nella parte vecchia, con le
gallerie basse e polverose, le risalite
dove ti viene il fiatone, in alcuni punti
una temperatura asfissiante di oltre
quaranta gradi. Adesso ferma, e la
Comunit europea ha deciso di
dismetterla in un piano di attuazione che
dovrebbe compiersi dal 2018 al 2027.
Elisabetta, piccola di statura ma con un
concentrato molto forte di combattivit
e intelligenza, delegata sindacale della
Cgil, mi parla di un progetto al quale
lavora dal 2009 per migliorare la qualit
di questo carbone, che ha un alto tenore
di zolfo, ma c un sottoprodotto che
pu essere bene utilizzato in agricoltura
o da siti contaminati da metalli pesanti,
cos abbiamo pensato a un impianto
pilota sperimentale che consiste in un
lavaggio del minerale in doppio stadio
per ridurne la componente di zolfo
senza perdita di potere calorifero.
Questo sottoprodotto costituirebbe la
vera novit da un punto di vista
tecnologico, perch un ottimo
attivatore delle radici delle piante, tanto
che ci sono stati contatti sia con la Cifo
che con la Biogarden International,
multinazionali che vendono fertilizzanti.
Da un lato si migliora la qualit del
carbone, e dallaltro si produce una cosa
che nella catena di verticalizzazione
innovativo, solo che per il momento il
progetto fermo, purtroppo.
Sottoterra, un altro minatore, Sandro
Mereu, corpulento e baffuto, una
fierezza che mette paura, racconta una
storia che qui quella di molti: Sono
figlio di un minatore, gi da bambino
vivevo la vita delle miniere, qui sono
nate le prime battaglie sindacali e il
primo sciopero nazionale di tutte le
categorie, ci sono stati degli eccidi, a
Bugerru, Gonnesa, sapere che in
Sardegna non c una miniera in
produzione come se sparissero i
pastori. Ma nei momenti difficili che si
vede il legame che c tra i minatori,
sono sicuro che uniti e con le nuove
tecnologie riusciremo a tenerla aperta.
Mobilitazione continua
Con Roberto Puddu, segretario della
locale Camera del lavoro, facciamo
invece un giro nella zona industriale di
Portovesme, dove i lavoratori del polo
dellalluminio, soprattutto dell Alcoa,
continuano la loro lotta contro la
chiusura, ci fermiamo a lasciare viveri a
quelli di loro che hanno piantato le
tende, da qualche giorno passano qui
anche la notte in attesa di risposte sulla
paventata vendita. Qui la mobilitazione
in questi anni stata continua, dagli
operai che bloccavano le navi e gli aerei,
al movimento delle partite iva, fatto da
associazioni di artigiani e commercianti,
tutte forme di democrazia partecipativa.
La gente ricomincia a uscire di casa
adesso, dice Roberto con fare positivo
mentre giriamo in auto per la cittadina
che uno dei simboli della architettura
fascista. Questa citt fino alla fine del
2008 era ancora ricca di cultura, di
attivit, la produzione industriale
garantiva diecimila buste paga che si
triplicano se pensi al terziario, ai servizi,
poi tutto precipitato. Mi racconta che
la storia di questa gente nasce dalle lotte
dei primi anni del secolo, mette insieme
solidariet e dignit ci tiene a precisare,
se uno in difficolt pi facile che si
chiuda in casa che vada a chiedere
lelemosina. Il welfare tutto dentro la
cultura operaia del mutuo soccorso e
delle forme associative come il
sindacato, la famiglia allargata, il vicino
di casa, gli amici, un pezzo di socialismo
reale che resiste in questi tempi bui di
individualismo autistico e neoliberismo.
E poi qui si vive di ammortizzatori
sociali, ordinari, in deroga, di pensioni.
Il nostro un territorio che ha sempre
convissuto con la lotta e con la crisi, che
si sempre reinventato, passando dalle
miniere allindustria pesante con delle
competenze specifiche, i minatori sono
diventati tecnici di elettrolisi di sale, di
progettazione, sono loro stessi che
hanno inventato nuovi saperi e modelli
produttivi, il nostro un po un
laboratorio.
Adesso nella provincia pi povera
dEuropa, con migliaia di cassaintegrati,
disoccupati, e la cronica fame di lavoro,
in una regione violentata da una
industrializzazione selvaggia, con la
presenza di quella Necropoli sul mare
che la Saras, a Sarroch, sotto Cagliari,
la raffineria dei Moratti, pare si voglia
offrire a questa terra e ai suoi abitanti di
diventare una discarica permanente di
scorie nucleari. Lo si deduce leggendo
alcuni documenti dellIspra (Istituto
superiore per la ricerca e la tutela
ambientale), nei quali lisola verrebbe
individuata come un luogo ideale.
Lultimo, vigliacco ricatto di un
capitalismo italiano molte incline
allimprovvisazione e al tangentismo,
capace solo di depredare il suolo e le
persone, come quelle famose mosche di
cui parlava, con lungimiranza, lo
scrittore Paolo Volponi: Le sapienti
colorate voraci mosche del capitale, s, le
mosche per di pi svolazzano e
ronzano dappertutto, in bellinglese, per
andare a succhiare e a sporcare.
DA NURAXI FIGUS ALLALCOA
Gente di
Carbonia
Nella provincia pi povera dEuropa, tra miniere chiuse e alluminio in crisi,
si lotta con dignit e resiste una cultura operaia fatta di mutuo soccorso e solidariet

Premio Marco Rossi c/o RadioArticolo1,


Via dei Frentani 4/a, 00185 Roma,
e/o inviate allindirizzo di posta elettronica:
premiomarcorossi@radioarticolo1.it
QUINTA EDIZIONE
Con il patrocinio della FNSI
Federazione Nazionale Stampa italiana
Il Premio destinato a programmi, servizi, reportage e documentari radiofonici dedicati
al tema del lavoro, ai suoi molteplici signicati e in tutte le sue possibili declinazioni.
La partecipazione al Premio gratuita e aperta a tutti.
Le opere dovranno essere spedite entro luned 30 giugno 2014 al seguente indirizzo:
23p12_ok 10/06/14 14:36 Pagina 12
Vittorio Bonanni
L
a Violencia (la
violenza) fu il nome
dato a quel preciso
contesto storico della Colombia
che va dal 1948 al 1958,
caratterizzato da scontri
durissimi tra sostenitori del
Partito Liberale e del Partito
Conservatore. Un tema molto
presente nei racconti dello
scomparso premio Nobel della
letteratura Garbiel Garcia
Marquez. Ma in realt tutta la
storia del grande paese
sudamericano, il primo che si
incontra una volta varcato il
canale di Panama,
caratterizzata appunto
da una violenza ben lungi
dallessere finita.
Senza dilungarci sullo scontro
ormai decennale tra un governo
attento a mantenere intatto il
privilegio di pochi ricchi e delle
multinazionali e la pi forte e
ormai unica formazione
guerrigliera sudamericana, le
Farc (Forze armate
rivoluzionarie colombiane), con
le quali in corso una difficile
trattativa, possiamo dire senza
tema di smentita che in questa
allo stesso tempo terra caraibica
e andina si rischia la vita a fare
un mestiere che, almeno nel
mondo occidentale, non
comporta pi i problemi di una
volta. Essere sindacalisti in
Colombia, e pi ampiamente
essere democratici e di sinistra,
vuole dire spesso rischiare
la vita o peggio ancora
avere il destino segnato.
La principale organizzazione
sindacale, la Cut
(Confederazione unica dei
lavoratori), nata il 15 novembre
del 1986 dallunione della Cstc
(Confederazione sindacale dei
lavoratori della Colombia) con
un settore della Utc (Unione dei
lavoratori della Colombia) e
alcuni sindacati provenienti
dalla Ctc (Confederazione dei
lavoratori della Colombia), dopo
tre anni di lavoro che misero
fine a 40 anni di divisioni, ha
pagato con la vita di circa 4.000
attivisti in quasi 30 anni il suo
impegno contro il neoliberismo,
la sottomissione alle ricette del
Fondo monetario
internazionale, il debito estero e
la dipendenza delleconomia
colombiana da quella degli Stati
Uniti. Solo nel 2013 sono stati
27 i sindacalisti uccisi. Ma il
bilancio complessivo ha visto
almeno 70 vittime tra i difensori
dei diritti umani, come denuncia
un recente rapporto
dellassociazione umanitaria
Amnesty International. Un trend
ancora molto preoccupante e
per nulla mutato negli ultimi
anni malgrado che, gi nel
2005, la Cut abbia approvato nel
corso del suo V congresso
lingresso della centrale
sindacale nella Confederazione
sindacale internazionale,
acquisendo cos una maggiore
autorevolezza globale che per,
a quanto pare, non servita
a garantire lincolumit dei
propri aderenti.
A tuttoggi la Colombia viene
considerata da autorevoli
organismi internazionali come il
paese pi pericoloso per chi
esercita lattivit sindacale, ed
nella lista nera dellIlo
(Organizzazione internazionale
del lavoro) come Stato violatore
dei diritti del lavoro. Questa
situazione, che si accompagna
allimpunit per chi si macchia
dei crimini contro i difensori di
tali diritti, perdura anche perch
limpegno preso dal governo di
smobilitare i gruppi paramilitari
non ha trovato nei fatti un
riscontro concreto. Con una
frequenza pressoch immutata
questi gruppi si rendono
responsabili di gravi violazioni
dei diritti umani con la
connivenza antica di elementi
delle forze di sicurezza. Il
governo colombiano deve
smantellare una volta per tutte i
gruppi paramilitari e rompere
ogni legame tra questi e le forze
di sicurezza ha detto Marcelo
Pollack, responsabile di
Amnesty in Colombia . Tutti
coloro che possono avere
responsabilit penali in abusi e
violazioni dei diritti umani ne
devono rispondere di fronte alla
giustizia e ai tribunali civili.
A tutto questo dobbiamo
aggiungere la violenta
repressione alla quale vanno
incontro coloro che si battono
per i loro diritti, come gli oltre
120 mila contadini scesi in
piazza lo scorso 1 maggio,
affiliati al gruppo Dignidades
agropecuarias, sostenuto dalla
Cut e riconosciuto come
interlocutore politico dal
governo. Ma manifestare
comporta sempre un prezzo da
pagare molto alto e, anche
quando non ci sono morti, il
bilancio comunque grave:
sono centinaia di feriti e
migliaia le violazioni delle
norme pi elementari di tutela
dei diritti umani.
La congiuntura attuale
La Colombia, quarto paese pi
grande dellAmerica meridionale
con oltre un
milione e
centomila
chilometri
quadrati, e
secondo per
abitanti dopo il
Brasile, con quasi
50 milioni di
persone, conosce
da tempo un
trend positivo
sul versante
economico.
attualmente la terza economia
del continente e la ventottesima
del mondo, con unespansione
che dovrebbe assestarsi intorno
al 5 per cento. Il Fondo
monetario internazionale ha
riconosciuto questi progressi,
accompagnati da un
abbassamento della
disoccupazione al 9,7 per cento,
dato pi basso degli ultimi dieci
anni, e dellinflazione, contenuta
all1,9 per cento. LFmi ha
tuttavia sottolineato la necessit
di promuovere una crescita pi
inclusiva attraverso riforme
strutturali e di affrontare le
rigidit del mercato del lavoro.
Non per tutto oro quello che
luccica e, quanto alle rigidit del
mercato del lavoro colombiano,
ci sembra di ascoltare la solita
musica, questa volta avendo di
fronte uno scenario molto
diverso da quello gi disastrato
di casa nostra. Lo dice a chiare
lettere Fabio Arias Giraldo,
segretario generale della Cut,
sindacato che il prossimo
settembre sar impegnato in un
congresso difficile visto lo stato
in cui versa il mondo del lavoro
a Bogot e dintorni. La
situazione dei diritti dei
lavoratori in Colombia
allarmante spiega il dirigente
sindacale : il 70 per cento del
totale dei lavoratori, che
tradotto in cifre significa 14,5
milioni di persone, non ha un
contratto di lavoro (a proposito
di rigidit, ndr), mentre l dove
esiste un contratto questo
accompagnato da una forte
precariet e da bassi salari.
Inoltre, l82 per cento dei
lavoratori e delle lavoratrici
guadagna meno di due salari
minimi messi insieme, e il 50
per cento ne guadagna meno di
uno. Sono dati assolutamente
incompatibili con la tanto
decantata crescita, il cui
benessere evidentemente
prende strade ben diverse dal
garantire una vita migliore alla
popolazione colombiana. Ce lo
spiega ancora una volta Giraldo:
scesa di sette punti negli
ultimi ventanni la possibilit
dei salariati di godere
dellaumento del Pil, mentre
il 42 per cento della
popolazione vive in miseria e il
14 per cento indigente.
Insomma, la tanto auspicata
redistribuzione delle risorse
ancora un miraggio. Per quanto
riguarda poi labbassamento
della disoccupazione, il dato va
situato in un contesto dove
aumentato il numero delle
persone senza occupazione
allinterno della popolazione
considerata economicamente
attiva. Questo quadro
comporta inevitabilmente una
forte diminuzione delliscrizione
al sindacato, con un calo
complessivo del 4 per cento. Lo
scenario drammatico, dal quale
il paese verosimilmente non
potr uscire in tempi brevi, non
sembra interessare il Fmi.
Gli impegni presi nel febbraio
del 2011, quando una
delegazione dellIlo si era recata
in visita a Bogot, e
successivamente il 7 aprile dello
stesso anno in occasione
dellaccordo tra Colombia e Stati
Uniti relativamente al contestato
Trattato del libero commercio
(Tlc), e che riguardavano
cambiamenti significativi in una
serie di settori, tra cui la
formazione, la negoziazione
collettiva, il diritto alla libert di
sciopero e leliminazione
della violenza sindacale, sono
rimasti lettera morta.
Per voltare pagina la Cut
chiede una politica pubblica
finalizzata a riattivare la
domanda interna, riqualificare
un mondo del lavoro
impresentabile e combattere
una politica antisindacale che
d impulso alla violenza e alla
repressione. Ma, visto anche
lesito delle recenti elezioni
presidenziali, non c
da farsi molte illusioni sui
cambiamenti auspicati.
13
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23 POLITICHEGLOBALI
L
esito delle elezioni dello scorso 25 maggio ha visto
vincitori lattuale presidente della Repubblica Juan
Manuel Santos, del Partido de la U (Partito sociale di
unit nazionale nato nel 2005), che ha conseguito comunque un
risultato inferiore alle attese, solo il 25 per cento dei consensi,
contro il pi votato avversario, quellOscar Ivan Zuluaga del
Centro democratico che ha invece
ottenuto il 29 per cento. I due si
contenderanno Palazzo Nario il
prossimo 15 giugno. Le virgolette
sono dobbligo considerando che
solo il 40 per cento dei colombiani
si recato alle urne, malgrado
laltissima posta in gioco, ovvero la
pace in un paese martoriato da
decenni di guerra tra governo e
guerriglia, tanto da avere il
maggior numero di rifugiati interni.
Un risultato significativo era stato
ottenuto dal ticket Clara Lpez
Obregon-Aida Avella, candidate di
sinistra del Polo democratico alternativo-Union patriotica, con un
interessante 15 per cento, tuttavia insufficiente a condizionare
positivamente la politica nazionale.
La scarsa affluenza alle urne evidentemente dettata da una
fiducia ormai scesa ai minimi storici nei riguardi di una classe
politica che nulla ha fatto per cambiare una situazione locale da
sempre estremamente drammatica, e, per esempio, per nulla
intaccata dal cosiddetto rinascimento latinoamericano. Santos
giocher la carta della pace e della trattativa con le Farc, i cui
incontri si svolgono allAvana. Lesito di questo dialogo molto
incerto e legato inevitabilmente alla mancata soluzione dei
problemi sociali del paese. Se in Colombia si registra una
recrudescenza dellattivit della guerriglia, a Cuba invece gli
osservatori segnalano un clima pi disteso tra le parti. Di fronte a
questo scenario indefinito, potrebbe avere facile gioco Zuluaga,
pedina manovrata dallex presidente Alvaro Uribe, legato alla
destra pi estrema e assolutamente contrario a ogni trattativa.
Se dovesse vincere lui, lera della Violencia sarebbe destinata a
perpetuarsi ad aeternum.
Le elezioni
e la trattativa
con le Farc
IL QUADRO POLITICO


P
H
O
T
O
S
H
O
T
/
S
IN
T
E
S
I
Lavorerai a tuo rischio e pericolo
La violenza continua a caratterizzare il paese latino americano, nonostante le denunce internazionali
e la buona performance delleconomia. Nel mirino soprattutto il lavoro e chi lo difende
COLOMBIA. IN TRENTANNI 4000 SINDACALISTI UCCISI
23p13_ok 10/06/14 15.53 Pagina 15
14
L
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
Le difficolt della sinistra di fronte alla
globalizzazione, alla crisi dello Stato nazione e
allo stallo dellUnione europea rendono sempre
pi attuale la biografia intellettuale, politica e
sindacale di una figura complessa come Bruno
Trentin. Questa lindicazione politica e culturale
che emerge nitidamente dal volume di Iginio
Ariemma, La sinistra di Bruno Trentin. Elementi
per una biografia (Ediesse, 2014), che raccoglie
i saggi prodotti dal 2007 al 2013 dal coordinatore
del gruppo di lavoro su Trentin della
Fondazione Di Vittorio.
Le tappe principali della biografia, la nascita e
ladolescenza in Francia, lesperienza partigiana in
Giustizia e Libert, la laurea allUniversit di
Padova e la militanza nel Partito dAzione,
lingresso nella Cgil e liscrizione al Pci, linfluenza
esercitata nel dibattito sul neocapitalismo, la guida
della Fiom e il sindacato dei consigli, lassunzione
della segreteria della Cgil e lelezione al
Parlamento europeo con i Ds, sono ricostruiti in
maniera organica e con una attenzione particolare
per loriginalit del pensiero politico di Trentin.
Come sottolineano i saggi Tempo perduto. Ora
allopra. Il ritorno alla libert di Silvio e Bruno
Trentin e Con la furia di un ragazzo. Il diario
di una generazione, una delle chiavi per
comprendere loriginalit del pensiero di Bruno
il rapporto con il padre Silvio, leader della
corrente di sinistra del Partito dAzione e
sostenitore di una Costituzione federale per la
Francia e lItalia liberate.
Riprendendo le analisi di Norberto Bobbio sul
comunismo liberale e di Antonio Palladini sul
socialismo federalista di Silvio Trentin, leredit
politica del padre individuata come una fonte

Loriginalit
dellelaborazione
teorica di Trentin
nellultimo libro
di Iginio Ariemma
sotterranea ma sempre presente della ricerca di
Trentin sullarticolazione del potere in fabbrica,
nello Stato e nella societ civile, finalmente
esplicitata da lui stesso nella lectio magistralis
del 2002 allUniversit di Venezia, dal titolo
Lavoro e conoscenza.
Mentre il superamento del rapporto conflittuale
con il padre avviene nel vivo della comune lotta
partigiana nel Veneto e allindomani della morte
di Silvio nel marzo 1944, nella Resistenza nei Gap
di Milano a stretto contatto con Leo Valiani,
Riccardo Lombardi e Vittorio Foa, lesperienza
partigiana e la militanza politica di Bruno
nellItalia liberata sono ricostruire nel saggio
Da Giustizia e Libert al Partito comunista. Gli
anni dellUniversit di Padova (1943-1949).
, questo, un tornante significativo nella biografia
di Trentin, anche per lo studio ravvicinato del
mondo industriale americano e
dellorganizzazione del lavoro nella fabbrica
fordista attraverso un soggiorno allUniversit di
Harvard per la tesi di laurea sul diritto del lavoro
negli Stati Uniti, con il sostegno di Gaetano
Salvemini e di Renato Opocher.
Nel frangente dellingresso nellUfficio Studi della
Cgil nel 1949 e delliscrizione al Pci nel 1950,
Trentin porta con s una visione dinamica del
capitalismo, lontana dalla teorie crolliste
della cultura comunista pi ortodossa, dando
inizio a una riflessione ininterrotta sul rapporto tra
riforme e rivoluzione, sulle contraddizioni del
socialismo di Stato e sullintegrazione economica
dellEuropa occidentale.
Nei due saggi su Torino e lesperienza consiliare
e su Lunit sindacale come vincolo e come
valore, lascesa alla guida della Fiom e
Lavoro e libert, u
di SANTE CRUCIANI
Universit degli Studi della Tuscia
Archivio Cgil/Trentin e Bruno Buozzi
L
assassinio di Bruno Buozzi da
parte dei nazisti, il Patto di Roma
e la nascita della Cgil unitaria. Dei due eventi
abbiamo parlato, in occasione del settantesimo
anniversario, nellultimo numero di Rassegna (il n. 22).
Ilaria Romeo, responsabile dellArchivio storico Cgil,
ci mette ora a disposizione un interessante documento
conservato nel Fondo Bruno Trentin. Si tratta di undici
fogli che contengono una serie di appunti riguardanti
Buozzi, e pi in generale il sindacalismo del 900, in cui
appaiono alcuni dei temi chiave del pensiero di
Trentin un esempio, il riferimento a Di Vittorio e al
sindacato come soggetto politico .
Un documento intrigante che qualcosa dice anche sulle
caratteristiche di un metodo di lavoro. Potrebbe
trattarsi infatti di un solo testo, messo da parte e ripreso
poi per aggiungervi ulteriori annotazioni, o addirittura
di un doppio testo, ma con il nuovo che sembra
accompagnare il vecchio, in ambo i casi, a qualche
anno di distanza.
Sia nella prima che nella seconda evenienza gli
appunti iniziali sono del Trentin ancora leader della
Fiom e della Flm, come si evince dal notes adoperato,
che reca lintestazione della Flm. Per il resto, a scrivere
il Trentin segretario confederale della Cgil. Il Buozzi-
Nov. 84 del primo foglio dovrebbe riferirsi al
convegno sul Patto di Roma dellIstituto Gramsci
piemontese e della Fondazione Vera Nocentini, tenutosi
a Torino il 27 novembre del 1984, organizzato con fatica
e in ritardo rispetto allanniversario del Patto come
raccontano le carte di Piero Boni nel Fondo omonimo
a causa della rottura della Federazione unitaria Cgil
Cisl Uil. Ipotesi confermata, questa della rivisitazione
degli appunti, da altri indizi tra cui un Forbice
sempre nel primo foglio, in basso a sinistra , che pare
un rimando al libro di Aldo Forbice, allepoca
giornalista allAvanti!, dedicato alla figura di Buozzi (La
forza tranquilla. Bruno Buozzi, sindacalista riformista,
Franco Angeli), uscito proprio nell84. G. Ri.
23p14-15_ok 10/06/14 15.44 Pagina 1
15
PASSATO
&
PRESENTE
12 - 18 GIUGNO 2014 | N. 23
lesperienza successiva del sindacato dei consigli
sono ricondotti al ruolo di primo piano giocato da
Trentin nel dibattito della sinistra italiana sul
neocapitalismo, dalla sconfitta della Fiom alla Fiat
nel 1955 al celebre convegno dellIstituto Gramsci
del 1962 sulle Tendenze del capitalismo italiano.
In questo quadro sono messe in rilievo la battaglia
condotta da Trentin a fianco di Di Vittorio
contro linvasione sovietica dellUngheria nel 1956,
la sintonia con le posizioni di Antonio Giolitti e la
decisione di continuare dallinterno del partito la
battaglia per il rinnovamento del Pci, puntando su
una forte dialettica tra partito e sindacato,
sullunit delle lotte operaie e sulla costruzione
del sindacato dei consigli.
Sono sottolineate, al tempo stesso, le diversit di
fondo tra lesperienza consiliare ordinovista del
biennio 1919-20, i consigli di gestione del secondo
dopoguerra e i consigli dei delegati operai
dellautunno caldo 1968-1969 e degli anni settanta.
Criticato dalla destra del Pci e dalla sinistra
extraparlamentare, nella elaborazione teorica di
Trentin il sindacato dei consigli si nutre delle
culture politiche del socialismo libertario, del
personalismo cristiano di Mounier e di Maritain,
delle riflessioni di Simone Weil sulla condizione
operaia e si pone lobiettivo di alimentare spazi di
autodeterminazione e di libert in fabbrica, ben
prima della conquista dello Stato e del potere
politico da parte del movimento operaio.
In un contesto storico profondamente mutato,
dal 1988 al 1994 lelaborazione politica e
sindacale di Trentin si esprime compiutamente
alla guida della Cgil con il sindacato dei diritti,
che sancisce il passaggio dalla centralit della
classe alla centralit della persona e il pieno
impegno del sindacato nel processo di
integrazione europea. Sono questi gli anni del
Programma fondamentale della Cgil, dello
scioglimento della corrente comunista in
coincidenza con la svolta di Achille Occhetto e
dellapporto determinante della Cgil alla
partecipazione del paese alla moneta unica, con
gli accordi del 1992 e del 1993 con i governi di
Giuliano Amato e di Carlo Azeglio Ciampi.
Nei saggi su Il sindacato dei diritti e su
Leuropeismo naturale alla prova del parlamento
europeo, la battaglia di Trentin per la costruzione
di una Europa politica di tipo federale proiettata
nelle contraddizioni del socialismo europeo nella
legislatura 1999-2004. Emergono qui la statura
politica di Trentin, la sintonia con la visione
dellEuropa di Jacques Delors come federazione di
stati nazione e una profonda comunanza tra i
banchi del Parlamento europeo con un
compagno, spesso su posizioni contrapposte nel
Pci, come Giorgio Napolitano.
Se la convergenza fra Trentin e Napolitano sulla
costruzione dellEuropa politica invita ad
approfondire il tema dellevoluzione delle culture
politiche del comunismo italiano, i due saggi su
Foa e Trentin e il socialismo libertario e
su Il socialismo eretico pongono a confronto
il volume di Foa del 1985 La Gerusalemme
rimandata e il volume di Trentin del 1997 La citt
del lavoro. Sinistra e crisi del fordismo.
Si tratta di un approccio persuasivo, che pone
laccento sul rapporto tra lavoro, conoscenza e
libert nel mondo della globalizzazione
e della rivoluzione informatica e sul ripensamento
delle culture politiche della sinistra comunista
e socialista del Novecento.
un percorso critico sviluppato ancora
nel saggio che chiude la raccolta, intitolato
significativamente La citt del lavoro
e laltra strada della sinistra. Rimarcando la
fortuna internazionale del volume, con traduzioni
in Francia, Spagna e Germania, e lattenzione
circoscritta suscitata in Italia, il discorso di
Ariemma affronta il corpo a corpo di Trentin con
le culture politiche della sinistra comunista e
socialista del Novecento, la resa dei conti con la
loro subalternit al modello fordista nelle varianti
leninista e socialdemocratica della presa del
potere come preludio necessario alla
trasformazione rivoluzionaria o al cambiamento
riformista delle condizioni di vita dei lavoratori.
Come scrive Trentin nella Citt del lavoro, una
sinistra nuova deve abbandonare la pretesa
totalizzante della presa del potere e della
rivoluzione dallalto, per imparare a confrontarsi
in Italia e in Europa con la formazione di uno
Stato che diventi espressione della societ civile e
si dimostri capace di promuovere sempre pi
diritti e favorire la ricerca dellautorealizzazione
della persona umana prima di tutto nel lavoro.
Guardando alla debolezza del Partito socialista
europeo, della Confederazione europea dei
sindacati, del Partito democratico e dellAltra
Europa con Tsipras in occasione delle elezioni
europee del 25 maggio 2014 sui grandi temi della
qualit del lavoro e dellEuropa federale, la
biografia e lelaborazione politica di Trentin
meritano davvero di essere riscoperte in tutta la
loro complessit e attualit.
Il libro di Iginio Ariemma, denso di analisi critiche
e di indicazioni di ricerca, un importante
contributo in questa direzione.
, unaricerca ininterrotta
23p14-15_ok 10/06/14 15.45 Pagina 2
15p05-Unipolbanca_ok 15/04/14 12:26 Pagina 14
Il Sud che dentro di noi
P
er lennesima volta abbiamo vinto. Il Tar del
Lazio, con la sentenza del maggio scorso ha
accolto le nostre ragioni che ci hanno spinto a
chiedere, ripetutamente, lintervento della
magistratura contro le politiche di respingimenti con le
quali si vuole imporre una visione di uno Stato ostile
allintegrazione dei popoli, a prescindere dal colore
della pelle. Lodiosa tassa sui permessi di soggiorno,
oggetto dellultimo nostro ricorso al Tar,
sproporzionata e irragionevole non soltanto perch
pregiudica fortemente il diritto di ciascun cittadino
extracomunitario a vivere nel nostro paese, con pari
dignit e opportunit, ma soprattutto perch
rappresenta lespressione emblematica delle tante,
troppe pulsioni xenofobe che si stanno diffondendo con
una rapidit davvero inquietante, non soltanto in Italia,
ma anche nel resto dEuropa.
Il contenzioso legale che lInca, in stretta collaborazione
con la Cgil, ha avviato da diversi anni per ristabilire
laffermazione dei diritti degli immigrati, contrastando
pezzo dopo pezzo le norme purtroppo ancora vigenti in
materia di immigrazione, un percorso difficile, ma
indispensabile per scoraggiare qualsiasi altro tentativo
di mettere in discussione i principi di solidariet e di
giustizia sociale che restano e tali devono restare
elementi fondanti della nostra democrazia, non soltanto
italiana, ma anche di quella europea.
Non vogliamo rassegnarci a chi vorrebbe una sorta di
protezionismo dei diritti per imporre regole diverse in
ragione delle opportunit individuali, pi o meno
vantaggiose. Chi nasce e vive in Europa deve poter
contare su una comunit che tenda alla coesione
sociale tra i popoli, sapendo che la buona sorte di
ciascuno pu dipendere dal reciproco scambio di
esperienze e di culture.
nel rispetto delle tante diversit che si possono
trovare le risposte positive a problemi che oggi
investono gli immigrati extraeuropei, ma che stante il
livello di difficolt in cui si muovono i paesi del vecchio
continente si possono estendere anche tra quelli pi
vicini a noi. Per esempio, non si pu sottovalutare il
fatto che stia prevalendo in alcune nazioni comunitarie
la tentazione di creare welfare diversi per proteggere i
cittadini autoctoni. Una tendenza che si sta diffondendo
in Germania, in Inghilterra e perfino in Belgio, dove si
decidono espulsioni anche di cittadine comunitarie per
il solo fatto di aver perso il lavoro, ostacolando il
principio della libera circolazione delle persone che
pure scritto nei trattati dellUnione Europea. In questi
casi si diventa immigrati indesiderati anche senza
esser nati nel sud del mondo.
Morena Piccinini
presidente Inca I. R
. a
l n
u
m
e
r
o
2
3
/
2
0
1
4
d
i R
a
s
s
e
g
n
a
S
in
d
a
c
a
le
Lisa Bartoli
S
ar la Corte di Giustizia
europea a decidere se il
contributo previsto in Italia
per il rilascio del permesso
di soggiorno sia legittimo e
compatibile con i principi fissati in
sede comunitaria dalle direttive. A
deciderlo stato il Tar del Lazio,
con la sentenza del 20 maggio
scorso, in risposta a un ricorso
proposto dalla Cgil e dal suo
patronato Inca. E la quarta volta in
meno di un anno che la
magistratura si pronuncia
positivamente su azioni legali
promosse dal sindacato di Corso
dItalia e lInca per pretendere il
rispetto dei diritti degli immigrati
nel nostro bel paese: a settembre
2013, la prima sentenza del
Tribunale amministrativo interveniva
contro i ritardi della pubblica
amministrazione nel rilascio dei
permessi di soggiorno; cinque mesi
dopo, nel febbraio scorso, con
analoga motivazione, lo stesso Tar
ha censurato il comportamento del
ministero dellInterno in materia di
riconoscimento della cittadinanza
italiana agli aventi diritto. Si
trattato di due class action, in pochi
mesi, alle quali seguita una terza
sentenza della Corte di Giustizia dei
diritti delluomo dellaprile scorso,
che ha imposto allo Stato italiano,
dopo tredici anni di cause, il
pagamento dellassegno al nucleo
familiare numeroso ad un lavoratore
tunisino. Con il quarto
pronunciamento in ordine di tempo,
sempre il Tar del Lazio a
intervenire sulla legittimit del
contributo richiesto per il rilascio
dei titoli di soggiorno. Una norma
introdotta dalla legge n. 94 del 2009,
con la quale stato modificato il
Testo Unico sullimmigrazione
(n. 286 del 1988) e resa operativa
con il decreto del ministero
dellEconomia dellottobre 2011 che
ha stabilito gli importi da pagare per
il rilascio dei permessi di soggiorno.
Il Tribunale amministrativo del
Lazio, rinviando gli atti alla Corte di
Giustizia europea, ha deciso di
sospendere il giudizio sul decreto
ministeriale per la parte in cui
stabilisce il pagamento di un
contributo a carico di ogni
immigrato richiedente il permesso di
soggiorno, che oscilla tra gli ottanta
e i 200 euro. Il decreto contestato,
per, contiene anche una norma
inaccettabile per la Cgil e lInca,
riguardante la destinazione di una
quota degli introiti a un Fondo
rimpatri, giacch affermano nel
ricorso al Tar il pagamento preteso
a carico di cittadini non comunitari,
che regolarmente soggiornano nel
territorio nazionale, diviene
strumento per finanziare le attivit
connesse al patologico meccanismo
della immigrazione irregolare. Nel
ricorso istruito dagli avvocati del
sindacato di Corso dItalia e dal suo
patronato si contesta la legittimit
del decreto per violazione dei
principi di eguaglianza e di
ragionevolezza, di capacit
contributiva, di imparzialit e buon
andamento dellazione
amministrativa. Motivazioni ben
fondate se si considera che il
contributo previsto nel decreto
ministeriale prescinde dal reddito
reale degli immigrati richiedenti il
permesso di soggiorno.
Ed proprio su questo specifico
aspetto che il Tar ha imposto una
indagine per verificare la
compatibilit della norma contestata
rispetto alle disposizioni
comunitarie. In particolare il Tar,
richiamando sia la direttiva europea
2003/109 sia una precedente
sentenza della Corte di Giustizia
del 2012, sollecitata da un ricorso
della Commissione europea nei
confronti dei Paesi Bassi e della
Grecia per un analogo caso,
sottolinea che ciascuno stato
membro legittimato a subordinare
il rilascio dei permessi di soggiorno
alla riscossione di contributi, il cui
importo non deve creare un ostacolo
al conseguimento dello status di
soggiornante di lungo periodo.
Pertanto, il potere discrezionale di
ogni nazione nel determinare
limporto non illimitato e non
consente, quindi afferma il Tar
di stabilire il pagamento di contributi
eccessivi. In sostanza, stabilito
che ogni Stato pu variare il
contributo in ragione delle diverse
tipologie di permessi, la normativa
nazionale rispetta
Con una sentenza del 20 maggio scorso, il Tar del Lazio ha deciso di rinviare gli atti
alla Corte di Giustizia dellUnione europea per verificare la legittimit del contributo
imposto per decreto agli immigrati che chiedono il permesso di soggiorno.
IMMIGRAZIONE: LA TASSA SUI PERMESSI DI SOGGIORNO
Giudizio sospeso
SEGUE A PAGINA 19
INCAesperienze-06_ok 06/06/14 12:47 Pagina 16
C
orsa contro il tempo per i
pensionati che, prima del
luglio 2009, hanno avuto
liquidato dallInps un importo
sbagliato della loro prestazione. Infatti,
manca poco pi di un mese al 6 luglio,
giorno in cui per effetto dellarticolo 38
della legge n. 111 del 2011, scadranno i
tre anni di decadenza previsti per
richiedere allIstituto lesatto importo
della pensione. Una norma che ha
suscitato pi di qualche malumore tra i
patronati, impegnati in prima fila a
tutelare gli interessi dei lavoratori in
pensione, che hanno avuto finora
lunico torto di aspettare i tempi di
lavorazione delle pratiche dellIstituto.
Moltissime sono le pressioni esercitate
dallInca verso lInps per avere una
risposta certa, ma finora a parte un
comunicato stampa ufficiale di
rassicurazione, provocato dopo la
pubblicazione di alcuni articoli di
stampa, lInps ha emanato un
messaggio interno, neppure pubblicato
sul proprio sito, che contiene una
rapida interpretazione della norma e
indicazioni operative alle sue sedi.
LIstituto previdenziale pubblico ha
precisato comunque che le pensioni che
hanno diritto alla ricostituzione non
saranno interessate alla scadenza dei
termini di luglio 2014 non c
ribadisce lInps nella nota stampa
alcuna scadenza per le rivalutazioni
delle pensioni, tanto meno di coloro che
hanno avuto come ultimo periodo,
prima della pensione, la mobilit.
Attualmente lInps sta procedendo ad
una accurata verifica per quantificare in
maniera esatta la platea degli interessati,
senza che per sorga alcun allarme,
dato che non sono previste scadenze
per la riliquidazione delle prestazioni di
coloro che ne hanno diritto, trattandosi
di posizioni definite in via provvisoria.
Tutto bene allora? E invece no, perch
con un semplice comunicato stampa,
tanto meno con una nota interna, non si
interrompono i termini della decadenza
triennale indicati per legge. Non
bastano le buone intenzioni, c bisogno
urgente che lInps intervenga
tempestivamente con un atto formale
per lapplicazione della normativa
spiega Morena Piccinini, presidente Inca
che garantisca ai pensionati il diritto
ad avere quanto loro dovuto.
Nessuno ha interesse a inondare i
tribunali di nuovi ricorsi, ma
inaccettabile che lIstituto non faccia
nulla per impedirlo. Solo nellarchivio
dellInca ci sono circa 100 mila
pratiche interessate dalla scadenza e il
numero potrebbe aumentare
significativamente considerando il
lavoro degli altri patronati.
Il comunicato stampa dellInps non ci
pu rassicurare aggiunge Luigina De
Santis, del collegio di presidenza
dellInca perch la decadenza opera
dufficio e viene rilevata dal giudice, a
prescindere dalle rassicurazioni
dellInps. In altre parole, lInps pu
riliquidare lesatto importo delle
pensioni oltre i tre anni, ma qualora
non lo facesse, il pensionato non
potrebbe pi fare ricorso al giudice per
veder riconosciuto il suo diritto. Quanto
afferma lInps, tra laltro, smentito dal
comportamento dei suoi avvocati che,
nella maggior parte dei casi, prima di
rispondere nel merito alle richieste del
pensionato ricorrente, fanno appello
alla decadenza, come dimostrano
moltissime sentenze. Anche nel giudizio
legale, dunque, non si sfuggirebbe alla
tagliola della decadenza.
Lunica alternativa, perci, per chi ha
avuto la pensione liquidata prima del 6
luglio 2011, resta quella di avviare la
causa entro il 5 luglio, sapendo che
lesito giudiziario non affatto scontato
e che, in caso di soccombenza, il
pensionato si potrebbe trovare
addirittura nella condizione di dover
pagare le spese legali.
Una situazione davvero difficile
provocata da una norma pensata e
scritta pi per produrre risparmi sul
contenzioso giudiziario pendente in
capo allInps (628.910 cause nel 2012
secondo la relazione della Corte dei
conti), che per facilitare il diritto del
cittadino ad avere la sua giusta
pensione in tempi ragionevoli.
Non un caso che lo stesso articolo 38
della legge n. 111 del 2011, laddove
prevede che la decadenza triennale
debba riguardare anche i giudizi
pendenti in primo grado, e dunque con
effetto retroattivo, sia stata impugnata
davanti alla Corte costituzionale che lha
dichiarato, per questa parte, illegittima
(sentenza n. 69 del 2 aprile 2014). Un
pronunciamento importante che di fatto
ha annullato il tentativo di mettere una
pietra tombale su tutto il contenzioso
previdenziale pendente in capo allInps,
contro cui si sono espressi innanzi tutto
i patronati, a cominciare dalla stessa
Inca. La Consulta ha ribadito che pur
non essendo censurabile la decisione
del legislatore di stabilire un termine
entro cui liquidare il corretto importo
della pensione, perch rientra nel suo
potere discrezionale, detto termine non
pu essere esteso alle cause gi in corso
prima della modifica del termine di
decadenza non potendo logicamente
configurarsi afferma la Consulta una
ipotesi di estinzione del diritto (...) per
mancato esercizio da parte del titolare
in assenza di una previa determinazione
del termine entro il quale il diritto ()
debba essere esercitato.
Ridimensionata almeno in parte la
portata della norma sulla decadenza
triennale con la sentenza della Consulta,
resta il problema delle tante pensioni
liquidate in modo parziale per le quali
si era in attesa della risposta dellInps.
In questi casi, avverte lInca,
importante rivolgersi al patronato
presso cui stata avviata la richiesta di
pensione, se stata liquidata in via
provvisoria, per fare una verifica e
valutare se sia opportuno o meno adire
le vie legali, che restano lunica strada
per interrompere la decorrenza dei
termini. Questo vale sia per le pensioni
provvisorie ante 6 luglio 2011, per le
quali lultima data utile per presentare
lazione legale e ottenere la giusta
misura della prestazione pensionistica
il 5 luglio 2014, sia per quelle liquidate
dopo il 6 luglio del 2011, la cui
decadenza triennale decorre a partire
dalla lettera di accettazione della
domanda di pensione o dal pagamento
del primo rateo, se precedente la
comunicazione.
Il problema riguarda una casistica
diversa di pensioni liquidate in via
provvisoria perch lInps, al momento
del pensionamento, non aveva tutte le
informazioni contributive e retributive
che gli avrebbero permesso di fare un
calcolo esatto della prestazione, quali
per esempio i versamenti effettuati
dallazienda, gli indici di rivalutazione
delle retribuzioni che sono pubblicati
annualmente dallIstat, i redditi
conseguiti nellultimo anno di lavoro. In
molti casi, il problema si risolve in
quanto lInps, acquisiti i dati mancanti,
provvede al ricalcolo della pensione e
corrisponde al pensionato il giusto
importo e gli arretrati connessi. Nel caso
in cui ci non avvenga, se il pensionato
non attiva una causa giudiziaria entro i
tre anni perde definitivamente i suoi
diritti, con tutte le conseguenze del caso.
I danni economici possono essere
consistenti o meno, a seconda delle
posizioni individuali. Nella trappola,
per esempio, rischiano di finire anche i
lavoratori che sono andati in pensione
con periodi di mobilit ante 2009, ai
quali lInps a partire dal primo gennaio
dello stesso anno non ha rivalutato le
retribuzioni pensionabili, che vengono
utilizzate per calcolare la pensione
mediante particolari indici statistici
definiti dallIstat. In questi ultimi anni,
lInca ha esercitato forti pressioni, ma i
risultati non si sono visti, nonostante le
molte rassicurazioni. Si tratta di decine
di migliaia di pensionati, ex dipendenti
di aziende che sono stati collocati in
mobilit per riduzione di personale o
per chiusura dellattivit produttiva. In
sostanza, cosa successo? I lavoratori
che hanno avuto periodi di mobilit
hanno avuto laccredito della
contribuzione figurativa del periodo di
non lavoro indennizzato, che va
rivalutata tenendo conto dello sviluppo
della retribuzione contrattuale del
settore di appartenenza, registrato
dallIstat. Questa operazione comporta,
di norma, un aumento della pensione
corrisposta in via provvisoria e perci
richiede la riliquidazione. E cos stato,
ma solo fino al 2008; a partire, infatti,
dal gennaio 2009, lInps non ha
rivalutato pi le retribuzioni
pensionabili e dunque, molte persone
percepiscono meno di quanto dovuto.
Senza la trappola della decadenza
triennale, lIstituto avrebbe potuto
provvedere secondo i suoi tempi di
svolgimento delle pratiche, anche
tardivamente; ma con il termine
perentorio dei tre anni imposto per
legge, dopo il 6 luglio sar difficile far
valere i propri diritti anche se si avvia
una causa contro lInps, con buona
pace di chi ha atteso molto tempo...
Una regola, quella della decadenza
sulla quale i giudici non ammettono
eccezioni in nessun campo, anche di
fronte a situazioni davvero paradossali.
eloquente in proposito una recente
sentenza della Corte di Cassazione (n.
6331 del 19 marzo scorso) che,
accogliendo un ricorso dellInps, ha
respinto definitivamente la richiesta di
un lavoratore infortunato e poi
ammalatosi per cause indipendenti
dallincidente sul lavoro di vedersi
pagare lindennit di malattia per la
quale la legge stabilisce solo un anno
di decadenza. Non sono valse a nulla le
ragioni del lavoratore che si trovato in
mezzo ad un vero e proprio palleggio
di competenze tra Inail e Inps, che non
hanno trovato un accordo tra loro su
chi dovesse pagare la prestazione. I fatti
risalgono ai primi anni 90. Il lavoratore,
a seguito di un infortunio sul lavoro
riceve dallInail il pagamento
dellindennit per inabilit temporanea
fino al 16 ottobre 1994.
Successivamente, si ammala per ragioni
indipendenti allincidente e chiede
allInail lindennit di malattia, ma
lIstituto assicuratore trasmette la
pratica allInps perch ritiene che il
caso non rientri pi nelle sue
competenze. Finisce quindi in un
limbo, senza poter lavorare e in attesa
che si risolva la controversia
istituzionale. LInps, due anni dopo, il
7 ottobre 1996, restituisce il fascicolo
allInail con la stessa motivazione. I due
Enti continuano a rimpallarsi le
responsabilit, mentre il lavoratore resta
inerme confidando comunque in un
possibile loro accordo. Aspetta altri tre
anni. Poi nel 2000 decide di chiamare
in giudizio i due enti e lInps subisce la
prima sentenza di condanna al
pagamento dellindennit di malattia,
cui fa seguito un altro pronunciamento
analogo, in appello. Ma non finita.
LInps, pur di non pagare poco pi di
un anno di indennit, richiamando la
norma sulla decadenza annuale, si
rivolge alla Corte di Cassazione, che
accoglie le ragioni del suo ricorso,
lasciando il lavoratore senza alcuna
tutela dopo 14 anni di cause legali e 20
anni dai fatti. La vicenda davvero
inquietante commenta Rosa Maffei,
legale dellInca nella sua rigidit e
negli esiti spietati da essa derivati. Il
lavoratore, gi vittima di un infortunio
sul lavoro, si visto infliggere una
nuova pena per il solo fatto di aver
atteso fiducioso lesito della diatriba
istituzionale che si consumava sulla sua
testa tra i due Enti e ci interroga
emblematicamente sui criteri che
attualmente informano le scelte
giudiziarie del maggior ente
previdenziale ed avvalora limpressione
che lo strumento della decadenza
venga brandito indiscriminatamente per
fare da argine alle domande di
prestazione, e ci nella piena
disattenzione dei rilievi di giustizia
sostanziale connessi. Sorge spontaneo
il sospetto che tanta ostinazione abbia
giovato soltanto lavvocatura dellInps,
considerando lo scarso valore
economico del contendere e le
presumibili esose spese processuali.
Lisa Bartoli
18
DIRITTI PREVIDENZIALI
La trappola
della DECADENZA

F
.
M
A
Z
Z
A
R
E
L
L
A
/
A
G
.
S
IN
T
E
S
I
Il 6 luglio scadono i tre anni della decorrenza per ottenere
il ricalcolo delle pensioni liquidate in modo parziale. LInps
rassicura, ma lInca incalza lIstituto previdenziale perch sia
salvaguardato il diritto ad avere lesatto importo delle prestazioni.
INCAesperienze-06_ok 06/06/14 12:47 Pagina 18
P
er meglio chiarire la portata
della sentenza del Tar n.
3851/2014 bene
sottolineare che il Piano
straordinario di verifiche sanitarie e
reddituali nei confronti dei titolari
di prestazioni economiche di
invalidit civile, cecit e sordit,
partito con la legge 133 del 2008
che ha previsto la verifica sulla
sussistenza dei requisiti che hanno
dato titolo a benefici su 200 mila
persone nel 2009 e ulteriori 100 mila
nel 2010. La caccia al falso invalido
ha proseguito con accertamenti su
500 mila soggetti equamente
distribuiti nel 2011 e 2012, come
previsto dalla l. 122 del 2010 ed
ancora in corso grazie alle previsioni
della legge 228 del 2012 che ha
disposto ulteriori verifiche su 450 mila
unit che, cominciate nel 2013 forse
si concluderanno nel 2015. Nel 2011
lIstituto decide di inserire allinterno
del campione estrapolato dal
database per essere sottoposto a
verifica anche gli invalidi riconosciuti
tali a scadenza, vale a dire invalidi
che, secondo la commissione che ha
redatto il verbale sanitario, devono
essere sottoposti a nuovo
accertamento alla data di scadenza del
primo provvedimento. Pertanto tali
accertamenti, come previsto dal
decreto ministeriale 387 del 5 agosto
1999, (Regolamento recante le norme
di coordinamento per lesecuzione
delle disposizioni contenute nella
legge 15 ottobre 1990, n.295 in
materia di accertamento dellinvalidit
civile), assumono connotazione di
nuovo accertamento che, come tale,
deve essere effettuato con le stesse
modalit della prima istanza, pertanto,
dalla stessa Commissione Asl,
oggi integrata dal medico dellInps, e
dalla commissione Inps. Inoltre, in
sede di revisione a scadenza la
commissione pu, oltre che
confermare o negare la precedente
invalidit riconosciuta cos come
avviene anche in sede di verifica
straordinaria, rilevare un
aggravamento delle condizioni prima
attestate con conseguente eventuale
beneficio che la Commissione
decentrata preposta alla verifica
straordinaria non pu riconoscere.
Il contenzioso che ha portato alla
sentenza stato avviato tre anni fa da
Anffas Onlus che ha contestato
allInps le modalit delle verifiche
straordinarie in quanto ha deciso di
far rientrare, nei controlli a campione,
anche gli invalidi per i quali era
gi stata precedentemente prevista
una rivedibilit che la legge prevede
sia a carico della commissione
medica della Asl, oggi integrata dal
medico Inps, e non della
sottocommissione decentrata.
Secondo i rilievi dellAssociazione,
accolti dal Tar, le modalit adottate
dallInps per le verifiche straordinarie
sono state illegittime e lesive dei diritti
delle vere persone con disabilit
perch sconfessano i dati forniti
dallIstituto sulle revoche che sono
risultate artificiosamente elevate
in quanto relative non solo alle
verifiche straordinarie ma anche alle
revisioni a scadenza che, in larga
misura sono destinate a revoca.
Senza dire che, poi, tale attivit ha
distolto limpegno dellInps
da quello che effettivamente aveva
richiesto il Parlamento: controllo, in
aggiunta allordinaria attivit di
revisione, delle situazioni determinate
molti anni addietro.
Si sarebbero dovuti effettuare ben altri
controlli, oltre che, per esempio,
evitare di visitare persone da decenni
ricoverate in strutture a causa della
loro disabilit sicuramente non falsi
invalidi con tutti i gravosi, inutili e
ulteriori costi delle visite per lInps,
oltre ai disagi per i cittadini.
I dati finali, come pure la millantata
incidenza dei cosiddetti falsi invalidi
effettivamente individuati dallInps,
sono risultati gonfiati e forieri solo di
costi per lamministrazione, che
sembrano addirittura aggirarsi intorno
ai 30 milioni di euro!
Il Tar ha anche accolto gli ulteriori
rilievi di Anffas e Fish circa la non
equiparabilit tra le visite di revisione
ordinaria, di competenza prioritaria
della Commissione Asl (primo punto
di riferimento territoriale per il
Cittadino) e quelle straordinarie di
competenza esclusiva dellInps.
Con tale modalit imposta dallInps,
infatti, stata impedita la visita presso
le Commissioni Asl pi vicine al
cittadino, costringendolo per la
revisione ordinaria anche a
trasferimenti di decine e decine di
chilometri da casa e non garantendo
quel doppio controllo che evitasse le
sviste di una sola commissione.
Il Tar ha anche appurato che
mancata la tutela alle persone
con disabilit intellettiva e/o
relazionale: infatti, mentre i medici
nominati da Anffas erano presenti
nelle Commissioni Asl, questi
erano esclusi dalle verifiche
straordinarie dellInps, lasciando prive
di specifica tutela le persone con tali
tipologie di disabilit.
Ma non tutto. Dal 2012, lInps ha
incluso nelle verifiche straordinarie
non solo le condizioni di invalidit, ma
anche quelle di handicap (ex Legge
104/1992) senza averne una copertura
normativa (giunta solo a fine 2012).
Anche in questo caso il Tar ha
riconosciuto le doglianze sollevate
da Anffas e Fish e ha pienamente
chiarito che si sono usate, almeno fino
al 2013, le visite di verifica
straordinaria per degli scopi che la
norma statale non riconosceva:
eliminare certificazioni per lo stato di
handicap che erano e sono cosa ben
diversa da quelle finalizzate a
riconoscere linvalidit civile e le
relative provvidenze economiche.
Inoltre, seppur non accolto in
questultima sentenza, un importante
chiarimento stato quello relativo al
riconoscimento dellefficacia del
decreto ministeriale del 2 agosto 2007
che fissa lesenzione da visite di
revisione o verifiche straordinarie in
caso di patologie stabilizzate o
ingravescenti, principio che, nel corso
degli anni successivi al ricorso e
proprio per impulso di questo,
sembra in via di progressiva
acquisizione da parte dellInps.
Al momento, sono in corso attenti
approfondimenti da parte di Fish e
Anffas, sulle ricadute dirette per le
persone con disabilit che si sono
viste revocare le provvidenze
economiche in forza di quelle
disposizioni amministrative dichiarate
illegittime. Si tratta quindi di una
sentenza fondamentale perch mette
in discussione le modalit delle
verifiche gi realizzate, mettendo al
tempo in dubbio anche quelle
successive al 2012.
Linteresse dellAssociazione e della
Federazione non certo quello
di contrastare lindividuazione
dei falsi invalidi, ma di fare in modo
che siano rispettati i diritti
fondamentali delle vere persone con
disabilit e che i controlli siano
condotti con le opportune garanzie, in
modo efficace e mirato, evitando
inutili disagi e vessazioni.
Per questo Anffas e Fish si augurano e
richiedono con forza che governo e
Parlamento chiariscano e riformino
non solo il piano di verifica sugli
accertamenti, ma anche lintero
sistema di accertamento di invalidit
civile, stato di handicap e disabilit
che risulta ormai obsoleto, farraginoso
ed inefficiente. Tale riforma
prevista nel programma biennale
dazione che il governo stesso si
impegnato a mettere in atto per
garantire il rispetto dei diritti umani
delle persone con disabilit.
Marilena Mellone
19
Il Tar del Lazio
il 9 aprile scorso
si pronunciato
sulle modalit
adottate dallInps
per effettuare
le verifiche sanitarie
previste dal Piano
straordinario
nel periodo fra
il 2011 ed il 2012
i principi espressi dalla direttiva
comunitaria solo se gli importi
dei contributi richiesti,
che pure possono variare allinterno di
una forbice di valore, non si attestano,
fin dal valore pi basso, su cifre che
siano macroscopicamente elevate e
quindi sproporzionate rispetto
allimporto dovuto per ottenere un
titolo analogo, quale una carta
nazionale didentit, da parte dei
cittadini di quel medesimo Stato.
Per i giudici, quindi, poich di
dominio pubblico che, in Italia, ogni
cittadino paga mediamente 10 euro
per ottenere la Carta di Identit,
illegittimo chiedere allimmigrato un
contributo che, nella migliore delle
ipotesi, risulta essere 8 volte
superiore: Ci appare confliggente
afferma il Tar con i principi di
livello comunitario e soprattutto
non sembra coerente con il principio
di proporzionalit. Da qui la
decisione del Tribunale amministrativo
del Lazio di rimettere allesame
della Corte di giustizia dellUnione
europea la questione pregiudiziale di
corretta interpretazione della
normativa interna in rapporto a quella
comunitaria. Se dallEuropa dovesse
arrivare una sentenza di condanna
sulla tassa imposta agli immigrati, ne
potrebbe scaturire limmediata
richiesta di rimborso dei pagamenti
gi effettuati.
GLI ACCERTAMENTI SANITARI SUGLI INVALIDI CIVILI
Bartoli DA PAG. 17
Giudizio sospeso
Veriche illegittime

D
.
F
U
S
A
R
O
/
A
G
.
S
IN
T
E
S
I
INCAesperienze-06_ok 06/06/14 12:48 Pagina 19
N
el 2010 la
Commissione europea
ha varato un
documento che
doveva segnare un nuovo inizio.
LEuropa deve ritrovare la via
giusta e non deve pi perderla.
questo lobiettivo della strategia
Europa 2020: pi posti di lavoro e
una vita migliore affermava il
presidente Barroso nella
premessa al documento europeo
che promuoveva tre priorit:
crescita intelligente; crescita
sostenibile; crescita inclusiva.
Per farlo, lEuropa si data 10
anni di tempo per raggiungere
sette obiettivi, tra cui figurano
come prioritari: il lavoro
per il 75 per cento delle persone
con una et compresa tra i 20
e i 64 anni; la lotta contro
labbandono scolastico;
la riduzione della povert.
A distanza di quattro anni, per, la
situazione rimasta
sostanzialmente immobile.
Nel 2013, il tasso di occupazione
nellUnione europea della
popolazione in et di lavoro
rimasta pressoch invariata, al
68,3 per cento, con un calo di un
decimo di punto rispetto allanno
precedente. Siamo dunque ben
lontani dallobiettivo fissato nel
documento europeo. Se poi, si
sposta lattenzione sul nostro
paese, i dati dellIstat tracciano un
quadro ancor pi desolante
perch confermano, se mai ne
avessimo avuto bisogno, una
situazione ancor pi
preoccupante che investe
di pi le giovani generazioni:
tra i 15 e i 34enni il tasso
di occupazione sceso di oltre
12 punti percentuali tra il 2004
e il 2013, passando dal 52,1
al 40,2 per cento. In valori
assoluti, questo significa
che solo 4 persone su 10 svolgono
una qualche attivit. Se si
restringe lo sguardo sui 25 e
34enni, si contano 2 milioni di
posti di lavoro in meno nello
stesso decennio.
Sono, dunque, i giovani il nostro
futuro che pagano di pi gli
effetti di una crisi cos prolungata
e non ancora superata, ai quali si
guarda gi come generazione
perduta, privata, a dispetto
dellet, di qualunque prospettiva.
Limpressione che per loro, le
istituzioni nazionali e europee
abbiano rinunciato in partenza a
fare qualunque cosa. Sono ragazzi
ai quali dopo la scuola non stata
offerta nessuna possibilit di
sperimentare forme di
apprendistato formativo, tanto
meno di partecipare a stage
retribuiti, n di collaudare la
flessibilit alla danese (lavoro-
studio). In questi lunghissimi 6
anni di crisi, hanno testato sulla
loro pelle solo lunghi periodi di
disoccupazione, interrotti da tanti
tipi di lavoro atipici dietro i quali
si celano forme contrattuali
precarie (la Cgil ne conta 46 in
Italia), ammesse per legge, che
hanno fatto diventare le tutele
previdenziali, retributive e
assistenziali optional di cui si pu
fare a meno: meno maternit,
meno contributi previdenziali,
meno ammortizzatori sociali,
meno retribuzione, niente ferie,
niente liquidazione, niente Tfr e
figurarsi se si possa pretendere
per loro una pensione o un
contratto a tempo indeterminato.
Invocando la flessibilit, i nostri
legislatori hanno fatto diventare
il mercato del lavoro un
contenitore di variopinte, quanto
fantasiose occupazioni a tutele
zero. Ad una cos totale
assenza di diritti ne deriva,
20
del progetto europeo in Italia,
per, pesano due problemi
consistenti: linefficienza dei centri
per limpiego che sono 500 su
tutto il territorio nazionale, con
poco pi di 8 mila operatori, e le
risorse con cui finanziarlo. In
Francia, Germania e Inghilterra, i
centri per limpiego sono 10 volte
di pi e i rispettivi governi vi
investono 5 miliardi di euro
lanno. LItalia, invece, ne destina
soltanto 500 milioni per una rete
insufficiente, che si mostrata
finora incapace di offrire anche
solo una quota minima di
occupazione.
Le risorse stanziate dal nostro
governo per il progetto Garanzia
Giovani sono di 1,5 miliardi di
euro, in parte resi disponibili
dallUnione europea e in parte dai
Fondi nazionali. Sono
indubbiamente risorse ingenti
sottolinea Brunetti ma,
considerato che solo 60 milioni
sono preventivati per lunione
delle banche dati, per la
pubblicizzazione del progetto, per
gli youth corner (punti di primo
contatto) con personale dedicato,
necessario ottimizzarle per
ottenerne il massimo rendimento.
Da questo punto di vista,
necessario per noi stare il pi
possibile a contatto con questo
progetto e con i giovani che vi si
avvicineranno, per offrire loro la
massima accoglienza/assistenza e
la prima informazione.
Secondo la Cgil, indispensabile
fornire un orientamento sulle
opportunit offerte dal progetto e
mettere in condizione i giovani,
che si rivolgeranno alle sedi
sindacali, di capire come
interfacciarsi con questa misura;
spiegare loro che cos un
tirocinio o un rapporto di lavoro e
la differenza sostanziale che c tra
le due cose; come poterli
indirizzare e scegliere un corso di
formazione per testarne la qualit;
infine, pi in generale, offrire a
questi ragazzi e ragazze assistenza
e tutela per rendere Garanzia
giovani uno strumento realmente
attivante per ciascuno di loro.
Non dobbiamo far mancare un
orientamento, dunque, alla tutela
e allautotutela per coloro che
verranno nelle nostre sedi
sottolinea Brunetti , che permetta
loro di massimizzare le
opportunit offerte. In questo
senso, le Camere del lavoro e i
nostri servizi (in particolare il Sol)
potranno essere terminali
importanti per avere informazioni
e dare un notevole impulso al
rafforzamento di un sistema di
controllo sociale (prevenire gli
abusi, denunciarli, etc.) che ci
permetta, attraverso unattivit di
monitoraggio costante e puntuale
di orientare le scelte politiche che
si determineranno, sia in termini
di una eventuale riallocazione
delle risorse (il 20% di esse, infatti,
possono essere reindirizzate fino
a settembre 2015), sia per ci che
concerne la valutazione di alcune
delle azioni previste dal piano (ad
esempio, i tirocini che sono sotto
la nostra lente di ingrandimento
per via del continuo utilizzo
improprio dello strumento). Una
sfida, dunque, che a vedere i dati
stata sicuramente raccolta dai
giovani, i quali chiedono alle
istituzioni nazionali e ai politici di
tradurre tutto questo in una
preziosa occasione per restituire
loro dignit e rispetto dei diritti al
lavoro e allistruzione; condizione
indispensabile per far ripartire la
macchina Paese e contribuire ad
affermare il principio di giustizia
sociale in uno Stato di diritto.
Sonia Cappelli
Rassegna Sindacale
Settimanale della Cgil
Direttore responsabile Guido Iocca
A cura di Patrizia Ferrante
EditoreEdit. Coop. societ cooperativa di giornalisti,
Via dei Frentani 4/a, 00185 - Roma
Iscritta al reg. naz. Stampa al n. 4556 del 24/2/94
A cura di
Lisa Bartoli (coordinamento),
Sonia Cappelli
Propriet della testataEdiesse Srl
Ufcio abbonamenti
06/44888201- abbonamenti@rassegna.it
Ufcio vendite
06/44888230 - vendite@rassegna.it
Graca e impaginazione
Massimiliano Acerra, Cristina izzo, Ilaria Longo
StampaPuntoweb Srl,
Via Variante di Cancelliera, 00040 - Ariccia, Roma
Chiuso in tipograa luned 9 giugno ore 13
Garanzia giovani...
per ora solo precari
Dallavvio del programma Europeo contro
la disoccupazione giovanile 67 mila sono
le richieste inoltrate al sito del governo
italiano. La Cgil e i Servizi aprono le sedi
per offrire orientamento e informazione.

A
.
D
I G
IR
O
L
A
M
O
/
B
U
E
N
A
V
IS
T
A
conseguentemente, una totale
insicurezza che rende i nostri figli
sempre pi dipendenti dalle
famiglie, che restano sempre,
seppur pi fragili anche loro,
lunico vero ammortizzatore
sociale universale.
Una generazione quella dei
giovani doggi, nei quali prevale,
dunque, un profondo senso di
scoraggiamento che si riflette
nella sfiducia verso la possibilit
di poter conseguire una laurea: in
meno di dieci anni si sono
registrate 78 mila iscrizioni in
meno presso le universit, di cui
30mila iscrizioni nellultimo
triennio; ma anche nella ripresa di
migrazioni interne ed esterne
verso regioni italiane pi ricche
e/o al di fuori dei confini
nazionali, accompagnate, spesso,
da rientri nei paesi di origine,
come rilevano gli ultimi dati di
Svimez, dopo tentativi falliti di
trovare una loro adeguata
collocazione. I giovani pi
intraprendenti vanno allestero e
fanno parte di quelli che... quelli
che non hanno la certezza di
veder premiato il loro impegno;
quelli che si sentono alla deriva
nel loro paese e che emigrano
oltre confine, certi di trovare
comunque un modo di
sopravvivere; quelli che, con
unalta formazione universitaria,
definiti cervelli in fuga
(ingegneri, ricercatori, etc.), la cui
fuga per contribuisce in modo
determinante allimmiserimento
culturale e professionale dellItalia
presente e futura.
Secondo gli ultimi dati
dellAnagrafe degli italiani
residenti allestero (Aire), nel 2012
sono stati circa 68mila gli italiani
che si sono trasferiti allestero, con
un aumento medio nazionale del
3% rispetto allanno precedente;
lincremento pi forte si
registrato nellItalia settentrionale;
di questi, avverte il Censis, il 72
per cento gi occupato e il
restante ancora in cerca di
lavoro. La maggior parte (il 54,5%)
risiede in Europa, ma sempre pi
persone si spostano anche verso
mete asiatiche. Un italiano su
cinque partito per motivi di
studio. Sono dati sconfortanti che
rappresentano la sconfitta di un
Paese colpevole di non aver
saputo sviluppare politiche in
grado di accogliere questi giovani
e le loro competenze, di non aver
rispettato il loro diritto al lavoro,
previsto dalla Costituzione, di aver
negato loro anche la speranza di
costruirsi un futuro dignitoso.
Ad una situazione di cos forte
precariet dei diritti,
parallelamente sale sempre di pi
la quota degli scoraggiati che,
considerati nella fascia di et
15-34 anni, sono stimati in 3,7
milioni. Nel confronto con altre
nazioni europee, lItalia ricopre il
primato dei Neet, con il 22,2%
(fonte Eurostat), seguita dalla
Bulgaria con il 21,6%, dalla Grecia
con il 20,6%, dalla Spagna con il
18,6%. A distinguerci dagli altri
Paesi, ancora una volta non solo
la quantit degli sfiduciati, ma la
cos elevata presenza fra loro di
donne che, subendo difficolt
maggiori nellaccesso al lavoro
(dimissioni in bianco e precariet
diffusa), alle tutele (welfare
familistico) e nella valorizzazione
delle loro competenze (tetto di
cristallo), hanno perso qualsiasi
illusione di cambiare la loro
condizione in un prossimo futuro!
chiaro che in una situazione
cos drammatica gli obiettivi
previsti dalla Strategia Europa
2020 sono sempre pi
inarrivabili per lItalia, rendendo
ancora pi incolmabile il divario
con gli altri Paesi europei.
Occupazione, istruzione, povert
sono chiaramente obiettivi
comuni, da conseguire sia a livello
nazionale che europeo perch
prevedono necessariamente una
reciproca utilit, ma dai quali
evidentemente il Belpaese
ancora troppo lontano.
Lavvio il 1 maggio di questanno
dellEuropean Youth Guarantee,
rappresenta una possibilit
concreta per garantire ai giovani
disoccupati, tra i 15 e i 29 anni, un
percorso personalizzato in grado
di offrire loro, entro un periodo di
4 mesi dalliscrizione al
programma, un orientamento, un
rapporto di lavoro (apprendistato,
contratto a termine o a tempo
indeterminato), tirocini in Italia o
allestero, un progetto di servizio
civile o altre misure di
formazione, compresi percorsi di
reinserimento scolastico. Il
progetto, studiato per essere
applicato nei territori in cui il
tasso di disoccupazione giovanile
e/o di genere supera il 25%
(e in Italia parliamo di tutto il
territorio nazionale, ad eccezione
delle due province autonome di
Trento e Bolzano e del Veneto),
ha avuto un discreto successo
tra i tanti giovani in stand by che
non si sono lasciati sfuggire
questa opportunit. In poco pi di
un mese, le domande inviate
finora al sito del governo
garanziagiovani.gov.it, hanno
superato quota 67mila. una
grandissima opportunit che il
nostro paese non pu permettersi
di gettare al vento afferma
Andrea Brunetti, responsabile
giovani della Cgil e il gran
numero delle iscrizioni ne la
dimostrazione. Tuttavia, il vero
successo lo verificheremo quando
queste iscrizioni diventeranno un
colloquio, una presa in carico del
giovane; insomma, quando si
concretizzeranno le opportunit
anche in termini di qualit.
Fondamentale stato anche
linnalzamento dellet, richiesto
peraltro dalla Cgil, per accedere
alla Garanzia Giovani, passando
cos dai 15/25enni ai 15/29enni.
I dati, infatti, confermano
che oltre il 50% delle richieste ha
riguardato ragazzi e ragazze,
che hanno superato la soglia
dei 25 anni. Sulla buona riuscita
EUROPEAN YOUTH GUARANTEE
INCAesperienze-06_ok 06/06/14 12:48 Pagina 20

Potrebbero piacerti anche