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Letteratura cristiana antica A


mod. 2 (a.a. 2011-2012) docente: Clementina Mazzucco

I personaggi del Vangelo di Giovanni


Programma
1. Nella prima parte si prender in considerazione il Vangelo di Giovanni (= Gv) nel suo complesso. Per il testo del Vangelo si user la traduzione di A. Poppi nella Sinossi (Messaggero, Padova, 1993), che fa parte dei materiali allegati alle dispense (All. 1): consente di confrontare passo passo il racconto di Giovanni con quello degli altri Vangeli. Si consiglia per di ricorrere anche alledizione del NT (= Nuovo Testamento) curata da B. Corsani e C. Buzzetti (Societ Biblica Britannica e Forestiera, Roma 1996), che riporta il testo greco con, a fronte, la traduzione della Conferenza Episcopale Italiana del 1972 e le note delled. it. della Traduction Oecumnique de la Bible: presso il personale del Dipartimento di Filologia classica sono disponibili le fotocopie delle pagine di questa edizione relative a Gv. Questa edizione serve a chi sa il greco, ma anche agli altri, soprattutto per le note. Naturalmente occorre anche avere sotto mano una traduzione di tutta la Bibbia, soprattutto del NT, per confronti con gli altri Vangeli in passi che non compaiono nella Sinossi e altri riferimenti utili. Per gli argomenti si far riferimento alla trattazione di J. Zumstein, Il Vangelo secondo Giovanni nellIntroduzione al Nuovo Testamento curata da D. Marguerat (tr. it., Claudiana, Torino 2001), pp. 367-393, che si trova pure tra gli allegati (All. 2). Una presentazione molto sintetica compare anche nellIntroduzione della trattazione su Giovanni di G.R. ODay, che fa parte del terzo volume di La Bibbia delle donne curato da C.A. Newsom e S.H. Ringe, tr. it., Claudiana, Torino 1999, pp. 83-85 (All. 4). Chi ha seguito il mod. 1 (Introduzione al Nuovo Testamento e allo studio dei Vangeli) potr giovarsi delle informazioni che gi sono state date nelle dispense di questo modulo. Si tratteranno i seguenti argomenti: - somiglianze e differenze rispetto agli altri tre Vangeli, detti sinottici (perch tra loro pi simili); - la struttura del Vangelo; - la fortuna del Vangelo nella tradizione cristiana antica; - i problemi compositivi del Vangelo e alcune ipotesi di spiegazione; - le fonti di Gv e il rapporto con i Sinottici; - la lingua e lo stile; alcune tecniche letterarie caratteristiche: il fraintendimento, il simbolismo, lironia, lantitesi; - contatti e influssi culturali e religiosi (con tradizioni cristiane primitive, col giudaismo, con particolari cerchie giudaiche, con la gnosi); - il contesto in cui sorto il Vangelo; - la data e il luogo di composizione; - la questione dellautore e lattribuzione allapostolo Giovanni; - gli scopi; - le principali concezioni teologiche. 2. In una seconda parte accenneremo al metodo dellAnalisi narratologica e al ruolo dei personaggi nella Bibbia e in particolare in Gv. Il saggio di riferimento la I parte del libro di R. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo: La costruzione dei personaggi: elementi di teoria critica (Glossa, Milano 1994). pp. 7-50; le

2 pagine non sono allegate. AllAnalisi narratologica si era accennato anche nelle dispense del mod. 1, trattando dei nuovi metodi di studio della Bibbia. 3. Nella terza parte, la pi ampia, esamineremo i principali personaggi (singole persone) che compaiono in Gv, seguendo lordine con cui compaiono nel Vangelo (tra gli allegati compreso uno schema dei personaggi, con i riferimenti ai passi in cui compaiono e un cenno ai contenuti dei passi: All. 3): - Giovanni (Battista); - Andrea; - Simon Pietro; - Filippo; - Natanaele; - la madre di Ges; - Nicodemo; - la Samaritana; - lufficiale regio; - il paralitico di Gerusalemme; - il cieco nato; - Giuda Iscariota; - Maria e Marta; - Tommaso; - Caifa; - Il discepolo amato; - Pilato; - Maria di Magdala. Per i personaggi di Giovanni (Battista), Nicodemo, la Samaritana, Giuda Iscariota, il Discepolo amato, Tommaso, si rinvia principalmente alla trattazione di Vignolo, Personaggi del Vangelo di Giovanni, che per non segue lordine del Vangelo. La Samaritana analizzata anche da ODay nella sua trattazione su Giovanni, pp. 87-89 (All. 4). Per Andrea, Filippo, Natanaele, il cieco nato, un punto di riferimento sono i capitoli 2 (Ges e i primi discepoli) e 7 (Il cieco nato) nel volume di B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni (Vita e Pensiero, Milano 1999), pp. 15-27; 103-113 (All. 5 e 6). Per Simon Pietro si rinvia al cap. 6 del volume di J. Gnilka, Pietro a Roma (Paideia, Brescia 2003): La figura di Pietro secondo gli evangelisti ( 4: Giovanni), pp. 131; 155-162 (All. 7) Per la madre di Ges, Maria e Marta, Maria di Magdala, si rinvia alle pagine di ODay su Giovanni, in La Bibbia delle donne, III, pp. 86-87; 91-104 (All. 4). Per la madre di Ges si allega anche lanalisi di R.E. Brown-K.P. Donfried-J.A. Fitzmyer-J. Reumann (La madre di Ges nel Vangelo di Giovanni) in Maria nel Nuovo Testamento, pp. 200-201; 204-218; 228-241 (All. 8) e quella di L. Sebastiani, Maria alle nozze di Cana, nel volume Donne dei Vangeli (Ed. Paoline, Milano 1994), pp. 43-55 (All. 9). Per Maria di Magdala si allega anche lanalisi di L. Sebastiani (Maria di Magdala testimone della risurrezione) nel volume Donne dei Vangeli, pp. 201-2221 (All. 10). Per Pilato si allega una mia analisi dellepisodio: C. Mazzucco, Ges davanti a Pilato, pubblicato in Parole di vita 49/5 (2004), pp. 25-30 (All. 11). Per gli altri personaggi (lufficiale regio, il paralitico di Gerusalemme, Caifa) ci serviremo di commenti a Gv: R.E. Brown, Giovanni, tr. it., Cittadella, Assisi 1979; B. Maggioni, Il Vangelo di
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Ho sostituito questa trattazione a quella di C. Ricci, in Lapostola. Maria Maddalena inascoltata verit, che indicata nel programma pubblicato nel sito on line.

3 Giovanni, in I Vangeli, trad. e comm. a cura di G. Barbaglio-R. Fabris, B. Maggioni, Cittadella, Assisi 1989, pp. 1301-1713; M. Galizzi, Vangelo secondo Giovanni. Commento esegeticospirituale, LDC, Leumann (TO), 1992, rist. 2010.

Presentazione
- Perch il Vangelo di Giovanni? Tutti i Vangeli sono diversi tra loro, ma il Vangelo di Giovanni un Vangelo speciale, pi diverso dagli altri. Presenta, s, somiglianze, soprattutto nel racconto della passione e in alcuni altri racconti (moltiplicazione dei pani e cammino sullacqua, Purificazione del tempio, unzione a Betania), ma anche numerose differenze. Molti materiali sono solo suoi: tra questi, sono ben noti le Nozze di Cana, la Samaritana, la risurrezione di Lazzaro, Tommaso. E un Vangelo particolare soprattutto per limpostazione: alterna ai racconti, spesso incentrati su dialoghi, ampi discorsi e monologhi di Ges, che approfondiscono il senso degli avvenimenti. La figura di Ges indagata nei suoi rapporti con il Padre e con lo Spirito Santo in modo diverso che negli altri Vangeli. Anche il linguaggio e lo stile sono particolari e talora assumono carattere ritmico, poetico (pensiamo al prologo). - Largomento dei personaggi ha buone giustificazioni, perch proprio Gv appare interessato ai personaggi, allindividualit delle figure menzionate. Ne gi un segno il fatto che, laddove gli altri Vangeli presentano figure anonime, egli dia loro un nome: ad esempio, durante larresto, lunico che identifica in Pietro colui che colpisce con la spada il servo del sommo sacerdote e precisa che costui si chiamava Malco. Presenta un buon numero di personaggi del tutto nuovi: Natanaele, Nicodemo, la Samaritana, il paralitico di Gerusalemme (esiste nei Sinottici un paralitico, ma diverso), il cieco nato (esistono ciechi nei Sinottici, ma diverso), il discepolo amato. Ma anche quelli che gi erano presenti negli altri Vangeli risultano in gran parte rinnovati: alcuni acquistano solo qui il carattere di personaggi veri e propri: pensiamo a Filippo, a Caifa, a Pilato, soprattutto a Tommaso, a Maria di Magdala. Altri, che gi erano dei personaggi significativi, acquistano tratti nuovi: pensiamo a Giovanni Battista, a Maria madre di Ges, a Giuda, a Maria e Marta, a Simon Pietro. Ogni personaggio svolge un proprio ruolo ed ha uno sviluppo diverso. Di molti, che compaiono in pi passi, si presenta una storia personale Tutti rappresentano un esempio significativo allinterno della tematica centrale della fede, sia in senso positivo sia negativo. - Gli studi utilizzati. Come si vede dal programma, non esiste uno studio completo sui personaggi di Gv, e pochi sono in genere gli studi su questo aspetto, soprattutto in italiano. Il saggio pi valido, anche perch si pone effettivamente nella prospettiva del personaggio secondo il metodo narratologico, quello di Vignolo (Personaggi del Quarto Vangelo, cit.), che per si limita a trattare sei personaggi (Tommaso, Nicodemo, la Samaritana, Giovanni Battista e il discepolo amato, Giuda Iscariota). Siamo costretti a ricorrere a pi studi per la trattazione dei vari personaggi. Questo fatto comporta alcune difficolt: molti degli studi utilizzati non sono principalmente interessati ai personaggi, ma hanno interessi pi ampi o diversi. La ODay (Giovanni, in La Bibbia delle donne, cit.) considera le figure femminili (la madre di Ges, la Samaritana, Maria e Marta, Maria di Magdala) da un punto di vista femminista; anche la Sebastiani (Donne dei Vangeli, cit.), ma con una visione meno rigida; un suo difetto, dal nostro punto di vista, che, ad esempio, per Maria analizza le Nozze di Cana, non la scena sotto la croce. Maggioni (La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni, cit.) si incentra sugli episodi singoli caratterizzati da dialoghi; Gnilka (Pietro a Roma, cit.) presenta Pietro con attenzione al rilievo storico-ecclesiastico della figura nella tradizione successiva; Brown e gli altri (Maria nel Nuovo Testamento, cit.) rappresentano unquipe di studiosi cattolici e protestanti interessati al dialogo interconfessionale, e in questa prospettiva affrontano la questione di Maria madre di Ges (com noto, i protestanti

4 rifiutano i dogmi cattolici su Maria: verginit perpetua, madre di Dio, immacolata concezione, assunzione) e dedicano spazio alla discussione sulle fonti degli episodi analizzati; per quanto riguarda la figura di Pilato, larticolo analizza lintero episodio del processo di Ges e non rivolto esclusivamente al personaggio del procuratore. Per altri personaggi si dovr ricorrere a commenti generali al Vangelo. Questi limiti richiedono di leggere i testi costruendo una propria linea interpretativa; si cercher di fornire in queste dispense (che rimarranno incomplete) alcune indicazioni in questo senso. - Sul metodo: si vuole accostarsi al Vangelo, leggerlo, sia secondo il metodo storico-critico, che quello comunemente usato dagli studiosi della Bibbia, sia secondo uno dei nuovi metodi, quello narratologico, almeno per quanto riguarda i personaggi. Terremo conto degli studi indicati, e della loro impostazione, confrontando i diversi esiti a cui i diversi metodi arrivano, soprattutto nei casi in cui avremo modo di leggere due o pi contributi relativi al medesimo personaggio: capiter per la madre di Ges (Brown e altri, ODay, Sebastani), la Samaritana (Vignolo, ODay), Maria di Magdala (ODay, Sebastiani). Ma cercheremo soprattutto di analizzare i personaggi inserendoli nel contesto e negli obiettivi del Vangelo, obiettivi che lautore stesso indica alla fine del cap. 20: dimostrare che Ges il Cristo, il Figlio di Dio (il vero protagonista sempre lui), suscitare la fede in lui in modo da guadagnare la Vita con la V maiuscola.

1. Il Vangelo di Giovanni
Bibliografia Tra gli Allegati: - J. Zumstein, Il Vangelo secondo Giovanni, in Introduzione al Nuovo Testamento , a cura di D. Marguerat, tr. it., Claudiana, Torino 2001, pp. 367-393 (All. 1). - G.R. ODay, Giovanni, in La Bibbia delle donne, a cura di C.A. Newsom e S.H. Ringe, tr. it., Claudiana, Torino 1999, pp. 83-85 (All. 4).

Seguiamo lordine degli argomenti di Zumstein. Si annotano qui solo alcune correzioni o integrazioni alla sua trattazione. 1.1. Somiglianze e differenze rispetto ai Vangeli sinottici Oltre a quanto dice Zumstein, si pu accennare anche alle omissioni di materiali presenti nei Sinottici. Gv non presenta i racconti dellinfanzia, che compaiono nei primi due capitoli di Mt e Lc (non in Mc); non riporta le caratteristiche parabole di Ges, ma solo immagini allegoriche molto sviluppate, come quella del buon pastore e della vite e i tralci; non ha il discorso escatologico o discorso sulla fine; non presenta racconti di esorcismo n guarigioni di lebbrosi; ha un numero ridotto di miracoli (7 in tutto: trasformazione dellacqua in vino alle nozze di Cana, guarigione del figlio dellufficiale regio, guarigione del paralitico, moltiplicazione dei pani, cammino sullacqua, guarigione del cieco nato, risurrezione di Lazzaro); non narra listituzione dei Dodici apostoli e linvio in missione, n lepisodio della trasfigurazione, n la preghiera nel Getsemani, n listituzione delleucarestia durante lultima cena (sostituita dalla lavanda dei piedi). A documentazione dei loghia, o detti, di Ges che Gv ha in comune con i Sinottici: Gv 1,27 (Giovanni Battista sta parlando di Ges): uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo: cfr. Mt 3,11 e par.; 2,19 (Ges dice durante la cacciata dei mercanti dal tempio): Distruggete questo tempio e in tre giorni lo far risorgere: cfr. Mt 26,61 e par.

1.2. La struttura del Vangelo Si pu notare che lo stacco netto tra le due parti principali del Vangelo di Giovanni non cade, come nei Sinottici subito prima dellingresso in Gerusalemme che inaugura il soggiorno ultimo con la passione, ma prima dellultima cena. A correzione della proposta di schema data da Zumstein (p. 55 dellAll .2), che in sostanza costituito, per la prima parte, da un semplice elenco di episodi, diamo qui un altro schema che corrisponde grosso modo a quello seguito dalla Sinossi allegata (All. 1):
Prologo (1,1-18): il Logos e la sua incarnazione I. Libro dei segni (1,19-12,50) Prime manifestazioni della gloria di Ges (cc. 1-4) 1. Missione del precursore (1,19-34) 2. Da Cana a Cana (cc. 2-4): i primi due segni Lopposizione dei giudei e le feste (cc. 5-10) 1. Ges a Gerusalemme per una festa e la questione del sabato (c. 5) 2. Ministero in Galilea e la festa di Pasqua (c. 6) 3. A Gerusalemme per la festa delle Capanne (7,1-10,21) 4. Alla festa della Dedicazione (10,22-42) Il cammino di Ges verso la morte e la gloria: preparazione alla Pasqua (cc. 11-12) II. Libro della gloria (cc. 13-20) Ges si rivela agli amici intimi, durante lultima cena 1. Lultima cena e il comandamento nuovo (c. 13) 2. Primo discorso di addio (c. 14) 3. Secondo discorso di addio (cc. 15-16) 4. La preghiera sacerdotale (c. 17) Passione e risurrezione di Ges (cc. 18-20) 1. Passione (cc. 18-19) 2. Risurrezione e apparizioni (c. 20) Epilogo (c. 21): apparizione e colloqui

Si pu avere qualche dubbio se considerare il cap. 21 un Epilogo o unirlo alla sezione Passione e risurrezione. Sulla struttura si veda anche ODay, a p. 85 dellAll. 4. 1.3. La fortuna del Vangelo nella chiesa antica In aggiunta a Zumstein: E un Vangelo che ha avuto grande fortuna gi nel mondo antico. Nel II sec. suscit interesse negli ambienti gnostici per la profondit dei suoi contenuti teologici e, anzi, il primo commento di cui si ha notizia venne scritto da uno gnostico di nome Eracleone a met del II sec. Verso la fine del II sec. il Canone Muratoriano difende il Vangelo dalle perplessit che suscitavano le differenze rispetto agli altri Vangeli e afferma che fu scritto per ispirazione divina. Anche Clemente Alessandrino lo definisce il Vangelo ispirato. Alle origini sub alcune contestazioni: Ireneo (Adv. Haer. III,11,9) riferisce di un gruppo, non meglio identificato, che lo rifiutava essendo in polemica con altri gruppi che esaltavano il dono dello Spirito Santo a cui Giovanni d rilievo (probabilmente montanisti). Alcuni (un certo Gaio e altri) volevano che fosse di mano di un eretico (Cerinto), altri, come Ireneo stesso (Adv. Haer. III,11,1) e poi Gerolamo (Vir. ill. 9), sostenevano invece che fosse stato scritto proprio per

6 combattere questo e altri eretici. Ma si afferm presto lidea che fosse opera dellapostolo Giovanni e che fosse stato scritto dopo gli altri tre Vangeli. Lo hanno poi ampiamente commentato i pi grandi teologi cristiani, da Origene (che intende confutare il commento di Eracleone) nel III sec. ad Agostino allinizio del V sec. Un segno della priorit rispetto agli altri Vangeli che acquist via via il fatto che, a partire da Gerolamo (fine del IV sec.), gli venne attribuito il simbolo pi importante tra i quattro (leone, vitello, uomo, aquila) che furono assegnati ai Vangeli da una tradizione attestata nel II sec. da Ireneo di Lione, quello dellaquila, che in precedenza era toccato a Marco. 1.4. I problemi compositivi del Vangelo e alcune ipotesi di spiegazione Cfr. il 20.2 di Zumstein. Esempi di glossa chiarificatrice: in 4,2, dopo che ha riportato la diceria che Ges battezzava pi di Giovanni (Battista), il narratore aggiunge: sebbene non fosse Ges in persona che battezzava, ma i suoi discepoli; in 21,19, dopo la predizione di Ges a Pietro del suo futuro: Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. Secondo Zumstein (p. 56 dellAll. 2), le glosse appartengono a una redazione successiva, ma se ne pu dubitare. Cos, anche sulla valutazione di quali siano le parti aggiunte o non ben integrate nel contesto, si possono avere opinioni differenti. Pi chiaro il fatto che il discorso del buon pastore (10,1-18) rompe il collegamento tra 9,41 e 10,19. Pi chiaro il fatto che alcune parti costituiscano delle aggiunte introdotte nella redazione finale: se non tutto il cap. 21 (che comunque appare aggiunto al cap. 20, il quale ha gi una sua conclusione ai vv. 30-31), certo i vv. 24-25 del cap. 21.; anche la conclusione della prima parte (12,44-50). E inoltre: il passo di 3,31-36 8uno sviluppo cristologico non ben collegato con il discorso precedente; la sezione sul buon pastore (10,1-18). Si tenga conto anche di quanto Zumstein aggiunge a p. 65 col titolo La genesi del vangelo. interessante, in particolare, per noi, la menzione delle pi recenti letture sincroniche del Vangelo e in particolare dellapproccio narrativo, che consente di trovare la logica del racconto e dei procedimenti letterari seguito nella forma definitiva del testo.. 1.5. Le fonti di Gv e il rapporto con i Sinottici una questione controversa e difficile. Indubbiamente si colgono somiglianze, accanto a notevoli differenze. La difficolt nel decidere se Gv conosca direttamente almeno qualcuno dei Sinottici o attinga a tradizioni comuni. Zumstein non menziona, ma sarebbe bene ricordare che, soprattutto nel racconto della passione e della risurrezione si riscontrano somiglianze pi strette con la versione di Lc, anche e proprio quando Lc diverge da Mc (la sua fonte principale per i racconti) e potrebbe aver utilizzato unaltra fonte: pensiamo ad una serie di elementi comuni durante lepisodio dellarresto (in entrambi mancano il bacio di Giuda e labbandono da parte dei discepoli; larresto avviene solo alla fine e non subito dopo larrivo di Giuda con i soldati), alla pesca miracolosa sulle rive del lago (Gv 21: cfr. Lc 5), ecc. Si tenga presente che Zumstein riprende largomento trattato alla p. 58 dellAllegato, anche a p. 65, con un aggiornamento. 1.6. La lingua e lo stile; alcune tecniche letterarie caratteristiche: il fraintendimento (o malinteso), il simbolismo, lironia, lantitesi Cfr. il 20.2.4.1 di Zumstein. Esempio di fraintendimento: nellepisodio di Nicodemo Ges dice: se uno non rinasce dallalto (nothen, che significa sia dallalto sia di nuovo) non pu vedere il regno di Dio;

7 laltro equivoca: Come pu un uomo nascere quando vecchio? Pu forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere? (3,3-4). Esempio di ironia: Natanaele non condivide la convinzione di Filippo che Ges di Nazaret sia il Messia e ribatte: Da Nazaret pu mai venire qualcosa di buono? (1,46). Il lettore si rende conto che quanto il personaggio vorrebbe negare in realt vero. Lironia del personaggio si ritorce contro di lui. 1.7. Contatti e influssi culturali e religiosi (tradizioni cristiane primitive, giudaismo, particolari cerchie giudaiche, gnosticismo) E un ambito di studio molto complesso e dibattuto. Zumstein, dopo la trattazione delle pp. 59-61, ne parla ancora alla p. 65, soprattutto a proposito del rapporto tra Gv e la gnosi. 1.8. Il contesto in cui sorto il Vangelo (la scuola giovannea, data e luogo di composizione, autore, scopo) Cfr. Zumstein, pp. 62-63 dellallegato, ma ancora alle pp. 64-65 per quanto riguarda la scuola giovannea e la storia del cristianesimo giovanneo. Si veda anche ODay (All. 4, pp. 71-72). Per quanto riguarda lo scopo (ma Zumstein, p. 63, parla di funzione pragmatica del Vangelo), si tenga presente quanto lautore scrive in 20,31: Queste cose sono state scritte perch crediate che Ges il Cristo, il Figlio di Dio, e perch, credendo, abbiate vita nel suo nome. Sempre sullo scopo vale la pena di tener conto di quanto dice la ODay allinizio della trattazione su Giovanni (pp. 71-72 dellAll. 4): nota che una questione fondante la domanda Chi Ges?. 1.9. Le principali concezioni teologiche Cfr. Zumstein, pp. 63-64 e 66. I temi pi rilevanti sono: - Ges come Logos preesistente, unito al Padre, che si incarna (cfr. Prologo); - stato mandato dal Padre, lo rivela e lo rappresenta pienamente nelle parole e nelle opere; - Dopo il compimento della missione egli deve ritornare al Padre; - Il Cristo compie la missione a lui affidata attraverso i miracoli (segni) e attraverso la morte in croce, che il compimento della missione; entrambi questi aspetti (miracoli, morte) illustrano la sua gloria, ma soprattutto la morte in croce, che la sua elevazione; - La sua venuta gi instaura il giudizio escatologico: nelle reazioni allincontro con lui gli esseri umani sono gi giudicati (si parla di escatologia realizzata); - La sua venuta nel mondo evidenzia il contrasto tra la sfera del divino (luce, verit, vita...) e la sfera delle tenebre (carne, morte, diavolo,...) (si parla di dualismo). Zumstein non menziona per anche alcuni altri temi caratteristici: - il concetto di testimonianza (martyra) nei confronti di Ges: alcuni esseri umani sono caratterizzati particolarmente dal loro ruolo di testimoni: Giovanni Battista (cfr. 1,7.15.19; 5,33, ecc.), il discepolo amato (21,24; cfr. 19,35), ma anche pi rilevanti sono la testimonianza che gli viene dalla Scrittura (5,39), quella che deriva direttamente dal Padre attraverso le opere che gli concede a Ges di compiere (5,36; 10,25), quella che gli dar lo Spirito di verit (15,26); - la funzione rivelatrice dello Spirito (in Giovanni il Parclito), che destinato a manifestare ai discepoli in futuro, dopo la Pasqua, tutto quello che al momento non sono in grado di capire (cfr. 14,16.26; 15,26; 16,7.13)

8 - la centralit dellamore: lamore del Padre per il Figlio (15,9); lamore del Padre per il mondo che motiva linvio del Figlio (3,16); lamore di Ges per i suoi nel mondo che lo spinge a dare anche la vita (13,1; cfr. 10,11); lamore reciproco tra i discepoli, sul modello dellamore di Ges stesso, come il comandamento nuovo e laspetto distintivo della comunit giovannea (13,34; 15,12). 1.10. La storicit del Vangelo Questo tema non viene toccato da Zumstein; si pu vedere lIntroduzione al Vangelo di Gv nella Bibbia di Gerusalemme, p. 2261. Molti storici moderni tendono a dare pi credito a Gv rispetto ai Sinottici a proposito di fatti su cui ci sono divergenze tra essi: ad es., sulla durata complessiva di Ges (non un solo anno, ma almeno due o tre), sulla cronologia della passione (la morte non nel giorno di Pasqua, ma alla vigilia). Si nota che il dato dei 46 anni a proposito della durata dei lavori di costruzione del tempio (2,26) preciso e corrisponde al quello del quindicesimo anno dellimper di Tiberio per la missione di Giovanni Battista in Lc (3,1). Anche la topografia appare pi esatta e ha trovato riscontri negli scavi archeologici moderni (ad es., a proposito della piscina a cinque portici di Betesda: 5,2). Tuttavia, chiaro che allevangelista non interessano immediatamente i fatti storici, ma il loro significato spirituale.

2. I personaggi del Vangelo di Giovanni


2.1. Il personaggio secondo lanalisi narrativa
Il saggio di riferimento R. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo , Glossa, Milano 1994, cap. 1: La costruzione dei personaggi: elementi di teoria critica, pp. 7-41. Altro saggio utile: J.L. Resseguie, Narratologia del Nuovo Testamento , Paideia, Brescia 2005, 1.5: Utilit della critica narratologica, pp. 35-37; cap. 4: Personaggi, pp. 115-126.

Seguiamo parzialmente lanalisi narrativa o critica narratologica, ma non in modo rigido ed esclusivo. Tale metodologia ha fissato regole e parametri. E un metodo moderno, elaborato su opere letterarie moderne, che stato applicato anche ai testi antichi e anche alla Bibbia. La Bibbia d ampio spazio alla narrativa nella maggior parte dei libri che la compongono, AT e NT. Lapplicazione del metodo alla Bibbia per recente (anni 70): in quanto testo sacro, stato letto in passato soprattutto da altri punti di vista. Con il documento della Pont. Comm. Bibl. del 1993 Linterpretazione della Bibbia nella Chiesa, tale metodo stato legittimato anche da parte del magistero cattolico, ritenuto utile in quanto corrisponde appunto alla natura narrativa di molti testi biblici. Resseguie, che si occupato di narratologia del NT definisce tre aspetti caratteristici e distintivi della critica narratologica, anche rispetto al metodo storico-critico (pp. 35 ss.): 1. Tale metodo considera il testo nella sua interezza; evita la frammentazione del metodo storico-critico. Rileva le correlazioni che rendono la narrazione un tutto unico (a differenza della storia delle forme o della storia della redazione). 2. Si occupa della complessit e delle sfumature del testo. Esamina: struttura, strategie retoriche, evoluzione dei personaggi, immagini, ambientazione, punto di vista, simbolismo. Non ignora gli aspetti sociali e politici che condizionano il lettore implicito; si pone dal punto di vista che lautore implicito suggerisce. E guidata dal testo stesso. Mette da parentesi la storicit. 3. Mette in risalto gli effetti del racconto sul lettore, quelli voluti dal punto di vista narrativo. Il testo propone uno sguardo nuovo, sovverte le convenzioni e le credenze comuni.

Lanalisi narrativa si occupa di tutti gli aspetti del racconto: tempo (tempo della storia e tempo del raconto), spazio, ambiente, fabula, trama o intreccio, prospettiva, personaggi. Lo fa anche Resseguie, in rapporto al NT. Vignolo, pp. 7-50 considera specificamente solo il personaggio, con particolare attenzione a Gv. Nota che era stato trascurato dagli studiosi moderni di teoria della letteratura (ma gi da Aristotele), a favore dellazione, della trama. Si pensi a Propp, che per aveva a che fare con le fiabe di magia, una tipologia di racconti semplificati. Vignolo nota che questi studi hanno comunque contribuito a distinguere tra personaggio e persona vivente, a vederlo come rappresentazione della persona vivente (p. 14). Il personaggio stato valorizzato pi di recente: non semplicemente un attante, non solo funzionale allo sviluppo dellazione, ma ha caratteri propri. Non tanto va cercata nei testi antichi la psicologia del personaggio, che un aspetto potenziato dalle letterature moderne; conta di pi come agiscono e come si mettono in rapporto con gli altri personaggi. Per, come ricorda Vignolo (p. 17 s.), Auerbach (Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, tr. it., I, Einaudi, Torino 1964, pp. 20-21) ha notato che ci sono significative differenze tra i personaggi della Bibbia e i personaggi di Omero: questi ultimi sono pi facilmente tipi, ossia hanno tratti pi stereotipati e fissi, sempre uguali a se stessi, mentre i primi sono figure pi complesse e spesso in evoluzione. Afferma che sono assai pi soggetti ad uno sviluppo continuo, assai pi gravati dalla storia della propria vita e hanno unimpronta individuale pi profonda degli eroi omerici [...] Stanno continuamente sotto la dura mano di Dio, che non soltanto li ha una volta creati ed eletti, ma di continuo li foggia, li piega, li plasma e, senza distruggertne lessenza, trae da essi forme che nella giovinezza erano difficilmente prevedibili. Si pensi ad Achille, da una parte, e ad Abramo o a Davide, dallaltra. Dice Vignolo: Rispetto a quella omerica, la descrizione dei personaggi biblici e quindi inferiore in accuratezza, ma assai superiore in mimesi, in realismo, in quanto, almeno tendenzialmente, pi fedele alla complessit contraddittoria della storia e della persona. E aggiunge: Questa singolare saldatura di sublime e di realistico trova riscontro ancor pi puntuale nei racconti evangelici del NT (p. 19) e cita ma gi Auerbach lo aveva fatto la figura di Pietro come esempio. I personaggi biblici diventano archetipi della fede (p. 21). Quindi Vignolo si sofferma sulla costruzione del personaggio, sottolineando laspetto della costruzione, il fatto che, quandanche derivassero da figure storiche, acquistano unesistenza nuova nel testo in cui sono inseriti. Abbiamo vari elementi di caratterizzazione. In quale parte dellopera presente? Vignolo mette innanzitutto in rilievo linterdipendenza tra personaggio e intreccio (p. 24), limportanza di prestare attenzione al contesto immediato e a quello pi ampio. Inoltre nota che occorre guardarlo nella sequenza narrativa complessiva, nel suo sviluppo, tenendo conto dei singoli episodi e collegandoli. Occorre chiedersi in quale parte dellopera compaia e in quale sezione particolare, in quale luogo e tempo. Chi presenta il personaggio? il narratore o un altro personaggio? Che tipo di informazione viene data? quanto affidabile? in quale punto del racconto? coincide con quanto si sapeva? Si pu avere una caratterizzazione fisica o anagrafica (nome, epiteti, parentela), sociale, culturale, psicologica, ideologica. Sono importanti i dialoghi. Vignolo (p. 39) sottolinea anche limportanza del conferimento del nome, soprattutto per il rilievo che gli viene attribuito dalla cultura antica: esprime il significato della persona. Rilevante quindi il cambiamento del nome. Che cosa fa il personaggio? che cosa dice? E spesso il modo in cui agisce o parla che definisce il carattere di un personaggio.

10 Con quali altri personaggi entra in rapporto? e che tipo di rapporto (collaborazione, rivalit, contrapposizione)? Vignolo analizza i rapporti del personaggio con altri personaggi (p. 26) e il confronto reciproco, che un confronto, o un conflitto, di punti di vista. Questo confronto interpella il lettore. In Gv essenziale il rapporto di ogni personaggio con Ges e serve a chiarire chi sia Ges, ma anche a esemplificare le diverse reazioni delle persone a Ges. Talora pu essere messo in rapporto con altri personaggi dal racconto stesso, per il fatto di essere simili o paralleli oppure contrapposti (cfr. Giovanni Battista e disc. amato). In qualche caso suggerito un rapporto indiretto con personaggi di altre opere (ad es. dellAT). Quale ruolo svolgono nellazione (protagonista, antagonista, ecc.)? Abbiamo personaggi principali, secondari (di spalla), comparse. Vignolo osserva che per nella Bibbia sono rari i personaggi secondari, tutti svolgono qualche funzione significativa. (p. 28). Sia Dio nellAT sia Ges nei Vangeli, sono protagonisti; nondimeno tipico della Bibbia che Dio sia legato al suo popolo e a singole figure (si parla di Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, ecc.) e Ges il Figlio di Dio che si fatto uomo, e questo conferisce valore agli altri personaggi umani. In ogni caso queste ultime sono viste soprattutto come figure della fede. Si possono incontrare vari tipi di personaggi. Abbiamo personaggi singoli o collettivi (folla, giudei, sacerdoti, discepoli, ecc.). Guardando ai tratti che li caratterizzano, si trovano variazioni che vanno dai personaggi-tipo o statici o piatti, caratterizzati da un solo tratto, che non evolvono, ai personaggi a tutto tondo, dinamici, complessi, a volte contraddittori, sorprendenti; con vari gradi intermedi. I personaggi a tutto tondo possono mostrarsi attraverso le varie ricorrenze in tutta la loro pienezza, ma senza cambiare (cfr. Giovanni Battista), oppure possono svilupparsi e definirsi nel corso dellazione (cfr. la Samaritana), oppure, ancora, possono mutare in modo radicale (cfr. Nicodemo). Talora nel rapporto con altri personaggi che si evidenziano (cfr. discepolo amato, in rapporto con Pietro e con Giuda). Per individuare il mondo interiore del personaggio, le sue motivazioni, i suoi sentimenti, le sue idee, i suoi valori, che rappresentano laspetto pi qualificante del personaggio , la Bibbia ricorre a vari strumenti: 1. presentando azioni, descrivendo aspetto, abitudini; 2. attraverso i commenti di altri su di lui; 3. col discorso diretto; 4. col monologo interiore; 5. con commenti espliciti del narratore. Con le prime quattro tecniche, il narratore indirettamente fornisce elementi di giudizio (positivo o negativo) ed esige attenzione e perspicacia dal lettore, ma lascia aperta una certa ambiguit. Nel quinto caso, fornisce una valutazione chiara secondo il proprio punto di vista e obbliga a condividerla. Giovanni adotta luno e laltro procedimento e pi di altri autori il secondo. 2.2. I personaggi del Vangelo di Giovanni
Cfr. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo, cap. 1: La costruzione dei personaggi: elementi di teoria critica, pp. 41-50.

Vignolo sottolinea che linsieme dei personaggi di unopera costituiscono un sistema, in cui esistono relazioni e interazioni tra i personaggi e si produce un significato complessivo. Questo avviene, indipendentemente dal fatto che i personaggi si conoscano o si incontrino, avviene sul piano del racconto, sulla base delle somiglianze o differenze. Si possono cos avere personaggi doppi, sia per analogia e complementariet (Giovanni Battista e il discepolo amato), sia per antitesi (Pietro e il discepolo amato). In genere i personaggi non sono isolati, ma in rapporto con altri: possono essere in rapporto con il protagonista e/o tra di loro. In Gv i personaggi si qualificano essenzialmente in rapporto con Ges, il protagonista, nellincontro con lui e nella reazione di fede/non fede che hanno. Contribuiscono a chiarire chi sia Ges. Non sono autonomi, ma funzionali alla questione di chi sia Ges. Vignolo, rifacendosi a Culpepper, enumera sette possibili reazioni che vengono presentate da Gv attraverso i suoi personaggi:

11 1. rifiuto o incredulit, manifestati soprattutto dai Giudei, ad es. da Caifa; 2. accettazione in segreto (cfr. Nicodemo in una tappa del percorso); 3. accettazione motivata dai miracoli: propria della folla; 4. fede nelle parole di Ges (Samaritana, ufficiale regio, cieco nato); 5. impegno nel discepolato, ma con manchevolezze di vario tipo (Filippo, Simon Pietro, Tommaso); 6. discepolato perfetto (il discepolo amato); 7. defezione e abbandono (discepoli in Galilea, Giuda). A questa catalogazione si pu per rimproverare di non dare una collocazione a Giovanni Battista, che non rientra in nessuna di queste: forse occorrerebbe conferirgliene una a s, corrispondente a quella del discepolo amato, ma inversa, perch Giovanni non discepolo di Ges, ma ha suoi discepoli, ed colui che con la sua testimonianza perfetta gli apre la strada e rende possibile che abbia discepoli. E possibile dice Vignolo passare da una risposta allaltra, ma viene censurato il comportamento di chi, come Pilato, pensa di non prendere nessuna posizione. Levangelista guida a riconoscere quale sia la risposta pi completa a cui occorre arrivare, ossia laccettazione di Ges come Cristo e Figlio di Dio (cfr. 20,31). Vignolo richiama le affermazioni programmatiche che il redattore di Gv pone in momenti conclusivi del Vangelo: - in 19,35 (subito dopo aver descritto il colpo di lancia nel costato di Ges morto, da cui escono sangue e acqua): E colui che ha visto ha testimoniato ed veritiera la sua testimonianza ed egli sa che dice il vero, perch anche voi crediate; - in 20,31 (nella prima conclusione del Vangelo): Questi (segni) sono stati scritti perch crediate che Ges il Cristo il Figlio di Dio, e perch credendo abbiate vita nel suo nome; - in 21,24: Questi il discepolo che rende testimonianza su queste cose e che ha scritto queste cose, e sappiamo che veritiera la sua testimonianza. In questi passi sono in primo piano lautenticit della testimonianza che alla base del Vangelo e lintento di suscitare la fede in Ges. Ma gi nel corso del Vangelo avviene che molti racconti si concludano con la menzione del tema della fede o dellincredulit (cfr. 4,41: molti samaritani credettero in lui grazie alla parola della donna Samaritana; 4,53, episodio dellufficiale regio: e credette lui e tutta la sua famiglia): un motivo molto meno frequente negli altri Vangeli. Sicch si pu dire che ogni episodio, con i suoi personaggi, illustri lobiettivo esplicitamente indicato alla fine del Vangelo. Cos facendo nota Vignolo (p. 48) il racconto giovanneo sollecita un intenso processo di identificazione/distanziazione del lettore rispetto ai personaggi (a seconda della loro fede o incredulit nel Cristo rivelatore), offrendone la chiave ermeneutica fondamentale di tutte le figure.

3. Analisi dei singoli personaggi


I personaggi di Gv sono caratterizzati in maniera pi netta rispetto ai personaggi dei Sinottici. I personaggi singoli che prenderemo in considerazione sono 18. Tra questi, abbiamo 6 personaggi totalmente nuovi: Natanaele, Nicodemo, Samaritana, il paralitico di Gerusalemme, il cieco nato, il discepolo amato. 4 sono personaggi solo menzionati negli altri Vangeli che vengono sviluppati in Gv: Andrea, Filippo, Caifa, Maria di Magdala. Sono 8 i personaggi gi sviluppati negli altri Vangeli, ma che in Gv vengono caratterizzati in modo nuovo: Giovanni Battista, Simon Pietro, la madre di Ges, lufficiale regio, Giuda, le sorelle Maria e Marta, Pilato. Analizziamo le varie figure, seguendo fondamentalmente lordine in cui compaiono nel Vangelo, cercando di prestare attenzione ai vari elementi della costruzione del personaggio secondo

12 lanalisi narrativa: nome, epiteti, parole, fatti, giudizi e commenti del narratore o di altri personaggi, numero di presenze, collocazione nella trama, ecc. Occorre avere sottocchio il testo del Vangelo. 3.1. Giovanni (Battista)2
Il punto di riferimento la trattazione di R. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo, 2.4. Un doppio letterario e testimoniale: Giovanni Battista e il Discepolo Amato, pp. 177-205: Vignolo ne parla in rapporto con il discepolo amato, di cui costituirebbe un doppio o un parallelo. Esiste unaltra trattazione, pi direttamente incentrata su Giovanni Battista: E. Lupieri, Giovanni Battista tra storia e leggenda, Paideia, Brescia 1988, pp. 132-162 (sul Battista nel Vangelo di Giovanni).

Il nome del personaggio, Giovanni, ricorre 19 volte in Gv e il personaggio compare in 10 momenti del racconto: da questo punto di vista ha il secondo posto tra i personaggi, risultando inferiore soltanto a Simon Pietro. Uno speciale rilievo gli viene dal fatto di essere menzionato, non solo nel corso del racconto, ma, lui solo, gi nel Prologo, in due punti. E presente dal cap. 1 al cap. 10, e quindi quasi in tutta la prima parte di Gv, quella che convenzionalmente viene intitolata Il libro dei segni. Un altro motivo che gli conferisce importanza il fatto che rende testimonianza nei primi tre giorni, esplicitamente scanditi (1,29.35), di una settimana con cui Gv incornicia linizio dellattivit di Ges (probabilmente con riferimento al primo racconto della creazione: il richiamo a Gen 1 gi nelle parole In principio con cui inizia il Vangelo) fatto rilevante: unanaloga attenzione alla scansione dei giorni si avr solo alla fine, nel racconto di passione, morte e risurrezione. Ma stato notato (cfr. Lupieri, pp. 132 s.) che la sua presenza tende a diminuire: rilevante nel cap. 1, torna alla fine del cap. 3, diventa indiretta allinizio del cap. 4; successivamente compare solo il suo ricordo, sempre pi fugace (nei capp. 5 e 10). Questa disposizione del materiale potrebbe essere collegata allaffermazione di Giovanni stesso che dice di se stesso in rapporto con Ges: Egli deve crescere e io invece diminuire (3,30). Giovanni Battista (= GB) un personaggio gi noto alla tradizione precedente e ha una presenza significativa negli altri Vangeli. Gv deve conoscere questa tradizione precedente e d per scontato che anche i lettori la conoscano: chiama il personaggio per nome, semplicemente, riecheggia concetti che erano presenti nella tradizione: cfr. 1,15 e Mt 3*. Nella tradizione precedente GB svolge un ruolo importante nel battesimo di Ges e come annunciatore della venuta di uno pi forte di lui, ossia del Messia, ma, in Mt e Lc, anche un ruolo di predicatore alla folla su argomenti etici e apocalittici (minaccia del giudizio finale). E descritto il suo aspetto e il suo stile di vita: un asceta che vive nel deserto, digiuna. Ges contrappone GB a se stesso, da questo punto di vista (Mangione e beone). Viene esaltato come il pi grande tra i nati da donna, ma inferiore a qualunque membro del regno di Dio: appartiene a unepoca passato. E precursore, e in questo si esaurisce la sua funzione. E voce che grida nel deserto e prepara la strada del Signore. Attira le folle a farsi battezzare da lui di un battesimo per la remissione dei peccati. E figura antagonista rispetto al giudaismo ortodosso delle autorit di Gerusalemme, che sono accusate da Ges di non averlo ascoltato cos come non ascoltano lui (Mt). Dopo aver riconosciuto Ges nel battesimo (in Mt), dubita poi che sia proprio lui il Messia. E importante, in Mc e Mt, la persecuzione che subisce ad opera di Erode Antipa e la sua morte, ampiamente descritta. Mt lo dice anche prigioniero (manda i discepoli da Ges per interrogarlo se sia lui il Messia). In Mc proprio il suo destino di vittima della persecuzione e di giusto che viene ucciso a costituire il precedente significativo di Ges, lanticipazione del suo destino.

Propriamente in Gv ricorre il nome Giovanni e non il titolo Battista, anche se si dice che battezzava. Cfr. Vignolo, p. 190.

13 Gv riprende alcuni tratti del profilo del personaggio, ma molti li omette e altri li modifica. Alcune indicazioni che solo Gv d esplicitamente (lesistenza di discepoli di Ges che passano a seguire Ges, il fatto che anche Ges battezzi contemporaneamente a lui) potrebbero essere aspetti storicamente fondati. 1. Nel Prologo (1,6-8.15-16): Presentazione della testimonianza resa al Logos. Il Prologo un brano complesso e problematico, da tanti punti di vista. E molto originale rispetto agli altri Vangeli. Presenta termini che non ricorreranno pi nel Vangelo, come Logos, Verbo, Parola, charis, grazia, plroma, pienezza (cfr. Maggioni, p. 1343). Presenta in forte sintesi il ritratto completo di Ges, come Logos preesistente che ha avuto un ruolo fondamentale nella creazione, che si incarnato per dare agli uomini la possibilit di diventare figli di Dio, ma non stato accolto da tutti, che ha rivelato il volto di Dio, suo Padre, che ha portato la pienezza superando la legge di Mos. Le ricorrenze di GB sono due passi innestati nel testo, probabilmente due aggiunte: lo mostra il carattere prosastico dei due passi che contrasta con landamento ritmico e poetico del resto del Prologo. Interrompono il filo del discorso, per di pi. Hanno una collocazione simmetrica (la struttuta del brano concentrica). Costituiscono una sorta di sintesi anticipata dellintero significato della figura in rapporto con Ges. Il nome proprio senza precisazioni ulteriori presuppone che i lettori gi sappiano chi . E presupposta la conoscenza di tradizioni su Giovanni, probabilmente quelle conosciute e usate dagli altri evangelisti. Ne abbiamo echi gi in questo Prologo: quando dice che il Logos in realt a lui precedente (v. 15), fa pensare allaffermazione, che ricorre nei Sinottici, sul fatto che deve venire dopo di lui uno pi potente di lui (cfr. Mt 3,11; Mc 1,7 s.; Lc 3,16). Come vedremo, per, Giovanni costruisce a modo suo il personaggio, accennando appena o lasciando cadere del tutto aspetti presenti nei Sinottici. Si parla di lui, prima (vv. 6-8), come inviato da Dio per rendere testimonianza alla luce, perch tutti credessero per mezzo di lui (troviamo qui unaffermazione che anticipa laffermazione dellevangelista stesso in 20,31), e si precisa che egli non era la luce; poi (v. 15), si riportano direttamente le parole della sua testimonianza, che proclamano lanteriorit e la superiorit del Logos. Si d carattere profetico e ispirato alla sua proclamazione col grido (v. 15), unico tratto espressivo; un tratto, quello del krzein, gridare, che in seguito sar attribuito a Ges stesso (7,28.37; 12,44). Diventa centrale, e lo vediamo subito, il concetto della testimonianza. Rimarr il tratto pi caratteristico di lui anche negli episodi successivi. Si pu a colpo docchio, rilevare che la figura di Giovanni, pi che al battesimo o alla predicazione o alla condizione di vittima dei potenti motivi che lo caratterizzavano negli altri Vangeli3 , collegato con la testimonianza, concetto-chiave di Giovanni. Il verbo martyrin, testimoniare, ricorre in Gv 33 volte, contro 1 volta in Mt, 1 in Lc, nessuna in Mc; martyra, ricorre in Gv 14 volte, contro 3 di Mc, 1 di Lc4. Per lo pi i due termini ricorrono nella prima parte del Vangelo (martyrin 25 volte nei primi 12 capitoli, martyra 12 volte). Nei primi cinque capitoli martyrin applicato a Giovanni 8 volte, martyra 4 volte. In Gv questi termini hanno una profonda valenza teologica (cfr. Vignolo, p. 181 n. 299). Per lo pi 19 volte su 33) in Gv il verbo accompagnato al complemento per + genitivo, a riguardo di. La testimonianza ha varie connotazioni, gi presenti nella Scrittura dellAT: una connotazione giuridica (dire la verit a proposito di una causa discussa, a proposito dellidentit di Ges contestata dagli avversari, spesso i Giudei), ma anche teologica (corrispondere con la propria esistenza e il proprio comportamento alla volont e al comandamento di Dio, rivelare Dio agli occhi
3

Secondo Lupieri Gv conosce il Giovanni dei Sinottici, e in particolare di Lc, e intende correggerli: egli propone unimmagine propria del personaggio (p. 132). 4 Cfr. Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, a cura di H. Balz e G. Schneider, tr. it., Paideia, Brescia 1998, vol. II, coll. 285-296 (voci di J. Beutler).

14 degli altri uomini). A proposito del primo significato di martyrin in Gv Beutler afferma: Ges appare posto alla sbarra del tribunale e si appella, di fronte al forum del mondo e dei Giudei, ai testimoni, che fanno valere il suo diritto di rivelatore. Secondo il prologo di Gv il Battista che diede testimonianza della luce, cio di Ges come Logos incarnato (Gv 1,7 s.), e sempre ancora la d (1,15) In entrambe le ricorrenze del personaggio risalta il ruolo elevato che svolge ( mandato direttamente da Dio, precede il Logos incarnato), anche la somiglianza con Ges stesso (il gridare, ad es.), ma anche i limiti che lo caratterizzano rispetto al Logos: il Logos Dio, mentre egli un uomo (nthropos); rende testimonianza alla luce, ma non la luce; precede storicamente il Logos, ma laltro comunque il primo. E GB lo riconosce e lo proclama apertamente, energicamente, vuole che tutti lo ascoltino (grida). La figura di Giovanni messa fortemente in contrasto con latteggiamento delle tenebre, del mondo, dei suoi; sta dalla parte di coloro che credono, che per questo diventano figli di Dio, ma di pi, perch egli stesso diventa strumento di fede per gli altri. Sta dalla parte di quei noi che hanno visto (anzi contemplato) la gloria del Logos, hanno riconosciuto la sua identit di Unigenito del Padre, la grazia e la verit che lo caratterizzano. Dopo il Prologo abbiamo una successione continua di tre episodi, scanditi dalla menzione di tre giorni, con manifestazioni in crescendo. 2. 1 giorno (1,19-28): La testimonianza sulla propria identit da lui resa davanti a sacerdoti e leviti di Gerusalemme. Senza soluzione di continuit rispetto alle due menzioni di GB nel Prologo abbiamo unampia trattazione di lui incentrata sulla testimonianza da lui resa (v. 19: cfr. 1,7.15). Ma l non era contestualizzata, perch si trattava di una presentazione generale, astratta, rivolta ai lettori. Ci che caratterizza questo passo che sono precisati i destinatari della testimonianza: si tratta dei Giudei che da Gerusalemme inviano sacerdoti a leviti (figure legate al tempio e al culto) per interrogarlo. Pi avanti (v. 24) si chiarir che si tratta di farisei. Gli inviati diranno (v. 22) apertamente di dover dare una risposta a coloro che li hanno mandati. E chiaro che allorigine c una domanda che riguarda lidentit di GB: Tu chi sei? (v. 19). E implicito che i mandanti nutrano sospetti su di lui. Sospettano che voglia spacciarsi per un Messia. E probabile che esistessero ancora al tempo della redazione del Vangelo cerchie di seguaci giudei di GB che ritenevano fosse lui il Messia e non Ges. Si trattava quindi di una questione di attualit. ma interessa qui soprattutto come il narratore sviluppa il tema. E vediamo che a questo proposito si delinea unopposizione che tocca anche GB, cos come nel Prologo era indicata per Ges stesso. Linterrogatorio serrato. Alla prima domanda generica sulla sua identit GB, che intuisce il senso profondo della domanda, risponde chiaramente e solennemente di non essere il Cristo. Si mette sbito in chiaro che la questione riguarda la figura del Messia, ma e questo lo notano i lettori (esiste un doppio piano: quello dei personaggi in campo e quello dei lettori, che hanno un maggior numero di informazioni) riguarda il rapporto tra GB e Ges, che in 1,17 era stato definito Ges Cristo. Confessa: in 9,22, episodio del cieco nato, homologhin, confessare, che Ges il Cristo comporta di essere escluso dalla sinagoga, di essere estraniato, scomunicato dai Giudei. Il suo io non sono rovescia la formula abituale (Io sono) con cui Ges si autodefinisce in tante occasioni. Io non sono il Cristo esplicita un concetto gi presente nel Prologo, in cui si diceva che GB rendeva testimonianza alla luce, ma non era la luce. Gli interroganti allora pongono domande pi specifiche che riguardano altre figure di tipo messianico, attese nella tradizione: Sei Elia? (secondo Mal 3,23 il profeta Elia, salito in cielo su un carro di fuoco secondo 2 Re, doveva tornare alla fine dei tempi), Sei il profeta? (anche in questo

15 caso il riferimento a un annuncio veterotestamentario, quello di Dt 18,15, dellinvio di un profeta futuro simile a Mos). La scena riprende quella, presente nei tre Sinottici, delle domande della gente su chi fosse Ges (cfr. Mc 6,14-16; scena che si ripete in 8,27-29) tra le risposte cera anche quella su GB , ma, come si pu notare, c un cambiamento importante perch rivolta a GB stesso ed funzionale al fatto che sia proprio lui a proclamare, testimoniare, di non essere nessuna di quelle figure messianiche. Invece nel ritratto di GB di Mc e Mt GB rappresentato come il nuovo Elia e il profeta per eccellenza. Un altro stravolgimento consiste nel fatto che la citazione di Is 40,3, che compariva nei Sinottici (cfr. Sinossi, All. 1), ma come citazione fatta dal narratore, messa in bocca a GB, che si definisce voce che grida nel deserto. Abbiamo dal v. 25 una seconda parte dellinterrogatorio, che riguarda il fatto che GB battezzi. E data per nota questa sua attivit (cfr. infatti i passi dei Sinottici citati nella Sinossi), e non si pone laccento su di essa, come nei Sinottici, ma linteresse ancora rivolto allidentit messianica: si presuppone che il Messia avesse come compito quello di battezzare. Questa idea che al Messia competesse di battezzare non ben attestata altrove, ma viene data per scontata. Non si parla comunque di battesimo per la remissione dei peccati, come nei Sinottici (Mc e Lc). Si pu notare che manca in Gv, qui, la contrapposizione tra battesimo dacqua, praticato da lui, e battesimo di Spirito Santo (e fuoco), che sar praticato da Ges secondo i Sinottici. Del resto risulter in Gv che anche Ges battezzava con acqua. Pi avanti, in altro contesto, parler di un battesimo in Spirito Santo di Ges (1,33). Nel contesto la nuova domanda funzionale alla risposta che, riprendendo parole attribuite a Gv nei Sinottici (soprattutto di Mc e Lc: cfr. Sinossi), ribadisce linferiorit di GB rispetto a Ges (GB non si ritiene degno di sciogliergli il legaccio dei sandali), inferiorit che gi aveva proclamato nel v. 15 del Prologo. Limmagine dello sciogliere il legaccio dei sandali potrebbe avere una connotazione nuziale, se si fa riferimento allusanza...* E importante anche lallusione a colui che viene dopo di me, che riprende la formula del v. 15 ed era gi tradizionale nellannuncio di GB dei Sinottici (Mc, Mt) per indicare il Messia. Vale la pena di notare anche la definizione uno che voi non conoscete: laspetto del conoscere (ouk idate) ha una valenza profonda, non indica solo il non avere informazioni, ma un atteggiamento intenzionale di rifiuto: cfr. 1,10: il mondo non lo conobbe (ouk gno): costoro sono designati quindi da Giovanni come elementi di quel mondo ostile al Logos, che volutamente lo ignora. Solo alla fine dellepisodio (v. 28) si preciser il luogo in cui si svolge la scena: Betania, al di l del Giordano, dove stava battezzando. Betania, al di l del Giordano, una precisazione geografica che non ricorre altrove a proposito di GB; un altro villaggio rispetto alla Betania (11,1.18) dove abitava Lazzaro con le sorelle Maria e Marta e che distava quasi due miglia da Gerusalemme. Invece tradizionale la menzione del Giordano (cfr. anche 3,26; 10,40). 3. 2 giorno (1,29-34): La testimonianza resa in presenza di Ges, proclamato Agnello di Dio. Ancora il discorso continua senza interruzione. Per la prima volta compare Ges sulla scena ed descritto nellatto di venire verso di lui. Il racconto non procede linearmente. Dapprima GB fa una proclamazione solenne dellidentit di Ges, che prima era stata appena accennata e che ora diventa completa; ma poi GB rievoca fasi del passato: parla di una sua mancanza di conoscenza di lui, di una fase in cui ha battezzato per mandato di Dio, di una rivelazione ricevuta da Dio stesso su come riconoscere lidentit profonda di Ges e dello scopo che ha ricevuto la sua attivit di battezzare. Si direbbe che il racconto proceda a ritroso. Il venire in Mc 1,9 era pure usato per presentare Ges che compare la prima volta, ma solo Gv parla di un venire verso GB. Si pu presumere che Ges si avvicini per farsi battezzare: subito prima (v. 28) si diceva che GB stava battezzando (il giorno prima). Ma questo non viene detto.

16 Vedremo che di solito sono gli altri che vengono da Ges (cfr. 1,39.47; 3,2, ecc.), qui accade linverso. Si allude a un possibile discepolato di Ges verso il Battista? Ma GB con le sue parole attira lattenzione, ancora una volta, sulla superiorit di Ges: ripete, e sottolinea esplicitamente la ripetizione, con Dopo di me... quanto ha gi detto nellepisodio immediatamente precedente (1,27), e, pi esattamente, quello che era detto nel prologo (1,15). Lattenzione rivolta allattribuzione a Ges del titolo di Agnello di Dio, particolarmente importante: ne proclama lorigine divina, ma anche lidentit di inviato che trova nel servo del Signore di Isaia il modello, anche lui assimilato ad un agnello (Is 53,7). Come quel servo, Ges toglie (o prende su di s) il peccato, qui: del mondo, l: del popolo di Israele. Di qui si capisce che il battesimo di GB non sia definito un battesimo per la remissione dei peccati, come nei Sinottici: non il suo battesimo ad avere questo scopo, ma il sacrificio di Ges stesso, lagnello pasquale ( implicito un rinvio anche allagnello ucciso dagli ebrei nella notte della liberazione dallEgitto secondo lEsodo e unallusione anticipata alla morte di Ges, che in Gv avverr alla vigilia della Pasqua, quando si uccidevano gli agnelli). In seguito GB parla di s, del suo passato, del modo in cui arrivato a fare della sua attivit di battezzatore loccasione per rivelare lidentit profonda di Ges a Israele (il suo compito risulta cos limitato: non ancora a tutto il mondo). Egli parla di una sua mancanza di conoscenza su Ges (E io (anchio?) non lo conoscevo), che richiama quella rimproverata da lui stesso ai Giudei (1,26), ma, mentre per i Giudei una condizione che perdura, per GB appartiene al passato, forse alla sua natura umana, e ha lasciato il posto, paradossalmente, alla missione di farlo conoscere, rivelarlo, ad altri. Si tratta del passaggio da una conoscenza superficiale, soltanto storica, alla conoscenza profonda dellidentit di Ges, Cristo e Figlio di Dio. La conversione viene raccontata pi avanti, riprendendo laffermazione Io non lo conoscevo e spiegando come abbia superato la sua ignoranza. Procedendo allindietro nel tempo, ricorda di averlo riconosciuto vedendo lo Spirito scendere su di lui come colomba. E immaginabile che questo sia avvenuto durante il battesimo, come risulta dai Sinottici, ma ancora una volta Gv non parla del battesimo e non precisa il quando. D invece rilievo al fatto che aveva potuto comprendere lidentit di Ges perch aveva avuto in precedenza un preciso avvertimento da parte di Dio (Colui che lo aveva inviato a battezzare: cfr. 1,6) sul significato della colomba. Quindi levangelista interpreta a modo suo il segno della colomba: quasi fosse unindicazione rivolta a GB e non un segno per Ges stesso. Solo qui viene detto, da Dio stesso, che compete a Ges un battesimo in Spirito Santo: un particolare che invece nei Sinottici era menzionato da GB per contrapporre il proprio battesimo dacqua a quello, ben superiore, di colui che doveva venire (il Messia). Al battesimo in acqua e Spirito Ges alluder nel dialogo con Nicodemo, ma ne parler come di un nascere da acqua e Spirito (3,5). Particolarmente impegnativa la proclamazione finale in cui GB afferma di aver visto e testimoniato che Ges il Figlio di Dio. E il primo essere umano che lo riconosce come tale; non un discepolo a farlo, non Pietro come in Mt, non il centurione sotto la croce come in tutti i Sinottici. Inoltre lo fa gi allinizio del racconto, non a met o alla fine come negli altri Vangeli. Questo particolare mostra che GB gi un credente perfetto, il prototipo del vero discepolo, senza essere stato discepolo di Ges, ma in base a una rivelazione ricevuta da Dio stesso (in Mt tale privilegio viene attribuito a Pietro). Questo fatto determina la statura eccezionale del personaggio. 4. 3 giorno (1,35-41): La testimonianza resa davanti a due suoi discepoli, che si mettono a seguire Ges. La prima indicazione significativa lo stare di GB l: l, cio nel posto in cui ha incontrato e visto Ges. Corrisponde allo stare di Ges in mezzo a quelli che pure lo ignorano (1,26). Suggerisce la fedelt al proprio ruolo, la solidit e fermezza nellassolvere il compito assegnato, nonostante le difficolt

17 Si ripete la situazione del giorno prima: GB vede Ges che passa (il suo sguardo appare pi penetrante) e pronuncia la medesima proclamazione Ecco lAgnello di Dio ( interessante il fatto che un buon numero di codici ripetano anche la definizione che toglie il peccato del mondo, per ricalcare integralmente la formula del primo riconoscimento). La novit che questa volta GB accompagnato da due discepoli e che la testimonianza ha quindi un pubblico: non risultava che ci fosse nella scena precedente. I discepoli, sentendo la sua testimonianza si mettono al seguito di Ges. Si pu dire che incomincia quindi a realizzarsi leffetto che era stato annunciato nel prologo in riferimento a GB (1,6: venne per la testimonianza per testimoniare alla luce, perch tutti credessero per mezzo di lui): qui non si parla di fede per i due discepoli, ma il fatto che seguano Ges un primo passo sul cammino della fede. Da parte di GB c invece una manfistazione di grande generosit e umilt, perch si spoglia del suo ruolo di maestro in favore di Ges stesso. Da quel momento Ges prende lui stesso liniziativa. Ma, diversamente dai Sinottici, non lui a chiamare i suoi pimi discepoli, bens stato GB a suggerire implicitamente ai suoi discepoli a seguire quel Maestro a lui superiore. Nel seguito del racconto, prima di reincontrare GB, troviamo altri personaggi in rapporto a Ges, anzi, un folto gruppo di personaggi in rapida successione: Andrea, Simon Pietro,Filippo, Natanaele (cap. 1), la madre di Ges (cap. 2), Nicodemo (cap. 3,1-21), che tratteremo pi avanti. 5. 3,23-24: Battezza ad Ennon prima di essere imprigionato, mentre anche Ges battezza. Abbiamo, subito dopo il dialogo con Nicodemo, uno stacco e si passa ad altro luogo e ad altra azione. Ges, che si trovava a Gerusalemme quando ricevette la visita di Nicodemo, si trasferisce in altra zona della Giudea (ma si suppone lungo il Giordano) con i suoi discepoli e battezza: un particolare inedito nella tradizione. A questo punto il narratore parla anche di GB che battezzava, in unaltra localit, a Ennon vicino a Salim, sempre, presumibilmente lungo il Giordano (si accenna alla presenza di acqua pi abbondante). E si specifica che cera gente che andava gente a farsi battezzare. Per Ges non si era parlato delle persone che andavano a farsi battezzare, mentre era sottolineato il rapporto con i discepoli. Sia il fatto che Ges abbia battezzato durante la sua missione, sia il fatto che abbia battezzato contemporaneamente a GB, sono particolari inediti nella tradizione. I Sinottici anzi tendono a collocare la missione di Ges successivamente a quella di GB. Qui Gv sembra voler rilevare un parallelismo tra i due. E pure singolare che si accenni appena, senza indicazioni precise, alla prigionia di GB: solo per dire che quando battezzava non era ancora stato messo in carcere. Nessun riferimento, quindi, al conflitto con Erode Antipa a causa della denuncia scagliata in faccia ad Erode di aver violato la legge unendosi alla moglie del fratello; n ci saranno riferimenti alla successiva morte per decapitazione, vicende a cui, ad es. Mc, d molto spazio. Lassenza di menzioni di Erode induce il lettore a pensare a una responsabilit dei Giudei, dei farisei, che avevano manifestato diffidenza nei confronti di GB (1,19 ss.). Forse Gv non si preoccupa di fornire notizie perch, anche in questo caso, suppone che i lettori conoscano a grandi linee, o anzi molto bene, la storia di GB. Certo anche la breve allusione alla prigionia segnala comunque che la testimonianza di GB non era innocua ed stata pagata a caro prezzo, fa capire che GB stato coraggioso. 6. 3,25-36: Davanti ai suoi discepoli, perplessi per il successo maggiore di Ges, testimonia che questi superiore a lui. In stretta connessione con la descrizione dellattivit parallela di Ges e GB il dibattito che viene descritto, ma che rappresenta un momento distinto. Ha il carattere di una disputa analoga a quelle che ritroviamo nei Sinottici e secondo gli studiosi ne riecheggia in particolare una: quella dei discepoli di Giovanni e dei farisei che vanno da Ges per criticare il fatto che i suoi discepoli non praticano il digiuno come fanno loro (Mc 2,18-22 e paralleli). E possibile che levangelista la

18 conoscesse, anche perch si ritrova un collegamento nel ricorso allimmagine nuziale da parte di Ges nella sua risposta alle critiche. Qui a sollevare obiezioni sono i discepoli di GB, quelli che non avevano seguito Ges, insieme a un Giudeo. Loggetto di discussione qui il comportamento di Ges che viene implicitamente accusato di danneggiare GB, pur avendo in precedenza ricevuto benefici da lui: si menziona il fatto che Ges si era recato da GB al di l del Giordano e aveva ricevuto una sua testimonianza pubblica (cfr. 1,2834) e si presenta la sua attivit di battezzare come in competizione con quella di GB; soprattutto si mette in rilievo il fatto che tutti vanno da lui, ossia il successo maggiore che riscuote. Qui abbiamo lultima e pi alta testimonianza di GB, una vera lezione di teologia, che spiega in maniera definitiva la differenza incolmabile tra chi appartiene al mondo divino/celeste e chi appartiene al mondo umano/terreno, tra Ges e lui stesso. Non a caso qui GB viene chiamato dai discepoli Rabbi (v. 26), maestro. E ben possibile che solo la prima parte (vv. 27-30) costituisca propriamente la risposta di GB e che i versetti successivi rappresentino unaggiunta introdotta alla fine; certo il redattore ha voluto porre in bocca a GB una riflessione allo stesso livello di quella del Prologo. Nella prima parte GB ribadisce il suo punto di vista sulla propria inferiorit rispetto a Ges, sul proprio ruolo di semplice inviato davanti a Ges, sulla propria estraneit al ruolo di Cristo, ossia Messia. Nuova per limmagine nuziale usata per esemplificare il rapporto tra GB e Ges: lo stesso rapporto che c tra lamico dello sposo e lo sposo. Solo lo sposo ha la sposa: forse si intende qui che solo Dio o il Cristo hanno un legame diretto con il popolo eletto (secondo unimmagine presente gi nei profeti antichi); invece lamico dello sposo ha compiti di preparazione e assistenza nel matrimonio e si compiace della buona riuscita dellunione, non ne geloso. Nel concreto, GB afferma di non provare alcuna gelosia se Ges ha pi successo di lui con le persone, perch questo proprio ci che spetta al Messia: attrarre il popolo a s. Anzi, ne contento. Questo lelemento nuovo del profilo di GB: la grande gioia, che giunta alla pienezza. La gioia degli altri per il concepimento e la nascita di GB, ma anche la gioia del nascituro durante lincontro tra Elisabetta e Maria, erano un motivo insistito del racconto dellinfanzia di Lc 1-2. Qui invece la gioia quella di GB adulto e rappresenta il culmine della sua missione. Si pu cogliere anche laspetto dellamicizia, dellamore (lamico dello sposo). Un altro motivo nuovo la sua consapevolezza di dover mettersi da parte, lasciare definitivamente il campo a Ges (Bisogna che lui cresca e che io diminuisca: v. 30). I Sinottici avevano indicato il tempo di Giovanni come quello del passato e il tempo di Ges come il nuovo tempo. In Gv colpisce latteggiamento di GB di cedere il passo, provando anzi gioia per aver cos adempiuto il suo compito. Se vogliamo parlare di amore, si tratta di amore disinteressato, vero, che accetta di svolgere un ruolo subordinato e farsi da parte al momento giusto, nellinteresse dellaltro. Si potrebbe pensare che la sua testimonianza sia arrivata al punto pi alto; invece segue una meditazione solenne sulla distinzione tra chi viene dallalto (Ges-Logos) e chi viene dalla terra (qui: GB), sul valore superiore della testimonianza data da chi viene dal cielo, ossia dal Figlio che ha ricevuto tutto dal Padre, e sul diverso destino di chi crede e chi non crede in lui. Vengono riecheggiati concetti ed espressioni del dialogo con Nicodemo (cfr. in particolare i vv. 11-22); qualcuno pensa che il passo potrebbe stare bene l. Ma tanto pi significativo che il redattore abbia voluto mettere queste parole in bocca a GB. 7. 4,1: Riferimento indiretto alle discussioni su Giovanni e Ges. Subito dopo abbiamo un richiamo del narratore alla discussione precedente, con una reinterpretazione e anche una correzione. La situazione descritta complessa: Ges viene a sapere che / i farisei avevano sentire che / Ges faceva pi discepoli e battezzava (pi) di Giovanni / per inciso si dice che per non era Ges stesso a battezzare, ma i suoi discepoli / conclusione: Ges se ne va dalla Giudea (teme probabilmente reazioni ostili da parte dei farisei) e ritorna in Galilea.

19 La renterpretazione nel parlare del risultato ottenuto da Ges come fare discepoli; la correzione nello smentire un battesimo direttamente impartito da lui: si conferma lintenzione di sviluppare maggiormente il suo rapporto con i discepoli. Come si vede, la figura di GB qui soltanto sullo sfondo, senza nuovi elementi. 8. 5,33-36: Ges stesso parla della testimonianza di Giovanni e della superiorit della propria testimonianza. Siamo allinterno di un ampio discorso che Ges fa dopo essere stato attaccato perch aveva guarito un paralitico di sabato. Questa volta a parlare di testimonianza e della testimonianza di GB Ges stesso. Parla della testimonianza vera che non lui stessa si rende, ma un altro, un altro che non Giovanni, perch la sua la testimonianza di un uomo, mentre la vera testimonianza gli viene dalle opere che il Padre gli d di compiere. Ges fa tre affermazioni: 1. ricorda che i Giudei avevano mandato persone a interrogare GB e riconosce che egli ha reso testimonianza alla verit; 2. dice che era una lampada che arde e risplende e limmagine richiama quanto si diceva di lui nel Prologo: che aveva reso testimonianza alla luce, ma non era la luce. Quindi unimmagine positiva, ma che ridimensiona il suo ruolo. 3. rivolgendosi ai destinatari, che sono i Giudei a lui ostili, dice: ma voi avete voluto rallegrarvi della sua luce per unora; quindi li rimprovera di aver voluto ascoltare GB per unora, ossia per poco tempo. Si pu supporre che li accusi implicitamente di aver rifiutato la testimonianza di GB; si pu supporre che si alluda alla sua uccisione (cfr. Mc: hanno fatto di lui quello che hanno voluto).Il tempo passato dei verbi fa capire che a quel momento GB non c pi, morto. Nella sostanza ritroviamo gli aspetti sostanziali che gi erano stati attribuiti a GB in precedenza, e si colgono echi del Prologo. Si pu vedere nel passo una sintesi conclusiva. 9. 10,40-41: Ges va nel luogo dove battezzava Giovanni e la gente afferma che questi aveva detto la verit su Ges, anche se non aveva fatto miracoli. Nellultima ricorrenza del personaggio di GB abbiamo il riconoscimento, questa volta da parte delle persone che vanno da Ges, dellautenticit della testimonianza di GB e si verifica leffetto atteso: quello che molti arrivano a credere in Ges. La scena esplicitamente ambientata nello stesso luogo in cui GB abitualmente battezzava (cfr. 1,28; 3,26; 5,33), e in cui va ad operare Ges. Laspetto nuovo il rilievo che viene dato al fatto che Ges a differenza di Ges non ha fatto segni, ossia miracoli: questo tratto accenna a una manchevolezza. Ma anche segno di umilt. In definitiva si ripropone anche qui lambivalenza del personaggio che oscilla tra grandezza e limiti nei confronti di Ges. Conclusione Lui solo riceve il titolo di amico dello sposo (Vignolo, pp. 191-192), che gli conferisce una vicinanza speciale a Ges, anche se comporta un ruolo subordinato. E lunico personaggio che riceve una parola direttamente da Dio (1,33). Giovanni il testimone umano per eccellenza di Ges e la sua una testimonianza veritiera (10,41). Essenzialmente egli testimonia la superiorit e la priorit di Ges rispetto a se stesso. Importante GB come maestro disposto a lasciare che i suoi discepoli seguano il Maestro pi grande, anzi pronto a spingerli a questo passo. E interessante la menzione di una conversione, che accomuna GB agli altri uomini, accenna ad un suo limite (per superato), ed indizio di umilt e franchezza. E qualcosa di nuovo rispetto alla tradizione, che pure segnala la sua umilt. Abbiamo qui un arricchimento del ritratto del personaggio.

20 Vignolo (p. 178) mette in rilievo sia il parallelismo con Ges un motivo che gi compariva nei Sinottici , sia il parallelismo col discepolo amato, un motivo del tutto nuovo rispetto ai Sinottici. In Gv il parallelismo tra Giovanni Battista e Ges non tanto nel destino di persecuzione e morte (cfr. Mc), ma nellessere entrambi mandati da Dio (1,16; 3,28) per annunciare e testimoniare, e nellessere testimoni della verit (5,33: Giovanni; 18,37: Ges). Ma c una profonda differenza, perch Ges testimonia direttamente ci che vede (3,11). Giovanni ha ricevuto una parola da Dio, ma Ges ha un colloquio continuo con lui. Altra, pi netta, differenza, che, mentre Ges compie segni (cfr. 11,47; 12,37), ovvero miracoli, Giovanni no (10,41). Guardando al parallelismo con il discepolo amato, vede che i due personaggi svolgono il ruolo di testimoni veritieri, luno nella prima parte del Vangelo, laltro nella seconda. Egli nota in particolare la corrispondenza tra due affermazioni poste allinizio e alla fine del Vangelo, in modo simmetrico: 1,19 (su Giovanni): E questa la testimonianza di Giovanni e 21,24 (sul discepolo amato): Questi il discepolo che testimonia riguardo a queste cose e ha scritto queste cose (p. 181). Hanno un legame speciale con Ges: luno in quanto amico dello sposo (3,29), laltro in quanto definito per antonomasia il discepolo che Ges amava (13,23, ecc.). 3.2. Andrea
Il punto di riferimento la trattazione di B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni, cap. 2: Ges e i primi discepoli, pp. 15-27 (vedi All. 5). Maggioni per commenta solo il primo episodio.

Il personaggio compare 3 volte in Gv, sempre nella prima parte. Ha ruoli limitati, ma non insignificanti. Nei Sinottici fa parte della lista dei dodici apostoli e se ne racconta la chiamata, insieme a quella del fratello Simone (Pietro) e di Giacomo e Giovanni. Con questi tre fa parte, nel Vangelo di Marco, del gruppo ristretto di discepoli che assistono al discorso escatologico (Mc 13), ma non fa parte di altri gruppi ristretti (costituiti solo dagli altri tre) che assistono alla risurrezione della figlia di Giairo, alla trasfigurazione e alla preghiera nel Getsemani. E interessante notare che, nelle liste dei dodici, talora viene menzionato subito dopo Pietro (in Mt e Lc), mentre altrove collocato al quarto posto, dopo Pietro, Giacomo e Giovanni (Mc e At). Gv d quindi un rilievo maggiore ad Andrea. 1. 1,35-42: E uno dei due discepoli di Giovanni che si mette a seguire Ges e poi porta anche il fratello Simon Pietro da lui. Andrea compare per la prima volta nella scena in cui GB incontra Ges e lo proclama Agnello di Dio in presenza di due suoi discepoli (v. 37): uno di essi, ma la sua identit (il nome proprio, il rapporto di parentela con Simon Pietro: suo fratello) viene indicata solo in un secondo tempo (v. 40). Prima invece viene qualificato, insieme allaltro discepolo, che rimane anonimo, attraverso il suo comportamento. Subito dopo aver ascoltato le parole di GB i due si mettono a seguire Ges, intuendo che questa decisione voluta dal maestro stesso (v. 37). E interessante losservazione di Maggioni (p. 95), il quale nota che che avviene qui, al momento di farsi discepoli di Ges, unaltra forma di distacco rispetto ai Sinottici: non pi il distacco dal padre e dal lavoro quotidiano (cfr. Mc 1,16-20, dove si parla della chiamata di Simone e Andrea), ma il distacco dal maestro precedente. Pi avanti (v. 40) si ridefinisce il comportamento dei due dicendo che avevano ascoltato da Giovanni e avevano seguito lui (Ges): il binomio ascoltare-seguire esprime linizio del cammino di fede in Ges. Ma c anche lo sguardo intenso di Ges, che si volta verso di loro, ad attirarli. Riconoscono subito in Ges il vero Maestro chiamandolo Rabbi (il narratore si premura di precisare che il termine significa appunto maestro); rispondono prontamente alla domanda di

21 Ges: Che cosa cercate?, spiegando che cercano dove dimori e vanno a vedere dove dimora, obbedendo allinvito di Ges; dimorano insieme a lui per tutto quel giorno. I concetti di venire (a Ges), dimorare o rimanere (mnein), vedere hanno un significato profondo nel linguaggio di Gv, alludono a condizioni spirituali. Mnein, dimorare, viene usato tre volte nei vv. 38-39. La traduzione della Sinossi banalizza e fa perdere lintreccio delle ricorrenze del medesimo termine, quando rende le prime due ricorrenze con abitare (dove abiti?, videro dove abitava) e la terza con rimanere (rimasero). Si deve notare che due volte il verbo riguarda Ges, una i due discepoli. Si vuole suggerire che tra i due discepoli e il Maestro si crea un rapporto profondo e duraturo di conoscenza e intimit. Si vedano a questo proposito le acute osservazioni di Maggioni (p. 96). Unindicazione misteriosa quella dellora decima (la trad. Cei rende con le quattro del pomeriggio: le ore del giorno si contavano dalle sei del mattino alle sei del pomeriggio). Molti mettono in evidenza il valore concreto dellindicazione cronologica e il fatto che tale annotazione d importanza alleventi. Ma si pu supporre anche un significato simbolico, come spesso avviene con i numeri in testi come questo. Pi difficile precisare quale sia questo significato: indica il momento del compimento (cfr. R. Bultmann)? Non dimentichiamo che ci troviamo nel terzo giorno della settimana che costituisce linizio del racconto evangelico in Gv. Maggioni parla di prima giornata rispetto a quella che viene indicata al v. 43 (ma levangelista si limita ogni volta a parlare di il giorno dopo): una prima giornata rispetto allattivit di Ges di raccogliere i suoi primi discepoli. Le due giornate sono distinte dal fatto che nella prima sono i discepoli a seguire spontaneamente Ges, nella seconda Ges prende pi decisamente liniziativa. Sono due i primi discepoli di Giovanni che passano a Ges e vedono dove dimori: si direbbe che sono due perch la testimonianza nella tradizione giudaica era valida se erano due i testimoni. Nella coppia acquista un ruolo rilevante Andrea, lunico chiamato per nome. Non necessariamente il personaggio pi eminente, ed gi significativo che sia definito fratello di Simon Pietro, a indicare che per qualificarlo occorreva far riferimento al fratello, ben pi noto. Ci non toglie che levangelista compia una sovversione non da poco della tradizione, anteponendo Andrea a Simon Pietro nellordine dei discepoli che entrano nel seguito di Ges: nei Sinottici era costantemente Pietro il primo ad essere stato chiamato e diventava il capo degli apostoli. Ne parleremo ancora a proposito di Simon Pietro. Con il rovesciamento dello schema quello che era leterno secondo diventa il primo. Addirittura lui a comunicare al fratello la sua convinzione di aver trovato il Messia (la parola Messia nel testo e viene espressamente spiegata come equivalente di Cristo) e a condurlo da Ges. Si nota che egli ha presto maturato la sua fede fino a riconoscere in Ges il Cristo. Anche in questo soppianta il fratello che nei Sinottici era il primo a riconoscere, ma certo non subito, in Ges il Cristo. E interessante il fatto che al personaggio venga dato il nome e la relazione di parentela quando da discepolo diventa attivo promotore di alti discepolati. Favorisce cos la costituzione di un gruppo, di una comunit, intorno a Ges. Forse laltro discepolo anonimo quello che dal cap. 13 sar menzionato espressamente come il discepolo amato e acquister un posto rilevante nella cerchia dei discepoli, spesso in competizione con Simon Pietro e con un ruolo a lui superiore. Ma in questa occasione messo volutamente nellombra, a favore di Andrea. 2. 6,8-9: Interviene dopo Filippo durante la moltiplicazione dei pani. Siamo allinterno del racconto della moltiplicazione dei pani. E gi interessante il fatto che, trattandosi di un racconto presente in tutti i Vangeli, solo in Gv vengano menzionati col loro nome due discepoli, mentre altrove si parla di discepoli in generale. Ges ha prima interpellato Filippo per coinvolgerlo nellazione di sfamare la folla, ma Filippo si mostrato scettico e non ha corrisposto alla volont di Ges di renderlo attivo nel miracolo. Invece Andrea, di nuovo definito fratello di Simon Pietro, si mostra maggiormente in sintonia con Ges perch di sua iniziativa prende la parola, dopo la risposta negativa di Filippo,

22 fornendo la notizia che un ragazzo, l presente, aveva cinque pani e due pesci. Tuttavia anche lui esprime il dubbio che non possano bastare per tanta gente. Ges in ogni caso user quei pani e quei pesci per compiere il miracolo. Lindicazione data da Andrea non stata inutile. Certo la sua fede, che allinizio era apparsa gi matura, mostra di non essere a tutta prova. 3. 12,20-22: Va con Filippo da Ges per riferirgli la richiesta di alcuni Greci di vederlo. Andrea compare per la terza e ultima volta dopo lingresso di Ges a Gerusalemme in occasione della Pasqua, quella della passione. In mezzo ai tanti che erano venuti per la festa, ci sono anche alcuni Greci, ossia pagani simpatizzanti del giudaismo, che desiderano vedere Ges (vedere, cio conoscere e credere in lui), e si rivolgono per questo a Filippo, il quale a sua volta va a dirlo ad Andrea ed entrambi vanno a dirlo a Ges. Si ripete, in altro modo, la catena di coinvolgimenti degli inizi, e si ripete labbinamento di Andrea e Filippo dellepisodio della moltiplicazione dei pani. Ma qui non Andrea a prendere iniziative, Filippo. Entrambi per, senza esitazioni, si fanno mediatori della richiesta, che importante, perch implica che a vedere Ges si muovano dei pagani, segno che la rivelazione assume il carattere universalistico che era stato prospettato fin dallinizio (cfr. 1,7). Dopo aver sentito tale richiesta infatti Ges si rende conto che giunta lora della sua glorificazione, cio il compimento dellintera sua missione (12,23). C chi ha fatto notare che solo Filippo e Andrea, tra i discepoli di Ges, portano nomi greci. Potremmo quindi pensare che proprio per questo quei Greci si erano rivolti a loro, sentendoli pi vicini per cultura; proprio questo aspetto li rende pi adatti a svolgere il ruolo di mediatori. Il compito che svolgono anticipa la missione ai pagani prevista per il futuro. Conclusione In genere i commenti non dedicano attenzione alla figura di Andrea (e di Filippo) in questi episodi. Eppure unanalisi incentrata sui personaggi riesce a mettere in luce che, pur essendo una figura minore, quella di Andrea non priva di una sua caratterizzazione sfaccettata e di unevoluzione nel suo ruolo di discepolo. Lo indica il passaggio dalla sequela di GB a quella di Ges, la sua capacit di riconoscere subito lidentit messianica di Ges, lentusiasmo con cui porta lannuncio al fratello e suscita subito un altro adepto per il nuovo Maestro; gli interventi di mediazione durante la moltiplicazione dei pani, seppure con lincertezza sullesito, e, pi convintamene, nel mettere in contatto i pagani con Ges. Appare tuttaltro che un personaggio statico o piatto. A questo punto, bench Simon Pietro preceda, di poco, Filippo, sembrerebbe conveniente parlare subito di Filippo, che cos strettamente legato ad Andrea in pi circostanze, e parlare, subito dopo Filippo, anche di Natanaele, che a sua volta strettamente legato a Filippo nellunico episodio rilevante della sua storia. Sono tutti personaggi minori e distinti, anche per questo, da Simon Pietro. 3.3. Filippo
Il punto di riferimento la trattazione di B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni, cap. 2: Ges e i primi discepoli, pp. 15-27 (vedi All. 5). Maggioni per commenta solo il primo episodio.

Compare in un maggior numero di passi rispetto ad Andrea, ma in tre (che compaiono nella prima parte del Vangelo) si trova nella stessa situazione di Andrea e talora agisce insieme a lui, in coppia con lui. Con il quarto passo lo troviamo anche nella seconda parte del Vangelo, nellepisodio dellultima cena.

23 Nei Sinottici era soltanto nominato nella lista dei dodici apostoli. Anche in questo caso interessante notare che compare sempre al quinto posto, dopo i primi quattro (Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni) ma, quando Andrea viene spostato al quarto posto (in Mc e At), lo segue immediatamente. Non sembra quindi casuale che incontriamo spesso i due apostoli insieme in Gv. Anche per Filippo notiamo che Gv a dare rilievo a questo personaggio. 1. 1,43-46.48: Viene chiamato da Ges e invita Natanaele ad andare da lui. E presentato il giorno dopo quello in cui Andrea si era messo a seguire Ges ed lunico discepolo che viene chiamato direttamente da Ges a seguirlo. Il narratore specifica per lui il luogo di origine, Betsaida (in 12,21 si preciser: Betsaida della Galilea), notando che era pure la citt di Andrea e Pietro, e quindi stabilendo un legame pi stretto fra i tre: erano compaesani. Poich Ges ha stabilito poco prima di recarsi in Galilea, ed era ormai seguito proprio da Andrea e Simon Pietro, che risultano essere originari di l5, si direbbe che chiama unaltra persona di quella zona. La Galilea, qui nominata per la prima volta, non godeva di grande apprezzamento tra i giudei di Gerusalemme (cfr. 7,41.52). Come Andrea, anche Filippo si d da fare per trasmettere ad altri la notizia di aver trovato il Messia: anche il verbo usato, heurskein, trovare, il medesimo e levangelista crea un gioco di parole quando scrive che Filippo trova Natanaele e gli dice: Abbiamo trovato colui.... Ma gi per Andrea aveva scritto che trov suo fratello Simone (v. 41) e si era formato lo stesso gioco di parole (Abbiamo trovato...). Filippo per, diversamente da Andrea, si esprime in maniera pi diretta quando subito identifica Ges come Ges di Nazaret, pi indiretta quando lo definisce colui di cui hanno scritto Mos e i profeti. Probabilmente si esprime in modo adatto allinterlocutore, che risulter essere uno studioso della Scrittura. Invece lindicazione Ges di Nazaret solleva subito una reazione scettica di Natanaele, in quanto Nazaret era un borgo di nessun credito, sconosciuto alla Scrittura. Molto efficace per la replica di Filippo: Vieni e vedi (v. 46), tanto pi che ai lettori suona come una ripresa precisa delle parole stesse di Ges ai due discepoli di GB, tra cui Andrea (Venite e vedrete: v. 39). Sapiente dunque questo invito: fa capire che, al di l della chiamata da parte di altri, occorre lincontro diretto, a tu per tu, con Ges. Pi avanti (v. 48) sar Ges a menzionare, parlando con Natanaele, linvito che Filippo gli aveva rivolto, mostrando di conoscere questo e altri particolari della storia di lui. 2. 6,5-7: Dialoga con Ges allinizio della moltiplicazione dei pani. Anche durante la moltiplicazione dei pani Filippo viene direttamente interpellato da Ges, che gli domanda dove si possa comprare il pane da dare da mangiare alla gente (v. 5). Non una vera domanda e levangelista si premura di informare che in realt Ges voleva metterlo alla prova, gi sapendo quello che stava per fare. Anche questa una situazione inedita: la fede di Filippo viene saggiata da Ges, ed egli diventa un esempio del fatto che anche una fede salda incontra momenti di crisi. La risposta che egli d totalmente negativa: non basterebbero duecento denari neanche per darne un pezzo a ciascuno: un denaro era la paga per una giornata di lavoro (cfr. Mt 20,2); chi avrebbe potuto disporre di una tale somma? Ges sperava di trovare una fede capace di credere allinverosimile, ma rimane deluso. Solo Andrea, come si visto, risponde menzionando i cinque pani e due pesci in possesso di un ragazzo, pur con scarsa convinzione. 3. 12,20-23: Con Andrea riferisce a Ges la richiesta di alcuni Greci di vederlo. Ben diverso il comportamento che tiene al momento in cui (siamo a Gerusalemme nel tempo che precede la Pasqua) alcuni Greci si rivolgono a lui, ritenendolo adatto, proprio perch
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Da Mc 1,21.29 risulterebbe invece che i due fratelli abitavano a Cafarnao, sempre in Galilea. Forse erano nati a Betsaida e risiedevano a Cafarnao.

24 originario di Betsaida di Galilea (territorio a contatto con persone di cultura pagana), a intervenire presso Ges per ottenere loro un incontro con lui e la possibilit di vederlo. Anche il suo nome, Filippo, che greco, pu ispirare fiducia da parte loro, come si gi detto. Questi pagani si rivolgono a lui con molto rispetto, chiamandolo Signore (kyrie)Egli non agisce da solo, ma si rivolge a sua volta ad Andrea e insieme vanno da Ges. Questa volta entrambi si trovano in piena sintonia con lui, che vede in quella richiesta dei Greci un segno decisivo che si sta compiendo lo scopo della sua missione, perch intravede che anche i pagani incominciano a credere in lui. 4. 14,8-14: Chiede a Ges di mostrargli il Padre. Durante lultima cena Filippo interviene, dopo Tommaso, quando Ges parla del suo rapporto intimo con il Padre e dice che, conoscendo lui, possono conoscere anche il Padre, anzi gi lo hanno conosciuto e visto (attraverso di lui). Filippo allora gli chiede: Signore, mostraci il Padre e ci basta (v. 8). La richiesta provoca un rimprovero amaro di Ges che si mostra sorpreso di questa sua domanda: vi riconosce lindizio di una assenza di conoscenza e di fede in lui e nel suo rapporto di intimit profonda col Padre. Ges continua per poi il suo discorso rivolgendosi col voi a tutti i discepoli, rendendosi conto che difficile per tutti quel tipo di fede, ma proprio per questo sollecitandoli a credere, almeno guardando alle sue opere. Filippo appare quindi ancora permeato da una fede debole, ma in questo rispecchia una debolezza da cui non sono esenti neanche altri discepoli. Gi la domanda precedente di Tommaso (v. 5: Signore, non sappiamo dove vai: come possiamo conoscere la via?) lo dimostra. Commenta Brown (p. 759): I discepoli non hanno completamente fallito nel conoscere Ges (come avevano fatto i giudei: 8,19); per le loro domande indicano che essi non lo conoscono perfettamente. Brown suppone che Filippo con la sua richiesta di poter vedere il Padre pensi alle grandi teofanie dellAntico Testamento: quelle che ebbero Mos sul Sinai o Elia sullOreb, e continua: Forse Filippo diventa linnocente portavoce di quei cristiani eretici [del tempo dellevangelista] che cercavano o pretendevano una visione mistica di Dio (p. 760) e Ges cerca di correggere questa mentalit: attraverso di lui che si pu conoscere e vedere il Padre. Conclusione Possiamo dire che Filippo sia un personaggio complesso, anche contraddittorio. E il modello del discepolo che pu manifestare una grande fede e farsi positivo strumento di fede per gli altri, ma non esente dalle tentazioni dellincredulit e dalla pretesa di vedere Dio in modo diverso da quello che Ges insegna. 3.4. Natanaele
Il punto di riferimento la trattazione di B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni, cap. 2: Ges e i primi discepoli, pp. 15-27 (vedi All. 5). Maggioni commenta solo il primo episodio, che del resto quello pi importante.

Con Natanaele troviamo per la prima volta un personaggio nuovo, non altrimenti documentato. Diversamente dai tre personaggi che lo hanno preceduto (Andrea, Simon Pietro, Filippo), non un apostolo. E presente in due passi, uno allinizio, uno alla fine del Vangelo, ma il primo passo quello in cui emerge come personaggio. In un contesto in cui si affollano pi figure che diventano in vari modi discepoli di Ges, proprio a lui, a conclusione della serie, che Gv dedica lo spazio pi ampio. Reincontriamo il suo nome, insieme ad altri sei, nella scena dellultima apparizione del Risorto, sulle rive del mare di Tiberiade. 1. 1,45-51: Incontra Ges e dialoga con lui.

25 Dopo la menzione di tre persone tutte della Galilea, compare anche Natanaele, che in 21,2 risulter essere pure di Cana, in Galilea. La singolarit del personaggio si manifesta subito. Dopo aver ricevuto da Filippo la notizia che ha trovato colui di cui hanno scritto Mos nella legge e i profeti: Ges, figlio di Giuseppe, da Nazaret, la sua reazione immediata di scetticismo e la sua replica ironica: Da Nazaret pu venire qualcosa di buono? (v. 46). Abbiamo qui, nellintenzione dellevangelista, un chiaro esempio di quellironia che si ritorce su se stessa, perch, senza saperlo, Natanaele dubita di qualcosa che il lettore sa essere proprio la verit e indirettamente dice la verit. Ma se guardiamo alla logica del personaggio, lobiezione si giustifica col fatto che Nazaret era un borgo sconosciuto, mai menzionato nella Scrittura e quindi estraneo a qualunque profezia messianica. Filippo aveva fatto riferimento proprio alla Scrittura, a Mos e ai profeti, che avrebbero parlato di Ges come Messia, e Natanaele ha buone ragioni per contraddirlo. E implicito che egli sappia di Scrittura6. Anche il fatto che Ges sia indicato come figlio di Giuseppe, non certo un personaggio rinomato, non pu far presa di lui. La risposta di Filippo: Vieni e vedi, che fa appello ad unesperienza di fede profonda, di intima comunione con Ges, convince il lettore, non Natanaele, che guarda alla questione da un altro punto di vista. La prima scena si conclude senza indicare unulteriore reazione di Natanaele. Tuttavia la scena successiva introduce qualche segno di un suo interesse nei confronti di Ges, dato che il narratore scrive che questi lo vide venire verso di lui, unespressione che abitualmente esprime un atteggiamento di apertura, di disponibilit a conoscere, anche a mettersi al seguito della persona verso cui si viene. Sorprende la battuta di Ges: di sua iniziativa, ma certo in base alla conoscenza intima del cuore della persona quale si evince dal suo vedere, esprime un giudizio positivo su di lui, un elogio per la sua mancanza di falsit, e inoltre lo propone allammirazione altrui dicendo Ecco (v. 47). Ges vede Natanaele come un Israelita davvero onesto e coerente nel suo rispetto della legge e dei profeti e lo approva per questo. Cos, proprio quel comportamento di rifiuto di Natanaele, che contrasta con le reazioni positive nei confronti di Ges degli altri personaggi, viene paradossalmente apprezzato e messo in risalto. La scena acquista inaspettatamente risvolti umoristici, la figura stessa di Natanaele assume tratti umoristici, nel dialogo che segue, dove la sua sicurezza iniziale, la sua ironia, entrano in crisi. E sconcertato dal fatto che Ges lo conosca e non si capcita di come abbia potuto conoscerlo. Ma, nel domandare come mi conosci?, mostra di voler capire, chiede di poter capire. E Ges non esita a fornirgli prove della sua conoscenza soprannaturale, della sua natura divina. Ancor pi stupefacente devessergli sembrata la risposta di Ges che dichiara di averlo visto sotto il fico prima che Filippo lo chiamasse: evidentemente sa che la circostanza corrisponde al vero e nella sua onest non pu contraddire linterlocutore; ma a quel punto si rende conto che ha a che fare con uno che possiede facolt sovrumane. E costretto, per il suo stesso temperamento, a riconoscere che Ges il Figlio di Dio, il re di Israele, e si rivolge a lui col titolo di Rabbi, maestro. La sua confessione di fede supera quelle dei discepoli precedenti, di Andrea (aveva parlato del Messia: v. 42), di Filippo (aveva menzionato colui del quale hanno scritto Mos nella legge e i profeti: v. 45); riecheggia semmai quella di GB (questi il Figlio di Dio: v. 34). E gi una confessione vicina alla pienezza: alla fine del Vangelo si dir che scopo del Vangelo conseguire la fede in Ges come Cristo e Figlio di Dio; egli muore sulla croce come re dei giudei. Continuando a manifestarsi a lui, Ges gli rivela che potr vedere cose pi grandi della sua capacit di conoscenza superiore alla capacit umana. Il tono inizialmente scherzoso (Perch ti ho detto di averti visto sotto il fico...?), a indicare che Ges si trova a suo agio con il personaggio; ma poi diventa solenne, quando egli introduce la formula speciale In verit, in verit, vi dico (che
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Qualcuno ha pensato che il fatto che stesse sotto il fico prima di incontrare Ges, un particolare che Ges stesso gli ricorda (v. 48), potrebbe indicare che fosse intento a studiare la Scrittura, dato che a volte i rabbini insegnavano o studiavano sotto un albero di fico e perfino paragonavano la legge allalbero di fico. Nel mondo antico nacque la tradizione che Natanaele fosse uno scriba o un Rabbi: cfr. Brown, p. 119.

26 ricorre solo in Gv) e proclama che lo vedranno come Figlio delluomo nel cielo aperto, circondato dagli angeli (v. 51), riecheggiando passi biblici (cfr. per il cielo aperto e gli angeli che salgono e scendono, lepisodio della scala di Giacobbe, in Gen 28,12; per il titolo Figlio delluomo con valore messianico, la scena di Dn 7,9-15). A Natanele, ma anche agli altri (usa il plurale), Ges comunica dunque la sua identit gloriosa e celeste. Nei Sinottici (Mc 1462; Mt 26,64) una proclamazione analoga (Vedrete il Figlio delluomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nubi del cielo) veniva data nel sinedrio, alla fine della missione. e durante la passione. Qui invece viene fatta ai discepoli, e in primo luogo a Natanaele, agli inizi della missione. Probabilmente si allude, come cose pi grandi, a cui i discepoli potranno assistere, al miracolo delle nozze di Cana, che segue immediatamente e a cui partecipano tutti questi primi discepoli (2,2). 2. 21,2: Insieme ad altri sei discepoli si trova sulle rive del mare di Tiberiade dove Ges si manifesta risorto. Il cap. 21 unaggiunta redazionale al Vangelo primitivo e possiamo notare che il redattore, non solo ha voluto completare le figure eminenti di Simon Pietro e del discepolo amato, ma ha voluto riproporre la figura di Natanaele e in qualche modo completare la sua storia. Cos come aveva ricevuto da Ges una rivelazione di se stesso quale Figlio delluomo, Natanaele, che ormai si trova nel gruppo dei discepoli, pronto ad accogliere lapparizione di lui risorto sulle rive del lago di Tiberiade. Solo qui si dice che egli era di Cana, in Galilea, e forse si vuole riagganciare questa nuova, e pi compiuta, manifestazione di Ges a quella che avvenne a Cana, durante il banchetto nuziale, una manifestazione a cui gi erano presenti i discepoli fino a quel punto raccolti (2,2), e presumibilmente anche Natanaele. Questa ultima manifestazione di Ges deve far parte di quelle cose pi grandi che Ges aveva promesso di far vedere (1,50). Egli menzionato dopo Simon Pietro e Tommaso e prima dei figli di Zebedeo e di altri due discepoli anonimi (tra questi deve trovarsi il discepolo amato, in seguito nominato: v. 7). I figli di Zebedeo sono ricordati solo qui in Gv, e dai Sinottici sappiamo che sono Giacomo e Giovanni, personaggi di primo piano: vengono chiamati da Ges tra i primi, subito dopo Simone (Pietro) e Andrea, e fanno parte del gruppo pi ristretto di discepoli che accompagnano Ges in circostanze particolari (risurrezione della figlia di Giairo, trasfigurazione, discorso escatologico, preghiera nel Getsemani), mentre non sono mai ricordati con i nomi propri da Gv (secondo una convinzione diffusa gi nel mondo antico il discepolo amato sarebbe questo Giovanni). Natanaele quindi diventato un discepolo di rilievo, anzi precede discepoli che la tradizione metteva ai primi posti. Come si vede, Gv non parla qui dei dodici apostoli, ma presenta un gruppo di sette, non tutti ben specificati. Con gli altri sei, Natanaele partecipa alla pesca, prima fallita, poi miracolosa. Poich la scena della pesca miracolosa ha un carattere simbolico, sottinteso che questi sette sono destinati a unaltra pesca, quella di uomini, nella missione ecclesiale. Brown, p. 1386, esplicitamente scrive: Il significato simbolico, che si sviluppato intorno alla pesca di Giovanni 21, lo stesso di Lc 5,10: simboleggia la missione apostolica che pescher uomini. Che tra costoro compaia Natanaele, uno sconosciuto, un personaggio anomalo, un tratto voluto dal redattore, che intende rompere gli schemi consueti. Sullepisodio ritorneremo a proposito di Simon Pietro. Conclusione Il personaggio di Natanaele ritratto in modo pi articolato rispetto ad altri attraverso il dialogo con Ges, in cui avvengono il mutamento di prospettiva e ladesione a Ges maestro. Il suo ritratto lo vede progredire sempre di pi. Alla fine tra quei pochi che meritano di assistere allapparizione del Risorto e di compiere una pesca sovrabbondante, segno del successo della missione futura.

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3.5. Simon Pietro


Il punto di riferimento la trattazione di J. Gnilka, Pietro a Roma, Paideia, Brescia 2003, La figura di Pietro secondo gli evangelisti, 4: Giovanni, pp. 131; 155-162 (vedi All. 7).

Simon Pietro il personaggio il cui nome compare il maggior numero di volte e che presente nel maggior numero di episodi, dallinizio alla fine del Vangelo, ma soprattutto nella seconda parte. E un personaggio di primo piano gi nei Vangeli sinottici. Gnilka, pp. 107-108, distingue quattro gruppi di episodi giovannei, caratterizzati da diversi tipi di rapporto con i Sinottici: 1. Episodi che si ritrovano nei Sinottici, ma vengono reinterpretati: la chiamata (1,41-42); il rinnegamento (18,15-18,25-27); la confessione di fede in Ges (6,66-70) [Gnilka non menziona questultima]. 2. Episodi che sono presenti nei Sinottici ma senza Pietro e in cui solo Gv lo inserisce: la predizione del tradimento di Giuda nellultima cena (13,21-30); la scena dellarresto con il colpo di spada. 3. Episodi esclusivi di Lc in cui compare Pietro e che trovano riscontro in Gv: la pesca miracolosa (21,1-14: cfr. Lc 5,1 ss.); la scoperta della tomba vuota (20,2-10: cfr. Lc 24,12). 4. Episodi specifici di Gv, non presenti nei Sinottici: dialogo di Ges con Simon Pietro durante la lavanda dei piedi nellultima cena (13,1-11); laffidamento a Pietro del compito di pastore da parte di Ges risorto (21,15-19); il dialogo tra Pietro e Ges a proposito del futuro del discepolo amato (21,20-23) anche se Gnilka non distingue questultima scena, la distinguerei . Aggiungerei per anche: 5. Episodi in cui i Sinottici inseriscono Pietro e che mancano in Gv: la chiamata dei dodici apostoli (Mc 3,16 e par.); tre episodi in cui Pietro compare insieme a pochi altri discepoli della prima ora scelti da Ges per assistere a momenti particolari (Giacomo e Giovanni, talora anche Andrea): risurrezione della figlia di Giairo (5,37 e par.); trasfigurazione (Mc 9,2 e par.: in questo episodio Pietro interviene con una battuta); discorso escatologico (Mc 13,3 e par.); preghiera nel Getsemani (Mc 14,33 e par.). Una caratteristica giovannea lassociazione quasi costante di Pietro al discepolo amato a partire dal cap. 13, cio da quando emerge il discepolo amato. La storia di Pietro progressiva, se si considera anche il cap. 21. 1. 1,40-42: Viene condotto dal fratello Andrea a incontrare Ges e riceve da lui il nome di Cefa. Questo episodio corrisponde a quello della chiamata nei Sinottici. Ma, mentre in Mc e Mt era Ges che passando chiamava lui e il fratello Andrea, mentre gettavano le reti (vedi Sinossi), in Gv il fratello Andrea che, avendo per primo seguito Ges, gli comunica la sua convinzione che Ges sia il Messia e lo conduce da lui. Questa versione rovescia i ruoli tra i personaggi soprattutto perch Pietro non risulta pi il primo dei discepoli e il primo delle liste degli apostoli. La seconda parte della scena gli conferisce per rilievo: Ges lo fissa ( lo stesso verbo usato per GB nei confronti di Ges: v. 36), proclama solennemente la sua identit (Simone, figlio di Giovanni) e gli conferisce, per il futuro, un nome nuovo (Cefa, ossia Pietro: solo in Gv, tra i Vangeli, ricorre il nome aramaico Kephas). Queste parole di Ges mostrano la sua conoscenza profonda delle persone, che manifester poco oltre con Natanaele e pi avanti con la Samaritana (4,16-19), ma di cui parla esplicitamente levangelista stesso altrove (2,25). Ma il cambiamento del nome allude a un compito rilevante, a un destino significativo, che qui non viene definito, ma che trover spiegazione alla fine (21,15-17), nel dialogo in cui di nuovo Pietro sar chiamato Simone, figlio di Giovanni e ricever il mandato di pascere le pecore di Ges. E ben possibile, comunque, che levangelista presupponga una precedente conoscenza del personaggio da parte del lettore, il quale non avrebbe bisogno di ulteriori informazioni.

28 Pietro qui non dice nulla, non esprime una sua opinione su Ges. Invece parler, e molto, in quasi tutti gli episodi successivi. 2. 6,66-70: Fa una confessione di fede in Ges. La scena, che si pu far iniziare al v. 60, inserita nelle reazioni dei discepoli al discorso di Ges su se stesso come pane di vita (successivo alla moltiplicazione dei pani). Il narratore osserva che molti avevano manifestato perplessit, giudicando il discorso duro e inaccettabile. Ges aveva difeso il suo punto di vista ammettendo per, alla fine, che alcuni di loro non credevano (v. 64), e che nessuno pu venire a me se non gli stato dato dal Padre (v. 65). Il racconto continua con lannotazione che da quel momento molti discepoli si ritirarono e non andavano pi con lui (v. 66). A questo punto Ges interpella direttamente i Dodici costringendoli a dichiarare in modo aperto le loro intenzioni. E interessante il fatto che il gruppo dei Dodici, che compare poche volte in Gv, sia menzionato per la prima volta in questo passo: nel v. 70 Ges dir di aver scelto lui questi Dodici. La menzione di Pietro e dei Dodici nel medesimo contesto implica che Pietro faccia parte del gruppo, bench non sia mai descritta questa elezione. Possiamo anche notare che lui a rispondere, evidentemente a nome dei Dodici, come loro capo e portavoce, secondo un ruolo che ricopre spesso nei Sinottici. Qui il parallelo sinottico quello di Mc 8,27 ss. e paralleli: Ges pone pure una domanda, anzi due, ai discepoli, ma diversa; chiede quale sia lopinione della gente su di lui e poi quale sia la loro opinione. A questa seconda domanda risponde pure Pietro in tutti i Vangeli. In Mc (8,29) Pietro dice: Tu sei il Cristo; in Mt (16,16): Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente; in Lc (9,20: Il Cristo di Dio (vedi Sinossi). In Gv la risposta di Pietro tu sei il Santo di Dio, un titolo assegnato a inviati di Dio nellAT (nella tradizione manoscritta si introducono varianti che assimilano la risposta a quelle dei Sinottici: ad es., il Cristo, il Santo di Dio, il Cristo, il Figlio del Dio vivente). Ma la risposta comunque pi articolata e completa, perch prima della proclamazione dellidentit di Ges, Pietro esprime concetti importanti: non c nessuno Maestro migliore di Ges (lo indica da chi andremo?); lui solo offre insegnamenti che portano salvezza (tu hai parole di vita eterna); egli e gli altri Dodici hanno fede in Ges e lo conoscono nella sua identit profonda, quella di inviato di Dio, consacrato da Dio. Ges stesso si autodefinisce, in 10,36 colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo, ed interessante che nel medesimo contesto lo faccia equivalere a Figlio di Dio. Nel passo la figura di Pietro risulta contrapposta a quella di Giuda, perch subito dopo la risposta di Pietro, Ges continua mostrando di sapere che uno di quei Dodici, che egli stesso ha scelto e di cui Pietro ha proclamato la fede, in realt un diavolo e levangelista, in una delle sue solite glosse, spiega che si tratta appunto di Giuda, uno dei Dodici, pronto ormai a tradirlo. In queste parole di Ges sono implicite nozioni che non troviamo altrimenti documentate in Gv: non viene raccontata lelezione dei Dodici, che invece importante nei Sinottici (cfr. Mc 3,14 e paralleli), e neppure stato detto che Pietro fa parte di questo gruppo. Pu essere interessante notare che nel parallelo sinottico Pietro a essere chiamato satana, ma dopo che Ges ha annunciato la sua passione e Pietro ha manifestato rifiuto di questa prospettiva (cfr. 8,32-33). Possiamo dire che nei Sinottici in Pietro sono compresenti sia la capacit di conoscere la messianicit di Ges sia lincomprensione del suo destino di sofferenza; invece in Gv, almeno in questo episodio i due aspetti, quello positivo e quello negativo, sono incarnati, separatamente, in Pietro e in Giuda. 3. 13,2-11: Discute con Ges durante la lavanda dei piedi. Abbiamo tre scene nellultima cena, che avviene alla vigilia di pasqua (non una cena pasquale, come nei Sinottici). La prima quella della lavanda dei piedi, che risulta nuova rispetto ai Sinottici, sostituisce listituzione delleucarestia. E un gesto simbolico, alla maniera dei profeti antichi, per comunicare

29 un messaggio e un esempio ai discepoli: si tratta di unazione propria dello schiavo, un servizio che Ges compie essenzialmente come espressione di amore e umilt (il lavare i piedi lo evidenzia), chiedendo espressamente che i discepoli a loro volta la ripetano ciascuno nei confronti degli altri. Come cpita spesso, il significato profondo viene spiegato solo alla fine (vv. 12 ss.), e non esclude altri significati: ad es., quello di purificare (cfr. v. 10: chi si lavato, non ha bisogno se non di pulirsi i piedi, ma tutto puro), rendere partecipi della condizione di Ges (cfr. v. 8: Se non ti laver, non avrai parte con me). La scena costruita molto abilmente, proprio per il dialogo tra Ges e Pietro. Prima si descrive con minuzia il comportamento concreto di Ges. Quando per arriva a Pietro, egli si scontra con lopposizione del discepolo, che non capisce il senso di tale gesto come gli fa notare Ges, con pazienza . Pietro rifiuta un comportamento che non si concilia con la dignit di Ges (Signore, tu lavi i piedi a me? (v. 6). La sua reazione corrisponde per certi versi a quella, pure di rifiuto, che Pietro esprime, nei Sinottici, al primo annuncio della passione (cfr. Mc 8,32), immediatamente successivo alla confessione della messianicit di Ges. Ha, in entrambi i casi, una motivazione spiegabile: indica, nelle intenzioni, rispetto per Ges, ma non in consonanza con la volont di lui, con la sua concezione di Messia e il senso stesso della sua missione. Ges per prevede che Pietro potr capire il suo gesto in seguito (cio dopo la risurrezione: cfr. 2,22; 12,16). E implicito che Pietro potr progredire. In Pietro si nota per come tratto caratteristico, in questa circostanza, lostinazione nellerrore, e una certa improntitudine. Pretende perfino di smentire Ges. Dopo le parole di lui, insiste: Non mi laverai i piedi in eterno (v. 8), una battuta che suona comica. Ges cerca di ricondurlo alla sua ragione anche con minacce come quella di non aver parte con lui, ossia non essere in comunione con lui, non essere pi suo discepolo, non avere la vita che propria di Ges. Pietro allora si rende conto che una tale esclusione sarebbe disastrosa per lui: non dimentichiamo che in precedenza proprio lui aveva dichiarato di non voler andare da nessun altro, perch solo Ges aveva parole di vita eterna (6,68). Perci reagisce esagerando in senso opposto, e quindi ancora comicamente. Dice: Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo (v. 9). Anche in questo caso travisa le intenzioni di Ges, ma ragiona allingrosso, guardando allaspetto concreto e quantitativo: se ha effetto benefico lavare i piedi, ancora di pi lavare pure altri parti del corpo. Ges sposta a questo punto il discorso per spiegare che ha senso solo lavare i piedi e che non contano n la quantit n leffetto di purificazione, perch i discepoli sono gi interamente puri (meno uno: Giuda). Egli vuole attirare lattenzione sulla sostanza del gesto come espressione di servizio amorevole, da compiere nei confronti degli altri. E la rappresentazione concreta dela comandamento dellamore reciproco (cfr. 13,34; 15,12-13). Questo tema del servizio che doveroso soprattutto per chi vuole essere primo, si ritrova nei Sinottici (cfr. Mc 10,32-35; Lc 22,2426), dove Ges stesso si presenta come servo, venuto per servire. Qui interessante che Ges parli di s come Maestro e Signore (v. 13: Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perch lo sono), si noti anche latto di sedersi prima di parlare, atteggiamento proprio del maestro , ma per sottolineare che non teme di abbassarsi lavando i piedi ai discepoli pur avendo un posto elevato, anzi lo ritiene pienamente conforme a tale posizione; egli vuole per di pi ricavarne un esempio per loro, che sono tenuti tanto pi a seguirlo praticando tale azione reciprocamente. E proclama alla fine che in questo saranno beati: una delle due beatitudini particolari che compaiono in Gv (laltra in 20,29: la troveremo trattando di Tommaso), il quale non conosce le beatitudini nella forma in cui compaiono in Mt e in Lc. 4. 13,21-24: Chiede al discepolo amato chi sia il traditore. La scena dellannuncio del tradimento, che si trova nel racconto dellultima cena (qui dopo la lavanda dei piedi), non nuova nella tradizione evangelica, ma nuovo lintervento di Pietro. Dopo diversi accenni al traditore (cfr. vv. 2.10-11.18-19), la scena inizia ancora con un riferimento al traditore, che questa volta provoca un forte turbamento in Ges quando ne d lannuncio in modo solenne, ossia con la formula In verit, in verit, vi dico (v. 21). Questo

30 annuncia getta lo sconcerto tra tutti i discepoli, che si guardano chiedendosi chi possa essere il traditore, forse sospettosi luno verso laltro. Ed a questo punto che si distingue Pietro, che vuole a tutti i costi saperlo e vuole saperlo da fonte autorevole. Ma poich non si trova a tavola accanto a Ges, bens accanto al discepolo amato che invece, lui s, nel seno di Ges, si rivolge al discepolo amato e si svolge cos un intermezzo piuttosto curioso, dai risvolti umoristici. Il discepolo amato viene menzionato qui per la prima volta e la sua prossimit a Ges non solo un fatto di posti a tavola, ma segnala una intimit ( quello che Ges amava), di cui Pietro non gode, ma di cui consapevole e si serve per ottenere pi facilmente linformazione desiderata. Laltro a sua volta, piegandosi sul petto di Ges, gli trasmette la domanda (v. 25) e riceve la risposta, indiretta, ma chiara: quello a cui dar un boccone (v. 26). In seguito viene descritto il gesto e viene indicata lidentit della persona del traditore, Giuda, ma non si dice che poi il discepolo amato labbia riferita a Pietro. In questa scenetta vivace emerge il temperamento curioso, impulsivo, anche importuno, di Pietro. E significativo che non gli venga riferito il nome del traditore: fa pensare che si temessero reazioni esagerate, incongrue rispetto alla gravit del momento e allo stato danimo di Ges, che non intende impedire a Giuda di fare quello che intende fare (cfr. v. 27). Di questo tipo di reazioni aveva appena dato prova nella lavanda dei piedi e ancora ne dar prova, ad es. nel momento dellarresto. Pietro rimane al livello degli altri, che non capiscono che cosa stia succedendo e tanto meno che sia Giuda il traditore (vv. 28-29). Il tratto che pi colpisce in questo episodio la subordinazione di Pietro al discepolo amato che subito viene in luce, non appena compare il discepolo amato. 5. 13,31-38: Riceve da Ges lannuncio del rinnegamento. Lannuncio del rinnegamento era presente nei Sinottici, sempre nel contesto dellultima cena (cfr. Mc 14,26-31), ma viene da Gv modificato alquanto e in particolare viene ampliato lintervento di Pietro. Limmagine di Pietro, gi piuttosto compromessa nelle due scene precedenti, peggiora decisamente in questa. In precedenza Ges ha parlato per commentare luscita di Giuda, ormai pronto a compiere il tradimento (vv. 31 ss.); ha preannunciato la propria morte come una dipartita verso un luogo dove i discepoli non possono seguirlo (v. 33); ha impartito un comandamento nuovo, quello dellamore reciproco, che il leitmotiv dei discorsi dellultima cena (cfr. 15,12 s.17). E a questo punto che Pietro interviene. Trascurando le parole sul comandamento dellamore, colpito dal particolare del luogo dove Ges ha detto che andr lui, non i discepoli., e subito chiede: Signore, dove vai?. Possiamo pensare che sia mosso da affetto verso Ges, non solo da curiosit, ma la sua domanda denota che egli sta equivocando a proposito delle parole del Maestro, come era gi capitato per la lavanda dei piedi: interpreta le cose in senso strettamente materiale, non ne coglie il messaggio profondo. Nello stesso equivoco erano incorsi i Giudei che erano andati da Ges per arrestarlo e ai quali Ges aveva detto cose analoghe (vv. 7,33-34). Anche loro erano rimasti molto perplessi e avevano fatto ipotesi fondate sullidea di un viaggio concreto (Andr forse dai Greci nella diaspora [= giudei di lingua greca abitanti fuori dalla Palestina oppure pagani] e insegner ai Greci?). Pietro si comporta quindi come gli avversari pi dichiarati di Ges. Ges risponde in modo enigmatico per quanto riguarda il luogo, ma affermando chiaramente che Pietro non pu seguirlo in quel momento. Aggiunge per, in modo apparentemente consolatorio, che lo seguir pi tardi. In realt, risulter alla fine che lo seguir nella morte, nel martirio, in un destino di sofferenza non voluta (21,18-20): ma questo destino adesso rimane in gran parte oscuro. Pietro sembra intuire qualcosa e, per un automatismo che gi si era verificato nella lavanda dei piedi, non d credito alla parola del Maestro, viceversa insiste, quasi con risentimento, nella pretesa di seguirlo subito e di dare la sua vita per lui. Qui si manifesta la sua presunzione sfacciata e superficiale, che obbliga Ges a unamara, ironica, smentita, con lannuncio, solenne (In verit, in verit, ti dico) del triplice rinnegamento che avverr ben presto, nella notte stessa.

31 Quel Pietro che voleva sapere chi fosse il traditore, non era affatto consapevole che lui stesso avrebbe in qualche modo tradito Ges (non consegnandolo alle guardie, ma dissociandosi del tutto da lui), n era propenso a interrogarsi su questo. E significativo che, diversamente che in Mc e in Mt, dove, allannuncio del traditore, tutti chiedono se siano loro stessi (vedi Sinossi), in Gv i discepoli si guardassero lun laltro (13,22), sospettando ciascuno degli altri. Seguono due episodi interni al racconto della passione in cui compare Pietro. 6. 18,10-11: Durante larresto di Ges colpisce con la spada il servo del sommo sacerdote. Siamo nellepisodio dellarresto: nei Sinottici non era menzionato Pietro; in Gv invece viene attribuito a lui il colpo di spada che ferisce lorecchio del servo del sommo sacerdote (Gv d un nome specifico anche al servo: Malco). In questo modo viene accentuato il carattere inconsulto e importuno di tante sue manifestazioni di attaccamento a Ges. Si pu presumere che vorrebbe difenderlo, ma in realt ostacola il compimento del piano divino e si pone contro la volont di Ges stesso. Provoca un esplicito rimprovero di lui, che lo blocca e gli fa capire quanto sia sbagliato il suo ricorso alla violenza e soprattutto la sua pretesa di impedire la passione, che corrisponde al disegno del Padre al quale Ges non intende venir meno. Galizzi (pp. 308-309), nota la successione di fraintendimenti e incomprensioni in cui incorre Pietro dopo la chiamata e la bella confessione: Pietro ha capito ben poco di Ges. Dopo la sua entusiastica risposta: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parola di vita eterna (6,68), non pi apparso in sitonia con Ges. Non voleva accettarlo come servo (13,8), e quando si sent dire: Dove io vado tu, ora, non puoi venire, mi seguirai pi tardi, Pietro lo contest e disse: Come non posseo seguirti ora? Io sono disposto a dare la mia vita per te. Ges di rimando gli predisse che lavrebbe negato (13,36-38). Ma Pietro non fece caso a Ges e ora non accetta di andarsene: sguaina la spada e colpisce. Non aveva capito Ges, non era entrato nel suo progetto di amore che solo pu realizzarsi nel dono di s, mai nella violenza. Ges gli fa capire che quella non la sua via: Non berr io forse il calice che il padre mi ha dato?. La frase molto importante [...] perch delinea la vera immagine di Ges nella sua passione: un Ges deciso a proseguire il suo cammino nella non violenza, unica via possibile per rivelare che lamore con cui il Padre lo ama pu essere anche negli uomini ed egli in loro (17,26). Lodio, la violenza non possono rivelare questo amore che si fa dono di s sino alla fine. Pietro non lo capisce [...]. Emerge qui, in questo gesto, quel rifiuto della passione che Mc e Mt collocavano subito dopo la confessione detta di Cesarea (cfr. Mc 8,32). 7. 18,15-18.25-27: Rinnega Ges. Pietro sta precipitando sempre di pi e tocca il fondo col rinnegamento, che si svolge solo in parte in modo analogo ai Sinottici. Una prima scena ce lo mostra ancora, come nella scena centrale della cena, insieme e subordinato al discepolo amato, che qui viene definito, in modo ancora pi anonimo, un altro discepolo (v. 15). Vanno entrambi verso il palazzo del sommo sacerdote, dove si sta conducendo Ges prigioniero, dopo larresto. Ma questaltro discepolo, di cui si nota che era conosciuto dal sommo sacerdote, a far passare Pietro nel cortile, con una richiesta personale alla portinaia (v. 16). Il rinnegamento avviene in due tappe, separate dallinterrogatorio di Ges (18,19-24), ma anche in questo modo strettamente collegate ad esso, quasi a rappresentarne un parallelo: comune il rifiuto di riconoscere Ges. Ma anche la serie dei tre rinnegamenti viene spezzata. C, prima del racconto dellinterrogatorio di Ges, una domanda a Pietro, che anche unaccusa, fatta dalla portinaia, e la risposta di lui; dopo linterrogatorio di Ges, seguono le altre due domande con le rispettive risposte. Una domanda viene posta da persone non specificate, laltra da uno dei servi del sommo sacerdote, che viene detto essere parente di quello a cui Pietro aveva tagliato lorecchio e

32 risulta anzi presente egli stesso allarresto: uninformazione che solo Gv fa e appartiene alla sua tendenza a personalizzare e individuare le figure, a costruire personaggi non generici. In questo caso laccusatore viene indicato come pi informato e appare meno smentibile laccusa a Pietro di essere stato nel giardino (= nel Getsemani) insieme a Ges; di conseguenza diventa pi sfacciata e inaccettabile la negazione di Pietro. Egli disposto a negare levidenza e smentisce clamorosamente anche se stesso, dato che poco prima aveva proclamato enfaticamente di voler dare la sua vita per Ges, anzi che lavrebbe fatto senzaltro (13,37). Lefficacia narrativa della sequenza di episodi che concernono Pietro e il suo carattere contraddittorio e facilone si colgono bene se li si legge in continuit. Il rinnegamento di Pietro assume un ulteriore significato rispetto ai Sinottici per il fatto che linterrogatorio davanti al sommo sacerdote riguarda direttamente i discepoli e linsegnamento del Maestro (v. 19) e Ges nella sua risposta fa appello a coloro che lo hanno ascoltato e possono testimoniare, quindi anche e soprattutto ai suoi discepoli. Pietro, che stato con lui fin dallinizio, proprio in quel momento, non solo non si mostra disposto a testimoniare a favore del Maestro, ma nega addirittura, ripetutamente e contro ogni evidenza, di essere discepolo di Ges. Si vedano le osservazioni di Galizzi (p. 312): Ed eccoci a Pietro. Pu ancora essere considerato come discepolo? Ges ha detto ad Anna: Interroga quelli che mi hanno ascoltato. Ecco essi sanno quel che ho detto (18,21). Chi pi di Pietro laveva ascoltato? Chi pi di lui si era entusiasmato della parola di Ges? Tu solo aveva detto un giorno hi parole di vita eterna (6,68). E solo lui tra tutti i discepoli aveva affermato, secondo Giovanni, di volere andare dove andava Ges (13,37). Ma ora che lo vede legato e privo di potere si ricrede e non se la sente pi di dare la vita per lui. Messo alle strette da coloro che gli erano attorno per due volte nega di essere discepolo di Ges, tanto pi che cera chi pretendeva di averlo visto nel giardino. Il gallo cant. Ges ha avuto ragione. Laveva preavvisato che non era in grado di seguirlo ora. Aveva pure previsto la disubbidienza di Pietro e gli aveva annunciato: Prima che il gllo canti, mi avrai rinnegato tre volte (13,38). vero che in Giovanni non si dice esplicitamente come nei Sinottici che Pietro nega di conoscere Ges (vedi Mc 14,71; Mt 26,74; Lc 22,57). Ma negare di essere un suo discepolo, non equivale forse a negare di riconoscere Ges? Se nel fondo del cuore di Pietro, quella notte, rimasto qualcosa di buono, certamente quellaltra parola di Ges: Mi seguirai pi tardi (13,36). Vi ritorneremo nel capitolo 21, dove sentiremo Pietro dire, per tre volte, che ama Ges. Gli altri episodi appartengono tutti alla sezione della risurrezione e delle apparizioni del Risorto. 8. 20,2-10: Riceve dalla Maddalena lannuncio che la tomba vuota e corre l a vedere, insieme allaltro discepolo; entra per primo nella tomba e vede le bende e il sudario. Lepisodio ha un parallelo parziale in Lc 24,12 dove, dopo che le donne hanno portato agli apostoli la notizia della risurrezione di Ges, Pietro corre al sepolcro, si china e vede soltanto le bende; pieno di stupore, torna indietro. Gli altri Vangeli non parlano di Pietro in un contesto simile. Gv racconta di Maria di Magdala, che va a riferire il fatto della tomba aperta e la sua ipotesi che abbiano portato via il corpo, a Pietro e allaltro discepolo, ossia al discepolo amato. La scena che segue molto pi sviluppata e vivace rispetto a quella di Lc, a causa del comportamento diverso dei due discepoli, che gareggiano tra loro. E a partire dal racconto dellultima cena che i due formano una coppia. Escono insieme per andare al sepolcro e corrono insieme, ma il narratore osserva che laltro corre pi veloce di Pietro e arriva per primo ( pi giovane dellaltro?). E lui, non Pietro, che si china e vede le bende per terra, ma non entra, evidentemente per riguardo verso laltro, a cui conferisce una priorit. Quando giunge anche Pietro, che lo seguiva (il narratore indica in questo modo una posizione inferiore), questi entra e a sua volta osserva attentamente (il verbo usato non

33 pi blpein, ma theorin). Egli vede di pi: vede le bende a terra, ma anche il sudario che era stato posto sul capo, non a terra con le bende, ma arrotolato in un luogo a parte. Lesposizione del redattore segue puntigliosamente lo sguardo analitico di Pietro, e presuppone che la collocazione degli oggetti sia significativa: indichi anche di pi del fatto che Ges non pi l. Ma non registra nessuna particolare reazione del personaggio. Introduce invece laltro discepolo, che a sua volta entra nella tomba, annotando che per era arrivato per primo, e solo di lui annota che vide e credette. Subito dopo per commenta, a proposito di entrambi, che non conoscevano ancora la Scrittura (che dice) che egli doveva risuscitare dai morti e sembra quindi giustificare sia la mancata reazione di Pietro sia la fede dellaltro discepolo, non ancora, presumibilmente, completa. Pi volte, nel corso del Vangelo, aveva osservato a proposito di tanti gesti e parole di Ges, che i discepoli non capivano ma che avrebbero ricordato e creduto alla Scrittura solo dopo la risurrezione (cfr. 2,22: per le parole sul tempio, in riferimento al suo corpo; 12,16: per il fatto che Ges entr in Gerusalemme su di un asinello; e in 14,26 Ges aveva promesso linvio dello Spirito Santo che avrebbe spiegato tutto). Pietro stesso si era sentito dire da Ges durante la lavanda dei piedi che ne avrebbe capito il senso pi tardi (13,7). Certo Pietro viene sminuito in questo episodio rispetto allaltro discepolo. In maniera neutra si racconta alla fine che i discepoli se ne ritornano indietro. Gli altri episodi in cui compare Pietro si trovano nellultimo capitolo, quello aggiunto in un secondo tempo, e descrivono due momenti dellincontro dei discepoli con il Risorto presso il mare (lago) di Tiberiade. Sullimportanza del cap. 21 per completare il ritratto di Pietro, si veda quanto osserva Galizzi (pp. 362-363): In Giovanni, se non ci fosse il capitolo 21, se ne sentirebbe la mancanza [...] anche, e soprattutto, in relazione a quanto fin qui ha detto di Simon Pietro e al suo modo di completare i diversi temi. Nel racconto della passione, come in quello pasquale del cap. 20, ci si accorge subito che lautore scrive in modo da far capire che si compie quanto Ges ha detto, [...]. Ora ci sono tre promesse fatte a Pietro di cui ancora non abbiamo visto il compimento: 1. Quando Ges si incontr la prima volta con Simone gli disse. Tu ri chiamerai Cefa (che significa Pietro) (1,42). un cambio di nome che nel parlare biblico prelude allaffidamento di una missione. Di ci nulla fin qui si detto. 2. Nel racconto dellultima cena si dice che Ges si avvicin a Pietro per lavargli i piedi. Pietro si oppose e Ges gli disse: Quello che io faccio tu non lo puoi capire ora, lo capirai pi tardi (13,37). Anche qui c una promessa ancora incompiuta. 3. Sempre nel contesto dellultima cena, Simon Pietro disse a Ges: Dove vai?. Ges gli rispose: Dove io vado ora tu non puoi seguirli, mi seguirai pi tardi (13,36). Subito dopo gli annunci il tradimento (13,38), che poi si comp alla lettera (18,15-18.25-27). Possibile che per quanto riguarda Pietro si compia solo il negativo e non il positivo? Non possibile, infatti si compie anche il positivo. Lo dimostra il capitolo 21, che lautore, sempre coerente con il suo modo di scrivere stacca nettamente dal capitolo 20 mediante la conclusione di 20,30-31. Il periodo del Ges terreno si distingue dal periodo della Chiesa, di cui qui ci offre le primizie. Galizzi intende che il cap. 21 sia opera del medesimo autore del resto Vangelo, opinione che non condivisa da tutti gli studiosi, e intende che sia staccato dalla parte precedente come per un artificio retorico, mentre altri pensano che lo stacco sia dovuto al fatto che il cap. 21 sarebbe stato aggiunto successivamente. Certo, anche condividendo questultima tesi, rimane vero che il redattore finale, che ha aggiunto il capitolo, ha voluto lasciare lo stacco e ha voluto recuperare uno spazio positivo, in qualche modo compensatorio, a Pietro.

34 9. 21,2-11: Sul mare di Tiberiade incontra Ges risorto e compie una pesca miracolosa. Il primo episodio del cap. 21 che interessa Pietro quello della pesca miracolosa, e trova riscontro nel Vangelo di Luca, ma in tuttaltro contesto: si tratta della circostanza in cui Ges chiama Simone a seguirlo e gli d lincarico di pescare uomini (Lc 5,1 ss.); lo svolgimento della vicenda (con le fasi dellinsuccesso prima e dellesito eccezionale poi, per merito di Ges) simile a quello di Gv e Simone pure protagonista, con accanto anche Giacomo e Giovanni, che corrispondono ai figli di Zebedeo menzionati da Gv. Una prima scena, ampia e articolata, vede in campo un gruppo di sette discepoli, capeggiato da Simon Pietro; seguono Tommaso, Natanaele (come abbiamo visto), i figli di Zebedeo e altri due discepoli non specificati, ma tra questi ultimi quattro deve essere incluso il discepolo amato, che verr menzionato pi avanti. Si conferma il rapporto forte tra Simon Pietro e questo discepolo. Il gruppo dei sette non corrisponde a quello dei Dodici, di cui Pietro risultava far parte ed essere in qualche modo il portavoce nella scena del cap. 6 (quella della sua confessione di fede); un gruppo eterogeneo: lo mostra la presenza di Natanaele. Ambigua la presenza del discepolo amato, di cui non mai svelata lidentit. Simon Pietro ha comunque un ruolo rilevante, di capo del gruppo. E lui che decide di andare a pescare: non viene mai detto nel Vangelo che fosse pescatore, ma si pu pensare che levangelista lo dia per noto ai lettori sulla base della tradizione. Non si pu per neppure dedurre dalla sua iniziativa che Pietro vada a pescare per mestiere, in questa occasione. Anche gli altri si associano: approvano la decisione di Pietro e sono solidali con lui, un tratto positivo. Ma la pesca non d buoni risultati. Il narratore accenna al fatto che era notte quando avvenne la pesca e in seguito menziona lalba per ambientare la comparsa di Ges. Non lalba della risurrezione perch nel cap. 20 gi erano state raccontate due sue apparizioni ai discepoli, la sera di quel giorno (20,19) e poi otto giorni dopo (20,24): il narratore stesso preciser alla fine del racconto (v. 14) che era la terza volta che Ges si manifestava ai discepoli dopo la risurrezione. Certo le annotazioni della notte e dellalba acquistano valore simbolico: la notte, con le tenebre, sono il polo negativo rispetto allalba, il tempo della luce. Anche la pesca ha un significato simbolico. Ges improvvisamente, misteriosamente, sulla riva, sta l. Il racconto suggestivo e, in modo analogo a quanto fa Luca nel racconto dei due discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), altro possibile punto di riferimento del racconto giovanneo , gioca sul mancato riconoscimento di Ges da parte dei discepoli e sullequivoco (il racconto non realistico: i discepoli dovevano aver gi visto due volte il Risorto e stupisce che qui non lo riconoscano). Anche qui, come in Lc, la loro situazione di sconforto e delusione ed Ges a interpellarli, a porre loro una domanda come se non sapesse, a spingerli a prendere coscienza e ad agire. In Gv si rivolge a loro con un appellativo affettuoso (paida): figlioli oppure ragazzi, e chiede se non abbiano nulla da mangiare. La loro risposta un no secco. Per certi versi si ripropone la situazione della moltiplicazione dei pani, dove i discepoli (Filippo, Andrea) avevano calcolato come incolmabile la distanza tra la mancanza di risorse e la fame della folla (6,7.9). Come allora, Ges che prende liniziativa, supera linerzia del sentirsi incapaci, ordinando di gettare la rete dalla parte destra della barca (parte destra, ossia pi favorevole?) e garantendo che troveranno pesci. Il risultato una pesca favolosa: la quantit di pesci rende quasi impossibile tirare su le reti. Si ha come unesemplificazione delle parole di Ges Senza di me non potete far nulla (15,5). A questo punto abbiamo le reazioni delle persone. Per primo viene menzionato il discepolo amato che, rivolto a Pietro, dichiara di aver riconosciuto chi era la persona che aveva parlato con loro: E il Signore (titolo che qualifica Ges dopo la risurrezione come essere glorioso, divino; era gi stato usato da Maria di Magdala, in 20,18, da tutti i discepoli, in 20,25). Galizzi (p. 366) commenta il fatto che il discepolo amato parli a Pietro cos: lo dice a Pietro, non agli altri. Pietro il primo a cui bisogna dare lannunzio (vedi 20,2; Mc 16,7; Lc 14,34). E Pietro finalmente capisce. Dalla lavanda dei piedi, e soprattutto dalla negazione in poi, c stato un netto distacco da Ges. Anche l, presso il sepolcro, non si dice di lui [ma del discepolo amato] che vide e credette. Poi rimasto nellombra, ora in primo piano.

35 Tuttavia anche vero che solo in un secondo tempo, dopo aver sentito le parole dellaltro, Pietro si cinge la veste per poter essere pi libero nei movimenti e si getta in mare (v. 7), evidentemente per andare pi in fretta da lui: la barca si trova a un centinaio di metri dalla riva (letteralmente, circa duecento cubiti), come si specifica nel v. 8 e gli altri proseguono in barca, con la rete piena di pesci. Il gesto di Pietro ne svela limpulsivit, lentusiasmo, lamore per Ges. Nel gesto di cingersi la sopravveste Galizzi (p. 367) vede un richiamo al gesto di Ges che prima di lavare i piedi ai discepoli si era cinto di un asciugamano (13,4): un gesto da servo, dunque, che mostrerebbe un nuovo atteggiamento di Pietro: Anche Pietro ora si rende servo in sintonia con il suo Signore. Poco dopo, quando Ges chiede del pesce appena pescato (v. 10), sempre Pietro a tirare a riva la rete con tutti quei pesci (ne vengono contati 153 di grossi). Commenta Galizzi (p. 367): Ci che non fu possibile a tutti, possibile a uno. Egli il vero pescatore. Del resto la barca e la rete sua. Anche, e soprattutto, in questo caso, emerge il significato simbolico del pescare, allusivo allattivit di convertire e fare seguaci. Forse 153, se allude alla totalit delle specie di pesci, come afferma Gerolamo, indica luniversalit della missione apostolica (cfr. Brown, p. 1355, che per dubita di questa spiegazione e ne propone molte altre, anche piuttosto complicate). Con laccenno allintegrit della rete, che non si spezza, forse ci si riferisce allunione, non infranta, della comunit del tempo del redattore. La scena si conclude ritualmente con la distribuzione da parte di Ges del pane e dei pesci. Richiama la moltiplicazione dei pani del cap. 6, ma richiama anche la conclusione dellepisodio dei due discepoli di Emmaus in Luca, che termina con i due che riconoscono Ges quando, a tavola, spezza il pane (24,30-31). Pietro ha qui uno spazio consistente, ma rimane subordinato al discepolo amato nel riconoscimento di Ges. 10. 21,15-19: Ges gli affida il compito di pascere le sue pecore e gli predice il futuro quando sar vecchio. In una scena distinta, ma collegata a quella precedente ( collocata subito dopo il pasto), ritroviamo Pietro, adesso in un colloquio a tu per tu con Ges, che gli affida un compito fondamentale. Qui davvero Pietro protagonista. Non abbiamo una scena corrispondente a questa nei Sinottici; si potrebbe trovare un equivalente nelle parole che, in Mt, Ges rivolge a lui dopo il riconoscimento che il Cristo, il Figlio del Dio vivente: Ges gli dice: Tu sei Pietro e su questa pietra edificher la mia chiesa ... A te dar le chiavi del regno dei cieli, e tutto ci che legherai sulla terra sar legato nei cieli, e tutto ci che scioglierai sulla terra sar sciolto nel cielo (Mt 16,18-19). Ma in Mt abbiamo il conferimento di un potere (di perdonare o meno) nello svolgimento del ministero, conseguente a un riconoscimento di Ges gi avvenuto, mentre in Gv Ges d un compito e pone una condizione. Guardando al complesso del Vangelo di Giovanni, potremmo anche dire che con questa scena Gv spiega il cambiamento di nome attribuito da Ges a Simone, che diventa Pietro, la prima volta (1,42): luso del nome Simone di Giovanni solo in queste due occasioni e il fatto che venga recuperato qui, dopo che il personaggio stato sempre chiamato Simon Pietro, istituisce un collegamento preciso. Le due scene formano letterariamente uninclusione. Forse la ripresa del nome pi formale, meno famigliare, segnala che Ges sta mettendo alla prova Pietro. E Ges che prende liniziativa, ma, prima di affidargli un compito che lo colloca al di sopra degli altri discepoli, gli chiede insistentemente, per tre volte, se lo ami pi degli altri, e solo dopo la risposta positiva gli d il comando di pascere le sue pecore. La triplice ripetizione probabilmente riprende il triplice rinnegamento e lo riscatta, per volont di Ges. Come gi la pesca, anche limmagine del pascolare le pecore ha un evidente significato metaforico, che concerne sempre la sfera della missione, ma allude, potremmo dire, a una seconda fase: dopo la cattura o conquista di fedeli, raffigurata dalla pesca, vengono la cura, la protezione e il nutrimento (spirituali) di coloro che hanno deciso di far parte della comunit dei credenti. Le variazioni nella terminologia usata, sia

36 per quanto riguarda loggetto della cura (agnelli, pecore o pecorelle), sia per indicare lazione da compiere (bskein, nutrire; poiminein, guidare, custodire) indicano la pluralit di mansioni e di tipi di persone. Laspetto pi caratteristico del dialogo giovanneo lesigenza di amare Ges come condizione per pascere il suo gregge, ossia svolgere il compito di pastore spirituale, che Ges ha attribuito inanzitutto a se stesso nel cap. 10. Abbiamo visto che nel discorso di addio dellultima cena Ges ha dato a tutti i discepoli il comandamento dellamore reciproco come segno di amore per Ges (15,12-17), qui chiede amore per lui per poter dare amore ai suoi fedeli. Vediamo che Pietro risponde con sicurezza, ma senza anteporre il suo amore a quello degli altri: viene meno la sua presunzione. Per fa anche capire, le prime due volte, che gli sembra superflua la domanda (tu lo sai) e la sua amarezza si manifesta chiaramente la terza volta, perch ha limpressione che Ges non gli creda e ribadisce che Ges, sapendo tutto, non dovrebbe aver bisogno di tante conferme. Il suo temperamento emotivo in qualche modo riaffiora. Ges invece ogni volta ripete il suo comando con tono sicuro. In seguito abbiamo un ulteriore intervento di Ges che per largomento sembra staccato dal dialogo precedente. La formula solenne con cui esordisce (in verit, in verit) era stata usata nel discorso rivolto a Pietro per predirgli il rinnegamento (13,38) e potrebbe costituire un ulteriore elemento di collegamento, e di contrasto, con quellepisodio. Ges gli annuncia adesso che nel futuro, durante la sua vecchiaia, vivr una condizione ben diversa, molto meno libera che in giovent. Non facile comprendere il senso di questa predizione. Alcuni hanno inteso che Ges voglia far capire a Pietro che in futuro dovr rinunciare alla libert di un tempo, dovr piuttosto servire e farsi guidare da Ges, come lui stesso gli sta chiedendo di fare. Ma il redattore nel suo commento finale (v. 19) spiega che Ges parlava della sua morte gloriosa: in effetti molti pensano che qui si alluda al suo martirio e, pi esattamente, alla sua crocifissione (v. 18: stenderai le mani): in questi termini gli apocrifi pi tardi (ad es., il Vangelo di Pietro) parlano del martirio di Pietro. Laccenno alla morte si pu connettere al comando di pascere il gregge, se teniamo conto che nellampia allegoria su di s come pastore Ges aveva indicato come atteggiamento proprio del buon pastore quello di essere disponibile a dare la vita per le pecore (10,11) e tale Ges stesso (10,15.17-18). Certo interessante che Ges concluda con il comando perentorio Seguimi, quasi a ribadire che, dopo gli errori e le incomprensioni precedenti, questo ci che Pietro deve fare essenzialmente. Ed ormai ben chiaro a questo punto che seguire Ges vuol dire anche passare attraverso la croce. Di solito Seguimi era lordine posto al momento della prima chiamata (cos era stato per Filippo, in 1,43, cos era nei Sinottici); il fatto che venga rivolto a Pietro in questo momento sembra indicare che ci sar per lui un nuovo inizio della sequela, in vista di un nuovo cammino carico di responsabilit e di sofferenze. Afferma Maggioni (p. 1709), a proposito delle immagini poco chiare dello stendere le mani, avere la cintura allacciata, essere condotti dove non si vuole: il vero scopo, qui nel contesto, quello di mostrare la correlazione fra il ruolo di Pietro e la sequela: come era detto nel cap. 10, il pastore deve essere pronto al completo dono di s. Il significato immediato che qui emerge che Pietro viene assunto in un servizio totale, dove non ha pi importanza la sua volont ma quella del suo Signore [W. Marxsen]. Il martirio fa parte del destino del pastore. Ci che colpisce che proprio a Pietro viene affidato il ministero di pastore, non al discepolo amato, di cui pure non si pu dubitare che ami il Signore. 11. 21,20-23: Interroga Ges sulla sorte del discepolo amato e riceve la sua risposta. Un ultimo dialogo tra Pietro e Ges si svolge alla fine, per iniziativa di Pietro stesso, che vuole sapere anche quale sar il destino del discepolo amato. Ma Ges lo tratta bruscamente, quasi a rimproverargli una curiosit indebita (v. 22: Che importa a te?); gli ripete piuttosto il comando precedente: Tu seguimi e tronca il discorso.

37 Le ultime parole di Ges in Gv sono dunque queste e sono un perentorio ordine di seguirlo. Il significato di seguire qui si carica di pi sfumature: indica la necessit di adempiere il compito di pastore del gregge di Cristo secondo lo spirito di amore (amore di Cristo) che gli stato chiesto; indica anche la consapevolezza che questo imperativo potr comportare il martirio (stendere le mani), a imitazione di Ges (forse proprio sulla croce); indica anche che ogni altro interesse va subordinato a questi. Pietro nellultimo capitolo viene riabilitato, ma non perde del tutto la sua debolezza e una certa tendenza a dimenticare il proprio ruolo. Conclusione Il personaggio di Simone Pietro forse il personaggio pi complesso del Vangelo, per il numero di ricorrenze; per la variet di atteggiamenti, anche contraddittori, che assume; per la lunghezza e la complessit del cammino che percorre, dal momento del primo incontro con Ges al mandato di guidare il gregge di Ges Cristo; per il rapporto stretto e insieme distinto con il discepolo amato. Non il discepolo perfetto, ma il discepolo che pi rispecchia meriti e debolezze di ogni discepolo. 3.6. La madre di Ges
Studi di riferimento: R.E. Brown-K.P. Donfried-J.A. Fitzmyer-J. Reumann, La madre di Ges nel Vangelo di Giovanni, in Maria nel Nuovo Testamento, pp. 200-201; 204-218; 228-241 (All. 8); G.R. ODay, Giovanni, in La Bibbia delle donne, III, pp. 86-87; 94-95 (All. 4); L. Sebastiani, Maria alle nozze di Cana, nel volume Donne dei Vangeli (Ed. Paoline, Milano 1994), pp. 43-55 (All. 9). Solo Brown e ODay commentano entrambi gli episodi che riguardano la madre di Ges (ma il commento della ODay risulta piuttosto misero); la Sebastiani commenta solo le Nozze di Cana. Chi ha seguito il mod. 1 ha avuto modo di conoscere le diverse letture di Brown (e altri) e della Sebastiani e inoltre alcune letture psicanalitiche (Dolto e Garzonio).

Compare negli altri Vangeli, anche se in episodi e in modi diversi. In Mc compare in modo attivo nellepisodio dei parenti di Ges che da Nazaret si recano a Cafarnao per portar via Ges che credono agisca da pazzo, dato che vive in modo disordinato (3,21): non viene fatto il nome di lei e neppure si parla di madre, ma implicito che sia presente nel gruppo de i suoi; inoltre compare poco dopo come la madre, in una scena che risulta la seconda parte del medesimo episodio, bench separata dalla prima scena (secondo un tipo di costruzione a incastro tipica di Mc). Si descrivono la madre, i fratelli e le sorelle di Ges, che, arrivati a Cafarnao, stando fuori, lo mandano a chiamare mentre si trova in casa (di Pietro) insieme a una folla di seguaci. Ma Ges ribatte dicendo a coloro che lo circondano che sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle sono coloro che fanno la volont di Dio (3,31-35). In questo episodio Maria agisce, seppure non sola, come un personaggio e un personaggio energico, ma con un atteggiamento critico, di incomprensione, nei confronti del figlio. In unaltra occasione (6,1-6), quando Ges torna a Nazaret e va nella sinagoga, i concittadini si stupiscono di quanto dice e fa, rilevando che conoscono bene la sua famiglia e menzionano espressamente Maria, sua madre (Non costui... il figlio di Maria...?), fanno i nomi di alcuni suoi fratelli (Giacomo, Ioses, Giuda, Simone) e accennano alle sorelle. In questo caso abbiamo il nome proprio e la presentazione dellintera famiglia, con i singoli membri. Di nuovo Maria ha un ruolo forte, quasi di capofamiglia, forse perch nel frattempo Giuseppe era morto. Non agisce per. In Mt la madre compare innanzitutto nel racconto dellinfanzia (cc. 1-2), ma rimane quasi sempre in secondo piano rispetto a Giuseppe. Se ne parla gi a conclusione della genealogia, dove Giuseppe lultimo membro della serie che inizia da Abramo, ma viene sottolineato che da Maria, di cui Giuseppe era lo sposo, nacque Ges chiamato il Cristo (1,16). Se ne parla indirettamente nellepisodio dellannunciazione a Giuseppe, perch il fatto che fu trovata incinta da Giuseppe, suo promesso sposo, gli cre gravi turbamenti e lo spinse a pensare di ripudiarla, se non avesse ricevuto in sogno la notizia che la gravidanza era opera dello Spirito Santo e linvito a prenderla con s

38 (1,18-24). Viene poi sempre ricordata negli episodi successivi, molto brevemente: si dice che partor il figlio senza che Giuseppe avesse avuto rapporti con lei (1,25); nellepisodio dei Magi si dice che videro il bambino con Maria, sua madre, nella casa dove si era posata la stella (2,11); nellepisodio della fuga in Egitto Giuseppe, avvertito da un angelo in sogno, prende il bambino e la madre e fugge; inversamente, ma sempre con le stesse modalit, prende il bambino e la madre e torna in Israele. Maria ricompare nei due racconti paralleli a quelli di Mc 3 e 6, che sono Mt 12,4650 e 13,53-58. Ma nel primo notevole che venga omessa la prima scena, nella quale la madre compresa nel gruppo dei famigliari che ritengono Ges fuori di senno; rimane la seconda scena della madre e dei fratelli che volevano parlare con Ges e della risposta di Ges sulla sua vera famiglia, ma in questo modo viene eliminata la connotazione negativa della madre. Nella scena di Ges tornato a Nazaret il parallelo con Mc pi stretto; solo, viene menzionato anche, e per primo, il padre (13,55: Non costui il figlio del carpentiere?), mentre in Mc (6,3) si diceva di Ges stesso Non costui il carpentiere?. In Mt non si pu dire che sia davvero un personaggio autonomo. Solo in Lc, tra i Sinottici, Maria invece ha uno spazio rilevante, soprattutto nel racconto dellinfanzia. protagonista nellannunciazione (1,26-38), dove dialoga con langelo, vuole capire, ed determinante la sua scelta di accettare la volont del Signore. protagonista anche nella visita ad Elisabetta (1,39-56), dove pronuncia linno del Magnificat. Viene menzionata nellepisodio della nascita: a causa del censimento, Giuseppe va a Betlemme per farsi registrare con lei, che era incinta; d alla luce il figlio, lo avvolge in fasce e lo depone in una mangiatoia (2,5-7); Maria, Giuseppe e il bambino ricevono la visita dei pastori (2,16). Di Maria si dice due volte (2,19.52) che meditava sulle cose che capitavano: quando sente le cose straordinarie che dicevano i pastori, i quali avevano avuto lannuncio della nascita del Salvatore dagli angeli, e dopo lepisodio di Ges ritrovato nel tempio. Maria in effetti compare ancora in due episodi: nella presentazione al tempio (2,22-35), dove riceve una profezia specifica su di lei da parte di Simeone, e nella circostanza dello smarrimento di Ges dodicenne a Gerusalemme e del suo ritrovamento nel tempio (2,41-51). In questultima occasione ancora lei che parla a Ges, con un certo risentimento per la condotta del figlio, e si trova a non capire neppure le parole di risposta di lui. Anche Lc ha un parallelo allepisodio della madre e dei fratelli che vanno a trovarlo (8,19-21), nella forma neutra di Mt, assolutamente non offensiva per Maria; mentre presenta un parallelo allepisodio di Ges a Nazaret (4,16-30) molto diverso rispetto a Mc e Mt, e non vi include alcun cenno a Maria (i concittadini si limitano a chiedere: Non costui il figlio di Giuseppe?). La madre viene menzionata anche in uno scambio di battute tra Ges e una donna che aveva elogiato la donna che lo aveva portato in seno e allattato e Ges aveva riposto elogiando piuttosto quelli che ascoltano e mettono in pratica la parola di Dio (11,27-28). In questo episodio, come in quellodella vera famiglia di Ges, Lc esprime una certa presa di distanza del figlio rispetto alla madre, ma solo nel senso che laspetto della maternit fisica viene subordinata alla consonanza spirituale. Ora, Maria in Lc possiede anche questa consonanza spirituale (nellaccettazione della volont di Dio, nella riflessione che fa su quanto cpita, nella beatitudine che le rivolge Elisabetta a proposito della sua fede) e raggiunge la condizione di discepola pienamente integrata nella comunit dei discepoli quando, allinizio degli Atti (1,14), si dice di lei che, insieme ai fratelli e ad altre donne, riunita in preghiera agli undici apostoli nella comunit di Gerusalemme, dopo lascensione al cielo di Ges risorto. Passando dai Sinottici a Giovanni, troviamo una scena che riecheggia quella dei concittadini di Nazaret che dubitano della sapienza e della potenza di Ges considerando che conoscono bene la sua famiglia: in 6,42 abbiamo una discussione in cui i giudei, a proposito del discorso di Ges sul pane di vita, pongono domande che riecheggiano quelle attribuite ai concittadini di Ges a Nazaret: Non costui Ges, il figlio di Giuseppe? Non conosciamo noi il padre e la madre? Come fa a dire di essere disceso dal cielo?. Ma ci si potrebbe chiedere se Giovanni conosca qualcosa delle tradizioni su Maria che compaiono nei Sinottici: della sua verginit al momento del concepimento e del parto, di Betlemme, ecc. Esplicitamente Giovanni non parla mai del concepimento (n di un concepimento verginale) e della nascita di Ges; ci sono per passi che hanno potuto far pensare

39 che Giovanni conosca qualcosa di queste tradizioni. In 7,41-42 la gente che non crede in Ges come Messia si chiedono: Il Messia viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Messia verr dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?; presupponendo che si abbia qui una tipica manifestazione dellironia giovannea, si pu pensare che Gv ritenga affermato il fatto che Ges era della Galilea ed era nato a Betlemme, ma questo non implica che conoscesse tutto il resto (come alcuni pretenderebbero). In 8,41 i giudei, a Ges che contesta la loro rivendicazione di essere davvero figli di Abramo per il modo in cui si comportano con lui, protestano: Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo padre, Dio; qualcuno ha pensato che i giudei alludano alla tesi calunniosa della nascita di Ges da un adulterio, ma tale tesi contrasta con lopinione espressa in 6,42 secondo cui Ges ritenuto da loro figlio di Giuseppe e di Maria e appare inverosimile che si possa cogliervi un riferimento indiretto al concepimento verginale. Cfr. su questi passi Brown, Maria nel Nuovo Testamento, pp. 218-228. Abbiamo visto, nel mod. 1, che lesperto di psicanalisi Garzonio introduce nella spiegazione dellatteggiamento di Maria durante le nozze di Cana il presupposto che la Maria di Giovanni sia consapevole dei fatti straordinari sul concepimento del figlio narrati in Mt e Lc (non in Mc); ma se Gv non ne fa parola, occorre che cerchiamo altre interpretazioni. In sostanza Giovanni, a parte il riferimento indiretto in 6,42, propone sulla madre di Ges, che non chiama mai per nome, due soli passi, che non trovano riscontro nei Sinottici: quelli delle nozze di Cana (2,1-11) e della madre sotto la croce (19,25.27). Lepisodio delle nozze di Cana del tutto nuovo e quello delle donne sotto la croce nei Sinottici presenta numerose differenze rispetto a Gv: non comprende la madre di Ges; menziona le donne solo dopo la morte di Ges; non parla del discepolo amato. Possiamo parlare di tre passi, se includiamo anche la descrizione della madre che, con i fratelli e i discepoli, segue Ges a Cafarnao (2,12). 1. 2,1-5: Induce Ges a compiere il miracolo alle nozze di Cana. Si vedano i commenti di Brown, di ODay e di Sebastiani. Presentano punti di vista diversi (ad es., secondo Brown Maria non ancora una discepola modello, secondo la O Day lo ), ma le differenze di interpretazione dipendono anche dallambiguit del testo. Potrebbe essere utile, per comprendere il rapporto tra Ges e la madre, confrontare il dialogo tra i due nelle Nozze di Cana con quello tra Ges e i fratelli descritto in 7,1-5: Si riscontrano alcune analogie: anche nel secondo episodio i fratelli rivolgono un comando a Ges (vogliono che vada in Giudea) con il motivo esplicito che partecipando alla festa delle Capanne potr dare prova di opere di potenza e rivelarsi ai discepoli e al mondo; anche qui Ges dapprima rifiuta con la giustificazione che il suo tempo non ancora giunto; anche qui alla fine per va. Ma ci sono differenze: verso i fratelli Ges duro: li associa al mondo che lo odia e che produce opere malvage. 2. 2,12: Va insieme a Ges a Cafarnao, insieme ai fratelli e ai discepoli di lui. Si veda Brown. 3. 6,42: I giudei sostengono di conoscere il padre e la madre di Ges. un riferimento marginale, che sottolinea come ad occhi esterni Maria apparisse una madre come tante, allinterno di una famiglia normale. 4. 19,25-27: Sta sotto la croce insieme a sua sorella, a Maria di Cleofa e a Maria Maddalena; riceve da Ges laffidamento del discepolo amato e viene a sua volta affidata a lui. Si veda Brown e ODay.

40 Secondo Brown, nel suo commento (p. 1133), lepisodio di Ges con la madre e il discepolo amato costituisce il centro delle scene costitutive del racconto della morte egli fa riferimento a questa struttura nella trattazione dellepisodio in Maria nel Nuovo Testamento (p. 229) : 1. innalzamento di Ges sulla croce (19,16b-18) 2. la questione delliscrizione che presenta Ges come re (19,16b-18) 3. la divisione delle vesti, tranne la tunica, che inconsutile (allude alla veste sacerdotale?) e viene tirata a sorte (19,23-24) 4. Ges decide per il futuro affidando la madre al discepolo amato e viceversa (19,25-27) 5. Ges ha sete e consegna il suo spirito (19,28-30) 6. dal costato di Ges escono sangue e acqua, ossia lo Spirito (19,31-37) 7. deposizione di Ges dalla croce e sepoltura (19,38-42) Conclusione La madre di Ges compare in due momenti strategicamente fondamentali nella trama del Vangelo: dallinizio della gloria di Ges, col primo segno, al suo compimento nella morte, dal profilarsi dellora alla sua conclusione. In tutte e due le circostanze proprio lei risulta di fatto il motore attivo dellazione: quella di avviare la missione di Ges e quella di fondare la nuova comunit. In tutti e due i casi lesito positivo: gi alla fine delle Nozze di Cana i discepoli credono in Ges; sotto la croce si costituisce una piccola comunit damore e fede tra madre e discepolo. Maria si presenta come un personaggio complesso, che vive trasformazioni progressive, gi allinterno del primo episodio di Cana, e poi da Cana alla croce. Dal sentirsi autorizzata come madre a chiedere un intervento prodigioso al figlio (manifestando comunque una certa fede), ella passa, gi a Cana, a rimettersi alla volont di lui e ad invitare altri a fare ci che egli stesso dice. Tra Cana e la scena della passione il cambiamento ulteriormente radicale: dalla parola al silenzio, dal suggerire quello che Ges dovrebbe fare al mettersi totalmente a sua disposizione, dal sentirsi madre naturale allo spogliarsi della maternit fisica per assumere una maternit spirituale e pi ampia, dal trattare Ges da pari a pari, a farsi umile discepola e strumento indispensabile della continuit della sua missione. Il suo rapporto con Ges risulta fin dallinizio ben distinto da quello di tutti gli altri, in specie da quello dei seguaci e discepoli: lei intuisce di lui, delle sue potenzialit, ben pi di chiunque altro prima; ha spirito di iniziativa. Di fatto, allinizio, ella spinge il figlio a iniziare la sua missione: bench inizialmente riluttante, infatti egli asseconda la richiesta della madre. E la richiesta di lei lo orienta ad andare incontro ai bisogni degli altri, a diventare fonte di gioia senza risparmio (Ges alla fine dir ai discepoli: perch la vostra gioia sia piena: 15,11; cfr. 16,24; 17,13). Alla fine, ella asseconda pienamente il desiderio di lui con il dono totale di s stessa e del suo ruolo materno; si fa ponte verso il futuro. pure rilevante che in questultimo episodio la madre compaia insieme al discepolo amato, che , tra i discepoli, il pi perfetto, il vero modello di discepolo. Insieme a lui costituisce il fondamento della comunit dei discepoli di Ges che vivr dopo la morte del Maestro, nello spirito di famiglia. Riceve chiaramente connotazioni simboliche che le conferiscono ulteriore importanza, anche se difficile definire nei particolare le specifiche valenze. 3.7. Nicodemo
Studio di riferimento: R. Vignolo , Personaggi del Quarto Vangelo , 2.2: Un cammino discepolare: Nicodemo, pp. 100-128. Altri studi: J.L. Resseguie, Narratologia del Nuovo Testamento, pp. 231-242. Ma si veda anche la bibliografia di Vignolo, p. 100; B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Nuovo Testamento, 3, pp. 29-45 (Maggioni analizza solo il primo episodio).

E un personaggio che non si trova in altri Vangeli.

41 Compare in tre episodi, due completamente nuovi rispetto agli altri Vangeli (un incontro notturno con Ges; un suo intervento a favore di Ges in un dibattito tra giudei), il terzo invece quello della sepoltura di Ges e in Gv Nicodemo collabora con Giuseppe di Arimatea, che protagonista della scena nei Sinottici. Vignolo lo vede come figura della fede, la prima di una serie di tre figure della fede, che si succedono: le altre sono quelle della Samaritana e dellufficiale regio. Sono collegate e insieme complementari: Nicodemo un giudeo ortodosso (un fariseo), la Samaritana una giudea eterodossa (samaritana appunto), lufficiale regio probabilmente un pagano (ma non tutti gli studiosi ritengono che sia pagano). La storia del personaggio si sviluppa in crescendo, sia allinterno del primo episodio (che per rimane aperto), sia nel complesso degli episodi in cui ricorre. 1. 3,1-21: Dialoga di notte con Ges. Opportunamente Vignolo suggerisce di tener conto dei vv. 2,23-25, che costituiscono lantefatto e spiegano perch Nicodemo va da Ges: uno dei molti attirati alla fede dai segni che Ges faceva. 2. 7,44-52: Interviene in difesa di Ges davanti a sommi sacerdoti e farisei, che vorrebbero farlo arrestare, e viene sbeffeggiato. 3. 19,39-42: Seppellisce Ges insieme a Giuseppe di Arimatea. Conclusione Il personaggio ha una storia esemplare: passa dalla presunzione di sapere al dubbio e al silenzio di chi si rende conto che non in grado di ribattere alle parole di Ges, che scombussolano i suoi pregiudizi; passa da una fede fragile, ostacolata da molti timori umani (va da Ges di notte), al coraggio di prendere pubblicamente posizione e di difendere Ges contro i suoi connazionali ostili che lo deridono, fino ad arrivare allimpegno aperto, e rischioso, di onorare Ges dopo la sua morte collaborando alla sua sepoltura con un omaggio di eccezionale peso (100 libbre di aromi) e di valore regale. Con tutti i suoi limiti, proprio a lui, per primo, che Ges rivolge un importante discorso teologico sul nascere dallo Spirito e sul progetto salvifico divino. 3.8. La Samaritana:
Studi di riferimento sono R. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo, 2.3: La Samaritana e i Samaritani, pp. 129-175; G.R. ODay, Giovanni, in La Bibbia delle donne, III, pp. 87-89 (All. 4). Viene analizzata anche da B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni, 4, pp. 47-64 (ma non c tra gli allegati).

Si tratta ancora di un personaggio nuovo rispetto agli altri Vangeli. Compare in un solo episodio, che per si articola in pi momenti e comprende un lungo dialogo. La donna compare in due scene staccate: nella prima conversa con Ges al pozzo e poi va a riferire ai concittadini quanto ha ricavato dal colloquio su Ges; nella seconda sono descritte le reazioni dei concittadini al messaggio ricevuto da lei. Il contesto ambientale, in base al fatto che lincontro al pozzo tra una donna e un uomo costituiva nella tradizione la premessa tipica di un fidanzamento, offre spunti per cogliere equivoci e allusioni particolari nella conversazione, come sottolinea Vignolo.

42 4,5-30.39-42: Dialoga con Ges su dove e come si debba adorare Dio; porta lannuncio ai suoi concittadini e suscita fede nella messianicit di Ges. Conclusione La figura della Samaritana, come quella di Nicodemo, subisce una trasformazione profonda nel corso del dialogo con Ges: passa dallincomprensione delle intenzioni e delle parole dello straniero, anche da una certa arroganza iniziale, alla curiosit e alla sorpresa di scoprire che laltro sa di lei molte cose della sua vita che non avrebbe immaginato potesse conoscere; interessata allargomento, pur difficile, che Ges le propone, pone domande acute e arriva a supporre che egli possa essere un profeta, anzi il Messia. E Ges a lei spiega verit importanti (ladorazione di Dio in Spirito e verit) e le rivela direttamente la sua identit (v. 26: Sono io che ti parlo), usando per la prima volta una formula di riconoscimento (Io sono) che poi user spesso. In pi, rispetto a Nicodemo, la Samaritana subito porta la sua testimonianza ai concittadini e diventa la prima missionaria tra i suoi correligionari. Grazie alle sue parole molti arrivano a credere, ma molti di pi, dopo essere accorsi al pozzo, diventano credenti ascoltando direttamente Ges. C in lei qualcosa che richiama la figura di Giovanni Battista, anche lui testimone di Ges, anche lui capace di portare altri a incontrare Ges e a credere in lui. la prima donna che svolge il ruolo di interlocutrice di Ges in un discorso di alto livello teologico (gi il conversare con Ges risulta scandaloso agli occhi dei discepoli: v. 27) e la prima donna che diventa credente in lui. La si pu vedere in contrasto con Nicodemo: lei semplice donna qualunque/lui uomo altolocato e istruito (un maestro); un passato di dubbia moralit per lei/osservanza irreprensibile della Legge per lui; incontro casuale in pieno giorno/incontro cercato, ma di notte; esito del colloquio subito molto positivo/esito incerto. Lintermezzo del dialogo tra Ges e i discepoli (vv. 31-38) mostra che anche loro, come la Samaritana, hanno difficolt a capire il senso profondo delle parole di Ges e fraintendono il riferimento al cibo, come la Samaritana aveva inizialmente frainteso quello allacqua. Ges attira la loro attenzione sulla necessit e lurgenza della missione, ma non riesce a suscitare reazioni in loro, come invece aveva suscitato nella Samaritana. 3.9. Lufficiale regio
Non ci sono studi particolari di riferimento. Un commento utile quello di Brown, Giovanni, pp. 249-260.

Il personaggio compare in unico episodio, un racconto di miracolo. Ha un parallelo nel racconto della guarigione del servo del centurione che si trova in Mt 8,5-13 3 in Lc 7,1-10, ma anche nel racconto della guarigione della figlia della Sirofenicia (Mc 7,24-30) o Cananea (Mt 15,21-28). In comune con entrambi i racconti sinottici c il fatto che il miracolo avviene a distanza e viene constatato successivamente. In comune col primo racconto ci sono vari elementi: il collegamento del richiedente con Cafarnao; la posizione elevata del personaggio. Il fatto che il malato in Gv sia il figlio, mentre in Mt e Lc il servo, potrebbe dipendere dal fatto che la fonte comune ai Vangeli per questo racconto avrebbe avuto il termine greco pis, che ambivalente e pu significare sia figlio, sia servo. In comune con il racconto della Sirofenicia/Cananea c soprattutto il fatto che Ges in un primo momento non si mostra disponibile ad assecondare la richiesta, anzi reagisce con parole sprezzanti. Nei sinottici in tutti e due i racconti il richiedente (centurione, sirofenicia/Cananea) un pagano e questo elemento serve a esaltare ulteriormente la grande fede da loro espressa, mentre nella versione di Gv nulla indica chiaramente che sia un pagano (la pensano cos Brown e Galizzi, mentre Vignolo e Maggioni ipotizzano che sia anche lui un pagano). Rispetto al racconto del centurione mancano completamente in Gv lumilt dellinterlocutore che non si sente degno che Ges vada a casa sua e confida espressamente nella capacit di Ges di guarire con la sola parola, e

43 manca di conseguenza anche lapprezzamento di Ges nei confronti della fede di un pagano ben superiore a quella che ha potuto riscontrare in Israele. In effetti in Gv lufficiale chiede invece a Ges, due volte, di andare a casa sua. Ma largomento sempre la fede e lufficiale di fatto creder sulla parola di Ges. 4,46b-53: Chiede a Ges di guarire suo figlio e lo ottiene; si converte. Lepisodio ha un antefatto che pu spiegare il comportamento dellufficiale e quello di Ges. In 4,45-46a si dice che Ges and in Galilea (in precedenza era passato nella Samaria e aveva incontrato la Samaritana). Qui viene ben accolto dalla gente che aveva visto le azioni da lui compiute a Gerusalemme durante la festa: presumibilmente si allude a quanto detto in 2,23-24: Ora, come era a Gerusalemme per la Pasqua, per la festa, molti credettero nel suo nome, osservando i segni (= i miracoli) che faceva. Ma Ges non si fidava di loro perch conosceva tutti. Tornato in Galilea, Ges va a Cana e il narratore ricorda che l aveva trasformato lacqua in vino: istituisce quindi un collegamento con le Nozze di Cana (v. 46). Anche alla fine del racconto ricorder il precedente miracolo specificando che questaltro era il secondo segno (v.54) Quando il narratore introduce lufficiale regio (probabilmente un funzionario del re Erode) e nota che costui va da Ges perch aveva sentito dire che Ges era venuto dalla Giudea in Galilea, il lettore portato ad associarlo a quei galilei che avevano accolto Ges avendolo incontrato a Gerusalemme (4,45) e anche a quelli che avevano concepito una qualche fede in Ges sulla base dei miracoli da lui fatti in Giudea. Certo la prima reazione di Ges verso la richiesta dellufficiale (v. 48: Se non vedete segni e prodigi, non credete) conforme alla diffidenza di Ges che era stata menzionata in 2,24 proprio in rapporto con la fede superficiale di chi aveva creduto solo per aver visto miracoli. Ci che caratterizza lufficiale langoscia per il pericolo di morte in cui si trova il figlio (v. 47: gli domandava di scendere e guarire suo figlio, perch stava per morire; v. 49: scendi prima che il mio bambino muoia); tale questa angoscia che egli insiste anche dopo losservazione offensiva di Ges; non ne tiene conto. Lo chiama anzi, proprio dopo quella risposta, Signore, un titolo pieno di rispetto, che potrebbe avere anche connotazioni divine. Continua ad aver fede che laltro lo esaudir. C qualcosa in comune con latteggiamento della madre di Ges a Cana, quando si era rivolta senza esitazione ai servi, fiduciosa che il figlio avrebbe fatto ci che chiedeva, nonostante la reazione di rifiuto di lui (2,4-5). E in comune c anche il risultato. Pi avanti Ges si commuover e pianger di fronte alla morte di Lazzaro (11,35). Qui egli, subito dopo le parole scendi prima che il mio bambino muoia (v. 49), di colpo ordina al padre: Va, tuo figlio vive. Tutto si gioca su questo contrasto tra morte e vita. Alla sorella di Lazzaro Marta Ges dir: Io sono la risurrezione e la vita (11,25); gi qui egli si fa autore di vita. Nel seguito del racconto si sottolinea la fede dellufficiale, una fede autentica adesso, perch fede nella parola di Ges, non fondata sullaver visto il miracolo. cos convinto che Ges lo abbia esaudito che si mette in cammino per ritornare a casa. Solo in seguito, mentre ancora per strada, riceve la notizia dai servi che il figlio vive. Lindagine sulla coincidenza dellora in cui Ges aveva pronunciato quella parola e leffetto della cessazione della febbre e del riacquisto della vita, porta a ribadire il valore determinante della parola di Ges. Non impossibile che lora settima abbia una sfumatura simbolica di ora piena, grazie al valore del sette. Lesito finale un accrescimento della fede: non solo il padre, ma tutta la sua casa crede. Anche dopo il miracolo dellacqua tramutata in vino i discepoli avevano creduto (2,11). questo un ulteriore marchio di autenticit dellevento, che si riverbera sul personaggio. Conclusione Questo ufficiale un personaggio minore, certo, ma con un carattere forte, che consiste nella sua costanza nel credere e chiedere; se in un primo tempo pu aver creduto soprattutto sulla base dei miracoli di cui aveva sentito parlare, arriva a credere senza aver visto. Si mette cos in contrasto con quegli altri che credevano solo dopo aver visto miracoli. In qualche modo finisce con lo

44 smentire il giudizio negativo di Ges, che assimilava lufficiale a quegli altri (Se non vedete..., non credete). Svolge una sua piccola opera di missionariet suscitando la fede di tutti i suoi famigliari. 3.10. Il paralitico di Gerusalemme
Non ci sono studi particolari di riferimento. Un commento utile quello di Brown, Giovanni, pp. 270-274.

Il personaggio e lepisodio non hanno riscontro nei Sinottici. Si pu solo dire che esiste qualche somiglianza (nel comando di Ges al paralitico e nella descrizione delleffetto) con lepisodio di guarigione del paralitico di Cafarnao nei Sinottici (Mc 2,1-12 e par.), che per si svolge per il resto in modo del tutto diverso. Qualche analogia si pu anche riscontrare con la guarigione della donna paralizzata in Lc 13,10-17: li accomunano sia il fatto che la guarigione avviene di sabato e questo scatena le accuse dei giudei, sia la lunga durata della malattia: 38 anni in Gv, 18 in Lc. Ma il personaggio del paralitico di Gv appare per pi versi anomalo sia rispetto ai paralleli sinottici sia rispetto ad altri beneficiari di miracoli in Gv stesso. Nella lettura del passo si tenga conto del fatto che il v. 4 (con il riferimento alle guarigioni prodotte subito dopo che langelo avesse smosso le acque) a parere degli editori e degli studiosi, non autentico: una glossa aggiunta. 1. 5,1-18: Viene guarito di sabato e sostiene una discussione con gli avversari di Ges. Lambientazione, del tutto nuova, la piscina di Betesda o Betzat, a Gerusalemme e il tempo quello di una festa non precisata, ma soprattutto il sabato, che risulta invece importante. Il paralitico si trova insieme a una moltitudine di malati: ciechi, zoppi, paralitici. La sua condizione risulta particolarmente grave, inguaribile, perch malato da ben 38 anni. Pi avanti (cap. 9) si parler di un cieco che lo era fin dalla nascita. Ges lo vede a terra, incapace di muoversi, si informa di lui e apprende che era cos ormai da molto tempo, si rivolge proprio a lui e gli pone una domanda apparentemente assurda: Vuoi diventare sano?. Potrebbe trovare un riscontro con la domanda che Ges pone al cieco di Gerico nei Sinottici: Che cosa vuoi che io faccia per te? (Mc 10,51 e par.). Si direbbe che Ges lo solleciti a prendere coscienza dellimportanza di voler davvero guarire; forse lo vede troppo rassegnato e passivo. Laltro infatti non risponde a tono, ma si lamenta piuttosto del fatto che non ha nessuno che lo immerga nella piscina al momento giusto e che viene sempre scavalcato da altri quando tenta di trascinarsi dentro (v. 7). Sembra ignorare del tutto che colui che gli parla in modo cos strano potrebbe fare qualcosa per lui. Si comporta diversamente dal cieco di Gerico che invece aveva prontamente risposto: Rabbun, che io recuperi la vista! (Mc 10,51). Commenta Brown (p. 271): Se la malattia del paralitico non fosse cos tragica, ci si potrebbe quasi divertire dellapproccio cos privo di immaginazione delluomo alle acque curative. Il suo maniaco brontolare contro i seccatori che hanno la pretesa di arrivare prima di lui allacqua tradisce una cronica incapacit di cogliere loccasione, un tratto che si riflette anche nella sua obliqua risposta allofferta di guarigione fattagli da Ges. Ges, nonostante latteggiamento del malato, non esita a guarirlo allistante, manifestando la sua potenza di vita e la sua volont di esercitarla a beneficio delluomo, di questuomo, comunque sofferente. Pi avanti dir agli avversari che lo criticano perch guarisce di sabato: Il Padre mio opera sempre e anchio opero (v. 17). Spiega cos che quella guarigione, come in generale le sue guarigioni, fanno parte della cura divina del creato, che non pu venire meno. Egli si trova cos a camminare, dopo 38 anni, ma non si registrano sue reazioni, n di gioia per il miracolo, n di riconoscenza verso chi lha compiuto. Quando i giudei lo vedono portare in

45 giro il suo lettuccio in giorno di sabato, azione che violava il riposo sabbatico, e glielo rimproverano, invece pronto a discolparsi attribuendo al suo guaritore quel comando e quindi denunciandolo e scatenando la ricerca del colpevole. Infatti gli altri vogliono subito sapere chi sia, ma egli ammette di non saperlo. Il fatto commenta ancora Brown (p. 271) che egli abbia lasciato il suo benefattore eclissarsi senza nemmeno chiedere il suo nome un altro segno di vera ottusit. Ges stesso che in seguito lo cerca ancora per sollecitare la sua coscienza intorpidita. Lo trova nel tempio e gli fa notare che, essendo guarito, ha ancora qualcosa da fare: non peccare pi perch non gli capiti qualcosa di peggio (v. 14). Nelle sue parole Ges non esprime lidea che la malattia sia connessa con il peccato e che, se pecca potrebbe incorrere in qualche altro male fisico pi grave: nellepisodio del cieco nato egli apertamente negher questa convinzione diffusa nel mondo ebraico (9, 3). Vuole invece fargli capire che il vero male quello del peccato e in questo male egli rischia di incorrere con conseguenze molto peggiori per la sua vera salvezza. Ma luomo, che forse andato nel tempio per compiere unofferta, si dimostra ancora una volta incapace di capire Ges, di manifestargli gratitudine e fede. Il testo non lo spiega, ma bisogna supporre che, anche se Ges non ha fatto il proprio nome, laltro lo abbia riconosciuto perch in grado di andare a riferire ai giudei che era stato lui a guarirlo. Lo ha riconosciuto dalle sue parole? Certo dimostra che, non solo non le apprezza e non ha intenzione di fare quanto gli viene suggerito, ma corre a denunciarlo: la prima cosa che fa di sua iniziativa! Osserva Brown (pp. 271-272): Infine, egli ripaga il suo benefattore denunciandolo ai giudei. Questo non tanto un segno di perfidia ...quanto di persistente immaturit. Brown pensa che un carattere come questo non possa essere stato inventato da Gv, ma derivi da qualche tradizione primitiva che lo dipingeva in modo realistico. Lepisodio si conclude con lo scatenamento della persecuzione dei giudei contro Ges, che guarisce di sabato: essi arrivano a concepire il piano di ucciderlo. Si pu dire che il paralitico, bench guarito, si sia fatto strumento attivo di questa persecuzione, si sia alleato con i giudei nemici di Ges. Brown fa anche notare la grande differenza tra il paralitico e il cieco nato del cap. 9, ma senza sviluppare questo motivo. In effetti merita fare un confronto con questo episodio successivo perch ci sono vari elementi comuni: le due guarigioni avvengono di sabato; Ges si allontana subito dopo la guarigione; il malato, una volta guarito, viene interrogato dagli avversari di Ges e risponde; incontra una seconda volta Ges che gli parla. Ma, a differenza del paralitico, il cieco sa subito che stato Ges a guarirlo, anche se non sa dove sia andato (9,11.12); quando i farisei lo interrogano una prima volta, egli riconosce che chi lo ha guarito un profeta (9,17); successivamente, davanti ai giudei che vorrebbero fargli ammettere che quel guaritore un peccatore perch ha agito di sabato, ribatte con argomenti abili ed efficaci (9,24-34); quando reincontra Ges, sollecitato da lui, proclama la sua fede in lui e si prostra (9,35-38). Anche questo confronto porta a notare i tratti negativi del nostro personaggio. 2. 7,21.23: Ges allude a tale guarigione fatta di sabato. Abbiamo due richiami alla guarigione del paralitico nelle parole che Ges rivolge agli avversari mentre si trova nel tempio durante la festa delle Capanne. Il primo riferimento oscuro: Unopera sola ho compiuto e tutti ne siete stupiti (v. 21); il secondo pi chiaro: voi vi sdegnate contro di me perch ho reso sano un uomo intero di sabato (v. 23). Ges sta polemizzando con i giudei che ammettono si faccia di sabato, per osservanza della Legge, la circoncisione, che riguarda una parte sola del corpo, e non accettano che egli di sabato abbia guarito un uomo: implicitamente giustifica la sua azione taumaturgica, e la guarigione del paralitico, come una forma di osservanza integrale della Legge. Come si vede, il paralitico non pi presente come personaggio. Conclusione

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Appare anticonvenzionale limmagine di questo paralitico che, pur appartenendo alla categoria dei sofferenti e bisognosi, non ritratto in modo positivo come ci si aspetterebbe. Risulta in contrasto con lufficiale regio, che lo precede immediatamente e di cui era sottolineata la fede (4,46-54), e con il cieco nato, che compare alcuni capitoli dopo nel Vangelo (ma come personaggio singolo immediatamente successivo) e con cui ha in comune vari tratti che abbiamo considerato (9,1-41). il primo personaggio negativo che incontriamo nel Vangelo, ma forse non totalmente privo di motivi teologici giovannei, come pensa Brown. Esistono nel Vangelo anche i personaggi negativi, come i giudei, come Pilato: fanno parte di quel mondo che non ha riconosciuto la luce vera del Logos fatto carne, dei suoi che non lo hanno accolto (1,10.11). 3.11. Il cieco nato
Lo studio di riferimento B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni, 7, pp. 103-113 (All. 5) Altro studio: J.L. Resseguie, Narratologia del Nuovo Testamento, pp. 141-147.

Nel Sinottici ricorrono varie guarigioni di ciechi: in Mc ce ne sono due: il cieco di Betsaida (8,22-28) e il cieco di Gerico (10,46-52). Questultimo episodio compare anche in Mt e Lc, e Mt ne ha anche un altro in 9,27-31. Ma lo svolgimento delle guarigioni non ha nulla in comune con lepisodio fi Giovanni. Questo episodio pu trovare qualche somiglianza con quello del paralitico della piscina di Betesda (5,1-18), come abbiamo visto. 1. 9,1-41: Viene guarito da Ges suscitando molte reazioni, nei vicini e nei farisei; discute con gli avversari e testimonia che Ges un profeta e viene da Dio; reincontra Ges e proclama di credere che sia il Messia. 2. 10,21: In una discussione su Ges c chi pensa che Ges non possa essere un indemoniato perch ha aperto occhi a ciechi. 3. 11,37: Alcuni, davanti alla tomba di Lazzaro, richiamano la guarigione del cieco. Conclusione Il personaggio tratteggiato a tutto tondo e risulta molto vivace. Confrontato col paralitico, evidenzia tutti i limiti di questultimo. Nellunico episodio in cui compare mostra una personalit reattiva, intelligenza e abilit anche dialettica. Vive una profonda evoluzione nei tre momenti principali della sua vicenda. Ottenuto il recupero della vista, di fronte alle perplessit dei conoscenti che non si capacitano del fatto che abbia potuto guarire e dubitano che sia proprio lui, testimonia con decisione: Sono io, e spiega esattamente come stato guarito. Lo ripete anche nella situazione pi rischiosa che si verifica quando lo interrogano i farisei insospettiti dal fatto che la guarigione avvenuta di sabato. Allorch nasce dissenso su Ges, accusato dagli uni di essere un peccatore per aver trasgredito la legge del sabato, ma ammirato da altri per aver compiuto il miracolo, e chiedono il suo parere, non esita a definirlo un profeta (v. 17). Risalta il suo coraggio anche rispetto ai suoi genitori, che si trincerano nel non sappiamoe non vogliono esporsi parlando del taumaturgo, per non incorrere nella pena dellespulsione dalla sinagoga prevista per chi riconoscesse in Ges il Cristo. Questi pavidi genitori scaricano tutto sul figlio, ma lui si mostra allaltezza della situazione. Sostiene un complesso e pericoloso dibattito con i giudei, mantenendo ferma la verit, riuscendo anche a rimproverare e mettere in ridicolo pi volte

47 gli avversari (v. 27: Ve lho gi detto e non mi avete ascoltato; perch volete uditrlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?; v. 30: Proprio questo strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi)), provocando le loro reazioni irritate, ma impotenti. Alla fine proprio lui impartisce alle autorit religiose una lezione esemplare sul rapporto tra Dio, i peccatori e coloro che fanno la sua volont, riuscendo a portare argomenti decisivi per dimostrare che Ges guarendo lui, un cieco nato, viene da Dio. In un terzo momento, quello dellincontro diretto con Ges, sollecitato a definire meglio la sua fede con la domanda se creda nel Figlio delluomo, arriva a una limpida proclamazione di fede (Credo, Signore), subito dopo aver chiesto chi sia questo Figlio delluomo e aver saputo che proprio la persona che sta vedendo. Nella conclusione si colgono analogie con la Samaritana (4,2526). lesempio della persona semplice e schietta che ragiona a partire dalla sua esperienza e dalla conoscenza dei principi fondamentali sulla giustizia di Dio trasmessi dalla Legge e che con questa sua sapienza elementare ma inconfutabile in grado di conoscere i dottori della Legge che agiscono solo sulla base del rispetto formale della Legge e non riescono a spogliarsi dei loro pregiudizi. 3.12. Giuda Iscariota
Lo studio di riferimento R. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo, 2.5, pp. 206-222. Altro studio: J.L. Resseguie, Narratologia del Nuovo Testamento, pp. 151-157. Ma sono molti i saggi specifici su Giuda. Cfr. W. Klassen, Giuda, tr. it., Bompiani, Milano 1999; si veda anche G. Zagrebelsky, Giuda. Il tradimento fedele, a cura di G. Caramore, Einaudi, Torino 2011 (che per ha il difetto di non distinguere abbastanza le diverse versioni evangeliche).

un personaggio di rilievo anche nei Sinottici, dove per riceve diverse connotazione nei diversi Vangeli, allinterno dei principali episodi in cui compare. menzionato costantemente alla fine delle liste dei Dodici apostoli, sempre con la definizione colui che trad Ges. Poco prima della Pasqua concorda con le autorit giudaiche di consegnare loro Ges e riceve in cambio la promessa di dargli trenta denari (ma in Mc e Lc il denaro viene dato dopo laccordo, in Mt richiesto da Giuda stesso); in Lc la decisione di andare dalle autorit giudaiche avviene dopo che satana era entrato in lui. Durante lultima cena Ges annuncia il tradimento di uno dei Dodici e indica che si tratta della persona che intinge la mano nel piatto con lui; inoltre pronuncia dure parole di condanna nei suoi confronti; in Mt Giuda a questo momento chiede sfrontatamente se sia lui. Tutti i discepoli sono turbati. Durante larresto nel Getsemani guida il drappello di soldati mandati dalle autorit giudaiche, si avvicina a Ges, ma solo in Mc e Mt bacia il Maestro, in Lc si menziona lintenzione di farlo; in Mt e Lc (non in Mc) riceve da Ges un ammonimento. Solo Mt descrive il suo pentimento successivo alla condanna di Ges; dice che si reca dalle autorit giudaiche per restituire i trenta denari e riceve una reazione sprezzante; poi si suicida impiccandosi. Lc ricorda pure il suo suicidio, ma nel cap. 1 degli Atti degli apostoli, e riferisce che si gett gi da una rupe sfracellandosi; parla anche della decisione degli Undici apostoli di sostituirlo per ricostituire il numero dodici. Lassociazione con il diavolo che c in Lc ricompare in Gv, in un momento diverso: in Lc prima della decisione di tradirlo, in Gv dopo lannuncio del tradimento nellultima cena. Molte sono le omissioni. Gv non parla affatto del patto dei trenta denari, non riporta le dure parole di condanna di Ges dopo lannuncio del tradimento, non menziona il bacio durante la scena dellarresto, n il suicidio. Ma Gv d maggior rilievo al personaggio, aggiungendo pi riferimenti a lui e anche pi particolari. Pi volte Ges allude a Giuda nei suoi discorsi gi prima dellannuncio vero e proprio del tradimento durante la cena e anche in discorsi successivi; lo ricorda ancora indirettamente nel dialogo con Pilato accennando alla colpa di chi lo ha consegnato come pi grave di quella di Pilato.

48 Risulta essere Giuda la persona che critica il gesto di Maria di sprecare un vasetto di unguento prezioso per render omaggio a Ges nel banchetto di Betania, mentre nei paralleli (dove abbiamo variazioni consistenti: si veda qui sotto, nel 3.13 su Maria e Marta) a criticare sono persone non precisate in Mc, i discepoli in Mt, Simone il fariseo in Lc; in questa occasione Gv dice che era il tesoriere del gruppo e anche ladro. Nella cena, dopo lannuncio del tradimento, che suscita la domanda di Pietro, con lintermediario del discepolo amato, su chi sia, Ges rivolge a Giuda un invito a far presto, che non trova riscontro nei Sinottici. Il personaggio soggetto a discussioni e a valutazioni divergenti da parte degli studiosi e commentatori, a causa dei tanti silenzi presenti nei racconti su di lui. Anche la versione di Gv viene giudicata in modi opposti. 1. 6,64: Ges sa chi lo tradir. 2. 6,70-71: Ges parla di Giuda come di un diavolo. 3. 12,4-6: Risulta il tesoriere del gruppo; critica lo spreco di olio profumato compiuto da Maria. 4. 13,2: Il diavolo gli ispira di tradire durante lultima cena. 5. 13,10-11: Ges allude al fatto che non puro come gli altri discepoli. 6. 13,18-19: Ges allude al suo tradimento. 7. 13,21-25: Ges annuncia che uno dei discepoli lo tradir; i discepoli si interrogano su chi sia. 8. 13,26-30: Ges gli d un boccone e lo esorta a far presto; il diavolo entra in Giuda; esce. 9. 14,22: Si distingue esplicitamente un altro Giuda da lui. 10. 17,12: Ges ne parla come del figlio della perdizione. 10. 18,2-5: Guida le guardie ad arrestare Ges. 11. 19,11: Ges allude alla colpa del traditore parlando con Pilato. Conclusione In tutti i Vangeli Giuda una figura enigmatica, ma lo soprattutto in Gv. Vediamo che Ges ossessionato dal pensiero di lui: lo turba il fatto che proprio uno dei Dodici, che lui stesso ha scelto, sia un diavolo, che tutti siano puri, tranne lui; lo angoscia la sua grave colpa. E levangelista stesso incupisce il personaggio presentandolo, nellepisodio del banchetto a Betania, come un mentitore, quando adduce falsamente la preoccupazione per i poveri, e un ladro che approfittava dellincarico di tenere la cassa del gruppo. Tuttavia Ges lo sollecita a fare presto quello che intende fare, quando annuncia il suo tradimento; durante larresto Giuda non bacia Ges e non svolge alcun ruolo nellidentificazione del Maestro perch Ges stesso che si identifica. E in quel momento Ges non parla a Giuda, ma rimprovera Pietro che vorrebbe impedire larresto, ostacolando il compimento del piano del Padre (18,11: non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?). Non ha fatto, invece, Giuda proprio quello che rientrava nel piano del Padre? Particolarmente ambiguo e aperto a pi interpretazioni il commento che levangelista fa, sempre durante larresto, alla richiesta di Ges, rivolta ai soldati, di lasciare andare i discepoli: Perch sadempisse la parola che egli aveva detto: Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato (18,9). Rinvia alle parole pronunciate in 6,39 (E questa la volont di colui che mi ha

49 mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato), riecheggiate nel discorso metaforico sul buon pastore e le sue pecore (10,28 s.: Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapir dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date pi grande di tutti e nessuno pu rapirle dalla mano del Padre), ma si scontra con la ripresa delle stesse parole nella grande preghiera al Padre che conclude i discorsi dellultima cena, dove viene esplicitata una riserva (17,12: Quandero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perch si adempisse la Scrittura). Vale sempre questa riserva? Le parole rivolte a Pilato durante il processo (19,11: chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa pi grande) lunico altro possibile riferimento a Giuda successivo non lo dicono chiaramente, perch a consegnare Ges a Pilato sono stati poi anche i giudei (18,30). Di fatto il narratore lascia la storia di Giuda in sospeso, non lo nomina pi dopo larresto. E diventa difficile valutare complessivamente il personaggio. Anche Simon Pietro ha tradito, ma Ges, una volta risorto, lo ha riscattato facendo appello al suo amore. Perch Giuda non ha avuto unoccasione per riscattarsi? Certo il personaggio di Giuda pone di fronte al dramma e al mistero del credente, delleletto, che tradisce la sua fede nel modo pi radicale e, si pu dire, mette in crisi la volont stessa del Figlio e del Padre di salvare tutti, la costringe ad espandersi oltre i limiti immaginabili. 3.13. Maria e Marta
Lo studio di riferimento quello di G.R. ODay, Giovanni, in La Bibbia delle donne, III, pp. 91-94 (All. 4).

Le due sorelle sono protagoniste di un episodio famoso di Luca (10,38-42), quello in cui Ges viene ospitato a casa loro, allinizio del viaggio dalla Galilea verso Gerusalemme. Marta che lo invita e poi si d da fare per preparare la mensa rimproverando la sorella perch non la aiuta. Ma Ges rimprovera Marta perch si affanna troppo, mentre elogia Maria che sta seduta ai suoi piedi e lo ascolta, dicendo di lei che si scelta la parte migliore. Gv le fa abitare a Betania (vicino a Gerusalemme) e introduce Lazzaro come loro fratello. Attribuisce a ciascuna delle due un ruolo importante in due momenti dellepisodio della risurrezione di Lazzaro: a Marta un ampio dialogo con Ges sulla risurrezione (cap. 11), a Maria lomaggio reso a lui con lunzione dei piedi (cap. 12). Il dialogo con Marta non ha precedenti, mentre la scena dellunzione compiuta da Maria ha riscontro nei Sinottici, ma in forme alquanto differenti: corrisponde a una scena simile di Mc (14,3-9) e Mt (26,6-13), dove per la protagonista unanonima donna di Betania, che unge, non i piedi, ma il capo, a Ges; in Lc abbiamo ununzione dei piedi compiuto da unanonima peccatrice in casa del fariseo Simone, durante la fase della missione in Galilea (Lc 7,36-50). In tutte le versioni lo spreco di unguento prezioso suscita la critica di alcune persone presenti: in Mc sono persone generiche, in Mt sono i discepoli, in Lc il fariseo stesso, in Gv Giuda; in tutte le versioni Ges zittisce coloro che criticano ed elogia il gesto della donna. 1. 11,1-6.17-33.39-40.45 [Maria: vv. 2.29.31-33.45; Marta: vv. 5.21-27.30.39-40]: Le due sorelle dialogano con Ges dopo la morte di Lazzaro. 2. 12,1-11 [Marta: v. 2; Maria: vv. 3.7]: Sono presenti al banchetto dopo la risurrezione di Lazzaro; Maria rende omaggio a Ges. Conclusione Rispetto allimmagine delle due sorelle data da Lc e che si imposta nella tradizione successiva, per cui Marta viene associata alle cure domestiche, Maria allascolto della Parola, e

50 quindi Marta riceve un apprezzamento inferiore rispetto a Maria, il quadro che ne fa Gv porta a rivalutare fortemente Marta, se non a porla su un piano superiore a quello della sorella: Marta che diventa interlocutrice attiva di un elevato messaggio teologico, quello sulla risurrezione, mentre Maria in un primo tempo sembra concentrata solo sul pianto. A sua volta Maria emerge nel grande gesto di omaggio a Ges durante il banchetto in onore della risurrezione di Lazzaro. Ciascuna delle due ha modo di progredire nellincontro con Ges. Entrambe partono da una fede profonda in Ges, che del resto legato da affetto ai tre fratelli (11,5): non appena Lazzaro si ammala, avvisano Ges, sicure che interverr. Quando Ges giunger a casa loro, entrambe gli dicono che, se fosse stato l, il fratello non sarebbe morto (11,21: Marta; 11,32: Maria). Ma la loro fede stata messa a dura prova dalla decisione di Ges di non partire subito; si recher solo dopo tre giorni, quando ormai agli occhi di tutti la sua condizione irrimediabile. Marta la prima ad andare incontro a Ges e a manifestare una salda fede, quando si dichiara sicura che qualunque cosa egli chieder a Dio, gliela conceder (11,22). Dapprima, per, non riesce a sperare che egli possa risuscitarlo subito, ma, dopo lautoproclamazione di Ges di essere la risurrezione e la vita e, sollecitata da lui a credere, fa una perfetta confessione di fede (11,27: io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo), dello stesso livello delle migliori confessioni di fede (ad es., di Giovanni Battista). Tanta fede ha un momento di cedimento davanti alla constatazione che il cadavere ormai puzza, ma Ges la richiama a quanto ha gi detto (11,40). Durante il banchetto semplicemente serve (12,2) e questo servire rappresenta un ulteriore progresso perch nel servire si conforma allinsegnamento che Ges dar nellultima cena con la lavanda dei piedi. Maria dapprima schiacciata dal dolore: se ne sta in casa (v. 20) o va al sepolcro per piangere (v. 31: lo presume la gente); anche quando incontra Ges, invitata a farlo dalla sorella, riesce solo a piangere (v. 3). Ma lei, nel banchetto, compie un gesto di straordinaria generosit e umilt, ungendo i piedi di Ges con olio di nardo molto prezioso (del valore di trecento denari) e asciugandoli con i capelli (12,3-4): ripete il gesto di Ges nella lavanda dei piedi esaltando laspetto dellamore e del dono senza risparmio. E riceve per questo lapprovazione di Ges, che rimbrotta anche Giuda per la sua critica pretestuosa. A Pietro Ges, dopo la risurrezione, chieder insistentemente, per tre volte, se lo ama; Maria lo dimostra senza parlare, con il suo solo comportamento. Lamore rivolto a Ges, ma il profumo riempie tutta la casa e tutti lo avvertono: il particolare si carica di significato simbolico. 3.14. Tommaso, detto Didimo
Lo studio di riferimento quello di R. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo, 2.1, pp. 53-99.

Tommaso compare negli altri Vangeli e negli Atti esclusivamente nelle liste dei Dodici. Solo Gv riporta lepiteto di Ddymos, che significa Gemello, ma insiste a ricordarlo (lo menziona tre volte su quattro). Come personaggio, compare solo in Gv. 1. 11,16: Dichiara di voler morire con Ges. 2. 14,5-7: Dichiara di non conoscere la via per arrivare al luogo dove Ges ha detto che andr. 3. 20,24-29: incredulo alla notizia della risurrezione, ma giunge alla fede davanti al Risorto. 4. 21,2: tra i discepoli che incontrano il Risorto sulla riva del mare di Tiberiade. Conclusione

51 Questo un tipico personaggio che evolve positivamente. Se allinizio ha tratti presuntuosi, impulsivi e superficiali che lo avvicinano a Pietro, il dramma che vive di fronte a Ges risorto lo fa maturare di colpo e lo trasforma in un credente perfetto, che ormai non ha pi bisogno di vedere per credere. Giustamente fa parte del gruppo ristretto che ha il privilegio di partecipare alla pesca miracolosa e di reincontrare il Risorto. Vignolo nota il parallelismo e la complementariet tra Tommaso e la figura di Natanaele: luno sta allinizio e laltro alla fine del Vangelo, entrambi hanno una manifestazione di incredulit davanti a ci che altri discepoli dicono di Ges, ma la superano quando incontrano Ges stesso e si rendono conto che egli sa di loro molto di pi di quello che potevano supporre, entrambi fanno una piena proclamazione dellidentit di lui. C per una differenza: a Natanaele Ges promette di vedere cose pi grandi, mentre a Tommaso proclama la beatitudine di coloro che crederanno senza aver visto. Sempre Vignolo sottolinea il fatto che Tommaso apre la strada a coloro che nel futuro non vedranno (e non potrebbero vedere), ma crederanno alla parola testimoniata da lui e da tutti i testimoni del Vangelo. Rispetto a questi ultimi egli risulta per in qualche modo inferiore. 3.15. Caifa, sommo sacerdote
Non ci sono studi di riferimento. Commenti utili sono quello di Brown, Giovanni, pp. 569-578 e quello di Maggioni, Il Vangelo di Giovanni , pp. 1538-1539.

Caifa non menzionato da Mc. Lc accenna a lui, e ad Anna come sommi sacerdoti al tempo della predicazione di GB (3,2). Solo Mt ne parla come del sommo sacerdote nel cui palazzo si tiene una riunione del sinedrio per decidere come procedere per arrestare Ges (26,3) e poi a proposito del trasferimento di Ges, dopo larresto, presso di lui (26,57), per linterrogatorio ufficiale. Anche Gv parla di questultima circostanza (18,24), ma a quanto pare linterrogatorio principale non condotto da Caifa, bens da Anna, che in seguito manda Ges da Caifa, senza per che si descriva un interrogatorio di Caifa. La questione complessa dal punto di vista sia storico sia letterario (cfr. Brown, pp. 1005-1008; 1019-1028). Invece la riunione in cui interviene Caifa (11,45-53) non ha un preciso riscontro nei Sinottici. Solo Gv d un certo spessore al personaggio. Ma in genere i commentatori non si soffermano a spiegare il testo che lo riguarda cos com. 1. 11,45-53: Proclama che bene che muoia un solo uomo per salvare il popolo e senza rendersene conto profetizza il valore salvifico della morte di Ges. La figura di Caifa viene introdotta allinterno di una riunione del sinedrio dove si discute su che fare dopo il miracolo della risurrezione di Lazzaro, che aveva indotto una parte dei giudei a credere in Ges (11,45). Lopinione generale che non si possa permettere che tutti arrivino a credere in lui perch si creerebbero disordini, interverrebbero i Romani e questo sarebbe catastrofico per lintera nazione e anche per il tempio. Interviene Caifa, il sommo sacerdote, che prospetta una soluzione draconiana: meglio uccidere Ges perch con la morte di una sola persona si potrebbe salvare lintero popolo (v. 50). Egli si sente sicuro di s e pi lucido degli altri, ai quali dice senza giri di parole: Voi non sapete nulla. Brown nota la rozzezza del suo discorso ai confratelli (p. 572). Appare infatti cinico e sbrigativo, anche se la sua idea ha una sua logica politica e subito fa presa sugli altri. Certo come autorit religiosa ( il sommo sacerdote) tradisce il suo ruolo, perch non rispetta la giustizia e la Legge. Nicodemo se ne era reso conto quando aveva detto proprio ai sommi sacerdoti e ai farisei accaniti nel voler arrestare Ges: La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ci che fa? (7,51).

52 Proprio mentre crede di sapere, Caifa a sua insaputa si fa strumento di comunicazione di una vera profezia, della volont di Dio. un esempio dellironia giovannea. Levangelista commenta ed esplicita il concetto svelando che davvero Ges doveva morire per salvare la nazione, e non solo quella giudaica, ma tutti i figli di Dio che appartengono a tutte le altre nazioni (vv. 51-52). Ges stesso dir: Quando sar elevato da terra, attirer tutti gli uomini a me (12,32). Ma gi nel discorso sul buon pastore Ges aveva detto di dover condurre a far parte dellunico gregge anche le altre pecore che non sono di questo ovile (10,16). Dunque un detto chiave posto sulla bocca di un nemico di Ges: questo laspetto innovativo (cfr. Brown, p. 577). Caifa, che come sommo sacerdote poteva avere il dono della profezia, ecco che diventa inconsapevolmente profeta sul serio. Ma lo diventa contro il s stesso cosciente, lo diventa perch Dio sa servirsi anche di lui. Commenta Maggioni (p. 1538): lironia di Dio che guida la storia a dispetto degli uomini, smentendo le loro sicurezze, confondendoli, servendosi per i propri fini di ci che gli uomini hanno progettato per i loro. Caifa un esempio di questi uomini: Caifa pronuncia una condanna su Cristo e non si accorge di fare una profezia sulla dimensione salvifica della sua morte; egli crede di eliminare il Cristo e invece gli offre loccasione di portare a compimento la sua missione di salvezza e di unit. Luomo si crede protagonista, e invece il protagonista Dio. 2. 18,13-14: genero di Anna (gi sommo sacerdote); si richiamano le sue parole precedenti. Questo breve richiamo mette in evidenza che quelle parole inconsapevoli di Caifa meglio che un solo uomo muoia per il popolo sono ormai legati alla sua persona, ci che lo identifica e vale la pena di ricordare di lui. Sorprendentemente non sar lui a condurre linterrogatorio di Ges, ma il suocero Anna: egli non ha quindi una responsabilit diretta nel trattamento offensivo riservato a Ges nel sinedrio, dove viene schiaffeggiato e rimproverato (18,22). 3. 18,24.28: Anna, dopo aver interrogato Ges, lo invia da lui; dalla sua casa Ges viene trasferito nel pretorio. Singolare anche il fatto che nulla si dica su quello che avvenuto a casa di Caifa. La sua figura viene in qualche modo cancellata dai momenti determinanti della condanna, come a volerlo fissare in quelle sue parole involontariamente profetiche. Conclusione Questo sicuramente un personaggio minore e non si pu parlare di una sua evoluzione. levangelista che gli d rilievo come portatore, seppure involontario, di un annuncio veritiero fondamentale. Forse sarebbe una forzatura pensare che la riduzione dello spazio attivo di Caifa negli eventi della passione corrisponda allintenzione di sottolineare come suo tratto caratteristico proprio quelle parole. 3.16. Il discepolo amato
Lo studio di riferimento quello di R. Vignolo, Personaggi del Quarto Vangelo , 2.4, pp. 177-205, che lo analizza insieme a Giovanni Battista.

Dal punto di vista storico sono molti i problemi che riguardano lidentit di questo personaggio, e la possibilit di identificarlo con qualcuno dei discepoli menzionati negli altri Vangeli (in particolare con Giovanni figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo). Dal punto di vista letterario, potremmo osservare che lapostolo Giovanni nei Sinottici non ha quasi mai un ruolo di personaggio autonomo: tra i primi chiamati da Ges a seguirlo (subito dopo Pietro e Andrea) e fa sempre parte del gruppo ristretto di discepoli che Ges sceglie per accompagnarlo in momenti delicati: per assistere alla risurrezione della figlia di Giairo, alla

53 trasfigurazione, al discorso escatologico, alla preghiera nel Getsemani. Solo in un episodio riportato da Mc (10,35-40) e ripreso da Mt (20,20-23) Giovanni insieme al fratello Giacomo agisce in proprio, ma non con un ruolo positivo: i due prendono liniziativa di fare una richiesta a Ges, quella di sedere uno alla destra e uno alla sinistra di lui nella sua gloria, ma vengono piuttosto duramente rimbrottati. Negli Atti, fa coppia fissa con Pietro durante la predicazione e la missione, ma senza una voce propria. Solo questo elemento potrebbe trovare riscontro nella tendenza di Gv ad associare il discepolo amato a Simon Pietro. Per il resto, la costruzione del personaggio tutta sua. Si pu notare che la storicit di questa figura presupposta ed considerata rilevante per il fatto stesso che a lui attribuita la testimonianza che convalida lintero Vangelo (21,24). Ma constatiamo anche la volont chiara del narratore di denominare il personaggio solo in base al suo rapporto di intimit con Ges (il discepolo che Ges amava) e di farlo conoscere solo in base ai suoi comportamenti e in particolare al rapporto stretto con Simon Pietro. Quando poi lo definisce laltro discepolo, ancora pi evidente lintenzione di metterlo in ombra piuttosto che in primo piano. Le menzioni esplicite di lui incominciano col racconto dellultima cena e sono numerose (otto), ma, se includiamo lenigmatico riferimento del cap. 1, vediamo che non presente solo nella seconda parte, anche nella prima e fin dallinizio della missione di Ges. Compare in una serie di episodi che trovano riscontro negli altri Vangeli: nellultima cena, nel palazzo del sommo sacerdote dove si svolge linterrogatorio di Ges, al momento della morte di Ges, nella visita alla tomba vuota (in questo caso lepisodio trova riscontro solo in Lc), nella pesca miracolosa (anche in questo caso solo in Lc e in altro contesto). Ma in tutti questi casi linserimento del discepolo amato rappresenta comunque uninnovazione. Alcuni episodi sono presenti solo in Gv: quello dei due discepoli di GB che si mettono al seguito di Ges, quello della domanda di Simon Pietro al Risorto sul futuro di lui. In due casi (19,35; 21,24) egli non pi soltanto un personaggio della storia narrata, ma il testimone veritiero che garantisce lautenticit dei fatti narrati e che ha reso possibile la trasmissione per iscritto della narrazione. 1. [1,35.40: forse quello dei due discepoli di Giovanni Battista di cui non viene dato il nome] 2. 13,23-26: Si trova a fianco di Ges durante lultima cena e apprende da lui chi sia il traditore. 3. 18,15-16: Entra nel cortile del sommo sacerdote e fa entrare anche Pietro essendo un conoscente del sommo sacerdote. 4. 19,25-27: Sotto la croce viene affidato da Ges a sua madre e riceve in affidamento lei. 5. [19,35: Allusione a lui come testimone oculare del colpo di lancia nel costato di Ges morto.] 6. 20,2-10: Con Pietro riceve la notizia che la tomba vuota e corre l; arriva per primo, ma entra dopo Pietro; vede e crede. 7. 21,7: Quando i discepoli vedono il Risorto sulla riva del mare di Tiberiade, lui per primo lo riconosce. 8. 21,20-23: Segue Pietro e il Risorto e, a una domanda di Pietro, Ges parla del suo futuro. 9. 21,24: il discepolo che ha reso una testimonianza veritiera su Ges per iscritto. Conclusione Descrivere il discepolo perfetto non facile e il narratore, pi che esibirlo, lo nasconde, tranne che in alcuni momenti strategici. Del resto sono caratteri peculiari del personaggio stesso la

54 discrezione e lumilt: lui il primo a voler ritrarsi, a lasciare che altri si mettano in mostra (come nellepisodio della corsa alla tomba, nei confronti di Pietro; ma anche alla fine, dove segue gli altri due, ma forse soprattutto Ges). Non ha bisogno, come Pietro, che Ges insistentemente gli comandi seguirlo; egli segue spontaneamente. Non ha torto Vignolo nel proporre un parallelismo e una specularit tra il discepolo amato e GB: entrambi sono testimoni affidabili in pienezza, entrambi sono disponibili a mettersi da parte al momento giusto, a lasciare tutto lo spazio a Ges. Pronuncia pochissime parole (Chi ?, detto a proposito del traditore, per richiesta di Pietro; il Signore, detto quando vede Ges sulla riva), non ha bisogno di parlare; si realizza soprattutto nel suo essere e fare. Solo gli importa di stare vicino a Ges in tutti i momenti cruciali: emblematica lespressione che usa Ges alla fine quando tronca la curiosit di Pietro e parla della propria volont che quel discepolo rimanga finch io vengo: questo rimanere (mnein) finale riecheggia quello usato allinizio per i due discepoli di Giovanni Battista (tra i quali con sempre maggiore evidenza deve esserci il discepolo amato) quando decidono di seguire (akolouthin) Ges e vanno a vedere dove Ges stesso rimane, per entrare in comunione con lui. Questa precisa corrispondenza tra inizio e fine nelluso di due termini cos significativi in Gv come seguire e rimanere mostrano che nel discepolo amato non c vera evoluzione, se non nel passaggio da Giovanni Battista a Ges. Egli possiede costantemente il privilegio unico di essere amato da Ges in modo particolare, di essere in intimit profonda ed esclusiva con lui; perci possiede anche la capacit di poterlo sempre riconoscere prima degli altri (come sulle rive del mare del Tiberiade), di vedere ci che neppure Pietro riesce a vedere e di credere grazie allo sguardo che penetra nel fondo delle cose (come nella tomba). lunico che riceve il mandato di diventare figlio della madre di Ges, fratello di Ges in un significato tutto speciale e profondo, che vale anche per il futuro: fonda una nuova fraternit per i cristiani che verranno. anche, lui solo, il garante fondamentale dellautenticit dellintero Vangelo, che dipende dalla sua testimonianza. Il suo rimanere si realizza anche e soprattutto nel Vangelo scritto, che sar letto nella comunit cristiana. 3.17. Pilato:
Lo studio di riferimento quello di C. Mazzucco, Ges davanti a Pilato, in Parole di vita 49/5 (2004), pp. 25-30 (All. 11). Altro studio: B. Maggioni, La brocca dimenticata. I dialoghi di Ges nel Vangelo di Giovanni, 9, pp. 127-138.

In ogni Vangelo Pilato ha uno spazio significatico nel processo e nella condanna, con differenze in ogni Vangelo. Ma in genere linterrogatorio di Ges molto stringato perch Ges risponde pochissime parole, tanto che in Mc e Mt Pilato si meraviglia del suo silenzio di fronte alle accuse delle autorit religiose giudaiche (Mc 14,5 e par.). Pi sviluppato il dialogo con la folla quando pone lalternativa tra Ges e Barabba, e gli evangelisti commentano i suoi atteggiamenti (cfr. Mc 15,10: Sapeva infatti che lo avevano consegnato per invidia i sommi sacerdoti); Lc aggiunge un invio di Ges da parte di Pilato a Erode (Lc 23,6-11). Ricompare in tutti e tre i Vangeli al momento della sepoltura quando Giuseppe di Arimatea gli chiede il corpo di Ges Gv gli attribuisce un ruolo molto maggiore perch costruisce un ampio dialogo tra Pilato e Ges intercalato da dialoghi tra Pilato e i giudei; non solo, ma lo fa intervenire anche nella crocifissione a proposito della scritta che fa porre sulla croce; inoltre riferisce anche lui la richiesta a lui del corpo di Ges. Il giudizio su Pilato risulta difficile per le tante ambiguit e contraddizioni che manifesta. 1. 18,29-19,16: Dialoga durante il processo con la folla dei giudei e con Ges fino alla condanna.

55 2. 19,19-22: Discute con i giudei sulliscrizione fatta collocare sulla croce. 3. 19,31: I giudei gli chiedono che vengano spezzate le gambe ai crocifissi. 4. 19,38: Concede a Giuseppe di Arimatea il corpo di Ges per la sepoltura. Conclusione In Gv Pilato un personaggio ben pi sviluppato che nei Sinottici. Ha modo di manifestare la sua volont e le sue impressioni durante linterrogatorio, che si trasforma in dialogo anche su temi spirituali rilevanti. colpito da Ges e Ges gli comunica verit importanti, ma egli si dimostra scettico di fronte al tema della verit e tronca il discorso (18,38). Prova solo paura quando sente dire che Ges si presenta come Figlio di Dio (19,8), gli chiede di dirgli da dove venga perch non capisce il senso di tale espressione ma, al silenzio dellaltro, subito ricorre alla minaccia. Ges gli dice che il potere di cui dispone gli viene dallalto e per questo la sua colpa minore rispetto a quella di chi lo ha consegnato a lui (19,11), ma questo non gli impedisce di lasciare che a decidere davvero siano gli avversari di Ges, delega il suo potere a loro. La sua ostilit rivolta soprattutto ai giudei, che pretendono da lui la condanna, e ai quali non vorrebbe dare soddisfazione. Appare invece convinto dellinnocenza di Ges e desidererebbe anche liberarlo, ma impotente di fronte ai giudei e rimane fondamentalmente un politico che antepone il lealismo allimperatore a qualunque problema di coscienza. Viene meno anche al suo ruolo di garante della giustizia cedendo completamente alle richieste e ai ricatti dei giudei; si pu considerare una vendetta rabbiosa quella di porre sulla croce, e di non voler togliere, la scritta Ges il Nazoreo, il re dei giudei, che i giudei detestano. In questo suo gesto per trapela lironia giovannea, perch la scritta, senza che Pilato ne sia consapevole, comunica una verit su Ges, che davvero re dei giudei, in un senso pi profondo di quello che intendono Pilato e i giudei. difficile alla fine dare un giudizio definitivo sul personaggio, ma non si pu certo dire che sia un personaggio positivo; un personaggio negativo, anche se con qualche soprassalto interiore. Lo si pu tacciare di vilt. Ha avuto, secondo Gv, la possibile di conoscere Ges e anche di credergli, ma non ha fatto nessun passo in questo senso, rimanendo allesterno del suo mondo. 3.18. Maria di Magdala
Gli studi di riferimento sono quelli di L. Sebastiani, Maria di Magdala testimone della risurrezione, in Donne dei Vangeli, pp. 201-222 (All. 10); G.R. ODay, Giovanni, in La Bibbia delle donne, III, pp. 95-98 (All. 4). Altro studio: J.L. Resseguie, Narratologia del Nuovo Testamento, pp. 135-141. I saggi sulla Maddalena sono numeri. Cfr. Lapostola. Maria Maddalena inascoltata verit, a cura di C. Ricci e M. Marin, Palomar, Bari 2006, in part. Ricci, pp. 29-47, sulla Maddalena in Giovanni.

un personaggio che compare in tutti i Vangeli, ma senza grande sviluppo. sempre menzionata al primo posto negli elenchi di donne che avevano seguito Ges dalla Galilea. In Mc e Mt con il gruppo di donne che assistono da lontano alla crocifissione (Mc 15,40-41 e par.), osservano dove Ges viene sepolto (Mc 15,47 e par.), si recano alla tomba per ungere il corpo e ricevono lannuncio della risurrezione da un angelo (Mc 16,1 e par.). Mt racconta inoltre che queste donne per prime videro Ges risorto e ricevettero da lui il mandato di riferire ai discepoli (28,9). Lc parla delle donne nelle stesse circostanze (sotto la croce, alla sepoltura, alla tomba) ma senza fare nomi. Menziona invece specificamente Maria di Magdala, Giovanna e Maria di Giacomo quando le donne vanno a riferire la notizia agli apostoli (24,10) e annota che quelli per non credevano a loro. Lc soltanto parla di lei e delle compagne (Giovanna, Susanna e altre) gi nel racconto della missione di Ges in Galilea (8,2-3), e fornisce alcune informazioni in pi: dice che queste donne erano state curate (da Ges) da spiriti malvagi e da malattie e in particolare di Maria Maddalena

56 dice che da lei erano usciti sette demni, alludendo probabilmente a una infermit particolarmente grave; aggiunge che tutte queste donne servivano Ges con i propri beni. Non si pu certo dire che Maria di Magdala come persona distinta sia un personaggio attivo al di fuori di Gv. Pu essere interessante osservare che alcune indicazioni presenti in Gv (lapparizione a lei del Risorto, lannuncio portato agli undici) verranno riprese in forma sintetica e combinate insieme a notizie lucane dallanonimo redattore che aggiunse al Vangelo di Marco primitivo la finale di 16,9-20: apparve prima a Maria Maddalena, dalla quale aveva scacciato sette demni. Quella, partita, and ad annunziarlo a coloro che erano stati con lui, che erano afflitti e piangenti. E quelli, avendo udito che viveva ed era stato visto da lei, non credettero (vv. 9-11). 1. 19,25: Sta sotto la croce con la madre di Ges, sua sorella e Maria di Cleofa. 2. 20,1-2: Va per prima alla tomba, la trova vuota e va a riferirlo a Simon Pietro e al discepolo amato. 3. 20,11-18: Fuori dalla tomba piange, incontra Ges risorto e dialoga con lui senza riconoscerlo finch lui si manifesta chiamandola per nome; Ges le affida il compito di andare dai discepoli a portare lannuncio e va. Conclusione Con Maria di Magdala abbiamo a che fare con una discepola fedelissima e appassionata. Non si arrende di fronte alla sua scomparsa e vorrebbe ritrovare il suo corpo, che ritiene portato via da qualcuno. Anche dopo aver avvisato Simon Pietro e il discepolo amato, torna alla tomba per piangere e disperarsi; alla domanda degli angeli nella tomba sul motivo del pianto, riesce solo a ripetere che hanno portato via il suo Signore e non sa dove labbiano portato. Perfino di fronte a Ges, che lei non riconosce ma ritiene sia il giardiniere, risponde alle sue domande che riecheggiano quella degli angeli, cercando ancora una volta di sapere dove sia stato portato via il corpo. Il suo attaccamento a tutta prova: diposta ad andare lei stessa a prenderselo. Ma il suo affetto innegabile ha tratti di possessivit e rimane legato alla natura umana di lui che ha conosciuto; sembra ignara della sua origine divina e della prospettiva della risurrezione. Il suo non riconoscerlo se non attraverso la voce ancora un residuo del passato da cui non vuole staccarsi: nel non riconoscere emerge la differenza rispetto al discepolo amato sulle rive del lago. Anche il fatto che vorrebbe trattenerlo fa trapelare la sua incapacit di staccarsi dalla dimensione visibile e percepibile. Solo dopo che Ges lha distolta dal suo atteggiamento e lha mandata dai discepoli ad annunciare che egli sale al Padre, a Dio, si riscuote, capisce che lattenzione deve essere rivolta al Padre e a Dio con la consapevolezza che non propriet di nessuno, ma di tutti i discepoli. Anche nellannuncio riportato Ges risorto non pi il mio Signore (v. 13), ma il Signore (v. 18). Si trasforma quindi alla fine in testimone e apostola. Anche Maria di Magdala una figura di credente che ha bisogno di credere in maniera pi perfetta, di rendersi conto che non basta lamore, ma che occorre fare la volont di Ges e trasmettere le sue parole agli altri.

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