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Seminario interdottorale La metafora come fenomeno cognitivo nella modernit Gennaio-aprile 2002 gioved 17 gennaio Pierluigi Basso Dipartimento

di Discipline della Comunicazione, Universit di Bologna Metafora e scuole linguistiche dalla prima met del secolo a oggi *Bozza non integrale e solo parzialmente corretta (gennaio 2002)
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0. Premessa

Lintersezione tra linguistica/semiotica e retorica, pur sempre riconosciuta, gode oggi di ben maggiori favori, rispetto alla prima met del Novecento, dove le due giovani discipline accoppiate si ponevano il problema, a quel tempo preminente, della loro autonomizzazione. Questo quadro spiega in larga parte come i saggi linguistici e semiotici sulla metafora si siano via via addensati, fino agli anni Settanta, in cui essa divenuta persino uno dei temi prediletti della ricerca. Ma rispetto a questa evoluzione diacronica intradisciplinare, va immediatamente rilevato il ruolo della metafora come nodo teorico in grado di fungere sia da punto di intravisione tra approcci linguistici e semiotici via via divergenti, sia da connettore transdisciplinare: in questo senso, non vi tema che forse pi della metafora abbia condotto a un proficuo incrocio di bibliografie, pur restando presenti alcune miopie biasimabili [cfr. Eco 1984, 141]. La sensazione che il numero di titoli dedicati alla metafora sia sterminato, non solo non ha debellato la febbre della ricerca su questo tropo, ma non trova pienamente riscontro, in linguistica e semiotica, nella realt dei fatti: se lo strutturalismo stato accusato di invasioni di campo verso le altre scienze umane, per contro il dominio della metaforologia stata nettamente pi appannaggio degli studi filosofi, psicologici, estetici. In questo non sarebbe forse sbagliato sottolineare un certo imbarazzo della linguistica e della semiotica strutturali rispetto alla significazione tropica, come se questa mettesse costitutivamente in crisi il modello, non tanto per incapacit di questo di riservarle un posto, quanto per un deficit euristico. Gli approcci interpretativi e funzionalisti, cos come ovviamente quello cognitivo, interni alla linguistica, hanno per contro dimostrato maggiore attitudine e interesse per la metafora. Ma il quadro ben lungi dallessere tracciato: per esempio, la metafora stato argomento ricoperto dagli studi di poetica e di stilistica, come emblematicamente emerge nei lavori del Gruppo . Non solo: a un certo assestamento nella ricerca filosofica e psicologico-cognitiva della metafora, si registra oggigiorno una nuova vivacit della semiotica rispetto alla significazione tropica. Compito del presente studio quello di riconsiderare alcuni apporti linguistici e semiotici del passato e del presente come contributi pertinenti alla ricerca attuale sulla metafora.

1. Brevi cenni su storia della linguistica e (nuova) retorica La linguistica contemporanea si data come primo compito quello di fondare la propria autonomia disciplinare; in questo senso, la retorica veniva vista come una tradizione rispetto alla quale dovevano essere prese delle debite distanze, opponendo tra laltro la vecchia piega precettistica alla nuova vocazione scientifica. Se lorganizzazione sintagmatica rinviava alla dispositio, la tematica discorsiva ai topos e allinventio, lelaborazione figurativa ai tropi e allelocutio [cfr. Greimas & Courts 1979, trad. it. 285] e in seguito la dimensione passionale riprendeva il versante dellactio, se insomma la tradizione retorica trovava pi di un riflesso nel campo di indagine ritagliato dalla linguistica e dalla semiotica contemporanea, si preferito largamente glissare su queste dirette connessioni, anche perch tali discipline nascevano allincrocio di una tradizione logico-grammaticale e di una retorico-ermeneutica, dove solo la prima apportava un credito scientifico.

I termini in corsivo si riferiscono a nozioni tecniche, quelli tra virgolette a sergente () devono ritenersi propri allautore citato, quelli tra virgolette inglesi () sono utilizzati in senso traslato o come citazione di secondo grado, mentre tutti gli altri termini specialistici senza indicazioni sono spesso usati per tradurre una terminologia teorica in unaltra, al fine di evidenziare la commensurabilit reciproca. 1

La stilistica , che invece non ha affatto tagliato i ponti con la tradizione retorica, ha mancato di pervenire per contro a unautonomia disciplinare, cercando di proporsi talvolta come costola della linguistica (si veda in questo senso Bally [1909]). Il Corso di linguistica generale di Saussure, quasi del tutto privo di riferimenti alla questione dei tropi e delle inflessioni retoriche, stato utilizzato per fondare nel terreno della parole la nozione di scarto: lo stile emergerebbe come scarto sistematico, deviazione dalle prescrizioni del sistema (antigrammaticalit) o delle norme, intese come cristallizzazioni della parole [cfr. Coseriu 1952; Greimas 1976]. Quando lo stile diviene opzione per unoriginalit semantica [Greimas & Courts 1979, trad. it. 243], ecco che le figure retoriche divengono uno dei mezzi di manifestazione. Sappiamo come la ricorsivit di certe soluzioni linguistiche socializzate possa portare a una grammaticalizzazione di nuove forme (le norme locali divengono sistematiche) [Meillet 1912] e a una trasformazione del lessico. Bral, in questo senso, ha notato la speciale influenza della metafora sulla 3 estensione e rinnovamento di un lessico comune . Meillet riteneva che le forme linguistiche entrassero in variazione per via di due procedimenti, lanalogia e la grammaticalizzazione; linnovazione analogica 4 era gi fortemente studiata dai neogrammatici (quali K. Brugmann e Hermann Paul), mentre lassunzione di ruolo grammaticale di un termine era il perno della ricerca di Meillet, un filone di studi questultimo che oggi ha trovato nuova linfa. Per Meillet [1912, 135] era per esempio gi chiarissimo che lintensit semantica di una parola era funzione della rottura di clich espressivi. Alla metafora, fondata su uninnovazione analogica, si contrappone la grammaticalizzazione di un gruppo di parole associate che designano unitariamente un oggetto (es. piede del tavolo). Ma la contrapposizione nasconde anche dei parallelismi tra metafora e composti, indagati prima da Brugmann e poi da Karl Bhler, i quali si interessano a composti nientaffatto cristallizzati, dove il significato teso dalla sintagmatizzazione di pi termini viene mobilitato [cfr. Brugmann 1900] determinando un valore simbolico aggiunto [Bhler 1934, trad. it. 378]. Il composto e il gruppo di parole rientrano nella composizione attributiva della langue, anche se la parole consente di dotarli di connessioni predicative [Bhler 1934, trad. it. 390]. Se Hermann Paul sosteneva che con lausilio di metafore si possono trasformare delle 5 proposizioni in composti [1880] (es. vademecum), Bhler, fortemente critico rispetto allidea di ridurre i composti a microproposizioni, voleva piuttosto mettere in evidenza come il primo elemento di un composto nominale in tedesco il determinante e il secondo il determinato [ivi, 385], come dimostra un esempio quale linversione di Kuhhorn (corno di mucca) in Hornkuh (mucca cornuta, che in senso traslato significa imbecille), o ancora Vaterhaus (casa paterna) e Hausvater (capofamiglia). I composti offrono loccasione per mettere in luce, senza un passaggio per la tradizione retorica, dei regimi di irradiazione semantica, bidirezionali ma gerarchizzati, i quali saranno alla base di una teoria linguistica moderna della metafora, come quella interattiva che vede il primo propositore in Ivor Richards [1936]. Ci che fa la peculiarit di quello specifico ordine di composti che sono le metafore la intersezione di sfere concettuali diverse, cosa che comporta spesso una ricostruzione del significato tentativa o comunque complessa (propria di una razionalit semiotica), al punto che Bhler sostiene che le metafore possono divenire delle forme di rebus. Composti catacretici e metafora sono casi linguistici associati gi nelle pertinenti caratterizzazioni di Hermann Paul [1880]: a) necessit espressiva rispetto a un deficit locale del patrimonio lessicale (come aveva notato anche Bral); b) caratterizzazione icastica, c) matrice analogica. Ecco che una gamba del tavolo nasce per coprire un vuoto terminologico e si serve di una analogia per costruire un sintagma efficace alla caratterizzazione di qualcosa. Si concepir in questo senso la catacresi non come una metafora avvizzita, ma come un sintagma innovativo che andando a coprire un deficit lessicale non potr che facilmente cristallizzarsi ( la posizione, come vedremo, di Max Black). solo quando la metafora non - per cos dire - necessaria che assistiamo a una messa in valore di processi o stati di cose affini
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La stilistica viene a volte contrapposta alla retorica; la seconda studierebbe delle figure sociolettali, la prima idiolettali. La retorica viene per spesso intesa come immissione nel testo verbale di una sistematica esterna complementare alla organizzazione mediata dal sistema linguistico [Lotman 1980, 158]. Tuttavia, leffetto retorico nasce quando di scontrano segni che appartengono a registri diversi e, quindi, quando si ha un rinnovamento strutturale del senso del confine tra mondi di segni in s chiusi. Leffetto stilistico, invece, si crea allinterno di un determinato gruppo lessicale, unificato da un comune significato di registro [ivi, 160]. 3 Citato da Black [1979, nota 1]. 4 Come noto Brugmann ha formulato uno dei principi chiave della corrente neogrammatica proprio assumendo che lanalogia fosse la base, in primo luogo fonetica, ma poi anche grammaticale e semantica, dellinnovazione linguistica [1897; 1900]. 5 Cit. in Bhler 1934, trad. it. 383. 2

allo scopo di elaborare delle costruzioni metaforiche prevalentemente a vocazione ludico-estetica [cfr. Bhler 1934, trad. it. 405]. In nuce gi si scorge come la trattazione della metafora finir per diffrangersi secondo le funzioni del linguaggio. Stern, [1932] per esempio, a parte il caso di metafore nominali, ritiene che le metafore ricoprano un ruolo stilistico-estetico; rileggendo le sue tesi in chiave jakobsoniana, potremmo dire che per Stern la metafora non piega il testo verso una sua funzione referenziale, bens verso una funzione espressiva o conativa, vale a dire passionale. unimpostazione accettata anche da Max Black, purch si riconosca che la metafora pu giocare un ruolo sia di patemizzazione che di depassionalizzazione, come nel caso di descrizione di una battaglia con metafore scacchistiche [1954, trad. it. 60]. Il carattere affettivo della metafora stato riconnesso alla sua espansione progressiva a partire da 6 valori tematici fortemente euforici o disforici ; vale a dire che se ad un certo punto una serie di idee diviene cos carica di passione che induce una parola a estendere la sua sfera e a cambiare il suo significato, possiamo tacitamente aspettarci che altre parole che appartengono allo stesso complesso emotivo metteranno in variazione il loro significato [Hans Sperber 1923, 67]. Le metafore non sarebbero cos episodiche, ma tenderebbero a fare sistema, a rimotivarsi attorno a un asse tematico sensibilizzato 7 (per esempio, luso coordinato di metafore usate per ridenominare i vari alimenti in tempo di guerra ). Laffettivit rinvia poi al corpo, e non occorre aspettare Lakoff & Johnson [1979] perch questo divenga il principale centro di espansione metaforica [Sperber 1923; Ullmann 1964, 85]. In modo analogo la linguistica storica ha cercato di comprendere se le metafore avessero un fondamento translinguistico, se per esempio la comprensione fosse stata oggetto di espressioni metaforiche equivalenti nelle varie 8 lingue legate allazione di catturare, afferrare [cfr. Ullmann 1964, 81] (il che porta alla ricerca di un fondamento esperienziale delle metafore, ma anche - secondo alcuni - allevidenziazione che molte metafore si basano su analogie pure non correlate nellesperienza [Nyckees 1997, 51]. Per altri versi la connessione tra metafora e rimotivazione linguistica stata molto studiata in fonetica [Sapir 1929; Fonagy 1979], soprattutto per ci che concerne le sinestesie; il fatto che si usino delle designazioni metaforiche dalle caratteristiche fonetiche e prosodiche (consonanti dure e molli, toni 9 ascendenti e discendenti, di tensione frastica, o di forza argomentativa , ecc.) nasconderebbe delle motivazioni profonde, delle esemplificazioni metaforiche di propriet per via intersensoriale [ivi]. Albert Henry [1971], come molti altri, ritiene che la metafora metta in gioco due termini appartenenti a campi associativi alquanto diversi valorizzando il fascio di semi che possono essere messi in comune. In questo senso la metafora crea commensurabilit intercategoriale. La permanenza dei tropi in lingua (estensioni, traslati, metafore cristallizzate) finisce per articolare la semiotica della cultura come una logica dei concetti sfumati [Eco 1975, 355] e per invitare la parole a inerpicarsi lungo nuovi ragionamenti figurali [Fabbri 1998]. A margine possiamo ricordare il ruolo giocato dalla retorica dallaltro lato della tradizione semiotica. Sappiamo come la retorica avesse un posto e una concezione del tutto sui generis nella classificazione delle scienze (1903) di Peirce [Proni 1990, 220 e ss.]; essa una branchia della semiotica, insieme alla grammatica speculativa e alla critica logica. Se nel 1897 la retorica pura destinata ad accertare le leggi mediante le quali in ogni intelletto scientifico un segno d origine ad un altro, e specialmente un pensiero ne fa emergere un altro [C.P. 2.229; trad. it. p. 133], nel 1903 (A Syllabus of Certain Topics of Logic) essa diviene metodeutica, ossia scienza dellindagine, metodologia dellinvestigazione, esposizione e applicazione della verit; o ancora in Minute Logic del 1902 una disciplina strategica nella

Per Briosi [1985] nella metafora sono implicati gli atteggiamenti e i sentimenti connessi ai termini coinvolti nella relazione (cita Ortega y Gasset [1947] sulla somiglianza di sentimenti provocata rispettivamente dai due termini). 7 Gli shrapnels dorto sono i fagioli in tempo di guerra [cit. in Ullmann 1964, 83]. Sono denominazioni metaforiche, dove la metafora non sufficiente per individuare loggetto cui si riferisce. La denominazione nasce come stipulazione su base metaforica, ossia su un legame motivato, in questo caso coordinato anche rispetto ad altre denominazioni metaforiche. Le denominazione metaforiche divengono dei simboli con un grado di motivazione e con una tensione semantica interna; come i simboli rinviano a una narrazione sotterranea (mitica, nel dominio sociolettale, poetica, nel dominio idiolettale) che li istituisce. probabilmente assumendo le denominazioni metaforiche che alcune teorie tendono a spostare lasse della metafora dal cotesto allinterpretazione: lanalogia non pi installata nel discorso (evento metaforico), ma riguarda uno stato di lingua a monte o una stipulazione passata (origine del traslato). Sul rapporto tra metafora e motivazione si veda Ullmann [1962, trad. it. 150]. Sulla possibilit che le estensioni metaforiche verso intere classi di elementi possano fare sistema, si veda lo splendido esempio offerto da Lvi-Strauss [1962, trad. it. 223-27], che utilizza un pre-quadrato semiotico. 8 Ullmann ricorda anche linteressante esempio di pupilla (dal latino giovinetta minorenne, che poi per traslato ha cominciato a indicare anche la parte delliride al tempo di Lucrezio), riscontrabile anche in lingue non indoeuropee, come mostrato da Carlo Tagliavini. 9 Lopera di Fnagy mostra come le metafore siano pienamente utilizzate nella trattazione scientifica dei caratteri fonetici; questa circolarit tra una teoria che cerca di spiegare le metafore usando delle metafore (coscienzializzata anche in un autore come Black) stato tema di riflessione prediletto di Derrida: Una metaforologia si troverebbe perci ad essere derivata nei confronti del discorso che essa pretenderebbe di dominare [1972, trad. it. 297]. 3

scelta dei metodi rispetto a domini o oggetti indagati . Al di l della posizione e della concezione che la retorica assume nella classificazione delle scienze, emerge con una certa consistenza la tesi che Peirce intendesse procedere a una integrazione di retorica e logica [Liszka 2001, 439]; il metodo non che quel minimum logico che garantisce una riduzione degli errori nellindagine; e nel versante speculativo, la razionalit della argomentazione costituisce la debole, unica garanzia retorica dellinvestigazione filosofica, affinch i suoi risultati possono fissarsi come credenze. In questo senso la lateralit della retorica si ritrova improvvisamente al cuore del pragmatismo peirciano [cfr. Ketner 1983, 337], tanto che ai valori di verit si sostituirebbero i valori retorici come costitutivi dei discorsi nel loro essere assunti dai membri di una comunit [cfr. Habermas 1985, trad. it. 18]. piuttosto curioso osservare come se da un lato oggi si sostiene apertamente che la retorica speculativa (o metodeutica) il campo di indagine pi vergine e affascinante nel corpus peirciano (a partire dal manoscritto inedito 774 del 1904) [Santaella Braga 1999], dallaltro si tende a non ricondurre a questo campo la trattazione - per quanto sporadica - delle figure. Certo la metafora trattata alquanto lateralmente negli scritti peirciani, ma non meno vi fa improvvisa comparsa: in The Ethics of Terminology del 1903 la metafora una delle tre origini possibili del simbolo (si intravede il processo della catacresi) [C.P. 2.222], mentre nel Syllabus si sostiene che la metafora non che una forma di ipoicona che rappresenta il carattere rappresentativo di un representamen mediante la rappresentazione di un parallelismo con qualcosaltro [C.P. 2.277], opponendola alle immagini (che si rapportano alle qualit semplici), e ai diagrammi che si fondano su analoghe relazioni tra parti. Come ipoicona la metafora opera uno scambio di configurazione sensibile per via analogica, cio mette in valore laspetto sensibile del segno stesso ma solo per parallelismo con laspetto sensibile delloggetto dinamico. Solo che un paradosso, perch la qualit rappresentativa dellipoicona metaforica non pi costitutiva della sua materialit significante, n si d come esemplificazione di connessioni relazionali (diagramma); si d attraverso la sua stessa segnicit, ossia come analogia semiotica, connessione culturale. Ritorna quindi lidea che se c spazio per la retorica nella semiotica peirciana allinterno del gioco con i segni. Certo gli appigli interpretativi sono pochi e non un caso che proprio riguardo alla trattazione della retorica speculativa i curatori dei Collected Papers si siano premurati di esplicitare che non c trattamento sistematico di questo argomento [vedi nota a 2.105]. Ma la retorica non certo ci che marca il cot realista della teoria peirciana (si oppone alla logica critica, che studia percorsi inferenziali e condizioni di 11 verit); essa, anzi, ci che insieme alla nozione di musement esplica una (possibile) posizione semiotica radicale di Peirce, cio il fatto che rappresentazioni esperienziali e astratte condividono tutte un carattere semiotico, tanto che possono rientrare in uno stesso gioco fantasticante (musement) o appunto retorico. Linterpretante di un segno non infatti segno necessario, imposto logicamente, compulsivo; pu essere creativo, cercare una fruttuosit (uberty), una vendemmia del senso. Se tali affermazioni ci porterebbero a deviare troppo la nostra discussione, indubbio che sembrano dischiudere il legame tra la metafora e una scommessa sul senso a venire; la metafora si porrebbe infatti come mossa testuale in cui le configurazioni espressive preparano il terreno a un percorso di senso, a uninterpretazione che
Liszka [2001] rileva come Peirce abbia formulato una trentina di diverse definizioni di retorica, anche se negli ultimi anni di attivit si assestano come sinonimi retorica speculativa e metodeutica, per quanto persiste limpressione che la seconda contenga e superi la prima [cfr. Santaella-Braga 1999]. 11 Se da un lato Peirce prevalentemente occupato a tratteggiare una razionalit logico- semiotica, dallaltro chiama lateralmente in causa, nella sua ultima produzione, una facolt o, se vogliamo, un regime mentale: limmaginare. Peirce affermava infatti lesistenza di una riflessione fantasticante (musement), che non che un pure play (puro gioco) senza interesse e del tutto libero, chiamando in causa esplicitamente la contemplazione estetica e aprendo un varco al pensiero creativo [Proni 1990, 322]. Torna forse a risuonare leco della vecchia questione del libero gioco delle facolt kantiane. Se la metafora mette in relazione termini di aree semantiche distanti, ecco che nel musement la mente cerca alcune connessioni fra due o tre universi dellesperienza (cio, quello delle idee, quello della bruta realt, e quello dei segni) [Peirce glossato da Sebeok 1981, trad. it. 55]. Ne esce unidea dellimmaginare come gioco razionale che appaia e tratta comunemente materiali che solitamente tratterebbe distintamente: segni, idee, percetti. La tentazione forte di identificare questo saper mettere in comune riflessione questi materiali eterocliti con labduzione, in particolare con labduzione creativa [Eco 1990, 238]. Il fantasticare pu supportare linvenzione del testo estetico, creando leggi di costituzione di elementi, ma anche una scoperta scientifica nel momento in cui labduzione creativa sia accompagnata da una meta-abduzione, la quale consiste nel decidere se luniverso possibile delineato dalle nostre abduzioni di primo livello sia lo stesso universo della nostra esperienza [ivi]. Nel regime della comunicazione tesa a una razionalit argomentativa e descrittiva - regime studiato dalla metodeutica - tendiamo a costruire sufficienti parametri discorsivi affinch sia possibile scambiarci un mondo intersoggettivamente condivisibile ( la prospettiva del senso comune che risponde a quella che Peirce chiamava una logica utens). Nella comunicazione scientifica cambiamo tipo di razionalit e si rende pertinente la problematizzazione e la diffrazione modellistica delle descrizioni di quel mondo che continuiamo a pattuire di avere in comune, in modo da affinare la sua descrizione esplicativa (approssimativamente, la logica docens per Peirce). Nella comunicazione estetica vi unulteriore traslazione razionale: lidea quella di mettere in variazione deliberatamente il mondo cercando di installare un soggetto simulacrale che lo esperisce finzionalmente in modo analogo a quanto farebbe il noi del senso comune; oppure di patteggiare una descrizione del mondo fedele a quella del senso comune ma installando un soggetto osservatore che ha una specificit percettivo-affettiva o una radicale difformit rispetto al noi del sentire comune. Le metafore sorgerebbero allora secondo tipi di razionalit differenti. 4
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cresce nel solco di unefficacia testuale . Nellambito della metodeutica rientra in fondo anche il rapporto tra il peso delle prove addotte dallindagine e la fissazione della credenza ( qui che si salda il rapporto dichiarato tra La logica della scoperta scientifica di Popper e il lavoro di Peirce); la metafora un modo pragmatico di manipolare segni tale per cui essi possano valere come descrizione che efficacemente risolva, per via di un parallelismo, il mancato articolarsi tra prove e un modello esplicativo che le 13 sussuma . *** Gli inizi della linguistica e semiotica contemporanea dimostrano appieno la diffidenza verso la retorica, ora cercando di ricoprire i territori da essa un tempo investigati partendo da punti di vista depurificati (dai composti verso le metafore), ora cercando di ridefinire, senza seguito, la nozione di retorica. Con gli anni Trenta abbiamo una tiepida svolta, con dei lavori piuttosto isolati che si confrontano con la retorica [Stern 1932; Bhler 1934; Richards 1936; Bedell Stanford 1936; Konrad 1939; Adank 1939]: molto significativo che gi in molti di essi il confronto con la retorica trovi il suo fuoco, se non la sua riduzione, nella questione della metafora; in secondo luogo, le prospettive assunte sono spesso eccentriche rispetto alla linguistica, con decise pieghe filosofiche e psicologiche. Ci troviamo di fronte, in questi lavori, a una vera e propria riesumazione e ridefinizione della retorica, dato che per il resto viene pensata come la zona pi squallida e meno fertile di quel deserto che i giovani devono attraversare per arrivare alluniversit [Richards 1936, trad. it. 9]. Credo sia alquanto significativo il fatto che mentre la retorica verr poi ripresa allinsegna delluso creativo del linguaggio (creativit retta da regole che in primo luogo appunto limpiego di traslati e di figure [Eco 1971, 96], in Richards essa viene pensata al contrario come studio degli equivoci verbali e delle relative correzioni [Richards, trad. it. 9]. 14 Il testimone di questi lavori di apertura viene raccolto a stento solo negli anni Cinquanta ; se brilla il lavoro seminale di Max Black [1954] e quello di Empson (largamente citato dal primo), ricordiamo che in questo decennio che troviamo i lavori di Perelman e gli inizi della scuola di Bruxelles, limportante libro di Christine Brooke-Rose [1958]. Perch si affermi un vero punto di vista linguistico-semiotico sulla retorica dobbiamo aspettare linizio degli anni Settanta, con i lavori del Gruppo , di Le Guern [1971], di Eco [1971], di Henry [1971], e sar fondamentalmente accentrato sui tropi: la retorica un sistema di figure [Genette 1966, 190]. A fianco di questo di percorso di reinserimento della retorica al centro degli interessi linguistici e 15 semiotici ve ne scorre sicuramente un secondo, quello dello sviluppo di una teoria dellargomentazione e dellaffermarsi di una scuola pragmatica (Austin, Searle, Grice, Ducrot). Ma se in alcuni casi largomentazione diviene asse di confronto diretto con il portato della retorica classica (si vedano i lavori
Si noti come Peirce parli della abduzione come argomentazione originaria [C.P. 2.97] e che si fonda sulla scommessa di un parallelismo, spiegare qualcosa di sconosciuto con qualcosa di conosciuto. Di qui lidea che labduzione ragioni figuralmente, e che produca lelemento sensibile del pensiero [C.P. 2.643]: difficile non poterlo identificare anche con le metafore. Sul rapporto tra metodeutica e abduzione si veda Santaella-Braga [1999]. Si veda anche in Black [1958, 90] il parallelismo tra metafora e modello, entrambi abduttivi nel loro essere tentativi di versare nuovo contenuto in vecchie bottiglie. 13 Sul rapporto tra metafora e epistemologia dei discorsi un capitolo a parte dovrebbe essere riservato al lavoro di Hans Blumenberg, solo apparentemente agli antipodi del pensiero peirciano. Si veda in questo senso come la concezione peirciana della metafora non sia distante da quella che Hans Blumenberg [1960, trad. it. 7] ritrova in Kant: lintuizione delle idee (concetti di ragione) avviene solo attraverso linsinuazione di una rappresentazione la quale ha in comune con lintenzionato solo la forma della riflessione, ma nessun elemento di contenuto [ivi]. Sul rapporto tra metafora e epistemologia, Blumenberg assume, rispetto a Peirce, una posizione certo pi costruzionalista, bench sui generis. Considera, infatti, luso delle metafore come un certificato di povert delluomo [Blumenberg 1971, 108]; tanto pi marcata diventa la crisi di legittimit della sua identit e del proprio discorso sul mondo, tanto pi marcata diventa la ricerca di metafore retoriche [ivi]. proprio la mancanza di fondamenti certi dei discorsi che mette in gioco lesistenza di quelle che Blumenberg chiama metafore assolute, le quali sono refrattarie a qualsiasi traduzione in termini logici [Blumenberg 1960, trad. it. 8] proprio perch colmano un vuoto concettuale costitutivo (lesempio di Dio solo il capostipite di una lunga genealogia di nozioni trattate sotto evidente deficit epistemologico). La mancanza di fondamenti certi, di legittimit incontestabile porta luomo a progettare la sua storia arrischiando delle nozioni metaforiche, che via via possono cambiare di senso o rinnovarsi pi radicalmente. Questa vicariet costruzionale dei fondamenti esplica la vicinanza tra metafora e mito [ivi, 107-112]. 14 Un interesse per la tropica e per la metafora in particolare si ebbe allinterno degli studi linguistici soprattutto grazie allintersezione con la psicoanalisi freudiana. Si prenda come piccolo esempio il saggio del 1956 di Benveniste Remarques sur la function du langage dans la decouverte freudienne [La psychanalise, 1; ora in Benveniste 1966]. Nei suoi studi sulla soggettivit nel linguaggio, Benveniste trova il punto di contatto tra psicoanalisi e linguistica nei procedimenti stilistici del discorso, dato che anche linconscio si serve di una vera e propria retorica [...]; i simboli dellinconscio traggono il loro senso come la loro difficolt da una conversione metaforica [Benveniste 1966, trad. it. 105-06]. Ci fa pensare pensino a Benveniste che lo studio delle figure dellinconscio porter nuovi saperi sulla soggettivit linguistica per come si costituisce in discorso attraverso i tropi. 15 Si veda per come il fatto che oggi in semiotica si tenda a ricondurre il problema retorico alla produzione del senso, alla semiosi finisca per riunificare la prospettiva tropica e quella argomentativa [Bordron & Fontanille 2000, 6]. 5
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di Perelman), in altri abbiamo solo una progressiva ricopertura di campo (per esempio Toulmin). Il rapporto tra teoria degli atti linguistici e metafora non ha mancato di svilupparsi, anche con una certa autonomia. Si veda per esempio Cohen [1975] con la sua definizione di atti linguistici figurativi, nei quali una frase pu esprimere (il fare) una promessa o una petizione ma le circostanze duso sono tali che si comprende come faccia qualcosa di ben diverso [Levin 1977, 7]. Vi sono casi, in questo senso, ove la totale congruit di un enunciato a livello semantico, possa presentare delle metafore pragmatiche, deviando dalla forza illocutiva espressa, dal funzionamento indessicale, dalle regole conversazionali [ivi, 12]. La modulazione illocutoria della frase viene il pi delle volte pensata sullo sfondo di un senso letterale [Kerbrat-Orecchioni [1994, 58] e viene ritenuta costruire un atto linguistico indiretto. I tropi illocutori offrono una gestione strategica dei riti dinterazione (Goffman), calmierando la possibilit di intaccare la propria e altrui faccia (identit e immagine pubblica). Grice ha trattato la metafora in termini di implicature conversazionali, ma per lidentificazione di esse non va molto al di l del fatto che si offrono sul piano letterale come false; il richiamo allintenzione dellenunciatore non sembra apportare, come nel caso dellironia, alcun beneficio esplicativo [Eco 1990, 150 e ss.] e vi chi ha dimostrato, come per esempio Leezenberg [1995, 99-101], che le metafore non soddisfano nemmeno i vari criteri per le 16 implicature conversazionali .

2. Classificazione e significazione tropica: tra localismo e isotopia Franois Rastier sostiene che la teoria dei tropi resta la sola parte della retorica che sia stata chiaramente integrata alle scienze del linguaggio, fin dal tempo dei grammatici-filosofi dellIlluminismo, dove in prima fila troviamo Dumarsais. Verosimilmente la semantica lessicale teorizzata da Bral e in seguito da Saussure in larga parte uscita dallincontro di questa tropologia con la grammatica. Certi tropi sono stati del resto cos ben integrati nella semantica che vi fungono da operatori [Rastier 2001b]. Stando alla diffidenza e circospezione con cui i padri della linguistica e della semiotica hanno trattato la tradizione retorica, il giudizio di Rastier appare di primo acchito discutibile. La prospettiva retorica sarebbe operante in sottofondo nel momento in cui Saussure (ma anche Peirce) mettono in valore la vita sociale della lingua e dei segni; ecco allora che non manca chi ritiene che il cuore sociale del linguaggio andrebbe pi ricercato nella stilistica che nella grammatica, come sosteneva il Cassirer di 17 Filosofia della forme simboliche . Se il portato della retorica, con i suoi aspetti profondamente eterogenei, stato in parte reinglobato e sistematizzato allinterno delle teorie linguistiche, anche sotto mentite spoglie, i tropi sembrano mantenere interesse proprio per la loro resistenza, per il loro ingombro teorico specifico. Sono fonte tra laltro di una certa ambiguit, offrendo il destro sia alle correnti cognitiviste sia a quelle ermeneutiche, ora corroborando la tatticit di una semantica lessicale o frastica (studio decontestualizzato dei tropi), ora spingendo verso una semantica testuale (analisi mediata da connettori di isotopia), ora imponendo uno sguardo pragmatico (contrattazione contestuale del valore semantico dei tropi). La nuova fortuna della retorica si estrinsecata nel mandato linguistico di fare chiarezza sui tropi che la tradizione ha individuato, pervenendo a una nuova classificazione. In questa direzione ci si soffermati quindi sulla traslazione del senso delle parole allinterno di certi assetti frastici. La nuova tassonomia funge da cristallizzazione e quindi grammaticalizzazione degli usi retorici del lessico. Se difficile sottrarsi alla spiegazione del funzionamento semantico dei singoli tropi, altrettanto decisiva appare la prospettiva che intende vagliare in quale misura le figure retoriche possono fare sistema allinterno di un testo, coordinarsi rispetto a degli assi isotopici, pervenendo a una deformazione coerente delluniverso semantico [cfr. Merleau-Ponty 1960]. La semiotica generativa ha in questo senso colto le figure allinterno di un quadro di connettori di isotopie discorsive, in grado di disimplicare come un testo piega le unit lessicali realizzate sotto la regia dellenunciazione. Lidea era quella di trasferire la posta della significazione tropica dallasse verticale del paradigma (come emergeva dagli scritti di Jakobson, 18 per quanto vi fosse poi la proiezione poetica del paradigmatico sul sintagmatico ), a quello orizzontale del sintagma; e questo non solo perch non si riteneva che il paradigma potesse gi contenere una classe cristallizzata di sinonimi per via traslata, ma anche perch ci permetteva una trattazione intratestuale della significazione tropica. In direzione opposta si situano le teorie pragmatiche, che rivendicano la necessit di una prospettiva extrasistematica (dalla langue alla parole) e extratestuale (dal testo al contesto); tanto pi enfatizzano la necessit di orizzonte pragmatico tanto pi viene sottolineato

Secondo Leezenberg [1995, 106] gli approcci pragmatici mancano di distinguere che cosa una metafora asserisce, che cosa vi presupposto e che cosa vi implicato. 17 Citato anche da Rastier [2001a]. 18 Si noti come se la retorica poteva porsi come antitesi della poesia, ha finito poi nello strutturalismo per porsi come difesa del piano propriamente linguistico-figurale della letteratura come definitorio di questa [Genette 1966; cfr. Ducrot & Schaeffer 1995, 178]. 6

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lo iato tra la significazione linguistica (la letteralit) e il senso derivato gestito cognitivamente. In ogni caso, la metafora pu essere colta come fenomeno indipendente dalla taglia degli elementi coinvolti (due singoli termini, due periodi, intere sezioni di unopera) [Weinrich 1976; Fabbri 1998]. Si deve ricordare a questo proposito come per Roman Jakobson il processo metaforico fosse connessione di similarit (e non di contiguit, come in quello metonimico) non solo tra termini, ma anche e soprattutto tra temi (ed cos che stato soprattutto recepito allinterno della semiotica generativa) [cfr. Zilberberg 1988, 141]. noto comunque come la connessione di similarit propria alla metafora sia stata pensata come retta da connessioni di contiguit: Si pu inventare una metafora perch il linguaggio, nel suo processo di semiosi illimitata, costituisce una rete polidimensionale di metonimie, ciascuna di queste spiegata da una convenzione culturale e non da una somiglianza nativa [Eco 1971, 108]. La metafora, sommuovendo internamente la semiosi, produce nuova conoscenza nel senso che fa emergere nuovi legami culturali, ma si d come conoscenza solo quando si riusciti ad esplicitare le catene metonimiche soggiacenti [ivi, 119]; e nella sua esplicitazione, muore, ridiviene connessione culturale esplicita, si catacresizza [ivi, 120].

3. Significato letterale e figurale e concezioni della devianza semantica Gi Victoria Welby [1893, trad. it. 84] sosteneva che esiste soltanto un termine pi figurato come pure pi ambiguo di metaforico, e questo letterale. Assai sicuramente gran parte di ci che chiamato letterale intriso in vari gradi di figurato, non sempre in modo facilmente distinguibile, nemmeno con laiuto del contesto. questa una prospettiva che riemersa pi volte nel Novecento, ogni qual volta il piano letterale stato definito in negativo, come non-metaforico, proponendosi asintoticamente come termine contraddittorio e non contrario; ecco allora che le espressioni letterali finiscono per essere semplicemente quelle dotate di minor valore metaforico [Halliday 1985]. La metaforicit diviene cos una dimensione onnipresente della significazione, per cui qualsiasi frase finisce per contenere forzatamente almeno qualche elemento metaforico [ivi, 342]. Nella storia del dibattito teorico sulla metafora ricorrente largomento della sua ubiquit testuale [Lotman 1980, 156] e della sua coestensivit rispetto alla dimensione linguistica [cfr. Paprotte & Dirven (eds.) 1985]. Per restare al Novecento, non solo i filo-heideggeriani ma anche specialisti quali Richards [1936, trad. it. 88] hanno sostenuto questa tesi: per Richards la costruzione semiotica del mondo passa anche per una spontanea metaforizzazione dei suoi caratteri nei vissuti [cfr. ivi, 110]. Per contro vi chi vede nellesperienza vissuta (soprattutto a livello di una filogenesi della conoscenza appaiata alla sorgenza delle lingue) la sede instaurativa dei significati primi delle parole, la cui progressiva acquisizione di valenze astratte avviene in un secondo tempo, contemplando anche la traslazione metaforica (sovversione della designazione rigida originaria). Tuttavia, anche chi smette una visione storico-linguistica del significato, per assumerne una pragmatica (la lingua in uso), se non oppone al senso figurato un senso proprio delle parole, non meno vede come ineludibile la constatazione delle devianze contestuali del valore semantico standard: ecco ancora riproporsi una contrapposizione tra senso codificato delle parole e senso derivato realizzato localmente. forse proprio nel dibattito sul senso letterale e figurato che la metafora lascia le vesti di singolo tropo per divenire dimensione retorica generale della significazione (metaforicit). Il mito di un significato letterale, grado zero della lingua in rapporto alla figuralit, da una parte, e il mito di una origine figurale di ogni linguaggio, dallaltra, hanno largamente attraversato il dibattito linguisticosemiotico sui tropi; stranamente vessillo di entrambe le prospettive (in larga misura) la metafora, coinvolta nella decifrazione stessa delle origini del linguaggio. Questi due fronti radicali, che colgono la metaforicit come senso sopravveniente o sfondo subveniente dei significati lessicali, hanno trovato una apparente mediazione nella nozione di 19 connotazione, rivendicando la doppiezza costitutiva di ogni parola di una lingua viva . Rastier [2001a] riconduce la connotazione alla antica distinzione tra unidea principale e unidea accessoria: e forse non ultimo per questa ragione remota Richards parla della metafora in termini di interazione di idee, di commercio di pensieri [136, trad. it. 90]. La connotazione specchierebbe sociolettalmente linvenzione idiolettale delle metafore, il fare valer doppio le parole. Ovvio che questo valer doppio potesse essere visto come controproducente, persino come un tradimento del linguaggio, per una filosofica del linguaggio che, per conto della scienza, voleva garantire una trasparenza denotativa e una attestabilit verocondizionale delle proposizioni. Si cercato in questo
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Genette chiam la connotazione retorica il significato di secondo grado che una figura metteva in campo designando chiaramente, nel codice retorico, un livello poetico del linguaggio [1966, trad. it. 175-76], anche se poi ammetteva lesistenza di un grado meno intenso di retoricit presente anche nel linguaggio comune [ivi, 190]. Ogni figura realizzata in un testo sarebbe quindi dotata di una connotazione come strato di significato aggiuntivo, che diremmo oggi legato alla significativit di una strategia enunciazionale. Per Genette, invece, le connotazioni retoriche costituiscono un codice socializzato; i significati traslati sono registrati o comunque i modi per ottenerli. Questa prevedibilit degli effetti di senso dei tropi il motivo per cui la letteratura contemporanea li ha rigettati [ivi, 201-02]. 7

senso di purificare il linguaggio dalle devianze , di ricondurre agevolmente i tropi, per via sostitutiva, a significazioni letterali, di dimostrare che le figure non sfaldano affatto il piano della letteralit [Davidson 1978]. In direzione diversa, Levin [1988] ha riproposto la letteralit della metafora, ma anche la sua referenza a un mondo metaforico - un mondo possibile istanziato per esempio da unopera poetica: se le asserzioni si presentano come manifestamente false rispetto al mondo dellesperienza, sono vere 21 rispetto allorizzonte finzionale [Levin 1977, 138]. una posizione che stata facilmente criticata da Eco [1990, 149], perch le metafore possono benissimo essere descrizioni del mondo dellesperienza. In ogni caso una lettura per mondi possibili della metafora comporterebbe prima la ricostruzione delluniverso finzionale della metafora e poi una sua inter-referenza con il mondo dellesperienza; passaggi cognitivamente troppo dispendiosi per essere plausibili. Il problema sorge casomai quando la metafora non consente di ricostruire una coesione figurativa dellenunciato in cui inserita e di pervenire al contenuto figurato; linterprete effettivamente in questo caso cerca di ricostruire il mondo possibile della metafora. Ma un punto su cui dovremo tornare pi tardi. Tornando al problema centrale della letteralit, ecco apparire in primo piano la nozione di scarto. Ora, al di l delle diverse denominazione dei significati correlati (proprio/traslato, letterale/figurato, ecc.) comunque lo iato tra i due che resta una presenza costante nello studio dei tropi e in particolare della 22 metafora; uno iato descritto - come abbiamo gi accennato - in termini di scarto o di devianza . Tuttavia, questo scarto non viene misurato solo a posteriori, una volta che significato letterale e figurato sono stati ricostruiti; esso viene colto sullo sfondo di un cotesto, talvolta estremamente ridotto (una frase), talvolta molto esteso (un intero testo). In questo senso una prospettiva semantico-lessicale si rivela estranea alla percezione semantica dello scarto, in quanto costretta a pensare i due sensi (letterale e figurato) come gi compresenti nei termini. La devianza semantica mette per contro laccento su un evento linguistico che fa gioco sui margini di libert e sulla creativit della parole. Lo scarto trova cittadinanza nella maggior 23 parte delle teorie sui tropi, sotto forma di asserzione impertinente , anomalia semantica, infrazione logica, attribuzione insolita, incompatibilit, conflitto tra codice e messaggio, contenuto complesso incoerente, ecc. In gioco rimane il livello rispetto al quale situare lo scarto; se rispetto al quadro delle regole sistematiche o a livello di norme sociolettali cristallizzate, se coinvolge solo la dimensione lessicale o anche quella grammaticale. Sulla devianza grammaticale delle metafore si accentrato soprattutto lo sguardo della grammatica generativa; la metafora sarebbe un caso di violazione di restrizioni sintattiche [Chomsky 1965], anche si presto notato che sono i fattori extralinguistici a decidere delleffettivit e della valenza di tale scarto grammaticale [cfr. Bickerton 1969]. Tuttavia, in unottica saussuriana, il fatto che ogni atto di parole trovi il suo senso in rapporto al quadro sistematico e normativo di una lingua e alluniverso culturale in cui immerso, limita alquanto leccezionalit dello scarto tropico, ma non meno mette in luce il problema del grado di intensit del sopraggiungere della figura rispetto a un piano di attese, certo non astratte, ma radicate in una situazione precisa di occorrenza. Ancora: lo scarto non fa luce sulla specificit dei tropi e delle metafore, dato che un termine molto generale e generico per individuare la continua messa in variazione locale delle cristallizzazioni della parole. per tale ragione che i vari teorici della metafora hanno cercato di precisare lo scarto che le peculiare mettendo in campo una precisa devianza, come si pu scorgere in questa tavola sinottica elaborata a partire da Kleiber [1999], che viene qui assunta solo a titolo di esempio (alcune riduzioni di posizioni teoriche a un singolo termine possono essere discutibili). Todorov 1966 Cohen 1966 Ldi 1973; 1991 Kittay 1987; Jonasson 1991; 1993 Le Guern 1973 Ricoeur 1975
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anomalia semantica predicazione impertinente incongruenza incongruenza concettuale rottura con la logica attribuzione insolita

Briosi [1985] sottolinea come il punto caldo della metafora ha spinto da una parte verso una depurificazione della relazione soggettiva con il linguaggio (linguistica, semiotica) dallaltro alla riduzione del linguaggio a rappresentazione mentale (cognitivismi) o inconscia (psicoanalisi). 21 Sul rapporto tra metafora e finzionalit vedi anche Bottiroli [1995]. 22 La retorica stessa diviene studio delle devianze semantiche e sintattiche, un insieme di scarti [Gruppo 1970]. 23 Ora, lasseribilit degli enunciati narrativi pare essere una cosa pi complessa della semplice e supposta loro determinazione in termini di falsit, di mascheramento, di simulazione. Lasseribilit pu dipendere innanzi tutto da diversi regimi di razionalit, ma inoltre discernibile, in quanto a statuti ed effetti implicati, solo se connessa a contesti di produzione e ricezione testuale [cfr. Putnam 1990, trad. it. 379]. Ma in questo senso lasseribilit viene in seconda battuta, nel gi pervenuto ritardo rispetto alle dinamiche enunciazionali che caratterizzano la vita di una cultura. Lasseribile ci che stato gi asseribile secondo contesti e regimi di razionalit, nonch in base a una competenza; non pu essere confinato da regole, presa in carico di un significare, di unesperienza di senso che concerne una disposizione epistemica. Le metafore si pongono come delle microrielaborazioni figurative del mondo, che poi quello che su pi larga scale fanno i testi finzionali. 8

Nunberg 1978 Tamine 1979; Kleiber 1983; Martin 1983 Tamba 1981 Searle 1979 Prandi

uso non normale incompatibilit contraddizione logica difettuosit incoerenza

4. Modelli esplicativi della metafora 4.1. Identificazione, interpretazione e spiegazione della metafora Partendo dal fatto che nella prassi linguistica la metafora soluzione ricorrente, ci si spesso precipitati a spiegarne gli effetti di senso, dimenticandosi di affrontare il problema dellidentificazione delle metafore [cfr. Loewenberg 1975, 316]. Sappiamo come per lallegoria sia accaduta la cosa inversa; il problema scottante sempre stato spiegare se vi sono o meno segnali testuali o contestuali per cui il fruitore invitato a spostarsi su un altro piano di lettura, rispetto a quello letterale: operato lo spostamento i parallelismi isotopici sono talmente densi che la ricostruzione del significato spesso meno problematica o comunque generalmente meno aperta (vi sono comunque casi e casi: basti pensare al complesso uso di allegorie nella produzione artistica sovietica). Beardsley [1958] ha posto in tutta la sua urgenza il quesito del perch assumiamo un certo elemento frastico come commutatore metaforico. La diagnostica delle metafore stata legata da Beardsley alla teoria del fattore controverso; quando unasserzione sul piano letterale si presenta come contraddittoria o assurda, ecco che ci troveremmo di fronte a una sua vocazione metaforica. Il rilievo sembra portarci verso una ammissione scontata, ma le cose sono ben pi complesse. Per prima cosa, il fattore controverso non sembra poter distinguere la metafora da altri tropi; in secondo luogo non cos scontato che lasserzione metaforica si presenti come contraddittoria. Black [1979], e con argomentazioni simili Binkley [1974] e Cohen [1976], hanno messo in campo a questo proposito il prezioso argomento della resistenza metaforica nella trasformazione negativa di unasserzione metaforica: Bruno non un toro, non frase di per s contraddittoria, ma resiste come metafora. Ci dimostrerebbe che lidentificazione di una metafora sia in realt decisione interpretativa condotta sullo 24 sfondo di un cotesto/contesto . Vi chi ritiene che lo scarto sia nozione necessaria, ancorch insufficiente, per spiegare la metafora (Gruppo ), altri come Rastier rifiutano radicalmente di attribuire alla devianza semantica qualsiasi capacit esplicativa, a partire da una negazione di un senso letterale degli enunciati. Infine, vi chi afferma leuristicit della nozione di devianza rispetto alla identificazione delle metafore, mentre ammette che lo scarto non base n della sua interpretazione, n della sua spiegazione teorica (Kleiber). Abbiamo gi visto come la metafora abbia lasciato spesso il suo ruolo di figura specifica per divenire un tropo alquanto generale (opposto a pochi altri come la sineddoche o la metonimia) o persino una dimensione del linguaggio (letteralit/metaforicit). Spesso la sua definizione resta comunque 25 rinviata al quadro tassonomico delle figure , ma essa si d in modo cos aperto e problematico che accadono almeno due cose: la prima che altre figure finiscono per ricadere nel campo di afferenza della metafora, la seconda che si demoltiplicano i tipi di metafora. Ecco che lidentificazione delle metafore non pi solo questione di percezione di una devianza, ma anche di riconoscimento di certi assetti testuali come tipi di metafora. Il passaggio importante perch si passa da una tassonomia sociolettale da esplicare (la metafora una figura normalmente utilizzata e riconosciuta: i parlanti talvolta esplicitano di aver usato una metafora), a una tipologia scientifica della metafora; del resto, ci farebbe parte del compito di risistematizzazione delle vecchie tassonomie della retorica. Il fatto che attualmente vi una grande controversia sulla identificazione dei casi o dei tipi di metafora, il che fa pensare che la sua stessa definizione sia critica. Per Kleiber [1983], ad esempio, esistono diversi tipi di metafore: a) metafore dappartenenza o dinclusione (Paolo un leone) b) metafore di eventi (Le onde guaiscono)

Coglie lobbligo qui di ricordare il modello a stadi e la sua fortuna (incrinata) in ambito metaforologico: per prima cosa si cerca di interpretare letteralmente qualsiasi enunciato, poi se si fallisce la ricostruzione di un significato plausibile, ecco che si formula uninterpretazione non letterale [cfr. Bottiroli 1995].. Un modello che stato criticato anche a livello di ricerche empiriche e che d una priorit incondizionata al significato letterale [Cacciari 1991, introduzione]. 25 Secondo Bertinetto [1975] ha sempre prevalso lottica tassonomica, per cui lenfasi sulla differenti classificazioni ha prevalso sulla differenza reale delle ipotesi esplicative fornite. In ogni caso, vero che la metafora stata pensata come fenomeno linguistico locale o come fenomeno cognitivo esplicabile autonomamente: spiegato il funzionamento della metafora e la sua efficacia, ecco che si potr studiare quale funzione svolge allinterno di un testo, di unopera. 9

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c) metafore di propriet (Labete triste) Al di l del giudizio che pu essere dato a questa o ad altre classificazioni, resta il fatto che la 26 pluralit di tipi , quando ammessa, ha un impatto diretto sullorizzonte di controllo delle teorie della metafora, dato che esse dovrebbero essere in grado di spiegarne ogni tipo. Sul versante della identificazione delle metafore si pu sostenere che, per esempio, tutti e tre i tipi presentati da Kleiber possono essere colti come devianza semantica: il problema diviene allora se tutti i casi di devianza sono metafore, il che generalizza alquanto la loro definizione. Sul versante dellinterpretazione dei tipi di metafora si tratta di reperire un processo unitario di donazione di senso, che potr seguire vie esplicative totalmente intrasemantiche o invece pragmatiche (almeno per restare a questa discutibile opposizione 27 oggi in voga ). Halliday [1985] oppone le metafore ideazionali a quella interpersonali, altri come Briosi tirano in ballo il caso controverso delle metafore in absentia. Si veda ancora come le metafore costruite sulla preposizione francese de, studiate da Tamine [1976] e da Weinrich [1978] possono difficilmente rientrare nella tipologia di Kleiber. Per Weinrich se la preposizione de determina una base attraverso un aggiunto seguente, lincompatibilit semantica tra i due tipica della metafora conduce la base ad essere rideterminata o persino controdeterminata [ivi, 160]. Se le metafore del tipo N1 un N2 (struttura canonica delle cosiddette metafore nominali [cfr. Tamba 1999]) nellaffermare (con la veemenza ontologica di cui parla Ricoeur [1975]) unidentit mettono in valore le analogie reperibili e pertinenti tra i 28 due termini , la preposizione de opera ci che Weinrich chiama un nesso di riferimento: il secondo tipo di metafora rende ancora pi urgente risolvere listruzione semantica di una mera connessione (il de non ha altro carico semantico) con informazione e istruzioni contestuali [Weinrich 1978, 150]. Resta limpressione sia che le teorie possano scegliersi ad hoc i tipi di metafora che riescono a spiegare, sia che i diversi tipi di metafore contemplati nascondano una persistente confusione nella tassonomia delle figure. Il dubbio radicale che se i parlanti usano per lo pi inconsapevolmente le figure e se queste coprono una casistica altamente diversificata parrebbe pi opportuno studiare le singole strategie discorsive attraverso una semantica testuale generale, piuttosto che ricorrere a tassonomie delle figure. Henry [1971, trad. it. 203] giunge ad opporre una funzione immanente (lespressivit costitutiva) della metafora alla sua funzione contestuale. Ma la critica di Rastier imperniata sul necessario riconoscimento del ruolo giocato dal globale (situazioni, pratiche, generi, testo, ecc.) nei confronti del locale (i passaggi testuali, le figure, le parole, ecc.) si rileva alquanto pertinente. Tuttavia, se si continua a ricercare sui singoli tropi, vi debbono essere delle buone ragioni; la prima che alcuni tropi sono lemblema di una teoria linguistica mentre altri sono usati dagli avversari per mascherare le insufficienze euristiche di quella (vedremo il caso di metafora vs ipallage); la seconda ragione che sotto i tropi 29 fondamentali si nasconderebbero dei processi e degli schemi cognitivi . In questultimo caso i tropi sarebbero dei rilevatori semiotici di modi di operare della mente; il che apre una questione enorme che divide la semiotica, o almeno certe sue correnti, dal cognitivismo. Sarebbe per errato enfatizzare troppo questo strappo tra prospettive di ricerca e ancor peggio rivendicare una incommensurabilit dei risultati; e sbagliato sarebbe anche lasciare lefficacia cognitiva della metafora appannaggio solo della filosofia. Si pensi come Emile Benveniste vedesse come insita nel linguaggio stesso la capacit di istituire quei traslati analogici di denominazioni che si chiamano metafore, fattore cos potente dellarricchimento concettuale [1966, trad. it. 39]. La connessione tra metafora e denominazione tuttavia - come abbiamo gi rilevato - un punto problematico e
Ricordiamo tra laltro lesistenza della maximum metaphor [Ullmann 1964, 181] che deve laccostamento brusco di due termini, di cui il primo lequivalente metaforico del secondo (es. loceano pensiero di Victor Hugo). Questo tipo di metafore offre unintensit tropica ragguardevole; dalla similitudine il pensiero come loceano, alla metafora il pensiero un oceano, fino a loceano pensiero, dove lidentificazione sfocia in una individuazione (sottesa dallarticolo determinativo) di un oceano che pensiero. Nulla pi di queste metafore dimostra che queste vertono su una irradiazione orizzontale (ossia tra termini co-occorrenti) e non verticale (ossia tra termine occorrente e termine alluso, sostituito, interpretabile, ecc.). 27 Lopposizione tra una trattazione semantica e una pragmatica della metafora ha sempre fatto discutere, da un lato per il discredito progressivo delle distinzioni di Morris, dallaltro perch per la preferenza accordata a una seconda opposizione, quella tra visione semantica (spostamento di significato) e visione retorica (effetti persuasivi sul lettore) [cfr. Melandri 1969]. 28 Per il caso specifico delluso metaforico di nomi propri si veda Jonasson [1991]. La particolarit di queste metafore data dal fatto che i nomi propri non hanno un senso lessicale predefinito rispetto alla quale sopraggiungerebbe una significazione contestuale figurata. La semantizzazione dei nomi propri in predicati metaforici prevede lirradiazione di valori semantici che, in base alle conoscenze enciclopediche, linterprete in grado di attualizzare in quanto esemplificati esemplarmente (prototipicamente) dal referente del nome proprio. 29 Da parte della linguistica cognitiva in corso un tentativo di reinglobare nella prospettiva disciplinare tutta la tradizione di pensiero sulla metafora; si veda, ad esempio, come persino Hans Blumenberg venga recentemente accolto come un pre-cognitivista [Jkel 1999]; a dimostrazione di ci si portano le metafore assolute, visto che sono fondate su schemi culturali profondi, e soprattutto le metafore sottintese come immagini-guida del pensiero [cfr. Blumenberg 1960, trad. it. 87]. 10
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assolutamente cruciale. Si danno le metafore di denominazione, dove il metaforizzante esemplifica traslativamente delle propriet in mancanza di un termine lessicale specifico, delle denominazioni metaforiche (es. la betulla la fanciulla dei boschi) e infine delle metafore che si pongono pi come delle 30 ipotiposi anamorfiche (es. il sole nero della malinconia, Grard de Nerval) e che non sembrano avere nulla a che fare con le denominazioni, se non che spesso vi sono incassate dentro.

4.2. I due assi: trasferimento ed analogia Loriginario portato etimologico del termine metafora rinvia allazione di trasportare, trasferire (met phrein) e in effetti lidea di trasferimento, in un modo o nellaltro ha guidato quasi sempre la teorizzazione della metafora. Il punto nodale naturalmente la natura di tale trasferimento e ci che vi coinvolto; ben diverso naturalmente parlare di scambio lessicale (una parola per un altra), di decontestualizzazione/ cotestualizzazione, di proiezione o irradiazione semantica, di traslazione del senso, di trasferimento tra campi semantici [Kittay 1987]. Da questa diversa concezione del trasferimento metaforico dipartono - come vedremo - i vari modelli teorici della metafora. Accanto a questa divergenza si registra tuttavia la presenza soggiacente a tutti i modelli della struttura tipica della somiglianza, la quale la condizione di possibilit (semantica) del trasferimento. Anche qui sono in gioco tuttavia degli importanti distinguo: innanzitutto si apre una forte divergenza teorica a partire dalla costruzionalit/effettivit della somiglianza. Si noti che quando la somiglianza considerata fattuale, non meno si contempla una selezione e messa in valore (pertinentizzazione) di aspetti analogici a sfavore di altri. In questo senso, vi sempre una prospetticit nella analogia sottesa alla significazione metaforica. In secondo luogo, la somiglianza eredita (come il trasferimento) il problema di definire i termini coinvolti nella relazione/connessione analogica. In terzo luogo vi il problema della 31 simmetria/asimmetria della somiglianza analogica . Un quarto problema la regolazione modale tra lintensit della metafora (che molti ritengono funzione dalla inconciliabilit dei termini coinvolti nel tropo) e lestensione dei tratti somiglianti. La somiglianza diviene in questo senso ci che consente e organizza il trasferimento; quando diviene nulla fa collassare il senso della metafora, mentre quando diviene troppa fa collassare la metafora nel senso comune. Nel paragrafo precedente abbiamo visto come si proposta lesistenza di diversi tipi di metafore, rispetto alle quali va precisato il ruolo specifico o generalizzabile di trasferimento e analogia. Abbiamo parlato, per esempio, della costruzione tipo delle metafore nominali (N1 un N2); essa pu a ben vedere supportare perlomeno due relazione semantiche: di inclusione gerarchica e di associazione. Si soliti pensare che, quando la relazione tra i due termini N1 e N2 viene percepita come incongruente, la 32 significazione metaforica tende a costruirsi sul versante associativo , e a narcotizzare quello gerarchico [cfr. Tamba 1999]. Eppure, allargando la prospettiva dal piano frastico a quello testuale, Roman Jakobson notava per contro come la metafora fosse in grado di sommuovere le categorizzazioni attualizzate nel testo di occorrenza: il portato di ci tuttaltro che trascurabile. Nel mostrare come lintervento del figurale comportasse una messa in variazione della tassonomia degli elementi figurativi di un testo, Jakobson dava modo di scorgere una dimensione non solo associativo-analogica della 33 metafora . Lessenza dei tropi poetici non consiste soltanto nella registrazione delle molteplici relazioni che intercorrono fra le cose, ma anche nello spostamento delle relazioni consuete. Quanto pi intensa la funzione della metafora in una struttura poetica data,
Sul legame tra metafore e immagini si veda Ullmann [1964, cap. IX]: non tutte le immagini sono metaforiche (la maggior parte comunque, secondo Ullmann) e non tutte le metafore sono immagini. Interessante che lo specifico della immagine metaforica una doppia visione [ivi, 179]. 31 Le espressioni linguistiche della somiglianza metaforica sono allinsegna della asimmetria [Ortony 1979; Miller 1979], della mancata reversibilit dei termini; il che gi perfettamente implicito nella teoria interattiva. Il fatto che lasimmetria talvolta viene presa come argomento contro la fondazione di una teoria della metafora sulla somiglianza [cfr. Glucksberg & Keysar 1990]. Bottiroli [1995] pensa invece che la teoria interattiva di Black, proprio per leffetto rebound del metaforizzato sul metaforizzante, si ponga come relazione simmetrica. unimputazione alquanto discutibile; intanto perch potremmo parlare di un side effect di una proiezione metaforica orientata. 32 Glucksberg & Keysar [1990] ritengono che le metafore del tipo N1 N2 sono prodotte e comprese come asserzioni di inclusioni di classe, e non come comparazioni implicite [ivi, 168]. In fondo, la somiglianza diviene dellordine della relazione paradigmatica propria ai membri di una classe (di una categoria), come pensava forse in nuce lo stesso Jakobson. Glucksberg & Keysar [1990] si riferiscono a Goodman [1972, 189-90] per rendere conto che proprio la categorizzazione a costruire una somiglianza tra i membri e non viceversa. 33 anche per questa via che ci si accorge come rispetto alla dicotomia tra processo metaforico e processo metonimico di solito vulgata, Jakobson concepisse in realt una forte interazione e commistione tra i due processi, soprattutto sul piano della poesia con la traslazione delle relazioni paradigmatiche (selezione) su quella sintagmatiche (combinazione) [cfr. Zilberberg 1988, 142]. 11
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tanto pi decisamente vengono abolite le ripartizioni tradizionali, le cose vengono disposte in un ordine nuovo, in base a contrassegni di genere di nuova introduzione [Jakobson 1935, trad. it. 66].

4.3. Teorie della metafora Il trasferimento come movimento definitorio della metafora viene assunto, allinterno della linguistica e della semiotica, da una visione sostitutiva (retta dalla analogia semantica che pu essere colta tra una parola assente e una presente), una prospettiva comparativa (metafora come similitudo brevior), una rappresentazione irradiativa (propagazione di tratti semantici, in virt di analogie reperibili in un qualche livello, tra termini inaspettatamente accostati). Ciascuna di queste angolazioni ha dato vita a un fortunato modello teorico della metafora. Prima di soppesare lattualit di questi modelli e di investigare brevemente lesistenza di altre o nuove prospettive teoriche eccentriche rispetto a questa tradizione di ricerca, vediamo ora di presentare e di discutere le tre teorie fondamentali. Teniamo per conto di come i diversi sguardi teorici abbiamo adottato punti di vista diversi sulla metafora, facendo spesso notevole confusione. La metafora pu essere vista dal lato della sua istanziazione, e allora si ricercheranno le condizioni necessarie e sufficienti perch si dia metafora; oppure pu essere vista dal lato della sua ricezione, e allora sar in gioco la sua interpretabilit. Ancora: talvolta il punto di vista privilegiato sulla terminativit del processo interpretativo, e allora la metafora pu essere pensata a partire dalla sua parafrasi risolvente; altre volte il punto di vista sulla esperienza di senso mediata dalla metafora. Resta una certa irresolutezza nella distinzione/assimilazione tra significati estesi, traslati e metaforici; si tratta di una questione squisitamente di semantica lessicale, ma non manca di avere ripercussioni anche in altre prospettive teoriche. Nel primo caso, il fatto che un termine allarghi il numero di referenti che designa (estensione), finisce per allargare anche la sua intensione ( il mutamento semantico per mutamento referenziale secondo Meillet); nel secondo caso, il significato traslato (o figurato) sembra essere una cristallizzazione di un suo metaforico, fuori contesto (mutamento semantico per mutamento di contesto secondo Meillet): ogni segno verbale, lessicale o grammaticale registra sotto forma di una nuova accezione la traccia di un suo impiego metaforico ricorrente [Fonagy 1979, 194]. Il significato metaforico sarebbe invece eminentemente locale, determinato da un co(n)testo specifico, il che farebbe presupporre che sfugge alla dimensione lessicale, per divenire senso testuale dove sono coinvolti pi elementi (ossia oltre al metaforizzante, anche il metaforizzato). questo un quadro tuttaltro 34 che condiviso dai vari approcci teorici e problematico , ma decisivo per fare chiarezza sulla metafora, sulla sua definizione e sulla funzione che svolge nelluso e nellevoluzione della lingua, sulla possibilit o meno di parlare di un senso letterale, sullesclusivit o sulla risonanza paradigmatica delle accezioni di un lessema (da cui una polisemia intrasememica). Se la struttura semantica del segno mantiene le tracce delle escursioni semantiche sotto forma di accezioni sovrapposte, che potremmo paragonare ai cerchi dellalbero [ivi], aumenter progressivamente lentropia metaforica: quella che Halliday indica come progressiva demetaforizzazione delle lingue, dato che i significati traslati si cristallizzano progressivamente [cfr. Sadock 1979]. Il fatto che la metaforizzazione ricorsiva; prendiamo il caso di sirena, un termine dapprima denotante solo la mitica figura femminile dal canto irresistibile, poi per denominazione metaforica motivata ha denotato lapparecchio i cui segnali acustici devono sapersi imporre alla nostra attenzione. Abbiamo due lessemi autonomi, ma il secondo nato come metafora (la sirena della polizia). Ora, mentre il lessema pi antico sembra comportare delle estensioni e attirare i significati traslati in via di cristallizzazione, il secondo sembra altamente pi metaforizzabile in modo creativo. Se dico (1) ieri per strada ho incontrato una sirena il termine sembra convocato nella sua estensione tipica di donna ammaliante; se dico (2) Non resisto alle sirene del mercato, il termine sar convocato nel suo significato traslato di richiami. Se infine dico: Mi sono talmente ammazzato di lavoro che ieri si fatta sentire la sirena del cuore, ecco che sembra affacciarsi una metafora pi viva, meno cristallizzata. vero che solo il cotesto che mi fa prendere in considerazione un lessema piuttosto che laltro (Scusami per mia zia, una sirena, ma tanto sorda e paurosa), ma se nei primi due casi ho quasi una sostituzione, nel terzo mi richiesto uno sforzo interpretativo. Nei primi due casi i tratti semantici pertinenti erano immediatamente selezionabili, nel secondo si deve ricomporre linformazione sciogliendo le incompatibilit isotopiche superficiali, per cui devo vedere proiettare il suono lacerante e ricorsivo della sirena nellascoltare propriocettivamente il cuore. Estendere il dominio della metafora alle estensioni e/o ai traslati oppure smarcarla completamente per farne lemblema di una sperimentazione cognitiva e affettiva del linguaggio, che dispone gli enunciati in una sorta di stato di profezia rispetto ai

Quanto possibile distinguere lestensione dalla traslazione di significato? Forse per il fatto che la prima non comporta un passaggio per istanziazioni metaforiche che si cristallizzano? Insomma, resterebbe allinterno di una classe semantica? 12

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significati che i soggetti vi sapranno esperire , diramazione ovviamente cruciale per decidere di un suo modello esplicativo appropriato. In effetti, bisogna rilevare che lo studio della metafora nasce inficiato dal fatto che non esiste una tassonomia chiara e condivisa dei tropi; ne deriva che le metafore non costituiscono un corpus definito di occorrenze di cui cercare lassetto semantico (o la strategia interpretativa) invariante. Se la classe delle metafore tanto vasta da impedire di elaborare un modello esplicativo unico, ecco che anche la delimitazione della classe diviene poco interessante per una semiotica. Per contro la scelta di occuparsi di un solo tipo di metafore (per esempio quelle del tipo N1 un N2) rende spesso le teorie incommensurabili, dato che diverso lorizzonte di controllo. Ma infine la delimitazione di singoli casi sembra apparire insufficiente, come se solo linsieme dello studio dei fenomeni linguistici che passano sotto il nome di metafore costituisse un fatto semiotico-antropologico-cognitivo di grande rilevanza.

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4.3.1. La teoria sostitutiva Generalmente si sostiene che la teoria sostitutiva della metafora denomina il risultato della sostituzione - operata su uno sfondo di equivalenza semantica - in un contesto dato, di un lessema con un altro [Greimas & Courts 1979. trad. it. 209]. Il primo problema consiste nel fatto che spesso la metafora colma i vuoti del vocabolario [Black 1954, 50]. Sono le cosiddette metafore di denominazione (es. il dente di una montagna), che sono passate sotto il nome di catacresi, sorta di metafore necessarie, che perdono il loro statuto figurale una volta che sono state socializzate (si noti come oggi la catacresi indichi piuttosto il processo di cristallizzazione di una metafora). La sostituzione permessa e controllata dal cotesto o dallenciclopedia culturale di riferimento [per esempio, Weinrich 1978, 161], ma in ogni caso non pu riguardare dei semplici sinonimi, dato che ci vorrebbe dire pensare le relazione tra i membri di un paradigma linguistico come tout court metaforica. Cotesto e contesto permettono una sostituzione azzardata, creativa, non del tutto prevista dal sistema. Eppure, lidentificazione tra sostituzione metaforica e sostituzione paradigmatica non affatto peregrina e conta rispettabili basi di appoggio, come la teoria jakobsoniana [1963], dove sintagmatico e metaforico divengono quasi sinonimi. La metafora, in Jakobson, tende proprio a divenire spiegazione della relazione tra i termini che appartengono a un paradigma ( una tesi soppesata anche da Halliday [1985]), colmando una sorta di vuoto teorico, dato che - come spesso si argomentato - i membri del paradigma non possono essere solo definiti dal loro poter occupare un certo posto nella catena sintagmatica (lequipollenza grammaticale nella selezione condizione troppo vasta), n per contro possono essere riconnessi ad una comune categoria. Questa metaforicit relazionale dei termini di un paradigma non manca certo di presentarsi a sua volta di problematica spiegazione; introduce sotterraneamente lidea di una similarit tra i membri, ma anche dispone una messa in mobilitazione del senso gi al di qua della sintagmatica discorsiva: una tensione espressiva propriamente paradigmatica. Unaltra possibilit quella di pensare che ogni paradigmatica costituita sia da termini dotati di un certo valore semantico e grammaticale, sia da composti, sia da quelle che tradizionalmente vengono 36 chiamate figure ; il carattere spurio di queste entit e la multiprospetticit che le definisce (anche le figure sono costituita da termini) sembrano sganciare la paradigmatica dal suo porsi come dimensione di un sistema linguistico, per divenire classe prassematica. Questa soluzione pu essere adottata da una teoria sostitutiva per rispondere allobiezione che talvolta non esiste un termine in grado di sostituire lespressione metaforica utilizzata in un testo; infatti, si pu controbattere che se non vi un termine sostituibile, vi sar allora un composto, o altre figure in grado di candidarsi come equivalenti della metafora. Per risolvere il carattere spurio di questo paradigma prassematico, si pu infine considerare ogni forma contemplata come dotata di un valore retorico proprio, dato dal fatto che ogni realizzazione di una figura significa per risonanza metaforica rispetto alle altre che potrebbero sostituirne il ruolo allinterno di un discorso dato; tale risonanza semantica sarebbe - come voleva Fontanier - tanto pi intensa quanto la forma realizzata si pone come rara rispetto agli usi linguistici consolidati. Insomma, la seconda prospettiva potrebbe reintegrare la prima, anche se nel contempo la metaforicit diviene ubiqua, propria ad ogni scelta lessicale e infine confusa con il significato differenziale che ogni termine saussurianamente possiede. Certo si potrebbe pensare che la metaforicit sia questione di grado, ed ecco allora che una visione che vede un paradigma composto di termini, di composti e figure potrebbe supportare sia una stilistica della scelta (Bally), sia una stilistica dello scarto, data dalla differenza di potenziale tra le opzioni pi attese (tendenzialmente pi sociolettali) e la realizzazione di quelle pi rare (tendenzialmente pi idiolettali): si vedano ad esempio i lavori di Leo Spitzer. Limbricazione delle due prospettive pare depotenzializzare la loro rispettiva euristicit, il loro incrocio apre la questione del
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Le parole anticipano in una certa misura il pensiero, ci si lascia portare dalle parole, vale a dire che si d libero corso a delle intuizioni verbali precoscienti e incoscienti [Fnagy 1979, 197]. 36 Sul rapporto tra metafora e scelte sinonimiche si veda Jayez [1994]. 13

rinnovamento del paradigma, non elimina il valore retorico di qualsiasi scelta (del resto nessuno ha mai pensato che lutilizzo di un topos fosse forzatamente una de-intensificazione discorsiva) relativizzando il valore dello scarto; non risolve n extratestualmente n intratestualmente la costituzione di un piano neutro di opzioni rispetto a quelle marcate, ecc.; ecco insomma aprirsi una serie cospicua di problemi. Se la teoria della sostituzione classica banalizza la metafora in quanto la rende immediatamente sostituibile con un equivalente non-tropico senza resti semantici, la sua complessificazione tenderebbe a generalizzarla a tal punto da farne perdere cogenza concettuale. Tuttavia bene ammettere che la teoria sostitutiva non pu essere cassata troppo frettolosamente, come spesso si tende a fare; per prima cosa la teoria sostitutiva ha la sua specificit euristica nel pensare che il tropo (metaforico) si sviluppa nellasse paradigmatico: ricordiamo come la verticalit della tropica, rispetto alla linearit del significante, gi stata sostenuta, per esempio, da uno studioso illustre quale Genette [1966]), ma impostazione ancor oggi in auge, pur con i dovuti distinguo, per esempio allinterno delle teorie del blending. In secondo luogo resta piuttosto evidente che in molti casi la metafora risuona sullo sfondo di casi standard (si pensi al verso celaniano il fabbisogno in stelle), ossia come deviazione di un paradigma prassematico (legato a un genere discorsivo, a una situazione, a una forma di razionalit, ecc.). Parlare di classe prassematica significa tuttavia aprire un varco a una possibile relazione tra i membri che la compongono non pi fondata sullequivalenza o sulla metaforicit, ma invece sulla interpretabilit; vale a dire che ogni termine pu fungere da interpretante per laltro. La metafora si presenterebbe insomma come un interpretante eccentrico (rispetto alla classe ed esterno a un arcipelago di saperi) di un termine in absentia nel testo. Si potrebbe discutere se ci significa passare da una spiegazione semantica a una pragmatica della metafora, come forse penserebbe Georges Kleiber (non qui il caso di aprire il contenzioso tra integrabilit o meno di semantica o pragmatica). Kleiber critica la teoria della sostituzione non solo perch non sempre vi termine sostituibile, ma anche perch (i) la metafora avrebbe un carattere aperto, variabile, non limitativo, (ii) la sostituibilit comporterebbe una determinazione aprioristica e definita dei sensi figurati possibili di ciascun termine allinterno dei diversi paradigmi linguistici [Kleiber 1999b, 86]. Ci che viene maggiormente confutato da queste critiche senza dubbio la prospettiva semantico lessicale; si potrebbe infatti in linea di principio salvare la prospettiva affermando che la valenza figurativa dei termini e la loro sostituibilit non si stipulano a livello di sistema (i traslati registrati dal dizionario), ma a livello di parole, ossia di testualit. Ma non qui certo nostra intenzione appoggiare una teoria sostitutiva attraverso una scappatoia che ha raramente frequentato. Piuttosto vedremo in seguito come in alcune teorie evolute, come quella di M.A.K. Halliday la sostituzione mantiene una sua valenza euristica, ancorch limitata. Queste critiche ci fanno definitivamente rilevare una cosa: un conto pensare la sostituibilit come una equivalenza (perfetta o imperfetta che sia) di tipo semantico, un altro quello di ritenerla come scambio di membri tra classi di processi, di attribuzioni e di classificazioni culturali. Nel primo caso la sostituzione diviene anche esplicazione del senso metaforico, nel secondo rende conto solo delloperazione metaforica. Nel primo caso si pu effettuare effettivamente una sostituzione tra termine metaforico (realizzato) e termine congruente (richiamato), nel secondo la sostituzione indica semplicemente la genetica della metafora. Non bisogna insomma confondere una teoria della sostituibilit con una teoria della sostituzione. chiaro che nella prospettiva dellequivalenza, la metafora si pone come sinonimo di termini o di composti, o comunque come traduzione di configurazioni testuali. La metafora pu essere allora assunta come una variante stilistica sinonimica [cfr. per questa nozione (per la concezione della metafora in questo senso) Ullmann 1957; Hirsch 1975] o come tentativo locale di traduzione intralinguistica, dove ci che si cerca di salvaguardare il contenuto concettuale (opzione cognitiva) o una salienza estesica (opzione estetica). Lottimismo della sinonimia si contrappone alla imperfezione costitutiva della traduzione; la metafora come traduzione si offre come valida solo localmente o tuttal pi come familiarizzazione progressiva con una sostituibilit (cristallizzazione, catacresi). Anche se questa seconda versione concede qualcosa a quel carattere aperto, variabile, non limitativo che sarebbe proprio della metafora secondo Kleiber, ci non fa che riformulare lobiezione classica alla teoria della sostituibilit: sarebbe infatti il contenuto concettuale o la salienza estesica a non aver trovato forma espressiva se non attraverso la metafora, il che conduce allequazione comparativa propria della seconda teoria della metafora che prenderemo in esame.

4.3.2. La teoria comparativa La teoria comparativa quella che maggiormente si ricondotta alla tradizione aristotelica e al quarto caso di metafora da essa contemplata, fondata sullanalogia. Quando parlavamo di relazione metaforica tra i termini interni di un paradigma (teoria sostitutiva) evidente che la analogia fosse gi pienamente in gioco (identificandola in alcuni casi come relazione metaforica tra i membri del paradigma). Tuttavia, qui limpostazione sembra alquanto differente, dato che si tratta di osservare la metafora come una similitudo brevior, un paragone abbreviato, che pu essere parafrasato nella forma di una similitudine (es. unevidenza cristallina = chiara come il cristallo) [Mortara Garavelli 1988, 159].
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Contro lassimilazione di comparazione e metafora si sono schierati tra gli altri Henry [1971], Le Guern [1973], Searle [1979], Tamba [1981,] Martin [1983], mentre a sostegno delle tesi comparative resterebbe proprio il fatto che linterpretazione metaforica dovrebbe passare forzatamente per un calcolo comparativo, analogizzante ( proprio ci che nega risolutamente Searle, mentre riaffermato con nuovi 37 argomenti dai propositori di una visione referenzialista della metafora quali Mooij [1976] e Fogelin [1988] e in una prospettiva diversa da Ross [1993]). In ogni caso resta, come quella sostitutiva, una teoria ampiamente criticata; innanzi tutto in ragione del fatto che la parafrasi comparativa ottenibile solo in certi casi precisi di metafora e non in altri; in secondo luogo potrebbe apparire come una tesi sostitutiva mascherata, dato che il termine in ruolo metaforico e lincognita dellequazione comparativa sarebbero tra loro semanticamente equivalenti. Black ne conclude infatti che la concezione comparativa si dimostra solo un caso particolare della concezione sostitutiva [1954, 53]. Si deve notare come non bisogna confondere la comparazione esplicativa della metafora con la similitudine come figura accostabile (o meno) alla metafora: la parafrasi comparativa di Paolo un leone (contestualmente, ad 38 esempio) coraggioso come un leone (ossia ha perso il suo valore figurale ); mentre Paolo come un leone una similitudine attiva semanticamente in quanto figura. Si comunque sottolineato che davanti al tipo di metafora N1 un N2, la similitudine corrispondente (N1 come N2) ha effetti di senso diversi; si pu sostenere che a una percezione dinamica e quasi fusionale delle affinit, se ne sostituisce una statica [Bertinetto 1979, 160], oppure che a una relazione attributiva se ne sostituisce una piuttosto ascrittivo-finzionale. Questultima notazione, se accettata, rimarcherebbe come il parallelismo comparativo proprio della similitudine e non della metafora. Risalendo a Aristotele e alla sua metafora per analogia, si articolata la tesi comparativa della 39 40 metafora in termini di equazione proporzionale : es. lo spigolo del congedo (Celan), dove lo spigolo sta ad un oggetto come il momento del distacco al congedo. Si noti per come lequazione non sia che la sistemazione sinottica di un calcolo di senso che ben pi complesso della sostituzione di un termine a unincognita; anzi le incognite sono due e non sempre risolvibili perch non sempre c una organizzazione categoriale per cui metaforizzante e metaforizzato sono ciascuno parti di un tutto (ecco 41 le due sineddochi che sarebbero soggiacenti alla metafora, secondo il Gruppo ). Si pensi nel caso specifico come lo spigolo sia allintersezione di due facce, e sia colto generalmente pi come punto di incontro, di convergenza che come punto di distacco. Leffetto di senso della metafora in questione dipender dalla focalizzazione di uno o pi informazioni semantiche (la brusca puntualit spaziale convertita in temporale) che consentono di costruire una comparabilit. Limpressione allora quella che lo schema proporzionale divenga un semplice quadro sinottico, e che lelaborazione semantica della metafora si costituisca in altro modo e non solo attraverso semplici analogie di superficie (casomai sulla base di analogie ottenute da trasposizioni e irradiazioni di tratti). La ricostruzione del senso di una metafora comporta come quella del testo una saturazione dei valori semantici che possono essere resi pertinenti. Una saturazione che nel caso delle metafore si fa talvolta problematicamente asintotica, come viene sostenuto da chi ne proclama il carattere aperto; per restare a celebri esempi celaniani, nuca della parola, cristallo di fiato (metafora ossimorica), il tu delle rose (metafora pronominale), ecc. La ricostruzione di unequazione comparativa pu essere solo in alcuni casi propedeutica alla rilevazione di quegli assi analogici che delimitano la saturazione semantica della metafora. Ricapitolando: possibile distinguere versioni deboli e forti della teoria comparativa; nel primo caso la metafora ricondotta a una comparazione abbreviata che porta a ereditare tratti semantici precisi da parte del termine metaforizzato (comparazione abbreviata satura), nel secondo i tratti ereditati non vengono esplicitati (comparazione abbreviata aperta) [Kleiber 1999, 88]. La consapevolezza che la comparazione pu solamente impostare la ricostruzione dellinformazione semantica della metafora ma non spiegare la trasferibilit dei tratti (dei semi), ha condotto a raffinare i modelli esplicativi, soprattutto in 42 ambito strutturale e interpretativo . Tuttavia, rimane il fatto che alcuni tipi di metafore rifiutano
Per una critica della visione referenzialista della metafora vedi Eco [1971, 110 e ss.]. La metafora, pi che a una incongruenza referenziale, poggia su una scorrettezza enciclopedica [Eco 1990, 149]. 38 Parliamo inoltre di comparazione perch reversibile: non sarebbe pi assurdo infatti dire che quel leone coraggioso quanto Paolo, o che quel cristallo chiaro come lacqua dato che lesplicitazione della propriet riconduce a una prospettiva enunciazione constativa e non appunto metaforica. 39 Nel dibattito sulla metafora possibile leggere ancora in controluce lantica distinzione tra analogia di attribuzione e analogia di proporzionalit [cfr. Eco 2001]. 40 In realt lespressione celaniana suona nella traduzione italiana come lo spigolo vivo del congedo, che pu essere letta come unipallage dato che vivo cordoglio pu essere letto come non metaforico (vivo come intenso, per quanto si dica per estensione), ma rimane anche la metafora data la vicinanza stridente di spigolo e congedo. 41 Si pensi a una semplice metafora come Lichtschliff (lama della luce, Celan): lo schema comparativo diviene un paragone tra processi: la lama taglia la carne come la luce taglia lo spazio. Anche qui per non sono ancora esplicitate quali sono le propriet della lama attribuite allazione della luce. 42 Si dovrebbe aprire un capitolo connesso al ruolo della metafora in Lvi-Strauss; questi spesso interpreta dei legami profondi allinterno di una cultura, come per esempio tra proibizioni alimentari e regole di esogamia, in termini di connessioni metaforiche [cfr. 1962, trad. it. 119]. 15
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limpostazione comparativa e che questa si dimostra supplemento inutile alla disimplicazione degli 44 effetti di senso . Molte delle critiche al modello comparativo restano innegabilmente ancorate - come abbiamo gi detto - al nascondimento di una sostituzione, necessaria alla stessa impostazione dello schema proporzionale. Abbiamo visto che teoricamente possibile sostenere una tesi comparativa e nel contempo riconoscere la differenza semantica tra una metafora e una similitudine, ma resta il fatto che la glossa comparativa che sostituisce la metafora non esaurisce appunto il senso di questultima: Kleiber nota che dire Paolo un leone molto pi forte che dire Paolo forte e coraggioso (come un leone) [1999, 91]; questo non solo perch - come sostiene - la glossa depaupera la risonanza semantica della metafora, ma anche perch si perde lautoriflessivit dellespressione (porta a riflettere su come costruita) e non si tiene conto del gesto enunciazionale antiprassematico (nel caso alquanto convenzionale in verit). Alcuni di questi ultimi difetti verrebbero in parte evitati dalle teorie della comparazione abbreviata aperta [Guenthner 1975; Miller 1979], rifiutando la saturazione dei tratti sostituiti, pur ereditano le critiche di base al modello. Queste teorie pensano che la significazione metaforica possa ridursi anche a una comparazione inesplicabile, ossia il senso diviene la comparazione stessa. Il fatto che - come rileva Kleiber - spesso le metafore non sono nemmeno riducibili a una comparazione. I tentativi di pervenire a una struttura sintattica comune profonda tra metafore e 45 similitudini/comparazioni sono destinati allo scacco [cfr. Soublin 1971], per cui la soppressione degli elementi di comparazione (per esempio la classica congiunzione come) in enunciati comparativi non li trasforma sempre in enunciati metaforici, il che indicherebbe che non sono equivalenti dal punto di vista sintattico [Kleiber 1999. 93]. Le similitudini, aprendo unascrizione finzionale di propriet, non fanno alcuna provocazione ontologica, di contro allasserzione veemente della metafora [Ricoeur 1975]. unargomentazione diversa questultima da quella speciosa che viene condotta da Martin [1983, 207], per cui secondo unottica verocondizionale la comparazione dipenderebbe da una logica del vero e del falso, mentre la metafora no; ci in ragione del fatto che Paolo come un leone vera come proposizione comparativa solo se falso che Paolo un leone. Ora, se il contesto di Paolo un leone dato dal fatto che egli veramente un leone, non si capisce affatto come si possa continuare a parlare di metafora; se non lo , non una ragione sufficiente per dire che ci troviamo di fronte a una metafora. Si apre qui una questione importante se una metafora definita da una struttura sintattica o da un funzionamento semantico, o da entrambi. Nel primo caso risulta difficile restringere in un insieme definito tutti i sintagmi che potenzialmente possono supportare una metafora e nel contempo le forme sintattiche riconosciute come proprie della metafora che permetterebbero il ricoprimento dei ruoli previsti dalla struttura da parte di 46 qualsiasi termine con uguale valore grammaticale ; nel secondo caso si dimostrato difficile ritrovare un funzionamento comune a tutti i casi di metafora riconosciuti se non quello generale che regola la costruzione dei valori semantici; nel terzo, abbiamo laccettazione che la metafora una classe di enunciati difformi che rispondono a una comune strategia enunciativa.

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4.3.3. La teoria interattiva Se la sostituibilit accomuna in qualche modo le prime due teorie qui discusse, lanalogia un altro tratto che condividono, non solo tra di loro, ma anche con la teoria proiettiva. Vedremo come uno degli elementi pi forti nello scardinare il blocco di queste tre teorie standard proprio la negazione dellanalogia come tratto definente il meccanismo metaforico [Sperber & Wilson 1986; Kleiber 1999, 92]. Se lerrore delle teorie comparative risiede in questo desiderio di integrare nel senso lanalogia che questo senso ci invita a operare [ivi, 98], ci perch - come vedremo - si nega che vi possa essere una delucidazione semantica della interpretabilit delle metafore. La semantica potrebbe mettere in gioco solo le significazioni lessicali, ma non disimplicare il senso prodotto dalla frizione e dal residuo analogico dellaccostamento deviante che la metafora ha messo in campo. Il ponte analogizzante della metafora
Secondo Kleiber [1999] le metafore di evento e di propriet non accetterebbero una parafrasi comparativa; non sempre vero, dato che se dico che le onde guaiscono posso ricostruire la comparazione per cui le onde risuonano come il guaito dei cani. Vi sono casi per tutti i tipi di metafore che sembrano rifiutare una riduzione comparativa e per contro quasi tutte quelle che accettano tale riduzione non trovano in essa una disimplicazione dei suoi effetti di senso. 44 Del resto piuttosto assurdo sostenere che per comprendere la metafora il tramonto della vita si debba ricostruire una comparazione tramonto: giorno = vecchiaia :vita, dato che nel termine tramonto gi presente un sema afferente che lo collega al giorno e un nucleo semico inerente che di per s sufficiente per proiettarsi sul significato di vita stagliando la sua parte conclusiva: ma in questo modo siamo gi passati alla discussione del modello proiettivo, per cui facciamo qualche passo indietro. 45 Kleiber non fa una distinzione accurata tra similitudini e comparazioni. 46 Una struttura come quella N1 N2 sarebbe allora in grado di creare allinfinito e senza restrizioni metafore nominali. una visione che non tiene conto della tenuta del senso nella relazione tra testo e interprete. 16
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tuttal pi un passaggio verso la sua comprensione [cfr. Searle 1979], la quale richiede uno spostamento da una semantica intralinguistica a una pragmatica. Le teorie interattive sono quelle che si sono poste nellottica diametralmente opposta, pensando che la significazione metaforica richiedesse innanzitutto una spiegazione semantica. In questo senso fungono ancora oggi da punto di partenza, riconosciuto o meno, per approcci alla metafora propriamente semiotici e polemici rispetto alle teorie pragmatiche o cognitive. Ma queste sono rilevazioni di massima che richiedono ben altri approfondimenti. La teoria interattiva, denominata come tale da Max Black nel 1954, trova le sue radici innanzi tutto in Filosofia della retorica di Ivor Richards [1936]; questultimo avrebbe messo in risalto come la 47 significazione tropica si fonda su una tensione analogico-contrastiva irresolubile tra due termini in un enunciato, il cui arco sarebbe disegnato dal significato lessicale di un primo termine, chiamato veicolo (in 48 quanto in posizione di metaforizzante ), che entra in collisione semantica con il significato di un secondo termine (o comunque con una parte di cotesto a cui relato), in posizione di metaforizzato. I valori semantici irradiati appartengono al veicolo, ma vengono resi pertinenti al termine/cotesto, il quale si trova quindi a decidere del regime di irradiazione semantica; da qui una possibile ragione della denominazione scelta da Richards: tenore. Se certamente vero che Richards sostiene che dalla tensione reciproca tra veicolo e tenore che si costituisce il significato complessivo della metafora [Richards 1936, trad. 49 111], la quale si pone significativamente come un costrutto microtestuale , per contro linterpretazione 50 appena data delle sue tesi solamente la sua ricezione in Max Black , una sua mislettura. Black sosteneva in realt una teoria interattiva alquanto diversa da quella di Richards: vediamo allora di chiarirle entrambe. La premessa di Richards che la stabilit di significato di una parola deriva dalla persistenza del contesto che le d quel significato [1936, trad. it. 17]. Ora nella metafora si verifica una transazione tra contesti, una messa in tensione di significati contestuali [ivi, 89-90]. Laccezione di un termine realizzata in contesto messa in risonanza con una seconda accezione; la prima il veicolo della seconda: il tenore. La metafora la coppia di elementi indivisa [ivi, 92]. Ma ancora un dubbio rimane: se il tenore il significato traslato del termine occorrente (veicolo) o se un termine che stato sostituito da questultimo. Il lessema veicolo mette in risonanza due sememi, di cui il secondo di natura traslata (tenore) pu essere normalmente espresso attraverso un altro veicolo (il veicolo secondario): es. Una tenace e invincibile fiamma serpeggia nelle mie vene; il veicolo fiamma, oltre al semema letterale ne mette in gioco un secondo (alta temperatura corporea) che espresso da un veicolo secondario che febbre [ivi, 97-98]. In un altro esempio (shakespeariano, tuttavia, Tuffarmi nella miseria fino alle labbra, Richards riconosce in miseria il tenore e in mare o la tinozza in cui Otello verrebbe tuffato il veicolo. La confusione sembra aumentare. Infine, si aggiunge un argomento psicologico: la metafora rinvia a una semantica esperienziale per cui percepiamo o sentiamo una cosa nei termini di unaltra [ivi, 109]. Lo shifter percettivo sarebbe consentito allora da due accezioni del termine realizzato: e caratteristiche semiche comuni alle due accezioni (per esempio, gamba di cavallo e gamba del tavolo) 51 costituiscono il ground della metafora . Ma questa interpretazione semantica si sconta ancora con la
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Bottiroli [1995] critica Richards [1936, 118-19] perch non accetta la fusione tra tenore e veicolo, marcando il valore semantico delle differenze, il che metterebbe in crisi la vocazione alla somiglianza delle metafore. Ci che Bottiroli non coglie sono esattamente gli effetti semantici tensivi provocati dallinassimilabile, dal contrasto tra semi irradiabili ed altri inaccettabili. Per Rastier bisogna sempre uscire dallidea che il significato letterale sopraggiunga risolvendo il tropo e il suo problema interpretativo: e ci anche per metafore di cui si predica sempre lefficacia cognitiva come lipallage. La tensione doxastica nella lettura del tropo mantiene traccia del cammino percorso [2001b]. 48 Qualche precisazione terminologica per consentire traducibilit tra modelli; va tenuto in considerazione che quanti come Henry rinviano allo schema aristotelico per lanalogia a quattro termini possono usare la forma: a/a=b/b, in cui a il metaforizzante (veicolo, focus) e a il metaforizzato, mentre b e b sono i complementari. In Perelman & Olbrechts-Tyteca [1958] si ha invece la coppia tema costituita dai complementari e dalla coppia foro (metaforizzato e metaforizzante). 49 Solo in Black [1979] viene forse enfatizzato altrettanto chiaramente come la metafora sia sempre parte di un discorso pi vasto: tuttavia nella teoria interattiva il cotesto sempre stato reso pertinente, la porzione pertinente di questo alla significazione metaforica individuata dal focus. 50 Si deve osservare che sarebbe allora del tutto corretto assumere in Richards il tenore come termine sostituito di un termine presente (veicolo), o come significato tropico rispetto a un significato letterale di una stessa parola. ci che fa Briosi [1985, 46], e questo in ragione della salvaguardia delleuristica della teoria interattiva, pena la sua incapacit di ricoprire casi quali ecco il leone!, riferito ad un uomo [ivi, 46], ossia le cosiddette metafore in absentia. Questa definizione esplicita per il vizio di considerare la metafora come elemento paradigmatico sganciabile dal cotesto e dal contesto. Detto questo, Briosi si fa, poche pagine pi avanti, paladino della contestualit e della situazionalit della metafora [ivi, 48-49]. 51 Ullmann [1964] illustra come a partire dalla teoria di Richards si possa pervenire a una classificazione delle metafore per il loro veicolo (limmagine), per il tenore (i temi che si prestano alla metaforizzazione, alla estensione metaforica), per il tipo di ground, ossia per la natura della analogia, dei tratti compartecipati (per esempio, oggettivi o emotivi); per la relazione tra veicolo e tenore (a seconda che abbiano referenti astratti o concreti; se tutti e due sono astratti, Ullmann ritiene che non si possa dare unimmagine, in quanto perdono qualsiasi carattere sensibile. 17

frequente identificazione di veicolo e di tenore con i referenti (reale e metaforico) del discorso: se si sta comparando la mente al fiume, tutti gli aggettivi che sono riferibili letteralmente alluno lo pongono in gioco come veicolo e mettono laltro nella posizione di tenore. La metafora sarebbe allora una doppia predicazione, di un referente su un piano letterale e dellaltro su un piano metaforico [cfr. Fogelin 1988]. La referenzializzazione sdoppiata da una pluri-isotopia, da una duplicit del contesto; ecco che infine si comprende anche lesempio precedente Tuffarmi nella miseria fino alle labbra: miseria il tenore anche se un elemento realizzato sulla superficie del testo, in quanto da parte della isotopia metaforizzata e non di quella metaforizzante. La proiezione di una isotopia nellaltra pu essere mediata da un termine attraverso le sue diverse accezioni, ma ci non toglie che il discorso non possa invertire il verso della proiezione. Anzi, la metafora costitutivamente una inversione, dato che il tenore viene talvolta identificato con (o attraverso) la cosa di cui si sta parlando (isotopia principale), mentre la metafora sopraggiunge imponendo unaltra isotopia, capovolgendo localmente la loro gerarchia, come noter in seguito Rastier [2001a]. Malgrado questa illustrazione gi tenga conto degli sviluppi teorici successivi, risulta esemplificativa sia dei tentennamenti di Richards, sia della sua complessit. In Richards vi era gi lidea centrale che vi fosse un controeffetto dal tenore verso il veicolo, il quale si trovava a sua volta messo in variazione dal punto di vista semantico. Il carattere interattivo della relazione sarebbe perci espresso sia dalla tensione 52 semantica analogico-contrastiva tra i due termini , sia dalleffetto collaterale retroattivo (il veicolo si 53 carica di altre valenze semantiche - come vocabolo ha una storia che fatta anche dei suoi usi tropici ). Questa interattivit non annulla lasimmetria della relazione tra veicolo e tenore, per cui lirradiazione semantica ha un percorso fortemente privilegiato, o per usare i termini di Black, la proiezione dei tratti semantici avviene dal veicolo, che chiama focus, verso il tenore, che decide di chiamare invece frame [Black 1954]. Il fatto che si insista nel parlare di interazioni di idee o di interazione tra contesti (Richards) indica come il senso della metafora sia costitutivamente aperto e tensivo, almeno finch ci si riferisce a quella che Ricoeur chiama una metafora viva, ossia per nulla cristallizzata. Il fatto importante, che deve essere messo assolutamente in chiaro che la coppia focus/frame non corrisponde affatto alla coppia veicolo/tenore: labituale identificazione che viene compiuta errata. Black, infatti, chiama focus le componenti frastiche usate metaforicamente, mentre il resto degli elementi co-occorrenti nella frase cornice (frame) [1954, trad. it. 45]. Se Black trova gli antesignani di una teoria interattiva della metafora, oltre che in Richards, in Bedell Stanford [1936], in Empson [1951], oggi non possiamo dimenticarci come gi ricordato allinizio - lapporto di Karl Bhler, per cui dobbiamo qui compiere una breve parentesi. Buhler tendeva quasi a generalizzare lidea di irradiazione semantica (asimmetrica, ma comunque bidirezionale), propria della metafora, a tutti i composti linguistici, non solo in termini di funzionamento semantico, ma anche in termini di creazione innovativa. A parte il richiamo a una spiegazione anche di 54 natura psicolinguistica della metafora , e quasi sullorlo di proporre lidea di una percezione semantica (poi teorizzata da Rastier), Bhler prelude alle tesi di Black quando esplicitamente sostiene che la costruzione metaforica strutturata da una componente proiettiva [ivi, 406]. Per Bhler lirradiazione semantica dal metaforizzante al metaforizzato comporta in particolare la narcotizzazione o la valorizzazione delle propriet trasferibili; essa infatti relata a una connessione attributiva di significato 55 governata da una legge di mascheramento di propriet impertinenti al co(n)testo . Metaforizzato e metaforizzante sono termini co-occorrenti nel testo, come voleva Black. Infine, lottica funzionalista portava a marcare la necessit espressiva della metafora mentre licasticit costituiva il presupposto per 56 le condizioni di felicit di essa in quanto atto linguistico, mettendo in primo piano i fattori contestuali .

Da perfetto semiologo Black precisa che focus e frame rinviano a rapporti tra classi (types) e non tra occorrenze (tokens). 53 Leffetto rebound della significazione tropica dal metaforizzato verso il metaforizzante pu divenire una deriva simbolica del secondo: la fiamma della passione tende ad essere metafora tanto ricorsiva quanto la fiamma, di per s, diviene simbolo della passione. es. Hai una nuova fiamma?. 54 Si veda come anche Henry [1971] pensi sia fondamentale richiamare dei saperi psicolinguistici per spiegare la metafora, soprattutto in chiave stilistica [ivi, 4], e che metafora, metonimia e sineddoche sono sottese da ununica essenziale operazione mentale [ivi, 8]. Il fatto che Henry passa con grande leggerezza dal piano psicologico cognitivo a quello semantico, come se il secondo fosse perfetto riflesso del primo. Non per nulla riduce lanalisi semica a una analisi concettuale, e quindi nasconde il campionamento di propriet sotto una spiegazione linguistica. la mente che compie delle selezioni/focalizzazioni semiche. Limbarazzo di Henry per la distinzione/coimplicazione della sfera concettuale e di quella linguistica palese [ivi, 22], ma infine i segni linguistici sono dei meri veicoli di concetti, e i campi associativi non riguardano classi linguistiche, ma concettuali; sono insiemi strutturati e policonnessi di concettientit (campo del denaro: oro, moneta, luigi, ecc.). 55 Bhler concepisce la ricostruzione dellinformazione semantica propria ai composti e alle metafore come determinata dalla interposizione nella connessione attributiva di un doppio filtro: sottosommativit e soprasommativit, la prima integrativa dei valori semantici compatibili, la seconda che procede in senso inverso per mascherare le propriet incompatibili. 56 Abbiamo visto come queste due caratteristiche della metafora venissero mutuate dai lavori di Hermann Paul. 18

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La teoria interattiva veniva sistematizzata da Max Black allo scopo di dimostrare come fosse lunico modello in grado di spiegare tutti i tipi di metafore, quindi non solo quelle nominali-attributive, ma anche quelle di processo e di propriet (per usare la terminologia di Kleiber) e non scarta nemmeno lipotesi di metafore connesse a congiunzioni [1954, nota 1]. Nellambito degli anni Cinquanta, lintervento di Black si porr in antitesi rispetto al lavoro di Brooke-Rose; il punto di discordia la costruzione sintattica della metafora, del tutto laterale rispetto alla vera questione semantica posta dalla metafora, per la seconda addirittura definitoria della figura. Alla luce della ricerca attuale, limpostazione interattiva ha avuto pi fortuna, sia in termini di teorie che vi si richiamano direttamente [per es. Tourangeau & Sternberg 1982], sia per via di filiazioni pi indirette e non del tutto riconosciute (per es. la teoria semiotico-tensiva di Fontanille e Zilberberg). La teoria sintattica della metafora (vero e proprio quarto modello), se non ha mancato di offrire lateralmente osservazioni interessanti, ha oggi perso di peso, soprattutto dopo i lavori di F. Soublin, di J. Tamine [1979], di Tamba [1981], che hanno soppesato e infine attestato linevitabile carenza descrittiva di questo approccio, almeno fino a che non ci si serve di necessarie integrazioni sullorganizzazione referenziale e enunciazionale delle figure. Nel presentare la teoria interattiva come semantica si compie filologicamente una forzatura, dato che Black nel 1954 gi tentava in nuce di distinguere il riconoscimento delle metafore, che avviene sulla base semantica di un sistema linguistico, dalla loro interpretazione che si pone a un livello pragmatico [1954, trad. it. 48] e che afferisce alle intenzioni del parlante e allenfasi con cui viene enunciata [ivi, 47]. Questa distinzione tra riconoscimento per via semantica e interpretazione per via pragmatica trova riscontro, pur con la differenza sulla concezione del versante pragmatico della metafora, in Kleiber [1999]. Questultimo non nota questa vicinanza e piuttosto contesta qualsiasi validit del modello interattivo; per esempio, questo non sarebbe in grado di spiegare frasi non devianti che vengono impiegate metaforicamente (es. Max un neonato). Allo stesso modo la teoria farebbe difetto rispetto a frasi dove ogni termine usato al di l del suo significato letterale, come rileva Searle [1979] a proposito delle metafore multiple. Nel primo caso emerge il solito problema della decontestualizzazione delle frasi, rilevato anche a proposito delle cosiddette metafore in absentia ( un neonato). Nel contesto discorsivo Max apparir chiaramente come un uomo adulto, e allora ecco che ci troveremo di fronte a una metafora (e di un tipo che dimostra come il salto tra campi semantici differenti non sempre necessario); nel caso in cui il discorso abbia gi rilevato Max come un infante o non ne abbia predicato in alcun modo let, la frase succitata non sar una metafora; nel caso in cui il soggetto implicito, limplicitazione stessa sorta grazie a una anaforizzazione del soggetto che poteva essere data per scontata. Nel caso delle metafore complesse tutti i termini sono usati in maniera non letterale; ci significa che vi sono dei tropi incassati, e non si pu interpretare la metafora inglobante senza aver ricostruito il senso del tropo inglobato. Ma prendiamo un esempio celaniano: atemwende (inversione di respiro); in questo caso potremmo affermare che il sintagma ha una denotazione piuttosto chiara (il momento in cui si passa dallinspirazione allespirazione) e nel contempo sostenere che questo processo denotato in realt allude a qualcosaltro, non coglibile sul piano letterale: il che rivela che siamo in ambito pi simbolico-allegorico, che metaforico. Il modello interattivo non sembra soffrire, dunque, di queste critiche. Per quanto riguarda laspetto pragmatico, Black in fondo interessato a esplicitare come il senso di una metafora derivi anche dallassunzione predicativa da parte del soggetto enunciatore: lenfasi con cui stata enunciata viene chiamata il peso della metafora. Anche qui vale rilevare che spesso vi unenunciazione enunciata della metafora, ossia testualizzata, per cui il peso inferibile dal cotesto. Il fatto di voler piegare il modello interattivo a una concezione semantica della metafora non urta comunque con le rilevazioni pragmatiche compiute, e trova pi di un appiglio nei testi di Black. Vale la pena, per esempio, ritornare sulla capacit della metafora di regolare il frame emotivo (e non solo cognitivo) di un discorso; ecco che piuttosto che adottare unottica pragmatico funzionalista, Black [1958, trad. it. 87] sostiene che una metafora efficace ha il potere di mettere due domini separati in relazione cognitiva ed emotiva usando il linguaggio direttamente appropriato alluno come una lente per vedere laltro (corsivo nostro). La relazione analogica-contrastiva tra i termini costituisce quindi dei valori cognitivi e affettivi sulla base di una focalizzazione spiazzante. La tensione interattiva irresolubile data dal fatto che somiglianze e differenze entrano in un conflitto specifico, locale; se quindi vi un ruolo innegabile della analogia nella irradiazione dei tratti semantici, essa non data se non al di fuori della focalizzazione specifica che una particolare metafora allestisce. Il punto cruciale per Black che le somiglianze hanno un regime graduato e pertinenziale, ed anche tentativo (in questo senso lanalogia non mai autoesplicativa): la metafora crea similarit piuttosto che dire che essa esprime una similarit gi esistente in precedenza [1954, 55]. Dato che analogie e contrasti si costituiscono localmente nella metafora, ecco che non si potr neppure parlare - come direbbe Richards - di uninterazione tra unidea letterale e una metaforica: linterazione tra significati presenti nel testo sottesi al veicolo e al tenore, da una parola focale e da una cornice: il significato metaforico la risultante di questa interazione, una sorta di chimia linguistica non prederminabile, non inferibile dal lessico standard [Black 1978, 31], una focalizzazione inaspettata, creativa. E se vi qualcosa che la teoria interattiva non riesce a spiegare completamente proprio cosa significa dire che in una metafora una cosa pensata (o vista) come unaltra cosa, ossia resta da spiegare quello specifico che differenzia la
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metafora da una semplice comparazione [ivi]. In effetti vi sono altre cose che rimangono controverse allinterno della teoria interattiva; per esempio, come determinare i significati del focus e del frame che entrano in una relazione dinamica analogico-contrastiva, tensiva. Analizzare il commento di un esempio offerto da Richards sar di aiuto: nella frase I poveri sono i negri dEuropa abbiamo linterazione tra il focus negri e la cornice tesa da poveri, dove la seconda estende il significato del primo a partire dal fatto che spinge il lettore a trovare connessioni [Richards 1936, trad. it. 118] tra le due idee. Questa ricerca dinamica di significato verte per o sul mettere in gioco una serie di connotazioni selezionate dal contesto del termine focale (Richards) o su una messa in valore dei luoghi comuni che vi sono connessi [Black 1954, trad. it. 57]. Il significato e la pertinenza di una metafora dipenderebbero quindi dalle enciclopedie di riferimento dei lettori, o se si vuole dai contesti culturali; Black tuttavia sembra voler fare dei luoghi comuni diffusi una parte del significato letterale del termine focale, dato che essi risulterebbero in fin dei conti sufficientemente interculturali; ecco allora che le implicazioni relate al termine metaforizzato (focus) 57 devono essere determinate dal modello dimplicazioni associate agli usi letterali della parola focale [ivi, 59]. La metafora sarebbe allora connessa a una legge di proiezione di implicazioni socioculturali (luoghi comuni) dal termine metaforizzante a quello metaforizzato. Questa spiegazione di buon senso rischia di annullare le potenzialit del modello interattivo nel suo rispettare la chimia semantica propria alla metafora e di farlo implodere nei modelli precedenti. Salvaguardia pi che altro il fatto che la metafora viene usata quotidianamente partecipando alla costruzione intersoggettiva di un orizzonte. Per Black la metafora potrebbe essere assunta da una logica 58 utens, e indaga un suo possibile raffronto con il modello scientifico (logica docens), lascia lo spazio tradizionale alla logica poetica, che se pure gioca con i luoghi comuni, tuttavia costruisce anche delle implicazioni specifiche dei termini utilizzati [ivi, 62]. Resta il fatto che richiamare il ruolo centrale dei luoghi comuni nella semantizzazione di focus e frame rischia di trasformare le metafore stesse in luoghi comuni: indubbiamente molte lo sono, ma restano tali o collassano in proverbi, in detti? Solo per una metafora viva possibile affermare che il suo potenziale cognitivo e passionale comporta categoricamente - come afferma Black stesso - limpossibilit di parafrasarla. In More about Metaphors, la predicazione metaforica viene disgiunta dal motivo metaforico, che significa al di l del cotesto proprio in virt della sua ricorrenza sociolettale. Ecco allora che il motivo metaforico pu restituire un credito alla teoria sostitutiva, mentre lasserzione metaforica implica una violazione delle regole [1979, trad. it. 107], richiedendo una forte cooperazione da parte del 59 destinatario , proprio in ragione del fatto che il focus si rivela non parafrasabile (lenfasi di una metafora 60 dato proprio dal suo carattere insostituibile ).

5. Alcune teorie recenti Come si tentato di mostrare, le tre principali teorie della metafora si sovrappongono in alcuni punti e rilevano ciascuna aspetti che non possono essere rigettati totalmente dalle altre. La teoria sostitutiva,
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Di fatto, la sostituzione di luoghi comuni con complesso di implicazioni, proposta in Black [1979] era gi in nuce nellarticolo del 1954. In Black [1979, trad. it. 114] linterazione viene spiegata nel seguente modo: i) la presenza del soggetto primario incita lascoltatore a selezionare alcune delle qualit proprie del soggetto secondario, ii) lo invita a costruire un complesso di implicazioni parallelo che possa andar bene anche per il soggetto primario; e iii) reciprocamente induce dei cambiamenti paralleli nel soggetto secondario. 58 Black si spinge ad affermare che ogni complesso di implicazioni sostenuto dal soggetto secondario di una metafora [...] un modello delle attribuzioni ascritte al soggetto primario: ogni metafora una punta di un modello sommerso [1979, trad. it. 117]. Asserisce quindi che tra metaforizzato e metaforizzante si pongono delle reti isomorfiche [ivi, 118]; dovremmo pensare, per coerenza rispetto agli scritti precedenti, che tali reti siano costruite dalla metafora e non siano connessioni analogiche strutturali reali e preesistenti, ma Black si pone la domanda se le metafore possano talvolta rivelare delle connessioni senza crearle [ivi, 128]. Le metafore sono analoghe ai modelli scientifici in quanto si propongono come delle ridescrizioni di qualcosa mettendone in luce nuovi aspetti. Qui Black manca di appoggiarsi allisomorfismo estensionale di Goodman, e da un lato afferma che una violazione della grammatica filosofica attribuire verit o falsit alle metafore forti [1979, trad. it. 134], dallaltro avvicina la metafora a cartine e mappe, grafici e diagrammi pittorici, fotografie e dipinti realistici: per questi parliamo di correttezza rappresentativa, non di verit o falsit. Dietro laffermazione del potere descrittivo della metafora, si nasconde la riaffermazione di una posizione epistemologica realista. 59 Lo sforzo cooperativo richiesto al destinatario e la qualit della elaborazione delle implicazioni determina la risonanza di una metafora [Black 1979]. 60 Un alto grado di enfasi e di risonanza definiscono una metafora forte: tuttavia le relazioni tra queste due qualit non sono forzatamente converse; vi sono casi in cui vi poca enfasi metaforica, ma alta risonanza il che produce secondo Black [1979, trad. it. 110] - una sproporzione, una dissonanza. Sulla non-parafrasabilit della metafora Eco [1990, 158-59] sostiene contrariamente che si deve almeno sempre lasciare lipotesi di una sua parafrasabilit critica, per quanto complessa ed estesa, pena una ricaduta in una sospetta inesprimibilit. 20

quella che maggiormente appare come anacronistica, si dimostra parzialmente valida davanti ai casi di motivi metaforici stereotipati; mette in luce come parte della significanza del tropo derivi da una risonanza paradigmatica rispetto a termini che sarebbero normalmente pi congruenti in quel contesto discorsivo; pu essere riletta in termini genetico-poietici (teoria della sostituzione, non della sostituibilit). La teoria comparativa pone in primo piano lanalogia tra focus e frame come asse di pertinenza rispetto alla irradiazione semantica. La teoria interattiva apre la via a uno studio tensivo della significazione metaforica. Queste tre teorie si sono sviluppare e rifigurate allinterno delle diverse, frastagliate scuole linguistiche e semiotiche negli ultimi trentanni; prendendo spunto anche dal quadro recentemente ricostruito da Kleiber [1999] avremo; 1. Soluzioni semantiche integrali a) approccio semantico-contestuale tensionale [Black 1962; 77] b) analisi componenziale strutturalista [Gruppo 1970, Ldi 1973] c) approccio semantico-interpretativo [Rastier 1987; 1994; 2001a d) approccio semiotico-tensivo [Fontanille 1996; Zilberberg 1996] e) approccio generativista (chomskianao, alla Katz-Fodor) [Bickerton 1969; Aarts & Calberts 1979] f) approccio logico-semantico [Mack 1975] g) approccio semantico formale-verocondizionale [Van Dijk 1975; Guenthner 1975]. h) approccio semantico-esperienziale [Lakoff & Johnson 1979; 1999; Lakoff & Turner 1989; Villard 1984]. 2. Soluzioni sintattiche a) definizione sintattica della metafora di Brooke-Rose [1958] b) definizione sintattica integrata [F. Soublin1971, J. Tamine 1979; I. Tamba [1981] 3. Soluzioni semantico-pragmatiche a) approccio semantico funzionale [Perelman & Olbrechts-Tyteca 1958; Hemler 1972, Mack 1975; Halliday 1985]; b) approccio semantico per lidentificazione (devianza), pragmatico per linterpretazione [cfr. Searle 1979, Martin 1983, Kleiber 1984, Kittay 1987, Turner 1988, Ldi 1991, Prandi 1992]. 4. Soluzione pragmatica integrale a) riduzione della metafora a fatto linguistico ordinario [Sperber & Wilson 1986; Moeschler 1991]. uno schema naturalmente che trascura un mucchio di autori , non considera alcune posizioni e ne riduce altre; soprattutto mette in valore lo scarto tra pragmatica e semantica, che ben sappiamo essere nientaffatto pacifico. In molti casi, tale scarto viene marcato, nella teorizzazione della metafora, come passaggio da un significato lessicale, denotativo, cogente al sistema linguistico a un senso 62 63 costruito per inferenze. Hansson [1974] ha coniato lespressione pragmatica di secondo grado per identificare quella che si occupa di tutti i casi in cui la significazione frastica non si confonde con i contenuti proposizionali. Da ci, si evince come in questo ambito persista largamente lopposizione senso letterale/senso figurato. Anzi, si veda ad esempio come Searle [1979] critichi gli approcci semantici integrali, proprio per aver dimenticato di tratteggiare la questione del senso letterale, sfondo necessario per render conto del sopravvenire delle figure [cfr. Kleiber 1999a]. Dato che vi sono approcci, come quello di Halliday, certo prevalentemente rivolti alluso della lingua, ma che non rifiutano una spiegazione della metafora in termini semantici, si vede come il problema rimanga, non tanto quello della realizzazione del senso, quanto quello del luogo del senso: la lingua/il testo oppure la mente dellinterprete. Infine, una trattazione a parte meriterebbe la terminologia utilizzata dalle teorie, visto che regna una certa confusione: innanzi tutto, si dovrebbe privilegiare il riconoscimento di componenti essenziali o complementari della metafora. Pare difficile eliminare la distinzione tra un focus e un frame come porzioni co-occorrenti di un sintagma testuale che sviluppano una tensione semantica (anche quando il frame solo anaforizzabile - metafore in absentia). Un terzo elemento quello solitamente relato alla cosa o al termine rispetto a cui il frame sta al posto; si proposto il termine di tenore (Richards), altri parlano di topic. Mentre non vi problema a chiarire il rapporto tra focus e frame (dato che sono termini co-occorrenti e quindi bisognosi di una integrazione semantica), pi difficile definire la relazione tra focus e topic; si pu parlare, come abbiamo visto, di sostituzione, di rapporto tra segno e interpretante, per quanto ci riguarda pare interessante seguire lidea di topic e riprendere lidea di Arthur Danto (rispetto
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Abbiamo citato e integrato lo schema proposto di Kleiber per motivazioni di esposizione di una prospettiva teorica oggi piuttosto in auge; ci valga per rendere ancor pi chiaro che per parte nostra non condividiamo i criteri classificatori alla base di questo schema. 62 Citato da Kleiber [1999a]. 63 Hansson la oppone alla pragmatica indessicale (di primo grado) e a quella degli atti linguistici (di terzo grado). 21

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allopera darte e alla sua significazione retorica) di aboutness (nozione usata tra laltro anche da Mooij [1976]), che in termini semiotici tradurremo come referenza tematica (a monte infatti il tema ha avuto una declinazione figurativa deviante, metaforica). I tratti condivisi tra focus e topic vengono chiamati il ground della metafora (Richards); ma in realt abbiamo il problema anche di indicare i tratti semantici che focus e frame possono scambiarsi e conciliare allintersezione di due isotopie differenti gerarchizzate: proponiamo per esempio bacino, ritenendo che esso possa essere messo in gioco secondo diverse referenze tematiche. Il grado di inconciliabilit semantica tra focus e frame stato chiamato da Sayce [1954, 62] langolo dellimmagine, o se vogliamo punto di vista; spesso tuttavia, questo attribuito alla distanza semantica tra focus e topic. I problemi terminologici afferiscono al carattere ricorsivo della metafora, agli incassamenti tropici, e al richiamo (localmente discorsivo o culturale) di denominazioni metaforiche o di traslati. Il carattere sensibile della metafora legato alla messa in presenza della metaforizzazione; in tal senso se ci si limita ad un richiamo anaforico di una denominazione metaforica questo carattere compromesso, a meno

topic
referenza

ground

focus
P.d.V.

bacino

frame

sintagma metaforico

TESTO
che non siamo in presenza di una metafora incassata. Vediamo di spiegarci. Prendiamo lesempio di metafore incassate sfruttando il carattere ricorsivo: La betulla la fanciulla dei boschi; abbiamo due isotopie (una sottesa da betulla e boschi e laltra da fanciulla) che entrano in tensione semantica. Sono i casi in cui il tenore viene riconosciuto come elemento testualizzato, il che significativo del fatto che la referenza tematica di fanciulla (al di l delle propriet irradiabili) sia esplicita. Il fatto che abbiamo una denominazione metaforica che incassa unaltra metafora, dato che autonomizzabile e costituisce un bacino di tratti semantici compatibili che potrebbero aprire altre eventuali referenze tematiche (si noti che lincassamento ricorsivo: posso dire infatti La betulla la fanciulla dellumanit verde. Infatti, ecco che in un testo posso trovare, sotto certe condizioni cotestuali, la metafora la fanciulla dei boschi; sostenere che il suo topic betulla significa rinviare a una denominazione metaforica assente; ma non siamo davanti a una metafora in absentia, dato che fanciulla dei boschi pu funzionare autonomamente, anche se stenter a trovare un topic preciso. Sostenere che la metafora ha una semantica solo quando riconducibile a un topic cosa alquanto dubbia; e non si tratta solo di sostenere che pu rinviare a un referente non dotato di lessicalizzazione (la referenza di cui si parla da intendersi come inter-referenza tra universi semiotici). Che si possa rinviare a un topic senza avere a monte una denominazione metaforica cotestuale o registrata dallenciclopedia altrettanto tacito. Ci si pu chiedere se il rinvio al topic sia il primo obiettivo di tutte le interpretazioni metaforiche, privilegiando magari la loro riconduzione a una denominazione metaforica (le onde guaiscono la risacca il guaito delle onde). Quando Davidson reclama che la metafora letterale in quanto imparafrasabile, sta forse mettendo laccento su metafore che non sfociano in una referenza tematica. La metafora infatti, non solo un surrogato di un concetto mancante ma sempre possibile in linea di principio e perci esigibile, ma anche un elemento proiettivo che amplia e contemporaneamente occupa uno spazio vuoto, cio un processo immaginale che si crea, nella metafora, una sua propria consistenza [Blumenberg 1971, 109].

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Non possiamo qui continuare oltre , ma rispetto a questo quadro che cercheremo ora di focalizzare lattenzione su qualche contributo interessante sul fronte linguistico o semiotico che abbia messo in variazione questo quadro o proposto delle alternative.

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5.1. Halliday (via Goodman) Prima di entrare nella breve presentazione della posizione di Halliday rispetto alla metafora 65 compiamo qui una piccola parentesi propedeutica rispetto alla teoria della metafora in Goodman ; questi infatti ha proposto con la sua nozione di esemplificazione metaforica (o espressione) un possibile modello di irradiazione semantica per spiegare la metafora, per quanto - come vedremo - risulti piuttosto problematico. noto come lesemplificazione si ponga come un asse inter-referenziale tra linguaggi e mondo del tutto opposto a quello della denotazione, e che essa si distingue dalla mera istanziazione di propriet che un testo pu esibire. Ora, lesemplificazione metaforica si d quando un campione esemplifica delle propriet che possiede solo metaforicamente, ossia le esprime (per dirla nel gergo tecnico goodmaniano). Un termine pu essere assunto denotazionalmente (rinvia a una figura del mondo naturale), o invece come esemplificazione, vale a dire che vengono messe in valore alcune propriet che esemplifica (nel caso di una parola, le propriet semantiche e fonetiche). Lo stile enunciazionale di un testo pu esemplificare uno stile cognitivo. Bref denota la brevit, ma pu anche esemplificarla, tanto che usato retoricamente in francese, quando si sta chiudendo unargomentazione, molto pi di quanto in italiano non si usi brevemente per il medesimo scopo. Lesemplificazione metaforica si d quando una serie di propriet ne traduce unaltra [cfr. Basso 1999], quando per esempio le qualit plastiche di un quadro restituiscono unidea di movimento. Nel caso di una metafora, la parola focale istanzia delle propriet che vengono relate per via di esemplificazione (spesso metaforica) ad un frame. Se lesemplificazione rischia di scivolare nellinsieme delle propriet istanziate da un campione, senza un opportuno contesto che le trascelga, nella metafora lesemplificazione guidata dalla relazione tra i due termini co-occorrenti, ossia vi un cotesto discorsivo in grado di rendere pertinenti le propriet esemplificate. Il metaforizzante, con la sua allotopia e la sua esemplificazione di propriet, ha un portato semantico superiore a quello offerto da un termine denotativo isotopico, dato che mette in gioco, entrando in conflitto con il cotesto metaforizzato, una descrizione, 66 ancorch anamorfica . in fondo ci che intendeva lo stesso Peirce pensando la metafora come una forma complessa di ipoicona, dato che, pur nel rispetto della Primit, la restituisce solamente attraverso 67 delle propriet diverse, ossia per via di una esemplificazione metaforica . Interpretare il parallelismo come costitutivo della metafora in termini di esemplificazione metaforica un modo per sottrarlo a una rilettura comparativista. M.A.K. Halliday, seguendo una via simile, ritiene che la metafora sia caratterizzata da una esemplificazione di propriet sottesa da un processo relazionale tra i termini coinvolti di ordine intensivo. Per esempio, un mare di guai una metafora retta da una irradiazione semantica aperta dalla 68 esemplificazione di una grande massa offerta dal mare . Per Halliday la metafora una strategia specifica nellespressione di significati [1985, 341] che comporta non solo una sostituzione lessicale, ma anche la selezione di un assetto grammaticale della

Citando Davidson e Blumenberg vogliamo esemplificare quanti e quali sostegni disparati possa avere la tesi di una metafora senza topic preciso, il che vale a dire non solo senza parafrasi sostituibile, ma anche senza possibilit di essere ricondotta a una denominazione metaforica. Su questa linea pare interessante lidea di Derrida [1978] di un progressivo ritirarsi della metafora, come se si ritraesse costantemente allindietro di fronte ai tentativi di scioglierla, non per negare la sua interpretabilit ma per offrirsi come avvicinamento, elaborazione progressiva di un senso vendemmiabile attraverso i segni. 65 Dobbiamo ricordare che Goodman [1968] ha offerto una descrizione della metafora come applicazione di unetichetta ad un oggetto che viola delle controindicazioni, insomma una riapplicazione inaspettata allinterno di una versione del mondo. Lidea di una predicazione concessiva come propria alla metafora [Ricoeur 1975] non lontana dal quadro goodmaniano. 66 Sulla anamorfosi propria della metafora torneremo in seguito. Ma importante osservare fin da subito come il metaforizzante descrizione in quanto struttura un microasse figurativo che viene proiettato sulla configurazione figurativa del cotesto metaforizzato. 67 Si veda Parret [1994], uno dei pochi a commentare la nozione di metafora in Peirce, anche se i suoi rilievi non corrispondono del tutto ai nostri: si darebbe una ipoicona metaforica quando il figurativo viene ricondotto a tensione analogica tra forme plastiche [ivi, 188]. 68 Lesempio naturalmente ha solo valore illustrativo, dato che esso meriterebbe ben altra descrizione, visto che immediatamente si apre il problema delle molteplici propriet irradiate come pertinenti e di quelle inibite in quanto impertinenti. Il fatto che in mare si possa affogare non indifferente allespressione un mare di guai, cos come probabilmente la difficolt di orientamento non appena la riva non sia pi visibile. 23

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frase che spesso non pu essere parafrasato lasciando intatta la sua forma . Nella metafora si mette in campo quindi una variazione lessicogrammaticale rispetto a uno standard espressivo. Talvolta la variazione grammaticale laspetto preminente della metafora, tanto che Halliday parla di grammatical metaphors. Prima di addentrarci ulteriormente nella trattazione delle metafore proposta da Halliday bene precisare meglio cosa significa osservare i tropi dal punto di vista della strategia espressiva. Halliday [1978] concepisce i sistemi semiotici come risorse per strutturare la sensatezza dei testi e dei comportamenti. Ecco allora che nella testualizzazione strategica di effetti di senso si pu utilizzare il potenziale semantico proprio di un linguaggio realizzando un enunciato congruente o invece metaforico. In questo senso - potremmo dire - la soluzione espressiva metaforica unopzione nella figurativizzazione di certi temi o valori semantici profondi. Vale a dire che il termine metaforizzante realizzato nellenunciato gi a partire dal suo potenziale semantico contestuale e non a partire da uno slittamento rispetto al suo significato letterale. Assumendo quella che Halliday chiama una prospettiva dallalto rispetto ai fenomeni metaforici, si tenta di emancipare la teoria sia dal nodo del senso letterale, sia da un piano di realizzazioni linguistiche standard. La dinamica propria alle lingue coinvolge i fenomeni metaforici a livello della grammaticalizzazione, il che spiega perch soluzioni espressive metaforiche possano finire per cristallizzarsi, per divenire la norma. Il fatto che Halliday riconosca che la stessa selezione di una realizzazione lessicogrammaticale metaforica sia di per se stessa apportatrice di senso (oltre a irradiare propriet semantiche ulteriori rispetto alla realizzazione congruente) sembra evidenziare come egli tenga in considerazione il versante enunciazionale [cfr. ivi 342] (del resto gi implicitamente presente nel momento in cui le soluzioni metaforiche vanno colte per Halliday in rapporto ai fattori di campo, di tenore, e di modo della comunicazione). Come abbiamo gi accennato in un paragrafo precedente, davanti allingombrante problema di definire le realizzazioni lessicogrammaticali congruenti, Halliday afferma che esse si distinguono per grado, ossia perch sono quelle dotate di minor valore metaforico. Se le diciture (wording) canoniche sono parte integrante della competenza del parlante, altrettanto costitutiva di tale competenza quella di riuscire a contemplare delle varianti metaforiche che vanno a costituire, insieme alle forme congruenti, una sorta di paradigmatica costituita da soluzioni espressive potenzialmente co-rappresentazionali [ivi, 344], dotate ciascuna di una differente risonanza semantica rispetto alla prassi enunciazionale, atona o tonica, piatta o persino artificiosa (ecco la risonanza paradigmatica). Di fatto, lutilizzo di espressioni metaforiche non garanzia di una tonicit della comunicazione, dato che esse possono avere gi un alto grado di cristallizzazione. In questo senso, Halliday parla di una progressiva demetaforizzazione storica delle lingue, rispetto alla quale i fenomeni di catacresi sono solo i pi evidenti. Ci che caratterizza le espressioni metaforiche sovente la conversione di pattern frastici in pattern nominali [ivi, 352], cosa che consente la riduzione di una serie complessa di proposizioni coordinate in una forma nominale che le impacchetta, tematizzando la questione icasticamente [cfr. Paul 1880; Bhler 1934], e dando per scontato ci che gli iniziati allargomento gi possono dare per presupposto. Oltre alle metafore pi comunemente rilevate, ridenominate ideazionali, abbiamo gi accennato al fatto che Halliday prende in considerazione anche delle metafore interpersonali, che sostituiscono le forme canoniche (congruenti) sia per esprimere gli atteggiamenti proposizionali, ossia le modalit epistemiche attraverso cui vengono filtrati i saperi testuali (modalizzazione), sia per tendere illocutivamente la relazione intersoggettiva attraverso comandi imperativi o offerte (modulazioni) [Halliday 1985, 356]. Le metafore interpersonali hanno spesso una natura grammaticale, dato che la loro riformulazione congruente comporta una rifigurazione della sintassi e non solo sostituzioni lessicali. Esse introducono figurativamente atteggiamenti epistemici e conativi, graduando in modo alquanto sofisticato e nel contempo coperto il grado di forza illocutiva. Ci consente implicitamente ad Halliday di ricondurre la metaforologia al pi vasto trattamento retorico dei discorsi; e se ci la riduce ad uno scarto tra forme congruenti e forme modalizzate, modulate, devianti, egli ritiene non costituisca affatto un difetto, dato che mostra emblematicamente come ogni realizzazione testuale significhi proprio a partire dalla sua referenza con un sistema linguistico concepito 70 come un tutto [ivi, 366].

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5.2. Klinkenberg e il versante cognitivo


Si noti come Halliday si riconduca a una teoria genetica della sostituzione, e non della sostituibilit, dato che oppone giustamente una visione dallalto sulla metafora (la sua produzione) a una dal basso (i significati acquisiti da un termine). 70 Naturalmente ci ha come contropartita una totale identificazione della metafora con ogni forma di modalizzazione retorica del discorso; per esempio, viene intesa come metafora interpersonale una frase del tipo Non credo proprio che questa sera preparerai la pizza, dato che quel non credo funge da espressione modale che cambia la struttura congruente di unasserzione soggiacente. 24
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Klinkenberg, uno dei membri del Gruppo fin dai suoi inizi, ha non solo percorso tutta lelaborazione di una teoria delle figure del discorso (prima verbale, poi anche visivo), ma ha anche finito per riposizionare questa elaborazione concettuale trentennale allinterno di una semiotica generale [Klinkenberg 1996]. Linteresse dovuto anche al fatto che Klinkenberg rappresenta, nellarea di derivazione strutturale della semiotica, uno dei semiotici pi attenti al portato cognitivo della metafora. Per contro proprio la fedelt ad alcune posizioni teoriche elaborate negli anni Settanta dal Gruppo a costituire una zavorra che impedisce lapertura di una nuova prospettiva. Ecco allora Klinkenberg riproporre lidea che la metafora un tropo sotteso dalla soppressione/aggiunzione di tratti semici tra due termini; questi tratti sono ottenuti attraverso una decomposizione semantica di tipo concettuale (ossia rispetto a classi definite per genere e differenza specifica). I due termini in risonanza vedono dunque i semi rispettivi intersecarsi, trovando dapprima una generalizzazione (fino a trovare dei tratti in comune) e quindi una riparticolarizzazione (rimessa in gioco di alcuni tratti asimmetrici). Loperare su decomposizioni semantiche per via concettuale mostrerebbe come si possano sommuovere metaforicamente le norme linguistiche [Gruppo 1970, trad. it. 33], ma ci permetterebbe anche di cogliere quella che oggi Klinkenberg riconosce come la forza intrinseca della metafora, quella di riorganizzare le categorie uscite dallesperienza [1996, 365]. Ogni atto retorico si porrebbe in effetti come una esplorazione delle potenzialit del mondo semiotico: rende nuovi dcoupages accessibili a nuovi partner dello scambio semiotico [Klinkenberg 1999, 155] Permanendo in nuce una visione sostitutiva, la prospettiva sulla metafora resta ancorata pi sullasse paradigmatico che su quello sintagmatico, e resta in campo una certa confusione provocata dal fatto che, pur opponendo un grado percepito a un grado concepito, sono in realt tre i fattori presi in considerazione, di cui uno non realizzato sulla superficie testuale; se la parola focale naturalmente testualizzata e rappresenta ci che il Gruppo suole chiamare il grado percepito, il grado concepito (la cui natura rimane dubbiamente chiarita, e che comunque provvisoriamente identifichiamo con il topic) viene convocato e relato allenunciato dal ricevente attraverso delle inferenze [Gruppo 1992, 256]); un terzo termine il frame, il cotesto metaforizzato, spesso emarginato nelle esemplificazioni del Gruppo . Ci dovuto al fatto che lintero sintagma metaforico riunito sotto la nozione di grado percepito (mettendo quindi assieme focus e frame), mentre il grado concepito viene infine concepito come 71 linsieme flou delle interpretazioni che vi si vengono a sovrapporre [Klinkenberg 1996, 343]. Ne esce un ritratto piuttosto confuso della metafora, dato che la sua significazione nascer postuma, dopo una serie di prime interpretazioni flou avanzate in base a uno sfondo di attese normative e dallinterazione dialettica di queste interpretazioni preliminari con il grado percepito, che rischia di identificarsi classicamente con il significato lessicale (nellassedio semiosico linterazione del grado percepito con un insieme flou di interpretazioni rimane piuttosto misteriosa). Il fatto che se il grado concepito si definisce troppo rapidamente ci troviamo di fronte a una quasi-sostituzione; se invece rimane flou, essendo linterazione semantica pensata sullasse verticale e non sullasse orizzontale (cotestuale), si finisce per equiparare la metafora a un rebus (dato che le metafore pi complesse si registrano nel dominio poetico, questo si troverebbe ad essere pi ludico che lirico). Klinkenberg sostiene che la metafora tra i tropi quello che maggiormente permette di costituire nuove connessioni enciclopediche validando il massimo di tratti provenienti dalla rappresentazione del referente del grado percepito nella rappresentazione del grado concepito [ivi, 366]. La distinzione tra decomposizioni semantiche concettuali e cognitivo-referenziali resta tuttavia alquanto ambigua, proprio a 72 partire da queste ultime conclusioni . Infatti, lintersezione di due termini esclusivi, ossia appartenenti a

La tensivit, riconosciuta dalla scuola greimasiana come propria della significazione tropica, colta da Klinkenberg come interazione dialettica tra il grado percepito e il grado concepito. In questo senso la figura retorica viene pi in generale definita come un dispositivo che consiste nel produrre degli enunciati polifonici. Con ci si vuole affermare che manipolazioni contestuali particolari obbligano il ricevente a: 1) non appagarsi di uno o pi elementi presenti sulla superficie testuale (elementi di ci che chiamer grado percepito), e a 2) produrre un insieme flou di interpretazioni che finiscono per sovrapporsi a questo grado percepito (insieme flou di interpretazioni che chiamer grado concepito) [Klinkenberg 1999, 148]. Sulla polifonia propria dei tropi vedi anche Gruppo [1992, 9]. 72 La scomposizione quella esocentrica: distribuzione delle propriet di unentit nelle sue parti (alberorami, foglie, fusto, radici, ecc.), mentre quella una scomposizione endocentrica, dato che consiste nellattribuire le stesse propriet di una data identit ad una classe di entit omogenee (alberopioppo, larice, betulla, ecc.). Per il Gruppo la metafora costituita dal prodotto di una sineddoche generalizzante (modulo ) e una particolarizzante (modulo ). Si veda come invece per Eco [1971, 96] ogni metafora pu essere ricondotta a una catena soggiacente di connessioni metonimiche che costituiscono lossatura stessa del codice. Lesempio, Minucius Mandrake dal Finnegans Wake, come gioco di parole (pun) riconduce a una doppia metonimia, data dal fatto che Minucius un 25

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classi differenti, comporta per lirradiazione una decomposizione cognitiva dei tratti semici analitici. Ma nella pratica interpretativa si vede poi come anche la metafora richiami una competenza enciclopedica dove pescare i tratti cristallizzati che socialmente vengono attribuiti a metaforizzante e metaforizzato. In questo senso, per irradiare i tratti non basta salire sulla scala degli iperonimi o scendere attraverso gli iponimi. In definitiva, lidea che la metafora sia fondata su due sineddochi, una generalizzante e una particolarizzante, di natura concettuale-classematica sembra alquanto meccanicistica, insoddisfacente e inutilmente complicata, come gi stato da pi parti rilevato. Detto questo, pu restare valida la notazione per cui la sineddoche si limiterebbe a sfruttare e a valorizzare le categorizzazioni gi in 73 vigore [Klinkenberg 1996, 366], delle connessioni enciclopediche gi stabilizzate [Gruppo 1977], mentre la metafora si fonderebbe su un doppio movimento sovversivo: da una parte incrinerebbe la stabilit di classi altamente strutturate, includendovi entit prive in apparenza della propriet costitutiva della classe (possono possederla figuralmente); dallaltra costituirebbe un giudizio dappartenenza di due entit a una classe debolmente istituzionalizzata. Ad esempio, Metti una tigre nel tuo motore metafora che produce una classe di oggetti energetici che possa associare tigre e benzina [es. Klinkenberg 1999, 142]. Il sommovimento e la creazione di nuove classi esplicano lattribuzione alla metafora di un ruolo cognitivo in grado di incidere nella categorizzazione dinamica dellesperienza [cfr. Molino et alii 1979]. Klinkenberg [1999, 148] precisa che cognitivamente la metafora serve, come gi indicava Michel Meyer [1986], a negoziare delle distanze tra le differenti enciclopedie disponibili. In un articolo recente Klinkenberg fa un po di chiarezza sulla sua posizione teorica. Nella produzione di una figura egli riconosce quattro tappe: 1) reperimento di una isotopia (costruzione di attese), 2) reperimento di una impertinenza allotopica (frustrazione delle attese), 3) ricostruzione di un grado concepito, che salvaguardia il principio di cooperazione comunicativa, 4) sovrapposizione tra grado concepito e grado percepito. La difficolt in questa spiegazione data dal fatto che il grado concepito in (3) e quello in (4) non sono la stessa cosa - come ammette lo stesso Klinkenberg -, dato che nel primo caso la sua ricostruzione demandata al richiamo di uno sfondo enciclopedico, mentre nel secondo caso esso viene evinto dalle propriet compatibili tra grado percepito e concepito [ivi, 151]. Se ricompare in fondo la nozione di scarto, questa si ritrova raddoppiata, dato che presente sia nella allotopia tra termini co-occorrenti (focus e frame), sia tra i due gradi, percepito e concepito. Klinkenberg, come per altri versi Kleiber, rivendica il carattere necessario ma non sufficiente dello scarto nella definizione della metafora; per il semiologo della Scuola di Liegi ridurre la metafora allo scarto isotopico comporta dimenticarne aspetti fondamentali quali la sovrapposizione interattiva tra grado concepito e percepito e laspetto di rifigurazione delle distanze tra le enciclopedie (ossia lefficacia della 74 metafora ). Secondo Klinkenberg [1999] esistono almeno cinque reazioni allo scarto: a) la non-coscienza (lo scarto non percepito); b) lerrore (lo scarto pensato come un errore di composizione o di trasmissione); c) lo scarto propriamente retorico; d) la convenzionalizzazione (lo scarto colto come una prassi gi cristallizzata, integrata al sistema); e) la non-interpretabilit (il contratto di cooperazione incrinato). Prefigurando la possibile sostituzione di un termine realizzato con uno concepito (ad. es. angelouomo, nella metafora Io ho sposato un angelo), ammettendo un ruolo allanalogia nella sovrapposizione tra grado concepito e percepito (selezione dei tratti che entrano in tensione), esaltando la particolare forza concettuale mediatrice della metafora grazie alla sua struttura interattiva [cfr. Groupe 1977] e al suo innestare nuove connessioni tra strutture categoriali [cfr. Turner 1988], valorizzando la metafora come quella parte creativa del sistema semiotico [Klinkenberg 1999, 160] che mette in gioco 75 nuovi percorsi di senso e destruttura quelli cristallizzati , la teoria della Scuola di Liegi, nel restyling di Klinkenberg, tenta di pervenire a una sorta di sintesi delle tre teorie standard, inglobandole al proprio interno con unattenzione anche al portato delle teorie cognitive. Non vi forse per teoria che soffra maggiormente di una sorta di ristrutturazione ad hoc davanti
sinonimo di Felix (il gatto), mentre Mandrake riconduce a Felix per via del fatto che sono parte entrambi delluniverso fumettistico. 73 In questa trattazione della sineddoche manca per la sottolineatura degli effetti semantici relati alla prospettiva che sceglie di sostituire un tutto con delle sue parti, piuttosto che con altre, nonch limpatto che pu avere sulla concezione di un tutto, sul suo funzionamento, sulla sua coesione, sulla sua multiformit. 74 Si tratta poi di inquadrare il tipo di scarto che in gioco; per esempio, esso si situa sullo sfondo delle norme piuttosto che su quello delle regole sistematiche. Una metafora rispetta quasi sempre le regole del sistema linguistico, ed anche le norme fortemente cristallizzate, ma a un livello normativo inferiore realizza uno scarto [cfr. Coseriu 1952]. Si disegna cos una doppia prospettiva che inquadra leccezionalit e nel contempo la normale quotidianit del tropo. 75 Si pu enfatizzare questultimo aspetto come sospensione totalizzante [cfr. Cohen 1966] della semiotica sociale, come regresso a un continuum rispetto al quale le categorizzazioni sono ancora tutte possibili. 26

agli esempi portati, tra laltro sporadici e canonici. Anzi, la teoria della Scuola di Liegi, nellindugiare in complesse sofisticazioni teoriche, fa apparire ancora pi intempestiva la volont di generalizzare un modello esplicativo visto che il corpus non ancora chiuso. La delimitazione di un corpus di esempi testuali e la definizione dei tipi di metafora che vengono riconosciuti ci appaiono come tappe imprescindibili nella discussione dei teorie. In tal senso, permettiamoci qui una breve digressione. Se Black paragona la metafora a disegni, mappe, ecc, se Peirce le classifica tra le ipoicone, ci dobbiamo paradossalmente chiedere se necessario sapere che cosa rappresenta la metafora per coglierne la significazione, sapendo che talvolta i dipinti richiedono opportune etichette per non divenire un rebus irrisolvibile. Ritorniamo alla classica metafora la giovinetta dei boschi, discussa anche da Eco [1984], da Ruwet [1975] e da Mortara Garavelli [1988] e che noi abbiamo ricondotto a una denominazione metaforica. Il problema, infatti, non scomporre giovinetta e betulla in tratti costitutivi, e rendere conto della tensione interattiva tra questi due termini, quanto piuttosto arrivare allinterpretante betulla. Innanzi tutto, bisogna scomporre in tratti anche bosco, tenendo conto del contesto discorsivo (perch altrimenti non si capisce nemmeno che una metafora) e vagliare linterazione analogicocontrastiva tra i due termini testualizzati, per evidenziare analogie e contrasti, e quindi i tratti irradiabili. Il problema lidentificazione della posta di senso del tropo con betulla, a meno che il semema relativo non sia gi convocabile testualmente per anafora o posso essere evinto nellintersezione tra saperi testuali messi in circolazione e saperi enciclopedici. A volte per il sintagma metaforico stesso che divenuto un epiteto, che sociolettalmente si parla della fanciulla dei boschi per antonomasia, per cui betulla diviene perifrasi prescritta o quantomeno accettata in un certo contesto. Se si intende assumere i casi di denominazione metaforica come esempi di metafora, allora diviene inutile rigettare sdegnosamente una teoria sostitutiva, in quanto proprio ci che si fa quando viene identificata, senza ulteriori supporti cotestuali, la fanciulla dei boschi con la betulla. Ci corrobora ancor pi la necessit di distinguere la metafora da altri tropi e di evitare ogni sua generalizzazione, pena la possibilit di attribuirne un funzionamento semantico e un ruolo cognitivo specifici. In secondo luogo, lesempio richiamato ci ricorda che i tropi possono essere incassati o relati tra loro. In terzo luogo, il grado di motivazione di una metafora che supporta una denominazione metaforica definita da una semiotica della cultura, cosa che dimostra quanto ci si debba allontanare dalla taglia frastica rispetto alla quale vengono di solito studiate le metafore. Infine, si deve riconoscere lesistenza di metafore che si nutrono semplicemente della tensione irresolubile tra metaforizzante e metaforizzato (focus e frame), senza sfociare in alcuna parafrasabilit; sono metafore che possono - come ha sostenuto Halliday - sconvolgere la sintassi, impedendo qualsiasi sostituzione dato che la relazione grammaticale tra i termini inedita, o che aprono una torsione nella declinazione figurativa dellimmagine 76 che non pu essere ricomposta . 5.2.1. Accenni alla teoria del blending Nellavvicinamento alle scienze cognitive, Klinkenberg si ritrova con qualche assonanza con la teoria del blending [Fauconnier & Turner 1996; Turner & Fauconnier 2000; Fauconnier 2001], la quale enfatizza il sommovimento concettuale apportato dalle metafore. Una visione che si scontra in parte con la Teoria concettuale della metafora, che invece la vede radicata in relazioni stabili e sistematiche tra domini concettuali. La teoria del blending pu dar conto della sorgivit locale della metafora, dato che presuppone lesistenza di uno spazio mentale come costrutto a breve termine [cfr. Grady et alii 1999]. Considera i due elementi co-occorenti chiamandoli sorgente (la parola focale) e bersaglio (la cornice). Nel classico esempio di il mio chirurgo un macellaio avviene una proiezione di propriet dalla sorgente verso il bersaglio, ma si sostiene che essa non in grado di spiegare perch la metafora infine
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Offrono cio un punto di vista paradossale; si assuma ad esempio la metafora una stivalata di cervello messa alla pioggia (Einen Stiefelvoll hirn/in den Regen gestellt), incipit di una poesia di Paul Celan. Una stivalata di cervello messa alla pioggia sar un andare, ma grande, ma tanto al di l dei confini che essi ci assegnano. Lo sfondo isotopico dei campi di concentramento, che pu essere convocato per la sua ricorsivit nella poetica di Celan, come rinvio sia allOlocausto sia alle limitazioni avvilenti del vivere contemporaneo, ecco che ci permette di ricomporre il quadro figurativo aperto dalla metafora iniziale: in condizioni avverse (la pioggia e i confini che essi ci assegnano) i soggetti (lio-tu tipico di Celan) si pensano come camminanti che appoggiano i loro passi con la testa sul cielo. un totale ribaltamento prospettico, che non si riduce per a unimmagine, dato che il contrasto tra stivalata e cervello continua a bruciare (un calcio non solo dato in maniera cerebrale, ma di cervello, ossia con la parte pi vulnerabile del corpo). Per quanto ci sforziamo di immaginare limmagine, di assumere il punto di vista che la istanzierebbe, siamo rigettati costantemente indietro: rappresentazione dellirrappresentabile, dellumanamente impossibile, scappatoia dal confino dellimmagine stessa, eresia figurativa dello sperare disperati. 27

predica la incompetenza del chirurgo. infatti il miscuglio, la fusione dei due spazi individuati dagli input (termini occorrenti) ad assumere un proprio significato. Il processo del blending metaforico avviene secondo tre fasi: la composizione (ossia la proiezione/integrazione dei due input), il completamento (completamento del pattern disegnato dalla composizione attraverso saperi), lelaborazione (immaginazione di scenari connessi). La proiezione di spazi mentali diversi comporta, a integrazione avvenuta, lemergenza di un nuovo contenuto. Fauconnier e Turner concepiscono anche lottimizzazione del blending concettuale: buona integrazione, connessioni a rete tra blending e inputs, analizzabilit delle connessioni, topologia (simmetria delle connessioni interne tra blending e inputs), e una buona ragione (gli elementi che compaiono nel blending devono avere significato). Le connessioni integrative del blending e lemergenza di significato comincia ad essere guardata con favore da semiotici quali Brandt per schematizzare il lavorio poietico della creazione di metafore. Il fatto che la teoria del blending sostiene apertamente che non la metafora in s a fornire nuovo significato, quanto lo spazio mentale del blending che essa provoca. Il potenziale cognitivo della metafora viene ridotto a catalizzatore che attiva quella particolare capacit mentale (che opera sotto il livello di coscienza) che lintegrazione concettuale, la quale d vita a un significato emergente extralinguistico [Turner & Fauconnier 2000, 135; Fauconnier 2001].

5.3. Kleiber e il versante pragmatico Secondo Kleiber la linguistica della metafora si progressivamente spostata da un approccio semantico verso uno pragmatico; tuttavia, la prospettiva semantica non pu essere proficuamente abbandonata, dato che essa risulta necessaria per descrivere lidentificazione della metafora. La significazione tropica non trattabile come meccanicistico processo di irradiazione e ricombinazione di tratti, costituendosi infatti in una concreta pratica interpretativa. Kleiber parte dallidea che ogni approccio semantico integrale si rivela inevitabilmente inappropriato per la spiegazione del senso metaforico [1999b, 84], a partire dal fatto che non si riesce neppure a spiegare esattamente cosa si intenda per senso metaforico (difetto attribuito non solo ai semantici, ma anche a filosofi come Ricoeur). Il punto particolarmente delicato: per prima cosa, la falsificazione delle teorie semantiche della metafora parte dallattribuzione di una nozione di senso linguistico quale significato inerente alle espressioni e alle combinazioni di queste espressioni in virt di un codice intersoggettivamente riconosciuto. come se si imponesse alla semantica una concezione del significato aprioristico rispetto alla parole: un significato cristallizzato depositato nelle parole. Le teorie semantiche devono quindi soggiacere costitutivamente al senso letterale, come anche Searle [1979] quasi intimava. In questo senso, anche nel dibattito tra Donald Davidson [1978] e Max Black [1979] il significato letterale diviene lo sfondo imprescindibile sul quale la metafora viene riconosciuta e compresa [Davidson 1978, 40; Black 1978, 187]. Messa la questione in questi termini, Sperber & Wilson [1986] hanno buon gioco nel dimostrare che linterpretazione metaforica non si radica nelle regole del codice, ma in un processo inferenziale: non data nel testo, ma costruita dallinterprete. Come si vede, la questione della metafora diviene una cartina di tornasole rispetto alla nozione di senso che le teorie linguistiche mettono in gioco. Kleiber [1999, 88] contesta che le metafore si lascino spiegare in termini di tratti semantici distintivi, anche se non rigetta lidea di una semantica che faccia ricorso a un modello componenziale a tratti o a un modello strutturale come quello proposto da Rastier. Non nota comunque che lirradiazione di tratti semantici si sottrae a un meccanicismo, per collocarsi in un orizzonte interpretativo. Se chiara la volont di Kleiber di falsificare gli approcci semici, non meno si guarda bene sia di contestare loro la plausibilit del modello semantico, sia di criticarli alla luce di unontologia (i tratti irradiati sono spesso falsi, ad es. i leoni non sarebbero particolarmente coraggiosi [Searle 1979; Moeschler & Reboul 1994]), sia di avanzare lobiezione che i tratti semantici di un termine non sarebbero condivisi da tutti i membri della classe che esso definisce ( pronto a riconoscere questo per una certa plausibilit riconosciuta alla teoria dei prototipi). Il crollo di unipotesi semantica integrale si registra a causa del fattore cognitivo; vale a dire che il corto circuito semantico della metafora pu essere risolto solo cognitivamente. Il portato cognitivo della metafora supportato dal suo assetto semantico, ne per cos dire loccasione. Searle [1979] afferma non vi sono cambiamenti di senso nella metafora, ma il fatto che si fa una terribile confusione tra significato delle parole e senso come percorso di significazione in atto. In questa prospettiva si finisce con laffermare che le metafore significano ci che le parole significano nella loro pi letterale interpretazione e nullaltro [Davidson 1978, 238], negando uno statuto semantico del senso, per affermarne una natura inferenziale. La semantica cos condannata ad essere lessicale. Per contro Kleiber non accetta di ridurre la metafora ad altri usi approssimativi del linguaggio (come sembrano fare, per esempio, Sperber & Wilson), n fare tabula rasa dei punti fermi delle teorie semantiche, quali lo scarto semantico o lanalogia. Ci che conta per Kleiber il valore informativo perturbatore della metafora, la sua capacit di rifigurare le nostre conoscenze. In questo senso si pone sulla linea di Turner [1988, 3], vale a dire della pressione - esercitata dalla metafora - sulla nostra
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struttura categoriale fino a creare nuove connessioni, oppure dellincongruenza concettuale teorizzata da Kittay [1987]. Nellaffermare che una ristrutturazione cognitiva si nega contemporaneamente che sia semantica, ossia connessa ai linguaggi. Ci che viene sotterraneamente negato la mediazione semiotica; ed su questa negazione che si fonda (e spesso rischia di ridursi) la teoria pragmatica dellinterpretazione di metafore. Si veda quale spazio sia dedicato da Kleiber [1999b] alla riflessione sulla questione della devianza semantica come fondamento dellidentificazione metaforica rispetto alle poche notazioni sul fronte interpretativo, che tra laltro si saldano in parte con limpostazione del Gruppo , il quale del resto aveva gi sterzato con il Trait du signe visuel verso una semiotica cognitiva. Nellaffermare lesplicabilit semantica dellidentificazione metaforica e lesplicabilit pragmatica della sua interpretazione Kleiber si ritrova talvolta in piena contraddizione. Per esempio, convinto che lincongruit semantica che starebbe alla base della metafora non riducibile a un tilt nellintegrazione dei tratti semantici, ad una allotopia e neppure a una implausibilit verocondizionale; come prova vi largomento, gi da noi affrontato, della trasformazione in formato negativo di metafore attestate, cosa che non farebbe perdere la loro valenza metaforica. Ora, piuttosto di riconoscere che il contesto a motivare una interpretazione metaforica di un asserto come Paolo non un bulldozer, si ritiene che la forma negativa di alcune metafore pu essere spiegata in questo senso solo a patto di richiamare il fatto che si tratta di unevidente tautologia, ossia di una malformazione semantica dellenunciato che spinge allinterpretazione metaforica [Kleiber 1999, 113]. Infatti, Kleiber tende ad accettare la tesi per cui la devianza metaforica si fonda sullincompatibilit categoriale [cfr. Martin 1983; Prandi 1991]. In termini di irradiazione di tratti la spiegazione dellesempio precedente ben pi ragionevole e articolata: per negare che Paolo non un bulldozer non mi limito semanticamente a richiamare linappartenenza a una classe, ma devo trovare i semi compatibili che eventualmente potevano essere irradiati e che sono stati invece denegati: il movimento della negazione avviene sopra un processo di attribuzione, dato che non lo arresta prima di iniziare; ovvero il senso si dar per opposizione alla realizzazione di un eventuale x (umano) che invece (viene pensato come) un bulldozer. Il formato negativo se non una metafora quantomeno la contiene in maniera incassata; per Bordron e Fontanille [2000, 10] si tratterebbe piuttosto di una litote ironica che mette in gioco una polifonia (nel senso di Ducrot), visto che sembra unargomentazione che ospita un parere avverso espresso da una metafora. Kleiber insiste che la metafora esige una incompatibilit categoriale (o una tautologia), per cui non abbiamo metafore quando vengono poste in gioco delle relazioni di ipo- o di iperonimia. In questo senso una frase come quella citata da Landheer [1996, 111] On peut avoir une Volvo pour le prix dune voiture non sarebbe riconducibile a una significazione metaforica. Tuttavia si dovrebbe anche osservare che lesempio precedente conduce a una dissociazione categoriale (la Volvo non pu essere inserita tra le mere automobili: non ha solo una differenza specifica ma si propone come classe a s stante) che il testo stesso impone come costrizione semantica (le categorie, messe in discorso, sono dei significati, per cui nellesempio in questione la dissociazione categoriale una disassimilazione semantica). Essendoci una ricategorizzazione, non una prova che lesempio precedente una metafora? In caso contrario, la categorizzazione rimane un tratto distintivo del tropo metaforico? Per quanto riguarda poi le relazioni ipo/iperononimiche, si deve notare che quando una frase esplicita un contenuto analitico semplice come un uomo un animale, come nel caso della tautologia Paolo non un bulldozer, si crea contestualmente limpressione di unanomalia semantica (se non sono un infante, il valore cognitivo apparente zero). Si prenda allora il motto che circola lungo le monumentali opere liriche di Stockhausen: the male is basically an animal. In gioco non vi una incompatibilit categoriale quanto un riduzionismo categoriale marcato dal basically. Si evince metonimicamente che male sta per uomo; in secondo luogo, vi una paronomasia per cui il maschio sembra contenuto letteralmente e quindi in modo rimotivato nella categoria animale; in terzo luogo vi anche un corto circuito tra lintegrale dei tratti semantici irradiati per ripertinentizzazione da animale e i tratti esclusivi di un male in quanto maschio umano. Questa tensione semantica tra i due termini sufficiente per riconoscere nel motto dal sapore femminista una metafora? Il problema sembra in ogni caso andare nella direzione opposta a quella di restringere il campo delle incompatibilit, come invece fanno Rastier [1987], Kittay [1987] e Turner [1988] argomentando per esempio che lincompatibilit tra gatto/cane non sufficiente a creare delle metafore, per cui i gatti sono dei cani non una metafora. Ancora una volta si deve notare che si passa dal fronte interpretativo di casi concretamente attestati a un fronte produttivo (condizioni necessarie e sufficienti per creare una metafora), che facilmente si scontra con il fattore contestuale (leggesi anche testuale). Non mancano opportuni contesti in cui si possano formulare frasi come Quei topi sono dei gatti per indicarne metaforicamente la grandezza, ma abbiamo gi visto che anche allinterno di una classe si possono dare 77 casi quali Qui le ragazze sono delle suore, Gli uomini doggi sono delle femmine . Per contro non basta associare in una frase due termini di categorie disparate per ottenere una metafora viva, ossia di
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Esempio che si pone contro le affermazioni di Martin [1983, 219], per il quale antonimi come uomo o donna non potrebbero dare vita a una metafora (almeno particolarmente potente). 29

cui si pu vendemmiarne un qualche senso. Altrimenti il nonsense diviene la patria delle metafore; se non vi irradiazione di tratti in base alle costrizioni testuali e alle contestuali non si d alcuna metafora. La conseguenza allora che una metafora si battezza a valle e non a monte del suo farla significare, del suo interpretarla? Nello stesso tempo le metafore si pongono rispetto al testo che le contiene come uno shifter nella semantizzazione: viene colta una torsione nella declinazione figurativa, una anamorfosi che si cerca di ricomporre in vista di una reintegrazione dei valori liberati nellinformazione narrativa complessiva dellenunciato. Il senso metaforico si radica nella anamorfosi, nella sua figurativit aberrante; irresolubile perch o tengo il punto di vista che mi impone la prospettiva dellenunciato complessivo o quello che tiene il sintagma metaforico; del resto, se i due punti di vista sono compatibili siamo in un caso di allegoria. Ed ecco anche la spiegazione del perch le metafore hanno sempre dato limpressione di essere degli squarci (e il culto, pur errato, di presentarle isolate), di vivere al di l di una loro eventuale parafrasabilit (anche quando lho parafrasata sento la differenza tra la prospettiva del nuovo enunciato e 78 quella del sintagma metaforico ). Inoltre, si deve notare che il punto di vista della anamorfosi metaforica comporta sempre una soggettivizzazione; per ritrovare il punto di vista, lenunciatario si inserisce entro lo spazio figurativo della metafora, deve provare personalmente a riassettarlo, a ricomporlo, in alcuni casi a sperimentarne finzionalmente la vivibilit (cosa sar mai divorare un romanzo obliterare i propri giorni, essere un bulldozer?). Questa soggettivizzazione incassata anche dentro le similitudini, le quali sono a ben vedere delle figure parassite: come se avesse divorato quel romanzo si pone come proposizione che richiede per cos dire la memoria di cos divorare un romanzo; Ha letteralmente divorato quel romanzo si spinge asintoticamente verso questa soggettivizzazione. Sostenere che lincompatibilit deve essere tra aree semantiche lontane e mai tra opposti di una categoria o di una classe omogenea da un lato troppo restrittivo (oltre che meramente precettistico) e dallaltro non sufficiente. Kleiber, a dire la verit, non manca di muovere qualche rilievo critico alla teoria della incompatibilit categoriale, perch spiega soprattutto le metafore di appartenenza o inclusione, e non quelle di processi o propriet, dove invece si deve richiamare il rispetto o meno di certi ranghi di applicabilit o di percorsi di significazione (la prospettiva qui chiaramente logica). Da queste difficolt Kleiber esce proponendo che la devianza comune a tutti i tipi metaforici una devianza di categorizzazione: un termine o una categoria lessicale si trovano impiegati per unoccorrenza che non fa parte, a priori o secondo luso letterale, della sua categoria [Kleiber 1999, 117]. Ci pi evidente per la costruzione attributiva classica (SN1 un N2), ma anche per le metafore dazione o di propriet, dato che anche in questi casi unoccorrenza si trova posta allinterno di una categoria lessicale che, letteralmente, non la sussume affatto [ivi, 131]. Questo atto di denotazione predicativa indiretta [Kleiber 1984] stato spesso trattato in termini di senso-referenza [Aarts & Calbert 1979, 12]. Lo spontanea e intuitiva sensazione che una parola in uso metaforicamente, credo dipenda contingentemente dallimpossibilit di reperire un referente a quella data parola allinterno del suo dominio letterale di referenza [Reddy 1969, 247]. La ricategorizzazione introdotta metaforicamente non sempre si presenta di primo acchito come incompatibile o incoerente, giacch spesso loccorrenza ricoperta per denotazione indiretta non era gi categorizzata lessicalmente [Kleiber 1999, 118]. La devianza semantica diviene una condizione necessaria per linstaurarsi della significazione metaforica (cosa che ribadisce la sua natura linguistica), ma non sufficiente, dato che bisogna differenziare la metafora da metonimie e sineddochi. Uno degli aspetti emersi quello che la metafora attiva nuove connessioni intercategoriali [Turner 1988; Prandi 79 80 81 1992], mentre la metonimia e la sineddoche sfruttano connessioni stabilizzate . Ancora: la metafora mette in gioco termini che afferiscono a domini (campi semantici) diversi, mentre le altre due figure retoriche afferiscono a termini provenienti dallo stesso dominio. Infine, resta pressante la domanda iniziale sul perch linterpretazione metaforica si compie sul modo della rassomiglianza. Nella metafora si ha una categorizzazione di una occorrenza in una

Si tenga conto che in questultima riflessione la prospettiva non interna alla metafora, ma cerca di cogliere il rapporto tra metafora e testo in cui contenuta. 79 Un buon esempio di metonimia, che funziona per Henry come crescita della comprensione di un termine (dei tratti che ne definiscono lintensione), quello di grve: da luogo sulla riva della Senna, a luogo dove si radunano i lavoratori senza lavoro, fino a sciopero. 80 La sineddoche procederebbe invece a una riduzione/accrescimento della estensione di un termine (vettura via via ha finito con lindicare solo le auto). Da ricordare che estensione e comprensione non hanno per Henry uno statuto logico, ma psicologico [1971, trad. it. 19]. 81 Si parlato della metonimia e della sineddoche come strettamente connesse a fenomeni fattuali [Esnault 1925], mentre Henry le riconduce ad associazioni psicologiche tra rappresentazioni concettuali contigue [1971, trad. it. 19]. Le figure operano una messa a fuoco cognitiva delle relazioni concettuali, anche le pi formali o deboli. 30

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categoria che normalmente non gli destinata [Kleiber 1999, 132]. Mentre nella metonimia linferenza 82 segue le relazioni di contiguit , nella metafora si analogizzano le propriet della occorrenza con quelle che definiscono la categoria sotto cui viene disposta, dove la plausibilit/euristicit/intensit della ricategorizzazione frutto di un calcolo interpretativo. Rimane quindi in gioco per Kleiber quella istruzione danalogia [Ldi 1991] nel percorso interpretativo inferenziale della metafora (analogia come unica base dappoggio per la ricategorizzazione indotta).

5.4. Rastier: contro il senso letterale Rastier si pone come un critico radicale dellidea di letteralit, che sarebbe un retaggio della concezione antica (ortonimia) che affibbiava a ciascun termine una designazione corretta e diretta; del resto, questa concezione ortonimica ha oggi dei sostenitori quali Pottier o Langacker, almeno per ci che riguarda i sostantivi (corrispondenza tra parola univoca e oggetto discreto), e trova una malcelata variazione nella significazione prototipica delle semantiche cognitive. Il senso figurato continua in larga parte ad essere dunque pensato come qualcosa che si sovrappone a un significato denotativo (o verocondizionale), che come abbiamo gi detto viene ritenuto il solo di pertinenza di una semantica linguistica (la quale dovrebbe limitarsi allo studio delle frasi e non degli enunciati [Sperber 1975]. La critica di Rastier simmetrica, sia verso chi adotta una visione rappresentazionalista del linguaggio denotativo, ponendo le figure come devianza, sia verso chi, a partire dalla tradizione dellallegorismo cristiano, attribuisce la capacit ai tropi di dischiudere delle verit. Il problema fondamentale uscire da una visione semasiologica, che affibbia una significazione a ogni termine del lessico, o i) perch lo riconduce a significato ortonomico, originario, o ii) perch ritiene che esista un senso dizionariale stipulato dalla lingua, iii) o perch esiste un significato legato a una intuizione concettuale originaria (il signifi de puissance di Guillaume), iv) o perch vi un significato prototipico (Rosch). Rastier si colloca su un versante onomasiologico, che definisce i significati in seno a classi semantiche, in lingua come in contesto. La parola isolata resta per Rastier un artefatto linguistico; il senso linguistico dipende da norme connesse alla pratica sociale della lingua. Qui vi una piena tangenza, non registrata da Rastier, con la piena circolarit del linguaggio come semiotica sociale teorizzata da Halliday; il linguaggio sostiene attivamente il sistema sociale nel momento stesso in cui questo lo produce. Se la lingua grammaticalmente piuttosto stabile le parole vivono al passo con le norme modificando, moltiplicando o restringendo le loro accezioni. Paradossalmente la semia-tipo di una lessia una ricostruzione dei sensi contestuali ricevuti da una parola, il che ne postula una natura derivata. In Rastier i tipi non sono che famiglie di trasformazioni; ogni uso contestuale di un termine una sua messa in variazione. Non bisogna per enfatizzare troppo radicalmente le posizioni, dato che laccezione di un termine riconnessa come semema a una classe di sememi, da cui per appartenenza e differenzialmente (tratti generici e specifici) si evidenziano i suoi tratti inerenti, mentre il contesto a mettere in causa altri semi afferenti che ne modulano il significato; essendo dei questi ultimi dei semi che derivano da unaltra classe, ecco che lintersezione con i semi inerenti porter a una conciliazione o tensivizzazione (alcuni tropi afferenti verranno ereditati, mentre alcuni inerenti potranno essere inibiti). una visione che potrebbe finire per rendere la tropicit coestensiva della dimensione testuale. Per sostenere che non vi un senso lessicale bisogner intendere che ogni presenza di una lessia in un testo prevede sempre lattualizzazione di semi afferenti, oltre che di quelli inerenti, e che questi ultimi siano trascelti. Inoltre, il problema dove risiedono le semie-tipo costituite sincronicamente da una serie di tratti inerenti; la risposta pi opportuna che dimorano nella griglia semantica di una cultura. Ma questultima introiettata, e quindi gli attori sociali giungono davanti a un testo avendo unidea precisa, ancorch vista diacronicamente in evoluzione (lesperienza vissuta della langue), delle accezioni legate a una parola (ossia di sememi che possono essere affibbiati a una certa lessia). Il quadro si complica nel momento in cui Rastier ritiene che i semi afferenti non derivino solo dal contesto discorsivo, ma anche da cornici sociali: alcuni semi afferenti sono gi connessi a una lessia quindi in termini di connotazione, oppure questi semi deve essere intesi come derivati dalla situazione e dalla pratica sociale in corso. Lanalisi delle metafore per tratti semantici era gi stata sottoposta a vaglio critico da Weinrich [1976, 119 e ss.]; il problema non solo dove vanno individuati questi tratti (a livello di dizionario o di enciclopedia), ma anche come vanno determinati. Certo si pu porre in gioco la natura ricostruttiva, ipotetico-deduttiva dei semi; ma la gestione metodologica della disimplicazione degli effetti di senso di un
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Nella metonimia e nella sineddoche le entit categorizzate sono due, nella metafora una sola: vi quindi una differenza semantico-referenziale (si pensi agli esempi: Paolo conta cinque vele sul mare, Lulcera del tre ha ancora vomitato. Metonimia e sineddoche hanno insomma una doppia occorrenza e si tende a identificare unoccorrenza con laltra (le vele per le barche, i pazienti per le malattie) [Kleiber 1999, 129], senza che ci comporti che si ricategorizzi loccorrenza evocata con quella in superficie. In Il risotto agli asparagi ha protestato per la cottura, chiaro che in gioco sono sia il piatto culinario sia il cliente individuato grazie al piatto che ha ordinato, ma non ci si pensa neppure di ricategorizzare il cliente a partire dal risotto agli asparagi. 31

testo non sembra divenire meno ardua. Come esplicitare quali sono i semi afferenti contestuali, come esplicitare la selezione o la narcotizzazione di semi inerenti di unaccezione di una parola se questa poi cos mobile? Come decidere quale laccezione attualizzata, vista la polisemia che viene presupposta come costitutiva di qualsiasi lessia? Ed giusto semantizzare il testo con le accezioni che noi diamo alle parole o attraverso le accezioni che si danno alle parole nel tempo e nel luogo della sua realizzazione? Sono domande che sorgono forse dal punto di vista di una epistemologia forte di una semiotica; da un punto di vista pi debole, quello di Rastier, si tratta semplicemente di spiegare le condizioni di possibilit di una interpretazione. Semi inerenti e afferenti sono messi in campo da un certo percorso interpretativo e non da un altro, cos come i tropi sono percepiti a seconda di certe prospettive interpretative. Rastier non offre una discriminazione netta per i sintagmi tropici dato che variano solo per il grado di complessit; pi che figure di significazione, del resto, sono figure di senso allinterno del percorso interpretativo di un testo. Ora, la messa in rapporto di semie appartenenti a due domini o dimensioni semantiche una connessione metaforica che propaga nella semia comparata dei tratti generici afferenti [Rastier 2001, cap. V; vedi anche Rastier 1987, cap. VIII], ma anche dei tratti specifici della semia comparata sono messi in rilievo per assimilazione, ossia propagati a partire dalla semia comparante. Il modello interattivo ritrova qui una sua ridescrizione, anche se non del tutto tensiva, dato che si parla di metafora come una conflazione o una biforcazione di isotopie, a seconda che si mettano in rilievo i tratti specifici comuni o quelli opposti [Rastier 2001b]. In realt, in altri passi Rastier afferma che fusione o dissociazione rimangono a ben vedere processi asintotici. Se ci si sposta verso unottica testuale si pu precisare che la parola focale di una metafora allotopica in rapporto non a un senso letterale delle parole a cui connessa, ma allisotopia testuale, che costruita dal percorso interpretativo. Se non vi contesto sufficiente per determinare unisotopia dominante per il testo, lincongruenza semantica tra focus e frame non costituir che un ossimoro. Un altro caso che ci capitato di affrontare quello della metafora in absentia: se non possibile ricostruire dal cotesto o dal contesto il frame, ecco che la connessione metaforica diverr simbolica, che dovrebbe essere identificata attraverso delle congetture concordanti sul discorso, il tipo dellopera, il genere testuale, la gerarchizzazione idiolettale delle isotopie [Rastier 2001a]. Spesso le classi semantiche idiolettali sono necessarie anche a rileggere le metafore come un altro tipo di tropo: il sintagma metaforico rampante mysticit (Gracq) pu essere riletto come una antitesi non appena nella poetica di Gracq viene messa in valore una topica dellascensione [Rastier 2001a]. Limpulso teorico forte che proviene dalla semantica interpretativa di Rastier deriva dal fatto che la significazione dei segni testuali subordinata al senso testuale (determinazione del globale sul locale), 83 soprattutto che il tropo costituito dal percorso interpretativo . Quando il tropo viene legato a una permutazione di senso di una parola, ecco che un ginepraio di problemi si riapre, tra cui per Rastier quello della perdita di specificit (il tropo diviene la semantizzazione standard di un termine). Quanto il tropo viene assunto come assetto semantico-figurativo allora ritroviamo la sua specificit, che per Rastier non vuole descrivere come una scarto isotopico, ma come una polisotopia che scambia momentaneamente la gerarchia: la metafora, hapax isotopico subordinato, si impone brevemente rispetto alla isotopia generica dominante. Ma negare la devianza della metafora rischia anche di incrinare una possibile spiegazione del suo venire in primo piano (anche se si pu sempre sostenere che ermeneuticamente il caso isolato saliente) e della complessificazione interpretativa che essa richiede; per non parlare poi di quella torsione nella declinazione figurativa di cui abbiamo parlato in precedenza. E in effetti, Rastier alla fine paragona non a caso linterpretazione delle metafore alla percezione di forme ambigue; ecco che la metafora sarebbe allora la percezione simultanea di due sfondi semantici, ossia di due isotopie generiche. Pi avanti per precisa che il rimaneggiamento semantico attivato dalla metafora 84 porta a rivedere il rapporto spiazzante tra figura e sfondo . Situare lo studio dei tropi a livello testuale significa che non si tratta solo di interpretare le metafore, ma di interpretare dei passi testuali come metaforici a partire da una quadro ermeneutico informato da

Ricordiamo come Genette diceva che la figura non altro che una coscienza di figura, ossia la sua esistenza dipende totalmente dalla consapevolezza che il lettore prende o non prende dellambiguit del discorso che gli viene proposto [1966, trad. it. 197]. 84 I tropi, come torsioni del percorso interpretativo, finiscono per svolgere quattro funzioni generali, a seconda che modifichino gli sfondi semantici (1), le forme semantiche (2) o la relazione tra forme e gli sfondi (3, 4): 1. Rottura degli sfondi semantici (allotopia) e connessione di sfondi semantici (poli-isotopia generica); 2. Rottura o modificazione delle forme semantiche: se si descrivono queste forme come delle molecole semiche, la loro trasformazione si opera per addizione o soppressione di tratti semantici; 3. Modificazione reciproca delle forme semantiche attraverso allotopie specifiche, come le antitesi, o delle metatesi semantiche, come lipallage doppia; 4. Modificazione dei rapporti tra forme e sfondi: ogni trasposizione di una forma su un altro sfondo modifica questa forma, da cui per esempio i rimaneggiamenti semici indotti dalle metafore [Rastier 2001b].. 32

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genere, pratica in corso, ecc . Allo stesso modo il tipo di metafora dipende dal contesto e dal genere: per esempio, la metafora burlesca si oppone alla metafora lirica sia per il suo orientamento valutativo sia per la discordanza dei contenuti comparati [Rastier 2001a]. Il regime realista di un testo quello che promuove una relazione congiuntiva della metafora, tale per cui si selezionano i tratti comuni per rinforzare lisotopia dominante e valorizzarla: il percorso interpretativo fa ritorno dal comparante al comparato. Per contro, sotto il regime del realismo trascendente si selezionano i tratti opposti e il percorso interpretativo si limita al passaggio dal comparato al comparante, assicurando cos ci che Ricur chiama la promotion du sens. Si noti come denominando i termini del sintagma metaforico comparato e comparante Rastier sembra non distinguere la metafora dalla comparazione o dalla similitudine, il che va nella direzione opposta alla sua rivendicazione di non assimilare tutto alla metafora (o comunque va nella direzione di 86 assimilare tutto alla comparazione) .

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5.5. La metafora nella scuola greimasiana L'enunciazione, come luogo di mediazione tra livello semionarrativo, livello discorsivo e livello testuale, ben pi di una semplice convocazione di strutture e valori profondi. di fatto anche unistanza che produce un deposito di forme. Se di queste forme rimane in nuce il processo generativo (che le spiega e le sottende), esse, d'altra parte, assumono una certa autonomia, diventando orizzonte delle pratiche sociali. La semiotica generativa, dopo anni di fedelt alla immanenza testuale a prezzo di una sottovalutazione nella produzione del senso della gestione della extra- e dellintertestualit, dei generi e delle norme linguistiche, ritrova oggi dentro il proprio modello una circolarit tra produzione, sedimentazione, e rinnovamento di forme che la porta a reperire nuova commensurabilit con il modello ermeneutico. Greimas e Fontanille [1991] hanno messo mano al problema con una certa decisione e hanno chiamato primitivi queste forme depositate dal fare enunciazionale sotto forma di stereotipi culturali rinviate a monte e integrate alla langue. L'enunciazione allora convoca sempre, oltre agli universali semiotici, alle strutture profonde, discorsive, testuali, anche questo repertorio di forme cristallizzate, che nel contempo, ad ogni singola realizzazione testuale, mette in variazione. In fondo non si tratta che riprendere il discorso teorico gi enunciato in Greimas [1976], e per anni, in pratica, messo sotto naftalina dopo la grande riduzione sistematizzante del dizionario. [La parole] idealmente libera si coagula e si rapprende nell'uso, originando, per ridondanza e amalgami successive, configurazioni discorsive e stereotipi lessicali che possono essere interpretati come altrettante forme di socializzazione del linguaggio [Greimas 1976, trad. it. 45]. La nozione di prassi enunciazionale stata proposta proprio come tentativo di unire le esigenze di tenuta di un modello semiotico unificato con la diversificazione delle culture e la demoltiplicazione delle forme storicamente attestate. Porre al centro dellattenzione il divenire della significazione significa mettere in luce come le prassi semiotiche schematizzano la nostra esperienza per farne dei linguaggi e
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Il confino frastico serve a rieditare il mito del senso letterale e del linguaggio ordinario, che possono fare a meno di considerare cotesti e contesti. Non vi nessuna letteralit astratta dai contesti, nessun contratto comunicativo che non sia sotteso da un genere testuale, cos come nessuna enciclopedia socializzata (doxa) sganciata da una precisa pratica in corso [Rastier 2001b]. 86 Infine, rimane da accennare alla contrapposizione di ipallage e metafora, in quanto sotterraneamente rinvierebbero a due ontologie. Ricordiamo che lipallage lo scambio di un aggettivo che viene spostato dal determinato al determinante (o viceversa) in un complemento di specificazione (es. fioriti nuvoli di piante), o comunque che viene attribuito a un sostantivo invece che a un altro nella stessa frase. Lipallage, per Rastier, si porrebbe infatti come lantimetafora visto che unisce ci che la metafora separa e divide ci che la metafora connette. Mentre la metafora promette irenicamente al suo lettore un passaggio da un piano di realt allaltro, lipallage mescola i piani e mette in crisi la doxa. Se la metafora fa percepire simultaneamente due sfondi semantici; un ipallage fa percepire due forme o due parti di forme in una ambiguit che ricorda le illusioni visive del coniglio-anatra di Jastrow. La congiunzione di isotopie generiche che opera la metafora contrasta con la disgiunzione di isotopie specifiche che opera lipallage. La prima congiunge degli sfondi semantici, la seconda distrugge delle forme. Nel primo caso si notano gli effetti rivelatori della metafora e dellallegoria, nel secondo gli effetti critici ossia nichilisti dellipallage. Queste osservazioni sullipallage sono alquanto discutibili: innanzi tutto la metafora non mette in gioco solo due isotopie generiche e soprattutto non le fonde, ma le tende. In secondo luogo la metafora ricombina le forme dal momento che porta a un riassetto dei semi figurativi irradiati. In secondo luogo la distinzione tra ipallage e metafora complessa, dato che il complemento di specificazione gi comporta una isotopia generica e se scambiamo il posto a aggettivi spesso non si crea nessuna ambiguit (i canali della televisione satellitare/i canali satellitari della televisione), altre volte un attrito enorme (soprattutto quando si passa da aggettivi qualificativi a quelli di relazione), altre volte lipallage coordinato a una metafora (la frase nuvoli fioriti di piante gi contiene la metafora nuvoli di piante). 33

degli universi di discorso in continua elaborazione [cfr. Fontanille 1999b, 13-14]. Lenunciazione non viene pi vista come operatore astratto di conversione delle virtualit dei sistemi semiotici, ma come evento concreto, come operativit collocata in un contesto reale sul quale intende in qualche modo agire. Secondo la tipica effervescenza speculativa e lirrequieta proliferazione terminologica della Scuola di Parigi, troviamo che i primitivi hanno presto cambiato nome, trasformandosi nei prassemi, i quali sono grandezze semiotiche convocate dallenunciazione in qualit di forme canoniche fissate dalluso. Il prassema, anche quando resta mera assunzione di una forma canonica pertinente alla pratica in corso, senza essere quindi riconosciuto come realizzato concretamente da un testo, continua a fare il suo effetto in secondo piano, come sfondo del testo attualmente fruito. Tutte le forme convocate come pertinenti al processo semiotico in atto sono caratterizzate in questo senso, da una profondit enunciazionale, ossia dal grado di assunzione da parte dellistanza dellenunciazione e di realizzazione effettiva allinterno della configurazione testuale. Lassunzione enunciazionale, che consegue dalla presa di posizione dellistanza discorsiva, si declina dunque [...] in gradi di intensit (la forza illocutiva ne un esempio) che si combinano ai gradi di presenza delle grandezze discorsive [Bordron & Fontanille 2000, 9-10]. Una prospettiva teorica che sembra fatta apposta per rendere conto dei tropi. Ed ecco che secondo Fontanille e Zilberberg [1998, 131] la dimensione prassematica si affiancherebbe a quella paradigmatica e a quella sintagmatica, in particolare come piano in cui si collocano le figure retoriche e stilistiche, dove entrano in tensione due contenuti, secondo una distribuzione polifonico-dialogica (Bachtin, Ducrot), oppure secondo una precisa forma canonizzata (i generi). La prassi enunciazionale non coglibile che nella messa in tensione di due forme con due diversi modi di esistenza; una tensione che infine deve risolversi e profilare quindi un solo contenuto (interpretazione atona), oppure restare irrisolvibile, lasciando i due contenuti allinterno di una dialettica insolubile (interpretazione tonica). Ovvio, che la metafora si collochi su questo secondo versante. Nello studio dellefficacia dei testi trova una nuova centralit dunque la dimensione retorica, la forza predicativa (intensit) posta nei contenuti asseriti (assunzione) e il grado di riconoscimento (pi o meno esteso) delle forme assunte da parte della comunit dei soggetti linguistici [Fontanille 1999b, 254]. La prassi enunciazionale non presuppone solo l'attivit discorsiva (sistema della lingua, generi, tipi di discorso, enciclopedie), ma anche una storia della prassi, ossia degli usi come prassi precedentemente assunte da una collettivit e fissate in memoria. La prospettiva della prassi enunciazionale mette a latere la concezione solipsistica della predicazione per proporne in contraccambio una interattiva e pancronica [ivi, 273]. Essa diviene quindi unottica teorica ideale, almeno di primo acchito, per rendere conto del dominio estetico, soprattutto perch pone in primo piano la dialettica tra creazione e sedimentazione di forme e contribuisce a una chiarificazione della forza retorica e dellefficacia dei testi. La dimensione retorica del discorso raggruppa, nella prospettiva di un discorso in atto, linsieme delle procedure che permettono di gestire la coabitazione problematica tra due grandezze in competizione [Bordron & Fontanille 2000, 7]. Il rischio naturalmente che si abbiano solo delle formulazioni pi sofisticate per descrivere i rapporti tra testi e forme, generi, registi discorsivi, ma che la convocazione di forme fissate dalluso ed esterne al testo continui ad essere metodologicamente irrisolta. In questo senso non una mossa particolarmente euristica quella di aver riservato un modo di esistenza (il potenzializzato) alle forme prassematiche che fungono da sfondo di aspettative ai discorsi in atto. Sostenere che le figure retoriche e stilistiche vedono in competizione almeno due contenuti, uno realizzato e uno potenzializzato [Fontanille Zilberberg 1998, 131], non che una ritraduzione terminologica dellopposizione tra grado percepito e grado concepito del Gruppo . Ma la convergenza non solo verso la Scuola di Liegi, ma anche verso la teoria interattiva, stranamente accreditata per a Ricoeur, per cui si assume che la relazione tra contenuti figuranti e contenuti figurati sia dell'ordine dellinterazione e della tensione. Non solo; vi unattenzione al cot cognitivo della metafora, per cui la dimensione sensibile di questa figura diverrebbe una chiave daccesso cognitivo alle forme significanti (affermazione sulla linea di Lakoff & Johnson [1980]). Tuttavia, Fontanille non intende osservare la metafora come struttura concettuale, ma individuare la sintassi interna tensiva che la costituisce e il suo potenziale affettivo. Dato che in questi anni si sta dando una riformulazione tensiva del modello greimasiano, ecco che la tropica viene pensata come un luogo ideale per mostrare i vantaggi delle novit teoriche. Nel contempo si cerca di mostrare una linea di continuit, ed ecco lattenzione per gli effetti passionali che emergono dalla sintassi del discorso, una sintassi investita e modulata dal gioco dei tropi. I valori retorici
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si fondano su un margine di libert dei soggetti dellenunciazione, ma anche su un attrito tra un voler dire sensibilizzato (tale per cui la metafora viene appunto ricondotta alla dimensione sensibile, percettiva ed emotiva) e un non poter dire, dato che i contenuti potenzializzati non hanno trovato manifestazione diretta per carenze del sistema linguistico (naturalmente un non poter dire che stato superato attraverso un saper fare: quello di elaborare delle figure). Nulla di nuovo anche sul fronte dellincontro/scontro tra due isotopie, quella attualizzata nel discorso e quella potenzializzata ed extratestuale. Senza imbarazzi viene chiamato in causa il contenuto letterale per il metaforizzato e quello figurale per il metaforizzante., dove il primo viene identificato con il focus e il secondo talvolta con il topic (pur ammettendo che questo rimane spesso indeterminabile), talvolta con elementi compresenti nel discorso. La novit della descrizione generativa della metafora proviene piuttosto dalla descrizione del tenore della tensione tropica, ossia della instabilit relativa della predicazione concessiva che alla base stessa della metafora. I contenuti in tensione sono compresenti, anche se situati su modi di esistenza diversi: vi sono i contenuti realizzati, dotati di un piano dellespressione, i contenuti attualizzati che, pur non manifestati direttamente, sono convocati dallisotopia dominante e i contenuti potenzializzati che sono convocati dallenunciatario in quanto percepiti in concorrenza con il contenuto realizzato [Fontanille 1996, 6]. lisotopia sottesa dal cotesto che dovrebbe garantire un minimo di controllo nella convocazione di un contenuto potenzializzato (il quale quindi si pone - noi diremmo - come una sutura isotopica). La tensivit sarebbe anche costituita dal grado di assunzione del contenuto potenzializzato; una assunzione che pu essere pi o meno intensa rispetto alla fiducia nella giustezza della convocazione e che quindi crea una sorta di fibrillazione interna al rapporto tra metaforizzante e metaforizzato. Tale assunzione si pone come un altro punto di vista rispetto a quello che afferisce al contenuto realizzato: di qui la costitutiva polifonia. Alla ritmia interna della assunzione dei valori, si contrappone licasticit ingombrante della asserzione metaforica; ingombrante perch irrisolta e spiazzante, icastica per il fatto che solitamente la metafora si serve di figure proprie a una semiotica del mondo naturale, si offre come espressione concisa e nel contempo si propone come una scorciatoia argomentativa [cfr. Eco 1975, 354]. Altro fattore di intensit della metafora dato dal fatto che essa pu non essere gi registrata sociolettalmente ponendosi come innovativa. Ancora: lintensit del tropo data dalla capacit del metaforizzante di porsi come pi intenso del metaforizzato. Ecco che la predicazione concessiva metaforica - si asserisce che N1 N2 malgrado non sia vero avrebbe nella veemenza ontologica dell (intensit) il versante sensibile, mentre nella demitizzazione critica [Ricoeur 1975] del non (estensit della parafrasi) il versante cognitivo. Volendo semplificare le complesse e discutibili speculazioni di Fontanille, potremmo infine dire che licasticit figurativa dei tropi e il loro imporsi a un soggetto spiazzandolo attraverso lincompatibilit dei tratti, consentirebbero di ribattere i gradi di presenza dei contenuti nellenunciato metaforico (realizzati, potenzializzati, virtualizzati) in gradi di presenza di valori sensibilizzati in un campo estesico-affettivo (attesa, mancanza, ricomposizione, imperfezione del senso della metafora). Del resto, limportanza delle metafore che poggiano sul corpo e sulla sensomotricit non sono che la spia, per Fontanille, di come il corpo, mediando la nostra relazione con il mondo, si ponga come luogo di sorgenza di ogni operazione semiotica, di ogni semiosi [Fontanille 2000]. Nelle analisi condotte da Fontanille che applicano questa impostazione teorica si nota come la figura non parafrasabile, incapace di trovare nellisotopia dominante del discorso una esplicitazione, diviene il luogo di massima intensit testuale, di maggiore differenza di potenziale tra le due isotopie co87 occorrenti e che il potere figurativo del tropo viene convertito in icona [Fontanille 1996, 27]. La teoria dei tropi post-greimasiana vale soprattutto come richiamo allimportanza della dimensione enunciazionale; piuttosto che sostenere che in s il sintagma metaforico si ponga come micro-racconto enunciazionale [cfr. Bordron & Fontanille 2000, 11], vale la pena coglierlo come torsione specifica del pi vasto racconto dellenunciazione proprio del testo in cui inserito. Il profilo tensivo si rivela utile soprattutto nella distinzione tra figure; per esempio una similitudine ha una tensione moderata (dato che vi gi enunciata una dis-identificazione degli elementi coinvolti nel tropo) rispetto alla metafora. Questultima, fondata sul quel trasferimento assunto come la sua dinamica specifica, nel contempo proiezione di tratti semici, sospensione di un classema inconciliabile e riassetto di un nuovo inventario semico [Henry 1971]. la determinazione metaforica delle identit figurali, assurda inizialmente, gratuita, incondizionata che ha per soluzione attesa uno spettro di similitudini figurative
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La metafora comporta una messa in presenza dellenunciatore, non solo valutativa (come nel caso degli aggettivi che rinviano a una competenza modale), ma anche esperienziale. La metafora sembra mettere in gioco un processo che tra il semantico e il percettivo. Tra laltro, come se vi fosse una sorta di ipotiposi presente in ogni metafora, dato che essa si esplica sempre anche in una valenza iconica, per esempio nel visualizzare anche concetti astratti: il senso figurato concreto perch donne voir [Cohen 1966]. 35

[Zilberberg 1996, 219]. La metafora, anamorfosi lungo la declinazione figurativa del testo, pu offrire un quadro di valori semantici solo quando a livello figurale prevalgono le forze coesive. Nel caso contrario la predicazione concessiva della metafora rischia di divenire un rebus o persino un nonsense. Questa coordinazione reciproca dei tratti figurali, colmata la distanza iniziale tra le grandezze in gioco [Zilberberg 1992, 24], pu essere pensata allinsegna della analogia, ma forse sufficiente lintegrabilit dei tratti (la metafora diviene una sorta di chimia di tratti che possono aprire una nuova figurativit, un mondo possibile).

continua.....

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