Sei sulla pagina 1di 17

Franco Bolgiani

Charles Pietri. La dialettica fra storia e teologia


In: Mlanges de l'Ecole franaise de Rome. Antiquit T. 111, N2. 1999. pp. 581-596.

Riassunto Franco Bolgiani, Charles Pietri. La dialettica fra storia e teologia, p. 581-596. Charles Pietri non mai stato un teologo in senso professionale ed ha egualmente rifiutato, seguendo in questo il suo maestro, Henri-Irne Marrou, una filosofia della storia. Tuttavia il rapporto teologia-storia, per lui storico del cristianesimo, libero da presupposti confessionali, ma personalmente credente convinto, ha costituito una sfida che egli ha inteso deliberatamente raccogliere. Sia nella sua grande Roma christiana sia nei tre volumi di Respublica christiana come in certe sue note apparse nei periodico Les quatre fleuves il problema storia-teologia si presenta ora implicito ora ben esplicito. Storia e teologia hanno uno statuto epistemologico ben distinto, ma se da un lato compito dello storico anche quello di declericalizzare il teologo, lo storico deve prendere pure coscienza del fatto che il suo oggetto di studio, il cristianesimo, implica anche la percezione della autocoscienza che si manifesta progressivamente entro la realt della Chiesa, dimensione che non pu essere ignorata n giudicata secondaria e insignificante.

Citer ce document / Cite this document : Bolgiani Franco. Charles Pietri. La dialettica fra storia e teologia. In: Mlanges de l'Ecole franaise de Rome. Antiquit T. 111, N2. 1999. pp. 581-596. doi : 10.3406/mefr.1999.2091 http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_0223-5102_1999_num_111_2_2091

FRANCO BOLGIANI

CHARLES PIETRI LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

1. Quando ai primi di agosto del 1991 Charles Pietri non ancora se ssantenne fu strappato alla famiglia, agli amici, agli studi dall'assalto di un male tanto violento e spieiato quanto imprevisto e pressoch fulmineo, r icordo come fosse ieri lo sconcerto e l'angoscia che provai, anche perch la notizia non mi arriv se non con vari giorni di ritardo, nonostante i tentati vi che l'cole franaise fece per raggiungermi senza riuscirvi, essendo io fuori sede. Ho accettato pertanto con commozione e riconoscenza l'invito gentilmente rivoltomi dal direttore dell'cole franaise, professor Andr Vauchez che qui ringrazio, a partecipare a questo incontro in memoria del mio carissimo e mai dimenticato amico, a cui mi legavano stima ed affetto profondo, come pu testimoniare Madame Luce Pietri : a lei vorrei anche pubblicamente rivolgere un saluto affettuosissimo, anche per quello che la sua condizione di sposa e di madre ha rappresentato per la vita di suo mar ito e la collaborazione da lei recata alla attivit scientifica di Charles, in una sintonia di spirito e di lavoro di ricerca che non esito a dire eccezionali . Quegli anni 1991-1992, me lo si lasci ricordare, furono da un certo punt o di vista, certo per me, ma non per me soltanto, anni tragici segnati da sconvolgenti successive perdite, non solo per la sorte di singoli studiosi, ma per l'insieme di coloro i cui studi e le cui ricerche riguardavano il cristiane simo tardoantico esplorato con passione dal punto di vista tanto storico quanto archeologico-documentario. Pochi mesi prima, nell'aprile dello stesso anno, la morte si era portato via un altro studioso, fraterno amico anch'egli di Charles, Paul-Albert Fvrier, di un anno pi anziano del no stro, anch'egli aggredito dal male implacabile. Pi meno nella primavera dello stesso 1991 ero a pranzo, come sovente mi era accaduto, ospite di Charles e Luce, a palazzo Farnese, e Charles mi disse di essere andato a trovare poco prima l'amico Paul-Albert in ospedale, trovandolo lucido, ma consapevole della fine ormai imminente. Nemmeno un anno dopo la scomMEFRA - 111 - 1999 - 2, p. 581-596. 38

582

FRANCO BOLGIANI

parsa di Pietri e di Fvrier, cio ai primi di luglio del 1992, scompariva im prov isamente Jean-Charles Picard che prima di morire aveva avuto la gioia di veder pubblicata, sempre dall'cole franaise di cui era stato allie vo,la sua grande opera su Le souvenir des vques, sepolture, liste episco pali e culto dei vescovi nel Nord Italia dalle origini al X secolo. Non star a sottolineare lo sconcerto che queste tre morti, che colpivano a breve d istanza tre studiosi, discepoli, sia pure con diversa prossimit, della scuola che era stata di Henri-Irne Marrou di cui Charles fu il diretto successore in Sorbona : lo sconcerto comune fu per me, che avevo conosciuti e ammir ati questi studiosi cui mi sentivo profondamente affine e legato, un senso di vera angoscia come di perdite irreparabili a cui solo la pietas pi profon da e la riconoscenza memore per quanto avevano fatto, poteva venire in soccorso. Mi parve che tutta una linea di tradizione storico-archeologica tardoantica, che era cominciata almeno con Mgr Duchesne e che aveva r iferimento alla cole de Rome, rischiasse di sparire, venendo cos a mancar e in breve tempo agli studiosi italiani interessati agli stessi problemi, tre punti di riferimento essenziali. Ho visto come per Jean-Charles Picard si sia provveduto da parte dell'cole franaise a raccoglierne gli articoli sparsi; la gioiosa serenit di Paul-Albert Fvrier ha trovato la sua pi esatta espressione nei due ampi luminosi volumi di La Mditerrane de Paul- Albert Fvrier; ora con l'appari re dei tre fitti volumi di Christiana respublica di Pietri, che portano l'indovinatissimo sottotitolo di Elementi di una inchiesta sul cristianesimo anti co, questa raccolta, che per gli argomenti trattati ha tutta una sua organic it e non solo un insieme di disiecta membra, viene in qualche modo a completare e dare nuovo rilievo alla sua gigantesca e fondamentale Roma chistiana, uscita nel 1976. Arrestandosi alla met del V secolo (da papa Milziade a papa Sisto III) la conclusione di Roma christiana implicava infatti qualcosa di pi che la semplice indicazione di una terza tappa della ricerca, (quella Troisime part ieche la breve prefazione a Roma christiana del 21 luglio 1972 annunciava) e che doveva andare dalla met del V secolo agli inizi del VI. La Roma cio compresa fra due papi cui spett l'appellativo di Magni, cio Leone Magno e Gregorio Magno : ma i tre volumi ora comparsi presentano aperture e prospettive che vanno anche ben pi avanti, spingendosi occasionalmente in profondit nel VI e con puntate fino al VII secolo. Questo ipotizzato pro getto di ricerca che raggiungeva Gregorio Magno, giustifica infatti il titolo complessivo, che per suggerimento credo di Madame Luce e di Andr Mandouze si dato alla raccolta di scritti vari ora messi insieme : passare da Roma christiana a Christiana respublica, del resto una premessa indispens abile anche a riguardo di quel tema, solo apparentemente settoriale e

LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

583

marginale, che ho scelto come punto di osservazione da cui collocarmi per sottolineare un aspetto significativo dell'opera di Charles Pietri. 2. Ho detto che il mio un punto di vista particolare : e il titolo della mia comunicazione, che ho trasmesso all'attuale direttore dell'cole, lo esprime di per s abbastanza chiaramente. Vorrei cercare di mettere in ri lievo, nella complessiva ricerca di Pietri, un aspetto apparentemente meno esplicito, pi delicato e difficile a prima vista da esplorare, cio la dialettica fra storia e teologia nel complesso della sua opera di studioso. Senza negar e che anche gli altri due studiosi del Tardo antico prima citati e cos presto scomparsi abbiano avuto anch'essi interesse per questo problema, certo in Pietri esso ha assunto una importanza indiscutibile. Senza dubbio si tratta di un tema che per molti storici odierni, soprattutto di ispirazione laica, appare del tutto irrilevante quantomeno di rilievo esclusivamente perso nale e privato. Sono convinto invece che per Pietri non era cos e non lo era proprio perch, facendo mia una definizione esattissima usata da Andr Mandouze al momento della scomparsa di Pietri, il nostro fu contempora neamente, come uomo e come studioso, si laque et si croyant. Che senso pu avere allora parlare di dialettica fra storia e teologia o, se si preferisce, dialettica nel senso di confronto critico e in qualche mo dopotenzialmente conflittuale, fra storico e teologo ? Premetto, e vorrei che fosse ben chiaro, che questa dialettica, nel senso della alternativa e, al limite, dell'esclusione di uno dei due termini rispetto all'altro, che nella cul tura storica corrente di oggi data sovente come un presupposto indiscus so (o si fa lo storico si fa il teologo), nel caso di Charles Pietri non vada cercata affatto nell'essersi egli, come storico, interessato anche di idee teo logiche del mondo tardoantico. questo ovviamente un argomento che egli ha ampiamente affrontat o, e che come storico di quel periodo non poteva ignorare e non toccare; su cui ha avviato del resto vari suoi discepoli a lavorare, ma che non tocca la sostanza del problema che vorrei qui sforzarmi di discutere. Il problema invece un altro ed legato all'interesse che, come storico e in quanto sto rico, laicamente consapevole dell'oggetto di ricerca di cui si occupato in quanto storico, e dei limiti che tale ricerca implica, egli ha anche inteso considerare i problemi teologici nella loro specificit teologica, in quanto cio propriamente teologici, ben consapevole per altro del diverso statuto epistemologico e critico che questi due saperi presentano, ma interrogan dosi anche su cosa significasse e cosa comportasse, sia nel passato sia nel presente, la loro contemporanea presenza e alterit. Sia ben chiaro : Charles Pietri non si mai dichiarato proclamato teologo strictu sensu, ma ha sottolineato che le ricerche del teologo, me-

584

FRANCO BOLGIANI

glio le esplorazioni molteplici delle tradizioni cristiane indagate dai teologi lungo i secoli, quelle antiche innanzi tutto, ma in certa misura anche quelle del presente, hanno per lo storico valore conoscitivo importante e sono in grado di porre storia e teologia, l'una rispetto all'altra, a confronto e in que stione : uno degli intenti del mestiere dello storico, come egli disse efficac emente, era anche quello di declericarizzare il teologo, ci che comporta va anche quello in certa misura di deteologizzare lo storico al lavoro. Certo questa dialettica ha avuto per Pietri un accento e un senso parti colare in quanto egli era personalmente un credente e credente per di pi di appartenenza ad una Chiesa come quella cattolica. In questa, da un lato, le dichiarazioni magisteriali hanno assunto preteso di assumere sempre pi un carattere di normativit, almeno formalmente indiscutibile e irrifo rmabile, ma di fatto, nei momenti di pi vivace creativit e larghezza di im pegno anche in campo teologico, sono emerse, fra innumerevoli variazioni e contrasti, e con un appello variamente formulato a riguardo del principio di autorit pi meno inappellabile, linee varie ed espressioni innovatrici di portata sovente essenziale. Esse hanno disegnato s una continuit nor mativa nell'ampio quadro di una traditio apostolica o, come l'hanno chia mata i Greci, di una ekklesiastik pardosis, ma hanno anche stimolato la l ibera esplorazione delle idee teologiche a riguardo delle dottrine e dei mores. Le une e gli altri, in quanto manifestatisi nei tempi, sono state e sono oggetto proprio dell'interesse dello storico. Una dialettica, se si vuole, gi interna alla stessa riflessione teologica che compito dello storico, e non solo dello storico dei dogmi della morale, ma dello storico in senso pieno e sociale, mettere in rilievo, esprimere criticamente, nel rapporto anch'esso dialettico fra Chiesa Chiese cristiane in genere e societ ambientali mutat e e mut evoli nei tempi. Parzialmente diverse, e di per s di pi facile accesso almeno in appa renza, si sarebbero sicuramente presentate le cose se Pietri fosse stato, ad esempio, di fede protestante riformata, in cui il rapporto dialettico teolo gia-storia ha spazi e autonomie diverse e, a supporre che si possa parlare nella teologia della Riforma di un certo magistero (pi propriamente di un consenso pi meno largamente diffuso e consolidato fra episcopati so prav is uti, concistori, Facolt teologiche ecc), questo ha in genere un ruolo in sostanza notevolmente di secondo piano rispetto alle verifiche e agli accertamenti dello storico. Ma la cosa interessante che Pietri, proprio perch si collocato nell'ambito di fede in cui si riconosciuto, quella cat tolica, abbia, in ragione del suo essere credente, ben distinto gli ambiti del laricerca storica da quelli della ricerca speculazione teologica, ma con temporaneamente riaffermato che uno storico credente, come persona lmenteera e non esitava a dichiararsi, aveva, in ragione della sua

LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

585

condizione particolare, il dovere di porsi di fronte alla teologia ed ai teologi in un franco confronto di posizioni e non di rado di opposizioni, e trarre da questo confronto indicazioni anche di tipo metodologico utili per qualun que ricerca storica che facesse riferimento ai problemi religiosi. Ho gi accennato prima all'intento di declericalizzare la teologia, che implicava anche deteologizzare (nel senso di deideologgizare) la teologia : era, anche questa, una delle forme di quella libert del cristia no che, indiscutibile per lui in campo civile e politico e in questi da lui fe rmamente rivendicate (lo testimonia anche la sua antecedente attivit dici amo politico-sindacale), aveva diritto di estendersi e di reclamare i propri diritti, anche nei campi in cui chiamata in causa la responsabilit perso naledi chi ricerca la verit religiosa del passato e del presente. Anche per questo suo specifico atteggiamento, io credo, all'indomani della sua morte, la piet degli amici volle raccolti in un breve volume certi suoi scritti di argomento particolare, sotto il titolo : Charles Pietri. Historien et chrtien, volume di poco pi di 200 pagine, pubblicato dall'editore Beauchesne nel 1992, con una prefazione di Philippe Levillain e una postfazione di Jean-Robert Armogathe. In esso furono raccolti gli scritti che Pietri ave vapubblicati nella rivista Les quatre fleuves, una rivista che, mi permetto di ricordarlo, era sorta nel 1973, per iniziativa di Henri-Irne Marrou, Paul e Georgette Vignaux, Marie- Josephe Rondeau e Mons. Fernand Guimet (quest'ultimo deceduto poco dopo). Il titolo della rivista era di ispirazione biblica e rinviava ai quattro fiumi del Paradiso terrestre di Genesi, II, 10-14, che l'iconografia cristiana collegher successivamente al passo del cap. XIV dell'Apocalisse, secondo cui i quattro fiumi genesiaci, che vanno nelle quattro direzioni del mondo, ricompaiono nella tradizione legata a l 'Apocalis e canonica come emananti dalla rocca di Sion su cui sta ritto l'A gnello. Di questa rivista, che non ebbe purtroppo lunga vita (dal 1973 al 1988) pubblicando 26 fascicoli tematici, Pietri entr, insieme ad altri, nel comitato di redazione un anno dopo la sua fondazione e vi si dedic con impegno, nonostante le incombenze gravose legate all'insegnamento, poi, dal 1983, alla direzione dell'cole franaise e, insieme, proseguendo tena cemente le ricerche personali di cui la pi gran parte sono raccolte nei tre volumi cui accennavo in principio, e che ci vedono ora raccolti a farne og getto di riconsiderazione. Alcuni degli scritti suoi, gi riediti nel pi breve volume ora ricordato, ricompaiono sparsamente nei tre volumi di Christia na respublica. Il titolo apposto a quel piccolo volume contenente pressoch tutti gli interventi di Pietri apparsi nella rivista Les quatre fleuves era, come dicevo, Charles Pietri. Historien et chrtien : di esso ho dato notizia in una nota cri tica apparsa nel 1996 sulla Rivista di storia e letteratura religiosa che cond-

586

FRANCO BOLGIANI

rigo dalla fondazione (e mi sia incidentalmente permesso di ricordare co me alla sua fondazione era stata essenziale la presenza e la condirezione dell'allora nostro collega titolare di letteratura cristiana antica, Michele Pellegrino, che diventer poi, nel 1965, arcivescovo di Torino e cardinale, continuando, per quanto poteva, a dare, di quando in quando, al periodico stesso qualche contributo con note e recensioni). Su quel mio breve gi citato articolo, apparso con un certo ritardo quattro anni dopo la morte di Pietri, che si intitolava Charles Pietro. Storico e credente ritorner pi avanti : esso presentava una stretta analogia con quanto si leggeva sia nella prefazione di Philippe Levillain sia nella post fazione di Jean-Robert Armoghate. Ma quella mia breve nota, oltre che un omaggio affettuoso alla memoria di questo amico che ho molto ammirato ed amato, aspirava anche a suggerire una proposta di lettura del significato che aveva avuto quel gruppo di intellettuali cattolici e protestanti francesi (io, bench italiano, fui cooptato nella direzione proprio per iniziativa di Pietri), universitari per lo pi, che si trovarono ad osservare con attenzione tanto di credenti quanto di uomini di cultura, la grande crisi della Chiesa cattolica che si determin dopo la chiusura del concilio Vaticano II. Per fa re un solo un esempio fra i tanti possibili e limitandosi all'ambito culturale, non un caso che apparissero pressoch in quegli anni due altre riviste di cos diverso orientamento quali Concilium da un lato e Communio dall'al tro. Il sorgere di Les quatre fleuves, per Marrou e gli altri iniziatori, era mot ivato dal disinteresse e da una certa indifferenza che si manifestava fra i credenti dal punto di vista intellettuale e culturale a proposito della rifle ssione sui problemi della fede e della tradizione cristiana : al suo apparire, questa nuova iniziativa intendeva essere stimolo alla riflessione, facendo appello ad una lunga preistoria che non sar male qui evocare anche solo per cenni. Uno stimolo dicevo contro l'indifferenza, anche troppo abituale presso i semplici credenti, che discendeva in ultima analisi da una Chiesa che, co me quella cattolica, specie nella seconda met del sec. XIX, si era a lungo chiusa in un isolamento culturale e spirituale e che aveva generato nelle classi intellettuali indifferenza e distacco progressivo (basti ricordarsi del Syllabus e di quantit di altri atteggiamenti assunti dalle gerarchle ecclesiastiche); una indifferenza divenuta abituale che, dopo l'improvviso apparire del concilio Vaticano II con la sua ventata innovatrice, sembrava aver inge nerato una inversione di tendenza manifestatasi troppo spesso in forme improvvisate e superficiali. Contrassegno dell'atteggiamento della gran maggioranza dei preti e di molti religiosi, questo improvviso capovolgi mento di atteggiamenti, si era esteso a non pochi vescovi, esprimendosi di colpo in un fervoroso quanto rumoroso attivismo, dove l'apparire, piutto-

LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

587

sto che il pensare e il riflettere su ci che il Vaticano II aveva significato, sembrava la nuova via privilegiata da seguire in vista dell'incontro con il mondo. Non so fino a che punto corrisponda in pieno a quello che fu allora lo stato delle cose, particolarmente in Francia, quello che presentavano le pagine liminari della rivista. Basandomi per altro sulla attestazione autore vole del prefatore al volume di cui parlo, Philippe Levillain, il fine in cui si riconobbe il gruppo originario di Les quatre fleuves, costituito da Marrou, dai coniugi Vignaux e da altri, era il diffuso disincanto degli anni '70 verso la realt profonda di quello che era stato il concilio Vaticano II : di qui istanza di apprestare in certo modo, se l'espressione non troppo enfatica, gli strumenti concettuali di una seria preparazione in vista di un ipotetico futuro Vaticano III. 3. Questa espressione va intesa bene e per ben intenderla occorre r itornare a riflettere sulla importanza e la portata delle idee condivise dagli uomini che avevano dato vita a Les quatre fleuves. partendo di qui, se non sbaglio, che pu porsi in modo corretto il problema, particolarmente signi ficativo per Pietri, ma che comune anche ad altri intellettuali cattolici francesi pi anziani suoi contemporanei legati fra di loro da amicizia e condivisione di idee, del rapporto studi storici-ricerche teologiche. Va ben tenuto presente, innanzi tutto, cosa abbia significato e quale influenza abbia avuto per la cultura francese, l'esistenza di un gruppo di amici laici, fermi sostenitori del principio di laicit, ma insieme fortemente credenti in senso cristiano, che avevano partecipato al travaglio spirituale e dottrinale che aveva anticipato il concilio, e che, a concilio concluso, han no sentito la necessit di riflettere su quanto nella Chiesa cattolica stava av venendo all'indomani del concilio stesso. Occorrerebbe certamente, per un pi esatto inquadramento storico del problema, risalire ben all'indietro, ma mi limito qui a ricordare come questa generazione di intellettuali, i cui pi diretti antesignani erano uomini come Paul Vignaux e Henri-Irene Marrou, gi negli anni della loro formazione intellettuale si erano gettati alle spalle tanto la zavorra, egualmente fanatica, del clericalismo ultramont ano, che aveva imperversato a lungo (e rispetto a cui la condanna dell'Action franaise del 1926 aveva avuto un significato liberante), quanto i residui di un libero pensiero, acremente antireligioso, prima ancora che anticristiano, di cui recentemente ha tracciato la storia, in modo anche troppo minuto, dal 1848 al 1940, Jacqueline Lalouette nel suo documentar issimo volume. Per questi intellettuali credenti, riprendendo le parole di Philippe Le villain, la crisi in atto, successiva al Vaticano II, rischiava di far apparire il concilio come il vaso di Pandora, da cui potevano venir fuori le tendenze

588

FRANCO BOLGIANI

pi contrastanti. C'erano da un lato quelli che intendevano tenacemente riaffermare sine glossa il Vaticano I e quanto da esso si faceva obbligatori amente discendere, considerando vera Chiesa quella miracolosamente ri emersa nella Restaurazione fino a preparare il concilio del 1869-1870 : soste nitori pertanto di una ecclesiologia chiusa e ripetitiva, fortemente temporalistica e clericale. Dall'altra stavano quelli che sembravano inclinati a far getto della grande tradizione cristiana ecclesiale che aveva trovato la sua formulazione aggiornata con il concilio Vaticano II. Di contro agli uni e agli altri occorreva ripensare, in termini propri, il presente e il passato, an che e soprattutto quello pi antico e fondante, cos che il Vaticano II non apparisse n una porta sigillata (magari da murare per rinchiuderlo in se stesso e celebrarlo pi che altro in forma retorica), n una libera uscita anarcoide, invece di scoprire in esso stimoli di costante riscoperta, consa pevole e meditata, nell'emergere di sempre imprevedibili novit che la sto ria, nel suo ininterrotto fluire, presenta con tutte le contraddizioni che vi sono implicite, ma in cui il rifiuto cieco e assurdo del passato non mai se gno di avanzamento, bens, presto tardi e per reazione, di puro regresso. Non ripeter qui le varie osservazioni che mi capit di fare in quella mia nota dedicata a Charles Pietri, che aveva per titolo Charles Pietri. Stori co e credente : definizione che sostanzialmente affine, anche se espressa in modo leggermente diverso, da quella usata dall'autore della postfazione al libro dei suoi scritti di pi stretto interesse storico-ecclesiale, cio l'abb Jean-Robert Armogathe che suona Pietri. Historien. Chrtien, dove i punti di stacco fra un termine e l'altro, come il mio e posto fra storico e credente sottolineavano che Pietri non era mai stato uno storico cristi ano uno storico cattolico confessionale, ma uno storico in senso pieno, personalmente un credente, che aderiva come persona ad una specifica confessione religiosa, quella cattolica, ma quando parlava di storia face va solo lo storico e non il teologo, e per altro non considerava la teologia un corpo estraneo della storia cristiana di cui sbarazzarsi ignorandola. Cio, proprio come ho gi prima ricordato, il Pietri definito da Mandouze : cos laico e cos credente. 4. Se dialettica presuppone una certa alterit, ma anche superamento di contrapposizioni forzate ed ereditate passivamente, per salire a una su periore visione storica pi larga e comprensiva anche degli opposti, vorrei, parlando del mio amico Charles, far riferimento a quattro punti essenziali : 1) quali sono i punti in cui Pietri stato pi nettamente critico verso un certo modo di concepire e presentare la teologia nei confronti della sto ria;

LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

589

2) quale il tipo di conoscenza teologica che si richiede a suo avviso a chi fa mestiere di storico applicandosi ai fenomeni religiosi e in che senso il comprendere dello storico deve sbarazzarsi delle supposte novit teo logiche che pensano di giudicare e valutare il passato sulla base di proble matiche che il passato non ha conosciute; 3) quale il punto di innervatura in cui lo storico pu insegnare al teo logo a far uso corretto della storia e riconoscere i limiti della sua teologia; 4) quale l'insegnamento che la complessiva opera storica di Pietri, nel suo rapporto dialettico con la teologia, pu continuare ad offrire a chi consideri il fenomeno religioso cristiano, soprattutto se anche un credent e, guardando alla Chiesa come a una dimensione storica innervata e moss a da una sua qualit dinamica le cui tracce storiche esterne risultano obiettivamente identificabili. In ragione di questa dinamica, di questa che chiamerei specificit del rapporto storia-teologia, la storico dovrebbe avere come compito di of frire al teologo l'indicazione concreta, alta e consapevole, di quanto la Chiesa vuoi essere e delle ragioni del suo esistere e perpetuarsi, dei conte nuti che intende trasmettere e dei fini che tende a raggiungere. Diciamo, se vogliamo, le forme storiche e come tali varie e diverse della sua autocos cienza. Un problema che acquista un suo speciale permanente significato in un mondo come quello di oggi che, in mezzo a trasformazioni impress ionanti da ogni punto di vista, fra lo scomparire delle grandi ideologie e l'infrangersi delle certezze consuete, mira, se seriamente indagato, a offrire punti di riferimento e di tradizione forti al mondo che avanza verso l'inizio del terzo millennio cristiano. Non mia intenzione, in questa sede, illustra re qui, uno dopo l'altro, i predetti quattro punti, ma vorrei sottolineare in quanto dir, come questi nuclei tematici, emergano nell'opera di Pietri in trecciati e complementari anche se talora in modo dialettico. 5. Premettiamo innanzi tutto una constatazione. Pietri non si mai occupato specificamente di quella che una volta si chiamava e che ora, di nuovo, anche a livelli universitari, si torna a chiamare filosofia della sto ria. In questo ambito egli ha fatto propria e pienamente assimilata la le zione del suo maestro, Henri-Irne Marrou, che ha mostrato, prima di tut tonella indagine storica personale, poi nel confronto con le grandi filosof ie della storia del passato, l'arbitrariet di quelle concezioni che si sono presentate come filosofie della storia storie filosofiche (almeno da Hegel a Spengler a Toynbee) aventi la pretesa di presentarsi come normative per la conoscenza dello sviluppo storico : e del resto oggi, quando nuovamente si parla di filosofia della storia si ha a che fare con rassegne dei tentativi

590

FRANCO BOLGIANI

di filosofie storiche del passato denunciandone l'arbitrariet, o si fa della sociologia pi meno rinforzata con exempla dedotti da eventi storici di epoche diverse comparate fra loro, si intende con filosofia la lezione di metodo frutto di riflessione e meditazione sul significato preciso che, nel contesto del divenire pi ampio del mondo, hanno avuto per la ricerca sto rica specializzata mirata uomini e situazioni studiati direttamente : era quello che aveva fatto del resto Marrou per il Tardo antico e con lui, per al tre epoche storiche, altri storici francesi da Duby a Braudel, da Le Goff a Le Roy Ladurie a Paul Veyne e tanti altri : mi limito qui, in questa sede, a citare volutamente solo autori francesi. Per contro, pur senza applicarvisi in modo sistematico, Pietri ha fatto sua e giudicato corretta non una filosofia, ma una teologia della storia, s econdo l'essenziale proposta e la precisa cautela con cui l'aveva formulata Marrou sull'onda della visione agostiniana, nella convinzione che in se stessa non avesse nessun carattere prescrittivo ai fini della ricerca specifica dello storico, anche se ben presto, a partire dallo stesso discepolo di Agosti no, Orosio, e procedendo nei secoli successivi, tale teologia della storia si sempre pi trasformata in una filosofia teologizzante del processo storico. Terreno quanto mai insidioso su cui Pietri non si avventurato, per quanto suggestivo e ricco di esperienze esso possa essere stato, generatore per al tro di ideologie tutte rivelatesi presto fragili e datate (e, in fin dei conti, sempre pi de-teologizzate). In questo senso, se intendo bene, per un cre dente teologia della storia implica il segreto riconoscimento che l'avan zare e operare degli uomini nel tempo segue una sua logica segreta che lo storico stesso non conosce n ha la pretesa di conoscere, che nel senso pieno un mysterion, che lo storico credente non autorizzato a definire n a tematizzare, ma solo a fare oggetto di riflessione e, diciamo pure, di con templazione personale e di apertura escatologica. Se Pietri si per altro occupato del rapporto fra storia-storiografia e teologia, credo di poter dire che per lui il punto concreto di attacco della r ifles ione in materia fu, sin dal suo primo lavoro, la realt storica concreta della Chiesa, innanzi tutto la Chiesa di Roma specie nei secoli IV-V, e il suo rapporto con la citt per eccellenza, YUrbs, e via via altre citt di altre aree. Se pertanto uno spunto teologico emergeva per Pietri da questa positiva precisa analisi storica, esso era individuabile nella ecclesiologia e nel suo particolare formarsi e definirsi, nel senso pertanto della coscienza che la realt storica della Chiesa andava prendendo di se stessa. Questo tema era gi stato messo in rilievo dal chanoine Aubert nella introduzione al I volu medella Nouvelle histoire de l'glise che usciva nel 1963, in coincidenza non imprevista con l'apertura del concilio Vaticano II, come paradigma di lettura dell'intera opera iniziata sotto la direzione di Danilou e Marrou,

LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

591

contemporanea, ma per certi aspetti cos diversa, dallo Handbuch di Hub ert Jedin tanto pi tradizionale nella sua impostazione. Intento di Roma christiana di Pietri era quello di vedere in concreto dove e in quali forme e con quali manifestazioni e operazioni esterne la Chiesa di Roma si collocava in uno spazio territoriale e contribuiva a infor marlo addirittura strutturarlo ex novo. Si trattava pertanto di far rilevare e studiare manifestazioni concrete non tanto di una ecclesiologia prescrit tiva di una teologia astratta e immobilmente valida per tutti i tempi, quanto di una ecclesiologia proveniente dal concreto dei fatti e dall'azione degli uomini, con tutti i limiti e le relativit che ineriscono all'agire del sog getto umano storico. Era la linea di ricerca che si richiamava a teologi molt o cari a Pietri, quali Congar e Chenu, ma anche De Lubac, Danilou e altri. Di qui i suoi sforzi di presentare e far capire il significato di Roma christia na, come di altre dimensioni del vivere, operare, organizzarsi, diffondersi, contrastare, acquisire adesioni, perderle e riconquistarle, legiferare all'i nterno ed all'esterno, da parte dei vari poteri e istituzioni ecclesiastici : t ematiche su cui Pietri si largamente intrattenuto negli altri saggi, sia anter iori sia successivi a Roma christiana, ora complessivamente raccolti in Christiana respublica come ho prima accennato. Mi domando sinceramente se corretto da parte mia, indagando la dialettica fra storia e teologia secondo Pietri, privilegiare dal mio punto di vista il tema ecclesiologico, vedendovi una provocazione al teologo per indurlo ad acquisire le istanze proprie dello storico, indagando cio nel con creto il rapporto fra ecclesiologia in divenire ed ecclesiologia espressa in formule divenienti sempre pi autorevoli e impositive. Pi precisamente ancora mi domando : sta qui il nucleo tematico dell'opera di Pietri suscetti bile di offrire anche al teologo gli spunti e i termini di una riflessione e ap plicazione sul piano teologico, nel senso della compresenza di sviluppo dogmatico e prassi ecclesiale? E mi domando ancora : all'interno di que stogioco che, secondo Pietri, poteva collocarsi tanto l'interesse dello stori co in quanto storico per la teologia come ecclesiologia quanto il sorgere del conflitto possibile o, quanto meno, della condizione di alterit ma anche di presa di contatto fra lo storico ed il teologo, pur entrambi credenti? Le vicende complesse e sovente tortuose della Chiesa di Roma e di quante altre Chiese cristiane si riferivano si differenziavano da quella r omana nel periodo storico prima ricordato - da Aquileia ad Alessandria, dal le Gallie all'Africa, da Milano all'Illirico a Costantinopoli -, implicavano al tret ante provocazioni che lo storico offriva, come prima dicevo, al teologo, consapevole dello statuto specifico delle due diverse discipline, teologia e storia, ma anche nell'intento di far s che si chiarissero i delicati rapporti dell'una rispetto all'altra. Esistevano infatti per Pietri, ed esistono in ogni

592

FRANCO BOLGIANI

caso, sotto apparenze le pi diverse, ricostruzioni corrette di concezioni ecclesiologiche e in grado di rispondere alle esigenze fatte valere dallo stori co, ed ecclesiologie clericali (ecco di nuovo la necessit di declericarizzare il teologo) per cui la storia solo una ideologia filosofico-teologica ar ricchita di exempla storici, scelti intenzionalmente ad usum. quello che, in altri campi, accade sovente ai sociologi. Proprio per questo voglio subito mettere in guardia contro un possibile rischio a cui potrebbe dar luogo il punto di vista che mi sono prima per messo di suggerire per una lettura di Pietri. Deve essere chiaro che l'atte nzionealla realt della Chiesa nelle varie epoche storiche, privilegiandone le concezioni ecclesiologiche in fieri, non ha niente a che vedere con certe r ecentis ime prospettive che, proprio in Francia, sono da un certo tempo af fiorate, come indicazioni metodologiche, forse pi convenienti (anche se ne ho qualche dubbio) a un sociologo semplificatore che ad uno storico che ha orrore delle semplificazioni. Alludo alle tesi di cui si fatto portavo ce un intellettuale inquieto e molto alla moda (anche se ormai perfett amente integrato) quale Regis Debray con la sua proposta mediologica, per cui ogni istituzione mirante ad ottenere un consenso, anzi addirittura una fede in qualcosa, quale massimamente sarebbe il caso della Chiesa (ma secondo Debray anche di tutto ci che tende ad affermarsi e accreditarsi da Dio al denaro per dire i due estremi) chiederebbe che si partisse per ca pirlo dalla sua organizzazione esterna oggettivata, dal suo esterno insom ma, per giungere al suo interno. Applicato al nostro caso ci implicherebbe considerare, lo dice Debray stesso, ecclesiologia come il sistema specifi co dell'ambito religioso-cristiano per organizzare le strutture del credibile : fate corpo, lo spirito vi sar dato per sovrabbondanza ha scritto parados salmente Debray nel suo recente Transmettre (tra parentesi : una tesi che forse ad un certo rinnovato trionfalismo cattolico non dispiacerebbe affat to). Evidentemente si trattava per Pietri, cos poco incline a far uso di sche mi aprioristici, di qualcosa di ben diverso. L'ecclesiologia non soltanto una ideologia del potere adattabile a seconda delle situazioni interne esterne. C' di specifico, per Pietri, nella Chiesa e nella sua storia, un qual cosa di fondante, dato di tradizione che viene recepito, sicuramente adatta to col manifestarsi di situazioni nuove, ma in cui la lunghissima durata al imenta l'autocoscienza della propria continuit : ed , si voglia no, una autocoscienza di essere espressione di contenuti da credersi e da dichiarars i, la cui prova garanzia sta nel fatto stesso di annunciarli e proporli con l'evidenza della testimonianza. Anche quando questa ecclesiologia viene messa in questione, il fine quello di recuperare, cercar di recuperare, il senso che questo annuncio della Chiesa aveva prima di successive fasi di decadenza succedutesi col passare del tempo e che, grazie alla verifica del-

LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

593

lo storico, fanno emergere l'inadeguatezza e l'incoerenza delle risposte che si erano cercate di dare anche di fronte a situazioni ambientali nuove. Ques tacontinuit di idee e in certa misura anche di prassi, fa di per s proble ma allo storico, specie se credente, dal momento che come storico egli ha a che fare di continuo con il mutamento. Dal suo punto di vista Pietri ha pertanto opposto e contestato ad una certa teologia due forme ideologiche di ecclesiologia : quella immobilistica del sec. XIX e di larga met del XX e, dall'altra, quella che, appellandosi al concilio Vaticano II, passata sovente dall'immobilismo pi rigido al rifiu to o, quantomeno, a far getto del significato della tradizione. In entrambi i casi, che il problema fosse abbordato dal punto di vista storico quanto da quello teologico, al fondo era riscontrabile un identico atteggiamento : il r ischio di non ripensare, insisto sul verbo ripensare, n la storia della Chiesa n la teologia della Chiesa, per volgersi a forme di attivismo sfrenato, all' adattamento alla situazione cangiante che si determinava (fosse essa giudi catanegativa positiva), alla semplificazione in termini ideologici dei pro blemi che emergevano alle forme pubblicitarie pi sensazionali. Il rischio di questa perdita di spessore era del resto il motivo per cui, come gi ho r icordato inizialmente, era stata promossa l'iniziativa della rivista Les quatre fleuves. 6. Pur storicizzata quanto si deve, questa autocoscienza della Chiesa mostra al teologo che egli non pu non prendere atto della pluralit delle culture presenti nella storia e in modo tutto speciale di quelle presenti nella situazione odierna, ma lo obbliga insieme ad essere cosciente della consistenza e permanenza di istanze di fondo che sono di lunghissimo periodo. Leggendo la produzione di Pietri nel suo insieme si nota infatti come egli abbracci, anche solo per spunti cenni, le continuit che il cristianesimo nascente ha manifestato verso il mondo tardogiudaico (senza per questo arrivare, come alcune tendenze recentissime vorrebber o, a fare di Ges di Nazareth e delle origini del suo movimento una pu ra eresia del giudaismo), per passare ad esaminare il significato dei christiana tempora con i loro modelli di societ in cui n Pietri n la pi gran parte dei credenti ormai si identifica, ma di cui dobbiamo ricono scerela grande funzione storica svolta e, insieme, le difficolt che essi hanno costituito per una teologia conseguente; le motivazioni storiche e ad un tempo teologiche del costituirsi di un diritto della Chiesa, che Piet ri ha inteso nel senso dinamico e non statico, nella linea che alla canon istica aveva impresso con le sue ricerche storiche e sociologiche un Gabriel Le Bras; finch si sfocia, lungo il corso di un millennio e pi, non senza drammatiche tensioni e momenti di blocco insieme angoscio-

594

FRANCO BOLGIANI

so e testardo, alla ecclesiologia di forte ispirazione patristica del Vatica no II su cui Pietri intervenuto pi di una volta. Alludo, in modo special e, al suo splendido commento storico-patristico della costituzione dog matica Lumen gentium del concilio Vaticano II. L'ecclesiologia infatti, quale che sia la centralit che ha nell'opera di Pietri come presa di co scienza operativa e teorizzante della Chiesa nelle varie epoche, non mai per lui immobilismo, ma , dato lo spessore storico che assume il dato teologico, il mysterion interno alla Chiesa, anzi il fatto di essere la Chiesa, anche grazie alle sue stesse contraddizioni storielle, mysterium. La sostanza di questo mysterium costituita dalla cristologia di cui la Chiesa la trasmissione vivente e dalla contemporanea tradizione della Scrittura, che deve la sua accessibilit grazie al servizio di trasmis sione che ne ha fatto la Chiesa. L'appercezione di questa dimensione cristologica quella che ha spinto Pietri a intervenire a riguardo di quelli che ha chiamato certi paralogismi della critica biblica, in aperta polemi ca con certi residui di una Quellenforschung artificiale, nell' esame di certi passi neotestamentari ad es. a riguardo del cap. XIII di Marco, inol trandosi persino in altra occasione in un campo delicato come la valutazione, in qualche punto a mio avviso discutibile, di tre interpretazioni del dogma trinitario, quella di Agostino, di Heribert Muehlen, e quella di Karl Rahner, l'ultima delle quali vale soprattutto per lui pi da un punto di vista metodologico che altro. Ci sono due tratti ancora di cui, pur in modo sintetico, occorre a lmeno fare menzione nel discsorso che Pietri fa su teologia e storia. Uno il senso di partecipazione commossa che egli ha sentito a riguardo del tema della fondamentale e perenne destinazione escatologica della Chies a, quale si manifesta nel tema della sanctorum communio : un tema a cui ha voluto si dedicasse un specifico quaderno di Les quatre fleuves. L'altro il tema a cui la spiritualit contemporanea torna a guardare con intensit e la cui dimensione, storicamente considerata, ha ricevuto nuovo slancio con il concilio Vaticano II e certi suoi prolungamenti at tuali : il tema della santit, specificamente nella forma cristiana antica del martirio come espressione massima della sequela Christi e della imitatio Christi. un tema che particolarmente vivo e sottolineato, come si sa, nella Lumen gentium, il documento conciliare su cui Pietri si con pi intensit soffermato, ma che presente in notevole misura anche nella Gaudium et spes e in altri testi conciliari. Questo tema teologicospirituale spiega anche la ferma presa di distacco di Pietri da un lavoro pur affascinante quale il breve fortunato libro di Peter Brown, // culto dei santi. La replica di Pietri a questo volume, del cui autore aveva pure molto ammirato, come Marrou del resto, il grande libro su sant'Agostino,

LA DIALETTICA FRA STORIA E TEOLOGIA

595

ha, in certi tratti e nelle puntigliosit della replica, qualcosa di persino indignato, e insieme commosso, se confrontato con le critiche analoghe di altri studiosi come Mgr Saxer e Jacques Fontaine. Sembrava, su un piano storico a Pietri, che nello spiegare il santo cristiano come l'espres sione del rapporto cielo-terra, Peter Brown non potesse ignorare e doves se invece tenere nel debito conto, come egli diceva, l'atteggiamento dei cristiani a riguardo di Colui di cui essi portano il nome, Figlio di Dio fat touomo, secondo il simbolo che essi professano, mediatore per eccellen za di questo contatto fra il cielo e la terra. Ma il luogo del contatto cie lo-terra, ben prima di essere il luogo di sepoltura dei santi, i loca sanc torum, come luoghi rientranti nell'ambito di una propriet privata indipendente dalla comunit ecclesiale e dalla gerarchla cattolica, luoghi magnifici e privati, che la gestione familiare delle grandi famiglie, con il sostegno episcopale, rese luoghi fruttuosi di introiti abbondanti, rimanda a qualcosa di ben pi essenziale e fondante. Per questo Pietri ha giudicat o in complesso estremamente artificiale una simile ricostruzione, che ignora il rapporto che legava innanzi tutto la sepoltura dei personaggi santi, martiri e poi non martiri, alla loro condizione di essere membra Christi (e quindi il significato delle reliquie, antiche e autentiche, ben in teso, non i manufatti basso-medievali su cui, ancor vivente Pietri, pur in modo meno esibizionistico di oggi, si pensava e soprattutto oggi si pensa di fondare una rinnovata piet sorretta da frenesia turistico-edificante). In ragione dell'essere i martiri e i santi membra Christi, emergeva anche il valore liturgico commovente della depositio e il rinvio, implicito, alla eucarestia. Un dato, quello liturgico-sacramentale, a cui Pietri aveva at tribuito valore essenziale in una lettura anche solo storica della ecclesio logia complessiva. Quella postulata da Peter Brown sembrava quindi nel complesso a Pietri un ricostruzione molto artificiale, anche se varie os servazioni singole risultavano preziose. L'impostazione data al problema da Peter Brown non sembrava tener conto, secondo Pietri, del fatto che il culto dei loca sanctorum faceva riferimento, soprattutto a partire dal IV secolo, a cristiani in sempre pi larga maggioranza in condizioni di povert e di estrazione umile e modesta, quali erano in numero crescent e i convelliti, aspiranti ad assicurarsi una anche anonima depositio pres so la memoria del martire. Quest'ultimo punto apre anche uno spiraglio su un tema che, in va rio modo, era stato pi volte di passata toccato da Pietri, ed a cui, se le sue ricerche non fossero state cos prematuramente interrotte, avrebbe certo posto attenzione crescente, cio la religione dei semplici, degli umil i : in sostanza il cristianesimo non solo dei papi e delle grandi costru zionifrutto dell'evergetismo nobiliare, ma il cristianesimo anonimo

596

FRANCO BOLGIANI

quasi, della penetrazione fra le classi rurali e la missione verso terre pi lontane quale, certo con l'appoggio crescente e indiretto delle classi alte e l'incrementato evergetismo ecclesiastico, diverr caratteristica dell'et che va dalla Roma christiana alla Christiana respublica e oltre. Un tema, che anche solo per cenni spunti frammenti sparsi ora raccolti, ci r ivela le piste su cui Pietri pensava di avanzare e che ci spingono, dopo la sua scomparsa, a continuare e prolungare per le epoche successive la sua grande fatica di studioso, amato e rimpianto. Franco Bolgiani

Potrebbero piacerti anche