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Francesco Lamendola

Corpi
una bella mattina destate e la spiaggia disseminata di corpi seminudi mollemente abbandonati sulla sabbia arroventata, abbronzatissimi, lucidi di creme solari che spandono nellaria una fragranza esotica, cosparsi di minutissime gocce di sudore. Strano: pi sono nudi, e pi questi corpi si presentano anonimi: si direbbe che proprio la loro nudit, oltre ad essere quanto di meno erotico si possa immaginare, faccia scomparire i loro caratteri individuali e li consegni ad una condizione oggettiva e impersonale, che poi somiglia moltissimo a quella della materia inorganica, della pura oggettualit. Infatti: c in loro qualcosa di inerte, di inorganico, di geometricamente astratto, come se non di corpi viventi si trattasse, ma di un unico corpo, consegnato ad una passivit e ad una immobilit che somiglia a quella della morte. Analogamente, si pu dire che in fondo ad ogni lussurioso c, a ben guardare, qualcosa del necrofilo: perch il corpo che egli vorrebbe possedere un corpo senanima, intercambiabile, reificato, totalmente arrendevole e passivo e, perci, somigliante a quello di un cadavere. Non cos che Achille si sfog sul corpo dellamazzone Pentesilea, turbato dalla sua bellezza post mortem: quella bellezza che, lei viva, non aveva saputo vedere? Corpi nudi, dunque, come corpi senzanima e, pertanto, come corpi senza vita; corpi giovani, per lo pi, o che si sforzano disperatamente di apparire giovani, anche se tali hanno cessato di essere da gran tempo. Ma chi potrebbe tollerare la nudit di un corpo vecchio, dopo che del giovanilismo stata fatta una religione, oltre che una rigida estetica? Perci, a questi poveri corpi non resta altra strada che quella di essere giovani per forza; di voler restare giovani, disperatamente, contro tutto e a dispetto di tutto, in una vera e propria battaglia diuturna per la sopravvivenza. Chi getta le armi perduto: il corpo che si arrende alla vecchiaia un corpo abbandonato alla solitudine, al disprezzo, al totale disamore; un corpo del quale nessuno saprebbe che farsene, un corpo su cui nessuno sarebbe capace di chinarsi con rispetto e compassione. E un corpo consegnato alla privazione radicale della dolcezza un corpo condannato alla morte; o, per dir meglio: condannato a morire mentre ancora in vita: ad assistere, cio, da vivo, alla propria morte sociale, alla propria cancellazione. Come si fa, dunque, ad esorcizzare la paura, il terrore, di essere condannati a questa morte anticipata, a questa morte sociale che prelude e accompagna il naturale processo verso la morte biologica? Non una domanda retorica, perch una risposta esiste ed , a certe condizioni, praticabile da moltissime persone, se non da tutte: inseguendo il mito del corpo magro. Il corpo magro possiede qualcosa di efebico, qualcosa di indeterminato, qualcosa di potenziale, come unautostrada che si apre verso innumerevoli direzioni e che lascia impregiudicata la decisione circa la meta finale del viaggio. come una promessa che si rinnova di giorno in giorno, senza mai concretizzarsi, ma, appunto per questo, lasciando un ampio e felice margine di libert, quanto meno apparente: cosa fondamentale in un tempo, come il presente, che aborre dalle decisioni nette, dalle scelte definite, da tutto ci che comporta la irrevocabilit del cammino intrapreso. Il corpo magro ha una connotazione di tipo adolescenziale. Chi lo possiede non ha ancora raggiunto pienamente let adulta, tanto meno pu considerarsi avviato verso laborrita vecchiaia: quindi gli permesso di presentarsi con tutte le seducenti ambiguit, con tutte le allusioni e le promesse che sono proprie delladolescenza. 1

Dallabbigliamento al tempo libero, chi possiede un corpo magro, preferibilmente da sfoggiare seminudo, pu permettersi di indugiare nel prato fiorito di una eterna adolescenza e concedesi tutti quei comportamenti, tutte quelle azioni che si tollerano, appunto, da parte di un adolescente, ma che suscitano riprovazione e biasimo se provengono da un adulto o, addirittura, da una persona in et relativamente avanzata. Una sessantenne che possieda un corpo magro e, quindi, giovanile, pu permettersi di stendersi al sole in topless, senza suscitare critiche, semmai strappando commenti di ammirazione e di invidia; cosa che non concessa alla sua coetanea il cui corpo stato appesantito dagli anni, il cui volto e le cui membra recano segnate a chiare lettere le stimmate dellet. E questo, che a tutta prima ci sembra talmente logico da sconfinare nella ovviet, , invece, una forma nemmeno tanto sottile di razzismo o, per meglio dire, di religione integralista a base fortemente razzista, caratterizzata da un razzismo giovanilistico, di cui il corpo magro, il corpo adolescenziale, il totem sacro, il feticcio da adorare. Diceva Roland Barthes, figura eminente dello strutturalismo francese contemporaneo, nel corso di una intervista apparsa nel 1982 su Critique (Il corpo, ancora, in: R. Barthes, scelta tratta dalle Oeuvres compltes, Paris, Seuil, 1993; traduzione italiana a cura di Gianfranco Marrone, col titolo Scritti. Societ, testo, comunicazione, Torino, Einaudi, 1998, pp. 129-131): difficile cogliere i caratteri tipici del corpo moderno, ma c - credo - un carattere costante inscritto in unopposizione che un vero e proprio mito moderno. Si tratta, appunto, dellopposizione tra il corpo giovane e il corpo vecchio e, per cos dire, della rimozione sociale del corpo vecchio. Sembra che la nostra societ tolleri solo corpi giovani. Ogni volta che la tecnica culturale - se cos posso dire - simpadronisce del corpo, si tratti della pubblicit, del cinema o della fotografia, quel che viene messo in scena , ci che viene promesso sempre un corpo giovane, come se si trattasse di vedere luomo solo sotto le spoglie di un essere immortale. Ci sarebbe un mucchio di segni, non li si pu contare:la straordinaria estensione del commercio dellabbigliamento per i giovani, per esempio, e la regressione dei vestiti adatti agli anziani. Tutto questo raggiunge quella specie di cancellazione generalizzata della morte che segna la nostra societ in modo abbastanza tragico, e di cui del resto i sociologi si preoccupano. Cancelliamo, censuriamo, rimuoviamo la morte, la priviamo a tal punto della sua simbologia che ci viene sempre pi difficile dialettizzarla. Il risultato che nella societ moderna c quel che non esiterei a chiamare una sorta di razzismo giovane, nel senso che i giovani, la giovent, sono elaborati dalla societ come una sorta di razza, da cui si ovviamente esclusi a partire dal momento in cui non si pi giovani. Tutto ci perfettamente leggibile in un mito che ha anche un substrato molto importante, attuale: il mito del corpo magro. Il corpo magro assimilato a un corpo giovane, la magrezza un segno garantito di giovinezza, da cui lo straordinario sviluppo delle tecniche di dimagrimento, la straordinaria preoccupazione e ossessione che rappresenta nel mondo attuale il desiderio di dimagrire, come dire di man tenere il proprio corpo nello stato mitico di giovinezza: in realt il desiderio di immortalit. Esiste un vero e proprio mito della cura dimagrante che coinvolge veramente tutti, uomini e donne insieme, che comincia molto presto, ben prima della vecchiaia, e che prova che il corpo moderno si vuole massicciamente, miticamente, collettivamente un corpo magro e giovane. Queste ultime frasi sono state pronunciate meno di trentanni fa, ma sembrano gi appartenere a un altro mondo. Oggi, infatti, al desiderio compulsivo di dimagrire, peraltro sostenuto anche coercitivamente dagli apparati statali (vi sono genitori grassi che si sono visti sottrarre la patria potest sui figli a causa del proprio corpo), ha raggiunto sottigliezze ben pi raffinate, come la massiccia diffusione della chirurgia estetica per rimodellare il corpo in senso giovanilistico.

diventato ormai quasi impossibile, di fronte al corpo di una persona anagraficamente matura, specie nel mondo dello spettacolo - il mondo dellapparire per eccellenza - sapere se si tratti di un corpo naturale o parzialmente artificiale; e fino a che punto sia divenuto un corpo artificiale, tecnologicamente costruito, pezzo a pezzo, secondo un progetto preciso. Un corpo che esibisce dei seni, dei glutei, delle labbra, un naso e una pelle del viso che, forse, hanno subito pi e pi interventi di chirurgia estetica, sino ad assumere delle fattezze radicalmente diverse da quelle originarie: sicch, circostanza paradossale, il corpo di un anziano o di una anziana finisce per apparire pi giovanile di quando quella stessa persona aveva venti o venticinque anni. Barthes, come abbiamo visto, parlava di una forma di razzismo; a noi sembra che si possa parlare di una vera e propria religione, di cui il razzismo non che una conseguenza, per quanto diretta; ma al centro del nuovo atteggiamento verso il corpo non c tanto la supremazia biologica del corpo giovane, quanto il mito soteriologico di esso. In altre parole, non il corpo giovane che si vuole prolungare eternamente, quanto la sua idea metafisica, la sua dimensione assoluta. Un corpo che non poi cos carnale come si vorrebbe far credere, ma che , al contrario, un corpo idealizzato e sublimato dalla pubblicit, dal cinema, dalla letteratura e che ha perso ogni precisa connotazione fisica, tranne che dal punto di vista puramente visivo ed esteriore. Un corpo che non soffre mai, che non mai affaticato, che non mai malato, che non mostra la pi piccola imperfezione; un corpo perfettamente attrezzato per apparire (per apparire, si badi, non per essere) perennemente fresco e seducente. Un corpo, soprattutto, che non mostra mai segni che ne tradiscano il carattere realistico: diradamento o imbiancamento dei capelli, carie dentarie, lentezza di movimenti; ma che risulti, per cos dire, a-temporalizzato, miracolosamente sottratto al fluire del tempo e alle ingiurie delle circostanze concrete della vita. C, in questa nuova religione di salvezza basata sul culto totemico del corpo magro e, quindi, adolescenziale, un elemento, neanche tanto nascosto, di oscenit, per non dire di vera e propria pornografia: come bene aveva visto lo scrittore polacco Witold Gombrowicz, che ne aveva fatto oggetto di riflessione nel suo romanzo intitolato, appunto, Pornografia. Ricordiamo, infatti, la definizione che gi altra volta abbiamo dato della pornografia: la separazione della parte dal tutto, specialmente nella sfera sessuale, al fine di suscitare la pulsione di desiderio da parte del pubblico. Ebbene, in una societ nevroticamente erotizzata come la nostra, dove non si pu uscire di casa (e nemmeno restarci, grazie alla radio, alla televisione e al computer) senza venire investiti e letteralmente aggrediti da dosi massicce di erotismo pubblicitario, tristemente monotono e ripetitivo, ma proprio per questo ancora pi claustrofobico e ossessionante, il corpo magro e giovanile sbandierato pi che mai come una bandiera di salvezza, anzi, come lunica bandiera di salvezza contro linstabilit del continuo mutamento; mentre noi tutti siamo ridotti, volenti o nolenti, al ruolo di spettatori-guardoni. Si direbbe che, nella frana generale di tutti i valori, di tutte le certezze, di tutti i punti di riferimento, il sogno compulsivo di trasformare il proprio corpo, fragile e caduco, in un corpo a-temporalizzato ed eternamente giovane (che altra cosa dal semplice, si fa per dire, ringiovanimento) sia lunica cosa scampata al diluvio, lunica ancora di salvezza alla quale aggrapparsi. E tuttavia, come abbiamo visto, non un corpo giovane e magro, quello che si vorrebbe realmente possedere, bens la sua idea, la sua ipostasi, la sua proiezione assoluta nellIperuranio della nostra immaginazione farneticante: suprema alienazione delluomo da se stesso e suprema violenza sul corpo medesimo, che, disgiunto dalla propria concretezza fisica, nonch dalla propria dimensione spirituale, che lo riveste, lo anima e lo ingentilisce, regredisce al livello di pura carne, da esibire sul mercato inesausto - perch artificialmente stimolato - dellimmaginario sessuale. E questa nullaltro che pornografia. Ecco perch quei corpi nudi, sulla spiaggia, sono cos poco erotici, anzi, per dirla tutta, cos tristi e perfino repulsivi: sono corpi senza individualit, senza dignit, senzanima: pezzi di un 3

meccanismo, pi che organismi viventi completi, armoniosi, capaci di suscitare infinita tenerezza anche per i loro limiti e per le loro imperfezioni.

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