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L ISLANDA FA MARCIA INDIETRO Data: Gioved, 16 maggio @ 21:55:00 CEST Argomento: Economia DI GIOVANNA CARNEVALE geopolitica-rivista.

org Dopo aver fatto parlare di s come modello economico alternativo che preserva lo stato sociale dalle ripercussioni negative del capitalismo finanziario, lIslanda torna nelle mani di una classe politica conservatrice e neoliberista. Le elezioni legislative del 27 aprile hanno dimostrato che la maggioranza degli islandesi non apprezza la ricetta economica del centro-sinistra per risollevare il Paese dalla crisi. Lex coalizione di governo composta da socialdemocratici e verdi, infatti, uscita pesantemente sconfitta dalle recenti consultazioni popolari, raggiungendo in totale poco pi del 22% dei voti e perdendo 14 seggi nellAlthingi (il parlamento islandese). A trionfare, invece, sono stati i progressisti (di centro-destra) con il 24,43% dei suffragi e il partito per lindipendenza con il 26,7%. Dopo solo una legislatura allopposizione, i conservatori riprendono la guida dellIslanda promettendo la riduzione del debito e il taglio delle tasse. Ma se nel 2008 il Paese ha vissuto quella che lagenzia di rating Moodys non ha esitato a definire una delle undici catastrofi pi spettacolari della storia, stato proprio a causa della loro decennale politica irresponsabile e solidale con gli interessi della casta finanziaria. La deregolamentazione del settore finanziario messa in atto dai governi Oddsson, leader del Partito per lIndipendenza e primo ministro dal 1991 al 2004, ha reso per anni lIslanda un paradiso fiscale per molti investitori esteri, attratti dai bassi tassi di interesse praticati dai suoi tre principali istituti di credito. La politica di centro-destra fondata sulla fede neoliberista ha permesso a interessi privati di imporre regolamentazioni pubbliche che hanno prima gonfiato la sfera finanziaria, poi lhanno sganciata dal resto delleconomia e, alla fine, ne hanno provocato limplosione1. Negli anni precedenti alla crisi, la grandezza del settore bancario islandese aveva raggiunto una grandezza pari a undici volte il Pil del Paese. Ma nel giro di due settimane dellottobre 2008, poco dopo il fallimento della Lehman Brothers negli Stati Uniti, lo scoppio della bolla finanziaria ha fatto crollare gli istituti di credito e riversato un enorme debito sulle casse dello Stato. Il governo guidato da Geir Hilmar Haarde stato accusato di cattiva gestione della crisi e costretto alle dimissioni dalle continue proteste popolari. La nuova amministrazione di socialdemocratici e verdi, retta da Jhanna Sigurardttir, ha avuto risonanza nei media internazionali per il tentativo non ortodosso di arginare le conseguenze del collasso finanziario. Piuttosto che sacrificare

lintero stato sociale nel ripagare il debito, i tre principali istituti di credito islandesi sono stati divisi in vecchi e nuovi: i primi, che operavano allestero, sono stati lasciati fallire; i secondi sono stati nazionalizzati e hanno continuato la loro attivit in Islanda. Le banche hanno dovuto accettare una riduzione del 40% sui tassi di interesse e, per i proprietari di case pi colpiti, una parte del debito stata cancellata. Controlli rigorosi, inoltre, sono stati applicati su tutti i capitali in fuga dallisola, in modo da evitare che nuove speculazioni potessero ricondurre lIslanda sul sentiero di un arricchimento tanto facile quanto rischioso. Grazie al prestito di 2,1 miliardi di euro del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), lIslanda ha potuto riattivare il suo circuito economico, dando la priorit alla conservazione dello stato sociale. Secondo il rapporto 2012 dellFmi, nella progettazione del consolidamento fiscale, le autorit hanno cercato di proteggere i gruppi vulnerabili, soprattutto con lintroduzione di unimposta sul reddito pi progressiva, e concentrandosi sui tagli alla spesa nei settori in cui avrebbero potuto esserci guadagni di efficienza, creando cos uno spazio per preservare le prestazioni sociali. Di conseguenza, quando iniziata la compressione delle spese nel 2010, la spesa per la protezione sociale ha continuato a crescere in percentuale al Pil, compresa quella estranea alle indennit di disoccupazione2. Rispetto agli altri paesi europei, lIslanda sta riemergendo dalla crisi a un ritmo pi veloce: nel 2012 leconomia cresciuta dell1,6%, e il tasso di disoccupazione che due anni fa era vicino al 7% si abbassato ulteriormente fino al 4,7% attuale. Il Paese, inoltre, in una buona posizione per ripagare il debito contratto con il Fondo Monetario Internazionale. Gli islandesi, per, non sembrano soddisfatti e, bocciando le misure del centrosinistra, fanno crollare in Europa il mito nordico di un approccio alternativo alla crisi. Non c dubbio che a influire sul risultato elettorale, oltre al malcontento per alcune misure di austerit imposte dal Fondo Monetario Internazionale, sia stata la prospettiva dellentrata nellUnione Europea, voluta dai socialdemocratici. Leuroscetticismo, gi diffuso in un Paese che per tradizione storica e posizione geografica abituato allisolazionismo, stato senzaltro incrementato dal modo in cui lEuropa ha gestito la crisi bancaria a Cipro. Come questultimo, anche lIslanda possedeva un sistema creditizio sviluppato sulla capacit di attirare capitali esteri e cresciuto in modo sproporzionato rispetto alleconomia reale. Ma dopo il fallimento delle banche, non essendo membro Ue lIslanda ha potuto gestire autonomamente la politica monetaria, deprezzando la sua krona fino al 50% rispetto alleuro. Il carico fiscale che gli islandesi hanno dovuto subire stato sicuramente minore di quello che grava ora sugli abitanti di Cipro. Ma gli inconvenienti, comunque, non sono stati del tutto assenti: la pesante inflazione generata dalla svalutazione del tasso di cambio ha fatto salire il costo della vita, rendendo quasi inaccessibili le rate immobiliari. La soluzione proposta dai socialdemocratici stata quella di aderire alleuro per avere pi stabilit monetaria. Ma la possibilit di subire gli imperativi dellEuropa spaventa gli islandesi: piuttosto preferiscono ladozione della corona norvegese, proposta dal progressista David Gunnlaugsson. La vittoria del centro-destra ridisegna la posizione dellIslanda ai margini politici

dellEuropa: il cammino intrapreso dai socialdemocratici verso un avvicinamento a Bruxelles invertito con una scettica retromarcia. Una scelta, questa, che non migliorer neanche i rapporti con gli Stati Uniti, gi indeboliti dopo che lisola aveva addebitato le colpe della crisi proprio al governo a stelle e strisce, e chiesto aiuto alla Russia per risollevare la propria economia. Nel frattempo, per, lIslanda cerca un nuovo alleato nella Cina: il trattato di libero scambio firmato il 15 aprile tra Reykjavik e Pechino rafforza i contatti gi presenti e segna le basi per una cooperazione commerciale. Se il valore economico dellaccordo sicuramente maggiore per lIslanda, che possiede una piccola economia fondata prevalentemente sulle esportazioni di pesce e alluminio, dal punto di vista geopolitico il trattato assume grande rilevanza per la Cina, che mira a sfruttare lo scioglimento dei ghiacciai in atto nella regione artica per ottenere un appoggio strategico che la avvicini allEuropa. Giovanna Carnevale dottoressa in Scienze politiche e relazioni internazionali (Universit di Roma Sapienza) Fonte: www.geopolitica-rivista.org Link: http://www.geopolitica-rivista.org/21931/lislanda-fa-marcia-indietro/ 14.05.2013 1. R. Wade, S. Sigurgeirsdottir, Quando il popolo islandese vota contro i banchieri, da Lesson from Iceland, New Left Review, Londra, n. 65/ 2010 2. IMF Country Report No. 12/89

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