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Ken Mc Leod
Il karma è crescita
Può qualcosa svilupparsi in noi come queste linee? La mia esperienza mi porta
a pensare che sia probabile. Prendiamo un semplice pattern comportamentale
come quello di iniziare qualcosa prima di aver finito quello che stiamo facendo.
Osserviamo in quali ambiti della nostra vita ci comportiamo in questo modo.
Nel nostro lavoro, iniziamo un nuovo progetto prima di aver finito quello
vecchio. Mangiando, mordiamo un pezzo del nostro panino prima ancora di
aver ingoiato il boccone precedente. Nella conversazione, iniziamo una nuova
frase prima di aver terminato di pensarci. Una volta installato, questo tipo di
patterns comportamentali permea la nostra vita. Ripetiamo le stesse dinamiche
continuamente. Siamo come degli automi. Siamo noi stessi dei patterns.
Il lavoro della meditazione è duplice. Attraverso la presenza mentale, siamo
capaci di vedere questi patterns e quanto automatici e pervasivi essi siano.
Mediante la visione profonda, possiamo guardare dentro il pattern, trovare la
forma che lo genera e liberarci della nostra identificazione con quella forma.
Quando l’identificazione è sciolta, la forma si disintegra e il corrispondente
pattern comportamentale sparisce. Ne riparleremo in seguito.
Tutte le nostre azioni, comprese le storie che ci raccontiamo, il modo in cui
interagiamo con gli altri, o le piccole cose che facciamo in privato (lasciare i
piatti sporchi nel lavandino fino al mattino dopo), hanno il potenziale di
crescere e diventare un pattern. Quando ripetiamo la stessa azione, si forma
un pattern di comportamento pervasivo, come nella nostra felce. La dinamica
essenziale dell’azione originale inizia ad operare in altre aree della nostra vita e
arriva a permeare l’intera nostra personalità. Ecco il perché dell’importanza
della consapevolezza. Poiché qualsiasi cosa facciamo diventa parte della nostra
personalità e configura il mondo che sperimentiamo, dobbiamo essere
consapevoli di ciò che stiamo facendo in ogni momento. Ogni azione può avere
conseguenze molto significative. Secondo me, questo principio è l’essenza degli
insegnamenti sul karma: ogni azione modella la nostra personalità e la nostra
esperienza del mondo.
Ho sentito spesso commenti del genere nelle discussioni sul karma: “Come si
può pensare che un bambino innocente morto in una guerra civile possa essere
stato un assassino in una vita precedente? E’ offensivo, è crudele!” Ciò che mi
ha colpito in questi commenti è il senso dell’oltraggio, lo stesso oltraggio che
molti vedono anche nel concetto cattolico di peccato originale. Penso che sia
stato James Joyce ad affermare che la dottrina del peccato originale era
disumanamente crudele. Anche il karma lo è? Approfondendo questo tema
sono giunto alla conclusione che il karma ha due funzioni, una esplicativa e
l’altra istruttiva.
Che cosa spiega il karma? Si suppone che spieghi il perché, in questa vita, noi
siamo quello che siamo e quale posto abbia la nostra attuale esperienza nello
schema delle cose.
Per sapere quello che hai fatto, guarda ciò che sei ora.
Per sapere che cosa sarai, guarda le tue azioni di adesso.
L’equilibrio dell’universo
Così torniamo ai bambini morti nella guerra civile. Come spieghiamo questo
genere di cose se crediamo nel karma? La nostra spiegazione è che, si, questi
bambini hanno commesso orrende azioni nelle loro vite passate ed adesso il
loro karma è maturato. Io credo che questa spiegazione, oltre a non essere
convincente, non è neanche necessaria. I bambini sono morti. Non hanno fatto
niente per “meritarsi” questa morte. Il motivo per cui cerchiamo una
spiegazione è quello di evitare il mistero di queste morti, per proteggerci dal
dolore che esse evocano in noi, un dolore che ci ricorda che anche noi siamo
soggetti all’arbitrarietà e forse alla tragicità della morte, che la nostra vita può
terminare in ogni momento, e che non abbiamo alcuna idea di cosa ci riserva il
futuro. Questo è il mistero della vita.
Ironicamente, quando andiamo a più a fondo nella classica visione del karma,
troviamo che la spiegazione che il karma sembra offrire non è una spiegazione.
Tradizionalmente, solo un essere completamente risvegliato può vedere
esattamente come un’azione si sviluppa in un risultato. Il karma stesso è
quindi un mistero. Credo che il karma come spiegazione aggiunga molto poco
alle nostre vite. Ci culla nella convinzione che esiste un ordine nell’universo, ci
permette di proiettare un universo così come vorremmo che fosse, può essere
usato per giustificare orribili ingiustizie e rigide posizioni morali e alla fine non
fa che sostituire un mistero con un altro.
Per sapere quello che hai fatto, guarda ciò che sei ora.
Per sapere che cosa sarai, guarda le tue azioni di adesso.
Meno rigidità
Nel momento in cui lavoriamo con l’attenzione, diventiamo meno rigidi.
Ciascuna situazione deve essere accettata nei suoi lati positivi. Diventiamo via
via più consapevoli dei patterns abituali, della differenza fra l’abitudine, la
presenza e lo sforzo che la presenza richiede. Non abbiamo bisogno di
convinzioni, non abbiamo bisogno di conforto, non abbiamo bisogno di
spiegazioni. Ogni situazione è un mistero. Sappiamo essere presenti nel
mistero?
Nessuno si illuda che l’evoluzione ci esenti dal lottare: “Non dimenticare”, disse
il Diavolo con un ghigno, “che anch’io mi sto evolvendo.”
William Ralph Inge
Quando leggo degli stadi della pratica e della illuminazione nei testi tibetani, ho
l’impressione che esista una condizione ideale verso cui convergono tutti i vari
sentieri della pratica. Si possono trovare elaborate descrizioni dei differenti
stadi, culminanti nella realizzazione finale dell’illuminazione. Nello stesso
tempo, non ho trovato alcuna prova di questa convergenza, sia nei vari maestri
con cui ho studiato, sia nella mia stessa pratica, sia nelle tante ore trascorse
con i miei studenti.
Ci sono dei principi generali nella pratica spirituale, proprio come ci sono
principi generali nella teoria dell’evoluzione. Ma ciascuna pianta, ciascun
organismo cresce secondo la sua propria modalità, e dobbiamo rispettare il
fatto che anche noi lo facciamo. Il concetto buddhista di causalità riflette
questo senso dell’evoluzione. E’ basato sulle nozioni di origine e condizioni.
Come una ghianda è l’origine di una quercia, l’origine del nostro risveglio è la
consapevolezza presente nell’esperienza. Come una ghianda richiede acqua,
calore, nutrimento e protezione per iniziare ad evolversi in una quercia, così
noi abbiamo bisogno delle condizioni per l’attenzione, la consapevolezza e la
presenza per evolvere nella nostra vita. E come evolviamo è come evolviamo.