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dedicato alla memoria di Hugo Rafael Chvez Fras

(1954 2013)

e alla memoria di Julien Ries


(1920 2013)

Lupercalia / Veneralia 2013

ereticidelterzomillennionumerodue
da unidea di A. Vivaldi edizioni physiognosis 2013 pamphlet di terrorismi culturali e deliri estatici a libera diffusione in copertina Little Red Riding Hood, Gustave Dor (1883), dettaglio. Con una foto di A. Annunziata gli eretici del terzo millennio sono Alessandro Alichino Vivaldi capitano dei malebranche (chief editor) Vinz Calcabrina Notaro coordinatore inter-bolgia (heresy design) Andrea Ans Anselmo responsabile area recensioni malebolgia Anita Annunziata (fotografie) Federico Marafin (designer junior) Daniela Montella, Tatiana Martino, Felice R. Addeo cuccioli di Shub Niggurath Castigator Cortese, Le dadaiste, Adamo Panone, Isabella Figini, Andrea J. Sala
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insulti, maledizioni e maldicenze, candidature, minacce di morte, idee, articoli e immagini per collaborare ai numeri successivi, possono essere inviate a: ereticidelterzomillennio@gmail.com o al profilo facebook facilmente rintracciabile. gli insulti, maledizioni e minacce pi interessanti saranno pubblicati sul prossimo numero, quindi per cortesia firmateli.

index
Per la guerra della cultura e del pensiero alessandro vivaldi Uomini e Titani andrea jacopo sala Di miti, di boschi e di sorgenti miracolose le dadaste Costruire la torre. Appunti di ingegneria eretica adamo panone Cinismo, meschinit e superomismo de noantri nellepoca digitale castigator cortese Per unestetica dellestremismo musicale. I. Il caso Movimento dAvanguardia Ermetico vinz notaro Dove la rabbia trascende i propri limiti. Lesempio di due Death Metal band italiane andrea anselmo Cervelli Marci: lo sterminio delle lingue isabella figini Armarsi dentro e armarsi fuori: ovvero iniziazione alla vita alessandro vivaldi Limbo daniela montella Una luce nel buio felice roberto addeo Fotostoria eretica: Ianuas, specula, pontes andrea anselmo

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GUERRA

PER LA
DELLA E DEL

CULTURA PENSIERO

alessandro vivaldi

Clausewitz teorizz la guerra come luso della forza per imporre la propria volont al nemico. Pur avendo molto da ridire sulle teorie polemologiche di Clausewitz, rimane la realt della guerra a tutti i livelli come mezzo non volto alla distruzione indiscriminata, quanto al raggiungimento di un fine specifico, generalmente definibile come appunto limposizione di una volont o comunque di un nuovo meccanismo. Perch questo incipit? Perch questo spazio, pur vivendo di spinte eterodosse, ha comunque un minimo comun denominatore che il sottoscritto chiama gene eracliteo. Crediamo, in sostanza, nel dinamismo creativo degli opposti. Questo dinamismo incarnato in , volgarmente definito come principio della guerra. su questo principio che si basa lopposizione delleresia rispetto allortodossia che abbiamo definito in passato come materialista, piccolo
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borghese, capitalista. Ma sarebbe inutile, questa guerra, se non fosse mossa anche da una spinta creativa. Risulta essere sostanzialmente inutile la distruzione se non sincronizzata con una spinta volta al creare qualcosa di nuovo. Questo numero 2 si costruisce intorno a questa considerazione. Non mero annichilimento delle strutture obsolete del pensiero, della cultura e dellarte, ma putrefazione, nigredo, cio distruzione cui deve seguire necessariamente limprescindibile creazione o riconoscimento di strutture nuove. Se quindi lintento quello di destrutturare lattuale sistema di pensiero, produzione e fruizione della cultura e dei valori, di lavarlo col fuoco, eliminarne le scorie, giocoforza bisogna proseguire col raccoglierne le ultime eredit sane e ricominciare lopera di creazione di un nuovo sistema dove per sistema si intende qualcosa di meno rigido, pi flessibile e pi rispettoso della natura umana che non lattuale catena di montaggio mondiale. Mi preme specificare tutto ci data lattuale situazione del paese, messo sotto pressione da spinte provenienti dal basso, spinte meramente moraliste ed inquisitorie (e plebee) che non porteranno a nulla se non a qualche testa tagliata ( il segreto della demagogia), oltre che allulteriore peggioramento della crisi sistemica in cui ci troviamo. Crisi sistemica, non meramente economica. Crisi che forse, tra un quarto di secolo, verr giudicata grave pari solo al collasso del tardo impero romano occidentale. Crisi della cultura a tutti i livelli, crisi economica, strategica, militare. E mentre c chi tenta di risolverla tagliando teste senza avere dei degni sostituti o chi non si capacita neanche della profondit di tale crisi, pretendendo di andare ancora lungo il vecchio sentiero, alcuni di noi hanno cominciato a cercare il punto di origine della ipotetica (utopistica forse, ma tant) ricostruzione. E quel punto di origine per formare il nuovo, lo si intravisto nel concetto di formazione. Non solo pedagogia ed educazione, ma formazione a tutti i livelli, interne ed esterni come individuali e di gruppo. Il 16 febbraio gli Eretici si sono riuniti a Roma.
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Da questo incontro sono venute fuori nuove spinte, nuove argomentazioni, nuovi stimoli e nuove discussioni (anche accese) di cui questo numero 2 indubbiamente figlio. Se il numero 0 stato il primo passo, il palesarsi di una forza, il numero 1 stato il momento in cui si cominciato ad imbrigliare la tigre. Questo numero 2, il preciso istante in cui si comincia la cavalcata: si cerca di portare la tigre a qualcosa di costruttivo. Esplorare nuove opzioni formative, nuove attivit che possano portare la creazione di pensiero. Altrimenti, la nostra guerra, che culturale e spirituale, non avrebbe senso alcuno. Concludendo, in questo nuovo numero troverete nuova prole di Shub Niggurath, invero ben quattro nuovi autori (di cui due giovanissimi) e udite udite! la nostra prima rubrica di cui preferisco non anticiparvi nulla. Nel frattempo, il numero 3 gi in lavorazione e secondo i piani, dovremmo chiudere il 2013 con un totale di 5 numeri (0-4) e un secondo Quaderno dellEresia, oltre ad uno speciale, Eros&Terrore per il quale chi vuole pu inviare proprio materiale sin da ora (ereticidelterzomillennio@gmail.com). Buona lettura!

sine requie: virescit vulnere virtus

T i t a ni
uo mini
E
andrea jacopo sala, minotauro
il vedere te rende laffanno pi sopportabile

la vita meno inutile, lanimo infiammabile. ma, oh stupenda, distogli i tuoi occhi dai miei poich mi paralizza il tremendo che abita nelle tue pupille.

Stride parlare di potere in un mondo dove questa parola vista con sospetto se non palesemente vituperata o in alternativa ammansita con beceri sostitutivi egoici. Se nel secolo scorso le ideologie erano legittimate dallesistenza di forti fondamenta sia filosofiche (o spirituali, che dir si voglia) sia materiali oggi la soluzione che va per la maggiore sembra essere la rinuncia alla determinazione della forma. Il terrore per laguzzo stiletto della volont, la cui attuazione per forza di cose terribile se si prefigge di essere efficace in qualche modo, ha indirizzato il contemporaneo essere umano allabbandono totale di qualsivoglia istinto titanico. La grossa eredit che il novecento ci ha lasciato, ovvero la possibilit di interrogarci sulla brutalit della tecnica, sullinattualit delle convenzioni cattoborghesi, sulla natura pi profonda e spaventosa dellessere umano stata rimpiazzata con un senso di laissez-faire su tutti i livelli, che va dalla gestione della cosa pubblica sino alla vita del singolo individuo. Ed appunto con il cedere il potere ai singoli che si attuata la rinuncia alla determinazione. Il senso a grandi linee questo: se una macchina efficiente e potente mi terrorizza, allora occorre smembrarla nelle sue singole rotelle in modo da non esserne pi intimorito. Ma il terrore e la volont non cessano di esistere, e come
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un fiume impetuoso a cui stata sbarrata la via essi non trovano il modo di canalizzarsi in un sistema coerente e vantaggioso per lessere umano. infatti unera di terrore, la nostra: terrore delle responsabilit, terrore di essere messi alla prova, terrore di fare delle scelte e di esserne soddisfatti. Si ha paura del nucleare e intanto la prima causa di morte in un paese occidentale restano lalcool e il fumo. Protestiamo per le guerre, ma nessuno vorrebbe mai rinunciare ai privilegi che limperialismo porta. Se un dilemma ci coglie, la soluzione quella di dimenticarsene, di distrarsi. Huxley ed Orwell andrebbero annoverati tra i profeti. Lunica differenza con il soma del Brave New World che la nostra era riuscita ad elaborare sistemi pi raffinati, a riprova che dietro alle volont individuali esiste comunque una volont collettiva il cui obbiettivo finale quello di minare la volont stessa. In poche parole, ci boicottiamo da soli per non fare i conti con noi stessi: ancora la paura che si riconferma nel suo ruolo di regista. Tra i teatrini allestiti per inspessire la barriera tra la nostra anima e la nostra mente annoveriamo i pi classici divertimenti fino al surrogato per donarci lillusione di avere potere di decisione, ovvero il mercato: lhomo oeconomicus attua il suo potere di plasmare la realt davanti allo scaffale di un centro commerciale. Ma qual lesito pi infausto del dono ai singoli del potere? laccrescimento del loro ego. Un essere umano tanto pi potente quanto la sua singolarit ha peso sulla societ. Poco importa la reale portata del suo essere, conta quanto egli riesca ad essere ascoltato. Un concetto che potrebbe apparire allettante, utile e liberatorio per alcuni versi, ma che inserito in una cornice di democrazia e di rispetto dei diritti umani significa lappiattimento del significato per far posto ad un semplice esercizio di demagogia. Lo sfogo di un impulso, una gara a chi grida pi forte, nientaltro.

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Ma vi un altro modo di intendere il potere, un modo che da millenni si ripresenta periodicamente nelle speculazioni delluomo e periodicamente costretto a nascondersi per sfuggire alle persecuzioni. il potere che ha origine dal servire. Il servizio richiede una visione del mondo opposta a quella individualistica. Un servizio presuppone infatti un concetto votato al collettivismo, alla salvaguardia di un organismo che si riconosce superiore alla somma delle sue parti. Insomma, presuppone il riconoscimento del S come di un qualcosa che travalica i bisogni egoici personali, e a cui questi ultimi devono essere sacrificati (nel senso proprio del termine, ovvero resi sacri). Hillman pone interessanti tesi1 partendo dal concetto della platonica Anima Mundi. Il servizio alla comunit che egli intende propriamente quello della dedica della propria singolarit. Non quindi un appiattimento delle diversit sia personali sia culturali, bens un loro raggruppamento attorno ad un fine comune, che poi quello della loro individuazione. Hillman aggiunge alla visione junghiana dellindividuazione un senso sociale: un individuo non pu individuarsi allesterno della societ2, ovvero egli non slegato dalla responsabilit di far parte di un sistema. Il potere sta qui nello sviluppo del proprio potenziale in armonia con quello della comunit (comunit che nella sua visione, giova precisarlo, comprende uomini, piante, animali, Dei, antenati, oggetti) e del potenziale della comunit in armonia con lAnima Universale. Sebbene Hillman non ignori il lato pi terrificante del servizio3, rimangono alcuni punti oscuri che lo psicanalista tocca solo in parte. Il significato del verbo servire gi foriero di ambiguit: se da un lato presuppone latti1 J. Hillman, Il Potere: come usarlo con intelligenza, Rizzoli. 2 J. Hillman, M.Ventura, Centanni di psicanalisi e il mondo va sempre peggio, Rusconi, Milano 2005. 3 Fondamentali a questo proposito sono le sue speculazioni nel testo gi citato Il Potere e soprattutto in Un Terribile amore per la guerra 13

UN NUOVO TIPO DI POTERE: IL SERVIZIO

vit disinteressata dallaltro fa sentire ancora il peso dello stiletto della volont. Una cosa che ci serve anche una cosa utile, adatta al proprio scopo. Perfezionata. E il perfezionamento richiede disciplina, costanza, sofferenze, privazioni. Metaforicamente (ma anche non) le dediche e i sacrifici devono passare per le fiamme del fuoco sacrificale. Tutti concetti poco digeribili per luomo attuale. infatti alluomo del mito che ci rivolgeremo per capire meglio cosa si intende per servizio, e quali sono le sue connessioni con il potere.

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ENEA E ARJUNA: DOLORE E SERVIZIO

Enea ha il suo destino gi prefigurato nel nome. Secondo linno omerico ad Afrodite, al figlio di Anchise e della Dea fu imposto il nome Aineias perch la relazione con un mortale aveva causato ad Afrodite un ainonaichos, un terribile dolore. Enea un eroe che soffre e fa soffrire: emblematica la dipartita da Didone, che causer la morte della regina e il rimpianto delleroe nel momento in cui la ritrover negli inferi. Non solo, il conflitto tra i due porter alla guerra i rispettivi popoli, Cartaginesi e Romani. Ritroviamo ancora quel senso di indissolubile legame tra comunit e singoli. Enea ha la causa delle sue sofferenze nellessere pius. il suo Fato, come non si mancher di ricordargli a pi riprese, che lo costringe alle peregrinazioni. Egli , a buon diritto, il primo sacrificante del suo popolo: per dirla con Hillman, tutta la sua vita orientata verso il compimento del suo daimon. Anche Arjuna, leroe della Bhagavad-Gita, un eroe sofferente. Lopera si apre appunto con un Arjuna atterrito dal dilemma che deve affrontare: scendere in guerra contro i suoi parenti, commettendo cos peccato, oppure non dare battaglia, lasciando che il male si diffonda? Entrambe le scelte portano alla stessa conclusione: il mondo deve degradarsi, le caste mescolarsi, e Arjuna chiamato a recitare un ruolo in questa degradazione. Una vita grama, senza dubbio. O forse no. Forse proprio la nostra incapacit di accettare il volto terribile di Dio che ci rende sofferenti. Sia Arjuna sia Enea hanno conosciuto il dolore, il dubbio, lesitazione. Ma grazie alla conoscenza del terribile, della caducit della vita, dellinsensatezza di ogni azione allinfuori di quelle orientate al compimento del proprio essere che essi possono dirsi alla fine sollevati dalle preoccupazioni umane. Non felici, essi non hanno bisogno di esserlo: essi hanno finito di soffrire. Ogni loro azione acquista un senso perch trascende limmediato. Questo il reale potere dellessere umano: la possibilit di liberarsi dal peso della paura e del dolore per dedicarsi al compimento del proprio ruolo.
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VERSO IL POTERE DEL SERVIZIO

Occorre quindi innanzitutto una ripresa di conoscenza del lato pi brutale dellesistenza. Non nella comodit che si ottiene il proprio perfezionamento. Non nemmeno nascondendosi dietro alla moralit che si pu nascondere il mare con i suoi terribili mostri marini. E bene che qualcuno lo dica, a chi cerca rifugio tra le mura di castelli di carta. Questi, se ignorati, agiteranno le acque ancora pi forte e prima o poi si sar costretti a guardarli in faccia. Le stupide preoccupazioni per cui ci si affanna esistono perch si pensa che siano le cose pi sconvolgenti che possano accadere. Il mutuo, il lavoro, la rata della macchina, le vacanze, la vicina che guarda nel giardino, la moglie isterica, la fidanzata viziata. Situazioni ben pi impegnative come carestie, guerre, prigioni, dittature, saccheggi, fame, sete, povert sono sentite come leggende lontanissime. Non ci si vuole nemmeno avere a che fare, terrorizzati che le terribili angosce del mondo possano un giorno venire presso di noi, nel nostro caldo nido, a rovinare quella scorza di apparenza che ci si creati con difficolt. Persino a coloro che vengono inviati nei teatri pi tormentati, siano questi militari o civili (sempre comunque volontari) si riserva una nomea che ondeggia tra la lode e il sospetto. Ma gi il temerle indice che queste forze, questi incubi, non si sono ancora spenti. Occorre una certa dose di fegato per scendere allinferno e dialogare con i demoni. E ancora pi fegato occorre per fare il passo successivo: accettare che i presunti mali del mondo, semplicemente, ci sono, ci sono stati e sempre ci saranno. Essi fanno parte della realt e come tali vanno rispettati, esaltati e compresi. Possiamo fare qualcosa per rendere il mondo migliore? No. Possiamo esimerci dal fare qualcosa per rendere il mondo migliore? Nemmeno. Possiamo allineare i nostri desideri, i nostri pensieri, le nostre azioni a quello che lIntelligenza richiede? Questa lunica azione sensata. Solo realizzando le precedenti premesse si sar in grado di risvegliare i nostri impulsi titanici senza freni morali. Lincutere paura, il domare le forze naturali, lindirizzare gli eventi secondo la nostra volont: tutti questi poteri sono ap18

pannaggio degli Dei. Ma il mito non ci insegna forse che un uomo perfetto, un eroe ha tutto il diritto di sedersi accanto agli Dei? Forse un primo servitore che sia degno di questo nome non ha il dovere di utilizzare questi poteri? Forse le Madri o le Spose degli eroi e dei saggi non erano divinit? E voi, che offendete gli Dei, che disprezzate lo sforzo, che ridete dei sacrifici quanto vi sentite al sicuro dietro alle mura della civilt, lontano dalle verit del bosco? Voi, che invocate giustizia, quanto sapreste sopportare la sua mannaia pesante? Ricominciamo dal mito, da quelle figure che pi ci sono vicine. Ricominciamo a sentirci in empatia con i dolori e i travagli degli eroi, con le loro fatiche, seguendo il loro esempio. Distruggiamo una volta per tutte la nostra visione dualistica della realt. Accettiamo che ci che noi intendiamo con male non altro che un colore dellarcobaleno che non conoscevamo. Rendiamoci amico linferno, duro il purgatorio, accogliente il paradiso.

p. 11 Colossus, Francisco Goya, 1810-1827 pp. 14-15 Titanomachia, Cornelis van Haarlem, 1588-1590 p. 16 Atlante ed Esperidi, John Singer Sargent, 192225

ducunt volentes fata, nolentes trahunt


Seneca, Epistole a Lucilio
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Di miti di boschi ed i sorgenti miracolose


le dadaste

Tamo, quando arrivi a Palodes annuncia a tutti che il grande dio Pan morto!
Budapest, Hotel Gellrt, h 18.30 agosto 2012. Nel gzfrd (bagno turco) il vapor acqueo a 50C fuoriesce abbondante da fessure invisibili producendo un rombo sordo, quasi rantolante. La sensazione di spaesamento sensoriale ed esistenziale sovrastante. Resisto, in equilibrio su immaginari fili sospesi sullabisso. Quando gli occhi riescono a scorgere attraverso il vapore, la magnificenza dei colori e delle forme liberty mi rapisce, allontanandomi ancora di pi dal fattore spaziotemporale dellhic et nunc. Ed ecco che, sul bordo di una vasca termale intento in una partita di scacchi con i mamelucchi del sultano, il mio spirito si abbandona a oziose riflessioni sullArt nouveau: fenomeno artistico ridondante di vita, che guarda alla modernit, ma con occhi arcaici. Asimmetrie, tartarughe, fanciulle e volti mostruosi si inseguono sulle colonne fino ai capitelli, intrecci floreali coprono per met condotte da cui fuoriesce il vapore, mentre lacqua sulfurea calcifica in forma di enormi barbe
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intorno alle bocche dei fauni che la rigurgitano senza sosta. Guardare alla modernit con occhi arcaici. Occhi sognanti, distanti. Il pensiero supera la valutazione artistica e solutus dallacqua sulfureo-mercuriale si lancia in analogie ardite. Mi sovviene il nome dei missili balistici indiani a raggio medio e intermedio, sviluppati come vettori nucleari: Agni. Linvitto figlio di Dyaus e Prthivi, la prima parola del primo e pi antico dei Veda: agnm e purhita / yajsya devm tvjam / htra ratnadhtamam1. Mentre linno vedico ancora echeggia potente, rimbalzando sui mosaici blu in stile belle epoque e si fonde e cacofona con le parole frivole dei clienti spagnoli e italiani delle terme, cerco una possibile corrispondenza nella cultura dEuropa. Bombardiere pesante Jupiter Donnar Bomber. Provo col cristianesimo: unit dattacco San Michele o San Giorgio col paganesimo funzionava meglio, i santi guerrieri sono pochi, per la maggior parte erano buonuomini. Non male comunque. Penso ancora a quella storia della modernit vista con occhi arcaici: in fin dei conti cos la modernit? Presente, contingenza. Cos larcaicit? Distanza, lontananza. Per dirla con occhi arcaici: Hermes dio veloce, dinamico, Kronos lento, poich distante e prospettico. No, per quanto ami suggestionarmi, nelle vasche di acqua sulfurea intorno a me non vedo anziani signori col falcetto o giovani fanciulli con due serpi arrotolate intorno al bastone. Ma forse per arrivare a una prospettiva tragica sulle cose non devo superficialmente cercare in questo presente formulazioni simboliche del passato. Ombre strane e furtive nei corridoi vetusti dellhotel, dietro le porte dai vetri vivamente colorati. Da piccolo avevo paura del buio: durante la notte,quando le forme familiari degli oggetti nella mia stanza, debolmente illuminate, assumono contorni abnormi e mostruosi, le stesse tenebre acquistano consistenza, peso, diventando simili a una massa densa e impenetrabile. Mitopoiesis: il buio grazie alla sua indeterminatezza funge da tela su cui la mente umana dipinge e proietta. Potenza della pura immagi1 Io rendo onore ad Agni, il grande pontefice, il divino, che officia il rito, lo hotar che invoca gli di, il pi magnanimo. 23

ne, milioni di anni prima dei fratelli Lumire o di David Lynch. Un altro ricordo sopraggiunge: cammino, cercando di non calpestare le linee di congiunzione delle mattonelle, oppure seguendo una linea della strada, che con la mia fantasia di bambino vedo come unesile fune stesa sopra un abisso. Sotto di me si agitano mostri, un mare di lava incandescente, e vertigini senza fondo. La mente umana poietica: assorbe dallesperienza (sensoriale e interiore) per poi proiettare su di uno sfondo adeguato prodotti e rigurgiti dellinconscio. Il senso del tragico appartiene allinfanzia. Dopo la sauna, lacqua a 15C del frigidarium mi costringe a capire con la potenza di uno schiaffo inaspettato che fino ad allora non avevo avuto una vera percezione del mio corpo. Improvviso come il fulmine, ci che si era disciolto si coagula. Lorrore e la meraviglia ci circondano: foreste tenebrose, horridi montes, esseri sfuggenti o mostruosi, e su questo sfondo drammatico baluginano in una luce tragica sensazioni, pensieri e consapevolezze. Un anno fa la stessa sensazione, acqua gelida contro il mio corpo accaldato. Intorno tutto verde: un tetto di fronde ripara questo ruscello dellAppennino riarso dal sole dagosto, e le rive fresche e ombrose sono costellate di menta dacqua, belladonna, sambuco e altre innumerevoli piante dalle forme e dalle bacche bizzarre. Non sono per i colori delle piante ad avermi attratto ma un rumore, un suono. In questo scrigno di fresco tutto risuona. Al bordone possente e delicato dellacqua che scorre in sottofondo, si aggiungono in una sinfonia perfetta i fruscii delle fronde, simili a un coro darchi che interviene capricciosamente con la sua melodia, la cui bellezza induce a perdonarne lincostanza. E poi i contrappunti vocali che fuoriescono da becchi invisibili, celati non si sa dove tra gli alberi e gli arbusti. Ascolto meglio, mentre il mio corpo si reidrata, e nellapparente accordo dei suoni pi udibili ne scopro altri, che non riesco a identificare e ad attribuire: cigolii, fruscii, passi, crepitii presenze. I miei sensi si acuiscono, e allaumentare della gamma di suoni percepiti, la percezione tutta aumenta: cos lo snodarsi sinuoso dellacqua tra i profili duri dei
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massi si fa forma di fanciulla, di cui intravvedo i capelli scuri e lunghissimi e la pelle chiara e cangiante. Lussuriosa e inquietante ma esiste veramente? Poco importa, ci che dovevo capire ho capito. Tra i rovi e il sole cocente risalgo il pendio e riprendo il mio cammino, colmo di gratitudine per la nymph che mi ha dato ristoro. Uscendo dallambiente onirico delle terme la realt mi si fa incontro, come linaspettata pioggia che bagna la citt. I lampioni del ponte sul Danubio sono spenti, probabilmente si tratta di un provvedimento di austerity: il fiume che scorre molti metri sotto di me immenso e oscuro. Rifletto ancora, sotto la pioggia: ma proprio vero che la modernit comporta lestinzione del numinoso? Per quanto inquinato, deviato, snaturato, questo Danubio resta, al di la di ogni dubbio, un dio. La sua possenza oltreumana, cosi come il suo dispensare vita e morte secondo un inintelleggibile arbitrio. Ripenso ai pendii bruciati dal sole e al ruscello rigenerante della mia solitaria traversata appenninica: quei boschi sono sufficientemente scuri e profondi per celare esseri strani e sorgenti salvifiche. E se questa cosiddetta modernit non sussistesse che nelle nostre coscienze? Io sono un individuo moderno non tanto perch comunico attraverso internet, o viaggio su un Boeing 747, ma perch sono convinto che tutto ci che mi circonda sia razionale, consequenziale, progressivo, logico. Forse il razzo vettore Agni III, per quanto prodotto con tecnologia moderna, da ingegneri moderni, non un fenomeno moderno, ma arcaico, atemporale. A met del percorso mi rendo conto che non si tratta di unimpressione, il ponte oscilla sensibilmente, sferzato dallo stesso vento che spande la pioggia sulla citt. Un manufatto smisurato risponde alle stesse leggi che plasmano la forma delle montagne o il corso dei fiumi. Qual dunque il vero limes tra manufatto e natura? Il ferro del ponte naturale, e lo persino il combustibile nucleare nella testata dellAgni III. Lintervento delluomo, guardando da lontano, non che un semplice trasformare e spostare quantit irrisorie di materia ed energia. Persino lingegno umano che guida tale intervento, che noi sentiamo
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come possente, persino quellintelletto che contraddice la natura esso stesso naturale. una fulminazione: ma dunque aveva ragione Talete, panta plr then2! Ci sono di dappertutto, dietro a ogni azione ideata dallingegno o voluta dalla volont umana, vi sono forze terribili e grandiose che disegnano il disporsi degli eventi e degli esseri con la stessa pietosa mancanza di piet, la medesima divina violenza con cui un magnete induce i piccoli frammenti di ferro a disporsi secondo il suo volere, che non in verit un volere, ma una necessit. Ed ecco che il mio divertissement giunge alla fine. Non esiste nulla: le terme, i boschi, tutto un inganno tessuto con le parole, sfuggente come il vapore. Mentre rientro mi colgo intento a camminare lungo una linea della pavimentazione stradale: una fune tesa sopra un abisso senza fine, e mentre cerco la concentrazione necessaria per restare in equilibrio, ritorna il brivido della tragedia. La fune morbida sotto il mio piede, e senza pensare mantengo lequilibrio, fino a quando apro gli occhi e sbilanciandomi metto un piede in fallo. Labisso svanisce, la fune torna linea, in qualche modo io precipito in un altro livello della realt. Alle mie spalle percepisco il volto (la maschera?) enorme di Dyonisos ridere, dun riso pieno di amore e di disprezzo.

p. 21 A Nymph In The Forest, Charles Amable Lenoir p. 22 Frhschnee, Caspar David Friedrich, 1828 p. 27 Maschera di Dioniso

2 Tutto pieno di di. 27

COSTR UIRELA
ingeg neria eretica
adamo panone

Appuntidi

TORRE
Vi era ancora una quinta combinazione, di cui il Demiurgo si serv per decorare lUniverso.
(Platone, Timeo)

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una premessa doverosa

Che cosa non vuol essere questo contributo: lennesimo trattato sui massimi sistemi che tenti di spiegare cause e ragioni del nulla pi imperante. Appaiono infatti di per s bastevoli gli sforzi profusi sino ad oggi sullargomento da personalit di tuttaltro spessore e levatura; sforzi, peraltro, ben conosciuti e di sicuro gi abbondantemente digeriti dai nostri Eretici, i quali riteniamo di tutto abbisognino, tranne che dellennesimo pamphlet per rinvigorire la giustezza del proprio sentire. Consapevole dellecletticit dei temi e dellinterdisciplinarit tra le materie che andranno qui anche solo indirettamente a richiamarsi, mi preme inoltre sin da subito sgombrare il campo da qualsivoglia equivoco, rassicurando i lettori del personale disinteresse nel trattare in tal sede di sociologia, di diritto, antropologia, o peggio ancora di politica e economia. Mi riterr al contrario estremamente fortunato se riuscir a dare labbrivio a qualche volenteroso che vorr cimentarsi nellelaborazione tecnico contenutistica di una struttura esistenziale (e non solo) alternativa sotto i multiformi versanti dellumano operare. Lungi dal volermi raffrontare con una siffatto monumento, ho tuttavia con sincerit sempre pensato che, piuttosto che di astruse riflessioni destinate ai pi sui possibili rimedi allodierna degenerazione, vi fosse il tangibile bisogno, tra chi condividesse una certa Weltanschauung, di una sorta di Che fare? ad uso interno, ossia di un insieme coerente di valutazioni da cui cominciare ad inquadrare logisticamente lemergenza dei nostri tempi, soprattutto (sia pur concettualmente) da unangolatura pratico organizzativa; non solo ribadendo in modo implicito lestraneit della nostra posizione di dissenzienti e dissidenti, al tetro abisso di inferiorit che ci accerchia, ma dando nel contempo il la alla creazione (nel senso pi tradizionale e primigenio del termine) di un modello aggregativo innovativo, per porre cos le basi (rituali) di un ambito diverso entro cui vivere nel quotidiano lAzione, ed allo stesso tempo progettare il futuro. A cosa ambiscono, allora, questi modesti appun29

ti: semplicemente ad andare oltre. O meglio: ad immaginare un oltre, fornendo qualche spunto intuitivo a chi voglia sensatamente (e finalmente) serrare i ranghi, cominciando ad agmen quadratum, a prescindere da una generale teoria della ri costruzione, ed a prescindere da chi ha saputo, sa o sapr organicamente e con merito stenderla ed esporla ai pi. Dunque, un vigoroso colpo di vanga, il primo si spera di una lunga serie, verso lo scavo delle fondamenta di quella fortezza, destinata in futuro ad accogliere, tra le sue mura granitiche, tutti coloro che si dimostreranno allaltezza di viverci: la cittadella dai cui bastioni gli Eretici potranno scagliare gli strali per difendere il tesoro pi prezioso della loro blasfemia; ma allo stesso tempo la Torre alchemica della jodorowskyana Montagna Sacra, lAtnor, lOfficina degli Elementi, ove sperimentare limiti e potenzialit, nonch tattiche tempi e modi per lanciare vittoriosamente lassalto al terzo millennio.

1. alle radici delleresia: per un approccio metodologico esistenziale

Alessandro Vivaldi, nellincipit al numero zero di questa Rivista, descrive magistralmente il fondamento dellessere Eretici, ossia cosa pone oggigiorno lEretico inevitabilmente in contrasto con la massificazione conclamata, e cosa lo muove in questa sua irrefrenabile ed inquieta ricerca di una via di sublimazione. Mi piace qui richiamare alcune di quelle parole, poich da esse trae vigore tutta lanalisi sulle ragioni del ponderare e dunque sul tentativo di teorizzare unalternativa esistenziale comunitaria sostenibile: Non esercizio accademico, quindi [], ma costante tentativo di sviluppare la coessenza di intenzionepensieroazione o visionepotenzaazione: essere e divenire senza contraddizione. Divenire ci che si ed essere ci che si diviene, attraverso mezzi spirituali, artistici, estetici, purch ogni mezzo sia, sempre, Azione1.
1 A. Vivaldi, Incipit per unEresia in Eretici del Terzo Millennio n. 0. 30

Al principio dellagere, v dunque sempre unilluminazione improvvisa, un guizzo, uno stato di coscienza superiore che, manifestandosi rischiara, come un lampo nelle tenebre, e fa apparire allindividuo dissenziente, la collisione con lo status quo in tutta la sua potenza. la consapevolezza della diversit, la lucida pazzia che conduce le eccezioni viventi a sentirsi non pi parte di una collettivit indifferenziata, ma bastevoli a s stesse. Qualsiasi cosa si dica, qualunque cosa succeda, ovunque si trovino, gli sciocchi del villaggio come tali additati in ogni tempo dalla congerie sana delle comunit o, per dirla allorientale, gli adepti dello yoga di Shiva, prendono atto della loro discordanza con lambiente limitrofo, si adeguano a detta distonia, mettendo tutto, e principalmente se stessi, in discussione, e facendosi vanto di ci. La realizzazione della propria diversit dunque conseguenza di un malessere esistenziale, di un fastidio che, se rettamente indirizzato, pu condurre finanche allAzione, affermazione costante, attraverso la pratica giornaliera, di un modo di (re)interpretare e vivere la realt. Nessuna gioia (semmai odio!) da spartire con gli insulsi automi dellodierno consorzio sociale nessun tentativo di far tra costoro proseliti. Semplicemente, la consapevolezza di una irrimediabile rottura; e il recondito anelito (mai brama) di imbattersi (mai ricercare volutamente) nei propri simili, per condividere ed accrescere questo impulso distruttivo/rigenerativo. Ma una tale rottura, perch si consumi pienamente e produca i suoi frutti, deve irrimediabilmente sfociare in un modo di vivere alternativo, inconcepibile agli occhi dei pi, che appaghi lUomo Differenziato in ogni ambito del suo operare. Un modo di vivere che non obbligatoriamente si pone fuori o ai margini del mondo, ma che al contrario ben pu (e deve) declinarsi proprio attraverso quanto oggi il mondo offre. Incidentalmente mi sono pi volte chiesto, soprattutto volgendo lo sguardo alla mia storia personale e a quella della mia famiglia, se a monte di tutto vi sia una ragione pi profonda, una causa prima, che nellessenza ponga da sempre
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coloro che osano in antitesi al tipo umano dominante. Mi sono sempre domandato, cio, se latto di volont assoluta, di auto affermazione a prescindere pertanto dallepoca, dal contesto sociale o geografico in cui il gran rifiuto viene simbolicamente formalizzato , sia il frutto di una predisposizione congenita, oppure la reazione combinata di fattori esogeni che, agenti su un pi profondo strato dellessere, comune a tutti gli uomini, provochino ad un numero pi o meno esiguo di questi, in via del tutto casuale o per una sorta di predestinazione, la vitale necessit di re-agire al torpore indifferenziato circostante. Anche in questo caso, pur non parendo opportuno andare a scomodare i vari impianti filosofici, giuridici o religiosi che ciascun a proprio modo lungo il corso della storia hanno tentato di dare una spiegazione plausibile al fenomeno del furor e della disubbidienza, ed una giustificazione strutturata alle relative conseguenze (virt/esimente/colpa; e quindi gratificazione/ espiazione, mediante un sistema meritocratico/ punitivo graduato), vorrei richiamare ai lettori le parole di un grande uomo, da poco scomparso, che, in occasione di una conferenza tenuta a Roma anni fa circa le radici storiche e culturali dellardistismo (dunque sia pur in un contesto molto peculiare e solo astrattamente pertinente a ci di cui qui si dibatte), centra a mio parere la questione, con semplicit e linearit a dir poco disarmanti. Scrive Pio Filippani Ronconi: Larditismo come tale, indipendentemente dal popolo, o dal reparto militare che lo pratica, ha due radici. La prima quella della necessit obbiettiva di migliorare o risolvere una situazione tattica mediante quellatto di pura follia noto come colpo di mano []. La seconda radice molto pi difficile da individuare, perch risiede nella profondit dellanimo umano, laddove i poteri dellimmaginazione si coniugano secondo la volont di essere, pi che di sopravvivere: si tratta di evocare in un istante di concentrazione totale quella medesima volont dimenticata dai pi nei millenni di vita civile che permise alla razza umana di sopravvivere alle glaciazioni del Paleolitico e agli
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infiniti accidenti guerre, pestilenze, migrazioni e carestie che ne hanno accompagnato il cammino fino ai giorni nostri. Questo potere di sopravvivenza attraverso limpossibile, questa capacit di vedere con gli occhi dello spirito il risultato, prima ancora di iniziare lazione, il potere dellimmaginazione. lo stesso potere che gli Aryani vedici attribuivano al dio Mitr, dicendo Il nobile Dio pens lImpensabile []. Ed il potere dellimmaginazione sostanziato di volont2. Quella volont, continua Filippani, per cui luomo ha scoperto lAmerica, ed altri fino allora ignoti continenti, ha sondato i mari, ha scalato i monti (in fondo per gioco); volato nello spazio cosmicoe non sarresta in questo folle impegno che, per il cinico non serve a nulla, dato lineludibile temine della vita, che pone fine a tutto3. Per il professor Ronconi, dunque esisterebbero due tipi umani nei quali sincarnano i due impulsi contrapposti: di conservazione ottusa e stagnante, o di innovazione e invenzione continua che caratterizzano lumano operare. Nel primo caso, avremo il tipo umano che per fare qualunque cosa sattende la sanzione dellautorit superiore, per dirla alla tedesca la Befehlstaktik, la tattica di attendere gli ordini. [] Per questo tipo, di l della propria egoistica individualit, esiste solamente la massa indistinta degli altri, altrettanti tubi digerenti come lui dominati dalle esigenze di ordine biologico: cibo, sonno, gioco, e qualche vibrazione sentimentale, al posto di una vita spirituale autentica. [] Per questo tipo, [] il normale ordinario di uno Stato laico negazione del miracolo e della Provvidenza, di fronte alla quale siamo tutti peccatori futuri pentiti ammessi al perdono ed alla contrizione, categoria metafisica, addirittura ontologica, nella quale saranno livellati tutti i futuri cittadini perfetti. Il tipo umano opposto ribaldo e peccatore se mai ce ne fu altro quello di coloro che agiscono in base a ci che possiamo denominare
2 Pio Filippani Ronconi, Le radici storiche e culturali dellarditismo. Lezione tenuta a Roma il 3 novembre 1997. 3 Op. cit. 33

fantasia morale, o autonomia della coscienza, a cui si obbedisce in base ad un imperativo etico, spesso trasgredendo alle convenzioni, infischiandosi del quieto vivere e negando la pseudologica delle suggestioni collettive. Questo tipo umano quello che intuitivamente vive di coraggio e di invenzione, nel senso latino di inventio, cio di volont di trovare, di invenire. Il suo modo di conoscere e di operare limmaginazione e [] limmaginazione pensare ci che non stato pensato. E il coraggio, per cui si vive una vita fondata sullimmaginazione, fare ci che si immagina tenendo fede al fine, senza pentirsi, facendosi irresistibilmente attirare da ci che si vuol fare. Questa la materia prima di cui fatto lArdito. Egli tale perch supremamente capace di mollare gli ormeggi che ci tengono avvinti al quotidiano e allabituale, in attesa che altre pause soffochino la nostra virilit nellagire. Con la mente svuotata da qualunque timore o incertezza, lArdito si getta a capofitto nellazione, come il paracadutista che, mollata la fune di vincolo, si abbandona alla beatitudine del vuoto, precipitando in un mare fiottante coraggio come un filosofo descriveva il mondo dello spirito, quello robusto, vero, che d sostanza di vita alla nostra anima; non lesangue sogno letterario, ma la dedizione completa a quella che di volta in volta probabilmente lultima avventura. Questa, in spirito, la dote dellArdito: non il turgore declamatorio per lazione, ma labbandono innamorato a quella che pu essere lultima chance di questa vita4. Penso che a queste frasi sia superfluo qualsivoglia commento, tant la loro intrinseca chiarezza. Latto di ribellione finalizzata latto creativo per eccellenza, che nasce, oltre che dallo stato di necessit, dalla risoluta fermezza di uno specifico tipo umano da sempre presente in natura (alias lEretico, il Ribelle o lArdito, comunque lo si voglia chiamare), strutturalmente in grado di pre immaginarsi il risultato. LAzione, nel senso pi nobile e genuino del termine, cos manipolazione metafisica della realt mediante il Volere puro di singoli e speciali Uomini, capaci
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di porsi, pi o meno consciamente, in perfetto accordo con le pi recondite potenze rigeneratrici del Cosmo.

LAzione quindi per lEretico, oltre che un impegno dettato dalla contingenza, un veicolo magico. Ma perch a tale manifestazione di volont estrema consegua con buone probabilit leffetto prefissato, opportuna, da parte di colui che la pone in essere, unulteriore e formidabile presa datto: la realizzazione, a livello profondo, del non essere solo. Se interiorizzata in modo appropriato, tale intuizione non equivale ad una consolazione, bens alla consapevolezza dellesistenza aprioristica di un recte agere, indiscusso, indubitabile. Cos, oltre a rivelarsi senza volerlo uno sprono, questo processo metabolico pu produrre nellEretico, quale coerente conseguenza, una probabile trasfigurazione circa il suo modo di approcciare (in via consequenziale): al perseguimento del proprio obiettivo: questultimo, cio, non potr, rebus sic stantibus, che palesarglisi per quello che davvero , ossia la meta inevitabile a cui ambiscono tutti coloro che spartiscono una potenziale comunanza di destino; ai propri simili, votati s autonomamente allAzione, ma uniti tra loro da un superumano, sottile vincolo di solidariet; allidea di un Sodalizio a cui necessariamente aderire su base volontaristica, che sappia dotarsi di una idonea struttura organizzativa, ove convogliare e coordinare potenzialit e aspirazioni dei singoli sodali. LAzione, insomma, perch sortisca leffetto voluto, duopo che venga scientemente convertita da isolata in comunitaria, e sia nel contempo corredata di un vettore aggregativo in grado catalizzare e sublimare tutta la potenza addotta dai suoi aderenti. Questa comunione dintenti non potr cos che irrimediabilmente rappresentare il frutto di composite individualit, le quali, apportatrici in modo organico di specifiche prerogative, potranno consentire il verosimile
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2. Cenni di Metafisica delle Costruzioni

raggiungimento del fine, sia esso individuale o collegiale, cui lagere medesimo tende. Ed ecco che dai loro volti si sprigion una triplice luce, radiosa e brillante a misura della loro ira! [] Allora queste forme luminose, suscitate dagli Dei, mescolandosi luna con laltra, non furono altro che ununica luce, formidabile, grande quanto lo spazio. / Gli Dei la contemplarono in silenzio ed inquieti, vedendola mutarsi in una forma femminile, in tutto lo splendore della sua bellezza. [] Cos nacque dagli Dei, la Dea suprema! E ben provvista da loro di tanti doni senza prezzo, si degn come Sovrana, di gradire i loro omaggi. Allora grid di gioia e poi proruppe in una risata, nellardore della sua allegria, esultando per vedersi cos bella. Instancabilmente ripetendo le sue risate e i clamori di gioia, riemp luniverso di frastuoni inauditi! La Terra ne fu scossa dalle fondamenta, il mare si sollev e alcune montagne crollarono, tanto il chiasso era formidabile! E nel cielo, vedendo questo, tutti gli Dei esultarono gridando Vittoria alla Dea!, piegandosi in adorazione dinnanzi alla Combattente!5. Ci parso pertinente citare in proposito, quale similitudine, alcuni dei versi pi significativi del Devi Mahatmya, la Celebrazione della Grande Madre, uno degli Inni pi sacri dellinduismo, in cui viene descritta la nascita della suprema Dea della Potenza, lEnergia Sovrana, la sola in grado di tenere testa alle forze oscure, e senza la quale la battaglia degli Dei contro tali forze sarebbe andata irrimediabilmente persa. Essa emanazione delle principali Divinit del pantheon indiano che, irate per la situazione di stallo venutasi a creare nel corso della lotta, e ciascuna a seconda della propria peculiare essenza, dotano la Dea Guerriera di diversificate armi che Le consentiranno, al momento opportuno, di sferrare lattacco finale contro il Male. Al di l del significato recondito del Mito, leterna legge della corrispondenza tra lumano ed il divino insegna come nel particolare vi sia egualmente la scintilla della totalit (come nel gran5 Inno Nascita della Grande Dea, tratto dal Devi Mahatmya (Celebrazione della Grande Madre). 38

de, cosi nel piccolo). Ogni specifica ha pertanto pari dignit nel raggiungimento dello scopo, a prescindere dalla sua provenienza, perch nobilitata dallo scopo stesso, e referenziata da una volont granitica di perseguirlo in comunione. Per costruire la Torre, nulla insomma deve trascurarsi, essendo cruciale il contributo di tutti i partecipanti allAzione, a seconda delle propensioni naturali di ciascuno. Ma perch ci avvenga imperativo anzitutto che gli Eretici consapevolizzino quellidem sentire, quellessere uniti nel sublime sforzo, che andr a costituire il cemento e presupposto necessario per la teorizzazione di qualsivoglia modello aggregativo.

3. Volont di organizzazione e volont di sublimazione

Germina, in sostanza, dallulteriore presa datto della necessit di una diversificazione, tra le predisposizioni di Uomini che condividono la medesima sorte, lesigenza di abbozzare una struttura aggregativa prototipica, in grado sia di riconoscere tali discordanze, che di amalgamarle, valorizzarle e inalvearle coerentemente, facendo apparire le individualit come sfaccettature armoniche di un tutto coeso e in costante trasformazione. Una struttura pertanto, quella della nostra Torre, tanto massiccia e inattaccabile dallesterno, quanto intrinsecamente duttile, che sappia tener in debita considerazione e ottimizzare, non solo al momento delladesione, ma nellintero arco di appartenenza al Sodalizio, sia il grado di partecipazione allAzione da parte di ciascun Eretico, sia la qualit del contributo da questi progressivamente offerto. Circa le caratteristiche che tale contributo deve possedere, corre invero significare come esso non sia necessariamente destinato a fossilizzarsi in ununivoca tendenza, manifestata ad intensit pressoch costante, e funzionale solamente allimmediato appagamento di pi o meno calcolate ambizioni o personalismi. Al contrario, lapporto di ogni sodale dovr assolvere alla responsabilit di corroborare, sia allinterno della compagine che di fronte agli esterni, lidea del
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Sodalizio quale fratellanza dintenti e Comunit di Destino, strumento empirico attraverso cui sperimentare la volont di idealizzare e di prefiggersi il cambiamento: tanto del mendace ed illusorio mondo limitrofo (attraverso lagere comunitario), quanto della propria essenza, sposando la convinzione di un parallelo, imprescindibile percorso di fortificazione interiore. Come fuori, cosi dentro: mai di conseguenza perdere di vista il fine ultimo a cui dovr ottemperare il Sodalizio, ossia quello della trasmutazione della realt circostante mediante la risolutezza, da parte dei suoi adepti, di elevare anzitutto se stessi, [] Attraverso mezzi spirituali, artistici, estetici e perch no, anche esistenziali purch ogni mezzo sia, sempre, Azione6. In tal guisa, ci che il Sodalizio sveler allesterno, non potr che essere irrimediabilmente la risultante di quanto i singoli sperimentano principalmente al suo (e quindi al loro) interno.

4. Per un modello di Sodalizio

Siamo dunque arrivati al nocciolo della questione. Come banalmente tradurre tutto ci sotto il versante progettuale e logistico? Sulla base di quale modello articolare, cio, la nostra Torre, coniugando lesigenza di una baluardo tanto imprendibile dal di fuori, quanto flessibile nella sua intrinseca organizzazione, e capace, nel rispetto delle svariate attitudini di quanti vorranno dimorare in essa, di garantire i margini per una legittima, collegiale aspirazione delevazione spirituale e/o realizzazione esistenziale? In quanto antitetico al concetto stesso di plasticit, e poich contrario ad un doveroso iniziale riconoscimento di eguale dignit in capo a chiunque sia intenzionato ad aderirvi, mi sentirei di escludere sin da subito qualsivoglia schema imperniato su una stretta gerarchizzazione. Al principio, con la decisione di porsi in frattura rispetto alla Wasteland, v infatti pur sempre una serie di disinteressati e paritetici atti di cristallina volont, compiuti da altrettanti uomini
6 A. Vivaldi, op. cit. 40

liberi che, in quanto tali, non possono ammettere (perlomeno sulle prime) tra loro prevalenze o subordini, in forza di aprioristiche scale valutative, o metri precostituiti da autoreferenziali registi. Al contrario, rifacendomi allidea di Sodalizio come corpo vivo, riterrei molto pi confacente al nostro proposito una configurazione di tipo organico, a metamorfosi continua. Cos, da un iniziale raggruppamento degli accoliti in circoli posti sullo stesso livello, seppur tra loro eterogenei per contenuto (sulla scorta delle inclinazioni e propensioni palesate istintualmente da ciascuno), attraverso una vicendevole e proficua interazione e compenetrazione basata sulla trasmissione delle diverse esperienze ivi vissute, potranno nobilitarsi le vocazioni gi espresse dai singoli nei vari ambiti, ed infine liberare per loro tramite quelle energie rigeneratrici tanto auspicate per una trasmutazione sia soggettiva (microcosmica) che obbiettiva (macrocosmica) della realt. In altre parole, tale sistema, se rettamente tratteggiato, condurrebbe alla verosimile rappresentazione di una consorteria strutturata per cerchi compenetranti, ossia concepita per ambiti figurativamente autonomi, i quali per, intersecandosi di continuo grazie ad una diligente opera di interconnessione esperienziale operata dai rispettivi appartenenti, genererebbero sempre nuove figure e sezioni, l dove ad ognuna di queste si ricondurrebbero sia le propensioni di ognuno, individuate sulla base delle vocazioni del momento, che le esperienze in forza di ci realizzate. Nessuna gerarchia, nessun classificazione precostituita: un simile impianto, infatti, non chiama in causa alcun assetto piramidale, poich non vi sono n basi n vertici, ma soltanto Uomini che, posizionati dapprima sullo stesso piano in ragione di una fatale scelta di campo, e distribuiti a seconda delle rispettive provenienze, inclinazioni ed attitudini, si potranno distinguere in seguito qualitativamente, sulla scorta delle esperienze maturate e raggiunte nel Sodalizio, delle individuali aspirazioni, nonch del tipo di consapevolezza che essi hanno sviluppato del Sodalizio stesso e dei suoi fini.
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Se dal punto di vista figurativo, tale strutturazione ricorda vagamente quella di un Solido Platonico, sotto il versante di una fisionomia sostanziale, essa pu in via agevole ricondursi al prototipo di Comunit Organica auto sussistente e indipendente. Chiarisco sin da subito e a scanso di equivoci che lespressione Comunit Organica alla quale qui mi riferisco, non deve intendesi propriamente nella sua accezione (meta)storico sociologica di tipo Tradizionale, imperniata cio su una rigida (t)ripartizione delle funzioni basilari dellagire umano (sacerdotale/guerriera/agricola mercantile) disposta per cerchi concentrici chiusi, non comunicanti: una simile concezione, infatti, richiama malgrado tutto una differenziazione precostituita, inevitabile, perch a doppio filo legata (e relegata) proprio alle manifeste inclinazioni dei suoi componenti, sotto tale ottica pi condizioni stagnanti a cui per fato dover consacrare la propria esistenza, che prerogative, grazie a cui intraprendere progressioni metafisico-esistenziali. Nel nostro caso, al contrario, non vi un agglomerato di individui pi o meno capaci che, assecondando listinto, abbracciano e condividono la scelta esistenziale di un intenzionale isolamento, attrezzati unicamente della propria buona volont e della speranza per un domani migliore, n tantomeno un gruppo di fanatici escatologi, decisi a dare vita allennesima psico-setta ove proscrivere il resto dei propri giorni, ma una Comunit di Eguali costituita da Uomini Differenziati risoluti, con scopi inequivocabili, collettivi e personali, volti precipuamente a rompere gli equilibri mettendo in discussione se stessi e tutte le proprie certezze, e determinati a rifondare su ogni piano lessere mediante lAzione. Per rendere la giusta idea del livello di tensione funzionale al modello di Sodalizio a cui si ambisce, riguardo ad un possibile parallelismo cui ricondurre una siffatta esperienza di esauriente rottura, non pu, ancora una volta, che venirci in ausilio il Mito, con gli illuminanti riferimenti che presenta, con la prova della nostra Torre, la leggendaria nascita di Roma. Anche in questo caso, oltre al valore e allim43

portanza attribuibili, sul piano metastorico e sovrasensibile, ad una cos possente epifania del divino, qualora si legga il fatto testualmente, senza condizionamenti interpretativi, si noteranno delle impressionanti analogie tra il Mito di fondazione dellUrbe, con i nostri attuali sacrileghi sforzi di concepire unalternativa omnicomprensiva per reinterpretare la quotidianit. Romolo (il Ribelle per antonomasia): 1. abbandona col fratello, ad Alba Longa, parenti, amici, e finanche nemici, per dare vita altrove a qualcosa di radicalmente innovativo; 2. determinato come non mai, uccide perfino Remo (ultimo legame con le pulsioni terrene e la sua precedente vita), e traccia un limen sacrum, ovvero il confine tra la materialit contigua ed il suo nuovo modo di concepire lesistenza: laffermazione dellEssere nel divenire, il centro immobile calato nella corrente della Storia; 3. richiama intorno a s, con il suo gesto, tutti i disadattati dei territori viciniori (ovvero coloro che non si riconoscono pi nelle rispettive comunit dorigine, dalle quali sono stati peraltro in ragione delle loro condotte non allineate gi marchiati ed espulsi) e li convince inconsapevolmente a creare una nuova stirpe entro il limen sacrum; li convince cio a diventare Patres; 4. Primus inter Pares: egli ha dato origine (con un atto creativo per eccellenza, e senza rifarsi a esempio alcuno), ed parte costitutiva di una Comunit di Eguali, una comunit, cio, ove tutti hanno trasceso e sublimato la loro originaria condizione soltanto antropica, per abbracciare virtualmente la regalit, e dunque la totalit. I Patres sono cos Uomini Integrali, contadini, sacerdoti e guerrieri insieme. Sono bastevoli a se stessi. solo successivamente, con la storicizzazione dellUrbe, che si operer la ben nota tripartizione. Non esagererei pertanto, se paragonassi questa visione di Sodalizio, pi ad una confraternita iniziatica, ad un Ordine, che ad un normale consesso sociale. Audacia e risolutezza nel voler nascere una seconda volta, dignit paritetica, ed esemplarit reciproca: tutti hanno da insegnare, tutti hanno da imparare, tutti avranno semplicemente
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da fare. Chi lo vuole davvero, potr progredire non su scala gerarchica, ma spiritualmente e sul piano dellesistenza, fungendo da dimostrazione vivente agli altri sodali.

5. Comunit Organica di tipo Tradizionale e Comunit Organica Sperimentale

Vorranno perdonarmi i lettori se mi permetto di insistere sul radicale mutamento di scenario da cui intendere il fare e lessere Comunit, costituendo ci uno dei punti nevralgici di questo contributo. Lobbiezione primaria che mi sento di svolgere verso il modello classico di Comunit Organica Tradizionale, per lappunto attiene al modo di collocare nel suo corollario di declinazioni pratiche le manifeste differenze tra le vocazioni innate ai singoli. Pur dando per scontato che queste, in seno a tale paradigma aggregativo, innegabilmente esistono e coesistono, s detto che in una prospettiva Tradizionale, simili differenze costituiscono, in forza della loro concentricit se non addirittura gradualit gerarchica, qualora se ne vaglino nella quasi totalit, le rappresentazioni storiche , pi compartimenti stagni, gabbie ermetiche entro cui gli appartenenti rinchiudono la personale ventura desser fatti in un certo modo, piuttosto che posizioni di partenza da cui tentare unelevazione / integrazione, nella massima libert, della propria essenza. Il rilievo nasce da una triplice considerazione: se il traguardo del Sodalizio quello di rompere totalmente, oltre che con ci che , anche con tutto quello che stato (dal punto di vista ideale ed ideologico: sovrastrutture mentali e modelli passati di convivenza sociale), non si capisce perch la Torre alla fin fine debba risultare una mediocre variante sul tema, se non peggio, una sorta di minestra riscaldata; se lo scopo del Sodalizio quello di frantumare ontologicamente quanto vi attorno, facendo della propria configurazione un qualcosa di qualitativamente straordinario, non si capisce come ci sia possibile, esulando dallonere distruttivo / rigenerativo che ai suoi componenti congiun46

tamente spetta, assumendo ruoli quantomeno in principio decisamente paritetici; di riflesso, nel particolare, se il fine del Sodalizio quello di innalzare i suoi affiliati, facendone Uomini Integrali, non si comprende perch costoro debbano in fondo e nel proprio cerchio dappartenenza, accontentarsi di dare, in modo supino e acritico, mera esecuzione alla propria sia pur decorosa missione esistenziale, senza azzardare di romperne verticalmente, con una netta affermazione di volont, i gangli naturali, per librarsi con slancio verso sfide pi alte. Giudicando (in verit non a torto) inibenti e dunque inidonei, per una piena realizzazione del soggetto dissenziente, gli esempi aggregativi fondati in esclusiva su una militanza politico culturale, oltre a quelli unicamente improntati ad unesistenza vissuta ai margini della societ (quandanche condotta in perfetta simbiosi con lincedere naturale dei tempi e delle cose, ovvero ispirata ad una ricerca spirituale autentica), i sostenitori dello schema per cerchi concentrici, che propugnano la bont del modello di Comunit di tipo Tradizionale (abbinandolo spesso al tema oggi tanto in voga della decrescita), (ri) propongono una soluzione che salvi di fatto capre e cavoli, suggerendo di far coesistere in un contesto unitario, in maniera organica ma altrettanto asettica, tenendole rigidamente separate tra loro, dette manifeste differenze tra le vocazioni. Cos, qualunque sodale, in una tale veduta dinsieme, potrebbe pianificarsi a buon diritto il proprio ambiente ideale, fornendo sistematicamente ed efficientemente alla Comunit, al pari degli ingranaggi di una macchina funzionante alla perfezione, il personale apporto, senza tuttavia prestare ad essa alcuna garanzia o impegno, per un coinvolgimento ulteriore o supplementare nel caso in cui il marchingegno sinceppi. Ora, se da un lato una simile visione appare la scappatoia pi ragionevole per una convivenza disinteressata tra individui con un idem sentire, dacch salvaguarda e canalizza con metodo le rispettive inclinazioni, sotto altro versante non ci si pu purtroppo esimere dal ribadire come, sempre detta visione finisca collimmolare ogni
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pi alto fine, tanto individuale che collettivo, proprio alle libere propensioni di ciascuno. Pertanto, oltre che la pi facile, essa rappresenta a parere finanche la pi arrendevole via al fare ed essere Comunit, ovvero il restare insieme per non restare da soli, piuttosto che lo stare insieme per trascendere.

6. Dalla teoria alla pratica: primi passi per serrare i ranghi. Le differenti vocazioni tra i singoli

Corre per a questo punto tirare le fila di quanto sin qui concettualizzato, e verificare, nella prassi, se vi possano essere potenziali presupposti, sia in senso soggettivo che oggettivo, su cui tentare di innestare le prime nodali mosse che conducano ad un minimo di progettualit condivisa. Al di l delle considerazioni fino ad ora snocciolate, e dei connessi auspici per ci che individualmente e collegialmente i potenziali aderenti, nella prospettiva e nellambito di un Sodalizio, potrebbero / dovrebbero svolgere, vi un innegabile ricorrente quid ad assimilare i nostri Eretici, comune denominatore originato da alcune identiche, sedimentate consapevolizzazioni: lacerazione con lo status quo: ogni Ribelle conscio della propria asocialit, del proprio essere al limite, del vivere in questo mondo di rovine, pur non sentendosene parte; necessit di fare quadrato coi propri simili. Lesistenza stessa di Eretici del Terzo Millennio ne la dimostrazione tangibile. Vero che, da qui a stimare come impellente lelaborazione di un progetto di vita ed azione comunitarie, ce ne passa Ma che qualcuno, oltre ad abbozzare alleventualit sotto il versante concettuale, inizi a ravvisarne finanche lesigenza pratica, appare innegabile. Entro quali termini realizzare ci (sostanziali, formali, teoretici o empirici), gli Eretici dovranno per lappunto discuterlo ed affinarlo; genuino desiderio di rigenerazione, concetto che racchiude e sottende, oltre allinnata, combattiva attitudine allagere, la volont di
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spingersi oltre, stimolando ed incoraggiando la propensione ad una realizzazione funzionale al superamento dellattuale stadio di necrosi valoriale/spirituale. Circa questultimo fattore, e per riallacciarci a quanto abbiamo gi avuto modo di vagliare nei paragrafi precedenti, appare logico che, se il valore aggiunto di una Comunit Organica Sperimentale imperniata su cerchi compenetranti, consiste giustappunto nel ribaltamento di visuale entro cui scorgere ed inquadrare le manifeste differenze tra le vocazioni innate ai singoli (ossia le propensioni che ciascun Eretico valuta prioritarie e connaturate al proprio essere e alle quali dunque rapporta il proprio agire , e per la cui elevazione il Sodalizio stesso verrebbe ad essere considerato irrinunciabile veicolo) qualunque tavola tecnica inerente la nostra Torre non potr neppure essere delineata senza un preliminare censimento dei generi vocazionali in capo agli Eretici (dandone per assodata la pluralit), n proseguire senza la ragionata pianificazione degli insiemi entro cui ricondurre, in forza di ci, i singoli affiliati. A tal proposito, grazie allamicizia e pi in generale alle leali relazioni interpersonali intrattenute nel corso degli anni con numerosi individui della tempra corrispondente al tipo umano cui questo intervento dedicato, posso per esperienza e con buon margine di approssimazione affermare come tra gli Eretici compaia da sempre una triplicit di generi vocazionali: inclinazione alla realizzazione esistenziale. Coloro che esternano tale esigenza, riconducendo il loro malessere alla modernit, e ascrivendo la siderale distanza che li separa dal Leviatano, al pervertimento dellindole delluomo (a cagione del suo voluto allontanamento dallarmonia delle leggi del cosmo), auspicano e rincorrono un distacco inteso quale ritorno fisico e fisiologico allautentica sussistenza, in aderenza alleuritmia della natura, mediante uno stile di vita sobrio, dignitoso, possibilmente legato alla terra (dunque da praticare in habitat avulsi dagli alienanti contesti urbani), e al recupero di consuetudini, mestieri, manualit e conoscenze riconducibili
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a tempi non ancora corrotti dalla follia turbo capitalista contemporanea; inclinazione alla realizzazione metafisicospirituale. Costoro, pur condividendo nella sostanza la critica alla modernit e al suo scellerato meccanismo di stritolamento ed annichilimento valoriale, intendono il distacco da essa non in senso spaziale (recepito come allontanamento da qualsivoglia contesto sociale precostituito): il distacco pu al contrario e a buon diritto essere attuato perfino nelle megalopoli, vivendo la vita di tutti i giorni nel mondo moderno, volgendo le proprie mete di cambiamento allinterno di se stessi mediante la sincera ricerca del Focus Absconditus e la pratica del Risveglio, e seguendo il sentiero gi tracciato tradizionale/iniziatico pi affine alla propria essenza, attraverso lesercizio attivo e costante della correlata ritualit (religiosa o esoterica, collegiale e individuale); inclinazione paritetica alla realizzazione sia esistenziale che metafisico-spirituale. Per gli orientati a questa prospettiva tra i quali peraltro personalmente mi pongo non pu sussistere n credibile alcuna volont di trasformazione interiore senza una sincronica, simultanea, plateale ripercussione, di quanto avvenuto a livello sottile, sul piano manifesto dellesistenza. Se agire, in generale e come sostenuto in incipit, significa prefiggersi e concretare magicamente, a trecentosessanta gradi un cambiamento, questo non pu necessariamente che oggettivarsi su tutti i piani dellEssere, tanto a livello sensibile che sovrasensibile. Cos, la costante pratica spirituale non potr, presto o tardi che disvelare, in modo consapevole o intuitivo in chi la professa, il coerente e parallelo bisogno di una fatidica sterzata alla propria vita. Ora, se tutto ci sempre secondo i sostenitori di tale visione venisse svolto dal Ribelle isolatamente (vale a dire affrancandosi da qualsiasi comunanza dintenti, e scevro da qualsivoglia influenza di terzi, sia pur condividenti la medesima Weltanschauung), costui sarebbe quasi di sicuro portato ad incanalarsi verso opzioni esistenziali estreme (valutazione questa pur
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sempre legittima ed esemplare: rammento come Evola abbia consacrato a tale tipologia di Uomo Differenziato, il suo ultimo saggio/capolavoro). Qualora al contrario la stessa azione venga compiuta da pi affini, legatisi volutamente tra loro a causa di una notoria, comune sensibilit e propensione metafisico esistenziale, e in numero tale da originare un manipolo auto sussistente ed auto alimentante, leffetto potrebbe nei fatti presentarsi energicamente rivoluzionato: non cio escludibile che, una volta evocate, possano tornare ad affluire e concentrarsi in quelle stesse figure dissenzienti quelle energie senza tempo oggi sommerse, che, se rettamente sublimate, permettendo unalterazione sub specie interioritatis dellUomo, renderebbero a lungo andare di nuovo possibile la creazione (o il recuperodipende dai punti di vista) e la trasmissione di una memoria cromosomica integrale, incardinata e vivificata in una Comunit orgogliosamente Differenziata, territorialmente e temporalmente circoscritta, ma pur sempre fatta di Uomini Nuovi (Essere nel tempo Stirpe del Graal?). A ciascuno dei suaccennati generi vocazionali e per tornare quindi al lato pratico del nostro progetto dovr di conseguenza corrispondere funzionalmente un insieme, congegnato ad hoc in modo del tutto convenzionale, ove andranno a posizionarsi di volta in volta gli Eretici in base alle scelte espresse al momento del loro ingresso nella Torre. Sia ben chiaro: tutti parimenti riuniti sotto legida di una comunitaria Visione del Mondo (Limen Sacrum), e irrobustiti dal medesimo plenario obbiettivo, quello al di l delle iniziali propensioni di ciascuno di trasmutare la realt, mediante la costante sperimentazione della volont di trascendere se stessi. Nessuna pressione, in definitiva, ai singoli Eretici al varco della soglia, salvo una solenne presa dimpegno, un franco e tenace atto di risolutezza, cui dovr conseguire, da parte di ciascuno, la rassicurazione di fronte agli altri, del tentativo di superare con abnegazione giorno per giorno le proprie individualit e limitatezze, e quindi travalicare lappartenenza al proprio cerchio in nome del supremo progetto comunitario: coin52

volgere e legare indissolubilmente in un unico Destino tutti i dimoranti nella Torre (Sodalizio come Comunit di Destino piuttosto che Comunit di destini).

7. Cerchi compenetranti: struttura e dinamiche

Nel primo cerchio, quello esistenziale, andranno cos a collocarsi gli Eretici che per loro iniziale scelta, intraprendessero la ricerca di una esistenza lontana dalle astrazioni concettuali dorigine ideologica e razionalistica, mediante lemancipazione dalle finzioni economicistiche, e la ripulitura dalle sovrastrutture dordine sociale, politico o religioso, stratificatesi nella psiche per ereditariet o nel corso dellesistenza (a titolo esemplificativo e non esaustivo: nozioni di Stato, di Patria, di Nazione, di Classe, di Razza, etc.). Solo lesser vivi grazie alla forza delle proprie braccia, e lesser Uomini a prescindere da tutto e da tutti rilever; solo la tangibilit dei rapporti individuali, reali, sensoriali coi propri sodali conter. Uniche regole vigenti, tra costoro: lo sforzo di esistere secondo la pura Volont, piuttosto che secondo una volont derivata, indotta, rimodulata, di natura filosofico ideologica;, ed il mantenimento della promessa iniziale di tentare uno slancio, con laiuto dei sodali degli altri cerchi, verso la differente esperienza della ricerca di qualcosa che vada oltre il fenomenico. Nel secondo raggruppamento, il metafisico spirituale, si posizioneranno invece coloro che hanno di fatto gi metabolizzato e oltrepassato la dipendenza dai fenomeni psicosociali contemporanei, avendo sviluppato la riservata imperturbabilit per ogni manifestazione dellumano operare. Sono coloro che, non abbisognando pi di teorizzazioni, n di convincimenti escogitati da terzi, incedono spontaneamente, maturando perci la necessit di volgere la ricerca al proprio interno, intraprendendo un percorso di crescita spirituale, seguendo la via iniziatica pi consona alla propria natura. I soli precetti a cui si dovranno attenere gli aderenti a tale insieme, consisteranno pertanto nellimpegno a lavorare sui personali istinti
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e limiti, alla ricerca di una Verit non scritta (piuttosto che assecondare la propria, di verit), sforzandosi altres di coniugare lesercizio ed il rigore interiore, con il tirocinio esistenziale comunitario, non precludendosi cio limiti alla conoscenza volgarmente e letteralmente pratica delle dinamiche del Sodalizio, per mezzo della operosa interazione con gli altri Eretici. Seppur partendo da ben altri presupposti, incommensurabilmente distanti da quelli di cui si sta qui discutendo, probabile che ad una tale aspirazione di pluri contestualit San Benedetto a buon diritto alludesse, quando coni per i suoi monaci laurea regola dellora et labora. Per dare in sostanza allintero Sodalizio un senso compiuto, quindi irrimandabile che coloro i quali si riconoscano in un insieme di valori fondanti, medino le rispettive vocazioni attraverso uninterazione vicendevole, che non pregiudichi nellimmediato le rispettive priorit, ma non escluda anzi promuova nel contempo la possibilit di pi o meno prossime, biunivoche integrazioni. Cos, i sodali con vocazione prettamente esistenziale saranno liberi di vivere secondo la propria intima inclinazione, con tuttavia la precisa assunzione di responsabilit e la garanzia di adoperarsi per evolvere dal proprio cerchio, sforzandosi di intraprendere temerarie incursioni verso il metafisico. Viceversa, i sodali che ritengono al loro ingresso nel Sodalizio prioritaria la realizzazione spirituale e lincoraggiamento dellimpeto verso il trascendente, dovranno obbligarsi a coniugare la propria ambizione con la concretezza della vita comunitaria. Affinch un simile virtuoso meccanismo venga messo in moto, tuttavia indispensabile un preventivo intervento combinato sui predetti gruppi, da parte di chi serba in s il germe alla duplice inclinazione, perch potenzialmente tendente alla completezza. Veniamo pertanto al terzo insieme, quello degli esistenzial metafisici (chiedo perdono per lespressione per nulla eufonica!), ai quali, oltre al fattivo perseguimento dei fini e delle azioni su esposte, in quanto intrinseci agli altri due cerchi, spetter:
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in via preliminare il dovere, con lesemplarit e/o il consiglio su base empirica (e soprattutto senza che a tale azione si sottenda alcuno status di preminenza), di dare il la allinterazione tra le restanti categorie di Eretici. Affinch si dimostrino allaltezza di questo delicatissimo compito, avvalorando altres la certezza che la posizione assunta sia coerente con lo zelo profuso, ciascuno di essi dovr letteralmente tenere un registro ove annotare tutte le sperimentazioni, i punti di partenza e le risultati ottenute, allo scopo di comparare il tutto con identiche operazioni svolte dai propri compagni di cerchio. Tutto ci, al fine di creare un flusso costante di impressioni e di empiriche consapevolezze, mediante le quali ritoccare, tarare, accomodare gli svolgimenti che stanno alle fondamenta della Torre; successivamente, il compito di teorizzare e coordinare sia le dinamiche attuative della logica del passaggio dalleterogeneit allamalgama, sia la puntuale formulazione di quelli che saranno i principi del Sodalizio come dottrina filosofica e/o metafisica, e che avranno il compito di attirare dal mondo esterno nuovi Eretici. Spetter a costoro, dunque, lardua incombenza di creare, affinare, discutere, ed applicare tanto i processi che permetteranno di traghettare i membri pi idonei, degli altri insiemi tra le proprie fila, quanto la (transeunte e meramente funzionale) sovrastruttura alla base del Sodalizio.

8. Fattori condizionanti e potenziali effetti

In una siffatta ottica di progressiva, vicendevole compenetrazione e selezione, ovviamente, si svelano gli imprescindibili presupposti fattoriali da cui dipende la messa a regime del nostro progetto: fattore tempo: il Sodalizio necessita di gradi e fasi realizzative di ampio respiro, di coinvolgimenti e di convincimenti, di interdisciplinarit e di sperimentazioni tanto individuali che collegiali; fattore spazio: il Sodalizio ad un certo momento della sua evoluzione render indispensabile la presenza di un luogo fisico, di un la55

boratorio ove plasmare e testare le eclettiche attivit del gruppo. (Buona) parte dellenergia degli Eretici, dovr pertanto indirizzarsi anche nella ricerca e nelledificazione figurativa, materiale della Torre, di questo Locus Alchemicus, di questa Terra del Nulla, ove si sperimenter la morte per rinascere differenti ed interi; fattore meritocratico: solo i migliori andranno avanti. Nessuna preclusione aprioristica alle inclinazioni individuali, nessuna logica di casta, massima libert di realizzarsi. Coloro che stanno nei cerchi caduchi, dovranno tuttavia guardare, prendere ad esempio e collaborare diligentemente gli esistenzial metafisici, poich la costruzione che si ha in mente di realizzare, si regge su una forza squisitamente centripeta. Parimenti, questi ultimi dacch aspirano alla completezza, debbono consapevolizzare e patire linsostenibile peso dellesemplarit, e conseguentemente darsi quale perno del proprio agere la coerenza e la nitidezza che solo la sincerit verso s e verso gli altri pu comportare. Solo la combinazione di questi fattori, insomma, insieme alla perseveranza nel raggiungimento dei rispettivi obbiettivi, consentiranno agli Eretici di trascendere individualmente ad uno stadio alchemico superiore, preludio, a pieno titolo di una seconda nascita, e di riflesso di una trasmutazione della realt circostante.

9. Epilogo

Mi sono pi volte chiesto se quanto fissato in queste righe frutto, in realt, di considerazioni e di intuizioni non sempre personali, quanto piuttosto di inconsapevoli, postume rielaborazioni di interminabili discorsi, e di scambi avuti nel tempo con persone affini per spirito e vedute possa avere un giorno una qualsivoglia conseguenza. Se cos fosse ben venga... Ma se al contrario tutto rimanesse come prima, non me ne cruccerei egualmente pi di tanto: come non possibile teorizzare un oltre, perch nessuna teoria basterebbe a descriverlo, allo stesso tempo sarebbe assurdo pretendere di architettare un sistema che ivi conduca.
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Sappiamo solo (e questo lo possiamo affermare con certezza, poich tutto incede a favore di ci, a prescindere dalla impressionante banalit, sotto il versante logico razionale, di una tale affermazione) che un oltre vi sar. Ovvio poi che, se non si pu discutere di qualcosa, perch non se ne ha contezza. Tuttal pi pu solo esservi la confusa intuizione di un qualcosa che ci piacerebbe che fosse, ma del quale ripeto nulla in verit si conosce, e che pertanto non pu a ragione neppure tentarsi di qualificare. Forse forse, anzi, non converrebbe neppure sperare. Conviene soltanto fare, tacere e stare a guardare

pp. 34-35 Dtournement de Il giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David (1784), V. N. p. 44 Neubrandenburg, Caspar David Friedrich p. 49 Italian Coast Scene with Ruined Tower, Thomas Cole, 1838 p. 51 Torre di Babele, Maurits C. Escher, 1928

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CINISMO,
E

SUPEROMISMO
DE NOANTRI
il castigator cortese
pensieri e invettive de

MESCHINIT

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NELLEPOCA DIGITALE

La pi alta forma dimoralit sentirsi degli estraneI incasapropria.


T.W. Adorno
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1. Sono tutti cinici con le vite degli altri

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La saggezza dellesperienza, quella che si sedimenta col tempo e con la presenza sul campo in molteplici contesti, vuole che, per vedere realmente di che pasta son fatte realmente le persone, bisogna dar loro un po di potere. In quel caso vedremo i lati peggiori, i pi oscuri e pi tristi aspetti dellanimo umano: e non parlo solo del classico esercizio della violenza e della crudelt fisica o psicologica, ma di un aspetto molto pi pericoloso e disgustoso: la meschinit e i facili moralismi di ogni risma.

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Ora, sorvolando sui massimi sistemi, vorrei toccare degli argomenti quotidiani, le piccole meschinit di tutti i giorni: sono queste, infatti, che nella societ di comunicazione globale creano la massa critica che contribuisce a degradare ulteriormente la societ e lanimo umano. E che mostrano la faccia autentica delle persone, their true colours, come viene efficacemente espresso dai perfidi omini dAlbione. Beh, quale potere pi grande, in questera di internet, social networks, tweets, dellanonimato e del filtro relazionale della societ digitale? Nella scorsa decade abbiamo assistito al sorgere incontrastato dei guerrieri da forum, gente pronta a postare qualsiasi opinione, spesso non fondata su alcun fatto, per calunniare, infamare, litigare, protetti dalla distanza siderale stabilita da uno schermo e una tastiera. Oggi ancor peggio, grazie a mostri come Facebook che permettono la diffusione di idee di ogni tipo, incluse insulsaggini come il fenomeno dei meme, immagini satiriche o umoristiche (sic!) che si diffondono come virus. Si parte da satire qualunquiste, frasi sdolcinate e le classiche italianate (forcaioli pacifisti, ignoranti che condividono satire contro la ka$ta, vabb le solite cretinate) fino ad arrivare al cinismo trendy e fico, che fa tanto vero duro: foto con bambini down che vengono presi in giro, immagini di incidenti mortali con battutine divertentissime (che alle medie mi ricordo gi guardavamo con disprezzo), insomma, tutto ci che fa capire come gli utenti che le creano e le commentano siano dei veri veterani del black humour, avvezzi e rotti a tutte le asperit del mondo. O no? paradossale che il potere di cui si parlava nellincipit di questo intervento si riduca a questo: il potere dellanonimato. Che sia causa o effetto, il mezzo digitale amplifica la meschinit e fa del cinismo un esercizio di potere. Vabb, finora niente di nuovo. Quello che queste nuove tecnologie dimostrano quanto contagiose siano le idee marce e quanto poco ci mettano a diventare lo status dominante, ma non tutto. Quello che la meschinit ed il cinismo dellera dei social network dimostrano quanto questo sia un potere basato sul
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dogma imperante del dibattito virtuale: lassenza di contraddittorio. La frustrazione dello stile di vita inumano della civilt odierna si manifesta nelluso costante dellinsulto, della minaccia e del turpiloquio in qualsiasi occasione, ma ancor peggio questo cinismo frutto della mancanza di contatto umano, quindi del naturale timore che ogni assemblea umana instilla nei suoi partecipanti. Leroe da tastiera imperversa in quanto forte della sua autarchia digitale; lesercizio del suo potere basato sul cinismo esiste in quanto autoreferenziale: limmagine viene postata, ogni mi piace e ogni commento favorevole sono iniezioni di autostima al suo ego gonfiato da elio scaduto da tempo; ogni critica seppellita da tonnellate di insulti e minacce che, probabilmente, non ha mai proferito a voce in vita sua. Questo potere basato sullassenza del contraddittorio solo leffetto finale nella piramide delle associazioni umane ed ovunque vi sia un privilegio di interazione. Mi spiego meglio. Nel 99% dei casi, il meschino, il cinico da internet la classica persona frustrata, mediocre nelle sue relazioni umane, insoddisfatto da vita professionale o sentimentale, o entrambe. una persona che non sa gestire in alcun modo i conflitti, da quelli minimi e fisiologici ad una vita sociale regolare a quelli ovviamente di ordine di grandezza superiore, che lo atterriscono. E di nuovo: fin qui nessuna novit. Il problema che il detto inglese fake it until you make it (praticamente, fa finta di essere qualcosa finch non ci credono tutti, che poi diventa reale, libera interpretazione mia) si dimostra nuovamente un assioma oggigiorno pressoch infallibile: la persona internettiana, corazzata dallaura di invincibile perfidia digitale, fa acquistare a questi individui una falsa coscienza di invincibilit: quando si trovano poi a confrontarsi con problemi e contraddittori reali, sono sinceramente sconvolti e ovviamente giungono alla conclusione che tutti sono stronzi, e loro invincibili. Nei miei studi sulla criminalit organizzata, in particolare in quella che possiede una sua sorta di status cultural-polare, come la camorra napoletana (sarebbe dobbligo il plurale, ma vabb) o
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la micro-criminalit di luoghi ricchi ed annoiati (il milanese, alcune zone della Toscana), sono visibili tratti simili. Nel caso della camorra, il suo monopolio incontrastato ed incontrastabile della violenza porta ad un senso di invincibilit dei suoi appartenenti: sono fin da piccoli abituati a poter esercitare potere e dominio su tutti, in quanto limpotenza nella reazione allabuso quasi genetica a Napoli e provincia (se reagisci, la pagherai con gli interessi). Se fino agli anni 80 la violenza quotidiana era molto rara, in quanto la camorra era fondamentalmente un classico tipo di criminalit organizzata clandestina, a partire dalla fine degli anni 90 in particolare essa ha assunto uno status culturale fortissimo, grazie soprattutto alla glorificazione del criminale nellhumus sociale italiano toutcourt, e anche grazie allavvento delle nuove tecnologie (no, non che sono fissato, sto solo constatando, giuro!), che hanno permesso un networking molto intenso e una finestra di evidenza delle proprie gesta (YouTube, Facebook, ecc.). Ok, mi sto dilungando. Nuovamente. Quello che voglio dire che possedere il monopolio di qualsivoglia energia distruttiva (fisica o psicologica) non vuol dire saperla padroneggiare. Cos come il gran duro di internet non sa reagire ad una semplice critica, cos il criminale non riesce pi a comprendere la possibilit del ritorcersi della violenza sulla sua persona. Sono passati i tempi dei Dillinger o dei criminali italiani del dopoguerra, che sapevano benissimo di essere in una guerra dove potevano essere sia carnefici che vittime. Nellepoca dove licona del criminale Fabrizio Corona o il cantante neo-melodico dallaria effeminata, il criminale glamour non sa reagire alla violenza. I dati sono chiari: fino a venti anni fa agli agguati di camorra le vittime reagivano, scappavano o morivano con diversi gradi di consapevolezza e dignit (virgolettato dobbligo), oggi sono comunissimi i resoconti di vittime che scappano urlando mentre piangono, strepitano: non riescono a realizzare cosa sta capitando loro (e parliamo spesso di pluriomicidi, gente che dovrebbe ben conoscere le consuetudini della sua professione). Cosa vuol dire? Vuole dire che
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manca del tutto lidea di opposizione, di conflittualit, manca la coscienza del proprio agire. Il parallelo tra i criminali e gli eroi da tastiera sar un po arduo da afferrare, ma secondo me pregnante. Ma passiamo ad altro tasto dolente.

2. Sono tutti nichilisti con le apocalissi degli altri

Altra categoria che tanto danno arreca al mio spirito e a quello dellinconscio collettivo sono gli alternativi. Solo questo lemma mi fa rabbrividire. I diversi, quelli che sono superiori, loro che sanno come vanno le cose e soffrono tanto, perch la vita sorride ai mediocri e deride gli eletti. Quelli che a ogni pi sospinto invocano guerre (ma ne hanno mai vissuta una? Sanno che significa?), carestie (ma non riescono neanche a fare una dieta), pestilenze (ma allora quegli stati di facebook sul maledetto raffeddore? Colpa del Kali Yuga?), lestinzione del genere umano (ma loro che sono? Rettiliani? Non ditelo a David Icke). Sar che sono un rompiscatole, ma a me chi si lamenta di continuo, sottolineando la sua superiorit e la sua sofferenza a vivere tra i subumani ha sempre dato unimpressione di debolezza inerente. Un po come quei gruppi black metal che negli anni novanta dicevano nelle interviste Io adoro Satana, cosa ha fatto Dio per me?: ma che cazzo vuol dire, che , il clientelismo metafisico? Se Dio mi dava un posto al comune un pensierino ce lo potevo pure fare col Cristianesimo. Insomma, gli Scilipoti della lotta cosmica tra bene e male. Bah. Io fortunatamente non sono un essere superiore, e sebbene sia insofferente a tantissima gente che mi sta intorno (e questo articolo ne una prova), non che mi ritenga un eletto. Chi parla della mediocrit imperante ha ragione forse la prima volta, non la centunesima. Perch, per il ragionamento di sopra sui cinici da tastiera, a furia di ripetere gli altri sono mediocri, fa tutto schifo, il mondo del kaliyugacattivo mi ferisce non si fa in realt altro che sottolineare e con65

vincersi di quanto si sia speciali. Ma siamo poi pronti a prenderci la responsabilit di questo? Io non dico che bisogna essere amore e fiori e foto di gattini con tutti, ma dobbiamo essere onesti con noi stessi. Va bene criticare, individuare e colpire ci che riteniamo sbagliato, ma a furia di parlare delle masse ignoranti, degli idioti che ci circondano, dei mediocri che ci rubano le donne e i posti di lavoro, rischiamo di perdere di vista degli interrogativi fondamentali. Ovvero: ma siamo sicuri che non ci sia stia impantanando in una spirale autoreferenziale assiomatica (tutti sono cattivi, io sono buono, quindi io sono il migliore)? Questo ci impedirebbe di assolvere lunico imperativo categorico di chi si ritiene estraneo al vivere moderno: migliorarsi. Lo sfogo, la critica, ci sta: ma prima forse si dovrebbe pensare ad esami di coscienza periodici, a quelli che io chiamo i miei auto-rompimenti di bolas, e rispondere alle domande: cosa sto facendo io? In cosa devo migliorare? Lo sto facendo? In cosa sono migliore di chi critico?, e soprattutto: Se fossi nei panni di tutti i mediocri e non-eletti che detesto, sono sicuro che in ogni situazione e in ogni contingenza mi comporterei diversamente? Chi non si pone queste domande, e beh, allora mi sa che sulla strada sbagliata. Questo il senso della citazione di Adorno che ho posto allinizio di questo intervento: non ci culliamo nello sviolinarci a vicenda (con noi stessi e i nostri sodali), ma rendiamoci conto che ogni luogo nostro e non lo allo stesso tempo, inclusi i successi e gli insuccessi, le sensazioni di superiorit e quelle di inadeguatezza. Non sentirsi mai a casa propria significa avere sempre unattitudine problematica ma creativa: capire che tutto muta e noi, se vogliamo cambiare, dobbiamo mutare ed evolvere. Lamentarsi non basta. Lo stesso discorso vale per le invocazioni di apocalisse (zombie, nuclerare, guerre qua, guerre l). Facciamo attenzione: ricordo un versetto del Talmud che mi colp molto, e che, cito a memoria, faceva pressappoco cos: I brutti pensieri portano a brutte riflessioni, che portano a brutte azioni. Nonostante i tempi infami
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che si vivono, compito di chi si ritiene ad essi alieno lottare sempre per unalternativa, per ci che si ritiene giusto. Lapocalisse redentrice troppo facile, ci solleva dal fardello dellazione quotidiana. Al riguardo, voglio riportare un passo molto toccante tratto dalla trilogia dedicata alla disciplina tantrica Aghora, di Robert Svoboda. In questo passo, lallievo parla con il suo maestro (che egli non sa essere a pochi giorni dalla morte), che particolarmente ispirato dalla sua dipartita dal mondo materiale gli confida profezie e intuizioni sul futuro, unitamente ad un consiglio che si istillato profondamente nel mio cuore: [] lIslam scritto che durer solo millequattrocento anni, che sono gi trascorsi; e se bisogna credere alle profezie di Nostradamus, il Cristianesimo finir dopo duemila anni. Neppure Buddismo e Jainismo saranno risparmiati da questo processo di spulatura. Date veramente peso a queste profezie?. No, e non dovresti dargliene neppure tu. In effetti, devi stare attento perfino a non dare forza a queste profezie quando le nomini, perch anche quello karma. Quello che voglio dire che queste profezie concordano sul fatto che il mondo in generale sta degenerando. nostro compito evitare di degenerare con esso, senza peggiorare le cose nel mondo. Tutti coloro che temono la fine del mondo la rendono di fatto pi vicina con la loro stessa preoccupazione. Farebbero meglio, per loro e per il mondo, a passare il tempo a ricordare Dio []1. E dopo quello che disse Vimalananda nel giugno del 1983, non posso dire proprio pi niente.

Le illustrazioni che corredano il presente articolo sono Proiezioni mentali del vostro ego digitale, ergo non esistono

1 Aghora III: la legge del Karma, pp. 333-334. 68

vinz notaro

il caso

0. Sullinesistenza del pubblico

Si distingue unopera darte soltanto se percepibile quel quid di incompatibilit con il mercimonio odierno. Sembra un monito, e lo , ma un vanto. Il fatto che a volte il sistema del business veicoli per errore capolavori dellestremismo musicale, solo una voluta coincidenza. Voluta da chi, fuori dal cerchio del tempo, dedica la sua vita a quella via regia che larte, quella rarissima arte ancora capace di trasformare chi ne partecipa. Chiariamoci subito, potremmo quasi dar per certo che tutta larte che conosciamo arrivi a
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noi grazie ai voleri del tanto spregiato mercimonio, anche quella buona parrebbe pervenirci da l, quandabbia gi disintegrato listanza vitale del desiderio1, spentala nei narcisismi di massa senza patria e nei vaniloqui fatti di stracci di linguaggio (parole, gesti, forme, colori, note) processati, archiviati, filtrati, controllati dai media... mediati, mediocrizzati. Vedete, il pubblico un concetto inventato dal sistema: non esiste. Cos come non esiste la domanda ma soltanto unofferta fatta in maniera schiacciante che illude il pubblico anzitutto desser pubblico e poi daver formulato una domanda. Immaginate quanto si debba mediare la bellezza per poterla mercificare. Quale orrore, vero. Di contro questa apparenza c un fatto: larte una dea che richiede totale dedizione, vuole le venga sacrificato ogni gesto della vita. Anche mangiare. Anche lavorare, dunque. Persino vivere in questo mondo; vuole le si sacrifichi persino questo. E pi tale paradosso palese, pi larte ci apre le sue porte. Larte leresia kat exochen, abita e invera il paradosso, lega con un filo di sangue mondi incredibilmente diversi tra loro: quello delle muse, quello dei demoni, e quello delle cose. Si, cose come un CD, un bollino SIAE, cose come la cerca dei mille modi per farsi conoscere, urlando la propria esistenza liminale, imponendosi al rispetto altrui quando lonore sfida linfamia2 proprio il caso di dire , scegliendo dadorare Frau Musika nella sua manifestazione forse pi terrifica e tirannica, ispiratrice dun genere musicale estremamente fuori da regole stilistiche.

1. lidentit dei m.dA.E.

De facto, tale paradigma vale anche dal versante estetico: deve sparire lautorialit, dove per autorialit sintende identificabilit, al posto della quale occorre scegliere lidentit, e allora siamo veramente addentro quegli spazi remoti di abissi interiori3 che regnano nel cuore dellarte.
1 Cfr. La distruzione del desiderio nellepoca del narcisismo di massa, F. Ciaramelli, Dedalo, 2000. 2 Quinta traccia di Stelle senza luce. 3 Terza traccia di Stelle senza luce. 70

Non identificabilit ma identit, questo il paradosso di chi s assunto il difficile ruolo di vivificare il mito, continuando a inverarlo: un ritorno alle porte dellessere4 dove lidentit pi tenace attraversa la spersonalizzazione, penetra il mito, trasforma se stessa e trasforma chi ne fruisce. A questo livello la differenza tra un atto magico e un atto artistico sottilissima: delluna le formule restano segrete, dellaltra gli effetti. Movimento dAvanguardia Ermetico un progetto indefinibile, unidentit fortissima che esistendo spregia arrendetevi allevidenza gli acclamati sistemi di storicizzazione ed etichettatura che il mercato uso sfruttare per far breccia nelle sciocche menti comparative del pubblico. E qui debbo annotare con forza un concetto chiave: quel pubblico abituato a sentire elogi altisonanti, sterili tavole comparative che servirebbero neppure ad attribuire un valore di mercato (che non esiste) a uso di un pubblico (che non esiste) sfruttando la storicizzazione (che non esiste), noi lo disprezziamo massimamente. Lo disprezziamo in ambito musicale come in qualsiasi altro ambito artistico, e tale spregio costituisce la nobilt del nostro isolamento e aristocratico distacco5.

1. Lacrime degli di

Dopo Stelle senza luce, la recente uscita dei Movimento dAvanguardia Ermetico, Lacrime degli Di, a confermare questo notevolissimo progetto italiano, capitanato da Ans (al secolo Andrea Anselmo, qui alle chitarre, per noi gi valente militante eretico), come una delle esperienze pi intense e originali che le fornaci nere di Frau Musika abbiano mai forgiato. Un lavoro disastrosamente malinconico, dinanzi al quale persino chi era gi avvezzo alle melodie angosciose dei precedenti lavori si trovato impreparato. Ed questa la qualit che va ricercata in arte, un addestramento impietoso alle energie pi in4 Seconda traccia di Stelle senza luce. 5 Prima traccia di Stelle senza luce. Il titolo completo invero Decade di isolamento e aristocratico distacco. 71

tense, che o ti spezza o ti accresce realmente. Non tutta larte arriva per selezione dun sistema, per imposizione della domanda. Non larte eretica. Non larte estrema. Essa si muove su un piano diverso, che qualcuno potrebbe fraintendere per quellaccezione di underground eufemismo per i non arrivati al grande pubblico (che, ricordiamolo, non esiste), mentre qui finalmente restituiamo il vero senso al termine underground, ossia quello di oltretomba, musica che arriva da una precisa sfera mitopoietica. Quella infera, che passa dallestremismo melanconico allatrabile furente e ribollente, quella di un comporre dalle affilate forme estetiche, quella dei Movimento dAvanguardia Ermetico, che arriva ai suoi eletti, per affinit. Ci scandaglia quellapparenza secondo cui tutta la musica, inclusa quella affinata nel fuoco dello spirito, parrebbe arrivarci dallimposizione del sistema-mercato, e rende totalmente irrilevante se il prodotto sia un lavoro artigianale autoprodotto oppure se sia passato (elusivamente) per unetichetta o una casa discografica. Opere come Lacrime degli Di sono una chiamata che investe piani differenti da quelli illusori della domanda/offerta, investe i piani concreti delle rispondenze. E ci pu avvenire solo in maniera estrema, questo un punto nodale. Estrema non vuol dire violenta, brutale, rumorosa, sanguinolenta, come probabilmente siamo abituati a credere dai media. Estrema vuol dire che sta al di fuori di tutto, indi pu comunicare soltanto a chi s tirato fuori da tutto. Estrema, dunque, significa anche difficile, per scelta. La scelta di vivere in questo mondo senza per appartenervi, la scelta dessere intermediari, esuli danzanti, o per dirla con Ans, la ballata dei proscritti6. Ed per questo che Lacrime degli Di un continuo traversamento di linguaggi estremi ed estremamente differenti, un disco ermetico nel senso pi profondo del termine , un lavoro colto, capace di passare dal black metal cupo e scatenato a melanconici fraseggi post-rock, da
6 Sesta traccia di Lacrime degli Di. 74

giri epici a incursioni rumoristiche, effettistica studiata nei minimi dettagli, un album con uno stile unico e senza alcuna gabbia stilistica. Le chitarre esplodono in tonfi abissali, dove solo il rumore del nostro passo risuona nelloscurit7, note che spingono altre note nel burrone dei sensi, donde trasformate in una forza novella nutrono il cuore. Liriche chassalgono in un misterioso gracchiare saturnino e un momento dopo tutto risale con ordine e riflessivit, dal vomito melanconico in limpidissime citazioni, e le chitarre da nero sputo di lava si fanno pi ossessive e nitide, la possente ritmica di basso e batteria saddolcisce da inebriare. Un sole notturno che marcia8 sulle linee suadenti di canto e chitarre, disarmonie fuori dal black metal di maniera: questo un lavoro complesso, decadente, elegante, suonato da menti evolute e ispirate. Una dolcezza folle e tormentosa, tragica, senza nemmeno un istante di teatralit: possessione di maschere, dionisiaco delirante perfettamente equilibrato da purificante apollineo, alchimia perfetta tra le parti suonate ad arte e le tematiche profonde cantate nei testi. C tutto quanto si ama nella musica suonata, tutto ci che essendo estremo richiama lintensit e la radicalit delle emozioni incarnate e autentiche. Questalbum un capolavoro per stile, per invenzione, per raffinatezza e per potenza di spirito.

7 Solo il mio passo risuona nelloscurit il titolo della terza traccia di Lacrime degli Di, unepica piece di circa 14 minuti, nella quale i nostri danno il massimo, sia dal versante tecnico che emotivo. 8 Marcia del Sole Notturno la quinta traccia di Lacrime degli Di, uno dei brani pi intensi del disco che si apre e chiude con due brevi inserti di pianoforte dalle atmosfere sognanti. 75

dove la
i propri

rabbia
andrea ans anselmo

trascende

lesempio di due death metal band italiane


Bastard Saints The Shape of my will

limiti
Eroded Engravings of a Gruesome Epitaph
Dopo il suicidio artistico dei Morbid Angel, che con Heretic dimostrarono di avere poche idee e con Illud Divinum Insanus dimostrarono persino di averne di impresentabili, oltre che di non possedere grandi doti come latinisti abbiamo avuto modo di trascurare, il Death metal mainstream in favore di altre varianti. Infatti, se allesempio dei Morbid Angel che addirittura si presenteranno per il nuovo tour con una scaletta di soli pezzi classici, tanto per salvare il salvabile aggiungiamo la tragica fine dei Death e del loro storico leader, non ci restava che guardare allunderground. Ed da qui che iniziarono le, gradite, sorprese. Prima di guardare a tale scena sotterranea, ci preme sottolineare che non possiamo per comprensibili motivi di spazio affrontare limportantissimo fenomeno del Death Metal svedese, che contribu in maniera determinante al consolidamento del genere, anche se le punte massime di tale scena furono comunque raggiunte quasi sempre negli anni 90, mentre successivamente si assistette ad una progressiva commer-

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cializzazione delle band (Dark Tranquillity, In Flames, Hypocrisy) o allo scioglimento di altre (su tutti gli At The Gates), tanto per citare alcuni tra i tantissimi casi. Innanzi tutto, pur rivolgendosi ad un pubblico relativamente vasto, band guerresche ma dal serissimo spirito anti trend come i mitici Bolt Thrower o gli Hail of Bullets stanno dimostrando da anni che il Death metal in grado di riscoprirsi anche al di l delle solite tematiche gore e al tempo stesso mantenere un giusto equilibrio tra potenza, groove e violenta aggressivit. Poi se a livello di underground internazionale negli ultimi cinque anni possiamo riscontrare una notevole produzione da parte di band poco conosciute ma assolutamente dotate di importanti doti artistiche ci viene da pensare ai finlandesi Krypts, agli inglesi Grave Miasma e Cruciamentum, ai tedeschi Necros Christos e Venenum, agli spagnoli Teitanblood o addirittura agli incredibilmente maturi israeliani Sonne Adam anche a livello italiano si rintraccia un fertile terreno di coltura per florilegi marci, corrotti ma certamente affascinanti. Il concetto di underground, ed in particolare come questo si manifesta in ambiente italiano, stato argomento di studio di un pregevole saggio dal titolo Sub Terra Rock Estremo e Cultura Underground in Italia (1977-1998) di Eduardo Vitolo (Tsunami Edizioni) in cui il nostro mondo ctonio musicale veniva paragonato sia agli inferi di certe pratiche iniziatiche italiche arcaiche che allinconscio collettivo junghiano, ombra e serbatoio di idee dirompenti rispetto alla musica di consumo italiana. Un parallelo interessante che si pu riproporre come utile strumento non solo per comprendere la musica di nicchia in Italia ma anche per fissare la direzione generale presa dalle recensioni allinterno di Eretici del Terzo Millennio. Occupiamoci dunque della nascita di questi vitali organismi dai resti decomposti del Death Metal mainstream. In questo senso, gi a partire dalla omonima raccolta di demo, gli alessandrini Eroded, dimostrarono di non avere nulla da invidiare alle succitate band straniere, forti di una compre77

senza di tre elementi non banali: una produzione aggressiva e grezza, un riffing ispirato e una serie di liriche che pur rimanendo attinenti alla brutalit del genere lasciavano intravedere un livello di approfondimento linguistico non comune. Con il loro primo album ufficiale, Engravings of a Gruesome Epitaph, la brutalit si fa persino maggiore e il riffing pi granitico, diminuiscono i brani di facile ascolto per un assalto sonoro che per quanto impegnativo risulta tuttaltro che fine a se stesso. Infatti la prima, granitica, traccia, dal titolo Murderous Univocity, si apre con un distico di assoluto valore poetico, anni luce da certe scontate liriche del metal estremo: Mobilizing forces, anti relational symmetries, Invitation to the absence of the secret dimension of the ego Pushed to the borders of desert lands of the present future.

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Senza tregua, eppure senza per questo divenire un assalto insensato, gli Eroded proseguono con il loro marcio riffing verso una delle tracce pi significative dellintero disco, Ecpyrosis: Now the sun is black! Eclipsed light of knowledge denied by bleeding eruption of burned offerings. Sacrifices devoted to the void that will never be filled Nel complesso ci troviamo in presenza di un disco che colpisce per la sua mancanza di compromessi corroborata al tempo stesso da maturit, gusto e conoscenza del genere. Engravings Of

A Gruesome Epitaph risulta uno degli album death metal pi significativi degli ultimi anni. Ma occupiamoci anche di unaltra band dellunderground nostrano: i Bastard Saints. Formazione Death Metal attiva dal lontano 1997 ma che arriva al primo album solo nel 2012 con il potente Shape of My Will, che in realt circolava in formato promo sin dal 2008 ma che solo questanno ha trova79

to una etichetta disposta a dare la giusta veste ad un album di tale spessore tecnico. Questo dettaglio sottolinea la scarsa propensione di molte ancorch non tutte etichette a produrre band italiane. Ad ogni modo il prodotto si presenta non solo corredato da una azzeccata iconografia alchemica, argomento di studio inteso in questo caso certamente in modo approfondito, ma presenta una band le cui doti tecniche risultano di livello assoluto. Le coordinate sonore del gruppo lombardo rendono Shape of my will certamente di difficile digestione: i continui cambi di tempo, lincessante alternarsi di riff e variazioni ritmiche, la voce claustrofobica e antiumana creano una atmosfera di disagio crescente nella mente dellascoltatore. In questo senso emblematico il riuscito video realizzato per la traccia Thirteen Stab Wounds: in unatmosfera di decadenza futuristica e industriale la schizofrenia dei nostri esplode soprattutto nella persona del cantante, le cui esibizioni live sono un noto marchio di fabbrica del combo nostrano. In unepoca che vede, al crescere esponenziale dei mezzi di informazione, un raggelante e contemporaneo decremento della cultura musicale, guardare allunderground sforzo necessario per separare limprescindibile dal prescindibile, ci che prezioso da ci che di consumo, larte da ci che moda. Questo ci che ci promettiamo di fare su queste pagine mediante queste incursioni nei meandri notturni della musica estrema, proponendovi i tesori che stiamo rinvenendo allinterno di tali angusti passaggi.

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cervelli

marci lo sterminio
delle lingue
isabella figini

la grammatica, la stessa arida grammatica, diventa qualcosa come una stregoneria evocativa; le parole risuscitano rivestite di carne e dossa, il sostantivo, nella sua maest sostanziale, laggettivo, abito trasparente che lo veste e lo colora come una vernice, e il verbo, angelo del movimento che d limpulso alla frase.
Charles Baudelaire, I paradisi artificiali, 1860
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Povera grammatica, additata e scaricata in autostrada da innumerevoli cervelli marci che sincontrano inevitabilmente nella vita! ferita, sapete? Lo gravemente: continua ad incassare i colpi da chi non la sa governare; soffre il dolore delle correzioni apportate dai pochi che ancora non sanno come fare; subisce le conseguenze di chi esprime male ci che desidera affermare. Si faccia avanti chi pu esclamare che la grammatica non sia importante, che non serva e lo dimostri! Dimostri di saper parlar bene e dessere cosciente di ci che dice, senza che gli altri non fraintendano! Certamente semplice sottovalutare il suo potere, e quello delle parole di una semplice frase, su noi esseri umani governati dagli stati danimo. Anche senza accorgersene, sono proprio loro, le parole e la grammatica, che tengono in mano le redini del gioco durante le discussioni e i litigi. Per lo pi fraintendimenti tra significati e significanti, continuamente confusi e scambiati. Per quanto siano influenzate dai sentimenti e dalle emozioni, impegnate in un walzer della morte allultimo sangue, le discussioni muovono le proprie vele a piacimento dalle proposizioni che noi stessi pronunciamo. Per esempio, accade che un condizionale venga interpretato come un presente ( confuso il significato); oppure al posto dusare un condizionale, si esprima la frase per mezzo di un imperativo, (confusione di significante). Per quali che siano le influenze che ci dominano in quegli istanti, non fa male avere laccortezza di rendersi conto dellerrore, anche dopo qualche minuto, passato in solitudine e calma in fondo ciascuno ha i suoi tempi e modi per ragionare. Ne segue che i cervelli marci esistenti, sventolino parole come etica equit diritto despressione per tutelare limportanza della loro versione; cancellando de facto ogni possibile critica costruttiva, condannando come male il criticare stesso! Siamo il male, dicono? No, non si tratta duna questione di male o bene; lastensione dal giudicare lasciare i cancelli aperti allunica vera colpa dellumanit: lignoranza. Ci sono diversi dialetti e diverse lingue, ma la grammatica in comune
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resta una: se Erasmo da Rotterdam sostenne che esistono tante grammatiche quanti grammatici, ci probabilmente da imputarsi al bisogno di alcuni cervelli marci d imporre il proprio punto di vista, semplificando la sintassi al proprio livello di comprensione troppo faticoso arrivare a un punto di coesione, una comunione ufficiale, sulla quale si basa il concetto e il senso di societ. Cervelli marci che si lasciano annichilire e vincere dal senso di impotenza, incantati dalleco del desiderio dessere qualcuno, di sembrare importanti seguono la moda, cercano loriginalit in misere scelte, create per illudere la massa. Esseri ignari che nella loro ricerca di una individualit diventano esattamente la cosa opposta. Valori e principi vengono completamente capovolti: guai a parlar di rimboccarsi le maniche, in fondo roba daltri tempi! Nulla di contrario al cambiamento, purch rimanga avanzare e non regredire, finch mantenga una sua utilit e non acquisisca passivit. Delle cose esistono molteplici versioni, solo perch ci sono molteplici realt, tante quanti gli esseri viventi che parlano. Le differenze e il relativismo sopravviveranno sempre nelle loro forme variopinte, che cambiano da luogo ad ambiente, da educazione a famiglia. Ma una sola la versione ufficiale: lunico scopo della grammatica nella vita lessere un mezzo di comunicazione. Eppure i cervelli marci persistono nellintento di seviziare la lingua e trasformarla nella loro prostituta personale, modificandola dove e come pi conviene, non per senso ulteriore o per un radicale cambiamento sociale di usi e tradizioni; la deformano per capriccio e come un morbo, contagiano per il deperimento della forza di volont. In questi cambiamenti della lingua corrente, si riflettono gli scoraggianti atteggiamenti passivi della moltitudine di questi marci cervelli. Siamo animali sociali, conviventi, possediamo una presupposta intelligenza. La nostra natura presume lassumersi la responsabilit di comprendere ed indagare, assicurandosi di esser capaci desprimere ci che vogliamo dire. Se non si conosce luso di parole e funzioni gram84

maticali, ci sono modi per riempire le lacune, in primis applicando la propria forza di volont, migliorandosi. Occorre anche fare attenzione a non sottovalutare ci che stato appena scritto, per assecondare se stessi e la propria posizione. Una regola una misura valida per tutti e ammettere il proprio errore certamente pi nobile dellinsistere sulla propria versione dei fatti, volendo sostenere di avere ragione. Altro che porgere laltra guancia! Se proprio ci tenete a farlo, siate almeno consapevoli e cucitevi la bocca: smettete di lamentarvi delle vostre stesse scelte! Potete sempre reagire per amor proprio, fatelo se non altro con consapevolezza e autocritica. Ci che proferite ha effetto sugli altri e se voi non conoscete la grammatica nessuno mai vi comprender, n tanto meno reagir come vi aspettate. Quante volte vi chiedete al giorno ho sbagliato? A quale mia parola le altre persone hanno reagito e in che modo? Smettetela di pensare a tutto il male che avete subito dagli altri. Come lo subite, ne fate: non esistono angeli separati da demoni. I cervelli marci che non sono interessati al dare pi credito alla grammatica sono invitati a smetterla di accusare soggetti terzi di saccenteria e arroganza, smettetela di biasimare le cose se voi in primis non riuscite, o peggio, non volete coglierle. Se alcuni hanno fatto un passo avanti, vedono per forza le cose di un passo pi vicino e di un passo pi chiaramente; se siete incapaci e vi rifiutate a indagare su voi stessi, se non siete in grado di ascoltare altre persone senza interpretare tutto a vostro piacimento; se vi d cos fastidio il mondo ma non muovete un dito per cambiare, trovatevi un bosco isolato dove vivere da eremiti. S! siete liberi di scegliere, liberi di andarvene. Ma se vi sentite colpiti nellorgoglio, dovrete dar prova di non essere infimi, di valere di pi; dovete voi innalzarvi, troppo facile costringere altri al vostro livello. Ne avrete il coraggio? Affrontate legoismo naturale e inconscio, senza nasconderlo nel falso altruismo (che preorganizza la vita, come rotaie da cui non semplice deragliare, portandovi a concentrarvi sulla vostra
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sopravvivenza sentimentale). Astrarre da voi, dalla vostra personalit e dai sensi di possessione non un passatempo occasionale, si tratta di processi da cui non potrete tornare indietro, per quanto possiate decidere di interrompere. Non potrete mai scappare dal peso degli effetti che le proprie parole hanno sulla gente, sul mondo. Proviamo a scendere dal bel piedistallo che ci siamo creati, che tanta sicurezza ci ha donato: tentiamo il cammino sulla lava rovente; lasciamoci fucilare dalle nostre parole come fossimo noi stessi destinatari di esse. Sono cose non per codardi ed accidiosi - sia mai che qualcuno li turbi nella loro tranquillit vuota di imprevisti! lasciamoli nel loro castello di carta, preda delle loro illusioni; aiutiamoli a spegnere una volta per tutte il cervello marcio che possiedono: un cervello peggio di uno spento! Che continua a funzionare malamente, che diffonde ed accresce il suo marciume, che sincrosta intorno e poi dentro, per poi contaminarne un altro giovane ancora sano. Tu spegnerai il cervello o lo ripulirai dalle muffe?

pp. 80-81 Ambiguous, Christian Edler p. 83 La piccola torre di babele, Pieter Bruegel il vecchio, 1563 pp. 85-86 Cervelli marci, F. Marafin

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armarsi dentro, armarsi fuori: alla vita


iniziazione
ovvero
alessandro vivaldi

Senza prestabiliti ordini, in sin doggi, senza armi determinate, pugnato avete. [Inspirato] Tre mila militi facciano legione, quiti, trecento, siano ali! Ogni altra disciplina, le milizie ordinando, prescegliendo i capi. In torno a me qui venite, voi, che le armi onorate. [Molti armati, fendendo la moltitudine, gli si fanno da presso] Te, marziale nellaspetto, prescelgo ad armarti... [Aucno e Faustulo gli passano le armi] Questa la difesa sia del capo... porti il petto pi metallo fiero nei visceri che fuora, ma, questo, il nobile cuore pur ti difenda. [Fa indossare il pettorale]
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La caliga, calzi, atta a lunga via, a celare corsa... non per fuggire, ma per ruinar su nemici... [Consegna le armi] Tutto, te, protegga lo scudo! Alloffesa lontana i pili... alla propinqua lasta... [Fiero] e l ferro: a fendere! a trafiggere! Equiti! a voi: e parmula e tibiali. [Un quite tende le mani per prendere lo scudetto tondo e gli schinieri] Dien sempre corone le Vittorie allarmi che ti dono. Chi paventa: nudo, sia deriso! con verghe verberato! a punte di aste messo sia nante al nemico n pi abbia asilo fra noi - n muliebri sorrisi. [Pausa] Mio ferreo gregge, ecco il tuo pastore!

(IGNIS, Rumon, Sacrae Romae Origines)

Del testo teatrale di cui sopra, scritto sul finire degli anni 20 e sconosciuto ai pi, riteniamo essere due i punti importanti (o almeno, che ci interessano in questi brevi appunti). Il primo, lazione ordinatrice di Romolo, in quanto Rex, che fissa, delimita, cristallizza, solidifica la nuova societ nascente, Roma. Chiamando lessenza, dichiara la cittadinanza. Numerando i reparti, definisce la condizione di cittadino soldato. Armando lequite, ne definisce la funzione, la protezione, la sacralizzazione. Lazione del Rex, in questo caso, duplice: muta lapparenza esterna del cittadino in soldato, ma soprattutto ne guida un mutamento ontologico interno; lo inizia, letteralmente, alle armi. Questa duplicit (porti il petto pi metallo fiero nei visceri che fuora, ma, questo, il nobile cuore pur ti difenda) di cambiamento, di crescita, di trasmutazione, questo armarsi dentro, armarsi fuori, la chiave e ispirazione per queste brevi note che vogliono essere lo spunto per una pedagogia, o meglio, dei principi strutturali per la formazione dellindividuo. Non casualmente questa duplice corrispondenza ricorder leggi ermetiche e similari (i.e. piccola guerra santa, grande guerra santa), costituendo, infatti, una chiave di lettura non indifferente per una reale e sincera realizzazione della propria condizione umana.
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Vogliamo qui leggere quellarmarsi come un formarsi, addestrarsi, raffinarsi. Invero come unazione formativa e ordinante da parte dellindividuo su se stesso. Armarsi dentro: forgiare cio il proprio mutamento ontologico avviando dei processi di crescita che in primis sono spirituali e secondariamente emotivi e psicologici. Armarsi fuori: formare e ordinare strumenti e azioni volti allo scatenare i processi di cui sopra. In breve: prepararsi alla vita, affinare i propri strumenti, in vista di un completamento della propria formazione come esseri umani. Questo completamento va letto, ovviamente, nellottica del concetto di iniziazione ai misteri in ambito platonico: unico modo daltra parte di leggere leducazione dellindividuo in senso totalizzante: sul piano orizzontale, o educazione mondana, come sul piano verticale, educazione al sacro come valore fondante dellindividuo e del suo posto nel mondo. Va detto che questo articolo non vuole essere un discorso teorico: al contrario vuole partire da spunti pragmatici e reali, e sul medesimo piano del reale e del quotidiano vuole essere daiuto. Il postulato di base semplice: la formazione e la crescita dellindividuo nel senso sano del concetto non pu prescindere da due direttive dazione: la trasmutazione ontologica del proprio spirito, del proprio sentire, del proprio pensare (armarsi dentro) e lordinamento di azioni esterne che generino e al tempo stesso abbiano origine (armarsi fuori) dalla trasmutazione in questione. Queste due direttive dazioni sono sostanzialmente coincidenti e al tempo stesso parallele, apparentemente scisse ma profondamente connesse nel tempo e nello spazio, ma anche oltre di essi. Sono, in breve, lessenza stessa della nostra crescita come individui. La consapevolezza con cui tali direttive formative vengono espresse detta la consapevolezza che ogni individuo ha di s. Volendo ulteriormente definire questi due momenti, potremmo dire che larmarsi dentro corrisponde al mutamento interno generato dallesperienza, mentre larmarsi fuori corrisponde allo sviluppo di strumenti e azioni che da una parte possano esternare questo mutamento, e dallaltra generino
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un ulteriore progredire dello stesso, instaurando un cerchio infinito di crescita. Si pu dire che esistano tre modi di mancare tale sviluppo/crescita/formazione. Il primo, il semplice ignorare tale processo; ci comporta, altrettanto semplicemente, lapatia dellindividuo e il suo non crescere o, spesso, perfino il regredire. Le altre due modalit sono quelle che ci piace definire come sindrome di Rilke o del Tenente Sturm; questi due personaggi (autore il primo, personaggio autobiografico di Jnger il secondo) avvertono tutto lo scontro delle polarit dentro-fuori, non sincronizzate, nella dicotomia uomo dazione uomo intellettuale. Queste ultime due categorie corrispondono ad uno sviluppo non sincronizzato o non integrato delle direttive di cui andiamo parlando. Nel primo caso, ad un eccessivo sviluppo di moti interni, si rischia di essere dominati da passionalit eccessive in quanto non si hanno gli strumenti razionali ed esterni per modulare e sublimare i cambiamenti interni. Nel secondo caso, quando cio eccessivo uno sviluppo degli strumenti esterni, si avr uno sterile intellettualismo dettato da vanit, nonch una completa mancanza di aderenza alla realt del mondo. Andando sul pratico: una eccessiva esperienza di vita priva di agganci esterni genera un mutamento interno che non si in grado di controllare o di cui a stento ci si accorge poich, allesterno, non si sono creati i necessari strumenti per auto analizzarsi. Di contro, una forte preparazione di strumenti esterni sena delle esperienze di vita che mutino linterno, genera una totale sterilit. Nel primo caso si agisce, ma non si ha alcuna cognizione di s e del mondo, quindi non si cresce. Nel secondo caso, si conosce la teoria ma questa non essendo praticata non genera alcun mutamento o maturazione nellindividuo. Il primo caso genera uomini titanici, ovvero bruti essenzialmente stupidi. Laltro genera invece sterili intellettuali nozionisti sostanzialmente incapaci ed impotenti. necessario sempre ricordare che la formazione dellindividuo inevitabilmente connessa ai concetti di rito di passaggio e di iniziazione, che hanno sin dagli albori della razza umana il
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compito, appunto, di tracciare il viaggio di ogni singolo individuo a s stante cosi come il ruolo del medesimo nella societ: in altre parole il viaggio che porta alla scoperta di s e del proprio posto nel cosmo (sia sociale, sia universale). Questi riti di passaggio, questo concetto di viaggio, connaturato allessere uomini, e neanche le societ contemporanee, tanto votate alla desacralizzazione, sono riuscite ad estirparli. Tuttavia, hanno fatto in modo di deteriorarli tanto da renderli per lo pi inutili o addirittura nocivi. Lattuale modus vivendi quindi giocoforza ancora imbevuto di riti di passaggio, che per non equilibrano e formano lindividuo come dovrebbero. Due di questi riti, tanto per fare degli esempi, potevano essere fino a pochi anni fa il servizio di leva e la laurea. Momenti di passaggio che avrebbero dovuto costituire lentrata del/la giovine nel mondo degli adulti, cos come il battesimo per i cristiani il momento in cui il fedele entra nella chiesa. Momenti per i quali si veniva preparati interiormente ed esteriormente. Momenti che sono ovviamente stati, a livello di contenuto, soppressi. Paradossalmente, in ambiti ancor pi degeneri per pi semplice trovare riti di passaggio ancora significativi: pensiamo alle iniziazioni nelle gang criminali (ma anche nella grande criminalit organizzata). Rimangono quindi, per cosi dire, delle vestigia diniziazione e di riti di passaggio, privi per di contenuto: non muta lo status ontologico dellindividuo (non portano una maturazione dellessere) e al tempo stesso non portano gli strumenti di conoscenza esterna che lindividuo necessita per comprendere se stesso e il mondo. Da una parte abbiamo bruti senza cervello, dallaltro abbiamo cervelli incapaci di agire. Nel mezzo abbiamo la massa informe di coloro che in definitiva non crescono o peggio ancora, preferiscono non farlo (sarebbero i Murtans puri, per chi ha letto i nostri precedenti numeri). Ad ogni modo, primo passo che riteniamo imprescindibile per ricominciare un lavoro su di s, intrapreso su entrambi i fronti, quello della rimozione delle categorie apparenti. necessario cio capire ed intuire che, nellattuale societ, determinate categorie esterne non corri94

spondono necessariamente a categorie effettive. Esempi: la laurea non porta necessariamente ad una cultura superiore n sottolinea unintelligenza sopra la media; un lavoro da dirigente non equivale ad essere intrinsecamente un capo; saper disegnare non equivale ad essere un artista; svolgere azioni estreme non significa essere coraggiosi; viaggiare molto non significa essere maggiormente aperti e maturi rispetto a chi non viaggia. Cerchiamo di analizzare in breve gli esempi di cui sopra. Il laureato medio di oggi palesemente ignorante, nel buon 90% dei casi incapace perfino di scrivere in un italiano decente. Questo perch il percorso che lo ha portato al rito di passaggio il conseguimento della laurea non stato sostanzialmente formativo. questa mancanza di formazione e quindi di selezione che rende la laurea un mero pezzo di carta cui si arriva sostanzialmente nella stessa ignoranza con cui si approdati anni prima in ateneo. Quando vi la formazione, essa invece sostanzialmente nozionistica: si impara a memoria il libro, si prende 30, si rimuove ogni cosa, impendendo qualsivoglia pensiero stimolato dallo studio. Un lavoro da dirigente: anche qui fallace il percorso formativo, in quanto non si arriva al comando attraverso un viaggio che insegni quali siano i doveri inerenti tale funzione, ma si viene selezionati sulla base di pezzi di carta che non indicano leffettiva realt dellindividuo, o tramite raccomandazione. Saper disegnare non significa essere unartista, cosi come esprimere concetti incomprensibili senza saper disegnare: discorso che si pu applicare un po a tutto il campo artistico, facilmente intuibile; sviluppare una tecnica senza aver maturato alcunch da dire, rende completamente inutile tale tecnica relativamente al fine di essere un artista (qualsivoglia cosa si intenda per artista). Svolgere azioni estreme: caso che ricade nellesperire la vita senza avere gli strumenti per sublimare la propria crescita. Il che spiega perch generalmente le azioni ardite ad oggi siano per lo pi, semplicemente, azioni stupide o di totale appannaggio degli stupidi (curioso ed emblematico sempre per chi scrive, tanto per dirne una, il fatto che ad oggi la
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truppa della Folgore sia composta da ignoranti rispetto agli studenti universitari dalla quale era composta alla sua fondazione, con conseguente ampia differenza di interpretazione dellessere uomini di quelli di allora e quelli di oggi). Viaggiare molto non significa essere pi maturi di altri: altro caso che ricade nellesperire la vita senza avere gli strumenti per interpretarla, il che spiega come mai molti giovani, pur avendo speso allestero interi mesi, oltre a non aver imparato nulla, tornano peggiori di prima o comunque affatto maturati. inutile, in definitiva, intraprendere azioni senza averne piena coscienza, poich tale coscienza, origine o conseguenza delle azioni, la chiave che fa girare la serratura della maturazione e della crescita. Per avere piena coscienza delle azioni, nostre e del mondo (diremmo: eventi e cambiamenti dentro e fuori di noi), dobbiamo sviluppare degli strumenti che interagiscono con lesperienza, leggendola ed interpretandola, generando un movimento continuo: esperienza-pensieroesperienza-pensiero che si sovrappone in continuazione fungendo da motore della crescita. A grandi linee potremmo ridurre questi strumenti a tre concetti portanti: Cultura, Volont, Sensibilit. Per Cultura intendiamo qui la conoscenza generale del mondo e delluomo, della loro storia e del pensiero. Essa , sostanzialmente, il bagaglio individuale, larchivio allinterno del nostro cervello sulla base del quale leggiamo le nostre esperienze attraverso la logica, la similitudine, il confronto, la comparazione. Maggiore sar la quantit di informazioni in questo archivio, maggiore sar la nostra capacit di essere aperti, ma soprattutto di discernere tra giusto e sbagliato, lecito e illecito, buono e cattivo. Ancor di pi, maggiore sar la nostra cultura, altrettanto maggiore sar la nostra capacit di leggere il mondo con tutte le sue sfumature. Di contro, maggiormente infima sar la nostra cultura, ancor di pi lo sar il nostro comportamento, poich saremmo chiusi di mente, bigotti di coscienza ed ipocriti dello spirito. Andiamo sul pratico, che di questi tempi utile. Una persona che ha una pessima conoscenza della storia politica, o viziata, o di parte, sar sostanzialmente
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incapace di intraprendere azioni politiche serie. Una persona sostanzialmente ignorante circa le condizioni geoeconomiche, sar incapace di intraprendere politiche economiche serie. Una persona ignorante in ambito umanistico, difficilmente avr confidenza con i meccanismi del pensiero umano e quindi sar incompetente nello gestire le persone che cooperano al suo fianco. Una persona che non conosce minimamente la cultura sostanzialmente incapace di relazionarsi seriamente e proficuamente con tutto ci che altro. Per Volont intendiamo qui la capacit innata o formata di prendere delle decisioni e di attuarle sulla base di un confronto con la Cultura, assumendosene ovviamente la piena responsabilit. Decisioni in primis inerenti la propria necessit di crescita, di scoperta, ma soprattutto di perfezionamento. Per Sensibilit intendiamo qui la capacit di identificarsi con laltro e la capacit di avvertire sul piano emotivo e non solo lesperienza del mondo. Sensibilit non quindi in senso patetico e romantico, ma capacit empatica di avvertire ci che abbiamo attorno. Capacit non logica di acquisire esperienza tramite lintuizione dellaltro. Un animo privo di tale strumento un animo sterile incapace di provare alcunch e soprattutto incapace di percepire la bellezza, che fondamento di buona parte dellesperienza umana. Ognuno di questi tre strumenti pu essere innato o pu essere generato. In entrambi i casi, va costantemente affinato. Il primo principio delliniziazione, e della formazione in generale, che essa deve essere costante e senza limiti. Soprattutto, essa deve essere profonda e sincronizzata. Una formazione puramente esterna (diremmo: tecnica, intellettuale) senza un mutamento interno, realizza una persona superficiale. Un mutamento interno, senza la formazione esterna, genera solo persone stupide. Quindi, come evitarlo e a cosa volgersi per una corretta formazione? Innanzi tutto, il mondo di oggi, per quanto decadente, comunque foriero di grandissime opportunit di crescita (fortunati i vira che combatteranno in Kali Yuga direbbe qualcuno): piccole sfide quotidiane
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ma anche grandi eventi con cui relazionarsi. Non va e non deve essere in alcun modo snobbata la formazione umanistica, imprescindibile per la formazione di una Cultura che non sia sterilmente tecnica. Formazione umanistica che pu si trovarsi nelle Universit, a patto che vi sia nellindividuo la Sensibilit per distinguerne la bellezza e soprattutto ci che la differenzia da un mero nozionismo. imprescindibile lappropriarsi, in sostanza, di strumenti filosofici, storici, antropologici, etc. per interpretare tanto lindividuo come il mondo. Nel quotidiano anche ampiamente presente la possibilit di confrontarsi con laltro, inteso come tutto ci che diverso da noi, soprattutto per inteso come differenti culture. In questo campo, oggi, va detto ancora molto ed necessario poggiare le basi per una cultura che rispetti le differenze senza tentare in ogni modo (per repressione o per integrazione neoglobal) di sopprimerle a favore di un meltin pot a dir poco devastante per gli individui (e le culture). Soprattutto, il mondo offre ancora oggi tutte le esperienze necessarie a cominciare quel circolo di cui sopra, teso al miglioramento e alla crescita. Vivere la vita come una sfida, preparandosi ad essa, addestrandosi: questo dovrebbe essere lobiettivo. Mantenere la mente aperta, affinare costantemente con lo studio i propri strumenti, rendere efficiente il proprio corpo, ampliare il proprio linguaggio, viaggiare per conoscere laltro: questo armarsi dentro, armarsi fuori. Con buona pace di coloro che pensano di poter trovare la verit nella demagogia della rete.

La Vita un Assalto: lo Spirito lArma.


p. 93 La Vestizione, Edmund Leighton, 1901 p. 95 Satan and his Legions Hurling Defiance Toward The Vault of Heaven, James Barry, c. 1792-1794 p. 98 Donna-bugeisha, c. tardo 1800 p. a fianco Martial Dance, Gustave Boulanger, 1867. 100

Alzo lo sguardo. Le scale sono nere e ripide. Le percorro con gli occhi fino in cima. L il nero si staglia sulla cappa grigia del cielo come una ferita ancora fresca su pelle immobile. Non so dove sto andando n come sia arrivata fin qui. Non so niente. Intorno a me c solo pietra. Sono in una cava fredda e senza vento che posso lasciare solo salendo le scale. Comincio a salire. Non so dove finiscano. importante che continui a muovermi. Ne sono certa. Non posso rimanere ferma. Devo andare avanti. Ancora avanti. Solo un po. Non voglio rimanere nella pietra. Le scale sono la mia unica possibilit. Man mano che salgo il vestito che porto si fa pesante. una palandrana grigia che non posso togliere in alcun modo. sporca di non so cosa e non so perch la indossi; so solo che non posso toglierla. Comincio a reggerla con le mani. La sollevo oltre lombelico. Non posso sfilarla. Non riesco a staccarla dal collo. La reggo fra le braccia come un figlio di piombo e resto curva e nuda in salita. Non guardo in basso. Non guardo in alto. Non so dove sto andando. Le scale sono sempre pi ripide e il vestito sempre pi pesante. Se lo lasciassi andare ora mi staccherebbe di netto il collo. Me lo stringo forte al petto e vado avanti. Non posso fermarmi. Non posso lasciar andare il vestito. La mia testa. Questo viaggio. Non posso abbandonare tutto questo. Le scale sono di un nero appiccicoso e pregno. Il vestito sempre pi pesante e il nero delle scale mi trattiene i piedi. Sono sempre pi lenta. Non posso fermarmi. Stringo forte il vestito e vado oltre. Le scale sono appuntite. Quelle che prima sembravano pietruzze nascoste sotto la pece cominciano a diventare spuntoni. Aghi di pietra. Squame di serpe. Affondo i piedi nel nero. Lascio che si feriscano. Allinizio mi punzecchiano. Poi mi feriscono. Gli aghi trapassano la pelle. Sollevano le unghie. Rompono ossa e cartilagini. Deformano i miei piedi in un grumo di carni instabili e ossicini che sporgono. Ad ogni passo il piede affonda nel nero. Si lascia mangiare dalle scale. Un morsetto ad ogni passo. Stacco laltro piede e cos via. Vado avanti. Inciampo diverse volte ma non demordo. Non posso fermarmi.
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Lultimo tratto della salita coperto di sangue secco. Qualcuno gi stato qui. Mi chiedo brevemente chi abbia percorso questa strada prima di me, se avesse il mio stesso vestito, i miei stessi piedi, se tenesse la testa bassa come la mia. Cammino ricurva fino a guardarmi i piedi. Ad ogni passo li vedo affondare e ferirsi. Ad ogni passo devo tirarli su verso un nuovo gradino. Arrampicarmi. Stringere il vestito. Continuare. Non guardare in basso. Non guardare in alto. Continua. Guardati i piedi. Vai avanti. Alla fine delle scale il vestito torna leggero. Stringe ancora il collo, ma almeno non devo pi portarlo in braccio. sopportabile. Posso andare avanti. Davanti a me c un deserto di cenere. Non fa caldo n freddo, non c vento e non c suono. Mi guardo intorno. Lorizzonte una linea netta e lontana. Avanzo piano. Mi volto a guardare le scale. Vedo gli ultimi spuntoni coperti di sangue, le mie impronte rosse. Ce ne sono altre di un rosso pi scuro, sangue secco, della persona che stata qui prima di me. Le mie impronte le coprono, ravvivandole. Le seguo calpestandole con cura. Man mano che le scale si allontanano vedo sempre meno quello che mi circonda. Il grigio chiaro della cenere e quello scuro del cielo sembrano fondersi e non sono sicura di riuscire a seguire una strada dritta. Avanzo nel deserto ricalcando le impronte di chi mi ha preceduta. Le seguo a testa bassa. Non ho nulla da guardare oltre il mio percorso. Nulla oltre la cenere e il sangue secco che mi guida come un compagno di viaggio da lungo tempo perduto. Chi cera qui prima di me? Dove mi trovo? Come mi chiamo? Sembra tutto cos uguale. E cos diverso. Non sono mai stata qui. Sono sempre stata qui. Non so chi sono. Il vuoto del deserto anima domande senza risposte. Io sono stata? Cos io? Cosa sono oltre i piedi deformi e il collo stretto dalla palandrana e la schiena curva? C stato un me? Dove sto andando? Mi rispondo, o forse mi risponde la cenere, che lo sapr solo continuando a camminare. Ed quello che faccio. Seguo scrupolosamente il mio ignoto compagno di avventure che come me ha salito le scale e
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attraversato il deserto. Arriver da qualche parte. necessario che io arrivi da qualche parte. Andare avanti. Le impronte si fermano nel bel mezzo della cenere, come se il deserto avesse risucchiato chi lo percorreva. I miei piedi si poggiano sulle stesse ultime impronte. Carne aperta e tesa, dita ridotte in polvere. Cammino su moncherini coperti di cenere. Me li guardo senza fare niente. Non so dove andare. Si alza il vento. La cenere forma fiamme grigie contro il muro indefinito del cielo. Le guardo a lungo divampare, sollevarsi, svanire, gonfiarsi ed ergersi di nuovo. Il vento forte. La mia palandrana si solleva e stringe ancora il collo per non sfilarsi. parte di me. Mi lascio stringere. Il vento mi colpisce. Resto ferma sui miei moncherini di sangue ormai secco e ossa rotte e ferite che non si ripareranno mai. Mi lascio tirare. Non so dove sto andando. Il vento s. Cos come lo sapeva per chi mi ha preceduta. Mi lascio guidare. Divampo. Sollevo le braccia. La cenere mi segue. Si inalbera alta contro il cielo. Segue il mio passo. Mi guida. Il deserto in piena tempesta e io voglio raggiungerne il centro. Voglio la furia del vento. Lasciarmi consumare. La tempesta finisce come cominciata. Di botto. Senza farmi capire. Il vento non canta pi. Non mi segue e non mi guida. Non ci sono pi le impronte. Non so dove sono. Lorizzonte uguale da ogni lato. Non so pi chi seguire. Il vento mi ha abbandonata. Non sapr mai dov il centro, o il sud, il nord, lavanti e il dietro. Avanzando potrei tornare alle scale, al cunicolo di pietra e alla buca buia in cui non volevo entrare. O comincerei a girare in tondo senza arrivare mai da nessuna parte. Andare da nessuna parte, perdersi per sempre, comunque meglio che fermarsi? Non lo so, e stavolta la cenere non sa rispondere. Il vestito mi stringe il collo. Non posso andare da nessuna parte pur avendo la strada aperta. Potrei fare di tutto, ma il tutto inquietante. troppo. Non c scelta nellavere troppa scelta. Vorrei una scelta controllata. Due o tre possibilit. Non di pi. Non sono fatta per linfinito. Mai stata. Credo.
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Mi guardo i piedi. Guardandoli sulla cenere calda capisco di avere una sola strada. Posso andare in basso. Lasciarmi sprofondare. Lunica strada possibile. Mi inginocchio e comincio a scavare con le mani. Me le vedo per la prima volta da molto tempo. Hanno lo stesso colore della tempesta. Toccare il deserto vederle sparire. La cenere sotto i miei polpastrelli morbida. come scavarsi una nicchia in un animale caldo. Il deserto vivo. Lo scavo lentamente. Affondo la mano. Prendo la cenere. La lancio alle mie spalle. Affondo laltra mano. Prendo. Lancio. Affondo entrambe. Prendo. Lancio. Affondo. La cenere sempre pi calda. Man mano che scavo si fa pi scura. Prima dello stesso colore del cielo. Poi delle scale. Umida. Ne lancio grandi mucchi bagnati che gocciolano sulla cenere in superficie. Le mani affondano nel bagnato. Le guardo. Sono piene di acqua scura e densa. Continuo a scavare. Sotto il deserto c un lago nero. Scavo una buca abbastanza grande per entrare nellacqua. Mi guardo intorno. Lorizzonte uguale a se stesso. Il cielo e la cenere sono immobili. Sembrano in attesa. Non posso restare ancora per molto. Ho una strana sensazione. Come se aspettassero solo di vedermi affondare. Trascinarmi verso il basso. Le viscere della bestia. Coprire laria. Coprire le impronte. Nascondermi al futuro. Non so di averne uno. Non ho altra strada che questa. Infilo i piedi nella buca. Lacqua calda. La palandrana sembra allentare la stretta sul collo. Respiro a fondo. Guardo in alto. Non c niente. Mai stato. Chiudo gli occhi. Trattengo il fiato. Mi lascio cadere nella buca. Sto affondando. Lacqua pi chiara di quello che pensassi. calda, mi piace. Apro gli occhi. La luce che viene dalla buca illumina lacqua come il sole di un altro mondo. Sono al centro perfetto del lago. Tutto converge verso il punto in cui sto cadendo. Le piante nel lago sono contorti rami nerissimi contro il grigio scuro del lago. Distinguo le cose solo dopo molto tempo. La buca che ho scavato sempre pi lontana. Ce n unaltra sul fondo, un fosso che d su un nero totale. Sto cadendo l. Rimango ferma.
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Penso che quello non un lago. liride scura di una bestia, e mi sto lasciando cadere nella sua pupilla. Sto entrando nella bestia. Mi ci lascio trascinare dallacqua. Tutto diventa rosso e caldo come un fiume di lava. Mi ci perdo. Sono nella Bestia. Tutto del colore dei miei moncherini. Del fuoco. Delle rose. Sembra passato tanto tempo dallultima volta che ho visto un colore. Sono in un cunicolo stretto striato di venature nerastre in moto perpetuo. Serpenti neri che si contorcono su pietra rossa. Mi palpitano intorno mentre cammino. Sento il suono di tamburi lontani. Come se suonassero sepolti, o dallocchio, o da un altro mondo. Dallorizzonte o dal centro della tempesta o dal mio orecchio. Incalzano e rallentano, si fermano, riprendono, corrono, aumentano, diminuiscono, si avvicinano, si allontanano. Ora sembrano mille, ora uno solo. Il suono irregolare e continuo. Mi accompagna mentre avanzo. Vado di fretta. Non mi piace questo posto, mi sento in trappola. Troppo lontana. Fuori strada. Da unaltra parte. Voglio andare via. Tornerei volentieri indietro. Uscirei di nuovo dallocchio. Mi mancano il deserto, la cenere, le scale puntute. Vedo qualcuno davanti a me. Lontanissimo. Di spalle. Mi precede. Fa i miei stessi passi. Forse sono sue le impronte nel deserto, penso, forse ha fatto le scale. Guardo per terra. troppo rosso per distinguere qualcosa. Sono ben lontana dal grigio e dallocchio. Alzo lo sguardo e la figura gi lontana di altri cento passi. Aspetta. Non lasciarmi qui. Aspetta. I tamburi aumentano. La figura si ferma. Io mi fermo. I tamburi rallentano. Aspetta. Cammino piano. Il dolore pieno. Come se camminassi coi piedi immersi nella lava. Sui carboni ardenti. Morsi da denti aguzzi. Come se avessi per scarpe due bocche affamate. Camminando mi lascio consumare. Non mi fermo. La figura ancora lontana ma ferma. Mi sta aspettando. Voltati. Non si muove, non fa niente, per mi aspetta. Continuo a camminare. Le pareti della
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grotta sono rosse e cupe e sembrano ancora pi calde. Non le tocco. So che sono vive. Possono farmi male. I serpenti neri pulsano al ritmo dei tamburi. Sono orribili. La roccia sembra pelle e loro sembrano volerla scavare per raggiungermi e mangiarmi via dalla Bestia. Non so dove sto andando ma sono certa che questo non il posto giusto per me. Devo scappare. La figura ancora lontana. Ferma e lontana. Voltati. Niente. I tamburi aumentano. Cammino pi veloce. Voglio andare via. Le pareti sembrano pi vicine, pi strette, pi rosse. Vogliono stringermi. Aspettami. I tamburi sono vicini. Aspettami. I tamburi sono dietro di me. Mi volto e allimprovviso tutto nero. Respiro. I tamburi sono di nuovo lontani. Suonano lenti. Nel nero non c niente. Capisco improvvisamente che mi seguiva da prima come unombra gigante. lei ad aver fatto alzare il vento, lei a portarmi al centro dellocchio, lei a farmi arrivare fin qui. Mi volto e comincio a correre. Zoppico. Mi volto di nuovo. Lombra mi sta inseguendo. Inghiotte il rosso e i serpenti senza distinzione, in silenzio. I tamburi sono impazziti. Suonano ovunque, strepitano, il rosso e i serpenti tremano. Quando mi volto di nuovo sono alla fine della vena e la figura sparita. Sono vicina alluscita. Il nero si sta avvicinando lento, assaporando il momento in cui mi raggiunger. I tamburi sono quasi fermi. Noto delle scritte di sangue cupo e secco sulla parete fremente dellarteria. Forse un messaggio da chi stato qui prima di me. Mi avvicino. Leggo

NON C NESSUN ALTRO


e sotto

CAMMINO DA SOLA LA BESTIA SONO IO

e ancora, pi sotto Guardo le scritte. Non penso niente. Le guardo ancora. Le leggo. Ad alta voce. A bassa voce. Le sussurro. Le canticchio. Non c nessun altro. Cammino da sola. La bestia sono io. Improvvisamente ricordo. Cero solo io prima
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di me. Sempre e solo io prima di me. Non c nessun altro. Mio il sangue sulle scale, mie le impronte nel deserto. Ricordo di averlo fatto altre volte. Ricordo di non essere mai arrivata da nessuna parte. Ricordo di aver cominciato a lasciarmi dei messaggi. Sulla cenere, cancellati dal vento. Sulle scale, mischiati al sangue. Con le pietre, che cadevano dal monte. Solo queste restano intatte. Mi chino e affondo un dito nelle ferite. Lo rigiro nel sangue. Lascio che faccia male. Mi accascio. Continuo ad affondare. A farmi male. A prendere sangue. Sotto lultima scritta aggiungo

NON RICORDER

Vorrei scrivermi dellaltro, ma troppo tardi. Il nero mi copre. Alzo lo sguardo. Le scale sono nere e ripide. Le percorro con gli occhi fino in cima. L il nero si staglia sulla cappa grigia del cielo come una ferita ancora fresca su pelle immobile. Non so dove sto andando n come sia arrivata fin qui. Non so niente. Intorno a me c solo pietra. Sono in una cava fredda e senza vento che posso lasciare solo salendo le scale. Comincio a salire. Non so dove finiscano. importante che continui a muovermi. Ne sono certa. Non posso rimanere ferma. Devo andare avanti. Ancora avanti. Solo un po.

Le illustrazioni che corredano questo racconto sono opere della stessa autrice. p. a fianco Lucifero, Franz von Stck, 1889-1890

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una luce nel buio


felice roberto addeo

Ordinati nel disordine di un esangue sterminio, i miei pensieri spingono i versi sotto il bianco della pagina, al riparo dai quesiti che non cercano solo risposte. Mi fondo col buio che mi circoncide, in un patto di sentenzioso mutismo: non auguro nemmeno al mio nemico pi maligno di recarsi oltre quel filo di luce che divide il mio sguardo da ci che vede...
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andrea ans anselmo

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[William Blake, Proverbi infernali]

Chi desidera ma non agisce, alleva pestilenza.

Finis Coronat Opus

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