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Fortunato Carnevale

Non ho mai saputo se dovessi prendermela con mamma o con pap per quel nome, cos impegnativo da portare, che mi era stato affibbiato alla nascita. Gi dura chiamarsi Carnevale ma se poi, fra tante possibilit, quei due signori che ti hanno messo al mondo decidono di aggiungervi il nome Fortunato, vuol proprio dire che per te hanno programmato un futuro da disadattato o, nel migliore dei casi, da comico. Comunque mi chiamo proprio cos, Fortunato Carnevale e per colmo di sfortuna sono nato e cresciuto con una faccia da funerale: aria imbambolata, occhiali spessi, capelli a spazzola, qualche chilo di troppo. E dei miei appellativi ho cominciato subito a farne le spese, fin dai tempi della scuola. Carnevale Fortunato diceva, trattenendo il sorriso, la maestra e i miei compagni cominciavano a intonare la marcetta di Topolino che avevano adattato alla mia anagrafe. E gi battute: Mi dai i numeri del lotto?, Mi compri un biglietto della lotteria. Va da s che, oltre a tutto il mondo che mi circondava, avevo cominciato a odiare soprattutto la festa del mio

cognomastico, quel maledetto Carnevale. Pian piano avevo imparato nei giorni pi intensi di festeggiamento a non uscire di casa, se non altro per evitare gli auguri di scherno dei vicini. Maledetto Carnevale e anche coriandoli, travestimenti, trombette e cappelli a punta. Con la mia faccia triste e arrabbiata mi rintanavo in casa e uscivo quando tutto era finito. Poi, si sa, si cresce ma il contrasto fra la mia carta didentit e il mio aspetto dimesso non mi hanno mai abbandonato. Per questo fino alla maggiore et non ho mai avuto una ragazza, che dico, neanche unamica o una conoscente, per avevo radicalizzato le mie idee. Mi ispiravo a quella canzone di Pierangelo Bertoli che dice Prender la vita a muso duro e continuavo a nascondermi in casa nei giorni di Carnevale. Ma mi ha fregato la mia ignoranza in materia. Tutto cominciato al mio primo colloquio di lavoro, fissato a Milano in una banca del centro in un giorno di febbraio che non immaginavo stesse per rivelarsi un vero agguato. Io mi ero regolarmente nascosto in casa appena avevo sentito odore di coriandoli a Napoli e poi avevo preso il treno per il Nord. Al colloquio si erano cos spaventati per il mio aspetto funereo che non mi avevano preso neanche in considerazione e cos a tarda sera mi ero rifugiato in un locale del centro per sfogare la delusione. Mio Dio, esclamai guardandomi attorno, chi lo sapeva che eravamo in pieno Carnevale Ambrosiano?. Attorno a me ragazzi in festa, coppie felici, fiumi di birra che instillavano lallegria ai miei nemici festanti. Non un tavolo libero e cos il cameriere mi chiese se volevo dividere il mio con una ragazza entrata in quel

momento. Abbassai lo sguardo e lo rialzai solo dopo un minuto: davanti a me cera il mio sosia al femminile, tutta vestita di nero con laria di chi aveva appena assistito alla morte del gatto. Fu questo, forse, a spingermi a presentarmi. Piacere, dissi timidamente, Fortunato Carnevale. Lei ci mise due minuti a rispondere, arrossendo sulle gote: Allegra Colombina. Potete immaginare perch lincontro proruppe in una risata e perch quella divenne la serata pi bella della mia vita, conclusa a spargere coriandoli a Corso Vittorio Emanuele e a ubriacarsi sotto il Castello Sforzesco, in mezzo ai travestimenti pi improbabili. Anchio riuscii a prendere le sembianze di un bel principe un po miope e la mia compagna, giocoforza, dovette diventare unallegra Colombina a tutti gli effetti. Ecco cosa mi aveva riservato il mio nome per il primo Carnevale della mia vita. Ora io e Allegra siamo felicemente sposati, non ci perdiamo una festa, ma i nostri figli li abbiamo chiamatiGiacomo e Laura. Meglio non rischiare di rovinare loro la giovinezza. Ma il destino aveva in serbo altre sorprese. A Milano, dopo la solita sfilza di colloqui andati male anche per il mio aspetto troppo dimesso, avevo deciso di ribaltare la situazione a mio favore. Mi dicono che ho un aspetto funereo e che non rido mai? Bene e allora svolger il lavoro pi confacente alle mie caratteristiche. Avrete capito: in men che non si dica, grazie a un mutuo e allaiuto dei miei genitori, aprii unagenzia di pompe funebri. E come avevo previsto proprio il contrasto fra il mio cognome e quel lavoro in cui non cera proprio niente da ridere

cognome e quel lavoro in cui non cera proprio niente da ridere divent una formula di successo. La gente si avvicinava allinsegna del negozio e non sapeva se si trovasse di fronte a uno scherzo, soprattutto quando la pi celebre festa in maschera era ben lontana nel tempo. Pompe funebri Carnevale era una contraddizione in termini, uno schiaffo alla nostra concezione della morte ma anche la sublimazione della nostra paura dellaldil. Non mi aspettavo di trovare molti clienti nel popolino ma con una pubblicit mirata, pensai, potevo scuotere lopinione pubblica pi colta e anche qualche buontempone che volesse farsi beffe della morte. Non ci volle molto: una decina di annunci sul Corriere della Sera, qualche passaggio alla radio (mai sentita una pubblicit di pompe funebri), qualche volantino infilato a sorpresa fra la pubblicit che arrivava a casa. Ma il colpo da maestro, devo ammetterlo, me lo sugger mia moglie. Gi, non vi sarete dimenticati di Allegra Colombina, ormai signora Carnevale. Pi che una moglie, a dire il vero, la funerea Allegra sembrava una vedova, tutta avvolta nei suoi abiti neri e nella mise che avrebbe fatto invidia alle vecchiette che si trovano sedute davanti alle case in qualche paese di provincia. Se io preferivo il grigio e, in rigorosa giacca e cravatta, mi concedevo di tanto in tanto qualche colore pi sgargiante, Allegra era schiava del suo personaggio, della sua inveterata abitudine di voler apparire allopposto del suo nome e cognome. E cos nel suo guardaroba, si fa per dire, non trovava posto nientaltro che non fosse completamente scuro, meglio se nero. Niente pantaloni n sandali in estate: Allegra era triste allo stesso modo in estate e inverno. Ricordo che una mattina a colazione

modo in estate e inverno. Ricordo che una mattina a colazione quando mi capit di versare un po di latte sul giornale cosa rara vista la mia compostezza la vidi accennare un sorriso. Ma fu solo un attimo. Anche a letto il rito sessuale si consumava come allobitorio o peggio in una bara: era gi stato un miracolo che i due bambini non fossero nati morti. In pratica, quella serata di divertimenti carnevaleschi a Milano il giorno in cui ci eravamo conosciuti era stata uneccezione o meglio unillusione: con Allegra cera da ingoiare solo calici amari. Ma la mia signora, questo s, aveva il cervello fino. Dimenticavo di dire che di lavoro svolgeva quello di professoressa di matematica alle scuole medie e - al di l della legittima paura di sprofondare subito nellaldil per uninsufficienza alla lavagna che incuteva nei suoi studenti si distingueva per linnata capacit di calcolare. Fu appunto a lei che venne lidea: Perch con la nostra ditta di pompe funebri non sponsorizziamo una squadra di calcio minore. Un genio. Triste ma geniale. Sicuramente la notizia di una formazione sponsorizzata dallAgenzia Funebre Carnevale avrebbe avuto risalto anche sui giornali e in tv. E cos fu. Guardandomi attorno nel mio quartiere scoprii che la squadretta di Lambrate militava orgogliosamente in Prima Categoria ma economicamente non se la passava granch bene. Quindi mi offrii di rilevarla e di cambiare la denominazione in Pompe Funebri Carnevale: un esborso economico non indifferente ma il gioco valeva la candela. I giornali cominciarono a parlare di questo piccolo club simbolicamente listato a lutto che navigava a met classifica senza problemi. Avemmo anche

qualche passaggio sulle tv private e, come potete immaginare, gli affari ne beneficiarono. Ma il destino, come vi ho detto, aveva in serbo per me altre sorprese. Dovete sapere che nella nostra casa senza sorrisi intanto i nostri figli, in qualche modo, crescevano. Profondamente tristi e taciturni, tanto per smentire il loro cognome, ma crescevano. Non che avessero amici: chi volete che avesse voglia di frequentare la casa di un becchino che per giunta si chiamava Carnevale. Non ricordo un solo pranzo o una sola gita di gruppo: la famiglia Carnevale era destinata a vivere in solitudine. Per Giacomo, questo s, cominci subito a darmi soddisfazioni con il pallone: lo avevo iscritto a una scuola calcio ed era diventato presto lo zimbello della squadra. Questo fuori dal campo. Sul rettangolo di gioco, bene dirlo, tutti dovevano rispettarlo perch Giacomo Carnevale, checch se ne dica, era venuto su con il proverbialefiuto del gol. Forse anche per la sua aria dimessa e quel suo essere invisibile anche in mezzo al campo, Giacomo si trovava sempre al posto giusto quando si trattava di sparare in porta. E come volete che dovesse finire: appena compiuti i 16 anni lallenatore della Pompe Funebri Carnevale mi chiese di ingaggiarlo. Io padre-presidente che dovevo fare il contratto a mio figlio Ma non potevo tirarmi indietro. Ve la faccio breve: Giacomo Carnevale, con una media stratosferica di circa 30 gol a campionato, scal a poco a poco tutte le categorie e a 21 anni compiuti fu acquistato da una squadra di serie A. S, avete capito bene. E sapete quale? Proprio quella della mia citt, il Napoli.

Proprio quella della mia citt, il Napoli. Io e Allegra non credevamo ai nostri occhi quando, in totale incognito, ci accomodammo sugli scranni del San Paolo in una domenica appena accennata (anticipo di mezzogiorno, quello pi ostico per i tifosi che vogliono recarsi allo stadio) per la possibilit dellesordio. Un brivido lungo la schiena mi sal quando al 27 del secondo tempo lo vidi improvvisamente riscaldarsi a bordo campo e poi sentii lannuncio dellaltoparlante: Entra Carnevale al posto di Caffarelli. Non che i tifosi si aspettassero molto da lui perch laspetto di mio figlio, a una visione sommaria, non era esattamente quello di un calciatore: un po bolso, con le calvizie gi incipienti e soprattutto quelli che io chiamavo piedi a papera e che in nessun modo ero riuscito a correggere. Praticamente quel giorno al San Paolo contro la Sampdoria lesordiente Carnevale non tocc una palla, non ricevette un passaggio, non fece nemmeno un assist. Un disastro ma per fortuna la vittoria degli azzurri partenopei copr la magagna: Carnevale usc comera entrato, nellassoluto anonimato. Il fatto che una prestazione cos, appunto, anonima, rinvi di non poco lesordio definitivo in squadra. Anzi, indusse la dirigenza del Napoli, a cercare di piazzarlo anche in qualche club di provincia, ma nonostante il curriculum nessuno sembrava disposto ad accollarsi lonere di quello che fisicamente non sembrava neanche un giocatore e che nei colloqui non proferiva neanche una parola. Cos Giacomo Carnevale rischi di rimanere uneterna riserva mentre io e mia moglie ci accollavamo continui viaggi domenicali in giro per lItalia nella speranza di vederlo giocare.

giocare. Intanto che il mio Lambrate, sempre ben attestato nel cuore della classifica di Prima Categoria, continuava a darmi soddisfazioni, anche se la sponsorizzazione da parte di unagenzia di pompe funebri ormai era stata metabolizzata e non faceva pi notizia. Piuttosto laccostamento cos dissacratorio nel nome dellagenzia aveva raccolto cos tanti consensi che gli affari funebri prosperavano e al cimitero di Lambrate le lapidi nei colombari portavano tutte lo stesso nome: Agenzia Carnevale. E la cosa, si diceva, metteva allegria a chi si recava a espletare la dolorosa funzione della visita ai parenti. Anche Laura, tutta sua madre anzi anche un po pi triste, aveva cominciato a lavorare con noi e potevo dire che, economicamente, le cose non andavano male. Per cera sempre il cruccio di Giacomo, per il quale il Carnevale calcistico sembrava non dovesse arrivare mai. Tutto accadde in un grigio, guarda un po, pomeriggio di febbraio sul campo di Udine, diretta concorrente per la caccia alla coppa Uefa. Io ero l e non dimenticher mai quei minuti. Era gi il 40 del secondo tempo quando sullo 0-2, svantaggio quasi incolmabile nel residuo di partita a disposizione, Caffarelli in uno scontro sulluomo si infortun seriamente e dovette uscire in barella. Lallenatore Rino Marchesi, appassionato di musica classica che al massimo della concessione intervistatoria riusciva a dire Un successo maturato attraverso il lavoro, gioc il tutto per tutto. Dentro quel ragazzino semipelato e pingue come una papera ma preceduto a Napoli dalla fama del fiuto del gol. Non credetti ai miei occhi: Giacomo entrato dalla linea

laterale si fiond direttamente sotto la rete avversaria dove, cogliendo la difesa ovviamente impreparata, incorn a rete la palla del 2-1 con la sua frontespaziosa. Poi, mentre il cronometro si avviava inesorabilmente ai secondi finali, si nascose in mezzo allarea avversaria e proprio allo scadere raccolse la disperata rimessa del portiere infilando la rete in rovesciata. Potete immaginare la festa della folla rappresentativa di tifosi napoletani sugli spalti e il tripudio in campo. Il Napoli aveva acciuffato grazie a un giovane quasi esordiente il punto che valeva la conquista della coppa Uefa a spese di una diretta concorrente. Ma la cosa pi divertente fu leggere il giorno dopo i titoli sui giornali. CarnevalNapoli spar in prima pagina la Gazzetta dello sport. A Napoli Carnevale replic il Corriere dello Sport. E pi moderatamente anche il Mattino fece fare capolino al nostro nome in prima pagina: Carnevale napoletano. Mi sembrava di rivivere: quel cognome che avevo sempre odiato e suonava cos male addosso a me aveva trovato il suo meraviglioso compimento in mio figlio. Ma non era finita perch guarda caso, la partita successiva, si sarebbe disputata a Napoli proprio di venerd sera in occasione dei festeggiamenti carnevaleschi, quelli che io avevo sempre evitato come la peste. Lultimo, maledetto scherzo del destino perpetrato intorno al mio invadente cognome. Tornare a Napoli in quei giorni sarebbe stato come prendere laereo per chi ha paura di volare o accettare un passaggio sulle Montagne Russe per chi soffre di vertigini. Ne parlai con la cinerea Allegra, mia moglie, e con

vertigini. Ne parlai con la cinerea Allegra, mia moglie, e con Laura, che ormai faceva casa e bottega senza concedersi mai uno svago. Venerd il nostro Giacomo esordisce a Napoli da titolare spiegai ma anche Carnevale. Ve la sentite di venire con me ad esorcizzare la pi grande paura della mia vita. Il famigerato Cognomastico. La risposta fu, come sempre, insignificante, anzi in pratica non ci fu neanche una risposta. La mia famiglia mi avrebbe seguito passivamente, come sempre. E il giorno pi temuto arriv fin troppo in fretta. Quel venerd sera noi tre Carnevale in tribuna e il quarto in campo, titolare fin dal primo minuto. Dentro e fuori il terreno di gioco unorgia di coriandoli, un concerto di trombette, uninvasione di stelle filanti. Proprio una gran giornata perch in caso di vittoria contro lAtalanta il Napoli si sarebbe guadagnato aritmeticamente la qualificazione in coppa Uefa. Ma fu una sofferenza. Mio figlio non se lo filava nessuno e col risultato inchiodato sullo 0-0 rimase fermo in mezzo allaria aspettando palloni che prendevano sempre altre direzioni rispetto alla sua. Chi volete che rischi il passaggio allultimo arrivato, sia pure ricopertosi di gloria nella partita precedente. E cos a un minuto dalla fine Giacomo, il mio grande Giacomo, dovette fare tutto da solo. Su un improvvido passaggio allindietro al portiere di un difensore atalantino Carnevale si fiond come un fulmine e col suo passo felpato a papera infil lestremo difensore con un pallonetto. Ed l, mentre larbitro fischiava la fine della partita vinta dal Napoli, che successe lincredibile, arriv la svolta che avrebbe cambiato tutta la mia vita. Come se non aspettassero altro, migliaia di tifosi

la mia vita. Come se non aspettassero altro, migliaia di tifosi alzarono allunisono uno striscione che copr tutta la tribuna e sventol sulle nostre teste: E arrivato Carnevale. Non trattenni le lacrime mentre un indescrivibile coro di voci felici cominci a intonare quello che per me era solo il cognome della mia famiglia: Grazie Carnevale, grazie Carnevale. E chiss come, mentre cercavo di guadagnare luscita, mi trovai davanti alla bocca il microfono dellinviato di Sky: Cosa pu dire ai tifosi dopo limpresa di suo figlio?. Abbracciato a mia moglie e a Laura, che proprio non ce la fecero a trattenere il pi radioso sorriso della loro vita, dissi solo poche parole: A casa nostra sempre Carnevale. Quella notte, lo giuro, vincendo tutte le mie paure trascinai prima moglie e figlia e poi il tenero Giacomo, che si era aggregato, in giro per i locali della citt. Finalmente avevo imparato a non avere paura del mio cognome.

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