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DIRETTORE LUCA TELESE - A CURA DI CHRISTIAN RAIMO

www.pubblicogiornale.it SABATO 17 NOVEMBRE 2012

I L

F U T U R O

H A

R A D I C I

A N T I C H E

IL PANTHEON ITALIANO

Portate una manganellata ai vostri bambini


di CHRISTIAN RAIMO Il giorno dopo che Bersani annunciava coram populo televisivo che Giovanni XXIII era il riferimento fondante della sinistra italiana, qualche zelante funzionario del governo da lui sostenuto dev'essersi andato a rivedere il famoso filmato dell'11 ottobre 1962 - quando in una piazza San Pietro gremita, il papa buono pronunci il discorso alla luna con la chiosa "Quando tornate a casa, fate una carezza ai vostri bambini e dite che la carezza del papa" - e avr pensato come attualizzarlo: si sar messo a canticchiare una altrettanto celebre hit del maggio '68, Una carezza in un pugno, e avr poi provato a fare un detournment di matrice debordiana, fino a trovare la chiave per tessere con un unico filo questioni come l'emergenza scuola, la disoccupazione di massa, il conflitto generazionale: cos ben bardato da una divisa che l'ha reso anonimo, deve aver aspettato che le piazze del quattordici novembre si riempissero fino all'inverosimile di ragazzi, e solo a quel punto ha cominciato a menare manganellate a caso. Quando, all'ora di cena, hanno cominciato a girare su internet le immagini degli studenti italiani picchiati alle spalle o la foto del tredicenne spagnolo con la testa sanguinante, si messo seduto e ha atteso neanche troppo perch arrivasse un'agenzia con la dichiarazione di qualcuno che tirava in ballo, a dare un senso al pestaggio pan-europeo, la stracitata poesia anche questa del '68: l'editoriale in versi su Nuovi Argomenti in cui Pasolini provava a definire anche i poliziotti come proletari e vittime della storia (un testo che dev'essere ormai fornito automaticamente alle forze dell'ordine quando si mettono in tenuta anti-sommossa). Insomma la scuola si rinnova, dice Profumo; la nuova Europa ce lo chiede, ribadisce ogni giorno Monti. Eppure, mentre i decenni volano, il mondo si fa global, i social network la fanno da padrone, qualcosa non cambia. Le botte della polizia. Quella delle botte, dei pestaggi in piazza, delle manifestazioni finite in massacro un'unica grande tradizione italiana che lega la rivolta di Bronte soppressa da Bixio nel 1860, gli spari che Bava Beccaris elarg alla folla affamata dalla carestia del 1898, la strage di Portella della Ginestra nel 1947, il massacro di Reggio Emilia autorizzato da Tambroni nel 1960, le strade insaguinate da Valle Giulia in poi negli anni 70, e la macelleria messicana di Genova 2001. molto bello che finalmente questa tradizione si festeggi oggi lanciando mortaretti dalle finestre dei ministeri. Lorenzo Maccotta, Orune, 2011: Croce Verde. Stampa inkjet, 40x50 cm

SIDDHARTHA/GOMBRICH

Budda, filosofo
di PAOLO PECERE

I LIMITI DI PAOLO GIORDANO

Larmata di Grillo
Radiografia del MoVimento Cinque Stelle
Uno strumento essenziale per capire cos, e soprattutto cosa diventer, quella che ormai una delle pi importanti forze politiche del Paese.
Di Matteo Pucciarelli - Edizioni Alegre, pag. 128, 12,00 euro

La guerra media
di 404: FILE NOT FOUND Come sopravvivere ad un libro desordio di grandissimo successo commerciale e vincitore di diversi premi letterari, Strega e Campiello su tutti? Dopo La solitudine dei numeri primi, Paolo Giordano prova a rispondere a questa domanda con Il corpo umano, romanzo corale su un plotone di soldati italiani stanziato in Gulistan nel 2010, durante la guerra in Afghanistan. In apparenza, dunque, ci troviamo agli antipodi delluniverso umano del primo romanzo. Giordano sceglie uno scenario finzionale e una forma romanzesca, quella del romanzo di guerra, estremamente ambiziosi. SEGUE A PAGINA V

Centinaia di Buddha di diverse grandezze, illuminati da aureole lampeggianti, circondano lenorme stupa dorato a forma di campana dello Schwedagon Paya di Yangon. Lo sguardo salta tra padiglioni e altari tuttintorno e, anche se questa moltiplicazione di statue rievoca forse le molteplici incarnazioni del Buddha (pi di 500 secondo la tradizione), rimane un senso di profonda incomprensione. Centinaia di birmani suonano campane, lavano le statue o siedono in meditazione, producendo soltanto un bruso ovattato. SEGUE A PAGINA III

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II

SABATO 17 NOVEMBRE 2012

ASCETISMO POSTMODERNO

Reality, francescano
di GIUSEPPE ZUCCO Di tutti i commenti che hanno tratteggiato linevitabile scia dietro il varo di Reality, il nuovo film di Matteo Garrone, ce n uno parecchio persistente. Il film sarebbe arrivato fuori tempo massimo. Per essere davvero incisivo carico di indignazione, palpitante di una denuncia sociale avrebbe dovuto sfilare nelle sale quando il fenomeno mediatico del Grande Fratello piantava la sua bandierina sulle vette dellauditel. Il ragionamento molto curioso. Se da una parte eleva lindignazione e la denuncia a valori estetici su cui fondare il giudizio critico, e quindi parte della fortuna di un film, dallaltra vorrebbe il lavoro dei registi completamente appiattito sullorizzonte circoscritto dellattualit. A misurare la storia del cinema con questo metro, unopera come Apocalypse now di Francis Ford Coppola del 1979 sarebbe dovuta essere squalificata, per non dire di Full Metal Jacket di Stanley Kubrick i cui vagiti risalgono al 1987: i venti di distruzione e paranoia della Guerra del Vietnam, infatti, spirarono dal 1960 al 1975. Ma un commento del genere cos appuntito che finisce per centrare un bersaglio quando ne ha appena mancato un altro. Effettivamente, in Reality crepita qualcosa di fuori tempo massimo: il sacro, nella versione cristiana. In un paese secolarizzato come lItalia, dove le cattedrali sono visitate pi dai turisti che dai fedeli, e le compiaciute ammissioni di colpa sono subentrate allatto di dolore, e le sedute psicanalitiche hanno aggiornato le pratiche della confessione, e il pi alto dei cieli quotidianamente intellegibile grazie a sofisticate tecnologie meteorologiche, Garrone, dirigendo alla perfezione Aniello Arena, ci consegna un personaggio folgorante proprio perch i gesti che compie - gesti che lo avvitano sul piano lucidissimo della psicosi - sono guidati dal timor di Dio. Non azzardato definire questo film, pi che religioso in senso lato, francescano: Luciano, il protagonista, proprio per entrare nella casa pi spiata al mondo, rompe con i propri familiari, si spoglia di tutto donando i propri averi ai poveri, parla con frate grillo rimpinguando le figure presenti nel Cantico delle creature. Nel film di Garrone il controllo sociale non si traduce pi nellocchio meccanico ma profondamente umano delle telecamere di sorveglianza di Truman Show, quanto nellocchio indecifrabile di Dio che scruta lintera vicenda dallalto, come le illuminanti inquadrature di apertura e chiusura suggeriscono. Tanto che il pensiero viene pure: la lente deformata del reality, qui in Italia, sembra restituire pi unimmagine del nostro passato che una visione, apocalittica o meno, del nostro futuro. Se questo accade, per, anche perch il genere televisivo che Garrone indaga il signore indiscusso del piccolo schermo negli anni duemila gi affonda le proprie radici in un territorio lontano nel tempo e del tutto legato alle consuetudini religiose. Prendendo alla lettera le parole di Guy Debord, lo spettacolo la ricostruzione materiale dellillusione religiosa, non dovremmo meravigliarci se in fondo i concorrenti dei reality non fanno altro che rinverdire le forme attraverso cui i mistici medioevali sperimentavano lascesi. Le interruzioni dei ritmi naturali, le veglie, linversione del giorno e della notte, il digiuno, lastinenza sessuale, in molti casi la sopportazione del dolore, fisico e sentimentale insieme, fanno di questi concorrenti particolarmente disinibiti e ricercatamente spontanei la perfetta riproposizione postmoderna degli asceti con la differenza che i primi, auspicando la redenzione, si ritiravano in un eremo sperduto, in un monastero inaccessibile, mentre la loro versione secolarizzata, rincorrendo visibilit e successo, occupa uno spazio predisposto sulla scena globale dei media, totalmente esposti allattenzione morbosa sia del broadcaster sia degli spettatori. Certo, la condotta di vita dei concorrenti non sar metodica, le regole costanti, limperturbabilit ai richiami mondami assicurata, per del tutto impossibile cancellare le tracce, i segni, le soluzioni, che lascesi consegna a chi la pratica. Del resto, gi Max Weber nella Sociologia della religione faceva notare come la dimensione ascetica avesse avuto un ruolo fondamentale nella modernizzazione e razionalizzazione delle societ occidentali. Nello schema di Weber, gli asceti sono un gruppo sociale che, attraverso una maggiore disciplina e il controllo del proprio corpo, sperimenta e poi introduce in seno alle societ dei mutamenti decisivi. Senza gli asceti, non ci sarebbero stati i Puritani una comunit morigerata nei consumi, puntuale sul lavoro, rigorosamente casta, votata al successo solo per intercessione divina - senza i Puritani, non si sarebbe avverato lo spirito del capitalismo, prima di allargarsi alla borghesia ottocentesca, dice Weber. Gli stili di vita corporei, una volta estesi dal piccolo gruppo ai grandi insiemi, anche se in una soluzione sempre pi diluita, non farebbero altro che contribuire alla diffusione di una particolare forma economica. Allora, sebbene inconsapevoli, pronti una volta fuori dalla prigionia di una casa o di unisola a conquistare i set e le location, proprio perch immediatamente e universalmente esposti agli occhi di tutti, cosa ha introdotto questa avanguardia di asceti postmoderni, oggi? In particolare, un modello di disciplina e una rappresentazione del corpo indifferente alla privacy, poco avvezzo al pudore, confusionario in fatto di pubblico e privato, docile al regime di visibilit assoluta cio, la benzina che alimenta il motore su di giri del capitalismo 2.0 della Silicon Valley, di Google, dei social network come Facebook e Twitter. Cos, anche se Luciano alla fine di Reality appare escluso dalla grande macchina spettacolare, in realt, proprio per questa pervasiva e insostenibile trasparenza dellessere, ne risulta completamente integrato e se ride, ride per lo sconcerto e il disorientamento.

Lorenzo Maccotta, Orune, 2011: San Andrea. Stampa inkjet, 40x50 cm

SIMONE WEIL E IL RAPPORTO TRA SACRO E POLITICA

La santit di Antigone
di NICOLA LAGIOIA Lei non minteressa. Un uomo non pu rivolgere queste parole a un altro uomo senza commettere crudelt e ferire la giustizia. Inizia cos La persona e il sacro, momento estremo della riflessione religiosa e filosofica (e politica) di Simone Weil a Londra, parte di un gruppo di saggi scritti nei suoi ultimi mesi di vita quel 1943 che fece dellEuropa la voragine del mondo e ora riedito meritoriamente da Adelphi. Non esiste paradosso logico, non c vertigine sostenuta dalla contemporaneit e non c scandalo del costume o della cronaca che riesca a gareggiare con questa ragazza quando decide di tuffarsi sotto il piombo del discorso istituzionale (cio statale o confessionale, oggi diremmo pubblicitario per esaurire entrambi) ed costretta dalla propria umilt a mettere in crisi tutto ci che il nichilismo annidato nel nostro orecchio interno operando alacremente per il bene, cio volendo sempre il male ci aveva suggerito a proposito di convivenza, diritto, lavoro, democrazia. Non brandisce la spada di Giovanna dArco, Simone Weil, ma la follia indifesa, lottusit infantile di Antigone contro il buonsenso militarizzato di Creonte, e comincia questo prezioso libro dalla nostra parte ultima, secondo lei la pi importante. Qualcosa in fondo al cuore di ogni essere umano, scrive, nonostante lesperienza dei crimini compiuti, sofferti e osservati, si aspetta invincibilmente che le venga fatto del bene e non del male. Quando il male colpisce, per, non questa la parte che protesta. Non la parte che rivendica, o che prova a organizzarsi per difendersi e contrattaccare. Lo scandalo ontologico privo di una voce udibile allesterno, poich non basta unoffesa alla persona e ai suoi desideri per farlo sgorgare. Quel grido sgorga sempre per la sensazione di un contatto con lingiustizia attraverso il dolore. Spesso si alzano anche grida di protesta personale, ma quelle non hanno importanza; se ne possono provocare a volont senza violare alcunch di sacro. Ci che sacro, lungi dallessere la persona, quello che in un essere umano impersonale. Per Primo Levi gli unici veri testimoni della Shoah sono coloro che ne I sommersi e i salvati egli definisce musulmani, cio proprio chi per assurdo non potrebbe pi riferire nulla, quelli che non sono tornati, o che, avendo visto in faccia la Gorgone, sono tornati muti. Per un analogo e fraterno paradosso, i calpestati di Simone Weil, i suoi umiliati e offesi non sono in grado di alzare in modo comprensibile un lamento n di lanciare il grido di speranza che pure appartiene alla parte sacra e impersonale: questo sentimento abita dentro di loro, ma giace cos inarticolato che essi stessi non sono in grado di discernerlo. Lesempio portato dalla Weil quello del ladruncolo semianalfabeta che balbetta intimidito davanti al giudice, il quale, seduto comodo sopra il suo scranno, pronto a colpirlo col maglio di una legge consustanziale al mondo che l'ha portato a errare. Se le vittime della violenza anche di quella istituzionalizzata non hanno voce, a propria volta, quasi immancabilmente, i professionisti della parola sono del tutto incapaci di dargli espressione dal momento che i loro privilegi (i gerani della sovrastruttura) si fondano sullo stesso potere che lorigine della violenza. Quando il ceto intellettuale sta difendendo pubblicamente gli ultimi, non sta forse, nove volte su dieci, lottando per ribadire la propria forza? qui che il ragionamento della Weil comincia a diventare inaccettabile per il nostro volenteroso sostegno a una libert democratica che non preveda nulla sopra se stessa, e dunque scandalosamente interessante per quella parte che, ben pi nascosta, sospetta per ci che la riguarda uninfelicit di secoli legata a un problema strutturale. Se tirannide e dittatura sono orrende in s, lo stato di diritto lo indirettamente, poich i vantaggi portati della sua certezza sarebbero in realt legati a un dominio e a un potere e dunque a una violenza originaria. Il suo progenitore lantica Roma (vera culla del diritto) con tutta la sua prepotenza, mentre al contrario i Greci non possedevano la nozione di diritto. Qui si ritorna a Antigone la quale, incarnando la giustizia, ne il rovesciamento: se diciamo a qualcuno che sia capace di intendere ci che mi fa non giusto possiamo scuotere e destare alla sorgente lo spirito dattenzione e damore. Non capita la stessa cosa con parole quali Ho il diritto di Lei non ha il diritto di; esse racchiudono una guerra latente e destano uno spirito bellicoso. Dal momento che il sistema su cui poggiamo sarebbe intrinsecamente malvagio, il progressismo non pu sperare di colpirlo dallinterno senza farsene minare. Se le fabbriche (oggi si potrebbe dire la stessa cosa del terziario) si fondano su un meccanismo che tradisce lessenza delluomo, lo ricatta, ne calpesta la parte nobile, non alleviando il carico (il quale va alleviato a prescindere) che si risolve il problema: immaginiamo che il diavolo stia comprando lanima di uno sventurato e che qualcuno, impietosito nei riguardi dello sventurato, intervenga nel contraddittorio e dica al diavolo: vergognoso da parte sua offrire questo prezzo; loggetto vale almeno il doppio. Come ogni pensiero vertiginoso e radicale, quello della Weil si presta alla strumentalizzazione dei criminali e dei poveri di spirito. Fuori dal diritto positivo c' alternativamente la grazia o la barbarie, e sotto le pelli d'agnello dell'amore cristiano la seconda ha acceso roghi e versato sangue. E tuttavia, come non farsi venire il sospetto che secolarizzare definitivamente i nostri sistemi quali si sono sviluppati dall'Europa alla Cina (democratici, capitalistici, finanziari, repubblicani, tecnocratici, popolari) significhi non riconoscervi nulla di ulteriore, e dunque farne una pericolosa religione? Cos, se proprio non si vuole accogliere la rivoluzione di Simone Weil in termini di salvezza cristiana (" inimmaginabile San Francesco d'Assisi che parla di diritto") lo si faccia in chiave evolutiva. Amore, cura, gratuit e generosit presuppongono per l'essere umano uno stadio di sviluppo (e di possibile felicit) superiore a quello attuale, dunque dovrebbe essere (provocazione per provocazione) persino nella nostra natura prometeica il volerlo raggiungere a ogni costo. Ma il mondo, come sta organizzandosi all'inizio del XXI secolo, chiede il contrario.

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SABATO 17 NOVEMBRE 2012

III

DA SIDDARTHA A GOMBRICH

Considerando il buddismo da capo


SEGUE DALLA COPERTINA Il sacro un sottinteso diffuso, non si concentra in un oggetto o in un gesto, come se le persone che percorrono in circolo il perimetro della pagoda mettessero in atto linsegnamento del Buddha: tutte le cose composte sono impermanenti.Agli occhi degli occidentali il Buddha, gi remoto dietro duemila anni di tradizione orale e scritta, subisce unennesima moltiplicazione, rifrangendosi nel gioco di specchi dellesotismo. Come molti europei, da adolescente, ho conosciuto Gotama Buddha, il Risvegliato, leggendo Siddhartha di Hermann Hesse. Soddisfatto solo in parte della sua dottrina, Hesse come si ricava dai documenti opportunamente aggiunti alla nuova edizione appena pubblicata da Adelphi ne critica latteggiamento razionalistico, che pretende la difficilissima rinuncia alle pulsioni, figurandosi un mondo senza di e una salvezza puramente spirituale. Cercando nellAsia una sponda per temperare i rigori dellambiente protestante in cui era cresciuto, Hesse vede nel Buddha, nel bene e nel male, un puritano simile a Lutero. Cos lo sdoppia: delloriginale Gotama, che si dedica allascetismo e alla predicazione, fa un personaggio secondario, incapace di esprimere con la sua vita la complessit dellesperienza umana; il suo protagonista Siddhartha che porta un altro nome del Buddha, colui che ha raggiunto i suoi obiettivi va in cerca della saggezza lasciandosi alle spalle lascetismo, passando per lesperienza dellamore e della paternit, per finire lungo un fiume a meditare sullo scorrere del tempo. Hesse esprime cos la sua saggezza sintetica, combinando lascesi con lamore per la totalit del mondo. Il libro non chiarissimo: rimanda ad altri libri, alla psicoanalisi, al pensiero cinese. Nello stesso anno, il 1922, quasi gli stessi elementi un rapporto sessuale superficiale, la meditazione sul fiume si ritrovano nel Sermone del fuoco di Thomas Eliot, al centro del poema La terra desolata. Il buddismo si disperso ormai in una sconfinata biblioteca, confondendosi con temi ebraici e cristiani, e diventa un rebus insolubile: tre puntini che collegano un gusto intellettuale fine secolo con statuette buone per il salotto, che non dicono quasi niente O monaci, tutto brucia. Solo alcuni anni dopo ho faticosamente cominciato a salire a ritroso la corrente, e ho cominciato a chiarire alcuni punti: tra il VI e il V secolo a.C., il Buddha ha insegnato che non c nulla di permanente, n in noi stessi n nel mondo; che il tentativo di immobilizzare questo processo in cose associato a una sete inestinguibile, alla frustrazione, che attraverso le nostre azioni si prolunga e si ripete in un numero infinito di vite; che possibile un cammino di liberazione, il cui primo passo la retta visione del contenuto dellesperienza, cui consegue la graduale eliminazione delle cause di sofferenza: il suo punto di arrivo il nirvana, uno stato di distacco che interrompe il ciclo del dolore prima ancora della morte, ma che il linguaggio non in grado di descrivere adeguatamente. Non stupisce che questa dottrina abbia esercitato una grande attrattiva in Occidente soprattutto dopo il disincanto dellIlluminismo, perch vista in ottica cristiana essa pu produrre sgomento: a capo della saggezza non c una Luce ma lestinzione della fiamma che tutto brucia; non si torna in nessun luogo di vita beata, ma il punto proprio che non c luogo in cui tornare; non c gloria, ma pace, gi in questa vita, per. Viaggiando in paesi buddisti, in seguito, ho trovato che il problema oggi si complica: al nostro esotismo insofferente verso le distinzioni risponde la secolarizzazione dellAsia. Le immagini pregiudicano il dialogo. Le stelle di Hollywood (e anche Lisa Simpson!) si convertono per ritrovare valori perduti, mentre i giovanissimi monaci tibetani vogliono scendere in paese per procurarsi i dvd dei film occidentali; i monaci sorridono enigmaticamente nei film di Scorsese e Kim Ki-Duk, mentre in Myanmar manifestano contro il governo e in Tibet si danno fuoco, o sono costretti a contraddire la non-violenza e uccidere i cinesi - come Tashi Passang, di cui ci ha raccontato William Darlymple in Nove vite (Adelphi). Vai a chiedere del Buddha e sospettano lincomprensione. Anche da questo, forse, dipeso linvito del Dalai Lama, qualche anno fa, a non convertirsi al buddismo. Torno in Italia, ritrovo le conversioni, i libri, la confusione. Ancora qualche mese fa Roberto Del Bosco (Contro il buddismo, Fede&Cultura) ha contrapposto, con metodi e toni del fanatismo apologetico, il nichilismo buddista alla bont del cristianesimo. Marcello Veneziani, a tutela di quella che gli appare pur sempre come una sfaccettatura del Sacro di cui ha bisogno lateismo pratico occidentale, ha reagito invitando a distinguere la rispettabile tradizione del buddismo dalle buddanate. Ma quale tradizione? Le storie del pensiero indiano (come quella di Torella) faticano a mettere ordine in secoli di scuole indiane, cinesi e tibetane, per tacere del contesto filosofico brahmano da cui il Buddha provenuto, conservandone molte idee. Ancora oggi troviamo i frutti di una ramificazione storica che nessuna Chiesa ha tenuto sotto controllo: che cosa unisce, per esempio, linsegnamento di Gotama con quello promosso dallIstituto Soka Gakkai popolare promotore del buddismo in Italia secon-

Lorenzo Maccotta, Salvatore, 2011: # 3. Stampa inkjet, 90x72 cm do cui lo scopo della vita umana partecipare attivamente al compassionevole funzionamento delluniverso, arricchendo e intensificando il dinamismo creativo della vita? Listituto si riferisce alle dottrine del monaco giapponese Nichiren Daishonin. Ma la lettura del testo di riferimento commentato da Nichiren, il complicato Sutra del Loto (composto nei primi secoli dellera cristiana), non aiuta a diradare la difficolt, che peraltro non impensierisce gli aderenti al gruppo. Chi ha partecipato alle riunioni di Soka Gakkai, gruppi dascolto tra persone ispirate da fede e deluse dal cristianesimo, sa che si tratta di un insegnamento pratico volto al miglioramento della vita, basato sulla recitazione ruggente di un mantra. La rivista dellIstituto si chiama Nuovo Rinascimento. Qui il controllo della mente non serve a sottrarsi al processo doloroso della vita; al contrario, la coscienza della morte rende possibile il rinnovamento e una nuova crescita e pu farci vivere senza paura, con forza, chiarezza di propositi, e gioia. Si parla di buddit come di un ottimismo della volont, si respira unaria calvinista. Di statue del Buddha non c traccia. Una bussola per orientarsi la offre oggi in un libro di Richard Gombrich (appena tradotto da Adelphi), Il pensiero del Buddha. Gombrich mira a ritrovare il pensiero originale del Buddha, provando a risalire i secoli di tradizione orale che separano la predicazione dalle prime trascrizioni dei sermoni. Il Buddha presentato come un pensatore critico rispetto alla religione del suo tempo: se il panteismo dei brahmani intriso di ritualit e metafisica, lascetismo radicale, per laltro verso, una pratica eccessiva. Ci che conta la comprensione dellesperienza, che il Buddha propone usando gli stessi termini della tradizione e rovesciandone spesso i significati (qualcosa di simile a quanto accadr con lebreo Ges Cristo). Il Buddha si propone come un medico il chirurgo che rimuove la freccia della sete il cui scopo la guarigione: egli invita pertanto a valutare le sue parole in base allefficacia, senza avvolgersi in inutili difficolt: le mie parole sono come un serpente: se le afferrate nel modo sbagliato possono farvi male. Il nirvana non uno stato mistico di annullamento della coscienza, ma al contrario la sola piena coscienza delle cose cos come sono. La difficolt di esprimerlo non nasce da qualche mistero sovrannaturale, ma dal fatto che il linguaggio stesso, parte integrante della consueta visione del mondo, con le parole ripete sempre vuoti concetti e non riesce a esprimere perfettamente un processo perfettamente fluido, che non contiene nessuna cosa permanente. Buddha appare alla fine come un saggio mondano, pi laico di molti superstiziosi discepoli antichi che lhanno divinizzato, che rifiuta la speculazione metafisica. Paragona i monaci brahmani, convinti dellunit tra anima individuale e Dio, a chi ami una bella donna che non ha mai visto, senza sapere chi sia e dove viva. Le analisi di Gombrich sono sicuramente discutibili, bisogner ritornarci, ma agiscono con efficacia sullimmagine del Buddha, che paragonato pi volte ai filosofi greci. Con la sua logica scettica e i suoi interessi etici, mi sembra ora un filosofo ellenistico. Ecco un punto di familiarit, da cui ripercorrere le storie parallele dellOccidente e dellOriente: Buddha ci parla come un antico filosofo pagano. Letto Gombrich torno a Siddartha, e poi rieccomi seduto nella pagoda silenziosa. Allimprovviso mi coglie lo stupore che i birmani adorino questo Buddha scettico, che smette di promettere miracoli e guarda in faccia la vita con rigore logico. Ma certo, quale delle infinite versioni avranno in mente? Una famiglia apparecchia la cena e comincia a mangiare sul pavimento del tempio. Un gatto viene a curiosare. Un Buddha dorato sorride in una luce che pare un presepe. Allimprovviso mi rilasso: mi sento ancora ospite in casa altrui, ma in fondo prima o poi dobbiamo lasciare ogni casa. Incrocio le gambe in precario equilibrio. Questo non il nirvana, ma una pace. PAOLO PECERE

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IV

SABATO 17 NOVEMBRE 2012

DA OCONNOR A BOMBACARTA

La non eccezione degli scrittori cattolici


di CAROLA SUSANI Lessere cristiani cattolici sembra essere oggi, in Italia, la pi radicale diversit sperimentabile leggiamo in Dieci buoni motivi per essere cattolici, scritto da Giulio Mozzi a quattro mani con Valter Binaghi, edito lanno scorso da Laurana. Durante il Giubileo del 2000 dei ragazzi e delle ragazze che avevano invaso le strade di Roma, quello che mi colpiva era il pallore: lostinazione a non abbronzarsi mi sembrava il segno concreto, inscritto nel corpo, di un rifiuto. La stessa sensazione di alterit, di non appartenenza, lho ritrovata quasi ogni volta che mi capitato di ragionare con gli intellettuali cattolici qualunque fosse la loro posizione. Andrea Monda, per esempio, che oltre che scrittore e presidente di BombaCarta, anche professore di religione, mi raccontava della convocazione da parte del vescovo del piccolo manipolo di docenti di religione di Roma centro e mi diceva sorridendo di come si sentissero supereroi solitari, ultimo avamposto di fronte allavanzare baldanzoso della secolarizzazione. Se questa percezione di debolezza di fronte al mondo laico - contenitore in cui critici e patiti del consumo, sinistre e disinvolti liberali vengono talvolta assimilati - alla base dellostinazione dellistituzione ecclesiastica e di molti cattolici a difendere linsegnamento della religione, le scuole confessionali, le esenzioni fiscali, come se si trattasse di giocarsi porzioni di terreno in una specie di Risiko reale, non questo lunico esito possibile. Se vero che mondo laico e mondo cattolico spesso si fronteggiano, ciascuno considerando lavversario supremo detentore del potere, di fronte al quale la lotta si fa eroica come quella di Davide contro Golia; il campo che invece si rivelato fertile per questa semina la cultura, e prima di tutto la letteratura. Lespressione pi compiuta di uno spazio aperto, promosso da parte cattolica e con uno spirito cattolico, universale, inclusivo, BombaCarta, a cui ha dato inizio padre Spadaro nel 1998. A partire dagli anni Novanta, il rapporto della composita galassia di critici e scrittori cattolici con la nuova letteratura cambiato. Da una condizione di disagio si era passati attorno agli anni Ottanta alla rivendicazione orgogliosa di una speciale identit. Poi, allinizio dellultimo decennio del Novecento, si sono poste le premesse per un processo che ha visto una quantit di giovani cattolici attendarsi nella letteratura come se si trattasse di un terreno accogliente. Costitutivi della diffusa galassia cattolica vanno considerati poeti legati a CL con ruoli importanti nella stampa cattolica come Davide Rondoni, critici appassionati come Fulvio Panzeri, figure istituzionali e grandi cercatori come lo stesso Spadaro, attuale direttore di Civilt cattolica, scrittori come Giulio Mozzi, Luca Doninelli, Arnaldo Colasanti, ma anche scrittrici e teologhe come Mariapia Veladiano, lelenco sarebbe lungo. Alcune di queste figure a occhio laico appaiono ircocervi, un piede dentro il mondo del potere laltro radicalmente altrove; altre sembrano di un lindore quasi sacrale. Fondamentalee stata la ripubblicazione dellopera di Flannery OConnor, che data proprio a partire dalla met degli anni Ottanta. Con OConnor, scrittrice dichiaratamente cattolica, che spazza via ogni rappresentazione edulcorata dellumano, in grado di innestare la speranza proprio dove non ti aspetteresti che disperazione, penetrata in Italia unaria nuova. Cattolici e non cattolici, siamo stati travolti. A me la fece conoscere Sandro Veronesi nel 1993, ne scrissi pochi mesi dopo su Nuovi Argomenti, mi trovai a parlarne a Bologna con Davide Rondoni. Per molti, credo, fu il trampolino per uscire dal Novecento. Spadaro, in quegli anni insegnante e critico letterario di Civilt Cattolica, leggeva OConnor, la letteratura americana e Tondelli. BombaCarta nasce alla fine degli anni Novanta da una sua intuizione: che esista una pratica di scrittura, diffusa, una sete comunicativa che ha radici ben pi profonde della vanit, una ricchezza che vale la pena tirar fuori. Presumere che ci sia qualcosa di importante nelle scritture semiprivate, come nei messaggi in bottiglia lanciati in rete, forse il sottotesto che ha reso BombaCarta cos attraente. Mi ha convinto ad affacciarmi alle Officine di BombaCarta, il fatto di incontrare sempre pi spesso belle intelligenze non per forza cattoliche ma non estranee alle questioni spirituali, passate per quellesperienza. DellOfficina mi ha colpito lorizzontalit, limpressione che le regole semplici abbiamo come scopo la costruzione di uno spazio di ascolto a disposizione di chi si assume la responsabilit di prendere la parola. Le Officine sono tematiche, gli interventi si preparano in anticipo, hanno un aspetto teatrale e uno, direi, maieutico. Chiacchierando con Antonio Spadaro, gli ho suggerito una parentela di fatto con gli esperimenti anti-assembleari di Danilo Dolci, mi ha risposto che il metodo a cui BombaCarta si ispira la Ratio Studiorum dei Gesuiti del Cinquecento. Eppure, questa comunit anti-identitaria frequentata da cattolici e da atei, da gente di ogni credo politico, capaci di mettersi in gioco in uno spazio pubblico non aggressivo e non accondiscendente, gode della somiglianza con alcune pratiche anti-autoritarie. Da quando BombaCarta nata sono passati quattordici anni, la comunit fluida, reale ma anche virtuale, con ramificazioni in tutta Italia e fuori dItalia, molto vivace. Sono gi tra noi numerosi scrittori e intellettuali bombers, Andrea Monda me ne cita solo qualcuno: Maurizio Cotrona, per esempio, autore di Malafede (Lantana 2011), Michela Carpi, la poetessa Elena Buia Rutt. Ho limpressione che siano destinati a diventare molti, consapevoli e combattivi.

Lorenzo Maccotta, Salvatore, 2011: # 8. Stampa inkjet, 90x72 cm

METTENDO INSIEME PAVOLINI E SEBALD

Leggere i fondi delle scatole


di FRANCESCO LONGO Piccole foto sfocate in bianco e nero che ritraggono un mito: quello di mettersi in contatto col passato grazie a paesaggi e ritratti. Foto in bianco e nero e vecchi dipinti nel libro di W.G. Sebald, Soggiorno in una casa di campagna (Adelphi). Foto e ritagli di giornali nel nuovo libro di Lorenzo Pavolini, Tre fratelli magri (Fandango). La loro uscita simultanea in libreria frutto del caso (il libro di Sebald del 1998), eppure, ad un lettore che per sbaglio li leggesse insieme apparirebbe inevitabile cogliere un legame tra i due testi. Pavolini e Sebald condividono la stessa dedizione nel rimettere insieme le vite dei personaggi lavorando con i frammenti, lintuizione che sono i luoghi a raccontarci chi li ha percorsi (pi che il contrario) e la consapevolezza che la letteratura un mostro che d il suo meglio quando avanza con la testa rivolta allindietro. Il narratore di Pavolini si racconta cos: Compreso comero nel ruolo di chi vuole riunire ci che naturalmente si disperde, stavo impalato sulla spiaggia ad aspettare. Ci sarei rimasto anche tutta la vita. Sebald, di unaltra generazione, il maestro assoluto della rievocazione, lo scrittore che per eccellenza lotta contro la forza centrifuga che spinge il Passato lontano dalla memoria, verso la nebbia. Il loro nemico comune loblio. Pavolini racconta la vicenda di tre fratelli che dopo ladolescenza si sono persi: Emanuele era partito per mare. Marco aveva scelto la montagna, era diventato maestro di sci, da dieci anni era musulmano osservante. Io sono rimasto quasi sempre dovero. Il narratore prova a ritessere i fili. Ma nel compiere questo gesto affiora anche unulteriore storia dal passato della famiglia: lo zio Stefano, precipitato durante una scalata del Gran Sasso. Il libro insegue atmosfere, ripristina ricordi, fa rivivere i fantasmi. Quando il narratore va dal fratello Marco scia, facendo correre gli spigoli, con uno stile fuori moda, in una scena in cui anche il presente antiquato. Pagine dopo, racconta la visita allaltro fratello, con traversate in barca nelloceano e frasi come: Una depressione in arrivo che ci avrebbe spinto fino a Sumatra. Pavolini annoda avventure di mare e di montagna cos che in un unico libro sventola una bandiera della marina inglese e si entra in rifugi dolomitici, compaiono vette e prue, motoslitte e cous cous. I paesaggi di Zanna bianca convivono con le mangrovie salgariane. Il libro di Pavolini con uno stile elegante e una patina epica ha landamento del libro di viaggio e come tale potrebbe essere letto. Chi non conosce Sebald invece dovrebbe forse iniziare a scoprirlo a partire da Gli anelli di Saturno (Adelphi). Sebald probabilmente il primo vero scrittore europeo, di solito, i suoi libri sembrano diari lunari, taccuini in presa diretta da unEuropa fatta di rovine in cui lo scrittore si aggira inciampando in un trascorso glorioso nascosto sotto secoli di cenere. In Soggiorno in una casa di campagna, Sebald si mette sulle tracce di scrittori che ha amato: Gottfried Keller, Johann Peter Hebel e Robert Walser, affiancati da Mrike e Rousseau. Non sono viaggiatori, la loro fuga consiste nellessersi consacrati alla scrittura: A cinquantasei anni Keller lascia il suo impiego di dipendente pubblico, per dedicarsi in tutto e per tutto allattivit letteraria. Il narratore di Pavolini, immobile rispetto ai fratelli, ammette: per me bastano libri e teatro a compiere la fuga. Il lettore che li leggesse insieme troverebbe la lapide dello zio morto in montagna accanto alla gelida pietra sotto la quale riposano le spoglie di Rousseau. Pavolini spiazza il lettore trovando rovine dove non si attendono: Insomma le Chagos erano isole deserte e vissute. Disseminate di villaggi in rovina che spuntavano come fantasmi tra i palmizi. Sebald si muove tra isole tenebrose e passeggiate nelle campagne. Al di l delle differenze abissali tra questi due testi Sebald un gigante della letteratura, maniacale, dotto, oscuro, Pavolini cristallino, mai cupo, e dopo Accanto alla tigre ha scritto ora il suo libro pi ispirato c un credo che li accomuna. Entrambi sanno che limpollinazione della letteratura avviene nei cassetti, che la letteratura in gestazione dentro alle scatole, sgorga dalla contemplazione ossessiva di vecchie foto, di documenti che sprigionano storie ed emozioni, e dal recupero di oggetti inutili e carteggi privati. Stavo per dire a Marco che sarebbe stato bello sciare una volta ancora tutti e tre insieme. Invece gli ho parlato della scatola che avevo riaperto con mamma, scrive Pavolini. In una libreria antiquaria a Manchester () avevo trovato una bella fotografia color seppia, scrive Sebald. Lettere, scatti fotografici, frasi scritte nei registri che si trovano in cima alle montagne. Scatole, immagini, altre scatole. Il capitolo pi affascinante di Soggiorno in una casa di campagna quello dedicato a Walser. Ecco Sebald: Sempre mi soffermo a guardare le fotografie che esistono di lui: sette ritratti, sette tappe fisiognomiche molto differenti tra loro, che permettono di indovinare la silenziosa catastrofe consumatasi lungo quel percorso. Pavolini inserisce le lettere che Stefano spediva alla fidanzata nel 1954 dal rifugio di montagna. Gli scrittori omaggiati da Sebald sono ingobbiti, a loro volta appassionati di anticaglie, collezionisti di soprammobili obsoleti. Si pu dire che Sebald senta la minaccia della distruzione del passato, ma forse sarebbe pi urgente ipotizzare il contrario. Che amasse abbandonarsi a questa corrente del tempo che polverizza la civilt, che ci che trovava irresistibile fosse proprio quel lasciarsi trascinare via, assecondare i flussi che lo cullavano verso regioni ed epoche sconosciute. E forse, le suggestioni che si creano leggendo due libri insieme non sono che illusioni, quelle allucinazioni che aveva Sebald stesso: Ho imparato a comprendere come ogni cosa sia legata allaltra al di l del tempo e dello spazio.

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SABATO 17 NOVEMBRE 2012

IL CASO PEPPE FIORE

La fantascienza identica alloggi


di JUMPINSHARK Il rapporto tra Einaudi e la narrativa italiana di genere complesso e stratificato. In primo luogo vi un clamoroso effetto autorizzante del catalogo e dell'editore; tra ungiallista, anche di successo, eun autore Einaudi che scrive gialli o nobilitando anche cromaticamente - noir la differenza ontologica: il primo ha sempre sulla testa la spada di Damocle della paraletteratura, il secondo recide con la spada il nodo gordiano tra letteratura alta e bassa. Einaudi ha inoltre mantenuto negli anni la capacit di scoprire o ancora pi spesso di chiamare a s gli esponenti della narrativa di genere che pi felicemente ne spostavano in avanti i confini o, quando rimanevano all'interno di essi, la portavano a una tale perfezione da far scattare automatico l'applauso per il miracolo tecnico. Infine il valore stesso della distinzione tra narrativa di genere e senza aggettivi viene messa in dubbio dalla critica letteraria, di nuovo all'interno del catalogo (si pensi al dossierNew Italian Epicdi Wu Ming, o meglio a una ricezione parziale di esso). Nonostante la precedente tesi, non tutti i filoni hanno uguale dignit in Via Biancamano. Se il giallo/noir trova porte spalancate (oltre che girevoli, per il frequente ricambio di firme) e il comico ha buona accoglienza (specie quello con sinergia televisiva), sono ancora del tutto banditi il rosa, il techno-thriller e altri parenti considerati troppo imbarazzanti. Anche la fantascienza italiana contemporanea - pur contando su di un visto dentrata nella Letteratura Seria, grazie al trucco del "fantastico", che subito consente di chiamare dentro Calvino, Landolfi, Flaiano e, se le cose si mettono proprio male, pure Ariosto - non gode di grande considerazione, forse per il riverbero del fallito esperimento fantasy einaudiano (qui su Orwell ne aveva scritto Vanni Santoni in Non un paese per elfi). La science-fiction continua a esercitare un grande fascino su numerosi scrittori italiani di talento, che, di solito e giudiziosamente, preferiscono rimanerne ammiratori di lontano. Chi cede alla nostalgia del futuro in forma di romanzo tende infatti a creare, nel pi felice dei casi, un testo caratterizzato da una straordinaria capacit di mescolare i codici di derivazione pop con la conoscenza della fantascienza classica e il desiderio di reinventare uno stile neoralista italiano (cos Christian Raimo in Marziani a Rionero in Vulture). Una tale opera richiede, per solo apparente paradosso, un lettore molto preparato e volonteroso, intertestualmente attrezzato, e non garantisce alte tirature, riuscendo quindi di scarso interesse per un grosso editore (a meno che, secondo la solita eccezione, la fama dellautore non sciolga ogni riserva). Qui entra, sparigliando alla grande le carte in casa Einaudi, Peppe Fiore con il suoNessuno indispensabile, romanzo di genere comico e fantascientifico, capace di unire stupefacente immaginazione sociale e grande piacevolezza narrativa. Certo a raccontarne freddamente la trama e lambientazione persino il cultore di Urania si tirer un poco indietro, impaurito da una fantasia che per chiamare la risata osa troppo: Italia 2012, unazienda modello per correttezza fiscale e generosit nei confronti dei dipendenti affronta, subito prima della quotazione in Borsa, una difficile fase, per gli inspiegabili suicidi a catena di lavoratori in regola, a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato [sic, confermo la corretta grafia di tutta la frase]. Il disagio cresce con la lettura, perch lautore non indica mai, attraverso i consueti segnali, che si tratta di unucronia, una storia di un presente alternativo dove Hitler vince la guerra o esiste in Italia il reddito di base, e nemmeno di una sovrapposizione retrofuturista, cio un trasporto dellItalia 1962 con Olivetti, Antonioni, il boom, lalienazione via posto fisso e il romanzo industriale di Volponi nellItalia 2012 di Marchionne, Bruni, la crisi, il precariato esistenziale. Peppe Fiore non dichiara quindi la rappresentazione di una realt alternativa, ma finge che nel nostro presente continuino a essere diffuse le condizioni lavorative di benessere/malessere tardonovecentesche. Il risvolto di copertina, secondo tradizione, esagera in malo modo, facendo disgraziatamente coincidere il valore del romanzo con la satira del posto fisso (Impiegato modello in un'azienda modello. Italiano medio) e del traffico isterico della via Pontina, come se il ragionier Fantozzi continuasse a vivere e lottare insieme a noi in ufficio (e non fosse giustamente museificato in Fantozzi totale, Einaudi, 2010), come se Impiegati (1985) non fosse un film incredibilmente lontano nel tempo psicologico, come se Camera Caf non fosse, dal 2003 in Italia (dal 2001 in Francia), un omaggio funebre alla vita aziendale trapassata, a quellultimo baluardo del posto fisso che fu il terziario. Due letture travisanti aspettano allora il pubblico che non percepisca la vocazione fantascientifica. La prima considerer lopera come un manoscritto risalente al pi tardi agli anni ottanta, indebitamente attualizzato nei riferimenti: Nessuno indispensabile brilla cos per eleganza di scrittura e trovate comiche. Il secondo equivoco pi doloroso, e vede nel romanzo una distorsione consolatoria della realt: Nessuno indispensabile brilla cos per eleganza di scrittura e trovate comiche, involontarie. Ogni volta che entra un altro dipendente a tempo indeterminato tutto serio con lalienazione e i problems o si rappresentano idilliache condizioni sindacali scoppia il riso liberatorio. Ritengo per che questi suicidi cos ordinati, novecentescamente alienati e assurdi siano anche una coraggiosa scelta morale: meglio favorire limplausibilit (narrativa, psicologica e ovviamente sociale) che cedere alla spinta del quotidiano iperreale e ipermediatizzato, coi disoccupati mal vestiti che senza pi nulla da perdere si danno fuoco, molto enfatici nel ricatto morale oltre le statistiche (il fenomeno non in espansione), davanti a Parlamento e Quirinale.

Lorenzo Maccotta, Salvatore, 2011: # 7. Stampa inkjet, 90x72 cm

COSA NON RIESCE A FARE IL ROMANZO DI GIORDANO

La guerra? Niente di che


SEGUE DALLA COPERTINA La materia narrativa de Il corpo umano deriva certamente anche dal breve soggiorno in Afghanistan dello scrittore al seguito delle truppe italiane, nel dicembre del 2010. Ci sono, insomma, tutte le premesse per pensare al secondo romanzo di Giordano come alla prova della sua maturit artistica. Sul piano stilistico la cifra principale del romanzo sembra essere quella della di una sistematica mediet. Quasi ogni livello del testo presenta una scrittura piana e ordinaria, non priva di pagine di pura retorica letteraria. In diverse occasioni la scelta di un aggettivo, cos come limpiego di una metafora, produce delle costruzioni cos abusate da aver perso quasi ogni valore descrittivo: una mattinata chiara; aria vellutata; il temporale che scoppiato; la stanza oscilla; montagna arroventata; il viso si rannuvola; nel cuore di petrolio della notte; l'aria tremula dell'orizzonte; la palla di fuoco fa capolino gigantesca; giornata lattiginosa. La prosa non registra mai scarti stilistici significativi che illuminino situazioni o stati emotivi dei personaggi; tanto meno si insegue una pratica di mimesi del dialogato: nonostante si parli di un plotone di carabinieri provenienti da diversi luoghi della penisola, le uniche tracce di questo meticciato culturale e linguistico si sedimentano solo nei cognomi dei personaggi. La funzione che sembra agire in ogni luogo del romanzo sembra essere quella di normalizzazione: un processo che mina costantemente le forme del testo e agisce in primo luogo sul piano dello stile, uniformandolo ad un criterio di regolarit e accessibilit. A questa prassi aderiscono inesorabilmente anche le scelte narrative dellautore, che determinano larchitettura del testo: un narratore onnisciente descrive le vicende dei diversi soldati e, di volta in volta, assume il punto di vista dei singoli personaggi spesso con una attitudine didascalica volta a spiegare lo stato danimo delluno o dellaltro. Questo tipo di operazione sembra sempre dettata da unesigenza di accessibilit, e risulta essere, infine, lunica modalit con cui il narratore riesce a gestire il racconto corale. Di qui quel didascalismo che tende a riverberarsi su ogni momento, anche quelli pi intensi, depotenziandone la riuscita. Ogni tipo di coinvolgimento o conflitto, che pure sarebbe possibile dati il tema e le situazioni narrate, annientato. In effetti, uno degli elementi interessanti del romanzo consiste proprio nella scelta di raccontare la guerra in Afghanistan secondo la prospettiva dei soldati italiani. Tuttavia, invece di inoltrarsi a fondo nelle dinamiche del conflitto armato (che sembra piuttosto essere rappresentato attraverso il filtro della cinematografia di guerra, Apocalypse now in primis), l'obiettivo sembra soprattutto quello di dar vita ad un ambientazione in cui rappresentare, da una parte, la caducit del corpo (come indica lapidariamente il titolo), dall'altra, una fenomenologia varia di solitudini ed incomprensibilit. Le relazioni umane che stringono Cederna, Egitto, Ren, sono tutte fallimentari, destinate a provocare infelicit. Nessuno dei personaggi riesce a comunicare realmente con gli altri e incidere in modo positivo sui rapporti umani in cui immerso, se non quando ormai troppo tardi (come nel caso di Ren e Rosanna). Non rappresentata nessuna scena di amicizia, di solidariet tra i soldati: lunico atto spinto da un sentimento simile, cio quello di Ietri durante la battaglia, non soltanto comporta la morte di chi lha compiuto, ma alla fine presentato nelle parole e nella mimesi dei pensieri dei sopravvissuti - come privo di senso. Non basta essere eroici per essere degli eroi il commento del narratore alla scena centrale del romanzo, in cui Ietri, il pi giovane dei protagonisti, muore nel tentativo di salvare Torsu, ferito durante lo scontro. Il gesto di Ietri presentato come non spinto da reale altruismo, ma piuttosto da un misto di orgoglio virile ferito (Cederna, a lui superiore per grado, gli ha ordinato di non muoversi, ma Cederna anche lamico che ha passato la notte con la donna di cui Ietri innamorato, Zampieri) e di avventatezza: un gesto inutile. Allo stesso modo tutte le relazioni sentimentali del libro (quella fra Egitto e Irene; quella fra Ren e Flavia; quella virtuale tra Torsu e Teriscore89) non scardinano la condizione di solitudine in cui sono rinchiusi i protagonisti: se esiste un elemento di continuit fra i due libri, proprio questo isolamento, questa incomunicabilit fra mondi. Una pillola al giorno, ognuna per cancellare una domanda a cui nel tempo non avevo trovato risposta: che cos una famiglia?, perch scoppia una guerra?, come si diventa un soldato?. Il romanzo sembra dunque essere animato continuamente da due forze: da un lato visibile lesigenza del narratore di render conto della serialit delle prospettive dei diversi personaggi, dallaltro il vero motore dellazione sembra essere sembra la loro vita interiore. Attraverso la combinazione di questi due elementi la focalizzazione che il romanzo assume rispetto al tema della guerra tutta centrata sugli uomini, e il titolo ne testimone perfetto: indagare la loro vita interiore (in maniera spesso superficiale), giustificare narrativamente le loro reazioni, farli portatori di diverse posizioni rispetto a temi di natura etica (il nichilismo di Egitto, il dramma privato di Ren). Quest'intreccio tra proiezioni e vita interiore ben esemplificato nella scena della partenza (non a caso intitolata "Tre promesse") in cui pi che parlarci delle reazioni interiori dei personaggi in maniera problematica, il narratore ne mostra la superficie attraverso i dialoghi dei soldati con i familiari in una prospettiva pienamente visiva. La lettura che si d degli eventi perci quasi sempre psicologizzante, monodimensionale: gli eventi accadono, non si sa in base a quali forze, e ad interessare sono sempre e solo le reazioni degli uomini rispetto a questi eventi. Non c' mai una visione pi ampia che tenga conto delle condizioni materiali della guerra (lunica la scena dell'epidemia, che assume per pi i toni di un quadro bozzettistico), del caso, delle cause, delle profonde contraddizioni storiche che il conflitto in Afghanistan fa emergere. Scegliere una prospettiva problematicamente evenemenziale piuttosto che superficialmente umana sarebbe stata una scelta certamente pi complessa ma decisamente pi coraggiosa, e in definitiva, pi interessante. 404: FILE NOT FOUND (QUATTROCENTOQUATTRO.COM)

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VI

SABATO 17 NOVEMBRE 2012

GRAPHIC NOVEL DI GENERE

Alison Bechdel, ovvero disegnare una madre


di TIZIANA LO PORTO Allinizio c la dedica: Per mia madre, che sa chi . Subito dopo arriva Virginia Woolf a mettere scompiglio, citata quando dice: Perch niente era una cosa sola. Tutto quello che sappiamo di Alison Bechdel lo sappiamo dalle note biografiche sulle bandelle dei suoi libri, dal suo sito (dykestowatchoutfor.com, che anche il titolo di una sua fortunata serie in cui racconta le storie di un gruppo di lesbiche e dei loro amici), da Wikipedia, da articoli su di lei usciti in questi anni, e dai suoi fumetti. In particolare dai graphic novel Fun Home. Una tragicommedia familiare e il recente Sei tu mia madre? Unopera buffa. Tutto quello che sappiamo della madre di Alison Bechdel lo sappiamo dai fumetti della figlia. Alison Bechdel una bravissima fumettista americana. nata a Lock Haven, Pennsylvania, nel 1960 e ha cominciato a fare fumetti per mestiere da adulta. Il suo lavoro si inserisce in una gi esistente scena del fumetto americano underground femminile nata con le storie di brave fumettiste come Aline Kominsky-Crumb, Trina Robbins e Mary Wings. Tutte artiste che negli anni settanta presero a raccontare (e a combattere) le battaglie di genere con le loro strisce a fumetti. Alison Bechdel autrice di due dei memoir pi belli della storia del fumetto (i due graphic novel autobiografici citati sopra, entrambi tradotti e editi in Italia da Rizzoli). La madre Helen unattrice mai diventata famosa, lettrice onnivora, moglie e madre vissuta nella trappola di un matrimonio infelice. Personaggio minore nel primo memoir della figlia Alison, Fun Home, che del signor Bechdel aveva raccontato lomosessualit taciuta, la profonda infelicit e infine il suicidio, Helen adesso coprotagonista insieme alla figlia di Sei tu mia madre? Sei tu mia madre? unopera seconda inaspettatamente bella come la prima, e forse anche di pi. Di Alison Bechdel racconta altri pezzi di vita e soprattutto un percorso psicanalitico sui generis (come dovrebbe essere ogni percorso psicanalitico), fatto di parecchie sedute, di sei analisti e di molte buone letture. Donald W. Winnicott, per esempio, pediatra e psicanalista amatissimo da Bechdel. Amore che viene ben sintetizzato in una vignetta. Analista: Cosa c in lui che ti attira tanto? Alison Bechdel: Vorrei che lui fosse mia madre. Brillanti come i dialoghi, sono certe frasi del libro. Sulla distanza tra psicanalisi e psicoterapia: Lanalisi non ha fretta di arrivare al fondo delle cose. La psicoterapia, di norma, ha tempi pi brevi, pi mirata ad alleviare il sintomo. Su Freud: Il fatto che la madre costituisca loggetto damore primario per maschi e femmine pone Freud in una situazione lievemente spinosa. Sullanalisi, quando riesce: Mi sentivo acutamente lucida, come se qualcuno avesse alzato il cofano della mia vita e io potessi vederne gli ingranaggi interni. Sulle madri che odiano i propri figli: Certo che la madre ama il bambino. Ma il punto proprio questo: lodio fa parte dellamore. Sulle madri, e i padri, che lasciano andare i propri figli: Mi spedirono nellet adulta con la stessa preoccupazione con cui mi avrebbero mandata dal dentista. Sulla scrittura, e sulla vita: Non si pu vivere e scrivere allo stesso tempo. Sui timori ricorrenti per chi scrive della propria madre, ovvero le ragioni per cui certa gente smette di scrivere, o non comincia mai, e altra tira fuori capolavori: Il timore che la mamma veda solo rabbia in questi ricordi su di lei. O il timore che la storia mia e sua si stia svolgendo mentre la scrivo. O ancora, il timore di avere interiorizzato davvero troppo le sue prerogative critiche. Sulle madri, che parlano parlano parlano e raramente chiedono: A volte c una pausa e allora mia madre di chiede: E tu come stai? Su come ottimizzare la relazione tra una madre e una figlia: Io non ho mai letto Sylvia Plath e la mamma non ha mai letto Virginia Woolf. In generale, cos abbiamo evitato di pestarci i piedi a vicenda. Su Virginia Woolf, citata quando dice: Quel che accade come al solito che intendo scrivere dellanima e la vita irrompe. Virginia Woolf a tratti parecchio irritante. Per esempio, dopo avere scritto della propria madre, quando disinvolta afferma: Una volta scritto, ho smesso di essere ossessionata da mia madre. Non ne sento pi la voce; non la vedo pi. Suppongo daver fatto per me stessa ci che gli psicoanalisti fanno per i loro pazienti; ho espresso unemozione provata molto a lungo e nel profondo. E per esprimerla lho spiegata e infine seppellita. Facile cos. Alison Bechdel, sulla stessa annosa questione: Io sono in terapia praticamente da quando sono adulta e non ho ancora seppellito le emozioni pi profonde riguardo a mia madre. Pi avanti, definitiva, e noi con lei: Non lo finir mai questo cazzo di libro. Per fortuna (nostra e sua) di cazzo di libri poi Alison Bechdel ne ha finiti due. Disegnandoli pure. Perch non avrebbero potuto che essere a fumetti. E adesso elenchiamo anche le ragioni. Il valore aggiunto del fumetto sta nel tenere insieme private considerazioni e citazioni pubbliche facendone una storia che funziona. Il valore aggiunto del fumetto sta nel farti viaggiare nello spazio e nel tempo. In una tavola c Bechdel con lanalista, e in quella dopo c Virginia Woolf a Londra nel 1924. Il valore aggiunto del fumetto che legittima luso dei libri degli altri per raccontare la tua vita. Citi te stesso, poi citi Freud o Virginia Woolf, poi ancora citi tua madre. E nessuno batte ciglio. Il valore aggiunto del fumetto che se racconti i sogni disegnandoli eviti di annoiare il resto del mondo. Il valore aggiunto del fumetto che ti mostra come non solo si pu arrivare alluniversale attraverso lo specifico, ma allo specifico attraverso luniversale. Che detto altrimenti : se la ridisegni, e la adatti alla tua vita, qualunque cosa parler di te.

Lorenzo Maccotta, Salvatore, 2011: # 2. Stampa inkjet, 90x72 cm

GLI E-BOOK ALLA PROVA DEL MERCATO NERO

I pirati salvano leditoria?


di ANDREA CARBONE La cosiddetta pirateria in rete offre un punto di vista istruttivo e sempre affascinante per guardare al mondo del libro (e allindustria culturale in genere). Soprattutto se la si considera dal lato del dispositivo ideologico delle politiche di controllo e repressione, nonch delle loro retoriche. In Europa, a fronte di un mercato del libro elettronico fermo su trend insignificanti, raramente oltre l1% del volume daffari, il traffico di libri pirata raggiunge una florida media del 20% (AP), con picchi formidabili, fino al 60% per esempio nel Regno Unito (Daily Mail) e addirittura all80% in Italia (AIE). Unidea ancor pi chiara delle potenzialit la d Google che su base globale ogni giorno registra tra un milione e mezzo e tre milioni di ricerche riconducibili a tentativi di scaricare e-book pirata. In un sistema editoriale sfigurato dal crollo dei consumi, che in Italia com noto nellultimo anno ha visto smaterializzarsi ben settecentomila lettori forti (ISTAT), tanto interesse per il libro non pu che commuovere. Basta infatti mettere tra parentesi laspetto legale della questione, o meglio ricondurlo a una tensione davvero macroscopica tra un comportamento sociale ormai ampiamente considerato eticamente ammissibile e un quadro legislativo ambiguo, farraginoso ed estremamente sensibile alle pressioni di alcuni gruppi dinteresse (soprattutto oltreoceano), per rendersi conto che queste cifre possono anche dare la misura di una reale tendenza di mercato, cio di uneffettiva domanda di cultura. Chi dovesse considerare ispirata da un cinismo fuori luogo questa equazione avr modo di potersi ricredere leggendo la documentazione sullofferta di servizi delle principali agenzie di consulenza anti-pirateria. La californiana Attributor, fornitrice dei massimi gruppi editoriali mondiali, propone per esempio ai suoi clienti editori strumenti di analisi che permettono di interpretare i flussi del traffico e dello scambio illegale di contenuti nei termini dellespressione di una genuina domanda di mercato, e dunque di definire una strategia di marketing conseguente per lofferta di contenuti. La pirateria non altro che un feedback, un indice di gradimento di una tipologia di prodotto. Come ha infatti recentemente osservato John M. Newman, avvocato della Divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, nellagosto di questanno (in un ampio saggio gratuitamente accessibile on line), i produttori e i distributori di libri e di contenuti culturali in genere si trovano oggi a operare in un regime conclamato di Copyright Freeconomics. Agli ormai consolidati modelli di business basati sullofferta di contenuti gratuiti, si va cio sempre pi associando una tendenza a desistere dal perseguire le violazioni del copyright. Le azioni legali comportano infatti costi ingenti, non giovano allimmagine e si rivelano complessivamente infruttuose di fronte alle dimensioni sociali del fenomeno: ma soprattutto sono i numeri della pirateria a rivelare agli speculatori che la redditivit sta altrove. una vicenda che ricorda quella di THX 1138, il distopico e visionario esordio cinematografico di George Lucas, in cui la pattuglia motorizzata che tallona il protagonista, dissidente in fuga, richiamata dalla centrale di polizia perch i costi dellinseguimento hanno ecceduto il budget previsto per loperazione. Ma non si tratta neppure, chiaramente, di trasformare i pirati in corsari, come per sei secoli fino alla met dellOttocento hanno fatto armatori e interi stati nazionali: ormai c modo di controllare e mettere a profitto in modo di gran lunga pi redditizio una pratica gi autonomamente diffusa, soprattutto perch la ricchezza non riguarda pi ci che viene rubato, ma linformazione e la conoscenza prodotte dalla ruberia. Questo cortocircuito contribuisce a rivelare il carattere limpidamente ideologico di ogni moralismo professionale e istituzionale sulla repressione della pirateria in rete, offrendo una prova ulteriore del fatto che il copyright oggi lo strumento principale (nellindustria culturale come in quella farmaceutica e bio-teconologica) delle forme pi estreme e compiute del capitalismo di rendita. Se infatti nel dibattito pubblico la retorica della lotta alla pirateria semplifica e riduce la condivisione alla questione della roba, equiparandola al furto, nel retrobottega delle indagini di mercato, a microfoni spenti, loligopolio dellindustria culturale reinterpreta con pi finezza il fenomeno, realizzando che sono le relazioni a creare valore, cio le pratiche libere che il sistema del copyright vuole limitare e imbrigliare. La domanda vera che esprime la societ attraverso il gesto semplice ma carico di affettivit della condivisione disinteressata, la domanda profonda di valore, di uno spazio culturale libero, in cui i saperi, le conoscenze, le forme di espressione possano circolare ed essere scambiati senza vincoli, per ibridarsi a vicenda e concorrere nel loro insieme alla creazione di una ricchezza diffusa. Lobiezione pi frequente, anche da parte di molti artisti, scrittori ed editori, che unalternativa basata su Creative Commons e Open Access non sia economicamente sostenibile. Bench in campo editoriale i dati disponibili su esperienze consolidate siano pochi, quelli che abbiamo (OReilly, Bloomsbury Academic, o i Wu Ming per la fiction) dimostrano tuttavia il contrario Lanalogia con il mondo musicale come di consueto illuminante: la possibilit di scaricare in mp3 da YouTube virtualmente qualunque pezzo non ha certo spazzato via iTunes & co. Sar anche contro-intuitivo, ma cos. Molti artisti (e manager), poi, hanno capito da tempo che molto pi ghiotto il giro daffari di una tourne. Ma anche nel caso del live ci che conta non loggetto di propriet (intellettuale): cos i Grateful Dead insieme a molti altri addirittura incoraggiano sul sito archive.org la condivisione dei bootleg (la loro mossa di business pi brillante di sempre secondo il bassista Phil Lesh). Come questo modello incentrato su convivialit e incontro di corpi possa applicarsi al mondo editoriale una cosa tutta da inventare, a cominciare da una robusta revisione degli stilemi mortiferi delle presentazioni. Ma, se non abbiamo capito male, la creativit in questambito a produrre valore, non limposizione di recinti e monopol.

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SABATO 17 NOVEMBRE 2012

VII

TRISTE STORIA DELLMP3

La musica liquida
di ALBERTO PICCININI Venti anni fa il gruppo MPEG-1, formato da rappresentanti delle principali industrie audio e video mondiali e presieduto dallitaliano Leonardo Chiariglione, metteva a punto il formato digitale che avrebbe cambiato per sempre la diffusione, lascolto, larchiviazione della musica registrata: lMPEG-1 layer 3, noto a partire dalla seconda met degli anni 90 come mp3. Anniversari veri e propri non ce n. C una canzone: Toms diner di Susanne Vega. La tenera ballata una donna guarda la vite degli altri scorrerle davanti mentre prende un caff al bar e aspetta il treno fu usata dai ricercatori per accordare gli algoritmi. E c lintera lista della musica suonata nei primi test dascolto: Mountain o thing di Tracy Chapman, un concerto di Haydn, All of languages di Ornette Coleman, fuochi dartificio, nacchere, una voce duomo. Il formato del compact disc (80 minuti circa) era stato calibrato dieci anni prima dagli executive della Sony sulla lunghezza della Nona Sinfonia di Beethoven. Lidea di scegliere musica che non suscitasse reazioni negative () e fosse degna di contemplazione estetica, suggerisce la ricerca di un isomorfismo tra la musica stessa e il sistema, nota Jonathan Sterne, professore alla McGill University, esperto di storia della riproduzione del suono, nel suo volume Mp3-the meaning of a format (Duke University Press, 12 dollari e 45). Il libro unaffascinante indagine sulleredit culturale nascosta nel formato che usiamo per ascoltare musica sul computer o nei lettori portatili, che ha sostituito cd e vinili del secolo scorso. Lmp3 nacque per riprodurre musica di buon gusto. Musica legittimata avrebbe detto Pierre Bourdieu, profondamente classista secondo lestetica del filosofo francese. Aggiungeremmo: etnocentrica. Prova ne il fatto che uno dei punti deboli del formato, ancor oggi, la riproduzione di alcuni suoni percussivi. possibile tracciare una linea tra gli esperimenti delle compagnie telefoniche americane di inizio secolo, le ricerche di psicoacustica degli anni 50, la teoria quantitativa della comunicazione di Shannon-Weaver, e lmp3. Il processo di digitalizzazione della voce umana (poi dei suoni) stato un capolavoro del capitalismo avanzato: si trattava di comprimere al minimo le informazioni da fare arrivare allutente, sfruttando le ricerche sulla percezione uditiva, in modo da risparmiare spazio sul canale (il filo telefonico, la capacit di calcolo dei computer) e consentire cos il maggior numero e pi redditizio di scambi.Afferma un curioso paradosso: non siamo noi che ascoltiamo lmp3, lmp3 che ascolta noi. Pochi sanno che gli esperimenti sulla telefonia di inizio secolo vennero condotti usando il nervo uditivo di gatti vivisezionati (curiosamente, proprio un gatto con una cuffia in testa stato il simbolo del primo sistema che diffuse lmp3 su tutti i computer: Napster). La compressione digitale dello spettro sonoro, a scapito della sua qualit assoluta, ancor oggi scatena le ire dei musicisti. Neil Young ha da tempo ingaggiato una battaglia personale contro il suono secco dellmp3. Molti appassionati sono tornati ad ascoltare con suprema snobberia il vecchio vinile. Oggi il migliore mp3 ha una fedelt pari a un quinto di quella del cd, ed incomparabile con la qualit del vinile analogico. Ma attraverso lmp3, gi vecchio rispetto allmp4 di Apple, ma riproducibile da tutti i computer, sono passate le due rivoluzioni che cambiano per sempre il volto della musica registrata: la fine dellalta fedelt e la pirateria. Negli anni 50 e 60 larrivo nei salotti degli impianti stereofonici tracci uno spazio per lascolto concentrato della musica (per lo pi maschile), contrapposto allo spazio femminile e lo-fi della televisione. Negli anni 80-90 la portabilit degli impianti, dal walkman fino alli-pod, lascolto in cuffia e la diffusione della musica in mille rivoli multimediali (dai videogiochi al cinema), hanno eliminato quasi completamente quello spazio. Si creata una forma diluita, interconnessa, portatile, persino inconscia di esperienza sonora. La televisione nota Sterne ha vinto. Se doveroso ripensare a unestetica della musica nellera digitale, pi cauto dovrebbe essere aggiunge lo studioso il giudizio sullimpatto rivoluzionario della pirateria, resa possibile dallinvenzione dellmp3. Se il peer-to-peer o i siti di upload hanno effettivamente tolto alla musica il suo status di cosa (e prodotto), da comprare e collezionare, e alle case discografiche la loro stessa ragione di esistenza, non per questo hanno sottratto la musica stessa alleconomia di mercato. Lo scambio di mp3 non un dono, sociologicamente parlando: troppo labile la comunit di utenti che si incontra su siti come emule, veri e propri non-luoghi della Rete. un nuovo mercato. Il fuoco si sposta dalla produzione-distribuzione al consumo immediato: le industrie di hardware, guadagnano dalla pirateria pi di quel che le industrie discografiche perdono (e spesso fanno parte degli stessi conglomerati). Lesperienza delli-tunes di Apple contiene in s tutte le contraddizioni della prossima fase: in mancanza di un supporto fisico la musica viene legittimamente noleggiata allacquirente e solo a lui (questo lo ha scoperto lattore Bruce Willis, che voleva lasciare la sua collezione di musica digitale in eredit ai figli). Nei sistemi come Spotify, non viene neppure archiviata sul proprio pc. In questo modo, il possibile controllo sui contenuti appare potenzialmente ancor pi devastante di quel che fu per i dischi e i cd. La liquidit dellmp3 tale che non ci si posti il problema della sua conservazione. Non esiste una Biblioteca del Congresso che raccolga gli mp3, come i 78 giri di inizio secolo. Appesi agli algoritmi dei sistemi di compressione, circondati dalla musica come panorama, potremmo perdere tutto, allimprovviso. Proprio come perdiamo la rubrica allarrivo di un nuovo modello di telefono, o i dati archiviati su un disco rigido invecchiato. Come lacrime nella pioggia. una citazione.

Lorenzo Maccotta, Salvatore, 2011: # 24. Stampa inkjet, 90x72 cm

LAVANGUARDIA DEI VIDEOGAME DA SMARTPHONE

La laurea per Angry Birds


di PIETRO MINTO Dato che gli smartphone che portiamo sempre con noi sono grandi pochi centimetri, si potrebbe pensare che anche i giochini che contiene siano, come dire, rimpiccioliti. Light. E invece, come avrete notato, le cose stanno diversamente: il look minimal di Snake I e gli altri videogame la Nokia in bianco e nero acqua passata. Processori potentissimi e schermi sempre pi definiti consentono la creazione di micromondi coloratissimi e da esplorare, popolati da personaggi da crescere e portare avanti. Ultimamente ho rischiato di perdere il senno della ragione con Bad Piggies e Angry Birds Star Wars, ultimi capitoli della saga Angry Birds, l'app-videogioco venduta in milioni di esemplari e divenuta ponte di lancio per operazioni di merchandising sempre pi estreme (dai pupazzetti a forma dei protagonisti del gioco a parchi giochi tematici che dalla natale Finlandia sono pronti a invadere la Cina). I primi episodi di Angry Birds erano semplici: il giocatore doveva usare una fionda per lanciare degli uccellini contro dei maiali, che si nascondevano dietro scatole, travi di legno ecc. Di livello in livello, le costruzioni suine si facevano sempre pi complesse, ovvio, ma il grado di difficolt rimaneva comunque a livello sono disteso a letto e voglio uccidere porcelli, non voglio altre grane. con Angry Birds Space (quarto gioco della serie, 2012) che Rovio, la societ creatrice della serie, ha cominciato a stuzzicare le leggi della fisica trasferendo maiali e volatili nello spazio profondo, incastrandoli in bolle d'atmosfera in grado di modificare velocit e accelerazione degli animaletti e perch no? creando pianetini con versi di rotazione precisi (Al lettore giover sapere che chi scrive, al liceo, vantava un 4 in fisica e un 5 in matematica pieno di piet e frustrazione da parte del prof.) L'ultimo episodio ispirato alla saga di George Lucas conferma l'andazzo solo che a popolare lo scenario sono animaletti ispirati ai film (da non perdere il grassissimo Chewbacca Bird). Se anche il gioco mobile pi popolare e iconico del mondo flirta con la complessit delle forze dell'universo e non teme la rabbia dei suoi utenti, segno che c' una tendenza in atto da qualche tempo: apparecchi e schermi pi piccoli attraggono giochi semplici fuori ma infernali dentro. Un trend confermato nel citato Bad Piggies, in cui l'obiettivo costruire veicoli con cui trasportare i suddetti maiali lungo il percorso tracciato. Tra livello e livello c' una missione-mostro chiamata Sandbox che chi scrive considera tuttora opera del diavolo per quanto follemente complessa. Ma se questa la situazione nel versante pop dei videogame, cosa succede nell'avanguardia? Succede una cosa che si chiama English Country Tune. Spiegare ECT complicato: immaginate di ritrovarvi dentro Q*bert durante un trip di acido ad accompagnarvi spiritualmente, Stephen Hawking che non ve lo ha ancora detto ma si fatto pure lui. Oppure mettiamola cos: ECT contiene un mondo di tridimensionale fatto di cubi su cui un piano quadrato a due dimensioni si muove girando su stesso. L'obiettivo usare il piano per spingere delle sfere dentro a delle scatole cubiche, sfidando la forza di gravit e altre sciocchezze (se la descrizione vi sembra povera lo su YouTube trovate dei brevi spezzoni di gioco. Ma non pensate di poterci capire molto di pi). Secondo PC Gamer, rivista-Bibbia del gaming, English Country Tune talmente difficile da poter essere utilizzata come esame d'ingresso per l'MIT; secondo la recensione di un utente dell'App Store, invece, il senso di gioia dato dal risolvere quello che sembrava impossibile non ha eguali. Chi scrive riuscito a superare tre livelli, si sentito augusto e geniale ma poi non ha capito pi niente e guarda tuttora l'icona dell'app con un misto di paura e riverenza. Missione: scappareOltre che complicati, molti nuovi giochi mobile sono anche lunghi. Potenzialmente infiniti. Temple Run un best seller del 2011 in cui il protagonista scappa da un tempio maledetto inseguito da rullo di tamburi un branco di scimmie affamate. Il giocatore guida l'omino facendogli evitare ostacoli e saltare buche e crepacci. Temple Run il simbolo di un nuovo tipo di videogame tascabili in cui i livelli si sono evoluti diventando poco pi che semplici missioni: non c' pi la scansione chiara tipica di classici come Super Mario o Metal Slug ma una partita continua in cui ogni volta che si muore si ricomincia da capo, con nuovi obiettivi e pericoli aumentati. Lo scenario non cambia mai; gli elementi vengono ridotti all'osso (per esempio: uomo, scimmie) e il giocatore deve superare piccole prove sempre diverse. un genere che su iPhone e altri aggeggi va forte, quello degli endless running games, proprio grazie a questa formula che coniuga la semplicit superficiale a una difficolt intrinseca, che si nasconde dietro i particolari come i maialini di Angry Birds. Il protagonista di Temple Run, o quello di giochi simili come Punch Quest e PitFall!, sono personaggi piatti, senza storia alle spalle. Cos come gli animaletti creati da Rovio, sono sagome vuote il cui unico scopo salvarsi e resistere alla noia. Uno scenario piuttosto piatto che viene risolto ipnotizzando il giocatore di partitina in partitina. Un'ipnosi, insomma, fatta di gesti sempre uguali e rompicapo impossibili da risolvere ma in grado di fidelizzare milioni di persone, risucchiate dagli schermi dei loro telefonini. Tornando al perfido English Country Tune, tempo fa ho tentato di intervistarne il creatore, Stephen Lavelle, fondatore di Increpare Games, societ produttrice di decine di altri giochi (tra cui segnaliamo A History of Democratic Process in Eire). Volevo sapere di pi sul suo conto e capire cosa ronza in testa a un tipo simile. Dopo avermi ringraziato per l'interesse, per, mi ha risposto di non voler rilasciare interviste perch troppo impegnato a trovare un nuovo progetto di cui occuparmi. E mi ha salutato con un Peace. Chiss dov' adesso.

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VIII

SABATO 17 NOVEMBRE 2012

TAG: IMITATIONOFDEATH

50 domande per ricci/forte


di SERGIO LO GATTO, FRANCESCO PACIFICO, CHRISTIAN RAIMO (In questi giorni in scena al Piccolo di Milano IMITATIONOFDEATH, lultimo spettacolo della compagnia ricci/forte, che stato anche un evento del Romaeuropafestival. Eravamo in disaccordo in redazione, deciso di parlarne con uninterrogazione a sei mani). Come stata la vostra infanzia? Come avete lavorato alla drammaturgia partendo dalle esperienze dei vostri attori? Che cosa significa ironia? Non vi sentite addosso una responsabilit enorme dopo che avete coinvolto gli attori che lavorano con voi in uno scavo su di s cos profondo? Che differenza c' tra realistico e reale? Cosa vi piace e cosa non vi piace del sistema della formazione teatrale in Italia? Che cosa significa contemporaneo? Che cosa sono i sentimenti? Che cosa cercate nella narrativa contemporanea da sviscerare nei vostri lavori? Si pu insegnare a un corpo a sudare, a piangere, a soffrire? Che importanza ha lo spettatore nel vostro lavoro? Che differenza c' tra teatro e performance? Se per voi ne ha ancora una, quale funzione ha il teatro? Il teatro pu essere un mezzo politico? Quale funzione ha il vostro lavoro all'interno dell'offerta culturale? Togliendo i testi alle vostre performance, che cosa rimarrebbe? Perch adoperate le voci urlate da teatro dilettante? Il suono sbeccato da diretta di Maria De Filippi voluto, un effetto ricercato? La forma crea il contenuto o il contenuto la forma? Che relazione cercate con il pubblico? Che cosa significa drammaturgia? Era voluta la puzza di genitali? Quando i danzatori si sono calati le mutande tutti insieme ho sentito di colpo nell'aria, tenue tenue, quest'odore di genitali, come se mi fossi scappellato io: era voluto? Provate mai i vostri lavori di fronte a un pubblico? Vi sembrano intelligenti queste domande? Che cosa significa intelligente? Che cosa significa provocatorio? Da dove nasce la moda, nel teatro-danza, di mettere musica italiana anni sessanta o sessanta a palla? Perch i critici reagiscono in modo cos manicheo? Avete detto che per questo ultimo spettacolo siete partiti dai libri Chuck Palaniuk: a rivederlo ora, cosa rimasto di quellispirazione? Come avete maturato la convinzione che i testi scritti dai danzatori, o prendendo spunto dal loro vissuto, siano pi autentici? Qual la preparazione atletica che si richiede per lavorare con voi? Il richiamo a un immaginario evangelico da cosa derivava e cosa cercava negli spettatori? Di fronte a belle intuizioni come l'altezza dei personaggi che aumenta nelle ipotesi sul loro futuro, con gente alta sei metri, come fate a conservare nell'impianto dello spettacolo le intuizioni decisamente pi a buon mercato come il finale con gli oggetti feticcio della propria infanzia e adolescenza? LItalia ancora un paese per vecchi? E per giovani? Che differenza c' tra un corpo maschile e un corpo femminile? A seppellirci sar una risata o un fiume di lacrime? Esiste un modo per raccontare la sofferenza senza mostrarla? Che differenza c' tra popolare e pop? La frase sul pollo cucinato dalla danzatrice che poco gustoso perch non mangiato insieme al marito menefreghista che fa tardi per il lavoro non diventa pi moscia di una sceneggiatura da fiction? Quanto amate i vostri attori? La crudelt qualcosa che si subisce o che si infligge? Per voi il teatro una cosa seria? Se l'Italia andasse dallo psicanalista che sogno racconterebbe? Che cosa vedete in questa macchia? Perch sento che rispondereste automaticamente che il vero vero e non c' modo di renderlo finto? Siete aperti alle critiche? La retorica di una degli attori al microfono: perch non posso essere felice, perch ho abortito due volte - non un po' in ricatto morale per poter indulgere il resto del tempo nel pop casuale tipo mettemoce la cosa seria cos poi potemo tir piselli e tette? Cosa dobbiamo pensare del nostro coinvolgimento nelle singole scene, nel momento in cui le interrompete come niente fosse e lasciate che i personaggi recuperino la mobilit e tornino nelle quinte a rivestirsi o a bere acqua: siete soddisfatti di ci che questa interruzione tipo zapping crea negli spettatori? Cosa avete imparato dai successi esteri? Trovo falsa la scena in cui provocate gli spettatori. Pare poco sentita, poco guadagnata. Di fronte alle vostre provocazioni potreste aspettarvi una risposta. Il vostro spettatore non il borghesuccio da stupire, ma un radical chic sgamatissimo che non batte ciglio di fronte a cazzi tirati e grandi labbra gualcite. Non era meglio fermarvi col microfono davanti a qualcuno e vedere cosa diceva? Quando qualche spettatore alluscita con gli occhi lucidi cosa pensate? Le scene al buio illuminate da una torcia ricordavano delle tele caravaggesche: come lavorate sullimmaginario iconico per le scene? In questultimo spettacolo come se ci fosse una sorta di azzeramento dopo laccumulo: avete voluto imprimere una direzione alla vostra ricerca?

Lorenzo Maccotta, Orune, 2011: Carla. Stampa inkjet, 40x50 cm

32 COSE CHE MI FANNO INCAZZARE AL CINEMA


di ERNESTO ALOIA 1. Margherita Buy. 2. Legoista inaffidabile e nocivo, il ritardatario cronico, il bidonatore seriale presentato come simpatico e piacevolmente imprevedibile. (Tre ore che lo aspetti al bar e quando si presenta anzich mandarlo a cagare gli offri da bere, andate a cena e finite a letto insieme) 3. Napoletano rappresentato in forma di simpatica canaglia con contorno esotico sudista. 4. La musona tritacazzi presentata come donna tormentata e sensibile. 5. I buoni usano il Mac, i cattivi il PC. 6. Margherita Buy 7. Lo scrittore (linquadratura dei fogli appallottolati sul pavimento intorno alla scrivania del genio al lavoro.) Perch si ostina a scrivere di notte se per star sveglio deve bere tutto quel caff? 8. Il pittore, lo scultore e il musicista (Fin dai tempi del Charlton Heston de Il tormento e lestasi) 9. Bambini intelligenti doppiati da bambini scemi. 10. Ballerini/e (Sembrano bravi ragazzi,ma pur di sgambettare su quel palco accompagnerebbero la madre a Palazzo Grazioli per una cena elegante. Non voltategli le spalle.) 11. Coreografi (Tutti sadici). 12. Margherita Buy 13. La ex moglie del protagonista (Trame di film massacrate dai continui inceppamenti dovuti al fatto che il protagonista, oltre a salvarsi il culo, deve pure litigare con una rompiballe di ritorno.) 14. Helena Bonham Carter, forse lunica donna al mondo pi spettinata di Giovanna Botteri del TG3.15. Persone che parlano disegnando virgolette nellaria con le dita. 16. Il tizio che in una situazione di pericolo prima o poi inizia a gridare "Non ce la faremo mai, moriremo tutti!"( 17. Negri ciccioni con vestiti oversize che sparano con la pistola inclinata di traverso (Ce nera uno pure in una puntata dei Soprano e il protagonista lo cazziava gridandogli, appunto, dove minchia ti credi di stare, in un film?) 18. Matthew McConaghey. 19. Scena finale al tramonto, musica in crescendo, il nemico stato sconfitto, lasteroide che puntava sulla Terra deviato, la pestilenza debellata - e tutti, anche civili e bambini, che fanno? il saluto militare 20. Il matto da legare presentato come poeta naturale. 21. Ecologisti,attivisti vari. 22. Il rallentatore. 23. Margherita Buy. 24. Quando in un gruppo che si trova ad affrontare una situazione pericolosa c un nero: di solito il primo a schiattare. 25. Indiani d'America o indigeni vari presentati come ambientalisti istintivi. 26. Film tratti dai videogames o girati come videogames. 27. La stronza coinvolta nella lotta armata (figurina imbronciata e scontrosa tipica del cinema italiano, labbra piegate alingi, abbigliamento e acconciatura da suora laica, scarpe Valleverde e pallore da macerazione interiore). 28. Il nazista colto appassionato di arte,musica o letteratura, che pur di poter ammirare gli affreschi nella cappelletta del paese sarebbe anche disposto a non farla saltare in aria con gli abitanti dentro ma poi, passati i cinque minuti di sognante contemplazione, il senso del dovere prevale. 29. Suono in presa diretta con attori che si mangiano le parole. 30. Attori che parlano sempre con accento romano, anche se la storia si svolge a Brunico. 31. Lo scienziato che vuole dialogare con gli alieni che vogliono distruggere il mondo. 32. Margherita Buy.

CHI SIAMO E DA CHI VERREMO PICCHIATI


Le fotografie di questo numero (a cura di Fabio Severo e Alessandro Imbriaco) sono di Lorenzo Maccotta (Roma, 1982). Le immagini sono tratte da due progetti: Orune un lavoro realizzato per il Su Palatu Festival su di un piccolo paese in Sardegna. Salvatore invece un viaggio con il padre attraverso le origini mediterranee della famiglia di Maccotta, tra Pantelleria, Tunisi e Roma. Grazie a tutta la redazione, jumpinshark, Carolina Cutolo, Gabriele Iarusso. Ci trovate su facebook, o su twitter @orwellp

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