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Sistema educativo, sistema sanitario e problemi di ritardo negli apprendimenti

di Leonardo Angelini 1.SISTEMA EDUCATIVO E SCUOLA Nell'accingersi ad affrontare i problemi di ritardo nell'apprendimento spesso si vede l'albero, ma non la foresta. L'albero nel nostro caso il ritardo nell'apprendere: in proposito esiste un enorme apparato per scandagliare, misurare, vivisezionare ogni manifestazione che attiene alla natura del ritardo stesso, nonch al funzionamento, visto in termini macchinici, del terminale intelligente preposto ad apprendere. Il risultato quello che sotto gli occhi di tutti gli addetti ai lavori: la messa a punto, negli anni, di un insieme molto sofisticato di test, griglie, sistemi di misurazione estremamente precisi, che hanno in se una indubbia efficacia descrittiva, che ci dicono cio con approssimazione via via crescente in che cosa consiste il ritardo, come possibile standardizzare gli scarti fra performances attese e risultati effettivamente ottenuti dai soggetti in et evolutiva osservati, etc.. Il tutto, per, sempre nell'ottica macchinica di cui sopra. Una impostazione di questo genere, per, intanto, ci d scarse indicazioni su ci che accade dentro il discente, nel suo mondo interno allorch si accinge ad apprendere, e nessuna indicazione di ci che accade dentro al suo docente, al suo riabilitatore, ai suoi genitori, nel loro mondo interno, allorch entrano in rapporto col discente e si rispecchiano, pi o meno scientemente, pi o meno favorevolmente in lui. In secondo luogo implica una oggettivazione del discente stesso, un metodo di approccio ai suoi problemi di apprendimento tutto incentrato sulla messa a punto, come dicevamo prima, di un insieme di carte, di test, di griglie che, nello stesso momento in cui con precisione crescente evidenziano il ritardo, finiscono con il trattare il soggetto in difficolt come un oggetto privo di vita e di passioni. Ed alla oggettivazione del discente corrisponde, come vedremo meglio in seguito, una oggettivazione degli adulti che osservano in modo tale che anche loro, per questa strada, si ritrovano ad essere ridotti ad un universo depurato in cui non dovrebbe esistere nulla in pi delle variabili previste (Angelini,1985\86). Ma la cosa pi importante che emerge dando solo un'occhiata alla pubblicistica sui problemi di ritardo nell'apprendimento proprio la mancata attenzione alla foresta che invece incombe intorno a quell'albero, inglobandolo all'interno di un paesaggio che lo contiene, ma che non si esaurisce assolutamente in esso: la posizione del docente, innanzitutto, le sue ragioni, le sue funzioni; quelle dei riabilitatori nel momento stesso in cui qualcuno pensa ad essi; quelle dei genitori, che sono preesistenti alle une e alle altre. Ma anche, in generale, la funzione della scuola nel sistema educativo e del sistema educativo, pi nel suo complesso, all'interno della societ attuale. Compito del presente lavoro proprio questo: di estendere la nostra attenzione dall'albero alla foresta, dai problemi di ritardo nell'apprendimento al processo in base al quale l'insegnamento e l'apprendimento si intersecano su di uno scenario pi grande che definisce dinamicamente entrambi, nonch la riabilitazione e le stesse immagini dell'infanzia (e quindi dello scolaro) che docenti, riabilitatori, famiglie e varie

classi sociali hanno nelle concrete condizioni storiche in cui si trovano a vivere (Becchi, 1982). Non un rovesciamento, quindi, ma un allargamento della prospettiva che ci permetta di comprendere meglio e di con\prendere qualcosa in pi rispetto agli elementi solitamente con\presi quando si parla di disturbi dell'apprendimento. In questo primo capitolo concentreremo l'attenzione sulla funzione del sistema educativo nel suo complesso, nonch della scuola e dei servizi sanitari per linfanzia nella societ attuale, che come dire - riprendendo la metafora iniziale - concentrare l'attenzione sulle funzioni della foresta nellecosistema pi generale. Il punto di partenza perci sar il sistema educativo. Per sistema educativo qui si intende quel tessuto, fatto di pratiche educative, che comprende la scuola, ma non si esaurisce assolutamente in essa, e che si dirama all'interno di varie istituzioni, o in luoghi meno formali (Becchi, 1987), che hanno come fine pi o meno esclusivo, pi o meno marginale, pi o meno autocosciente, quello dell'educazione, secondo procedure che sono inscritte all'interno delle singole tradizioni istituzionali e non, e che sono soggette a pi o meno rapidi cambiamenti a seconda delle concrete condizioni storiche in cui concretamente operano i soggetti che a tali pratiche sono socialmente preposti (Angelini, 1995, pp.231-246). Il fine comune ad ogni scomparto del sistema educativo , quindi, quello di e-ducare, cio di portare fuori, di spostare il soggetto in et evolutiva da una posizione ad un'altra; per cui un soggetto che inizialmente asociale, per mezzo di pratiche diverse, ma tutte concorrenti nell'e-ducare, diviene, mano a mano che il tempo passa e che l'azione educativa si dispiega, un essere sociale. Questo processo in sociologia viene chiamato "socializzazione", in antropologia "inculturazione": intendendosi, nell'uno e nell'altro caso, l'insieme delle pratiche che ogni societ storicamente usa perch un soggetto diventi membro di una determinata societ, di una determinata cultura. Soggetto quindi che deve esser preparato a diventare forza-lavoro, e cio soggetto che produce, e pi precisamente forza-lavoro che in un modo o nell'altro si identifica con il modo di produrre della societ in cui vive, e cio che ha introiettato l'etica del lavoro prevalente in quella data societ, nel momento storico in cui il soggetto formato. Nel paragrafo successivo vedremo pi in dettaglio come la scuola forma lindividuo. Ora concentreremo la nostra attenzione sugli altri elementi del sistema educativo, cercando di evidenziare quelli che ci paiono i punti critici, presenti in ciascuno di essi, relativi all'apprendimento e all'insegnamento. La famiglia: E' stato ampiamente studiato (Mitscherlich) (Marcuse,1970) il problema dell'eclisse della figura paterna nella societ contemporanea. Le connessioni fra questo fenomeno e quello parallelo della sempre pi fievole introiezione degli elementi costitutivi dell'etica del lavoro sono stati analizzati soprattutto a partire da una analisi critica delle societ capitalistiche d'impronta protestante (Max Weber,1965). Nel nostro caso, quello della societ emiliano-romagnola oggi, non esistono, a quanto mi risulti, analisi organiche sulle ragioni dordine sociale connesse con lesplicarsi delle funzioni genitoriali. Ma, cos come certo che vi stata nelle generazioni precedenti una sorta di etica padana del lavoro trasmessa da una generazione all'altra tramite una complessa rete di pratiche educative che in questa sede impossibile riassumere, ma che sicuramente vedevano nella famiglia il proprio fulcro, allo stesso modo si pu dire che oggi ci troviamo di fronte anche qui alla parte discendente di una parabola, per cui - come vedremo meglio quando

parleremo della scuola - questa funzione deve essere assolta ancora oggi dalla famiglia, ma insieme ad altre "agenzie formative", e segnatamente insieme alla scuola. -Anche la nuova posizione della donna-madre nel mercato del lavoro e la corrispettiva crescita di importanza dell'educazione precoce - o precocissima - extrafamiliare comporta l'emergere di nuove immagini della maternit e dell'infanzia, di nuove pratiche educative, di nuove attese e di nuovi problemi ed anche in questo caso manca un feed back sui risultati di quella particolare e blanda forma di maternage multiplo che va sotto il nome di cogestione educativa (Angelini,1995, pp.195-212), ma certo - anche in questo caso - che sono intervenute in questi 20\30 anni modifiche non marginali sul piano delle attese di apprendimento in et precoce (e quindi di immagine dell'infanzia) rispetto all'et precedente. -L'industrializzazione, la terziarizzazione, e le conseguenti trasformazioni del paesaggio urbano e rurale (che diventa paesaggio rurale urbanizzato) hanno fatto il resto (Rambaud): l'immagine dell'infanzia che ne deriva sempre pi legata ad un futuro che viene visto come strettamente connesso a questi fenomeni ed, in particolare, al consumo e non solo pi alla produzione, dato che una societ che tende a coinvolgere nel consumo anche le classi subalterne ha bisogno che il cittadino di domani sia non solo un buon produttore, ma anche un buon consumatore. La famiglia intuisce queste cose e si adatta in maniera pi o meno critica. - Infine il flusso migratorio porta in questo tessuto sempre pi metropolitano un insieme di famiglie immigrate che comportano con la loro presenza nuovi problemi educativi: problemi che riguardano chi proviene da culture "altre", che sempre oscillante, sempre ambivalente nei confronti della prospettiva dell'integrazione, problemi in chi riceve che altrettanto ambivalente, altrettanto oscillante nell'accoglienza. Questo duplice, dilacerante dramma si gioca in maniera massiccia sulle spalle del bambino e dell'adolescente, figlio di immigrati che diventa spesso il polo sintomatico del problema. - Le istituzioni pre-scolari: abbiamo gi detto della educazione policentrica precoce e delle attese delle famiglie rispetto ad essa. Ma con ci abbiamo visto solo un lato del problema. Vi infatti tutto il versante della nuova funzione della docenza in et precoce che occorre vedere. L'educatrice di nido e di scuola per l'infanzia infatti sottoposta ad una contraddizione fra una funzione di "tata", di vice-mamma, con tutti i rischi che derivano da questa posizione simmetrica rispetto a quella materna, ed una funzione di maestra, di esperta dei pre-apprendimenti, con i relativi problemi riguardo alle attese delle famiglie. - Tali attese sono, soprattutto qui in Emilia, riconducibili al tema della uguaglianza dei punti di partenza in scuola elementare e quindi ad una pedagogia del nido e della scuola per l'infanzia che si prefigge fini compensativi per contrastare l'azione selettiva svolta naturalmente dall'educazione familiare in base ai livelli di istruzione dei genitori, allo status sociale della famiglia, etc. Si afferma qui da noi, soprattutto all'inizio dell'esperienza emiliana, quella mitologia dell'uguaglianza dei punti di partenza che, come afferma Offe, al di l della precocit

e dell'efficacia pi o meno grande delle tecniche compensative applicate, diventa una parte non secondaria nella definizione della ideologia della neutralit e della natura non classista della scuola e dello stato in generale (Offe). Ma oggi, alla mitologia delluguaglianza si tende sempre pi a contrapporre, spesso acriticamente, una mitologia della performance (Frabboni) che da una parte contribuisce alla formazione di una moderna ideologia, di una moderna visione del mondo basata sullachievement, dallaltra alla sottovalutazione dei problemi di natura compensativa e integrativa di cui soprattutto i figli degli immigrati sono portatori. - I gruppi di pari: anche i gruppi di pari svolgono una funzione educativa, accompagnano cio l'individuo in formazione per tutto l'iter della sua crescita. Il primo elemento che emerge quando si osservano i gruppi nelle moderne societ metropolitane la prevalenza netta dei gruppi orizzontali, rispetto a quelli verticali. I risultati derivanti da questo squilibrio andrebbero pi attentamente studiati, ma certo che sul piano degli apprendimenti la mancanza della dimensione verticale finisce con il privare il soggetto che cresce di punti di riferimento, di modelli con i quali confrontarsi, ai quali affidarsi, e nello stesso tempo finisce col privarlo della possibilit che sia lui ad esercitare, a sua volta, una funzione tutoria nei confronti di chi un p pi giovane e pi inesperto allorch la propria collocazione all'interno del gruppo glielo permetta. Viene cos implicitamente depresso lo spirito cooperativo ed esaltato quello competitivo: esattamente - lo vedremo meglio fra un attimo - come fa la scuola. - Un'altra cosa che emerge quando oggi noi guardiamo ai gruppi di pari la funzioneponte che essi assumono in adolescenza: oggi infatti quelle cerimonie di passaggio all'et adulta che in societ meno complesse si esauriscono nell'arco di poche ore o di pochi giorni si protraggono in una specie di rallenty per lunghi anni. In tutto questo periodo oggi l'adolescente in uno stato di perenne sospensione fra un'et e un'altra (il periodo di margine, per usare un linguaggio etnologico, lunghissimo). Ora vero che fondamentalmente la scuola il luogo labirintico in cui gli iniziandi perennemente vanno e vengono "in processione", sorvegliati da un insieme di adulti "officianti", ma anche vero che il protrarsi cos a lungo nel tempo del rito determina una solidariet fra iniziandi, un linguaggio comune, una rete di comunicazione, un vero e proprio luogo liminare in cui per ladulto, come dice Winnicott, impossibile entrare: ebbene io ritengo che quel tempo, quelle cerimonie, quel luogo, ma anche quella consuetudine fra pari assumano un carattere formativo. - La formazione "on the job": un altro luogo importante da un punto di vista educativo la formazione sul lavoro. In una societ in cui la tecnologia in rapidissima evoluzione la scuola non pu pretendere di esaurire in s tutti gli aspetti dell'istruzione. Non lo pu perch, come vedremo meglio fra un p, durante il tempo necessario alla formazione parte di quelle competenze che all'inizio del percorso formativo sembravano attuali, centrali, coerenti con i bisogni della produzione diventano obsoleti, periferici, superflui. Da ci l'esigenza, che un'esigenza industriale, aziendale, della formazione "on the job". - Questo momento formativo cos si definisce fin dall'inizio come un momento aziendale, una spesa, quindi, e non un servizio come invece ancora la scuola pubblica: ci implica l'emergere in primo piano di fini produttivi che sono un p in contrasto con la vocazione scolastica di definirsi, come dice la parola stessa, come

luogo di "non lavoro", come luogo "gratuito" in cui la verifica sul campo della produttivit rimandata sempre ad un momento secondo, come in una scommessa. Nella formazione sul lavoro non ci sono scommesse: la forza-lavoro in formazione alla fine deve essere adattata ai fini produttivi. - Inoltre ormai le tecniche formative si sono cos affinate nelle grandi aziende moderne da permettere alle aziende stesse di prevedere e pianificare non solo un lavoratore aggiornato, ma anche un soggetto che aderisce all'immagine dell'azienda, che si identifica in essa, nella sua griffe, nella sua religione: si pongono cos le basi per una pianificazione aziendale di soggetti dall'identit alienata (Gualandri). -I mass-media :sono queste moderne agenzie formative che si prefiggono pi scopertamente e coerentemente "l'interiorizzazione dell'arbitrario culturale imposto dalla classe dominante" del momento (Offe). -La lontananza dei "formatori" dai "discenti" le rende molto autoritarie in quanto non vi in esse alcuna possibilit di dialogo fra i due poli della formazione, alcuna possibilit di feed back, tranne quelle previste attraverso i sondaggi sugli indici di ascolto (che, fra l'altro, all'interno della loro logica produttiva, sono molto precise ed efficaci) (Wolf). -Sul piano dei contenuti la funzione predominante dei mass-media mi pare nel fatto che essi promuovono un enorme fenomeno acculturativo, ingoiando ed espellendo o riciclando tradizioni particolari, locali, per lasciar spazio ad una cultura egemone che si apparenta con quell'idea di mondialit vista come villaggio globale, in cui per l'alterit viene come triturata in un minestrone dal sapore melenso delle majors americane. 2.FUNZIONE DELLA SCUOLA NELLA SOCIETA' ATTUALE L'apprendimento e il suo complemento, l'insegnamento, si pongono all'interno di un tempo e di uno spazio. Il tempo quello della crescita. Lo spazio quello storicamente offerto dal sistema educativo, in generale, e dalla scuola in particolare. Abbiamo visto nel paragrafo precedente quelli che appaiono come i principali nodi problematici presenti nelle altre agenzie formative; cercheremo di vedere ora un p pi da vicino cosa succede nella scuola, vista nella sua accezione pi ampia, e cio come pre-scuola, scuola dell'obbligo e del post-obbligo. Fine dell'apprendimento e dell'insegnamento scolastico oggi la formazione del soggetto in et evolutiva affinch domani possa entrare, in maniera discriminata, nel mercato del lavoro. Analizziamo punto per punto quanto qui sopra scritto: dovrebbe venirne fuori una descrizione dei nodi problematici pi articolata di quella fatta per le altre agenzie formative nel paragrafo precedente. LA FORMAZIONE...... Abbiamo gi parlato1 dei fantasmi della formazione, dei personaggi interni della formazione che sono alla base, dentro ciascuno di noi, del desiderio di formare. In

Cfr. cap.1 del presente volume

questa sede basti dire che a partire da quel desiderio che l'azione educativa si pone. - Cerchiamo di vedere, qui, invece con maggiore precisione il rapporto fra formazione ed auto-rappresentazione che di essa hanno i formatori. Diremo in proposito con Offe che limitante (e al limite fuorviante) affrontare il sistema formativo scolastico a partire dall'immagine che di esso hanno i suoi agenti. E ci per tre ordini di ragioni: in primo luogo perch una cosa quello che il sistema scolastico dice di fare ed un'altra quello che in effetti fa (discrepanza fra obiettivi dichiarati ed obiettivi operativi); -in secondo luogo perch l'autonomia di cui gode la scuola rispetto al potere economico, la sua lontananza da esso, la pongono nella condizione di non poter decidere circa le proprie sorti, poich non vi modo, da parte dei suoi agenti, di influire sulla pianificazione e la allocazione delle risorse che le sono necessarie (discrepanza fra azione finalizzata e condizioni contestuali); - infine poich una buona parte degli aspetti formativi che passano nel rapporto educativo non corrispondente a quei contenuti che esplicitamente i programmi scolastici prevedono (discrepanza fra funzioni manifeste e funzioni latenti della scuola). - Perci sarebbe fuorviante o perlomeno limitante, quando si analizza la formazione, partire dalla autorappresentazione dei formatori. Occorre invece innanzitutto partire da una analisi degli obiettivi reali che la scuola si pone nel momento della pratica pedagogica. Ci possibile se chi analizza la formazione compie una osservazione sistematica della formazione stessa. Ad esempio nel cercare di comprendere gli obiettivi reali che un docente, o un gruppo di docenti persegue rispetto ad un bambino con difficolt di apprendimento, sarebbe limitante, e a volte fuorviante, ridursi all'analisi della programmazione individualizzata da essi messa per iscritto. Occorre una osservazione sistematica della pratica quotidiana per comprendere: la stessa cosa, ovvio, vale anche per quel che concretamente si fa nei vari scomparti del sistema sanitario (Psicologia, Psichiatria Infantile, Neurologia, etc.). - Dato per il fatto che - come si diceva prima - loggetto dellosservazione costituito dallinsieme delle funzioni manifeste e latenti della scuola (e del sistema sanitario) ne discende una importante considerazione di metodo: losservazione (e lauto-osservazione) nel nostro caso non potr che essere di tipo interpretativo (Borgogno, Lai). Gran parte delle cose che diremo nel presente lavoro sono figlie di questo tipo di analisi del processo formativo: il fatto stesso che nel titolo si parli di figure della formazione vuol significare che determinati problemi, quelli psicologici, anche in questo caso si presentano attraverso il sintomo, che allo stesso modo cela e presentifica la parte sommersa delliceberg, presentandocela sotto forma di "figure" che occorre interpretare, e cio ricondurre ai problemi sottostanti perch altrimenti ci appariranno sempre pi come sfingee e ci spingeranno a dare risposte o liquidatorie, o stereotipate, o, ancora, esse stesse sintomatiche. - Infine non secondario cercare di comprendere in base a quali criteri lo stato gestisce il problema della spesa destinata alla scuola. Per fare un esempio classico noto come l'istituzione della scuola media unica, avvenuta alla met degli anni 60 possa essere riconducibile ai problemi congiunturali del boom economico (Crainz) che la societ italiana stava affrontando in quegli anni.

Sarebbe opportuno oggi, di fronte ormai alla prospettiva concreta dell'elevamento dell'obbligo a 16 anni, cercare di comprendere quali nodi congiunturali attuali spingono lo stato verso questa deliberazione. ...DEL SOGGETTO... Si tratta cio di un soggetto e non di un oggetto, anzi si tratta di un rapporto fra pi soggetti: il discente, i suoi pari, i docenti, i riabilitatori, le famiglie. Ognuno di questi soggetti ha lo spessore che gli deriva dalla propria individualit, individualit che a sua volta non riconducibile a nessuno degli altri soggetti, anche nelle situazioni in cui l'asimmetria dei poteri pi netta e cio con i bambini piccoli e con i disabili. - Qualsiasi tendenza oggettivante quindi implica una riduzione che sempre doppia, che si esercita cio non solo sul discente, ma anche sull'adulto che lo oggettiva. Trattare uomini come fossero oggetti, non dimentichiamolo, secondo Goffman, il fine primario che lo staff persegue nelle istituzioni totali (Goffman, 1968): ancora una volta l'invito quindi a guardare la trave che nel proprio occhio, prima di vedere la pagliuzza che nell'occhio dell'altro. La tendenza a ridurre la propria prassi istituzionale a quella tipica delle istituzioni totali sempre dietro l'angolo, anche nelle nostre classi, anche nei nostri ambulatori. -Da ci una critica agli approcci scientisti, sia quando essi emergono allinterno delle discipline pedagogiche, sia (come vedremo meglio nel terzo paragrafo) allorch siano, pi o meno esplicitamente, presenti nella psicologia e nella neuropsichiatria. La nostra, quindi non sar una analisi di oggetti, ma di relazioni: ci implica anche la necessit, sia per gli educatori, che per i riabilitatori, di integrare il registro diagnostico con quello dialogico e riabilitativo, il sapere razionale con quello ermeneutico ed interpretativo (Napolitani,1987). Se il soggetto per il diagnosta, per lo psicometrista, per il tecnico dei curricola un oggetto inerte da studiare freddamente, per l'educatore e per il riabilitatore un soggetto libidico pieno di passioni con il quale con altrettanta passione opportuno dialogare. - Anche gli approcci economicisti sono messi in crisi dalla consistenza di questo rapporto. Infatti, se importante fare sempre una indagine sui problemi economici che sono al fondo delle varie politiche scolastiche, altrettanto importante esser coscienti del fatto che non si pu limitare il problema a questo suo aspetto particolare. Come dice Egle Becchi, in polemica con l'approccio strutturalista di Althusser, a ben vedere "la scuola risulta come un'agenzia assai meno monolitica" di come una interpretazione economicistica tende a vederla," poich al suo interno la riproduzione sociale si realizza in modo variegato...e si dimostra capace di veicolare ideologie plurime, talora molto distanti pur nella loro contemporaneit" (Becchi,1987). ...IN ETA' EVOLUTIVA... Il soggetto un soggetto in evoluzione. Vi nel termine "evolutivo" un aspetto "radicale" che merita la nostra attenzione. Quella radice, quel fulcro "volvere", volgere, ci riporta nel pieno dell'atto e-ducativo, laddove si evidenzia la violenza

dell'atto stesso che un atto che impone al bambino un passaggio dalla natura alla cultura, dalla ferinit alla civilt, un atto di inculturazione, di socializzazione. Ebbene latto del volgere pu essere modulato in vari modi: -Vi pu essere appunto una e-voluzione, cio una gradualit nel passaggio, che per non ci esime dal conoscere e trattare i problemi "di fase" che il soggetto deve affrontare e risolvere lungo questo terreno di crescita e di passaggio da un'et ad un'altra. - Nonostante tutte le circospezioni a volte, per, i nodi critici implicano degli sconvolgimenti, delle vere e proprie catastrofi che mettono a dura prova l'identit personale del soggetto in et evolutiva (Erikson: rimanere se stessi nel cambiamento). - Il soggetto, di fronte alle difficolt, pu in-volvere, rifugiarsi della regressione, bloccarsi, far fatica a tenere il passo. - Oppure pu sentire il bisogno di essere co-in-volto o non essere co-in-volto, di rimanere solo, di fermarsi, di ri-volgersi su se stesso ( il dibattersi nella bonaccia di cui parla Winnicott a proposito dell'adolescente, ad esempio) (Winnicott,1968). - Ma l'azione dell'adulto, il suo desiderio, direbbero i francesi2 si esplica e tende per lo meno a co-in-volgere il bambino, cio ad attrarlo verso un obiettivo da perseguire insieme, e, possibilmente, insieme al resto della classe, o della sezione. - Pu, se la sua passione pi forte, av-volgerlo , o av-vincerlo per condurlo all'interno della trama del suo racconto (come vedremo meglio in seguito, quando parleremo del buon raccontatore e della sua udienza). - Pu, se il suo fare captatorio, intrusivo, irrispettoso dell'individualit, della soggettivit del discente, stra-volgere il discente stesso. - eccetera. ...AFFINCHE' DOMANI... Domani vi quindi un investimento a lungo termine su questo soggetto che evolve. "Ma quando arriva questo domani che gi ha gli anni di Nestore o di Priamo!", diceva Marziale a proposito di un certo Postumo, che rimandava tutto e sempre al domani: ed a ben vedere, anche nel nostro caso il domani tende sempre pi ad avere gli anni di Nestore o di Priamo. E un domani dalla barba bianca quello che il soggetto in et evolutiva si dispone ad attendere allorch entra a scuola e nulla lo garantisce del fatto che il domani si con-formi al tipo di preparazione, di formazione che oggi egli va acquisendo a scuola. -Il rischio quindi di una obsolescenza della forza-lavoro rispetto alle esigenze produttive, rispetto ai cambiamenti imposti dal progesso tecnologico (Offe) obsolescenza paradossalmente precoce, che rischia di consumasi prima ancora che il soggetto in formazione si affacci; sul mercato del lavoro: il rischio quindi che gli investimenti fatti dallo stato nel campo della riproduzione di forza-lavoro disponibile vadano sprecati a priori. -E' per rispondere adeguatamente a questi problemi che nata l'economia dell'educazione (Offe) che si propone di ridurre l'ampiezza di questi rischi ricorrendo essenzialmente a due meccanismi equilibratori: il primo la pianificazione scolastica,
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cfr E.Becchi,1981

che oggi tende a ridurre lo scarto fra obiettivi attuali ed esigenze imprevedibili del futuro mediante una sorta di iper-formazione che consiste in una preparazione del soggetto in et evolutiva non tanto sulle possibili tecnologie del futuro, ma sulle possibilit di adattamento flessibile della futura forza-lavoro a qualsiasi cambiamento; la seconda strategia quella della formazione on the job di cui abbiamo gi parlato. ...POSSA ENTRARE NEL MONDO DEL LAVORO... Quindi vi una domanda di forza lavoro, legata ai mutamenti tecnologici, alla quale corrisponde una offerta di forza-lavoro, che le varie agenzie formative, e la scuola in particolare tentano di adattare ai mutamenti presenti. Ci implicherebbe, a fronte di una rapidissima trasformazione delle tecnologie, quale quella che sta avvenendo sempre pi oggi nel mondo occidentale, un crescente aumento del tempo occorrente per formare una forza-lavoro che sia adeguata alle trasformazioni della domanda. In effetti per questa che, a grandi linee, una verit incontrovertibile, in certe intercapedini della produzione diventa un elemento problematico: dal lato della domanda di lavoro infatti pu accadere che la domanda stessa cambi , ma per occupare forza-lavoro pi qualificata allo stesso livello di prima- e non ad un livello superiore (Offe). Non sempre vero, cio, che la qualificazione comporti una maggiore "agilit" di colui che ne possessore nel fare il salto in su sul piano della mobilit verticale. -Cos come pu accadere che la forza-lavoro impiegata nella meta-produzione (produzione di macchinari, di tecnologia) con il suo lavoro spinga il resto della forzalavoro (o parte del resto della forza-lavoro ) verso la dequalificazione ( quello che accaduto con l'introduzione del taylorismo). -Dal lato dell'offerta di lavoro spesso accade che le condizioni dell'offerta determinano la domanda e spingano i datori di lavoro a selezionare in base a criteri "artificiali", che nulla hanno a che fare con le esigenze produttive. C' un caso,citato da A.Gorz 3. -Ma cosa chiede allora realmente il datore di lavoro alla formazione? In proposito le analisi di Sorokin sulla scuola americana degli anni 40, quella di Gintis sulla scuola degli anni 60 e quelle pi recenti di cui parla la Pontecorvo sono concordi nel sottolineare la centralit negli apprendimenti della introiezione dell'istanza dell'adattamento. Gintis elenca quelli che sono i punti di coerenza fra obiettivi manifesti o latenti della scuola e richieste del mercato del lavoro. Entrambi gli ambiti si basano: su rapporti di potere gerarchici; sul principio dell'economia di tempo; sul mantenimento dell'ordine disciplinare formale; sulla esaltazione della competizione; sulla valutazione individuale; sull'ostacolare le attivit cooperative; su sanzioni positive di tipo estrinseco (non basate cio sullattivit in s, ma sul suo valore di scambio);

(cit.in: Offe), emblematico in proposito, il caso di un tecnico che conosceva il calcolo differenziale, al contrario dei suoi operai, e che per questo era stato assunto in quella posizione, anche se questa conoscenza non era affatto necessaria per svolgere il compito che a quel gruppo era stato affidato.

sull'utilizzo di sanzioni negative basate sulla perdita del proprio status sociale e sull'esclusione dai gruppi di appartenenza informali; - Infine una richiesta che ormai viene rivolta sempre pi insistentemente alla scuola quella di integrare o di sussidiare la famiglia in quell'opera di educazione alla introiezione dell'etica del lavoro dominante che fino a qualche tempo fa veniva svolta prevalentemente in casa e che marcatamente vedeva la figura paterna come tramite pi o meno critico fra una generazione e l'altra dei principi che informavano dinamicamente le varie etiche del lavoro (Marcuse,1970). Occorre dire, per, che su questo piano la figura del docente ha sempre una possibilit di porsi in maniera critica, dialettica nei confronti della morale dominante ("le ideologie plurime" di cui parla Egle Becchi): possibilit sancita dal concetto di libert di insegnamento, ma in concreto connessa all'essere complessivo del docente che, cosciente o no, entra in gioco con il discente e lo (in-)segna di s. Ci determina una dialettica nuova fra scuola e famiglia contemporanea che, a mio avviso, non stata ancora attentamente analizzata. ...IN MANIERA DISCRIMINATA... Entriamo qui nel campo della funzione selettiva della scuola, che contrasta innanzitutto con l'ideologia dell'uguaglianza dei punti di partenza, che lo stato ha interesse a propagare per accreditare la propria immagine di entit neutrale nei conflitti di classe (Offe). Tutti i provvedimenti di tipo compensativo, tutte le politiche scolastiche che vanno in questa direzione hanno questa preoccupazione alle spalle. Al contrario di quanto sembra affermare Offe per, a mio avviso, c' compensazione e compensazione: ad esempio l'azione compensativa svolta dai Nidi e dalle Scuole per l'Infanzia qui in Emilia e Romagna produce, o almeno ha prodotto in passato un reale avvicinamento dei punti di partenza. -In effetti per le cose che "fanno selezione" in campo scolastico, come gi sappiamo (Parisi D., Tonucci, F.), sono innanzitutto il livello culturale dei genitori, ed in particolare della madre, le condizioni economiche della famiglia, e le condizioni in generale in cui avvenuta la socializzazione precoce. -Su questa base gi discriminata, al di l dei miti di uguaglianza dei punti di partenza, poi agisce la selezione scolastica, che sempre una doppia selezione: di censo e meritocratica. Vi un discrimine temporale fra i due tipi di selezione che la scuola storicamente ha fatto nelle societ industriali, un discrimine fra una situazione di "ieri" ed una di "oggi" che possiamo cos rappresentare:

La societ odierna cio pi aperta ad una mobilit verticale, o almeno alla speranza di una mobilit verticale, il che un forte fattore di integrazione sociale. -Della coerenza fra selezione scolastica ed esigenze del mercato del lavoro abbiamo detto (vedi soprattutto le considerazioni di Gintis). Della mancata coerenza fra fini formativi attuali ed esigenze del mercato nel momento in cui la forza-lavoro che si va formando oggi dovr entrarvi, cio dei rischi di obsolescenza della forza-lavoro abbiamo detto quando abbiamo parlato del domani ("del doman non v'ha certezza"). -Resta da vedere, a mo' di conclusione, cos' che seleziona "de facto" il docente? Da quanto fin qui detto non va sottovalutato il fatto che, a fianco e in certo qual modo "dentro" la selezione fatta sulle materie, sull'insieme cio delle competenze specifiche, specialistiche, c' una seconda, o forse addirittura una prima selezione che il docente fa ed quella che avviene in base all'adesione del discente all'adattamento, in base alla introiezione da parte dello scolaro di quell'insieme di regole di condotta che fanno la scuola cos simile, sotto certi versi, al mondo del lavoro: questo il vero e proprio apprendistato cui il discente deve sottoporsi perch domani risulti adatto al lavoro. -Un ultimo punto sulla qualificazione permanente, sui progetti di riqualificazione e sul loro rapporto con la selezione. Offe afferma che queste azioni educative hanno un indubbio significato consolatorio: danno infatti l'impressione ai soggetti coinvolti di poter cambiare status, nonostante nel frattempo la selezione abbia gi operato pi o meno apertamente,con pi o meno violenza. 3. IL SISTEMA SANITARIO E I LEARNING DISEASES Il sistema sanitario italiano definisce al proprio interno alcuni scomparti specifici cui viene delegata la cura dei learning diseases. Allinterno di questi scomparti uninsieme di professionisti (neuropsichiatri, psicologi, riabilitatori vari) formatisi allinterno di diverse discipline, hanno definito nel tempo varie tradizioni in base alle quali la cura dei problemi di apprendimento si esplica e si aggiorna. La NPI italiana come specialit si interessa di vari ordini di problemi: la psichiatria del bambino, la neurologia dell'et evolutiva, la neurolinguistica. Per rendere lidea di quanto specifica sia questa tradizione italiana si consideri che in Francia, sullo stesso campo di intervento sono previste tre specialit. Ci non avvenuto in Italia dove si son voluti unificare i tre ambiti di intervento specialistico in un unico campo, che perci diventato molto vasto. In generale una estensione cos marcata dellarea specialistica finisce con il creare tutta una serie di problemi. In questo modo il Npi 4 finisce di fatto con il privilegiare solo qualche aspetto del proprio ambito di intervento a scapito degli altri. Per il problema fino a questo punto non grande e, semmai, legato alla capacit del singolo specialista di controllare o meno le proprie parti interne megalomaniche.

Anche lo psicologo, qualora listituzione allinterno della quale lavora non abbia previsto alcun ambito specialistico circoscritto (psicologo dellet evolutiva, della sessualit e della coppia, del SERT, degli adulti, etc.), corre rischi identici a quelli del NPI.

Il problema diventa pi serio e comprende anche lo psicologo e i riabilitatori dellet evolutiva qualora si consideri come discrimine non solo l'ampiezza del proprio campo di intervento, ma anche il tipo di retroterra scientifico cui i vari professionisti fanno riferimento. Infatti non solo la NPI, ma anche la psicologia e la riabilitazione sono attraversate da una contraddizione di fondo fra due categorie del sapere: da una parte la categoria del sapere cos come inteso nello statuto delle scienze esatte, dall'altra il sapere che nasce dallo scambio, dalla partecipazione emotiva. Come si diceva pi sopra abbiamo cos da una parte un sapere essenzialmente diagnostico, dall'altra un sapere dialogico. Il primo figlio del sapere razionale ed implica la oggettivazione di colui che trattato; il secondo si gioca sul terreno dell'identificazione, ed ha come retroterra l'ermeneutica, ovvero l'arte dell'interpretazione. Sbaglierebbe di grosso per chi pensasse che solo il primo di questi approcci ha una "dignit" scientifica. Infatti solo una pre-tesa quella di chi arbitrariamente definisce come "scientifico" solo il proprio approccio, bocciando gli altri che a quell'approccio non si riferiscono 5. E' proprio a partire da questo irrigidimento, da questo atteggiamento "fondamentalista" che nasce lo scientismo con tutte le conseguenze e gli equivoci che, sul piano pratico, e non solo teoretico, poi ci portiamo dietro nei luoghi concreti del nostro operare. Ci per dire che quello che abbiamo chiamato sapere dialogico ha anch'esso una propria scienza, un proprio criterio di conoscenza, una propria epistemologia che attraversa ogni aspetto teoretico e pratico dei propri statuti. Finora i learning desaises sono stati affrontati prevalentemente sul versante del sapere diagnostico. Ci vero per la NPI che ha concentrato la sua attenzione sui problemi neurologici, neurolinguistici, etc.; ma vero anche per la psicologia: vedi la prevalenza che all'interno di questa disciplina ha avuto l'approccio cognitivista ai problemi dell'apprendimento; cognitivismo che ha, come tutti noi sappiamo, una grande bocca per descrivere, anche con estrema precisione, la natura del problema cognitivo, ma una piccola bocca sia per dare indicazioni di natura riabilitativa, sia soprattutto per capire ci che accade dentro al discente in difficolt sul piano degli investimenti affettivi, delle passioni nei confronti della materia, dei docenti, nonch dentro i docenti, i riabilitatori, e prima ancora, dentro le famiglie. I vantaggi che sono derivati da queste prospettive sono quelli della chiarezza e dell'efficacia descrittiva (ma, come diceva Maccaccro, a volte la diagnosi non altro che una maniera pi pomposa -e sostanzialmente tautologica- di dire quello che altrimenti stato gi intuito), nonch il passaggio da una conoscenza sensibile ad una pi razionale dei problemi. E certamente il passaggio da una conoscenza intuitiva dei problemi, ad una conoscenza pi razionale degli stessi un passo avanti importante, ma rimane il fatto che nel nostro caso, quello degli apprendimenti, la conoscenza razionale diventa una conoscenza monca, che si limita a inquadrare solo un aspetto del problema, poich il paio di lenti inforcate per osservarlo, quello oggettivante, non permette neanche di vedere ci che invece si vedrebbe, e bene, se si inforcasse l'altro paio di occhiali, quello "interpretativo", "ermeneutico", "relazionale". E' giunta l'ora di fare questo passo.

Per un tentativo di inquadramento del problema, visto soprattutto sul piano dellosservazione, cfr. Angelini L., 1995a.

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