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F U T U R O
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R A D I C I
A N T I C H E
CONFORMISMO CABARET
VI FA RIDERE RENZI?
Il simpaticone
di FRANCESCO DISA La retorica il pi astuto dei serpenti, e cambia forma in base alla terra su cui striscia. Dalle nostre parti, ad esempio, assume spesso la forma della simpatia. Si tratta di una manifestazione solo apparentemente banale, che non va considerata con superficialit; gi nel 23 Max Scheler le dedic un trattato, Essenza e forme della simpatia, ponendola nientemeno che al centro della costituzione dellidentit. Il filosofo tedesco per la declassava rispetto allamore, riconoscendola cieca di fronte al valore dell'altro. segue a pagina II
Senza pi mostri
di GIUSEPPE SANSONNA I mostri di celluloide sono in via di estinzione. Dino Risi e affini ne avevano catalogati a decine, negli anni sessanta. Da troppo tempo, invece, non trovano pi spazio sugli sbiaditi schermi del cinema italiano. Monotono nel riproporre macchiette anemiche, di maniera. In perenne affanno rispetto ad una realt affollata da devianze antropologiche, nate a imitazione della televisione pi corriva. Lattuale commedia italiana, salvo rare eccezioni, ai baccanali grossolani della Roma polveriniana contrappone le prostitute edificanti di Nessuno mi pu giudicare. segue a pagina III
(ie rpr ocgie i p) Inr iebsal dr i t a e u , rmaz m i cmbntr ,rs r e tr o no tc o ia i t t i Soi ro oo a oe a i naf t ie i sf r i a a e Fl oi o ,ns o a dL ceiG. A Maea F a c Vra dtr i urz o G. . t - rno eg E i e r o V lme e ( t dtv aR maz) ou Z r i r ut o l o no o no i
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II
DA MACHIAVELLI A HOBSBAWM
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Chi avvicina questa creatura quasi mitologica noter per prima la testa di Bartali, che col suo l tutto sbagliato, l tutto da rifare d lo spunto a una rottamazione che forse solo un toscano, se davvero stufo, ha il coraggio di propugnare. Curzio Malaparte scrisse che molti guai si sarebbero risparmiati, se Mussolini, invece di parlare dal balcone di Palazzo Venezia, avesse parlato dal terrazzino di Palazzo Vecchio, come dire, lanimo toscano, per quanto irriverente e ironico, colmo di pietas, e non pu far troppo male. il popolo dello scherzo fatto sul serio e del serio preso per scherzo, di cui Amici Miei il manifesto; un uomo nato in questa terra non pu certo ricostruire il paese col cattivo umore: A chi ci insulta rispondiamo con un sorriso Uno sbadiglio ci seppellir. [] questi leader tristi del Pd; le parole del sindaco di Firenze lasciano capire che la prima lezione dello Stil novo sia combattere la noia col riso: entra in gioco la comicit, di cui i toscani sono indiscussi maestri. Ciondolando a destra e sinistra si sporge dallidra la testa di Benigni, di cui Renzi imita le cadenze e con cui condivide pare anche una sana passione per Dante, che (leggete in toscano:) [] era un ganzo! Amava l'amore, amava la politica, amava le passioni forti. Detta male: gli garbava vivere. Ma dal celebre comico egli assorbe anche un certo modo di criticare, il si fa per ridere eh, con cui si pu fare di tutto senza farsi odiare, dallalzare la gonna alla Carr a una veloce visitina ad Arcore.
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Grazie alla comicit, ai comizi del giovane politico il pubblico si sganascia senza freno; tutto un ridere, uno spanciarsi: Come far a ridurre il debito pubblico di 400 miliardi in soli 3 anni? (sempre in toscano:) Se rispondo punto per punto, mi accuseranno di essere rimasto fermo al tempo in cui partecipavo ai telequiz!.Cosa risponde al dossier pubblicato dallEspresso? (come sopra:) il piano esiste! L'hanno firmato non solo Verdini e Dell'Utri, ma an-
Bisogna per prestare attenzione; la toscanit non manca di trappole, come ad esempio lumorismo erotico, inadatto a una campagna elettorale. Lidra renziana decide dunque di decapitare la testa spennacchiata di Ceccherini a favore di quella buona e ricciuta di Pieraccioni. Al pari dei personaggi del comico toscano, Renzi normalizza la carica dissacrante del dialetto, sostituendo alleros profano un pi conveniente amor cortese. Al sesso preferisce cos lesaltazione della bellezza, con luso reiterato di l una osa meravigliosa/straordinaria, talvolta anche doppio: [] le primarie sono un'occasione straordinaria e strepitosa. Non manca poi il capoccione popolare di Panariello, che suggerisce un paterno boooni... quando la platea mostra segni di agitazione, e lascia intuire che i ruoli potrebbero essere invertiti, perch lui uno di noi. Lidra della toscanit non tradisce neanche lo spirito della zingarata, e per le sue peregrinazioni utilizza un camper, dal quale si affaccia con una camicia bianca talvolta a mezze maniche - probabilmente suggerita da unaltra delle sue teste, quella marrone di Carlo Conti. Un vecchio proverbio toscano recita che l'amore, l'inganno e il bisogno insegnano la rettorica; cosa abbia spinto Matteo a questarte non la domanda in questione, anche se probabile che per ricostruire lItalia sar necessario calpestare questo serpente che la mastica impunito da decenni, e non limitarsi a nasconderlo sotto una palata di terra della maremma. FRANCESCO DISA
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III
LA DISSACRAZIONE JACOBSON
Se si pu ridere dellorrore
di DANIELA RANIERI Quando gli dicono che il Philip Roth britannico, lui risponde che preferisce essere considerato il Jane Austen ebreo. E in effetti i suoi temi sono i sentimenti e il loro rovescio cerebrale, il portato di pena e volutt del tradimento, la condizione di straniero nella terra dellamore e in quella, promessa, del suo popolo, la cui frequentazione nel ghetto di Manchester gli suscita alternativamente ribrezzo, compassione e una specie complicata di sedotta indifferenza. Ha vinto il Man Booker Prize con Lenigma di Finkler (Cargo edizioni) in cui affronta il tema insidioso dellantisemitismo ebraico, con un protagonista inetto che somiglia un po, vagamente a Brad Pitt. Poco prima, con Un amore perfetto (sempre Cargo), aveva dimostrato la forza atletica, anzi acrobatica della sua scrittura, raccontando, in sostanza, lebbrezza di venire traditi dalla propria moglie. Con Kalooki nights, il suo capolavoro, riesce in quello che a nessuno venuto mai in mente di fare. Intrecciando il racconto della sua adolescenza in compagnia del complessato Manny in un sobborgo ebraico di Manchester con quello del presente in cui deve rintracciarlo per fargli dire in tv i motivi per cui ha ucciso i genitori (ebrei ortodossi e mortiferi), ritorce nevroticamente un filo spinato dentro questa doppia elica: si tratta del para-racconto - forse una fantasia infantile trascinata nellet adulta e avvitata nella coazione a sposare donne gentili (cio non ebree) se non proprio ariane la cui voce narrante un prigioniero a Buchenwald che languisce damore per Ilse Koch, la moglie del comandante del campo Karl Otto Koch, nota alla Storia come la puttana di Buchenwald. Quello che riesce a fare Jacobson incredibile: col registro piano della testimonianza tragica, mostra al lettore il risvolto inquietante dellorrore eccezionale, fino ad infrangere il limite supremo dei racconti della Shoah, quello della fascinazione erotica per laguzzino, e di una volutt della sconfitta che solo in parte coincide col masochismo. Il risultato quello di impastare nel lettore una gamma di emozioni che vanno dalla rabbia alla commozione fino al sospetto di essere stato manipolato, provocato fin nel midollo a percepire la tensione erotica nel contesto storico pi spaventoso che esista.
Mostri e macchiette
(segue dalla copertina) Del satyricon in perenne espansione in cui viviamo non rimane traccia nelle commedie giovanili in serie, nelle stucchevoli notti prima degli esami, nelle pochade vacue di Salemme e affini. Una presenza perturbante come Ratzinger, un tempo, avrebbe acceso le contorsioni visive di Petri e Ferreri. Oggi, affiancato da Checco Zalone, diventa un caratterista minimo, un vecchietto bonario goloso di cozze pelose e con laccento da Sturmtruppen. Non semplice trovare una misura per raccontare un contesto gi barocco, senza sbracare nella volgarit compiaciuta dei film natalizi. Implacabili nel replicare trionfalmente lesistente, senza traccia di senso critico. Ci vorrebbero degli autori, autonomi e consapevoli dei propri mezzi. Ma anche loro sembrano in difficolt. Emblematico il caso di Daniele Cipr, recentemente celebrato a Venezia. Nicola Ciraulo, protagonista del suo stato il figlio, sembra il rigurgito postumo di un cinema perduto. Ha la faccia dolente di Toni Servillo e vive in una Palermo metafisica, circoscritta a grigi palazzoni di cemento. Un sottoproletario piccolo piccolo, primo parto autonomo del regista palermitano, esordiente alla regia solitaria dopo la separazione artistica da Franco Maresco. che innescher nuove tragedie. Eppure nel film latitano quasi del tutto pathos e ferocia, nonostante alcuni intermittenti lampi di regia. Celebrato a Venezia, stato il figlio sembra una galleria di personaggi tendenti al buffo, fondamentalmente innocui.
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Il suo ultimo libro Zoo time (edito a Londra da Bloomsbury Publishing e non ancora tradotto in Italia), unallegoria dellestinzione della scrittura, delleditoria, del matrimonio, della civilt - in cui alcuni temi a lui cari come limpraticit del protagonista maschile, il misantropismo offeso, la ricerca del dolore e di tutti i tipi di bruciante sconfitta, lintricata ilarit delle situazioni umane, la capacit di nuocere degli individui comuni, laspetto ferale, dozzinale e sublime dellerotismo, vengono condotti fino allapoteosi. Guy Ableman (il nome unallusione a un tizio qualunque antifrasticamente definito abile, cio potente) uno scrittore fallito, ma non definitivamente: piuttosto, uno scrittore continuamente fallimentare. sposato con la complicata Vanessa, ma vuole portarsi a letto la suocera. Scrive libri di unambiguit sessuale furiosa e lacerante che viene rimestata dalla sansa torbida della provincia inglese, producendo unanamorfosi frustrante perch la realt per lui sempre deludente - dellispirazione che gli viene da D. H. Lawrence e Henry Miller. Laffinit tra luomo e lo scimmia (il primo libro di Guy si intitola Who Gives a Monkey?, pi o meno Chi se ne frega?), da ipotesi letteraria di libert e sfrenatezza erotica, si rovescia nella vita quotidiana in banale metafora dellabiezione. Lesilarante memoir dello scrittore nevrotico prevede recensioni-merda su Amazon, cocktail con popolarissimi scrittori uxoricidi, editor depressi che gli consigliano di autopromuoversi su twitter e poi si suicidano, incontri col mondo dei lettori, composto da categorie - donne, gay, pluralit, amici dei bambini - che si sentono tutte ugualmente offese. Come conseguenza psicosomatica della mancanza di reciprocit tra un s ripiegato e sedentario e il mondo ostile, lautore impotente deve fronteggiare anche la stitichezza.
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Latmosfera che regna nel libro quella della fine, in particolare delle parole. Mai pi, come ne Il Corvo di Poe, il leit motiv di ogni esperienza, dalla letteratura alla scelta del vino al ristorante. Daccordo con Bataille che lerotismo laffermazione della vita fin dentro la morte, Jacobson sa che le parole della fine sono il pi importante veicolo per la lussuria, ed abituato a muoversi tra gli estremi vertiginosi dellesistenza; ma in questo libro, in cui il narratore insieme specchio beffardo dellautore e suo degradante doppio, che la volutt tragica del desiderio e del lutto che percorre tutta la sua opera si incarna in una scrittura che vuol dire contemporanemente s stessa e la sua sparizione. La capacit inarrivabile di Jacobson quella di conciliare gli opposti con un linguaggio ironico e anti-cinico, che prigiona insieme il veleno e il suo antidoto. Lagevolezza ingannevole del suo stile si avvita fino alleccesso come la vite di Henry James: provocando fratture ai temi portanti dellesistenza - la morte, il sesso, la colpa, la vergogna emerge con la sua punta aguzza a ferirci e a farci il solletico. questo leffetto pi vorticoso che i suoi libri producono: quello di suscitare il riso sfrenato al cospetto dellestinzione.
La coppia part dai lampi televisivi di Cinico Tv per inventare un cinema estremo, radicale. Affogarono la commedia allitaliana in un gorgo grottesco, incastrando in abbacinanti campi lunghi le macerie edili e umane di Palermo. Ingaggiando nelle periferie della citt freaks autentici, ridotti allaprassia frontale e bidimensionale, come icone bizantine in decomposizione. Sospese tra la bruta fisiologia e un linguaggio disfunzionale, pieno di rantoli dialettali, tendente alla progressiva afasia beckettiana. Nei primi anni novanta regalavano risate raggelanti a malcapitate famiglie, sedute a tavola per cena, sintonizzate sulla Rai Tre anarcoide di Angelo Guglielmi. Il loro cinema ne estremizzer ulteriormente la poetica, trascinandola ai limiti dellinsostenibilit. Rendendo lancinante la nostalgia dellumano, come scrive Emiliano Morreale ne Linvenzione della nostalgia (Donzelli, 2009). stato il figlio induce invece a pensare che Cipr, accantonata la cupa profondit teorica di Maresco, abbia ricominciato a credere nel cinema amato, citandolo entusiasta e rinunciando a stuprarlo. Il suo Ciraulo una summa vivente della tradizione comica italiana. Canottiera unta e occhiali appannati, esibisce smorfie di compiaciuta ebetudine, camminate di tronfia miseria, sussurri eccitati. La figlia del protagonista viene uccisa per sbaglio, da sicari maldestri. Ma il dolore svapora subito, bruscamente soppiantato dalla brama per una Mercedes, da comprare con i soldi destinati alle vittime di mafia. Un oggetto del desiderio
Molto distanti dal pescivendolo napoletano protagonista di Reality, ultimo film di Matteo Garrone. Il regista romano elude gli stereotipi, cucendo il suo protagonista sullaspra autenticit di Aniello Arena, detenuto e attore nel carcere di Volterra. Lo sguardo di Garrone gli ansima addosso, con attento pudore. Ne descrive senza cinismo la spasmodica attesa di una chiamata nella casa del Grande Fratello, dopo un provino in cui ha confessato dolori e miserie, mai svelate nemmeno agli intimi. Reality racconta limpatto di un brand al tracollo, soppiantato da format pi estremi. I cui effetti sono per penetrati da tempo nel dna italiano: lo sversamento puntuale delle proprie mestizie interiori per accedere a qualche istante di visibilit un tic ormai endemico, socialmente trasversale. Ma il protagonista di Garrone rimane una vittima. Il mostro vero, il suo gioviale carnefice, rimasto fuori campo. facile per immaginarlo come un autore televisivo dalle buone letture. Sorridente, quando ti confessa di non guardare pi la televisione e di proibirla ai suoi figli. Nel suo passato intravedi un eskimo e intuisci qualche molotov. Nel suo presente c solo unaffettata contrizione per la deriva morale del mondo e per le spietate leggi dellaudience. Con sommessa ferocia, passa i suoi giorni a scansionare menti fragili e poco strutturate, meglio se con un passato ricco di traumi e disturbi alimentari. Nobilitando con banale erudizione il proprio ruolo sociale: In fondo il reality come la Commedia dellArte. Noi gli diamo un canovaccio, e loro fanno il resto.
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Paolo Sorrentino e lo stesso Garrone ne hanno scolpiti diversi, di personaggi cos complessi, rivelatori. Ma rimangono due eccezioni isolate, eccentriche, in un panorama cinematografico che tende a ripiegarsi su clich da fiction televisiva. Il nostro cinema appare zavorrato da autocensure aprioristiche e limitazioni produttive, ostaggio di un mercato monopolista, implacabile nel banalizzare il gusto, pi letale di qualsiasi forma di censura. Non incide nessun immaginario collettivo e non coglie sintomi di un futuro possibile. Eppure, proprio in virt di questo senso immanente di crisi, che sembra vanificare ogni legge commerciale, bisognerebbe concedersi lussi autoriali sfrenati. Con la disperata vitalit di chi non ha pi nulla da perdere. GIUSEPPE SANSONNA
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IV
POESIA DAMORE
(segue dalla copertina) Questantropologia greve, figlia soltanto della voglia merceologica di acchiappare pi pubblici possibile, diventa discorso egemone: i comici citano la televisione, la televisione cita i comici, i comici copiano i comici - le commedie scollacciate con Banfi e Montagnani con la loro sgangherata sciatteria erano pi libere, gli sketch degli Squallor avanguardia Sembra incredibile: le televisione satellitare ci d la possibilit di vederci tutte le sere il David Letterman Show, su internet si possono trovare gli spettacoli dei comedians sottotitolati (lode al lavoro di comedysubs), eppure nessuno sembra imparare. Le poche eccezioni rispetto a questo pensiero unico da risata pavloviana Maurizio Milani, Saverio Raimondo, Corrado Guzzanti, Alessandro Bergonzoni, Antonio Albanese, il gruppo della serie Boris, chi altro? rappresentano una minoranza. Sono artisti che almeno stanno nel loro tempo, a volte a tal punto da essere plagiari come Luttazzi o derivativi come i Soliti Idioti o ripetitivi come Lillo e Greg o populisti come Maurizio Crozza, ma almeno producono delle forme minimamente credibili, se confrontati con quello che possiamo vedere sulle tv straniere o sul web. Minoranze come il cooperative writing svolto dal sito Spinoza.it, per esempio, che vale anche pi per il metodo che per i risultati (molto buoni). Oppure, come i testi di Mattia Torre, ora pubblicati da Dalai, che hanno il pregio anche di rinnovare la comicit scritta (vedi la riedizione dei libri di Fantozzi per Stile Libero). Oppure, lultimo spettacolo di Teatro Sotterraneo, Homo ridens, che indaga dal vivo insieme al pubblico proprio i meccanismi della comicit. Oppure il lavoro ventennale di Antonio Rezza o del Tony Clifton Circus che distruggono la falsa catarsi del cabaret, per dar voce, vivaddio, a quella splendida violenza che non faccia sembrare la nostra reazione davanti a un comico sempre pi simile a una stanca, arrendevole, risata registrata. CHRISTIAN RAIMO
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