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PIAZZA DELLE ERBE
È denominata ufficialmente Piazza Cesare Battisti ma per i novaresi rimane piazza delle Erbe.
Venne preceduta nei secoli dai nomi di piazza delle Beccherie Maggiori, piazza Nuova, piazzetta,
piazza di S. Rocco, piazza della Verdura.Attorno al 1230 fu acquistata dalla corporazione dei
calzolai con l'intenzione di chiuderla e costruirvi alcune botteghe, ma la cittadinanza si oppose.Fino
al 1900 in piazza delle Erbe era esposto, in un'edicola di legno a due ante, un quadro di grandi
dimensioni di autore sconosciuto raffigurante il novarese S. Lorenzo, prete e martire. L'edicola
veniva aperta al mattino e chiusa alla sera.Il dipinto era particolarmente venerato da erbivendoli e
fruttivendoli cittadini, coloro che diedero il nome con cui ancora oggi è ricordata la piazza.Secondo
la tradizione le colonne in pietra dei portici della medioevale piazza, al lato nord, sono provenienti
da Biandrate come preda di guerra, quando l'allora potente borgo, rimasto fedele al Barbarossa, fu
distrutto dai novaresi schierati con la Lega lombarda.Certo è che, secondo un documento del
1223, il portico sud della piazza fu edificato dopo la distruzione di Milano del 1162 ad opera di
Federico Barbarossa.A parere dei seguaci della geomanzia, Piazza delle Erbe sarebbe uno dei
luoghi esoterici più importanti di Novara. Ampio spazio viene dato al triangolo "geodetico", il centro
convenzionale della città, ovvero il punto dal quale vengono misurate le distanze chilometriche tra
Novara e tutti gli altri centri urbani.Il "cuore" cittadino, collocato nella pavimentazione in porfido
della piazza, è rappresentato da una pietra di granito, di forma triangolare. All'inizio del mese di
gennaio del 1992, la pietra fu rubata da mani misteriose. Il 18 gennaio ricomparve, grazie ad un
prete che disse di averla ritrovata in un confessionale. La pietra venne ricollocata nel selciato ma
con un orientamento diverso dal precedente.

http://www.luoghimisteriosi.it/piemonte_novaraerbe.html
NOVARA - PIAZZA DELLE ERBE L TRIANGOLO ESOTERICO
Ufficialmente è Piazza Cesare Battisti, ma anticamente è sempre stata chiamata Piazza delle
Erbe, questo perchè fino al 1900 qui si trovava un'edicola di legno a due ante contenente un
quadro di S. Lorenzo martire, particolarmente venerato dagli erbivendoli e fruttivendoli novaresi.
Questo luogo, tanto semplice e all'apparenza privo di importanza è conosciuto nel mondo
esoterico come luogo "magico" più importante di Novara. Questo perchè la piazza si estende
secondo una precisa disposizione geometrica, formado un triangolo "geodetico", centro
convenzionale della città e cioè il punto da cui è possibile misurare le distanze precise da Novara
alle altre città.Questo triangolo, che in realtà costituisce il vero cuore vivo e palpitante di Novara,
incastonato nella piazza, è una pietra di granito.Purtroppo lo scorso gennaio del 1992 la pietra fu
rubata. Ricomparve il 18 gennaio misteriosamente dalle mani di un prete che disse di averla
ritrovata in un confessionale. Fu reincastonata, ma la posizione era troppo diversa dalla
precedente. Da quel momento si dice che la piazza perse la sua energia tellurica per via
dell'orientamento ormai sfasato.Non si sa se la pietra ritrovata era neppure la stessa. Qualcuno ha
voluto distruggere quell'importantissimo luogo

http://www.oknovara.it/novarese27.htm
Alla scoperta di Piazza delle Erbe, il più antico spazio storico novarese, attraverso i mutamenti del
tempo.Ogni vero novarese sa dove trovare il cuore della città, il centro pulsante che segna il ritmo
della storia non solo cittadina ma anche individuale, costante attraverso tutti i tempi. E’ una piccola
pietra bianca, sagomata, i cui contorni rimandano proprio ad un cuore stilizzato, e si trova
incastrata tra il porfido bruno davanti alla pizzeria di Piazza delle Erbe, facile da trovare. Per
estensione, questa antichissima piazzetta novarese è a sua volta il cuore cittadino. Uno spazio che
risale indietro nei secoli, addirittura nei millenni, dato che già in epoca Romana esisteva nello
stesso luogo uno spiazzo che era completamento del Foro adiacente, anche se solo nel 1200 si
avrà il primo documento scritto che parla di “uno slargo a fianco delle case dei Canonici della
Cattedrale dove tengono bottega i macellari” (in dialetto “bichè”, da cui il nome originale della
piazzetta, nota come “delle Beccherie Maggiori”). E’ proprio dal periodo medievale che possiamo
farci un’idea di come potesse apparire questa piccola piazza, una visione tutt’altro che piacevole:
una distesa putrescente di fango, sangue e altri liquami dovuti all’opera dei macellai e alla
mancanza di fognature, vera e propria discarica a cielo aperto, al punto che per poter transitare
(meglio, “guadare”) fu necessario costruire un ponticello di legno. In questo malsano ambiente si
stabilirono i calzolai, uniti in una gilda destinata a diventare potentissima, in modo da poter trattare
coi fornitori di pellame e cuoio con cui produrre le loro calzature. Il portico a settentrione, nel 1204,
fu appunto detto “de’ Calzolai”, ingrandito e rinforzato con colonne di pietra nel 1400. Il paratico dei
Calzolai divenne ricchissimo, in grado di fornire denaro allo stesso Comune indebitato e
pretendendo il controllo di tutto il lato settentrionale della piazza, cosa che non dovette certo fare
piacere ai Canonici della Cattedrale, padroni del lato sud, gelosi del loro predominio e decisi a non
recedere dal loro. La contesa si risolse secoli dopo a favore dei Calzolai che, diventati veri padroni
della piazza, imposero l’affitto ai mercanti che si radunavano per la vendita di merce.
Finalmente si poterono intraprendere lavori di abbellimento: scomparsi i macellai e i rigagnoli di
scolo, lo slargo viene pavimentato in pietra viva, le case si innalzarono attorno all’area. Ancora
oggi esiste l’imponente (per i tempi) costruzione di Palazzo Canobio, a levante, eretto nel 1400
dalla famiglia di commercianti il cui ultimo rappresentante, Amico Canobio, nel 1592 fece dono al
Comune dell’edificio, a patto che vi si aprisse nel suo interno una scuola per giovani di talento,
attiva dal 1603 al 1849. Si trattò di un’importante istituzione, con 500 allievi all’anno, passata ai
Gesuiti nel XVII secolo (inevitabile lo scontro col potere laico e un conseguente “isolamento” degli
studenti dal “volgo” di merciaioli, erbivendoli e “femmine spudorate”). La piazzetta si configura in
quel periodo come mercato ortolano, e da qui il nome conservato fino ai nostri giorni di Piazza
delle Erbe, piena di bancarelle con frutta, verdura, pollame, ghiotte rane infilate in uno spago e,
nelle storiche postazioni del portico settentrionale, le botteghe dei calzolai.
Col tempo sotto gli stessi portici apparvero i primi negozi, di cui possiamo ricordare l’ottocentesca
Tipografia Miglio e i suoi preziosi volumi di storia cittadina, il corniciaio Colombo attivo per oltre
mezzo secolo nel portico di mezzogiorno, il famoso Caffè del Moro, ai primi del Novecento, molto
moderno con la sua gigantesca macchina per il caffè espresso e ritrovo per professionisti e
borghesi di giorno e tiratardi e sfaccendati di sera. Un edificio rilevante ma oggi non più esistente si
trovava a nord, appartenente alla gilda dei Calzolai e prima sede dell’Ospedale San Giuliano da
loro fondato: sotto il portico c’era un affresco dedicato a San Lorenzo, venerato dagli ortolani e
illuminato da una lanterna che era anche l’unico punto luce (assieme ai lumini davanti alle
immagini sacre dipinte sui muti delle case) durante le ore notturne prima dell’arrivo
dell’illuminazione pubblica, ad olio e poi a gas, intorno al 1861.Come la vicina piazza del Rosario,
anche Piazza delle Erbe è stata caratterizzata sin dalla prima metà dell’Ottocento dalla presenza di
un’edicola, capace di attirare attorno a sé la vita pubblica. Il chiosco era di forma goticheggiante,
con il tetto prima spiovente poi sostituito da una cupoletta di rame, in origine al centro dello slargo
ma dal 1910 a ridosso di Casa Canobio. A questa edicola è legata la figura dell’ultimo strillone
novarese, Dante Miramonti, che annunciava le notizie, storpiandole a volte argutamente, anche a
rischio di finire nei guai con i militi fascisti del periodo. La sua conoscenza del mondo della musica
fece dell’edicola il ritrovo preferito dei melomani novaresi, sia semplici appassionati che
professionisti del settore, come il tenore Antonio Spruzzola. E malgrado tutti i cambiamenti occorsi
nel tempo a questa piccola piazza, ancora oggi l’edicola, gestita da Giovanni Aquili e Renata
Regis, veicola l’attività dei novaresi in transito e affaccendati nelle loro incombenze, ai quali
comunque non sarà difficile percepire qui il cuore pulsante della città o vederlo incorniciato tra i
cubetti di porfido nel selciato.

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