Le prime reazioni polemiche contro Galileo provennero dal clero.
I gesuiti, tramite i loro astronomi
confermarono le tesi che erano presenti nel Sidereus nuncius e per questo avevano mantenuto un atteggiamento prudente. I domenicani cominciarono ad attaccare apertamente. Uno di questi fu Lorini che nel 1612 accusò di eresia i copernicani, e così fece anche Caccini nel 1615. Nel 1616 Lorini citò Galileo presso il Santo uffizio, denunciando il copernicanesimo e il modo di intendere il rapporto tra la scienza e le sacre scritture. Ma il diffondersi di queste polemiche indusse il Santo Uffizio a dichiarare che era falsa la tesi eliocentrica e che era falsa la mobilità della terra. A marzo del 1616, Galileo venne convocato per ordine di Paolo V dal cardinale Bellarmino e ammonito. Ma il verbale di questa seduta non è del tutto chiaro, perché il foglio non è accompagnato da nessuna firma né del notaio, né di Galileo, né dei testimoni. Alcuni storici negarono l’esistenza di un precetto nel 1616 e dichiararono che questo verbale fu scritto solamente per avere delle tesi contro Galileo. Dopo parecchi anni di silenzio, incoraggiato dall’elezione di papa Urbano VIII, Galileo ne 1632 pubblicò il Dialogo, descrivendo i due più grandi sistemi astronomici della storia. Urbano VII, fu convinto dagli avversari di Galileo di esser stato preso in giro dallo scienziato nella figura di Simplicio, dopo questo fece sospendere la diffusione dell’opera. Nell’ottobre del 1632 venne intimato di trasferirsi a Roma e di rendersi disponibile al commissario generale del Santo Uffizio. Per motivi di salute Galileo rinviò il suo trasferimento più volte, fino a quando non fu costretto a venire a Roma. L’accusa più pesante nei confronti di Galileo era quella di aver trasgredito il precetto del 1616, il quale gli vietava di difendere e di insegnare la dottrina di Copernico. Durante gli interrogatori Galileo si appellò solo alla notifica di Bellarmino, nel quale non compariva nessun divieto di insegnare la teoria copernicana, ma proibiva solamente di difenderla. Trovandosi senza difensori, Galileo disse che nel Dialogo non solo non aveva voluto insegnare il copernicanesimo, ma aveva voluto dimostrare la sua erroneità. Però in seguito Glielo modificò la sua posizione e ammise di essere andato contro l’ammonizione e di aver preso le difese dl copernicanesimo. Dopo un altro interrogatorio, gli inquisitori, il 22 giugno del 1633 emisero una loro definitiva sentenza e nello stesso giorno Galileo pronunciò la sua abiura del copernicanesimo.