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Giampaolo Tassinari

It can never be taken


away from us…
1946-1957: gli ultimi dodici anni dell’epopea di una squadra destinata
a lasciare un segno indelebile e leggendario nella storia del baseball
nonostante stagioni tanto vincenti quanto frustranti ed in apparenza
segnate da un destino spietato e feroce…
Indice
Pag. 4 Presentazione
Pag. 5 Personalmente…
Pag. 7 Prima di diventare Dodgers
Pag. 7 I tre stop alle World Series prima del 1947
Pag. 8 1946-1949 Consistenza e delusioni
Pag. 20 1950-1953 La migliore squadra di tutte, ma…
Pag. 36 1954-1957 Le ultime quattro stagioni
Pag. 69 Record di regular season 1946-1957
Pag. 70 Alcuni numeri delle carriere con Brooklyn
Pag. 72 In memoriam Carl Furillo

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3
Presentazione
In qualsiasi sport di squadra ci sono club che lasciano la loro marca indelebile per una sola
stagione. Zeppi di grandi fuoriclasse, tutto fila liscio ed ecco che le porte del Gotha
improvvisamente si spalancano per le imprese più impensabili. E poi ci sono squadre che
invece patiscono per anni. Arrivano molto spesso all’atto finale ma poi qualcosa finisce sempre
per andare storto e tutto è da rifare nella stagione seguente. E la china diventa sempre più
irraggiungibile e la frustrazione del management e degli appassionati non ha più fine e sembra
che mai in questa vita qualcosa possa andare diritto fino in fondo perché “i cattivi”, tanto,
vincono sempre mentre “i nostri” non ce la potranno mai fare. Questa è pertanto la storia di
dodici stagioni, o meglio delle “ultime dodici stagioni”, dei Brooklyn Dodgers prima che alla
fine del campionato del 1957 il proprietario Walter O’Malley decidesse di trasferire capra e
cavoli a Los Angeles. Dove per quanto di leggendario potesse accadere negli anni a venire,
nulla fu più come all’Ebbets Field di Brooklyn sebbene il nickname della squadra fosse sempre
rimasto “Dodgers”. Dalla fine del secondo conflitto mondiale fino al termine del decennio
seguente, si sa, il baseball della Major League fu targato New York con gli Yankees ed i Giants
ed anche con l’espressione di un solo estesissimo quartiere, Brooklyn, che attraverso i suoi
Dodgers si scavò un posto tutto suo nella leggenda del baseball. Le pagine che seguono
vogliono di conseguenza ricordare per sempre quei Brooklyn Dodgers ed i tanti dolori come le
tante imprese che compirono dal 1946 al 1957 e che così si possono riassumere:

6 World Series disputate


2 spareggi per il Pennant della National League disputati
2 secondi posti al termine della regular season nella National League
2 terzi posti al termine della regular season nella National League

Queste furono le risultanze delle ultime dodici stagioni dei Brooklyn Dodgers prima di venire
malauguratamente trasferiti a Los Angeles. Un lutto non ancora completamente elaborato,
dopo oltre mezzo secolo dalla decisione, da un intero quartiere…

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Personalmente…
Io e il baseball siamo vecchissimi amici. Da bambino, all’età dei nove anni circa vedevo
giocare in parrocchia alcuni ragazzi di qualche anno più grandi di me. E già mi chiedevo circa
il funzionamento di alcune regole e soprattutto quanti eliminati servissero per chiudere
l’attacco di una squadra. Ricordo, come fosse oggi, la cronaca su uno dei due canali RAI a
metà anni ’70 del match di campionato Bollate-Novara ad opera del conosciutissimo
giornalista Mario Poltronieri e di come io stessi attentissimo a capire tutte le regole di gioco.
Io e il baseball statunitense siamo vecchissimi amici. Ho amato da subito i New York Yankees
e detestato immediatamente i Los Angeles Dodgers in quella fase dell’adolescenza dove “il
mito a stelle e strisce ed ancor più della Grande Mela” mi obnubilava gli occhi dai New York
Cosmos di calcio ai New York Knickerbockers di pallacanestro, ai New York Rangers di
hockey su ghiaccio del buon Phil Esposito senza disdegnare i cugini dei New York Islanders
provenienti dal quartiere ricco del Queen’s. Niente avevo neppure contro i New York Mets ma
gli Yankees rimanevano qualcosa di particolarissimo vuoi anche perché sapevo già qualcosina,
a tredici anni, di Babe Ruth e di Joe Di Maggio. Ed anche perché ero rimasto affascinato dal
film sulla vita di Lou Gehrig interpretato magistralmente da Gary Cooper. Oramai della
simpatia per tutto quello che è a stelle e strisce mi rimane ben poco: i fumetti dei Peanuts, la
saga di John e Robert Kennedy ed il baseball. E sebbene io nutra una stima enorme per Joe
Torre, attuale manager dei Los Angeles Dodgers, e per le squadre dei Pittsburgh Pirates e dei
Cincinnati Reds, in realtà il fascino del baseball oggiorno mi proviene interamente da quello
cubano e da quello messicano senza perdere di vista certe leggende di quello giapponese, il Pro
Yakyu, come l’immortale Sadaharu Oh (autore del record mondiale di fuoricampo con
868…alla faccia di Barry Bonds e Hank Aaron…) od il suo compagno di squadra, ed al
contempo rivale, che si chiamò Shigeo Nagashima. E siccome per me la preservazione della
memoria e della storia sportiva hanno una valenza ben superiore al presente, non potevo non
rimanere affascinato, anzi innamorato, dai Brooklyn Dodgers. Tanto che se mi si chiede oggi
per chi simpatizzo in Major League la mia risposta immediata è appunto: “i Brooklyn
Dodgers!!”. Brooklyn fu l’unico quartiere di una città che diede una squadra professionistica al
baseball in Major League. E attraverso quella squadra alcuni milioni di persone si seppero
immedesimare e riconoscere riuscendo a lenire le sofferenze di una quotidianità che nel
secondo dopoguerra non era certo rose e fiori anche se i film d’oltreoceano ci mostrano sempre
un’intera nazione prosperosa, ricca, serena e sorridente e dove tutto era ortodosso, giusto e
vincente. Accompagnando le gesta di Duke Snyder, Roy Campanella, Jackie Robinson, Gil
Hodges, capitan PeeWee Reese, del mio beniamino Carl Furillo e di decine di altri campioni,
innumerevoli appassionati poterono vivere ogni anno, da Aprile ad Ottobre, giornate uniche
ed irripetibili sempre all’inseguimento del sogno ovvero riuscire a vincere le World Series che
sembravano per diritto divino essere di proprietà degli odiatissimi nemici dei New York
Yankees di stanza nel quartiere del Bronx. Non so bene, in tutta onestà, come ho fatto ad
innamorarmi così profondamente ed irrimediabilmente dei Brooklyn Dodgers. So solamente
che più del nickname mi ha certamente colpito il nome del quartiere. Un enorme quartiere, ma
sarebbe più concreto e giusto chiamarlo “città”. Brooklyn per decenni è stato considerato da
tutto il restante agglomerato urbano di New York come un posto infimo in cui immigrati
italiani, irlandesi, ebrei e centroamericani spopolavano in mezzo a milioni di vite da
ricostruirsi per mezzo di una quotidianità tutta da inventarsi vivendo spesso di espedienti. Un
quartiere quindi di rifiutati, di persone con esistenze da border line, di prostitute e case
diroccate, di parenti poveri dei benestanti che avevano attinto a piene mani dal “sogno
americano”. Non faceva specie nemmeno il diamante dell’Ebbets Field, il più piccolo di tutti
quelli utilizzati negli anni ’40 e ’50 in Major League. Dove picchiare un fuoricampo era più
facile che allo Yankee Stadium o al Polo Grounds o al Forbes Field di Pittsburgh, ad esempio.

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Eppure tutti gli avversari dovettero passare dal supplizio della gogna rappresentato proprio
dall’Ebbets Field dove le sconfitte subite per mano dei padroni di casa bruciavano ancora di
più. Un club, i Dodgers, che nelle ultime diciannove stagioni in cui rimasero a Brooklyn
ebbero solo quella del 1944 in cui ottennero meno vittorie che sconfitte, abituando sempre più i
propri appassionati ad avere il palato fino, addirittura finissimo e mai sazio. Se mi chiedete i
giocatori che più mi hanno affascinato direi in assoluto Carl Furillo (il mio preferito)
soprannominato “Skoonj”, Don Hoak e Billy Loes. Non chiedetemi però il perché: non saprei
dirvelo. Mi basta sapere che in quel fatidico 1955 furono tre protagonisti assoluti. Non
dimentichiamo infine che furono proprio i Brooklyn Dodgers nel 1947 ad infrangere l’ufficiosa
“color barrier” che voleva sempre esclusi i giocatori non bianchi. L’allora general manager,
Branch Rickey, mise sotto contratto Jackie Robinson assegnato l’anno prima sotto
osservazione speciale e strettissima ai Montreal Royals dell’International League con cui vinse
il titolo venendo eletto Most Valuable Player della stagione. Un Jackie Robinson che aprì la
strada a tanti assi neri come ad esempio Willie Mays, Monte Irvin e Roy Campanella e persino
al quasi decrepito LeRoy “Satchel” Paige. Ai Brooklyn Dodgers debbo pertanto la mia
sconfinata simpatia ed affezione. Una di quelle favole leggendarie che aiutano a vivere meglio
perché sì, lo ammetto, nasce dalla forza e dalla voglia di riscattarsi e di non mollare mai, per
caricarsi sulle spalle le speranze e gli aneliti di tanta gente che si sente vicina tutti i giorni e
verso la quale nasce giocoforza un rapporto di responsabilità biunivoca. Una storia anche di
sofferenza e frustrazione nata dal basso, dalla base, da chi veniva emarginato e spesso colpito
con scherno perché, come un bambino arrivato di fronte al negozio di giocattoli, o trovava la
porta sempre chiusa oppure vi poteva entrare con le mani legate…
Ecco quindi: i Brooklyn Dodgers sono sempre nel mio cuore quando penso al baseball.
E come potrebbero mai uscirsene?

Giampaolo Tassinari

novembre e dicembre 2009

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Prima di diventare Dodgers
1884-1887 Brooklyn Trolley Dodgers 4 stagioni
1888-1898 Brooklyn Bridegrooms 11 stagioni
1899-1913 Brooklyn Superbas 15 stagioni
1914-1931 Brooklyn Robins 18 stagioni
1932-1957 Brooklyn Dodgers 26 stagioni

74 stagioni in totale

Brooklyn Superbas Brooklyn Robins

I tre stop alle World Series prima del 1947


1916 I Brooklyn Robins perdono 1-4 contro i Boston Red Sox
1920 I Brooklyn Robins perdono 2-5 contro i Cleveland Indians
1941 I Brooklyn Dodgers perdono 1-4 contro i New York Yankees (inizia la “sindrome” da
Bronx Bombers…)

7
1946-1949
Consistenza e delusioni
La prima stagione del secondo dopoguerra, 1946, nonché ottava consecutiva sotto la guida del
sempre controverso manager Leo Durocher, riportò Brooklyn in vetta alla National League.
Dopo la sconfitta alle World Series del 1941, i Dodgers avevano inanellato quattro campionati
“di guerra” contraddittori giungendo secondi nel 1942, terzi nel 1943 e nel 1945 ma
precipitando al settimo (e penultimo) posto nel 1944 in quella che rimarrà la sola stagione
perdente degli ultimi diciannove anni di vita dei Dodgers a Brooklyn. Questo primo
campionato “di pace” vide i biancoblu alle prese col sistematico inseguimento dei capo
classifica ovvero dei Saint Louis Cardinals di Red Schoendienst e del già celebrato legnatore
Stan Musial. Si giunse agli ultimi giorni di regular season, prevista sulla lunghezza di 154
partite per ogni sodalizio, con i biancorossi leader della National League in vantaggio di
pochissimo su Brooklyn. Il 26 settembre, quando mancavano solo tre partite al termine del
lungo cammino, tra le mura amiche dell’Ebbets Field i padroni di casa vinsero 8-2 contro i
Philadelphia Phillies portandosi in testa alla classifica provvisoria col record di 95 vittorie e 57
sconfitte (ed un pareggio che non contava però ai fini del conteggio della percentuale) in attesa
che St.Louis il giorno seguente nel proprio ball park disputasse la sua sfida contro i Chicago
Cubs. Gli ospiti vinsero 7-2 tra l’amarezza generalizzata dei biancorossi e così a due gare dal
termine, che entrambe le contendenti avrebbero giocato sul proprio diamante, Brooklyn e
St.Louis erano in perfetta parità. Il giorno 28 settembre, un sabato, la classifica rimase
immutata perché Brooklyn superò 7-4 i Boston Braves laddove St. Louis ebbe la meglio per 4-1
sui Chicago Cubs. Si giunse quindi all’ultimo giorno di regular season col fiato sulle spalle e
dove la tensione era massima essendo in palio il cosiddetto Pennant ovvero il titolo di League
che avrebbe automaticamente dato diritto di partecipare alle World Series contro la squadra
campione dell’altra lega, l’American. La vexata-quaestio però non venne risolta nemmeno
domenica 29 settembre: Brooklyn cedette per 4-0 contro i Boston Braves davanti a quasi
trentunomila spettatori ammutoliti. E St. Louis non fu da meno mandando a casa quasi
ventiseimila fans per avere perso 8-3 sempre con i Cubs. Il regolamento impose a quel punto la
disputa di uno spareggio al meglio delle tre partite. Brooklyn aveva perso quindi il penultimo
treno per tornare, cinque anni dopo la sua ultima presenza, alle World Series. Adesso però
aveva di fronte l’ultima possibilità per agguantarlo. Martedì primo ottobre 1946 in quel di St.
Louis i padroni di casa vinsero 4-2 la prima partita di spareggio. Brooklyn si riavvicinò 3-2
nello score dopo la parte alta della settima ripresa ma nell’attacco seguente i Cardinals
allungarono di nuovo con una nuova corsa andata a buon fine, mantenendo il vantaggio di
due lunghezze fino all’ultimo out. Due giorni dopo all’Ebbets Field non vi fu storia: Brooklyn
riuscì a segnare, sotto per 8-1, le tre corse dell’inutile consolazione nel suo ultimo turno di
attacco finendo sconfitto 8-4 e perdendo così la mini-serie 2-0. Il Pennant fu quindi ad
appannaggio di St. Louis mentre per i Dodgers fu notte fonda.

Classifica della National League


dopo le gare del 29.9.1946 Giocate Vinte Perse Nulle Percentuale
Brooklyn Dodgers 155 96 58 1 .623
St. Louis Cardinals 154 96 58 - .623

Lo spareggio per il Pennant della National League del 1946


1.10.1946 Brooklyn 2, St. Louis 4
3.10.1946 St. Louis 8, Brooklyn 4

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Di questo beffardo 1946 per Brooklyn vi ricordo i nomi dei suoi principali giocatori: Bruce
Edwards e Ferrell Anderson (ricevitori), Ed Stevens e Howie Schultz (prime basi), Eddie
Stanky e Bob Ramazzotti (seconde basi), Cookie Lavagetto (terza base), Pee Wee Reese
(interbase), Pete Reiser, Carl Furillo, Dixie Walker (con .319 di media battuta), Augie Galan,
Dick Whitman e Gene Hermanski (tutti esterni). Sul monte di lancio si misero in evidenza
Hugh Casey, Joe Hatten, Kirby Higbe (17 vittorie), Vic Lombardi, Hank Behrman, Art
Herring ed il promettente ventenne Ralph Branca.

Cookie Lavagetto, numero 5, qui impegnato come Prima Base nelle World Series del 1941

Fu pertanto con immutata se non crescente, fiducia che i Brooklyn Dodgers affrontarono la
stagione 1947. Durante il precampionato però il manager Leo Durocher finì nell’occhio del
ciclone venendo sospeso per l’intera stagione dal commissioner Happy Chandler per essersi
“associato con noti scommettitori”. A parte le prime due partite del nuovo campionato, il
ruolo di manager toccò a Burt Shotton. Il quale non fece altro che migliorare la solidità e la
consistenza della sua squadra riuscendo così a vincere con cinque partite di vantaggio su St.
Louis il Pennant della National League e riportare Brooklyn alle World Series. Prima però di
addentrarmi nella finalissima di quell’anno segnalo le grandi novità che riguardarono il
movimento dei giocatori nei Brooklyn Dodgers di quel 1947. L’acuto e visionario general
manager Branch Rickey da anni aveva capito che buona parte dello sviluppo del baseball
professionistico sarebbe stato basato sull’utilizzo dei giocatori di colore, fino ad allora rifiutati
secondo un codice non scritto da tutte le squadre della Major League. Da decenni assi
eccezionali brillavano nei campionati delle Negro Leagues dovendosi però accontentare di

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paghe da fame o quasi e andando a disputare i campionati invernali a Cuba, in Messico, a
Porto Rico e nella Repubblica Dominicana.

Kirby Higbe Eddie Stanky


In quest’ultima isola fior fiore di giocatori di colore finirono addirittura sorvegliati a vista con
le armi dagli uomini del dittatore Rafael Trujillo proprio mentre disputavano il campionato
vestendo l’uniforme del suo club, i famosi Dragones de Ciudad Trujillo. Rickey aveva quindi
annusato l’aria e deciso che, fosse quella che sarebbe stata la reazione dell’opinione pubblica
statunitense, era ora di introdurre il primo giocatore di colore in una squadra di Major League.
La sua scelta cadde sull’eclettico Jackie Robinson che l’anno prima aveva militato nella
succursale dei Montreal Royals dell’International League che aveva condotto al titolo 1946
venendo eletto Giocatore dell’Anno nella lega. Quanto bastò quindi a Rickey per decidere il
grande passo ad inizio 1947. Naturalmente il manager ebbe diversi colloqui con Jackie
Robinson per testare la solidità mentale del giocatore in vista delle continue offese e
provocazioni che avrebbe subito in tutti gli stadi compreso, perché no, anche l’Ebbets Field.
Una volta assicuratosi che questo ragazzone forniva le garanzie adeguate, Rickey non ebbe più
alcun dubbio.

Jackie Robinson e Pee Wee Reese Jackie Robinson

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Ma non fu solo Jackie Robinson ad arrivare presso la corte dei Brooklyn Dodgers. Gli esterni
Al Gionfriddo e Duke Snider ed il ricevitore Gil Hodges si accasarono all’Ebbets Field con gli
ultimi due poco più che ventenni che promettevano veramente molto bene per il futuro.

Al Gionfriddo

Ed eccoci quindi alle World Series del 1947 dove Brooklyn si trovò di fronte i New York
Yankees con i quali esisteva già un conto aperto fin dal 1941 quando Brooklyn aveva perso
malamente 4-1 quelle gare di finale. Questa volta l’approccio e la resistenza di Brooklyn fu ben
diverso. La solidità e la spina dorsale della squadra confermarono anche all’atto conclusivo,
una volta di più, quale crescita e consistenza avesse avuto il gruppo sotto la gestione di
Shotton. I Bronx Bombers si portarono avanti 2-0 vincendo rispettivamente 5-3 (lanciatore
perdente Ralph Branca, tutte e cinque le corse degli Yankees furono segnate nella parte bassa
del quinto inning)) e 10-3 (lanciatore perdente Vic Lombardi, fuoricampo da una corsa per
Dixie Walker dei Dodgers) le prime due uscite, presentandosi di conseguenza con una certa
serenità all’Ebbets Field. Tra le amate mura di casa i Dodgers partirono sparati nel terzo
incontro segnando ben sei corse nella parte bassa del secondo inning per poi trovarsi in
vantaggio addirittura 9-4 dopo quattro riprese. A questo punto i Bronx Bombers reagirono
anche grazie ai fuoricampo di Di Maggio e Berra ma l’erosione del gap si fermò negli ultimi
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due attacchi ospiti cosicché Brooklyn riuscì a vincere, seppure con un po’ di fiatone, 9-8 e con
il box score che evidenziò tredici valide per parte. Sul monte di lancio la vittoria fu attribuita al
rilievo Hugh Casey. Con il morale risollevato Brooklyn scese sul diamante il giorno seguente,
venerdì 3 ottobre, per la quarta sfida. New York dopo quattro entrate aveva già scavato un
vantaggio di 2-0 ma nella quinta ripresa i locali accorciarono le distanze ad una sola
lunghezza. L’equilibrio rimase fino all’ultimo attacco dei padroni di casa che peraltro in otto
inning non avevano ancora messo a segno una sola valida a fronte delle robuste otto degli
ospiti. In situazione di due eliminati, ovvero ad un solo out dalla vittoria, il lanciatore ospite
Bevens si venne a trovare sotto un’ enorme pressione con il neo entrato Al Gionfriddo che,
inserito al posto di Carl Furillo, rubò la seconda base venendo seguito in prima dalla base
intenzionale concessa a Pete Reiser su istruzione del dugout newyorkese. La tensione salì alle
stelle: da una parte c’era chi attendeva il terzo eliminato, dall’altra tutti i presenti sugli spalti
erano consci che sulle basi Brooklyn aveva la chance di rovesciare lo score. Il problema per i
Dodgers però nasceva dall’asfittico attacco di quel giorno. E mentre il pinch runner Eddie
Miksis venne inserito da Shotton per correre al posto di Reiser, ecco apparire al piatto il
trentacinquenne pinch hitter Cookie Lavagetto. Che non fallì l’appuntamento, picchiando un
doppio sulla parte destra del campo che spedì Gionfriddo e Miksis a casa base per il 3-2 finale
in mezzo al tripudio degli oltre trentatremila presenti. Nuovamente la vittoria sul mound toccò
a Hugh Casey. Adesso la serie era impattata sul 2-2. Ventiquattrore dopo gli stessi volti si
ritrovarono per gara cinque sempre all’Ebbets Field. Inutile scrivere, forse, che Brooklyn
covava enormi aspettative per potersi presentare nel migliore dei modi per il prosieguo allo
Yankee Stadium. New York si portò in vantaggio 1-0 dopo quattro riprese, vantaggio che
divenne di 2-0 grazie al “solito” Di Maggio che nell’attacco seguente legnò un fuoricampo da
una corsa. Nel sesto attacco i Dodgers misero in tabellone la prima corsa con il singolo di
Jackie Robinson che spedì a casa Al Gionfriddo ma da quel momento in poi il buon lavoro
monticolare di Shea non permise più ai biancoblu di accumulare corse e speranze di rimonta.
Gara cinque quindi terminò 2-1 per gli ospiti (lanciatore perdente fu Rex Barney) che in virtù
di questo successo si riportarono in vantaggio 3-2 nella serie con gara sei prevista per il giorno
seguente. Nel gigantesco Yankee Stadium dopo tre inning Brooklyn, all’ultima spiaggia, si
trovò avanti nel punteggio 4-0 grazie ai ripetuti doppi di Pee Wee Reese, Jackie Robinson e
Dixie Walker ma nella seguente offensiva dei locali lo score venne livellato sul 4-4 quando i
battitori newyorkesi approfittarono del cattivo momento del lanciatore ospite Vic Lombardi.
Gli Yankees addirittura rovesciarono l’inerzia con una corsa nel quarto inning, 5-4, ma nel
sesto attacco dei Dodgers la partita giunse nella sua fase decisiva. I singoli di Bruce Edwards,
Eddie Stanky e Pee Wee Reese ed i doppi di Carl Furillo e Bobby Bragan fruttarono quattro
corse con il parziale che si fissò sull’8-5 per Brooklyn. Solo nel sono ed ultimo attacco gli
Yankees accorciarono le distanze per l’8-6 finale (lanciatore vincente Ralph Branca) con cui gli
ospiti forzarono la decisiva gara sette calendarizzata per il giorno dopo, lunedì 6 ottobre. Per
Brooklyn, alla sua quarta volta alle World Series, non era mai arrivato alla gara decisiva. E
Brooklyn partì decisamente bene quando nel secondo attacco un triplo di Gene Hermanski ed
un doppio di Spider Jorgensen fecero entrare le prime due corse nello score. Purtroppo però
per i Dodgers il lanciatore partente Hal Gregg concesse tre corse nei seguenti tre inning
cosicché al termine della quarta entrata gli Yankees avevano già capovolto il risultato
essendosi portati sul 3-2. Al sesto ed al settimo inning i padroni di casa aggiunsero altre due
corse per il risultato finale di 5-2 in loro favore che sancì la fine delle World Series 1947.
Curiosamente in questa settima gara le valide furono sette per parte. Rickey e Shotton, seppure
delusi dall’esito di gara sette non poterono però che prendere atto che un’importante segmento
si stava materializzando in casa Brooklyn: il gruppo si stava sempre più formando, la spina
dorsale dimostrava robustezza e tenuta. Era solo questione di migliorare gli ingranaggi per
cercare di riuscire a raggiungere le World Series per la quinta volta senza però più lasciare gli
allori ad altri.

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World Series 1947
Data Ospiti Locali Lanciatore Brooklyn Fuoricampo Brooklyn
Mar 30.9.1947 Brooklyn 3 New York 5 Ralph Branca (0-1)
Mer 1.10.1947 Brooklyn 3 New York 10 Vic Lombardi (0-1) Dixie Walker (1)
Gio 2.10.1947 New York 8 Brooklyn 9 Hugh Casey (1-0)
Ven 3.10.1947 New York 2 Brooklyn 3 Hugh Casey (2-0)
Sab 4.10.1947 New York 2 Brooklyn 1 Rex Barney (0-1)
Dom 5.10.1947 Brooklyn 8 New York 6 Ralph Branca (1-1)
Lun 6.10.1947 Brooklyn 2 New York 5 Hal Gregg (0-1)

Una foto storica per una


data storica: 23 ottobre
1945. Branch Rickey,
general manager dei
Brooklyn Dodgers mette
sotto contratto il giocatore
Jackie Robinson spezzando
di fatto l’accordo non scritto
da tutti i club della Major
League di non avvalersi
dell’utilizzo di giocatori non
di pelle bianca. Robinson
per la stagione 1946 venne
assegnato, e strettamente
monitorato, ai Montreal
Royals membri della
celebratissima International
League. Qui Robinson fece
cose strabilianti portando al
titolo i Royals e venendo
eletto Most Valuable Player
della lega per il 1946. I
tempi erano quindi maturi
per infrangere la fatidica
“color barrier” ed infatti nel
seguente precampionato del
1947 Robinson fu aggiunto
al roster dei Brooklyn
Dodgers esordendo nell’
opening day del 15 aprile
con la vittoria per 5-3 dei
Dodgers sui Boston Braves.
All’epoca Robinson aveva
già ventotto anni.

Nella stagione 1947 il gruppo dei giocatori più in evidenza fu costituito da: Bruce Edwards, Gil
Hodges e Bobby Bragan (ricevitori), Jackie Robinson e Cookie Lavagetto (prime basi), Eddie
Stanky (seconda base), Spider Jorgensen e Arky Vaughan (terze basi), Pee Wee Reese
(interbase), Gene Hermanski, Carl Furillo, Dixie Walker (con .306 di media battuta), Peter
Reiser, Duke Snider e Al Gionfriddo (tutti esterni), Eddie Miksis e Stan Rojek (utilizzati sia

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come interni che come esterni). Nel reparto lanciatori segnalo Ralph Branca (che ottenne 21
vittorie), Joe Hatten (17 successi), Vic Lombardi, Harry Taylor, Hal Gregg, Hank Behrman,
Clyde King, Rex Barney e Hugh Casey.

Branch Rickey (a destra) consola World Series 1947


Burt Shotton dopo la sconfitta in il programma ufficiale
gara sette alle World Series del 1947

Aprile 1947: Jackie Robinson Da sinistra in piedi: Hugh Casey, Pee Wee Reese,
entra per la prima volta nella Joe Hatten, Eddie Stanky e, seduto, Dixie Walker
Club House dei Brooklyn Dodgers

Trascorsa in cattività la stagione 1947, il manager Leo Durocher fece rientro a pieno titolo nel
dugout dei Dodgers nell’anno seguente. Il controverso manager era ancora sotto contratto con

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Rickey e quindi il suo ritorno fu una scelta naturale della dirigenza sebbene la grande
impressione lasciata nella stagione precedente da Burt Shotton avesse portato a pensare che
quest’ultimo avrebbe continuato a reggere le sorti della squadra. Diversi innesti di giocatori
furono compiuti dal management in precampionato. Innanzitutto giunse il ventisettenne
ricevitore Roy Campanella che da anni si stava mettendo in luce con i Baltimore Elite Giants
partecipanti ad uno dei campionati delle Negro Leagues. Poi arrivarono l’esperta terza base,
ventinovenne, Billy Cox dai Pittsburgh Pirates ed anche il promettente esterno George Shuba.
Tra i lanciatori i volti nuovi furono Preacher Roe, Erv Palica ed un giovane di appena ventidue
anni, un closer, di nome Carl Erskine. L’assenza di una stagione di Leo Durocher ebbe
evidentemente come conseguenza un effetto psicologicamente nefasto una volta che
quest’ultimo fece ritorno come manager. La squadra iniziò in sordina la stagione ed a metà
strada di regular season i sogni di tornare nuovamente alle World Series apparvero
decisamente compromessi. Dopo la sconfitta per 3-2 in trasferta al Polo Grounds contro i New
York Giants l’11 luglio 1948, la squadra scivolò al quinto posto in classifica a otto gare e
mezzo di ritardo dai Boston Braves, leader provvisori della National League. Davvero troppo
per Branch Rickey. Il record dopo settantatre gare recitava infatti un eloquente 35-37-1 che
portò alla conseguente ed immediata sostituzione di Durocher che così terminò il suo
decennale rapporto professionale con i Dodgers. Un Durocher che sei giorni dopo, il 17 luglio,
venne ingaggiato dai New York Giants, gli odiatissimi rivali dei Dodgers, dove andò a
sostituire il celebrato manager Mel Ott. Al capezzale di Brooklyn sofferente tornò Burt Shotton
che riuscì a raddrizzare parzialmente la baracca nel senso che al termine della regular season i
Dodgers chiusero con un record vincente ma non abbastanza per aggiudicarsi il Pennant della
National League che fu ad appannaggio dei Boston Braves. Brooklyn terminò al terzo posto in
classifica per quello che per molti club sarebbe stato comunque un ottimo piazzamento ma che
per le aspettative di Rickey & Co. fu un proprio e vero smacco, leggasi anche insuccesso.
Tanto che solo nell’ultima stagione di permanenza a Brooklyn, il 1957, la squadra terminerà
nella medesima posizione di classifica dopo avere inanellato una sequenza di primi e secondi
posti, in pratica per otto stagioni consecutive. I principali protagonisti dei Dodgers per quel
controverso 1948 furono: Roy Campanella e Bruce Edwards (ricevitori), Gil Hodges e Preston
Ward (prime basi), Jackie Robinson (seconda base), Billy Cox, Tommy Brown e Spider
Jorgensen (tutti terze basi), Pee Wee Reese (interbase), George Shuba, Carl Furillo, Gene
Hermanski, Marv Rackley, Dick Whitman, Duke Snider, Pete Reiser, Arky Vaughan e Don
Lund (tutti esterni), Eddie Miksis (utilizzato come interno). Tra i lanciatori ricordo Rex
Barney (15 vittorie), Ralph Branca (14 vittorie), Joe Hatten (13 vittorie) Preacher Roe (12
vittorie), Erv Palica, Hank Behrman, Harry Taylor, Carl Erskine, Paul Minner, Willie
Ramsdell e Hugh Casey.

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Leo Durocher Pete Reiser in battuta

Preacher Roe in lettura Spider Jorgensen

Erv Palica Vic Lombardi Roy Campanella

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Per la stagione 1949 venne confermato manager Burt Shotton mentre tra i pochi volti nuovi
che vestirono la leggendaria casacca biancazzurra troviamo il ritorno del portoricano Luís
Olmo e l’arrivo del trentaduenne Mike McCormick, entrambi utilizzati come esterni. Questa
volta la partenza dei biancoblu fu molto migliore dell’anno prima e già a giugno si poté
intravedere che per il Pennant della National League si sarebbe trattato di una sfida all’ultima
valida tra i St. Louis Cardinals ed i Brooklyn Dodgers. Le due squadre rimasero a strettissima
distanza in classifica praticamente fino al termine della regular season quando si ebbe la svolta.
Alla sera del 28 settembre St. Louis era ancora in testa alla classifica con una gara di vantaggio
su Brooklyn ma il giorno seguente, giovedì 29, questi ultimi vinsero entrambe le gare in
trasferta contro i Boston Braves, rispettivamente per 9-2 e 8-0, laddove i Cardinals persero 7-2 a
Pittsburgh. Morale: Brooklyn era riuscito nell’intento di prendere il comando della classifica
con mezza gara di vantaggio su St. Louis! Le cose per questi ultimi peggiorarono anche il 30
settembre quando cedettero 6-5 sul diamante dei Chicago Cubs, venendo distanziati di una
gara da Brooklyn che non aveva giocato in quella data. Il penultimo giorno di regular season,
l’1 ottobre, non servì a redimere la vexata quaestio perché entrambe le contendenti persero: St.
Louis cedette 3-1 ai Cubs mentre Brooklyn cadde per 6-4 sul diamante dei Philadelphia Phillies
che segnarono le due corse decisive nella parte bassa dell’ottava ripresa. E così domenica 2
ottobre 1949 diventò il giorno fatidico per l’assegnazione del Pennant della National League:
solo una sconfitta di Brooklyn a Philadelphia e la contestuale vittoria di St. Louis sul diamante
dei Cubs avrebbe nuovamente forzato uno spareggio come tre anni prima. I Cardinals
travolsero 13-5 i Cubs ma Brooklyn, seppure solo al decimo inning, non si fece sorprendere
avendo la meglio per 9-7 dei Phillies con le due corse decisive frutto appunto dell’extra-inning
e grazie al buon lavoro sul monte da parte del rilievo Jack Banta a cui fu riconosciuta la
vittoria. E quindi, col fiato tenuto in sospeso fino all’ultimo momento, Brooklyn vinse con una
gara di vantaggio il Pennant 1949 della National League e con esso il diritto di sfidare alle
World Series i soliti New York Yankees, anch’essi reduci da un testa a testa furibondo con i
Boston Red Sox nell’American League. Per Brooklyn si trattava della quinta visita da
protagonista alle World Series avendo perso in tutte e quattro le precedenti edizioni di cui le
ultime due per mano, guantoni e mazze proprio dei Bronx Bombers. Per il primo incontro
della finalissima, tenutosi allo Yankee Stadium, Shotton mandò sul monte di lancio Don
Newcombe, per gli amici “Newk”. Il buon lavoro del colored limitò a solo quattro valide la
potenza dei padroni di casa giungendo all’ultimo attacco Yankee con ancora lo score immobile
sul nulla di fatto. C’era aria quindi di inning supplementari. Al piatto si presentò, ad inizio
nona ripresa, Tommy Henrich che non si fece pregare due volte per colpire pienamente il
lancio di Newcombe spedendo la pallina tra gli spalti per il più classico e benedetto dei
fuoricampo con oltre sessantaseimila spettatori in visibilio: 1-0 il risultato finale e doccia fredda
per i Dodgers. Il giorno dopo, 6 ottobre 1949, si ripeté la sfida. Shotton mandò sul monte
l’emergente Preacher Roe che incrociò la battaglia con l’esperto “pinstripe” Raschi. Nel
secondo inning i Dodgers passarono in vantaggio: un doppio di Jackie Robinson mise sotto
pressione la difesa Yankee e poco dopo il singolo di Gil Hodges spinse a casa proprio
Robinson per il momentaneo allungo: 1-0. A parte un doppio di Coleman, il buon Preacher
Roe concesse altre cinque valide che però fino all’ultimo out non mutarono l’andamento di
gara 2. Brooklyn dopo questa battaglia, vinta 1-0, si ritrovò quindi in perfetta parità nella serie:
1-1. E le ostilità si sarebbero trasferite per i tre seguenti giorni all’Ebbets Field. Per chi sapeva
bene far di conto si trattava quindi di tre partite e tre erano anche il numero di vittorie
mancanti ancora in quella serie perché Brooklyn tramutasse il non recondito sogno in realtà.
L’attesa quindi si fece spasmodica già per gara tre prevista per venerdì 7 ottobre. I Bronx
Bombers andarono avanti 1-0 nel terzo episodio ma nella parte bassa del quarto un solo shot
(fuoricampo) di capitan Reese fece esplodere l’Ebbets Field impattando lo score. Il buon lavoro
di Ralph Branca sul monte di lancio, solo due valide permesse, durò fino al termine dell’ottavo
attacco ospite seguito dal nulla di fatto anche per i suoi colori cosicché prima dell’inizio della

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nona ripresa lo score era ancora fissato sull’1-1. Ma il fato attendeva il povero Branca: due
singoli e due basi per balls furono l’amaro bottino che il lanciatore dovette concedere alle
rinate mazze newyorkesi che, tra lo stupore generale, si portarono avanti 3-1 prima di ottenre
una quarta corsa guadagnata sul rilievo Jack Banta. Sul parziale di 4-1 si chiuse l’ultimo
attacco ospite e solo un mezzo miracolo avrebbe potuto rovesciare le sorti della gara a favore
dei padroni di casa. Luís Olmo e Roy Campanella misero a segno anch’essi un solo shot a testa
accorciando lo svantaggio a solo una lunghezza ma Bruce Edwards incassò tre strikes per l’out
finale che condannò Brooklyn alla sconfitta per 4-3. Probabilmente si trattò di un colpo
mortale sulla psiche dei Dodgers che da un possibile vantaggio di 2-1 nella serie videro invece
passare in vantaggio col medesimo punteggio i nemici. Ventiquattrore dopo andò in scena gara
quattro sempre all’Ebbets Field. Gli Yankees, in chiaro vantaggio psicologico, incamerarono
tre corse sia nella quarta che nella quinta ripresa costruendo quindi un solido 6-0 contro il
partente Don Newcombe e il rilievo Joe Hatten. Nella parte bassa del sesto episodio però i
padroni di casa estrassero le unghie mettendo a segno ben sette (!) valide nonché quattro corse
e riducendo così il deficit a sole due lunghezze. Peccato solo che con tutta questa serie di valide
non ne scaturisse alcun fuoricampo che avrebbe forse potuto riequilibrare lo score. Gli ultimi
tre inning però non furono forieri di alcun cambiamento e così anche gara quattro finì nella
saccoccia degli Yankees che, d fatto, spezzarono il cuore già ferito di Brooklyn. Sul 3-1 per i
Pinstripes infatti il compito dei padroni di casa apparve come minimo proibitivo anche se in
effetti gara cinque si sarebbe ancora disputata il giorno seguente nella tana dei Bums. Per non
affogare e cercare di salvarsi i Dodgers in gara cinque spedirono il partente Rex Barney il quale
però in meno di tre riprese lanciate incassò la bellezza di cinque corse. Jack Banta come rilievo
non fece tanto meglio subendone altre due (di cui un fuoricampo da un punto di Joe Di
Maggio) con il risultato che si impennò fino al 7-1 per gli ospiti dopo sole cinque entrate.
Mancavano solo quattro inning perché New York spezzasse ancora una volta i cuori dei
Brooklyners. E gli ospiti non si fecero pregare nemmeno nella parte alta del sesto inning
segnando tre corse frutto di altrettante valide: 10-1. I giochi erano fatti. Un ultimo rigurgito
d’orgoglio si impossessò di Brooklyn nella parte bassa del settimo inning quando, sotto per 10-
2, un fuoricampo di Gil Hodges diede tre corse agli affranti biancoblu che si andarono ad
aggiungere alla precedente corsa ottenuta con una volata di sacrificio da Jackie Robinson. Il
parziale si fissò sul 10-6 e non si mosse più consegnando l’ennesimo trionfo alle World Series
agli odiosi ed odiati newyorkesi che questa volta addirittura festeggiarono sul diamante ospite.
Un’onta, un dolore pazzesco, qualcosa che difficilmente si sarebbe potuto immaginare ma che
faceva davvero un male assassino. Ancora una volta i sogni di gloria di Branch Rickey vennero
frustrati. Ancora una volta, terza consecutiva su cinque apparizioni alle World Series, erano i
New York Yankees a far piangere i Brooklyn Dodgers per quella che oramai stava diventando
una vera e propria “sindrome da Bronx Bombers”.

World Series 1949


Data Ospiti Locali Lanciatore Brooklyn Fuoricampo Brooklyn
Mer 5.10.1949 Brooklyn 0 New York 1 Don Newcombe (0-1)
Gio 6.10.1949 Brooklyn 1 New York 0 Preacher Roe (1-0)
Ven 7.10.1949 New York 4 Brooklyn 3 Ralph Branca (0-1) Pee Wee Reese (1)
Luís Olmo (1)
Roy Campanella (1)
Sab 8.10.1949 New York 6 Brooklyn 4 Don Newcombe (0-2)
Dom 9.10.1949 New York 10 Brooklyn 6 Rex Barney (0-1) Gil Hodges (1)

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L’ennesima e beffarda stagione del 1949 in casa Brooklyn vide i seguenti giocatori di spicco:
Roy Campanella (22 fuoricampo) e Bruce Edwards (ricevitori), Gil Hodges (prima base, 23
fuoricampo), Jackie Robinson (seconda base), Billy Cox e Spider Jorgensen (terze basi), Pee
Wee Reese (interbase), Gene Hermanski, Duke Snider (23 fuoricampo), Carl Furillo, Marv
Rackley, Mike McCormick, Luís Olmo, Tommy Brown, Dick Whitman (tutti esterni), Eddie
Miksis (utilizzato come interno). Nel reaprto dei lanciatori si segnalarono: Don Newcombe (17
vittorie), Preacher Roe (15 vittorie), Joe Hatten, Ralph Branca, Jack Banta, Rex Barney, Erv
Palica, Carl Erskine e Paul Minner.

Una vista parziale dell’Ebbets Field Il programma ufficiale delle


durante le World Series del 1949 World Series del 1949

Preacher Roe e Branch Rickey Gil Hodges

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1950-1953
La migliore squadra di tutte, ma…
Il primo quadriennio post-secondo conflitto mondiale aveva finalmente elevato i Brooklyn
Dodgers agli onori delle cronache togliendo d’addosso al club lo scomodo epiteto di “perdenti”
ed al contempo restituendo quella rispettabilità che fino alla fine degli anni trenta aveva spesso
abbandonato la sua immagine anche per colpa di un management e di diversi giocatori che
non si erano mai veramente messi in discussione tirando a campare senza tanti scrupoli.
Branch Rickey quindi era riuscito in uno dei suoi intenti ovvero consolidare il club operando
tutta una serie di acquisizioni mirate e lungimiranti. Da adesso in poi, con l’inizio del nuovo
decennio, l’obbiettivo sarebbe sempre e solo stato uno solo: vincere le World Series. Scriverlo e
dichiararlo era sicuramente però più facile che ottenerlo, come le recenti e cocenti delusioni
avevano ampiamente dimostrato. Una ragione in più per sperare nel sogno fu il cambio di
padrone: l’odio incrociato tra Branch Rickey e Walter O’Malley portò quest’ultimo ad avere la
meglio. Rickey si accasò a Pittsburgh e O’Malley divenne il nuovo general manager, e
principale azionista, del club. Per la stagione 1950 il terza base Bobby Morgan, l’esterno Jim
Russell (dai Boston Braves) ed i lanciatori Billy Loes, Clem Labine e Dan Bankhead
(quest’ultimo un cavallo di ritorno) furono i nuovi volti a mischiarsi con i già celebrati Boys of
Summer disperatamente alla ricerca del Sacro Graal. I St. Louis Cardinals sembrarono essere i
candidati a vincere il Pennant della National League ma negli ultimi due mesi di regular
season segnarono fortemente il passo lasciando strada al testa a testa tra i Philadelphia Phillies
e i Brooklyn Dodgers. I nostri eroi tallonarono sempre da molto vicino i biancorossi e giunsero
a due gare dal termine della regular season con due partite di svantaggio proprio rispetto ai
Phillies. Il calendario, sul terreno dell’Ebbets Field, mise proprio di fronte per le ultime due
partite Brooklyn e Philadelphia. Solo due vittorie dei Bums avrebbero permesso lo svolgimento
di un nuovo spareggio per il Pennant. Sarebbe invece bastato un allungo vincente dei Phillies
per mettere in ginocchio Brooklyn. Sabato 30 settembre Brooklyn vinse 7-3 avvicinandosi ad
una sola lunghezza di svantaggio da Philadelphia: sul 4-3 e col timore di una disperata rimonta
ospite, i Dodgers segnarono tre corse nell’ottava ripresa. Il giorno seguente fu pertanto atteso e
vissuto con gigantesche aspettative: Don Newcombe partì sul monte di lancio limitando
l’incisività degli ospiti che comunque nella parte alta della sesta ripresa si portarono in
vantaggio per 1-0. Nell’attacco seguente Brooklyn impattò il punteggio e si rimase in questa
situazione di stallo fino alla fine dei nove inning previsti per ambo le compagini. Per i Dodgers
c’erano tutti gli ingredienti per mettere a segno la rimonta sperata. Ma i biancoblu avevano
fatto i conti senza l’oste perché Philadelphia nel proprio attacco al primo inning supplementare
realizzò la bellezza di tre corse, uccidendo la sfida. I Bums, paralizzati, non combinarono un
bel niente nel loro decimo assalto e con il punteggio di 4-1 i Philadelphia Phillies si
aggiudicarono il Pennant 1950 della National League per di più sul diamante dei rivali di
quella corsa di quella stagione lasciando un’ulteriore amarezza nelle cornee dei Brooklyners.
Nuovamente nembi e cielo grigio scuro si addensavano su dei Dodgers che non erano riusciti a
portare a termine il compito previsto cioè ritornare alle World Series. I principali attori
biancoblu di quel 1950: Roy Campanella (31 fuoricampo) e Bruce Edwards (ricevitori), Gil
Hodges (prima base, 32 fuoricampo), Jackie Robinson (seconda base), Billy Cox e Bobby
Morgan (terze basi), Pee Wee Reese (interbase), Gene Hermanski, Duke Snider (31
fuoricampo), Carl Furillo, Jim Russell, George Shuba, Tommy Brown e Cal Abrams (tutti
esterni), Eddie Miksis (utilizzato come interno). Gruppo lanciatori: Don Newcombe (19
vittorie), Preacher Roe (19 vittorie), Erv Palica, Ralph Branca, Dan Bankhead, Carl Erskine,
Byd Podbielan, Joe Hatten, Jack Banta, Rex Barney, Chris Van Cuyk e Billy Loes. Poco
importò, naturalmente al tanti appassionati pro-Brooklyn, che le World Series di quel 1950

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venissero vinte con uno shutout, 4-0, dai Bronx Bombers questa volta ai danni dei Philadelphia
Phillies.

Ralph Branca Bruce Edwards

Burt Shotton Gene Hermanski

Precampionato 1948 a Ciudad Trujillo


(Repubblica Dominicana): da sinistra si
riconoscono Duke Snider, Dick Whitman e
Gene Hermanski, tre esterni in lotta per un
posto da titolare dopo che Dixie Walker
era stato ceduto a Pittsburgh…
Veduta aerea dell’Ebbets Field nel 1949

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La mancata qualificazione alle World Series del 1950 portò il general manager Walter
O’Malley ad operare una scelta in parte dolorosa ma necessaria. Ovvero scelse Chuck Dressen
quale nuovo manager andando a sostituire quindi Burt Shotton nonostante quest’ultimo in tre
stagioni e mezzo avesse raggiunto due volte le World Series ottenendo inoltre un secondo ed
un terzo posto. Dressen, dopo una lunga carriera da giocatore con i Cincinnati Reds,
dall’inizio del secondo dopoguerra era stato assistente sia di Durocher che di Shotton con
Brooklyn per cui era un volto certamente casalingo ma sul quale O’Malley contava molto per
la “svolta decisiva” ovvero riuscire a vincere le benedette World Series. Rocky Bridges fu in
pratica l’unico volto nuovo tra i giocatori sebbene a metà stagione giungessero l’esterno Andy
Pafko ed il ricevitore Rube Walker. L’ossatura della squadra oramai era ben delineata. Ed
infatti i congegni e le oliature del motore dei Bums risposero nuovamente bene anzi, per certi
versi, inaspettatamente. Solo i detestati rivali dei New York Giants tennero il passo dei
Dodgers, o almeno inizialmente ci provarono. Ad esempio l’11 agosto i Dodgers avevano la
bellezza di tredici partite di vantaggio sui nemici del Polo Grounds. Un vantaggio però già
dimezzato quasi un mese dopo quando l’8 settembre solo sei partite e mezzo di differenza
dividevano le due squadre. La doppia sconfitta del 25 settembre nella tana dei Boston Braves
lasciò Brooklyn con solo una partita di vantaggio ed a quel punto il fiato sul collo, che già
stava spirando da alcuni giorni, diventò opprimente per i biancoblu che incominciarono
veramente a sentirsi minacciati dopo una cavalcata solitaria indisturbata. E quel che dava
ancora più fastidio era che il manager dei New York Giants era nientemeno che Leo
Durocher. E venerdì 28 settembre avvenne il fatidico aggancio: Brooklyn, in vantaggio 3-1 fino
all’inizio della parte bassa dell’ottavo inning, incassò tre corse sul diamante dei Philadelphia
Phillies finendo per perdere 4-3 mentre i New York Giants travolsero 8-0 i Boston Braves
senza nemmeno concedere una valida agli ospiti. A due partite dal termine della regular season
il massiccio vantaggio di Brooklyn era svanito come la neve al sole. La pressione psicologica,
indiretta, posta sull’ambiente dei Bums stava diventando asfissiante con in aggiunta lo spettro
disgustoso di Durocher in vista. Le ultime due giornate di gioco videro entrambe le pretendenti
sempre vittoriose per cui alla sera del 30 settembre 1951 la classifica, in perfetta parità, obbligò
le due compagini a dovere effettuare uno spareggio al meglio delle due vittorie su tre partite.
Leggendo attentamente la tabella che segue si potrà scoprire che si venne a ripetere
esattamente la situazione di partite giocate, vinte, perse e pareggiate che ebbero cinque anni
prima Brooklyn e St. Louis. Una coincidenza forse strana ma che si rivelò poi fatidica.

Classifica della National League


dopo le gare del 30.9.1951 Giocate Vinte Perse Nulle Percentuale
Brooklyn Dodgers 155 96 58 1 .623
New York Giants 154 96 58 - .623

La prima partita di spareggio si disputò all’Ebbets Field. Il lanciatore partente ospite Hearn
incassò da Andy Pafko un fuoricampo da un punto nella seconda entrata ma al quarto attacco
i Giants si portarono in vantaggio con la legnata del leggendario black Monte Irvin; un home
run che valse due corse contro il partente di casa, Ralph Branca. Hearn comunque svolse un
buon lavoro limitando a pochissime valide la potenza rinomata dei Bums che videro crescere
inning dopo inning la loro frustrazione. Nella parte alta dell’ottavo attacco tornarono a
tuonare i Giants quando il terza base Bobby Thomson azzeccò un solo shot con cui punì
ulteriormente i Dodgers e Ralph Branca per quello che fu poi il risultato finale di 3-1. I Giants
si portarono quindi in vantaggio 1-0 nella serie potendo inoltre contare su due partite in casa,
la seconda e l’eventuale terza gara decisiva. Il giorno dopo, martedì 2 ottobre, al Polo Grounds
i Dodgers si giocavano la stagione 1951 con in vista una nuova cocentissima e dolorosissima
beffa. Chuck Dressen spedì il giovane Clem Labine sul monte di lancio e con molta serenità e

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mestiere questo apprendista stregone riuscì ad imbavagliare le pesantissime mazze dei Giants.
Mays, Irvin, Thomson e soci furono limitati a sole sei valide in totale laddove la polveriera di
Brooklyn deflagrò con tredici cannonate che condussero la squadra ad un convicente successo
per 10-0 equlibrando la serie sull’1-1. Jackie Robinson, Gil Hodges, Andy Pafko e Rube
Walker trovarono quattro fuoricampo che sbarellarono completamente sia il lanciatore
partente Jones che i suoi rilievi Spencer e Corwin. Il sogno quindi non era terminato per i
Dodgers e mercoledì 3 ottobre 1951 giunse puntuale per quella che diventerà una delle partite
più famose di tutta la ultracentenaria storia del baseball statunitense. Era una giornata
brumosa e nuvolosa. Ma al Polo Grounds oltre trentaquattromila persone accorsero sebbene si
trattasse di un giorno lavorativo a tutti gli effetti. Per Brooklyn sul monte di lancio la
responsabilità fu affidata al partente, solido, Don Newcombe. Per i New York Giants l’onore e
l’onore fu per il paisà Sal Maglie che cinque anni dopo, nel 1956, sarà proprio ingaggiato da
Brooklyn. Maglie evidentemente sentì molto questa responsabilità perché già in apertura di
primo inning mandò sia Pee Wee Reese che Duke Snider in base per balls. Dopodiché
concesse un singolo a Jackie Robinson che spinse a casa Reese per il momentaneo vantaggio
ospite: 1-0 per Brooklyn con ancora diversi seguaci che non avevano preso posto sugli spalti.
Con due difese attentissime, considerata oltre misura la posta in palio, si giunse con questo
score fino all’inizio della parte bassa della settima ripresa quando i padroni di casa tornarono
in attacco. Subito Monte Irvin azzeccò un doppio e dopo di lui Lockman con un bunt lo spinse
in terza base. A questo punto Bobby Thomson, che chiuderà la partita con 3 su 4, operò una
volata di sacrificio. Quanto bastò a Irvin per impattare il punteggio: 1-1. A due inning dal
termine quindi tutto era da rifare per Brooklyn. Ancora una volta il fiatone dei Giants
incominciava a dare un fastidio tremendo ai pupilli di Chuck Dressen. La truppa Bum però
noin si perse d’animo e sul seguente attacco reagì a dovere segnando tre importantissime corse
e allungando quindi sul 4-1 il proprio vantaggio. Prima Pee Wee Reese e poi Duke Snider
trovarono due singoli mettendo pressione su Maglie che al battitore seguente si esibì in un
lancio pazzo che promosse a casa Reese: 2-1 per Brooklyn. Poi un singolo di Andy Pafko
spinse a casa Snider: 3-1. Le cose incominciavano a farsi maledettamente pericolose per i
padroni di casa ma Durocher decise di non rimpiazzare Maglie. Che però incassando la quarta
valida di quell’inning, ad opera di Billy Cox, vide volare a casa base anche Jackie Robinson.
Morale: Brooklyn 4, Giants 1. Risultarono senza alcuna produzione di corse l’ottavo attacco
dei padroni di casa e il non ed ultimo degli ospiti. Il risultato rimase pertanto 4-1 quando
l’ultimo, disperato, attacco della novena di Durocher fu chiamato ad esprimersi. Dark e
Mueller trovarono subito due singoli per i Giants e sul seguente doppio di Lockman le distanze
vennero accorciate con Dark a calpestare il piatto di casa base: Brooklyn 4, Giants 2. Chuck
Dressen a questo punto decise di sostituire il buon Newcombe che con 8.1 riprese lanciate
aveva anche il diritto di tirare il fiato. Il manager si consultò con i suoi assistenti: non sapeva se
chiamare Carl Erskine o Ralph Branca. All’ultimo istante scelse Branca. Dopo i lanci di
riscaldamento Branca si trovò opposto ad un certo Bobby Thomson (nativo di Glasgow, in
Scozia). Proprio colui che nella prima gara di spareggio lo aveva punito con un fuoricampo
all’ottavo inning che aveva chiuso le ostilità. Branca naturalmente cercò di non fissarsi su
quell’episodio. Eppure qualcosa in lui lavorò a sfavore. Perché Bobby Thomson non fece altro
che fucilare sulla sinistra degli spalti un fuoricampo del valore di tre punti. Con cui si chiuse la
partita e lo spareggio: 5-4 per i New York Giants! Questo fuoricampo verrà ricordato per
sempre come “The shot heard around the world” ovvero “il colpo udito in tutto il mondo”
talmente netto fu l’impatto tra la mazza di Thompson e la pallina. E più in maniera figurata fu
un colpo al cuore che spezzò tutti i Brooklyn Dodgers ed in primis il povero Ralph Branca che
distrutto rientrò a pezzi negli spogliatoi stendendosi sulla scalinata a pancia in giù dal dolore.
La beffa che derivò ai Dodgers fu davvero di dimensioni esponenziali: ad un passo dalla loro
sesta presenza alle World Series venivano puniti in rimonta dai New York Giants nella terza e
decisiva gara di spareggio dopo avere avuto perfino tredici partite di vantaggio sui medesimi

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avversari in regular season. Una o più notti insonni attendevano Walter O’Malley, Chuck
Dressen e i demoralizzatissimi giocatori dei Bums. Mentre Durocher se la rideva di brutto
anche se per poco perché alle World Series i concittadini degli Yankees non concessero sconti
ai Giants vincendo l’ennesimo titolo per 4 gare a 2 in rimonta dopo che i rossoneri si erano
trovati in vantaggio 2-1.

Lo spareggio per il Pennant della National League del 1951


1.10.1951 New York 3 Brooklyn 1
2.10.1951 Brooklyn 10 New York 0
3.10.1951 Brooklyn 4 New York 5

Ralph Branca distrutto Nemmeno Cookie Lavagetto Un quotidiano immortala


riesce a confortare Branca l’incredibile partita…

The shot heard round the world Un’ulteriore immagine, più ampliata, della cannonata
(tratteggiato vediamo il percorso letale di Bobby Thomson che spezzò l’anima ai Dodgers
della pallina nel fuoricampo…)

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A destra, Branca ha appena incassato
il fuoricampo di Thomson mentre
al centro in basso Robinson è incredulo.
In alto…la festa infinita dei Giants… Bobby Thomson

Horace Stoneham, padrone (a sinistra) e Leo Durocher, Sal Maglie in caricamento


manager (a destra) abbracciano Bobby Thomson dopo il
leggendario fuoricampo…Brooklyn è scomparsa…
Ricordiamo quindi gli innumerevoli protagonisti dei Dodgers di questa ennesima beffarda
stagione targata 1951: Roy Campanella (33 fuoricampo e .325 di media battuta), Rube Walker
e Bruce Edwards (ricevitori), Gil Hodges (prima base, 40 fuoricampo e sempre presente in tutte
le 158 partite), Jackie Robinson e Wayne Terwilliger (seconde basi), Billy Cox (terza base), Pee
Wee Reese (interbase), Andy Pafko, Duke Snider (29 fuoricampo), Carl Furillo (presente in
tutte le 158 gare), Cal Abrams, Don Thompson, Gene Hermanski, Dick Williams e Hank
Edwards (tutti esterni), Rocky Bridges e Eddie Miksis (utilizzati come interni). Sul monte di
lancio si segnalarono: Don Newcombe (20 vittorie), Preacher Roe (22 vittorie e solo 3
sconfitte), Carl Erskine, Ralph Branca, Clyde King, Bud Pobdielan, Clem Labine, Johnny
Schmitz, Erv Palica, Phil Haugstad, Joe Hatten e Chris Van Cuyk. Un’altra stagione di “se e
ma” perciò se ne andava. Un’altra amarissima stagione aveva ulteriormente frustrato i sogni di
immortalità di management, coaching staff e giocatori. Una nuova stagione di lì a qualche
mese avrebbe atteso i Brooklyn Dodgers al varco. Con il tormentone sempre presente e che
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non concedeva tregua… e con la spietata stampa newyorkese che oramai ci stava prendendo
gusto ad etichettare i Dodgers come “la squadra del domani” scrivendo sempre più spesso i
loro necrologi con le malefiche parole “maybe next year…” ovvero “forse il prossimo
anno…”. Tanto non sarebbe mai arrivato quell’agognato “prossimo anno”… Con questa spina
conficcata nel fianco i Brooklyn Dodgers si presentarono al via nella stagione 1952 con Chuck
Dressen al secondo anno come manager. Come di consueto, alcuni volti nuovi fecero il loro
ingresso nella club house: innanzitutto l’esterno cubano Edmundo Isasi Amoros, per tutti
“Sandy”, poi il prima base Rocky Nelson e l’esterno Tommy Holmes. Tra i lanciatori ecco Ben
Wade, il colored Joe Black, il rientrante Billy Loes, poi Johnny Rutherford nonché il
giovanissimo Joe Landrum. La partenza di Brooklyn fu anche quella volta molto promettente
ma, al contrario della stagione promettente, il vantaggio sui New York Giants e sui Saint
Louis Cardinals non fu mai esorbitante. Con il soddisfacente risultato di venire mantenuto fino
al termine della regular season con cui Brooklyn capeggiò la National League con quattro gare
e mezzo di vantaggio sui Giants e otto e mezzo sui Cardinals. Il Pennant 1952 significò
ovviamente la sesta partecipazione di sempre alle World Series. Ed indoviniamo contro chi se
la dovettero vedere i Dodgers? Sì, risposta esatta: i New York Yankees, ancora una volta!

World Series 1952 Joe Black


Il programma ufficiale
Mercoledì 1 ottobre le ostilità si aprirono all’Ebbets Field. Il nero Joe Black salì sulla
montagnola per i padroni di casa mentre per i Bronx Bombers fu la volta di Reynolds. Un
“solo shot” (fuoricampo da un punto) di Jackie Robinson nel secondo inning fu pareggiato
subito dopo da quello di McDougald: 1-1. Al sesto attacco di casa però la partita assunse la sua
fisionomia: Duke Snider mise a segno un home run da due punti e da quel momento in poi
Brooklyn non dovette più temere nulla. All’ottavo episodio New York accorciò le distanze, 3-
2, ma nell’offensiva successiva i Dodgers con il loro terzo fuoricampo della giornata, questa
volta ad opera di capitan Pee Wee Reese, chiusero definitivamente il punteggio. Finì quindi 4-
2 per i Bums e grande festa fu per tutti per avere iniziato col piede giusto. Il giorno seguente
sempre all’Ebbets Field era in programma gara due: per Brooklyn partì Carl Erskine mentre
per gli Yankees fu data fiducia al solido ed esperto Raschi. Gli ospiti si trovarono in vantaggio

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2-1 quando scesero in campo per il sesto attacco. E qui fu improvvisa notte fonda per Brooklyn
che incassò cinque punti, frutto di quattro valide contro Erskine e nei confronti del suo
immediato rilievo Billy Loes. Sul 7-1 la gara non ebbe più storia e con la serie impattatat sull’
1-1 ci si trasferì nel sempre intimidatorio Yankee Stadium. I padroni di casa si affiarono ai
lanci di Lopat laddove Brooklyn utilizzò l’esperto Preacher Roe. Questo terzo incontro era,
forse più che mai, importantissimo per gli ospiti: riuscirlo a vincere gli avrebbe garantito non
solo un vantaggio numerico e psicologico ma gli avrebbe anche dato la possibilità di tornare
come minimo a giocarsi gara sei delle World Series all’Ebbets Field. Nella parte bassa del
secondo attacco i newyorkesi passarono in vantaggio ma nell’inning seguente un doppio di
Carl Furillo ed un singolo, con bunt (!), di Pee Wee Reese spinsero il primo in terza base da cui
fu poi un gioco da ragazzi portare a casa la corsa del pareggio in seguito alla volata di sacrificio
di Jackie Robinson. Nella quinta entrata Brooklyn rimise il naso avanti quando un nuovo
singolo di Reese spinse a casa Billy Cox: 2-1, ma la gara era ancora tremendamente lunga. E si
dovettero aspettare gli ultimi due inning per vedere qualche fuoco pirotecnico: nella parte alta
dell’ottavo Brooklyn aumentò a 3-1 lo score quando due singoli consecutivi di Jackie Robinson
e Roy Campanella e la volata di sacrificio di Andy Pafko spinsero proprio Robinson sul piatto
di casa base. Incominciavano ad addensarsi nuvolosi carici di pioggia per i padroni di casa che
però nel loro attacco a seguire ridussero le distanze con un fuoricampo di Berra. Prima quindi
dell’ultimo episodio il punteggio si fissò sul 3-2 per i Dodgers. Sempre più consci
dell’importanza di quella gara tre e della sua eventuale vittoria. L’ultimo attacco ospite vide i
singoli sia di Reese che di Robinson nonché le loro rubate rispettivamente di terza e seconda
base. La pressione sulla difesa Pinstripe montò parecchio e bastò che un lancio venisse non
trattenuto dal ricevitore Berra (passed ball) affinché entrambi volassero a casa base: 5-2 e
giochi quasi fatti. Questa volta pareva proprio che il timore reverenziale verso i padroni di casa
e l’assordante incitamento degli spalti non riuscissero a fermare Brooklyn. I newyorkesi nel
loro ultimo attacco trovarono solo un fuoricampo di Mize che incocciò con grande precisione
il lancio di Preacher Roe. Per il resto l’inning corse via scorrevole e con il risultato di 5-3
Brooklyn si era portato in vantaggio 2-1 nella serie ma soprattutto, lo ribadiamo, si era già
garantito di ritornare tra le mura amiche come minimo per il sesto incontro. Per la successiva
gara quattro si ripropose la sfida tra Joe Black e Reynolds. Entrambi lavorarono molto bene ai
fianchi le mazze avversarie con la differenza però che al quarto attacco Mize fucilò fuori dal
campo un lancio del partente ospite: New York 1, Brooklyn 0. Questo risultato rimase fin
verso l’epilogo della sfida sebbene Brooklyn covasse naturalmente la speranza di ribaltarlo. Ma
nella parte bassa dell’ottavo inning New York tornò nuovamente a colpire: il potente Mantle
azzeccò un triplo e grazie all’errore di Pee Wee Reese riuscì addirittura ad arrivare subito a
casa base per il più incredibile dei punti. La partita terminò quindi sul 2-0 e la serie tornò in
perfetto equilibrio: 2-2. Sebbene limitati dall’acuto braccio di Reynold, i Brooklyners avevano
pienamente realizzato di godere di ottime possibilità di successo. Si stavano rendendo conto
che i fallimenti degli anni precedenti avevano forgiato animi e cuori ancora più resistenti. E
con queste ritrovate convinzioni scesero sul diamante dello Yankee Stadium per gara cinque,
l’ultima prevista in quelle World Series del 1952 prima di fare rientro tra le mura amiche
qualche chilometro più in là. Per i Dodgers, dopo quasi tre giorni di riposo riprese il lavoro da
partente per Carl Erskine a cui gli Yankees risposero invece con Blackwell. Brooklyn si portò
in vantaggio nel suo secondo attacco: Jackie Robinson ricevette base per balls, giunse in
seconda base grazie al singolo di George Shuba, dopodiché rubò la terza per completare il giro
delle basi a seguito del seguente singolo di Andy Pafko: Brooklyn 1, New York 0. I padroni di
casa erano avvertiti: questa volta i Dodgers non avrebbero lasciato nulla di intentato al caso.
Ma forse gli Yankees non vi cedettero fino in fondo. Sta di fatto che nella parte alta della
quinta ripresa Brooklyn tornò a colpire: due bunt di Erskine e di Billy Cox misero uomini
minacciosi in base. Blackwell, sotto pressione, permise una volata di sacrificio a Pee Wee
Reese con la quale Gil Hodges allungò lo score: 2-0. Il dugout newyorkese non ritenne a quel

27
punto di cambiare il lanciatore partente, lasciandolo esposto nuovamente agli eventi. Al piatto
si presentò il signor Duke Snider che non si fece pregare più di tanto per trovare uno dei suoi
fuoricampo più preziosi aggiungendo due corse, la sua e quella di Carl Erskine, al risultato sul
tabellone che indicava quindi un eloquente 4 a 0 per i Dodgers. Gli oltre settantamila presenti
quel giorno allo Yankee Stadium era ammutoliti. Ma il baseball, si sa, è disciplina
imprevedibile perché come tutti gli sport a punti e non a tempo permette sempre, almeno sulla
carta, di risollevarsi a chi è finito pur anche pesantemente al tappeto. E questo “ma…” ancora
una volta se la prese con Brooklyn. Anche se si era solo a metà gara. Nel proprio quinto
attacco gli Yankees pertanto reagirono con una furia spaventosa: due singoli portarono a casa
altrettante corse prima che, in situazione di due eliminati, ancora il braccio caldissimo di Mize
trovasse un fuoricampo da ben tre punti con cui i Bronx Bombers capovolsero
momentaneamente il risultato portandosi avanti per 5-4 in un calderone di urla e gioia espresso
senza sosta dai supporter sugli spalti. Poteva diventare un clamoroso rovescione psicologico
per Brooklyn ma quella volta i biancoblu seppero tenere i propri animi abbastanza quieti e
trovare la forza di reagire. Al settimo inning un singolo di Billy Cox e un bunt di Pee Wee
Reese, ai danni del rilievo Sain, spedirono il primo in seconda base. Quanto poteva bastare a
Duke Snider per centrare un singolo che spinse lo stesso Cox alla corsa del pareggio: 5-5! Le
ultime due riprese non sortirono effetto cosicché si dovette ricorrere agli extra-inning. Il primo
non cambiò lo status delle cose risultando per entrambe le compagine in uno zero assoluto. E
con i due dugout che continuavano a lasciare sul monte da una parte il partente Erskine e
dall’altra Sain entrato ad inizio sesto inning. All’undicesimo episodio il trio Cox-Reese-Snider
però tornò a colpire: i primi due azzeccarono altrettanti singoli con Cox che andò a collocarsi
sul sacchetto di terza base. Fu quindi il turno di Snider che con un doppio spinse nuovamente
a casa Cox per il nuovo vantaggio di Brooklyn: 6-5. E adesso New York tremava. Mantle, il
caldissimo Mize e Berra sarebbero stati i prossimi tre avversari del line-up newyorkese contro
Erskine. Ma il serafico lanciatore dei Bums non si scompose chiudendo velocemente la pratica
e regalando ai Dodgers la vittoria per 6-5. Brooklyn conduceva pertanto la serie 3-2 avendo
vinto due partite in casa del nemico. Ed adesso poteva contare, per dirla con il linguaggio del
tennis, su due match-balls potendo disputare sia gara sei, che l’ipotetica gara sette, sul proprio
amatissimo diamante dell’Ebbets Field. Mai occasione più propizia fino a quel momento si era
venuta a creare alle World Series per i Dodgers. New York sapeva che questa volta per
compiere l’impresa avrebbe dovuto vincere entrambe le gare per di più nell’ostile tana avversa.
Due eloquenti immagini del dopo gara-5 di domenica 5 ottobre 1952

A sinistra Duke Snider, 3 valide e 4 corse Da sinistra festeggiano la vittoria Duke


battute a casa, e a destra Billy Cox 3 valide e Snider, Carl Erskine ed il manager Chuck
due corse segnate… Dressen…

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L’attesa in tutta Brooklyn diventò esorbitante. Mancava solo un trionfo affinché i Dodgers
potessero veramente fregiarsi del titolo di World Champions per spezzare una malasorte
incredibile ben oltre il limite di qualsiasi previsione. Il maleficio andava sconfitto una volta per
sempre. New York tornò nuovamente ad affidarsi al solido partente Vic Raschi. Brooklyn
rispose col promettente Billy Loes, peraltro famoso per le sue battute e i continui scherzi ai
compagni nei momenti di relax. I primi cinque inning volarono via senza alcun sussulto
mantenendo inviolata casa base per entrambe. Ma al sesto attacco dei locali l’Ebbets Field
deflagrò: il primo battitore che si presentò davanti a Raschi fu Duke Snider. Fuoricampo!
Brooklyn si portò a condurre 1-0 a soli tre inning dal sogno. A soli nove eliminati ospiti da…
eliminare… Le coronarie dei trentamila presenti sugli spalti quel giorno rischiavano davvero di
venire logorate oltre misura. New York, di fronte al baratro, riuscì invece a trovare la salvezza.
Berra in apertura di settimo attacco trovò un solo shot: 1-1. Seguì un balk di Loes, proprio nel
momento meno opportuno, dopodiché Raschi in battuta mise a segno il singolo che spinse a
casa Woodling. New York aveva battuto non uno ma due colpi rispondendo alla domanda se
era ancora in partita. E lo era: New York 2, Brooklyn 1. E lo fu ancora di più sul proprio
ottavo attacco quando il suo primo bombardiere, Mickey Mantle, gelò nuovamente Loes e lo
stadio con un nuovo solo shot: New York 3, Brooklyn 1. A quel punto lo scossone interiore
negli animi dei Bums non poté che essere devastante. Ancora una volta la china diventava
impensabilmente altissima da scalare. Ancora una volta i maledetti fantasmi del passato
tornavano a funestare i sogni dei Dodgers. Ancora una volta erano quegli spocchiosi dei Bronx
Bombers a tentare di rovinare tutto. Pur tuttavia una reazione fu abbozzata e nell’ottavo
attacco proprio nuovamente Duke Snider infilò un fuoricampo da una corsa riducendo lo
svantaggio a 3-2. Ma oramai la forza nervosa dei padroni di casa era fiaccata. Oramai qualcosa
quel fatidico lunedì 6 ottobre 1952 aveva cambiato l’inerzia di gara sei. Ed infatti il dispettoso
risultato venne mantenuto fino al termine con New York che quasi miracolosamente riuscì ad
impattare la serie sul 3-3. Il primo “match-ball” per i Dodgers era di conseguenza stato
annullato dagli Yankees. Nulla di cui fare un dramma, forse. Ma la mente di tutti gli addetti
non poteva non ricordare i cinque precedenti fallimenti alle World Series sebbene solo in
quelle del 1947 si fosse giunti alla decisiva gara sette e comunque in ben altre condizioni. Sì
perché quella volta Brooklyn aveva dovuto riequilibrare le sorti vincendo gara sei e con
l’handicap di giocarsi tutto allo Yankee Stadium. Adeso il vantaggio psicologico passava a
New York, capace di raddrizzare la serie vincendo sul diamante nemico. A brooklyn restava
sicuramente il vantaggio del fattore campo. Lopat per New York e nuovamente Joe Black per i
padroni di casa ebbero la responsabilità di comandare le difese per la decisivissima gara sette.
Al quarto attacco ospite il tabellone cambiò punteggio: un singolo di Mize spinse a casa
Rizzato per il momentaneo vantaggio: New York 1, Brooklyn 0. Nella seguente parte bassa dei
Bums però arrivò il pareggio: tre valide servirono a tal scopo, con l’ultima di Gil Hodges che
batté a casa la corsa di Snider: 1-1, ed Ebbets Field nuovamente inebriato. Nulla era ancora
compromesso e la partita sarebbe stata ancora tutta da giocare. Nel quinto attacco ospite il
primo lanciatore presentatosi, Woodling, pensò bene di rifilare una nuova stilettata ai cuori dei
locali centrando un solo shot che riportò in vantaggio New York per 2-1. A parte la corsa
incamerata, il messaggio divenne immediatamente chiarissimo: “i Bronx Bombers non
mollano e poco ci importa se giochiamo all’ Ebbets Field”. Il baratro si stava avvicinando per
Brooklyn. Come sarebbe andata a finire? Sarebbe per una volta tanto accaduto il miracolo?
Brooklyn rispose subito grazie, ancora una volta, al duo Cox-Reese. Il primo nella parte bassa
della quinta ripresa azzeccò un doppio per poi correre a casa base sul seguente singolo del suo
capitano: New York 2, Brooklyn 2. A soli quattro episodi dal termine tutto poteva ancora
accadere. Ci si mise a questo punto di mezzo Mantle, uno dei legnatori principi dei New York,
che nel sesto attacco ospite con un altro solo shot riportò avanti i suoi colori ammutolendo
nuovamente l’Ebbets Field: New York 3, Brooklyn 2. Per la terza volta in quella gara Brooklyn
era chiamato alla rimonta. Joe Black venne rimpiazzato da Preacher Roe ma, di fatto, i

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Dodgers non riuscirono a pareggiare nuovamente lo score nel loro sesto attacco. E nel settimo
parte alta Mantle rifilò il colpo del KO quando con un singolo spinse a casa la corsa di
McDougald: 4-2 per gli Yankees e squasso completo nell’animo dei Dodgers. Tanto che anche
gli animi si surriscaldarono fin troppo nel dugout di casa così da portare durante l’ottavo
attacco dei Bums all’espulsione del lanciatore Ralph Branca che, sebbene non giocasse quel
giorno, esagerò nelle sue manifestazioni di contrarietà verso una chiamata arbitrale. Finì
nell’amarezza più assoluta con gli Yankees al settimo cielo per la vittoria 4-2 in gara sette e
ancora di più per l’incredibile rimonta nella serie che li aveva visti sotto 3-2 con le restanti due
gare da disputarsi fuori casa. Snider aveva prodotto la bellezza di quattro fuoricampo e
l’attacco aveva cercato in tutto e per tutto di imbrigliare il solido pitching newyorkese. Gli
stessi lanciatori biancoblu avevano mostrato spina dorsale e freddezza al momento opportuno.
I Brooklyn Dodgers pertanto non sapevano esattamente dove guardare o a cosa pensare per
quell’ennesima débacle. Sicuramente la più fastidiosa, amara, beffarda e cattiva di tutte e sei le
presenze alle World Series. Mai come in quel 1952 il titolo era stato vicino. Mai come in quel
1952 i polpastrelli dei Bums avevano sfiorato il trofeo. Ma non doveva essere. Qualcosa di
indecifrabile e maligno, qualcosa di umano ed implacabile, non solo sotto forma dei New York
Yankees, si frapponeva sempre più tra Brooklyn e l’immortalità nel baseball.

World Series 1952


Data Ospiti Locali Lanciatore Brooklyn Fuoricampo Brooklyn
Mer 1.10.1952 New York 2 Brooklyn 4 Joe Black (1-0) Jackie Robinson (1)
Duke Snider (1) da 2
Pee Wee Reese (1)
Gio 2.10.1952 New York 7 Brooklyn 1 Carl Erskine (0-1)
Ven 3.10.1952 Brooklyn 5 New York 3 Preacher Roe (1-0)
Sab 4.10.1952 Brooklyn 0 New York 2 Joe Black (1-1)
Dom 5.10.1952 Brooklyn 6 New York 5 (11) Carl Erskine (1-1) Duke Snider (2) da 2
Lun 6.10.1952 New York 3 Brooklyn 2 Billy Loes (0-1) 2 Duke Snider (4)
Mar 7.10.1952 New York 4 Brooklyn 2 Joe Black (1-2)

Duke Snider nel 1952 all’Ebbets Field World Series 1952: giubilanti dopo il successo in
gara uno, da sinistra si riconoscono Joe Black,
Duke Snider, Chuck Dressen, Pee Wee Reese e
Jackie Robinson
Ricordiamo i principali protagonisti di quel 1952: Roy Campanella (22 fuoricampo) e Rube
Walker (ricevitori), Gil Hodges (32 fuoricampo) e Rocky Nelson (prime basi), Jackie Robinson

30
(seconda base, 19 fuoricampo), Billy Cox e Bobby Morgan (terze basi), Pee Wee Reese
(interbase), Andy Pafko (19 fuoricampo), Duke Snider (21 fuoricampo), Carl Furillo, George
Shuba, Dick Williams, Sandy Amoros e Tommy Holmes (esterni), Rocky Bridges (utilizzato
come interno). Nel plotone dei lanciatori si segnalarono: Carl Erskine (14 vittorie), Billy Loes
(13 vittorie), Ben Wade, Preacher Roe, Joe Black (15 vittorie), Chris Van Cuyk, Johnny
Rutherford, Clem Labine, Ralph Branca e Clyde King. Due stagioni trascorse nel dugout dei
Dodgers con altrettante scottature terribili. Due campionati a portata di mano ma non
agguantati. Con questo macigno pendente sul capo, il manager Chuck Dressen si presentò al
camp precampionato dei Dodgers potendo probabilmente pensare che un nuovo anno
horribilis nel 1953 sarebbe stato quello della sua personale approdo alla stazione di fine corsa
con Brooklyn. Il patron O’Malley non era persona pazientissima e comunque da buon
irlandese vedeva i Dodgers come un mezzo di riscatto anche personale verso la società
multietnica statunitense che tanto, nell’ultimo secolo, aveva discriminato gli immigrati
irlandesi. E non solo quelli, ovviamente. I nuovi volti di quel 1953 furono il seconda linea di
colore Jim Gilliam, l’esterno Bill Antonello nonché alcuni interessanti lanciatori come Russ
Meyer (prelevato dai Philadelphia Phillies), Bob Milliken, Jim Hughes ed un certo Johnny
Podres, quest’ultimo un quasi ventunenne molto educato e taciturno che faceva dell’impegno
costante e della tranquillità le sue armi più efficaci. Il gruppo, ulteriormente scosso dal disastro
del 1952 ma ancora più ulteriormente conscio delle sue enormi potenzialità, disputò una
regular season da favola. Tranne una lieve flessione nel mese di giugno (15 vittorie, 12 sconfitte
ed un pareggio) Brooklyn macinò vittoria su vittoria chiudendo luglio con 23 successi e 8
sconfitte ed addirittura agosto con un record di 23-8. La prima decade di settembre bastò per
assicurarsi, con un anticipo di quasi tre settimane, il Pennant 1953 della National League. Una
cavalcata pertanto progressiva, inarrestabile ed entusiasmante sebbene nessuno si facesse tante
illusioni: lo scoglio da superare restava sempre quello: le World Series che quell’anno
avrebbero visto i Dodgers al loro settimo atto. La cavalcata trionfale in regular season vide lo
sfondamento del muro delle cento vittorie per Brooklyn con il record esatto di 105-49-1, un
evento raro nella storia del club che in precedenza ci era riuscito nel 1899 (101-47-2, manager
Ned Hanlon) e nel biennio 1941-1942 (rispettivamente 100-54-3 e 104-50-1 sotto la guida di
Leo Durocher). Centocinque vittorie non erano mai state raggiunte in precedenza sintomo in
più del benessere qualitativo e quantitativo degli uomini di Dressen che all’Ebbets Field in quel
1953 vinsero sessanta delle settantotto gare disputate riuscendo fuori casa a vincerne
quarantacinque su settantasette. Motivo inoltre di grandissima soddisfazione fu il fatto che
cinque degli otto difensori titolari terminarono la regular season con una media battuta
superiore al .300 laddove l’ultimo dei tre sotto tale percentuale fosse Pee Wee Reese con .271!
Davvero quindi una stagione di imprese e numeri beneauguranti.

Un’immagine scattata il 28
settembre 1953, due giorni
prima dell’inizio delle
World Series. Da sinistra a
destra i cinque sluggers che
terminarono oltre .300 la
regular season: Gil Hodges,
Roy Campanella, Jackie
Robinson, Duke Snider e
Carl Furillo. “Skoonj” ebbe
la migliore media battuta…

31
La grande stagione in battuta di Brooklyn nel 1953
Avg. HR RBI
Carl Furillo .344 21 92
Duke Snider .336 42 126
Jackie Robinson .329 12 95
Roy Campanella .312 41 142
Gil Hodges .302 31 122
Billy Cox .291 10 44
Jim Gilliam .278 6 63
Pee Wee Reese .271 13 61
Il record in regular season
Giocate Vinte Perse Pareggiate
Casa 78 60 17 1
Fuori 77 45 32
Totale 155 105 49 1

Walter O’Malley e Carl Furillo Jackie Robinson e Chuck Dressen

Duke Snider e Pee Wee Reese


Programma ufficiale World Series 1953
con un avversario newyorkese

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Diventa veramente difficile riuscire a capire fino in fondo con quale stato d’animo Brooklyn si
presentasse per la settima volta alle World Series. Nelle ultime sei stagioni le aveva raggiunte
ben tre volte con sconfitte a dir poco micidiali unite a tracolli che anche la psicologia avrebbe
faticato a spiegare. Ed anche in questa sua settima esperienza in finalissima Brooklyn avrebbe
trovato i New York Yankees, oramai signori incontrastati da anni dell’American League.
Ancora una volta sarebbero stati i Bronx Bombers ad incocciare la strada dei Bums. Mercoledì
30 settembre allo Yankee Stadium si giocò gara uno. Dressen affidò la responsabilità di
iniziare i giochi al solido Carl Erskine ma già nella parte bassa della prima entrata incassò due
tripli che valsero la bellezza di quattro corse per i padroni di casa! Per Erskine la gara era già
giunta all’epilogo. Brooklyn accusò il colpo ma nel suo quinto attacco con un fuoricampo di
Jim Gilliam riuscì ad accorciare le distanze: Yankees 4, Dodgers 1. Il passivo di soli tre punti
durò comunque ben poco perché nell’attacco seguente Berra, anche lui con un solo shot,
ristabilì le distanze: 5-1 per New York. Pareva una gara uno già vista in precedenti occasioni
con uno score che incominciava a farsi cospicuo per i padroni di casa a fronte di un
volenteroso gruppo avversario incapace di fermare l’inerzia del gioco. Invece nella parte alta
della sesta ripresa Brooklyn tornò decisamente in carreggiata. Arrivò subito il solo shot di Gil
Hodges a cui fece seguito il fuoricampo da due punti di George Shuba, quindi riportando i
Dodgers sotto nello score che in quel momento vide New York avanti solo di una lunghezza:
5-4. Lo Yankee Stadium ammutolì addirittura sul seguente attacco ospite quando un singolo di
Carl Furillo spinse a casa base Roy Campanella per la più splendente delle corse: 5 a 5 e gara
uno in perfetto equilibrio! Ma proprio nel momento decisivo Brooklyn scivolò nuovamente:
Clem Labine incassò un fuoricampo di Collins, in situazione di due eliminati, e New York si
riportò avanti di una lunghezza mostrando una solidità psicologica devastante in quanto
ancora una volta era riuscita a salvarsi nonostante il burrone stesse avvicinandosi. Per di più
mettendo l’avversario vicino al burrone medesimo. Dopo la corsa fatale incassata nella parte
basa del settimo episodio, i Dodgers ne subirono ulteriori tre nell’inning seguente finendo per
perdere gara uno 9-5. Niente di cui farne un dramma, se non che ancora una volta si partiva
col freno tirato ed in salita. E che l’avversario si chiamava New York Yankees. Per la seconda
sfida di finale il partente fu Preacher Roe mentre i Pinstripes mandarono a lanciare il solido
Lopat. Roe incominciò concedendo due basi per balls dopodiché Berra non si fece pregare due
volte a legnare una volata di sacrificio che spinse a casa Woodling per la corsa del subitaneo
vantaggio. Nella parte alta della quarta frazione però Brooklyn ribaltò lo score: un doppio di
Billy Cox batté a casa le corse di Gil Hodges e Carl Furillo. I Dodgers erano quindi vivi ed
avevano aspettato l’occasione propizia per dimostralo: Brooklyn 2, New York 1. Con il
risultato così in bilico poteva succedere di tutto. Nella parte bassa della settima entrata Martin
trovò il fuoricampo del pareggio: 2-2. E quando ancora gli ospiti stavano pensando come
piazzare la zampata nel nono inning, giunse nella parte bassa dell’ottavo attacco di New York
il fuoricampo da due corse di Mantle: New York 4, Brooklyn 2. Ed i giochi erano fatti e chiusi.
La maggiore freddezza ospite aveva nuovamente gelato i bollori dei Bums. Adesso per i
Dodgers la serie era mezzo rovinata. New York infatti conduceva già 2-0. E poco davvero, o
nulla, contava per i Dodgers avere realizzato nove valide contro le sole cinque avversarie in
gara due. La serie si spostò quindi all’Ebbets Field dove una platea già parzialmente
demoralizzata attendeva, comunque speranzosa, il riscatto dei biancoblu. In gara tre il partente
fu nuovamente Carl Erskine opposto al marpione Raschi. Al quinto inning gli ospiti passarono
in vantaggio con un singolo di McDougald ma nell’attacco seguente Brooklyn impattò
immediatamente il punteggio quando un bunt di Billy Cox spinse a casa Jackie Robinson su
scelta della difesa: 1-1. Ancora Robinson fu protagonista nell’inning seguente azzeccando il
singolo che portò Duke Snider a casa base per il primo vantaggio dei padroni di casa in quel
pomeriggio. All’ottavo inning gli Yankees trovarono il pareggio con un singolo di Woodling
rendendo di conseguenza incandescente il finale di partita. C’era il rischio tangibile di vedere i
Bronx Bombers scappare via nella serie per 3-0. L’Ebbets Field incominciò a temere il peggio.

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Ma nella parte bassa dell’ottavo una fucilata da una corsa di Roy Campanella fece andare in
visibilio i propri seguaci: fuoricampo e Brooklyn di nuovo in vantaggio, 3-2! Erskine con molta
serenità mise a strike out i primi due newyorkesi affrontati nel nono inning prima che
un’eliminazione per la via tredici (lanciatore a prima base) chiudesse finalmente le ostilità. I
Dodgers erano quindi nuovamente in corsa avendo ridotto le distanze ad una sola sconfitta
con l’attesa già di gara quattro per il giorno dopo. Riuscire a ribaltare l’inerzia della serie e
tornare allo Yankee Stadium col match-point era il grande sogno di Chuck Dressen e dei suoi
ragazzi. Le due seguenti partite tra le mura amiche avrebbero chiarito molti dubbi. Per gara
quattro Billy Loes fu il partente sul monte targato Dodgers. I padroni di casa partirono molto
bene: nel primo inning un singolo di Robinson portò a casa la corsa di Gilliam così come un
doppio di Snider spinse Hodges e Campanella: 3-0 per Brooklyn subito in apertura. Nella
quarta frazione un singolo di Gilliam spedì, a calpestare il piatto, il compagno Furillo e sul 4-0
New York capì che era il momento di svegliarsi. Un triplo di Martin in apertura di quinto
inning suonò la carica e il seguente fuoricampo di McDougald dette i primi due punti agli
ospiti che così avevano dimezzato lo svantaggio: 4-2 per i Bums. Al sesto ed al settimo inning
comunque Brooklyn mise al sicuro il risultato: un solo shot di Snider e, su battuta di Gilliam,
l’arrivo salvo a casa base di Cox portarono lo score sul 6-2 poi nell’attacco seguente fu di
nuovo Snider a propiziare con un doppio la corsa di Campanella per il momentaneo 7-2. Solo
nell’ultimo attacco New York riuscì a segnare la corsa della consolazione per il definitivo 7-3
con cui Brooklyn si fece perdonare dal proprio pubblico che se ne uscì soddisfattissimo del
risultato: la serie era in parità, 2-2. Gara cinque diventò automaticamente la partita che
avrebbe dato indicazioni certe e serie sull’andamento a seguire delle ostilità. E all’Ebbets Field
gli oltre trentaseimila presenti si pregustavano lo spettacolo. Già all’inizio il partente di casa, il
promettentissimo e giovane Johnny Podres, subì un fuoricampo da una corsa sebbene
all’inning seguente un errore di Rizzuto permettesse a Campanella di portare il risultato sull’1-
1. I cuori già sofferenti, ed in parte malandati, dei Brooklyners però non si sarebbero mai
aspettati cosa accadde nella parte alta del terzo episodio. Un errore di Gil Hodges permise a
Rizzuto di riportare in vantaggio gli ospiti, 2-1, ma questo fu nulla in paragone a cosa stava per
succedere. In situazione di due eliminati Podres prima colpì con un lancio Bauer e poi
concesse la base per balls a Berra. E Collins era comodamente in attesa degli eventi sul
sacchetto di terza base. Al piatto si presentò lo slugger Mantle che non si fece pregare due volte
a cannonare la pallina tra il pubblico per il più spettacolare dei Grandi Slam che portarono
quindi ulteriori quattro corse nel sacco newyorkese: Bronx Bombers 6, Bums 1. Si può
tranquillamente affermare che la gara fosse già stata ammazzata da New York. Podres venne
subito rimpiazzato da Russ Meyer che nel settimo inning incassò tre ulteriori corse in virtù di
un fuoricampo da due corse di Martin e ad un doppio di McDougald che spinse a casa
Rizzuto. Sul risultato di 10-2 per New York si ebbe un ultimo sussulto d’orgoglio di Brooklyn
che nella parte bassa dell’ottavo episodio prima con Furillo batté a casa la corsa di Robinson e
poi con Cox azzeccò un fuoricampo da tre punti. Nella tristezza più assoluta la partita terminò
con New York vincente 11-7 che quindi poté guardare al nuovo sorgere del sole con gran
fiducia essendo in vantaggio 3-2 nella serie con due match-balls a disposizione da potere
sfruttare sull’amatissimo Yankee Stadium. Nell’ennesima situazione disperata Brooklyn
sarebbe riuscito a riequilibrare le sorti della contesa? Oppure ancora una volta sarebbe crollato?
Erskine fu nuovamente lo starter per i Dodgers ma quelle evidentemente non dovevano essere
le sue World Series perché nei primi due inning subì tre corse. New York minacciava di
scapparsene via subito col 3-0 in tasca verso il trionfo ma Erskine ed il rilievo Bob Milliken
silenziarono le armi casalinghe. E al sesto inning Brooklyn mise la sua prima corsa in
saccoccia: Robinson mise a segno un doppio e poi rubò la terza base prima che una
rimbalzante di Campanella lo mandasse a casa base. Sul 3-1 per New York si arrivò all’ultimo
inning. Brooklyn, disperato e con già negli occhi l’ennesimo fallimento di una serie che pareva
non avere mai fine, giocò il tutto per tutto. In situazione di un eliminato sbucò fuori il

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fuoricampo che tutta Brooklyn sognava: Carl Furillo spedì la pallina oltre barriera spingendo a
casa anche Duke Snider: 3-3 ed i Dodgers erano ancora vivi! La partita si fece ancora più
incandescente ma sul seguente attacco, con Clem Labine al lancio, un singolo di Martin spinse
a casa il punto finale: New York 4, Brooklyn 3. E World Series 1953 ad appannaggio 4-2 dei
soliti noti. Mentre i “soliti sconfitti” potevano rientrarsene tranquilli e devastati negli
spogliatoi. Chuck Dressen capì in quel momento che la sua sorte era segnata.

World Series 1953


Data Ospiti Locali Lanciatore Brooklyn Fuoricampo Brooklyn
Mer 30.9.1953 Brooklyn 5
New York 9 Clem Labine (0-1) Jim Gilliam (1)
Gil Hodges (1)
George Shuba (1) da 2
Gio 1.10.1953 Brooklyn 2 New York 4 Preacher Roe (0-1)
Ven 2.10.1953 New York 2 Brooklyn 3 Carl Erskine (1-0) Roy Campanella (1)
Sab 3.10.1953 New York 3 Brooklyn 7 Billy Loes (1-0) Duke Snider (1)
Dom 4.10.1953 New York 11 Brooklyn 7 Johnny Podres (0-1) Billy Cox (1) da 3
Jim Gilliam (1)
Lun 5.10.1953 Brooklyn 3 New York 4 Clem Labine (0-2) Carl Furillo (1) da 2
I necrologi sui giornali del giorno dopo gara sei non furono tanto differenti da tanti altri scritti
quando Brooklyn perdeva le World Series. In particolare i giornalisti di turno non sapevano
spiegarsi come mai la “squadra migliore” sulla carta si arenasse sistematicamente nel
momento del possibile incoronamento. Che erano poi le domande che si auto-rivolgevano tutti
coloro che adoravano i Dodgers.

Clem Labine Jim Gilliam George Shuba


Ecco di quella stagione 1953 chi passò alla storia come principali protagonisti, nel bene e nel
male, nella gioia e nella sofferenza: Roy Campanella e Rube Walker (ricevitori), Gil Hodges e
Wayne Belardi (prime basi), Jim Gilliam (seconda base), Billy Cox e Bobby Morgan (terze
basi), Pee Wee Reese (interbase), Jackie Robinson, Duke Snider, Carl Furillo, George Shuba,
Don Thompson, Dick Williams e Bill Antonello (esterni). Nei pitcher: Carl Erskine (20
vittorie), Russ Meyer (15 vittorie), Billy Loes, Preacher Roe, Bob Milliken, Johnny Podres,
Clem Labine, Ben Wade, Jim Hughes e Joe Black.

35
1954-1957
Le ultime quattro stagioni
Come previsto Chuck Dressen non rimase il manager dei Dodgers per la stagione 1954.
O’Malley dopo le due delusioni patite nelle World Series del 1952 e del 1953 promosse come
guru supremo l’apparentemente sconosciuto Walter Alston, che invece di gavetta ne aveva già
fatta parecchia. Non si sa fino a che punto l’arrivo di Alston fosse una scommessa col destino
intrapresa da O’Malley. Serviva in realtà solo un pizzico di abilità in più nel gestire i momenti
topici della stagione per riuscire a debellare per sempre la maledizione. Ci sarebbe riuscito
Walter Alston? Al camp precampionato del 1954 si rivide, dopo una stagione di assenza,
l’ottimo cubano Sandy Amoros. Arrivò il terza base Don Hoak , l’esterno Walt Moryn e
l’interno Don Zimmer mentre tra i lanciatori ritornò, dopo due anni di stop, Don Newcombe
mentre facce nuove completamente furono quelle di Karl Spooner e di un certo Tom Lasorda.
Come primo anno di gestione Alston il gruppo non subì grandi scossoni ma dovette giocoforza
adattarsi al cambio di manager. Ed in quel 1954 va anche detto che i New York Giants erano
davvero molto ma molto forti potendo contare su una rotation di lanciatori del calibro di
Johnny Antonelli, del portoricano Rubén Gomez e di Sal Maglie oltre a legnatori come Monte
Irvin, Willie Mays, Hank Thompson e Al Dark. Al termine della regular season Brooklyn
dovette quindi arrendersi alla superiorità stagionale degli inquilini del Polo Grounds che con
cinque gare di vantaggio si aggiudicarono il Pennant della National League di quell’anno.
Peraltro, udite udite, i Cleveland Indians riuscirono ad interrompere l’egemonia quinquennale
degli Yankees aggiudicandosi il Pennant nell’American League. E alle World Series non ci fu
storia con la squadra di Durocher che trionfò con un netto whitewash: 4-0! Dopo gli Yankees,
New York tornava ad esultare… con i Giants mentre per Brooklyn restava amarissimo il tabù.
I protagonisti del 1954 in casa Dodgers furono: Roy Campanella (19 fuoricampo) e Rube
Walker (ricevitori), Gil Hodges (prima base, 42 fuoricampo), Jim Gilliam (seconda base), Don
Hoak e Jackie Robinson (terze basi), Pee Wee Reese e Don Zimmer (interbasi), Sandy
Amoros, Duke Snider (40 fuoricampo), Carl Furillo (19 fuoricampo), Walt Moryn, Don Shuba
e Don Thompson (esterni), Billy Cox (utilizzato come interno). Tra i pitcher: Carl Erskine (18
vittorie), Russ Meyer, Johnny Podres, Billy Loes, Don Newcombe, Clem Labine, Jim Hughes,
Erv Palica, Preacher Roe, Bob Milliken e Ben Wade.

Johnny Antonelli, asso dei New York Giants I due Walter del 1954:
Alston e O’Malley

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Russ Meyer e Roy Campanella Reese, Robinson e Roe

Dodgers Yearbook 1954 Rube Walker

Ralph Branca “strozza” Bobby Thomson Don Zimmer

37
World Series del 1953…

Roy Campanella pronto al lancio verso una base

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E venne l’Anno Domini 1955. Fondamentalmente un’altra stagione, da suicidio, si stava
preannunciando. E non si intravedeva di certo perché sarebbe dovuta essere diversa dai tanti
fallimenti precedenti. In fin dei conti i New York Yankees erano ancora là a guastare i sogni. E
soprattutto i Dodgers stessi erano presenti e pronti a crollare psicologicamente nel momento
che più sarebbe servito… non farlo. Da Baltimora fu acquisito il prima base Frank Kellert, da
Cincinnati giunse l’esterno Bob Borkowski mentre nel reparto lanciatori ecco l’esordio del
venticinquenne Roger Craig, dei ventiquattrenni Don Bessent e Ed Roebuck e del ventenne,
nativo proprio di Brooklyn ed ebreo, Sandy Koufax, un giocatore che prometteva bene per il
futuro. Sull’esperimentata ossatura formatasi negli ultimi anni e su di un monte di lancio
arricchito, Walter Alston e il patron O’Malley riposero le consuete grandi aspettative di inizio
stagione. E tanto per non deludere il management la squadra partì a razzo vincendo le prime
dieci partite in programma. Il 10 maggio Brooklyn era sul 22-2 e l’11 giugno il record raggiunse
42 vittorie a fronte di sole 12 sconfitte. Il 31 luglio i Dodgers comandavano la National League
con 71-32 e, nonostante una lieve flessione in agosto, si ritrovarono mercoledì 7 settembre col
Pennant 1955 in tasca e ben sedici partite di vantaggio sui diretti inseguitori ovvero i
Milwaukee Braves. Questi ultimi vennero sconfitti nello scontro diretto 3-1 sul loro terreno in
virtù di un singolo di Campanella e di un doppio di Furillo che batterono a casa le tre fatidiche
corse nell’ancor più fatidico terzo inning. Con ancora diciassette partite da disputare per
terminare la regular season, i Dodgers poterono incominciare a rallentare un pochetto la folle
corsa perdendo forse qualche incontro di troppo ma comunque chiudendo con tredici gare e
mezzo di vantaggio sui Braves. Per lunghi tratti di quel 1955 sembrò come Cleveland potesse e
riuscisse a ripetere il colpaccio della stagione precedente nel vincere il Pennant dell’American
League ma negli ultimi giorni di settembre gli Yankees operarono l’allungo decisivo
vendicandosi così con gli Indians della cocente beffa patita nel 1954. Ancora una volta quindi
per Brooklyn i Bronx Bombers sarebbero stati i nemici giurati da trovare all’ultimo e decisivo
ostacolo. E per la sesta volta, su otto partecipazioni alle World Series, gli Yankees sarebbero
stati gli avversari della finalissima. Il record precedente recitava, come ben sappiamo, chiaro:
zero vittorie Brooklyn e cinque successi New York.

Il programma ufficiale delle L’immenso Carl Furillo mentre


World Series 1955 si prepara per un’eliminazione al volo

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Mercoledì 28 settembre andò in scena gara uno allo Yankee Stadium. I Dodgers partirono
senza alcun timore reverenziale tanto che “Skoonj” Furillo suonò subito la carica con un solo
shot nel secondo inning a cui fece eco un triplo di Robinson poi spinto a casa dall’immediato
singolo di Don Zimmer: Brooklyn 2, New York 0. Sul seguente attacco dei padroni di casa
però il partente Don Newcombe incassò il fuoricampo da due corse di Howard con cui i Bronx
Bombers ristabilirono la parità: 2-2. Alla terza entrata ecco un nuovo solo shot di Duke Snider,
3-2 per i Dodgers, ma ecco di nuovo i locali trovare la corsa del nuovo pareggio: 3-3.
All’attacco seguente dei Pinstripes, nonché al loro sesto inning, giunsero ulteriori tre corse tutte
realizzate per mano di Collins che trovò un solo shot ed un fuoricampo da due punti. Sul 6-3
per New York, a due terzi di gara, gli ospiti tentarono il tutto per tutto e alla penultima entrata
riuscirono ad avvicinarsi ulteriormente: prima una volata di sacrificio di Zimmer mandò a casa
Carl Furillo, ed in terza base Jackie Robinson. Poi quest’ultimo si rese protagonista di una
delle azioni più immortalate della storia del baseball quando rubò letteralmente casa base sotto
gli occhi disperati di Berra che si infuriò con l’arbitro di home plate, Bill Summers. Morale:
New York 6, Brooklyn 5. Risultato però che non si schiodò più.
World Series 1955: Robinson ruba casa base all’ottavo inning

Con Frank Kellert in battuta, inizia la famosa Robinson in scivolata sta per rubare
corsa di Jackie Robinson nell’ottavo inning di casa base con Berra in affanno
gara uno delle World Series 1955

Robinson tocca il sacchetto anticipando Berra!

Robinson è salvo, Berra esplode

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Berra insiste con l’arbitro Bill Summers Anche compagni e coaching staff faticano
ma non c’è nulla da fare a calmare il ricevitore infuriato

New York, tanto per cambiare, era in vantaggio 1-0 nelle World Series contro Brooklyn.
Nessuno se ne stupiva oramai più. Nonostante le dieci valide degli ospiti contro le nove di
casa. E nonostante un immenso Carl Furillo avesse fatto 3 su 4 in battuta. Per gara due di
finale i padroni di casa optarono per il partente Byrne laddove Alston mandò sul monte il
solido Billy Loes. Alla quarta entrata un singolo di Duke Snider spinse a casa capitan Reese
che poco prima aveva trovato un doppio. Ma la risposta dei locali fu tremenda e, come spesso
accadeva, immediata. Nella parte bassa del medesimo inning arrivarono ben quattro corse:
Loes concesse cinque valide di cui tre, singole, spinsero quattro compagni a casa base. La
sostituzione di Loes con il rilievo Don Bessent giunse a frittata oramai fatta: New York 4,
Brooklyn 1. Per le aspirazioni di questi ultimi fu una vera e propria mazzata sebbene vi fossero
ancora cinque entrate da disputare. Nel quinto attacco ospite, con già due eliminati, un singolo
di Jim Gilliam spinse a casa Robinson accorciando le distanze: 4-2 il parziale per New York.
Ma si trattò di un fuocherellino perché il risultato non cambiò più. E con grande sollievo i
Bronx Bombers videro prima Campanella, poi Furillo ed infine Hodges venire velocemente
eliminati al nono inning. Gli Yankees erano quindi in vantaggio 2-0 proprio quando la serie si
trasferì per almeno due partite nell’angusto e vissuto Ebbets Field di Brooklyn. Gli
appassionati biancoblu erano nuovamente delusi ed in gran parte non si attendevano granché.

World Series 1955


Ebbets Field

Quest’immagine panoramica fu
scattata sabato 1 ottobre in
occasione della quarta gara di
finale. Come sempre in quelle
occasioni si registrò il tutto
esaurito sugli spalti…

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Era una situazione già vista in passato, trita e ritrita. E gli Yankees avevano sempre saputo
come farcela, in barba alla potenza di fuoco dei Bums e alle storiche aspettative correlate di un
quartiere che si chiamava Brooklyn. Per gara tre il manager Walter Alston effettuò un
cambiamento nel line-up inserendo Sandy Amoros all’esterno sinistro cosicché Jim Gilliam
poté ritornare in seconda base e tutto questo a spese di Don Zimmer che andò nel dugout.
Partente fu il giovane Johnny Podres che in regular season aveva chiuso con nove vittorie e
dieci sconfitte ma riconosciuto per la freddezza nei momenti che contavano. Per gli ospiti il
manager Casey Stengel dette spazio a Bob Turley, ventiquattrenne di belle speranze. Nel
primo attacco, in situazione di due eliminati, si ebbe il primo segnale di quel pomeriggio: Roy
Campanella sbatté la pallina fuori dal recinto di gioco spingendo anche capitan Pee Wee
Reese: Brooklyn 2, New York 0. Ma, come già ricordato, gli ospiti reagirono immediatamente.
Sul secondo attacco newyorkese prima un solo shot di Mantle e poi un singolo di Rizzuto, che
spinse a casa la corsa di Skowron, ristabilirono la parità: 2-2 e tutto da rifare per i sogni di
squadra e pubblico di casa. In apertura di secondo inning Turley andò improvvisamente nel
pallone: caricò le basi involontariamente per poi concedere base per balls a Gilliam con cui
automaticamente entrò la corsa del nuovo vantaggio locale: Brooklyn 3, New York 2. Fu
l’ultimo lancio di Turley di quel pomeriggio perché dal dugout Tom Morgan prese il suo posto.
Quest’ultimo però si trovò di fronte nuovamente le basi cariche e cedette nervosamente.
Morale? Base per balls a Reese con Amoros che placidamente fece entrare la quarta corsa.
New York stava pagando un prezzo altissimo. Al quarto attacco piovve sul bagnato e i
Dodgers estesero il loro vantaggio con altre due corse: 6-2. Un singolo di Campanella spinse
Gilliam a casa base ed una volata di sacrificio di Furillo mandò a punto Snider per il visibilio e
la ritrovata fiducia dei Brooklyners presenti sugli spalti e per le diverse centinaia di migliaia
attaccati alla radio dove Red Barber commentava la partita. Gli Yankees tornarono a farsi vivi
nella parte alta del settimo episodio quando un triplo di Carey promosse a casa la corsa di
Rizzuto riducendo così a sole tre lunghezze lo svantaggio: 6-3 per Brooklyn. Ma sull’attacco
seguente i Bums chiusero il discorso risultato incamerando due ulteriori corse: infatti i singoli
di Amoros e di Reese mandarono felici e sereni rispettivamente Robinson e Podres per l’8-3
con cui poi si concluse la sfida. Adesso New York conduceva “solamente” 2-1 la serie e gara
quattro era in cartello per il giorno seguente sempre nel calderone di Brooklyn.

Red Barber, a destra nella foto, mentre trasmette per radio una gara dall’Ebbets Field

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Decisivo in gara tre fu l’apporto di Roy Campanella che chiuse con un eloquente 3 su 5 in
battuta e 3 corse battute a casa. A cui si aggiunse la solidissima prestazione di Podres sulla
montagnola. Un Podres che rimase in campo per tutte e nove le riprese incassando solo sette
valide. Un Podres che sarebbe eventualmente tornato utile, dopo il riposo, per gara sette. Per la
quarta partita di finale Carl Erskine, solido ed esperto, fu il partente per Brooklyn mentre
dall’altra parte Stengel scelse Don Larsen. L’intenzione di New York apparve subito chiara:
passare in vantaggio e aggredire ad ogni attacco. Nel primo inning McDougald trovò un solo
shot mentre nel secondo un singolo di Rizzuto spinse Collins a casa. La reazione dei padroni
di casa si ebbe al terzo attacco quando un doppio di Gilliam spinse Amoros a calpestare il
piatto di home plate dimezzando lo svantaggio ma il quarto episodio vide nuovamente New
York colpire nel segno. Un singolo di Martin portò a casa la corsa di Collins per il
momentaneo 3-1 con cui gli ospiti, sempre minacciosi, segnalarono la loro intenzione di
funestare il pomeriggio biancoblu. Un Ebbets Field piombato in un silenzio preoccupante servì
di sprone e spinta ai Dodgers che nella parte bassa della quarta entrata operarono il sorpasso.
Un fuoricampo di Campanella da una corsa e quello da due di Hodges (spingendo a casa
anche Furillo) portarono nel sacco Dodger tre preziosissime corse che soprattutto ebbero il
potere psicologico di invertire l’inerzia della gara. Con Brooklyn in vantaggio per 4-3, Larsen
venne rimpiazzato dal ventiduenne rilievo Johnny Kucks dopo avere concesso la base per balls
a Gilliam in apertura di quinto inning. Kucks si trovò a quel punto con zero eliminati ad
affrontare Pee Wee Reese, che batté un singolo, con Duke Snider che centrò un fuoricampo da
tre corse (Gilliam e Reese gli altri due corridori liberi) e Roy Campanella che infilò un doppio.
L’inning comunque non ebbe altri strascichi e si concluse con i Bums in vantaggio per 7-3.
Quanto bastò per Stengel per richiamare nel dugout Kucks dopo solo un episodio di presenza
al lancio. La reazione ospite giunse nella parte alta della sesta ripresa quando un doppio di
Martin ed un singolo di Robinson batterono a casa due corse: Brooklyn 7, New York 5. Ma
nel settimo episodio tre singoli consecutivi di Campanella, Furillo e Hodges fecero incamerare
ai Dodgers una nuova corsa con cui fissarono il parziale sull’8-5 con cui poi si chiuse la sfida e
dove il rilievo Clem Labine fu accreditato del successo. La serie a quel punto tornò, quasi
miracolosamente, in parità: 2-2. E la quinta partita attendeva di nuovo gli Yankees all’Ebbets
Field. Brooklyn, una volta di più, capì l’importanza di vincere gara cinque anche se poi per la
sesta, e per l’eventuale settima, sarebbe dovuto tornare nel Bronx a differenza della situazione
del 1952 quando sul 3-2 in proprio favore ricevette gli Yankees all’Ebbets Field. E tutti
sappiamo oramai come finì la storia…

World Series 1955


Un ravvicinato
consulto sul monte
di lancio per la
difesa di Brooklyn.
Sulla sinistra si
riconosce Clem
Labine mentre di
spalle, al centro,
con il numero 24
c’è il manager
Walter Alston ed
alla sua destra, con
il numero 39, il
formidabile catcher
Roy Campanella.

43
Quasi trentasettemila anime gremirono l’Ebbets Field per gara cinque. Alston mandò sul
monte il venticinquenne Roger Craig, uno dei lanciatori più in forma del momento. Stengel
rispose scegliendo Bob Grim, newyorkese purosangue e coetaneo di Craig. Al secondo inning i
Dodgers colpirono. Con già due eliminati, Sandy Amoros picchiò un fuoricampo che spedì a
casa base anche Gil Hodges: Brooklyn 2, New York 0. Nella parte bassa del terzo inning i
Bums aumentarono il vantaggio: questa volta fu Duke Snider a punire Grim con un solo shot
di pregevole fattura: 3-0 per i padroni di casa e gara che stava assumendo la sua fisionomia.
Nel quarto assalto ospite un singolo di Martin spinse la corsa di Berra a casa ma nel quinto
attacco Brooklyn ristabilì le distanze: di nuovo fu Duke Snider ad imbroccare un fuoricampo
da un punto, il suo secondo della giornata, che portò a quattro il totale personale in quelle
World Series dell’Anno Domini 1955. Si aveva da poco superato la metà gara e Brooklyn, in
vantaggio 4-1, capì di stringere i denti sicura dell’arrivo della furibonda controffensiva ospite.
Che puntualmente arrivò. Al settimo inning Cerv, inserito come pinch-hitter al posto di Grim,
sparò fuori un fuoricampo: 4-2 e fine del pomeriggio al lancio per Roger Craig. E nella parte
alta dell’inning seguente giunse addirittura la terza corsa con Yogi Berra a piazzare un altro
solo shot ai danni del rilievo Labine: Brooklyn 4, New York 3. Il pubblico dell’Ebbets Field
trattenne il fiato: troppe e troppe volte aveva visto un film simile, sistematicamente finito male,
con gli Yankees malefici a rovinare la psiche dei Bums. Ma questa volta il fato operò una scelta
differente: nella parte bassa dell’ottavo attacco di casa Carl Furillo batté un buon singolo e
subito dopo, grazie al bunt di Hodges, raggiunse salvo il sacchetto di seconda base anticipando
il lancio affannato di Turley a Martin. A questo punto per il nostro “Skoonj” fu un gioco da
ragazzi arrivare a casa base a seguito del singolo di Jackie Robinson: Brooklyn 5, New York 3.
L’ultimo disperato attacco Yankee non sortì l’effetto agognato: tre rapide rimbalzanti
trovarono altrettante eliminazioni. Dopo l’out numero ventisette Brooklyn capì che questa
volta poteva essere diverso l’esito delle World Series 1955. Adesso Brooklyn conduceva 3-2
nella serie anche grazia allo straordinario pomeriggio di Duke Snider che aveva chiuso gara
cinque con un 3 su 4 davvero importante visti i due fuoricampo messi a segno. Ma soprattutto
per la prima volta nella loro storia, all’atto finale i Dodgers avevano vinto tre partite di seguito
contro gli Yankees. L’inerzia era decisamente a favore dei Brooklyners anche se gara sei era in
calendario il giorno seguente all’interno del maestoso Yankee Stadium. Il partente biancoblu
fu Karl Spooner, venticinquenne nativo dello stato di New York. I Bronx Bombers risposero
mandando a lanciare Ford, il vincitore di gara uno. Al primo attacco dei padroni di casa,
Brooklyn intuì immediatamente la musica di quel pomeriggio: Rizzuto e McDougald ebbero
basi per balls e col singolo di Berra entrò la prima corsa. Sul seguente singolo di Bauer giunse
quella di McDougald: New York 2, Brooklyn 0 e solo un eliminato. Alston probabilmente
intuì che Spooner era in difficoltà, sì come no. Sta di fatto che lo lasciò ancora sul monte
sebbene apparisse scosso. Di questa problematica se ne fece interprete lo slugger Bill Skowron
che punì immediatamente Spooner legnando un fuoricampo da tre corse. In un battito d’ali gli
Yankees erano volati avanti 5-0 nel punteggio. La gara era già ammazzata dopo pochi minuti
dal suo inizio! Russ Meyer prese il posto di Spooner chiudendo l’inning problematico. La
paura adesso era quella di tracollare ulteriormente col prosieguo del match. Ma evidentemente
agli Yankees non andava di infierire oltre misura soprattutto perché consideravano transitoria
quella gara sei in vista della quasi sicura “bella” del giorno dopo. I Dodgers incamerarono una
corsa nel quarto attacco quando il singolo di Furillo spinse capitan Reese all’home plate per il
punto momentaneo della bandiera: 5-1 per New York. Da quel momento in poi nessuna delle
due squadre produsse altre corse per cui lo score rimase identico fino alla fine e con New York
che registrò il doppio delle valide, otto, contro le quattro dei biancoblu. La serie quindi venne
equlibrata: tre vittorie a testa e gara sette decisiva prevista per l’indomani, martedì 4 ottobre.
Per la terza volta nella sua storia Brooklyn avrebbe disputato la decisiva settima gara alle
World Series. Nei due fallimenti precedenti i Bums avevano sperimentato entrambe le
soluzioni di diamante: nel 1947 avevano perduto allo Yankee Stadium mentre nel 1952 erano

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addirittura stati beffati davanti all’amatissimo pubblico dell’Ebbets Field. Paradossalmente era
meglio giocare da sfavoriti fuori casa piuttosto che, come tre anni prima, da grandi favoriti.

Gara 7
World Series 1955

Un’interessantissima imagine del


dugout di Brooklyn con Sandy
Amoros, riconoscibile quale
secondo da sinistra (in piedi),
mentre in basso a destra
nell’angolo è il bat-boy Charlie Di
Giovanna. Sopra il dugout ecco gli
addetti della carta stampata e dei
tanti media accreditati per
quell’evento…

Gara 7, World Series 1955


Il terza base di Brooklyn, Don Hoak (casacca numero 43), insegue
in vano un pop che finirà in mezzo al pubblico

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Martedì 4 ottobre 1955 i giocatori di Brooklyn si svegliarono, come di consueto quando una
partita era prevista o all’ Ebbets Field o in uno degli altri due catini newyorkesi, nelle loro
abitazioni. Fecero colazione abbastanza presto e poi si diressero tutti verso il loro stadio. Di lì
sarebbero partiti tutti sul bus della squadra in direzione del Bronx. Lì si sarebbe disputata la
fatidica gara sette di quella serie. Lì le vite e le speranze di giocatori, tecnici, management,
seguaci e chi più ne ha più ne metta avrebbero trovato nuovamente la speranza di farcela. Lì
quel giorno si sarebbe potuto scrivere un nuovo capitolo di storia. Lì quel giorno Brooklyn non
era più disposta ad uscirsene perdente pur con mille pacche sulle spalle per l’impegno profuso.
Lì quel giorno i Dodgers volevano cancellare per sempre la cattiva nomea di “squadra del
prossimo anno”. Walter Alston operò, forse a sorpresa o forse no, due avvicendamenti. In gara
sei Sandy Amoros ed il celebratissimo Jackie Robinson avevano disputato una gara inesistente
in attacco: 1 su 4 il primo, 0 su 4 il secondo. Entrambi vennero pertanto tenuti nel dugout. In
seconda base venne schierato Don Zimmer, con Jim Gilliam spostato ad esterno sinistro,
laddove in terza base fu inserito Don Hoak. Quest’ultimo fu messo al settimo posto in ordine
di battuta con Zimmer subito dopo di lui. La grande speranza di Alston era palesemente
rivolta quindi a potenziare l’attacco. Per il lanciatore la scelta cadde naturalmente sul
trionfatore di gara tre, Johnny Podres, già a riposo praticamente da quattro giorni. Casey
Stengel da par suo scelse il vincitore di gara due, Tom Byrne, ma lasciò intatti i nomi degli altri
otto titolari che avevano vinto il giorno prima gara sei. I primi tre inning trascorsero senza
tanti sussulti. I Dodgers raggiunsero due volte la prima base in seguito ad altrettanti basi per
balls. Gli Yankees invece ottennero tre valide ma senza alcun risultato pratico. Morale: zero a
zero dopo tre inning completi. Il primo battitore di brooklyn nella parte alta del quarto inning
fu Duke Snider che però andò a strike-out. Dopo di lui però Roy Campanella imbrocò un bel
doppio verso la parte sinistra del diamante. Era la prima valida di Brooklyn nella partita ed
ebbe su Byrne un effetto fastidioso. Terzo battitore si presentò Carl Furillo subito eliminato
con una rimbalzante che però permise a Campanella l’approdo salvo sul sacchetto di terza
base. Il punto del vantaggio pendeva minaccioso sulle teste degli Yankees. Da uno slugger ad
un altro: arrivò in battuta Gil Hodges. Occhi fissi sul guantone di Byrne e poi sulla pallina. Et
voilà: ecco il singolo sulla sinistra. Ecco la battuta che serviva. Ecco che qualcosa stava
succedendo: Campanella in un battibaleno volò a calpestare il piatto di casa base. Brooklyn 1,
New York 0. Alla prima occasione propizia i Dodgers non avevano perdonato. Nulla di
intentato fino a quel momento era stato lasciato al caso. Il sogno si stava pian pianino
avvicinando. Bisognava solo restare concentrati. Lo score rimase tale fino alla fine del quinto
inning. L’attacco di casa soffriva tremendamente il mancino Podres. Tutto, o buona parte,
sarebbe dipeso dalla resistenza del giovane lanciatore che stava nuovamente disputando un
pomeriggio da veterano tanta era la freddezza che mostrava. Nella parte alta del sesto inning
Brooklyn tornò a farsi minaccioso: Reese azzeccò un singolo e Snider con un bunt riuscito
giunse salvo in prima base. Il fiato era nuovamente sul collo dei Bronx Bombers. Lo stadio era
ripiombato in un silenzio di tomba che sicuramente stonava col sole che illuminava buona
parte degli spalti. Il terzo battitore a presentarsi fu Campanella il cui bunt spinse Reese in terza
base e Snider in seconda. Campanella venne eliminato ma adesso la minaccia pendeva
pesantissima su New York. Dal dugout Byrne ricevette l’istruzione di concedere la base per
balls a Furillo così da caricare le basi cercando il doppio gioco che chiudesse la frazione. E la
mossa seguente di Stengel fu quella di sostituire proprio Byrne con Grim. Un Grim che
nuovamente ricevette un’accoglienza non delle più favorevoli perché vide innalzarsi la legnata
di Hodges. La pallina non andò profondissima ma camminò quanto bastò affinché capitan
Reese arrivasse sereno a casa base. La volata di sacrificio aveva ottenuto lo scopo: Brooklyn
adesso era un po’ più vicina al miracolo: Dodgers 2, Yankees 0. Una calma contenuta mista
forse anche a stupore ed incredulità pervadeva i volti degli ospiti che comunque erano
perfettamente consci che la strada era ancora lunga. Molto lunga. E sapevano anche che le
sfuriate dei padroni di casa erano proverbiali e che in un attimo avrebbero potuto vanificare di

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nuovo tutto il castello di sogni dei Bums. L’inning si chiuse con George Shuba che come
pinch-hitter rimpiazzò Don Zimmer. Ed in avvio di sesto attacco Yankee il medesimo Shuba
venne sostituito da Sandy Amoros che così si andò a collocare nel ruolo di esterno sinistro con
Jim Gilliam che ritornò a coprire il sacchetto di seconda base. La sesta entrata vide finalmente
New York all’arrmbaggio: Martin riuscì ad ottenere la prima base per balls e subito dopo con
un bunt McDougald giunse salvo in prima base (con Martin in seconda). A quel punto arrivò
in battuta Yogi Berra, per la cronaca uno dei massimi denigratori di Brooklyn assieme
all’amico Phil Rizzuto. Sulla veloce lanciatagli da Podres, il buon Berra colpì in pieno verso
sinistra. La pallina era destinata ad andare molto lontano. Il dogout dei Dodgers rimase senza
fiato: c’er ala seria probabilità di vedere tre corse Yankee entrare. Ma invece Sandy Amoros
con estrema calma raggiunse ed arpionò a braccio aperto la pallina che in un attimo venne
fucilata a Reese che a sua volta completò il doppio gioco assistendo Hodges in prima mentre
McDougald inutilmente correva in seconda base. Amoros aveva appena salvato Brooklyn. E il
sogno poté continuare.

La presa al volo di Sandy Amoros


Gara 7, World Series 1955

In cinque fotogrammi ecco la presa al volo del


cubano Sandy Amoros con cui venne vanificata
la lunga battuta di Yogi Berra nella parte bassa
del sesto inning di gara sette. Lo score era di 2 a
0 in favore di Brooklyn. Un attimo dopo la
presa, Amoros assieme a Reese e Hodges
completerà un decisivo doppio gioco lasciando
a bocca asciutta i Bronx Bombers…

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Nell’ottavo attacco gli Yankees tentarono un nuovo disperato attacco. Un singolo di Rizzuto
ed uno di McDougald misero i corridori agli angoli con un solo out fatto. Podres,
imperturbabile, mise Berra nella condizione di alzare una volata (facilmente presa da Furillo)
dopodiché mandò Bauer a strike-out, salvando così nuovamente una situazione che poteva
diventare estremamente fastidiosa per Brooklyn. Quando si giunse alla parte bassa del nono
inning la situazione era sempre immutata: Brooklyn 2, New York 0. E sempre Johnny Podres
era al lancio. Brooklyn era a soli tre eliminati dallo storico successo. Solo tre out e finalmente
la maledizione sarebbe stata debellata una volta per sempre. Tre out per non morire. Tre
eliminazioni che a quel punto valevano più di cento miniere d’oro. Troppi anni erano passati
perché anche quella volta i Dodgers potessero fallire. Ma la risposta ancora doveva essere
fornita. Il primo battitore a presentarsi di fronte a Podres fu Bill Skowron. La rimbalzante che
colpì finì facilmente nel guantone di Podres che assistette Hodges per la prima eliminazione.
Solo due out dividevano adesso i Bums dalla storia. Fu quindi la volta di Bob Cerv. Che colpì
bene il lancio di Podres ma la volata che ne seguì fu controllata bene dall’esterno sinistro
Gilliam. Seconda eliminazione!

Jim Gilliam, esterno sinistro, riceve “dal cielo” la pallina colpita da Cerv.
A quel punto a Brooklyn mancava solo un out per riscrivere la storia…

Il terzo battitore ad arrivare al piatto fu Elston Howard. Lo Yankee Stadium era sempre più
mogio e non voleva credere che davvero i cugini poveri di Brooklyn stessero per scrivere un
capitolo storico nel baseball. Nessuno ci voleva veramente credere. In fin dei conti fino a quel
momento Brooklyn aveva perso tutte e sette le volte che si era presentato alle World Series. E’
difficile poter dire cosa provassero invece i giocatori di Brooklyn e tutto il dugout. Sicuramente
un senso di incredulità mista a palpitazioni cardiache accelerate si impossessò di chiunque
avesse a che fare con i Dodgers che, davanti ad oltre sessantaduemila spettatori, stavano
mettendo in ginocchio i celebratissimi Bronx Bombers. Nelle menti dei giocatori di Brooklyn
di certo transitarono in un millesimo di secondo tutti i dolori provati in un decennio di

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crescenti umiliazioni tra cui, in primis, la beffa delle World Series del 1952. Quando Howard
colpì la pallina lanciata da Podres ne scaturì una rimbalzante che si diresse verso capitan Pee
Wee Reese. Il più facile dei catch fu eseguito alla perfezione da Reese ed in un attimo la
pallina raggiunse il guantone di Gil Hodges in prima base!

Erano le ore 15.43 di


martedì 4 ottobre 1955.
I Brooklyn Dodgers
avevano vinto le World
Series per la prima volta
nella loro storia!!!!!!!!!!!!!
I Bums erano entrati per
sempre nella Leggenda…

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Il momento atteso da una vita…

Martedì 4 ottobre 1955, ore 15.43


Roy Campanella, a destra, abbraccia Johnny
Podres mentre da sinistra sopraggiunge Don Hoak
per iniziare la festa infinita…

BROOKLYN E’ CAMPIONE!!!!!!
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Podres, al centro, e Alston, a destra

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Festa grande fuori dal Dodgers Café situato in DeKalb Avenue

I simpatizzanti salutano il pullman dei neo-campioni che torna a Brooklyn

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Hodges, Podres, Snider e Labine: “Te l’avevo detto…”

Podres, O’Malley e Alston

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La prima pagina del Daily News di mercoledì 5 ottobre 1955
QUESTO E’ IL PROSSIMO ANNO!

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I compensi per il trionfo

Snider, Labine, Campanella e Hodges

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Un’eloquente immagne delle World Series del 1955:
Carl Furillo mette a segno una corsa ed il “bat-boy” Charlie Di Govanna si complimenta.
Ancora una volta “Skoonj” ha lasciato un segno tangibile…

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Johnny Podres in azione durante la fatidica Gara Sette

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Labine, Podres e Craig, i tre lanciatori vincenti delle World Series del 1955

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World Series 1955: ricevitori contro
Roy Campanella piazza una valida mentre Yogi Berra tenta di organizzare la difesa

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La copertina del settimanale Sports Illustrated in cui Walter Alston
presenta le World Series del 1955

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World Series 1955
Data Ospiti Locali Lanciatore Brooklyn Fuoricampo Brooklyn
Mer 28.9.1955 Brooklyn 5
New York 6 Don Newcombe (0-1) Carl Furillo (1)
Duke Snider (1)
Gio 29.9.1955 Brooklyn 2 New York 4 Billy Loes (0-1)
Ven 30.9.1955 New York 3 Brooklyn 8 Johnny Podres (1-0) Roy Campanella (1) da 2
Sab 1.10.1955 New York 5 Brooklyn 8 Clem Labine (1-0) Roy Campanella (2)
Gil Hodges (1) da 2
Duke Snider (2) da 3
Dom 2.10.1955 New York 3 Brooklyn 5 Roger Craig (1-0) Sandy Amoros (1) da 2
2 Duke Snider (4)
Lun 3.10.1955 Brooklyn 1 New York 5 Karl Spooner (0-1)
Mar 4.10.1955 Brooklyn 2 New York 0 Johnny Podres (2-0)

Il logo prodotto nel 2005 per celebrare la ricorrenza di


mezzo secolo dal trionfo alle World Series del 1955

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I protagonisti di quell 1955 ed i loro numeri di maglia

1 Pee Wee Reese SS


4 Duke Snider CF
6 Carl Furillo RF
8 George Shuba OF
10 Rube Walker C
12 Frank Kellert 1B
14 Gil Hodges 1B
15 Sandy Amoros LF
17 Carl Erskine P
18 Jim Hughes P
19 Jim Gilliam 2B-LF
23 Don Zimmer 2B
27 Tommy Lasorda P
27 Bob Borkowski OF
28 Chuck Templeton P
30 Billy Loes P
32 Sandy Koufax P
34 Russ Meyer P
36 Don Newcombe P
37 Ed Roebuck P
39 Roy Campanella C
40 Roger Craig P
41 Clem Labine P
42 Jackie Robinson 3B
43 Don Hoak 3B
45 Johnny Podres P
46 Don Bessent P
48 Karl Spooner P
49 Joe Black P
49 Walt Moryn OF
51 Bert Hamric PH-PR
54 Dixie Howell C

24 Walter Alston Manager


Joe Becker Pitching Coach
Billy Herman Coach
Jake Pitler Coach

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L’anello ufficiale del trionfo del 1955.
Nell’immagine vediamo l’esemplare che fu di proprietà del bat-boy Charlie di Giovanna

A questo punto della nostra storia mancano ancora due stagioni ma mi rendo conto che possa
diventare difficile andare avanti con la narrazione dopo quello che successe quel 4 ottobre del
1955. Perché quello fu il punto massimo raggiunto dai Brooklyn Dodgers e le due stagioni
prima della loro dipartita verso Los Angeles in fin dei conti furono un epilogo amaro a
sessantotto stagioni di Ball Game in Brooklyn. Per cui del 1956 ricorderemo la sconfitta alle
World Series per 4-3 contro i soliti Yankees. Per il 1957 ricorderemo il mesto terzo posto al
termine della regular season, certamente una maniera incolore per chiudere il proprio
segmento esistenziale a Brooklyn. E così l’8 ottobre 1957 Walter O’Malley annunciò lo
spostamento a Los Angeles lasciando “solamente” alcuni milioni di persone sbalordite ed
amareggiate. Ed incredule. Comunque sia, qualsiasi dolore venne provato da chi aveva a cuore
i Brooklyn Dodgers, rimane un fatto incontrovertibile: il trionfo del 1955 che, come recita il
titolo di questa opera, “non ci potrà mai essere tolto”. Mai.

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Record di regular season 1946-1957

Year Club League P W L T Position Manager

1946 Brooklyn National 157 96 60 1 Second* Leo Durocher

1947 Brooklyn National 155 94 60 1 First Clyde Sukeforth 2-2-0-0


Burt Shotton 153-92-60-1

1948 Brooklyn National 155 84 70 1 Third Leo Durocher 73-35-37-1


Ray Blades 1-1-0-0
Burt Shotton 81-48-33-0

1949 Brooklyn National 156 97 57 2 First Burt Shotton


1950 Brooklyn National 155 89 65 1 Second Burt Shotton
1951 Brooklyn National 158 97 60 1 Second** Chuck Dressen
1952 Brooklyn National 155 96 57 2 First Chuck Dressen
1953 Brooklyn National 155 105 49 1 First Chuck Dressen
1954 Brooklyn National 154 92 62 0 Second Walter Alston
1955 Brooklyn National 154 98 55 1 First Walter Alston
1956 Brooklyn National 154 93 61 0 First Walter Alston
1957 Brooklyn National 154 84 70 0 Third Walter Alston

1862 1125 726 11 60.41 winning % in RS

*=1946
96-58-1 in regular season
Brooklyn gioca spareggio contro St Louis per Pennant NL e perde 0-2

**=1951
96-58-1 in regular season
Brooklyn gioca spareggio contro NY Giants per Pennant NL e perde 1-2

World Series 1947-1956


Record delle gare disputate in 6 apparizioni
16 vittorie e 23 sconfitte……41.02 winning %

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Alcuni numeri delle carriere con Brooklyn

BATTUTA

Incontri disputati Alla battuta


2107 Pee Wee Reese 7911 Pee Wee Reese
1626 Carl Furillo 5864 Carl Furillo
1531 Gil Hodges 5581 Gil Hodges
1425 Duke Snider 5317 Duke Snider
1382 Jackie Robinson 4877 Jackie Robinson
1215 Roy Campanella

Corse realizzate Battute valide


1317 Pee Wee Reese 2137 Pee Wee Reese
994 Duke Snider 1762 Carl Furillo
947 Jackie Robinson 1609 Duke Snider
916 Gil Hodges 1556 Gil Hodges
832 Carl Furillo 1518 Jackie Robinson

Doppi Tripli
323 Pee Wee Reese 78 Pee Wee Reese
301 Carl Furillo 66 Duke Snider
288 Duke Snider
273 Jackie Robinson
248 Gil Hodges

Fuoricampi Corse battute a casa


316 Duke Snider 1049 Gil Hodges
298 Gil Hodges 1003 Duke Snider
242 Roy Campanella 961 Carl Furillo
174 Carl Furillo 868 Pee Wee Reese
137 Jackie Robinson 856 Roy Campanella
122 Pee Wee Reese 734 Jackie Robinson

Basi rubate Media battuta


231 Pee Wee Reese .311 Jackie Robinson
197 Jackie Robinson

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LANCIO

Incontri disputati
304 Clem Labine, 294 Carl Erskine, 283 Ralph Branca

Incontri da partente
222 Don Newcombe, 204 Carl Erskine, 158 Ralph Branca

Incontri completi
110 Don Newcombe

Riprese lanciate
1698 Carl Erskine, 1628 Don Newcombe

Incontri vinti
123 Don Newcombe, 122 Carl Erskine, 93 Preacher Roe

Incontri persi
71 Carl Erskine, 66 Don Newcombe

Strikeout
913 Don Newcombe, 912 Carl Erskine, 757 Ralph Branca, 632 Preacher Roe

Basi per Balls


598 Carl Erskine, 589 Ralph Branca

Salvezze
59 Clem Labine, 20 Joe Black, 18 Ralph Branca

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In memoriam Carl Furillo
Carl Anthony Furillo
Nato l’8 marzo 1922 a Stony Creek Mills, Pennsylvania
Morto il 21 gennaio 1989 a Stony Creek Mills, Pennsylvania in seguito a leucemia.
Sepolto al Forest Hills Memorial Park di Reiffton, Penns. (Blocco J, Lotto 266, Tomba A)
Stagioni con Brooklyn: 12 (dal 1946 al 1957)
Esordio in Major League: 16 aprile 1946
Batteva di destro e lanciava di destro.
Numero di maglia: 6
Altezza: 6 piedi e 0 pollici
Peso: 190 libbre
Dal 1958 al 1960 giocò con i Los Angeles Dodgers.
Sopranome: ‘Skoonj’ o anche ‘The Reading Rifle”

Una volta lasciato il baseball lavorò come installatore di ascensori al World Trade Center, fu il
titolare di una macelleria nel quartiere newyorkese del Queens e svolse anche il lavoro di
guardia notturna.
Figlio di un immigrato italiano e di una olandese.

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Dal libro “Bums, An Oral History of the Brooklyn Dodgers” scritto da Peter Golenbock, ecco
il Furillo pensiero sul trionfo del 1955:

“Mio Dio, quello fu il colpo dei colpi. Sebbene avessimo vinto gara
sette in trasferta, la gente non sapeva più cosa fare per ricompensarci
per quello che avevamo fatto. Non ho mai più visto una città (intesa
come la sola Brooklyn, ndt) impazzire in quella maniera. Uno andava
a Eastern Parkway e Atlantic Avenue, ad esempio, e trovava gente così
tanto felice. Raggiungemmo qualcosa di veramente storico. Qualcosa
per la gente. Vincemmo quel titolo naturalmente anche per noi stessi,
ma lo facemmo per la gente”.
Di lui ha detto l’ex-compagno Carl Erskine: “Non creò mai un problema a nessuno. Era
un giocatore di altissima professionalità che svolse il suo lavoro con efficienza e qualità.
Avevamo moltissimo rispetto per lui”.

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Ringraziamenti
Ringrazio Greg Di Giovanna, figlio di Charlie Di Giovanna il bat-boy dei Brooklyn Dodgers,
per avermi inviato la foto del leggendario anello di suo padre riportato a pagina 68.

Fonti
Di incredibile utilità è risultato il sito statistico www.retrosheet.org.
Nonostante la notevole quantità di libri storici sui Brooklyn Dodgers in mio possesso, ho
preferito affidare alla mia memoria la composizione dei fatti narrati.
Spero di non avere scritto troppe imprecisioni…

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