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Inverno
Nei primi giorni di febbraio nella mia terra, da bambini, si camminava sparsi
per i pascoli, suonando le campane delle vacche - perché noi suonavamo quelle
- e cantando una vecchia canzone che diceva: “Svegliati! Svegliati! È marzo. La
neve va via e fa crescere l’erba”.
Ricordo che noi bambini, più avanti nella stagione, andavamo a prendere le
vacche in campagna e le portavamo in montagna. Ma quando passavamo per
la strada con le campane in quei giorni di febbraio, le vacche si mettevano a
urlare perché credevano che fosse arrivato il momento dell’alpeggio, e invece
la neve non era ancora andata via, e uscivano appena appena i primi germogli.
Ecco, queste sono sensazioni che ancora si possono provare, anche
vicino alle città, spostandosi dove iniziano i boschi. Se alla fine di
febbraio andate a vedere i colori lungo le strade che accarezzano i boschi
sentirete gli odori della primavera – perché la primavera ha anche odore – e ve
ne innamorerete!
Ogni volta che arriva la primavera io “sento” la terra e m’innamoro. È
bellissimo: è la terra che si risveglia, che fa crescere i fiori e se ne sente
l’odore e vi giuro che ogni volta mi viene voglia di raccontarlo. L’aria cambia e
cambia anche il movimento da dove viene l’aria: è sempre un rinascere.
Anche in questa stagione, però, non posso dimenticare gli anni della guerra. In
particolare tra il 1941 e il 1942, quando, arrivata la primavera, si doveva
ricostruire tutto. Era il periodo che incominciava a sgelare e c’erano ancora
delle macchine seppellite nella neve e nel ghiaccio con le cornacchie che
mangiavano i cadaveri… erano l’inverno del 1941 e la primavera del
1942, ma quei mesi li ricordo come fosse oggi… si vedeva il disgelo di un
inverno freddissimo, quando in montagna il termometro era sceso a -30°. Fu
l’inverno più freddo registrato nella storia dell’umanità, un inverno che non ha
avuto pietà, un freddo così forte che ha congelato i carri armati.
Dovevamo "fare la contumacia": la primavera ci chiamava e così abbiamo
“bigiato” – come dicono oggi i ragazzi che vanno a scuola – abbiamo bigiato
anche con il comandante, siamo usciti in campagna e siamo andati da un
contadino che ci ha offerto polenta, coniglio e un bicchiere di vino e lì,
finalmente, abbiamo trovato la primavera.
Estate
Sono stato in un rifugio di cacciatori dove sulla porta c’era scritto: “l’uomo
civile non lascia tracce”.
Vorrei che questa frase fosse messa non solo all’entrata dei boschi, ma anche
all’entrata delle città. Viviamo invece come in “un’ansia di lasciare tracce” che
va contro la natura. Osservando certi animali vedrete che quando fanno le tane
nel bosco nascondono anche i propri escrementi, non lasciano indietro neanche
quelli: non lasciano tracce.
A dire il vero noi siamo abituati a sporcare ovunque, specialmente nei posti
affollati, dove le persone non tengono conto che lasciare la cartacce, le
bottiglie, le cose in giro non è molto civile, è molto povero.
La natura non può assimilare quello che viene lasciato indietro.
Quello che rimane in giro si riempie d’insetti, in particolare di mosche che
vanno a deporvi sopra le uova e poi vengono mangiate dai cervi e dai caprioli:
le uova diventano larve e poi vermi che portano alla morte questi animali. E
questo succede sempre: ogni primavera, vediamo i drammatici risultati
delle cartacce e dei rimasugli lasciati in giro.
Quando incomincia a rifiorire il bosco, appassiscono gli animali che cercano di
liberarsi delle larve che, finito il loro ciclo, li attaccano riempiendogli i polmoni e
portandoli alla morte. Ecco il bel risultato di un bosco non pulito.
Ecco allora perché io dico di non lasciare tracce: il bosco è molto delicato.
Il bosco è fatto di suolo e sottosuolo dove vivono moltissimi insetti, è abitato
da animali di ogni tipo, scoiattoli, faine, donnole, merli, tordi e tutto ha un suo
equilibrio. Se l’uomo lo rispetta, anche gli animali convivono bene, fra loro e
con lui.
E se noi seguiamo queste regole, possiamo anche "gustarci" questa cosa:
possediamo tutti i mezzi per farlo. Se spegniamo i telefonini possiamo vedere
delle cose che altrimenti non vedremmo mai; se camminiamo piano e
guardiamo con attenzione e ascoltiamo in silenzio, fermi, allora scopriremo che
la vita è fatta di altri sapori – è una cosa talmente naturale che dovrebbe
essere banale.
Autunno