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"Nel ritmo della musica d'Africa sono scritti i segni primordiali dei nostri alfabeti sonori.
Quei suoni toccano il corpo dell'uomo, lo attraversano e lo animano".
"I valori artistici africani e occidentali non sono la stessa cosa. In Africa "arte"
è qualcosa che ha un significato del tutto diverso dalle idee occidentali sulla
funzione artistica..."Artista" è già un concetto limitato: "creatore" è una parola
più adeguata... L'arte, per gli africani, non esiste disgiunta dalla vita
quotidiana".
Nel suo contesto tradizionale quella africana copre in realtà ogni aspetto della
vita, dal lavoro all'amore, dalla nascita alla morte, dal matrimonio alla
religione. Il mbalax, la musica di Youssou N'Dour si è sviluppata su quella dei
tamburi wolof che accompagnavano le cerimonie tradizionali. La musica fuji
della Nigeria ha le sue radici nelle feste musulmane del Ramadan mentre,
ancora, quella di Mory Kante e di altri musicisti della Guinea e del Mali, è
basata su melodie antiche di alcuni secoli. Diverse, invece, sono le fonti del
soukous dello Zaire, del mbaqanga del Sudafrica, o dell'highlife del Ghana, che
derivano dalla musica dei bar e delle sale da ballo di questo secolo.
Ma tutte le musiche, comunque, sono legate alla tradizione, nessuna nega mai
le proprie radici, non importa quanto "moderni" siano gli arrangiamenti, gli
strumenti o i testi. In alcuni casi questo rapporto con le radici viene esaltato in
maniera evidente in altri in maniera più "inconscia", per effetto di antichi
ammaestramenti musicali tramandati di generazione in generazione. Perchè
quella africana è una incredibile storia di contaminazioni.
Musicisti della Guinea, dello Zaire, del Senegal, dello Zimbabwe, del Camerun,
della Nigeria, del Sudafrica, hanno cominciato a farsi conoscere dal giovane
pubblico del rock e del pop. Si parla di "musica africana", ma il termine è
davvero troppo generico per poter definire un insieme di suoni, stili, generi,
enormemente diversificato, con stili che variano da regione a regione. Musica
che getta un ideale ponte tra tradizione e modernità, savane e grattacieli, tra
nuova comunicazione elettronica e ritmo ancestrale.
E' la chitarra elettrica il principale strumento che ha giocato un ruolo vitale nel
modellare la musica urbana in tutto il mondo e, soprattutto, in Africa. L'arrivo
degli strumenti elettrici ha creato nella musicale "Madre Africa", una vera e
propria esplosione di creatività, di vitalità e di tecnica che ha impressionato il
mondo intero.
Il percorso della "nuova ondata" africana che ha pian piano invaso l'occidente,
è iniziato alla fine degli anni Sessanta, quando, prima con Tom Hark e poi
soprattutto con Miriam Makeba e Hugh Masekela, le canzoni e i ritmi della
nuova Africa hanno cominciato a scalare le classifiche di vendita. Il rock viene
rapidamente affascinato dalla giovane musica dell'Africa, come testimoniano i
primi "viaggi" di personaggi come Ginger Baker dei Cream o Brian Jones
dei Rolling Stones, che realizzano dischi con musicisti africani. Ma sono
personaggi come Manu Dibango con Soul Makossa e i ghaniani Osibisa, che
mettono insieme armonie africane, ritmi e atmosfere del jazz, del soul, della
canzone e del pop, seguiti a breve distanza dal "black president" Fela Kuti. La
grande esplosione dell' "african pop" è comunque avvenuta negli anni Ottanta,
in parte dovuta al grande successo ottenuto da Bob Marley e dal reggae.
E in Francia trova spazio soprattutto la musica algerina, il rai nato a Orano, che
ha in Cheb Khaled il suo più grande e noto campione. Il rai è forse la musica
che meglio illustra il rapporto tra la tradizione e modernità che avvolge gran
parte della odierna musica dell'Africa: pur essendo legata alla cultura
nordafricana, a quella islamica, essa rappresenta in molti modi la vita dei
giovani e dei giovanissimi algerini, perchè propone ciò che i tradizionalisti
odiano: il laicismo delle emozioni, del piacere, del divertimento. Musica
moderna, di contaminazione, viva, che canta allo stesso tempo Dio e il vino
rosso, l'amore e il sesso, il godimento della vita e il fato, in un grido di
libertà.Dalla metà degli anni ottanta l'interesse del pubblico e dei musicisti per
la nuova musica dell'Africa è cresciuta moltissimo, soprattutto per il grande
lavoro di diffusione svolto da alcuni musicisti che hanno trovato nei suoni del
continente nero un clamoroso terreno di sperimentazione e di esplorazione. Il
più grande tra questi è stato senza dubbio Peter Gabriel che, all'indomani
dalla sua separazione dai Genesis, ha iniziato a lavorare prima alla
realizzazione di un festival, il Womad, che è rapidamente diventato il più
importante punto d'incontro per i musicisti di tutti i paesi del mondo.
Musica africana: già la definizione suona strana e spaventa un pò. Quale Africa
vogliamo scoprire attraverso i dischi dei suoi innumerevoli artisti? Quella
riflessa in Graceland di Paul Simon o preferiamo il ritratto più veritiero di
Mahlathini & Mahotella Queens? La nostra curiosità ci porterebbe a entrare
in contatto con tutte le espressioni musicali, in ogni caso alla fine di questo
"Dossier" siamo ormai catturati da parole magiche come makossa (musica del
Camerun), mbaqanga (musica dei neri sudafricani delle città dagli anni
sessanta in poi), highlife (musica da ballo dei paesi di lingua inglese). Il viaggio
da e verso l'Africa si conclude esplorando le discografie dei suoi più apprezzati
artisti, entrati a far parte della sua storia allo stesso modo dei personaggi che
ne hanno costruito l'indipendenza.
Miriam Makeba - The Click Song (1959) - Pata Pata (1972) - A Promise (1989)
Fela Kuti - Fela's London Scene (1970) - House Of Many Colours (1988)