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roberto acerra – lorenzo sorbo

scendo a comprare
le sigarette,
ma poi torno

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Il problema non è che tutto dev’essere un libro. È che
ogni cosa può essere un libro. E non conta, come vita,
finché non lo è.

Philip Roth – La lezione di anatomia

Il desiderio di scrivere è una pulsione che si manifesta


prima di trovare il proprio oggetto e che si soddisfa poi
come si può.

Catherine Millet – La vita sessuale di Catherine M.

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Caro Lorenzo,

perché scrivere un romanzo insieme?


Quando ieri, davanti al mio boccale di birra e al tuo
quarto bicchiere di vino, abbiamo preso la decisione,
sapevamo a cosa andiamo incontro?
A fine serata ci siamo salutati con grande entusiasmo -
smorzato solo in parte dal mio improvviso attacco di
vomito quando (fortuna) ero già fuori dalla tua
automobile. Ci siamo salutati come due che stanno per
intraprendere insieme un lungo viaggio da cui
torneranno, non si sa se insieme, certamente cambiati.

A casa ho avuto difficoltà a prendere sonno, ma non mi


sono fatto prendere dal panico. Come faccio in questi
casi, ho evitato la tortura di rigirarmi nel letto a vuoto e
sono andato in cucina. Ho pensato che magari avevo
solo bisogno di masturbarmi per bruciare le ultime
energie ed abbandonarmi a un sonno profondo e senza
sogni. Ho pensato che forse era il caso di bere ancora.
Ma in frigo non c’era altro che un’aranciata sfiatata e un
succo di frutta alla pera, di una marca scadente.

Ho anche pensato che ci sono dei momenti in cui mi


piacerebbe essere un fumatore, di quelli con l’indice
ingiallito dalla nicotina. La sigaretta impegna i
movimenti ed il pensiero, quasi come un vibratore. Ma
come sai non mi è mai riuscito di prendere il vizio, per
quanto periodicamente mi ci provi (non coi vibratori,
non ancora). Qualcuno dovrebbe scriverci un libro:
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Come cominciare a fumare, se sai come farlo, ma per
me andrebbe bene anche un qualsiasi altro vizio a caso.
Dovrei iscrivermi ad uno di quei siti di poker on line, o
abbonarmi a qualche oscura rivista sul mondo del
cavallo.

Ho ripensato alla nostra conversazione. E alle gambe


della cameriera che ci portava da bere. Mi sono versato
dell’acqua e limone, sono andato alla finestra. Il vento
piegava le cime degli alberi sporchi dei giardini pubblici
di fronte. Un uomo in giacca a vento accompagnava di
malumore il proprio cane a pisciare. Modelli
d’automobili che non saprei distinguere stavano ferme,
allineate l’una accanto all’altra secondo una geometria
diseguale. Ho visto rettangoli di finestre illuminate dalla
luce fluorescente di un televisore, immaginandomi le
vite dietro ognuna di quelle.

Ho pensato che forse è per motivi impalpabili come


questo che le persone si mettono a scrivere libri; che
forse i più grandi romanzi sono nati in notti insonni
risolte davanti a una finestra, con lo stomaco in
disordine, ad aspettare non si sa bene cosa.
Allora mi sono convinto che dobbiamo scrivere un
romanzo insieme. O almeno tentare.
Lo so, t’avevo promesso già per oggi un inizio di trama
su cui lavorare e, credimi, non è che non mi ci sia
messo. Anzi, ti dico di più, c’ho già un quaderno pieno
di buone idee, uno di quei quadernetti dalla copertina
nera che porto sempre nella tasca posteriore dei jeans, e
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che mi vedi tirare fuori tutto spiegazzato come il block
notes del tenente Colombo, in cui appunto tutte le
cazzate che mi passano per la testa, specie quando
cammino per strada o sono al cesso.
Una volta uno che conoscevo era a casa della sua
ragazza, le ha detto Scendo a prendere le sigarette, mi
sono finite. È arrivato al distributore, ha preso le
sigarette e stava tornando di sopra quando ha pensato
Che ci torno a fare, di sopra, da questa ragazza? Ne ho
veramente voglia? Allora se n’è tornato a casa, senza
nemmeno avvisare lei che di sopra che lo aspettava, ed è
rimasta ad aspettarlo per tutta la notte.
A me le persone capaci di fare queste cose mi
affascinano.

Ora è l’una di notte e sono di nuovo nella mia cucina.


Fossi Stephen King, ti descriverei il latrato sinistro dei
cani sulla collina e il vento che fa sbattere una porta in
qualche stanza della mia lussuosa villa, ma abito al
quinto piano e l’unico suono che si sente è il brutto
orologio a muro vinto coi punti del supermercato. La
notte è il momento migliore della giornata.

Di che parlerà il romanzo? Bella domanda. In genere è la


prima cosa che ti chiedono. Di che parla il tuo romanzo?
Di che parla il film che hai visto? Non che uno di noi due
abbia mai scritto un romanzo, fino ad oggi. Però io
quando conosco una ragazza che mi piace le dico
sempre che ho scritto dei racconti, cosa che in parte è
anche vera. Dico in parte perché quando ero al primo
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anno di università misi insieme dei racconti pornografici
e ne feci un volume fotocopiato che diedi agli amici. Era
un periodo che non facevo che scrivere storie e
toccarmi, e più scrivevo più mi toccavo, e viceversa.

Adesso, scrivere, scrivo sempre meno.


I miei racconti erano tutti uguali: parlavano di me che
scrivevo racconti che venivano letti da belle ragazze che
poi venivano a casa mia per soddisfare i miei desideri e
diventare protagoniste dei miei prossimi romanzi. Nella
mia grande ingenuità e presunzione ero convinto che
sarebbe successo molto presto.
E dire che non avevo ancora letto Philip Roth. O La
trilogia sporca de L’Avana.

Tipo in una di queste storie conoscevo una ragazza in


un bar (o era in un bowling?), bevevamo qualcosa
insieme, le davo da leggere delle mie cose (lì nel
bowling? sì, lì nel bowling) e lei a un certo punto mi
chiedeva Andiamo a casa tua? Salutavamo i suoi amici
noiosi e andavamo a casa mia. Era una ragazza
bellissima, si chiamava Vera, Vera Stranodore; indossava
un vestito verde molto aderente, guidava l’automobile e
mentre guidava io le sbirciavo le gambe e pensavo
Guarda che fortuna che mi sta capitando! e tutto questo
perché scrivo dei racconti che toccano il cuore
dell’immaginario femminile come nessun altro.
Come sono sensibile, come sono sensibile!

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Arrivavamo da me, trovando subito parcheggio. Abitavo
in una piccola villetta a due piani, con dei gatti e una
vecchia nonna, in quasi tutti i racconti. A questo punto
della stesura ero già eccitato a mille, a immaginarmi
questa corpoduro lì da me tutta da gestirmi: potevo
togliere il vestito e lasciarle le scarpe, oppure toglierle le
scarpe e farle un massaggio ai piedi bellissimi con cui
poi lei, con rara abilità, mi spogliava completamente.
Insomma a pagina due arrivava già il momento della
prima eiaculazione.

Perizoma Dream, avevo intitolato la raccolta racconti, in


omaggio ad Arizona Dream di Kusturica.

In questo racconto però succedeva che lei a un certo


punto si sentiva una puntura sul sedere, a causa di un
ago dimenticato dalla nonna sul divano. Riprendevamo a
toccarci ma lei cominciava a stare male, io le chiedevo
Che ti succede? lei si prendeva il cuscinetto di adipe
sotto la chiappa destra e diceva allarmata Senti? Sta
uscendo l’aria. Mi sto sgonfiando!

Io allora cercavo di porre rimedio, appiccicavo le labbra


sul buchetto da cui usciva l’aria e soffiavo, soffiavo per
rigonfiarla, ma lei cominciava ad afflosciarsi da tutte le
parti e velocemente la vedevo rimpicciolirsi e sciogliersi
su se stessa.
Finché non si sgonfiava del tutto, come un palloncino
bucato, e io prendevo nel palmo della mano l’involucro
di questa bellissima ragazza, me lo indossavo tipo un
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profilattico, mi facevo una sega, e dopo che avevo finito
me ne liberavo e tornavo a dormire, appena un po’
dispiaciuto per quello che le era capitato e per la mia
sorte infelice.

Dopo ho capito che era meglio provarci con le poesie.

Io comunque rispondo sempre che erano racconti a


sfondo politico, quelli che scrivevo.
Senti, Lorenzo, allora io per stasera non ti anticipo
niente, finisco di scriverti questa mail e poi me ne vado
a letto, passando per il mio ufficio con la comoda tazza
in ceramica, immancabile appuntamento di fine
giornata. Ma domani appena sveglio do un’occhiata al
mio quadernino e stai sicuro che ti tiro fuori tre o
quattro idee per un romanzo che ti lascio secco. Faremo
proprio un grande lavoro, me lo sento.

Stammi bene,

Roberto

Caro Roberto,

son proprio contento di sentirti così carico e di iniziare


un romanzo con te. Ne stavamo parlando da mesi ed era
proprio ora di iniziare.
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Ora tu sai come sono fatto io, sto lì tutto il tempo a
immaginarmi le scene, i protagonisti e soprattutto i
dialoghi. Insomma sono fissato con ‘sta cosa della
struttura. Tu forse sei più istintivo ed è un bene, perché
così ci compensiamo.

Ora stammi bene a sentire, dobbiamo puntare ad un


romanzo agile, scritto bene, con una bella storia, un
centocinquanta pagine al massimo. Una cosa che la
gente possa leggere con facilità. Hai presente cosa legge
la gente di solito nelle metro? Se ne stanno immobili,
incollati alla pagina persino nel cambio stazione. E sai
perché? Perché quando un romanzo è bello te ne accorgi
subito, è fluido, scorre bene, ci sono personaggi
interessanti, i dialoghi sono brevi e concisi. Dobbiamo
incollare i lettori alla pagina, e sai come? Raccontiamo
una storia, ma una di quelle storie che proprio non
potranno staccarsi dalla pagina.
Senti che dico: non appena leggeranno le prime righe,
non riusciranno a staccarsi. Una storia, ma una di quelle
storie, che giuro, non si dimenticano.
Confessa: già ti stai incollando pure tu alla pagina. Sei
già curioso e vorresti sapere come inizia questa storia,
ma devi avere pazienza, siamo ancora all'inizio e questo
è il bello delle grandi storie, a poco a poco ti
appassionano e non le lasci più. E poi son d'accordo con
te sul fatto di infarcire di sesso ogni pagina, quello sì, ce
lo dobbiamo mettere, che attira sempre. Intendo però
un sesso intrigante, comico e istintivo. Io lo piazzerei

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subito nell'incipit, senza perdere tempo, come fa
Bukowski nei suoi racconti. E stiamo pure attenti a usare
un linguaggio contemporaneo, sgrammaticato, e cinico,
perché no? Mi dici tu chi ha voglia oggigiorno di leggersi
un polpettone ottocentesco pieno di descrizioni noiose?
Guarda, ho qui un libro uscito da poco e ho aperto la
prima pagina, senti come inizia, è proprio quello che
dobbiamo evitare:
Anna era assai soddisfatta. Ma si sforzava, con apparente
calma, di non dimostrare il proprio entusiasmo con quella
consueta vivacità eccessiva che tanto urtava suo fratello.
Erano finalmente giunti alla vecchia fattoria che suo padre
aveva ereditato dai nonni. Quanto si era data da fare per
raggiungere il suo scopo!

Ma dove siamo, in una pubblicità del Mulino Bianco?


Guarda, personalmente questa scena idilliaca mi fa
cacare. Cioè, questa Anna è felice, però si contiene solo
perché a suo fratello dà fastidio. E vabè, il fratello sarà
pure un gran rompicoglioni ma, dico io, tu, autore,
concentrati su Anna, fammela vedere ‘sta ragazza,
fammela diventare una bella figura di eroina letteraria. E
invece no, perdi tempo a descrivermi la solita scena
bucolica con l'allegra famigliola in carrozza. Guarda, io
questa Anna già me la immagino alta, spigliata,
intelligente, felice. Suo fratello è un cacacazzo? E chi se
ne fotte! Se pensi poi ai fratelli, soprattutto i maggiori,
son dei gran rompicoglioni. Io ho uno fratello maggiore
che non perde occasione per darmi consigli. Ma non è di
mio fratello che voglio parlarti, anzi… come siamo
arrivati a mio fratello? Ah, sì la storia delle descrizioni.
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Insomma questa allegra famigliola se ne va allegramente
in questa fattoria-iah-oh del cazzo, poi segue la classica
descrizione palloso- contemplativa di una scena agreste
che non ti cito nemmeno.

Non va, non va! Linguaggio vetusto, pesante,


sorpassato. Una scena così, io, sai come l'avrei scritta?
Anzitutto, evitando questi punti esclamativi che pare
debbano sempre rendere epica qualsiasi cazzata
espressa dai personaggi. Come ti ho detto prima, una
scena così l'avrei fatta partire subito col sesso, proprio
come fa zio Buk che non ci pensa due volte a mettere
due colpetti di cazzo già nelle prime righe. Io avrei
scritto:

Anna era assai soddisfatta per la chiavata della sera prima. Non si
sforzava, con apparente calma, di dimostrare il proprio entusiasmo al
fratello che ogni sera la spiava dal buco della serratura. Quella
consueta vivacità tanto urtava suo fratello che si consolava con
lunghe seghe notturne. Erano finalmente giunti alla vecchia fattoria
che suo padre aveva ereditato dai nonni…

E dopo, invece di descrivere questa grande fattoria, ci


metterei di nuovo una bella scopata nel granaio col
fattore negro, magari spiata pure dal fratello erotomane
perso. Così, senza reticenze. In modo tale da incollare
subito il lettore alla pagina. Poi qualche bella pagina
tenera per compensare le scene forti, altrimenti
rischieremmo di virare verso quei romanzetti porno da
mille lire degli anni ‘70, non so se hai presente.

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Ma ora viene la parte più difficile, trovare uno straccio di
trama che regga. Ed a questo ci pensi tu, amico mio. Io
scendo, che devo andare a suonare.

A presto
Lorenzo

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