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le migliori opere
del 3 concorso letterario
organizzato dalle
Capitanerie di porto - Guardia Costiera
Prefazione
A volte mi chiedo perch il mare sia da sempre fonte dispirazione del
pensiero umano nel quale suscita emozioni spesso tramutate, con modi e
forme diverse, in arte. Forse il fascino di questa enorme massa dacqua, creatrice di vita e in perpetuo movimento, sta nellarmonia di colori che come
in un caleidoscopio cambiano al variare della luce e della profondit dei fondali. O forse dovuto a quello che le sue acque racchiudono, custodi di segreti, tragedie e tesori che solo di rado vengono svelati agli occhi degli
uomini ma fanno sognare infinite storie. Potrebbe anche essere quella sottile
paura che il mare provoca in chi vi si avvicina per la prima volta a scatenare
nellanimo una voglia creatrice, quasi a esorcizzare uno stato di disagio dovuto alla mancanza di conoscenza. Ma la risposta pi ovvia, e forse quella
giusta, che il mare ha una bellezza intrinseca incomparabile con qualsiasi
altra espressione della natura: un mondo nel mondo, da conoscere, rispettare
e amare e anche da raccontare. In queste pagine abbiamo voluto raccogliere
alcune delle tante opere inviate da chi, come noi della Guardia costiera, vive
il mare con occhi diversi, cogliendone aspetti nascosti. Questo anche il fine
di Emozioni sul mare, concorso letterario giunto alla sua terza edizione al
quale hanno aderito centinaia di autori che ringrazio sinceramente per aver
contribuito, in modo diverso ma non per questo meno efficace, a diffondere
la conoscenza del grande blu.
Amm. Isp.Capo
Pierluigi Cacioppo
Comandante Generale
delle Capitanerie di porto Guardia Costiera
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Racconti selezionati
Tu stendi il cielo come una tenda,
costruisci sulle acque la tua dimora.
Salmo 103
E videro montagne
e nei mari un arcobaleno
Bisbiglia il verso della canzone della vita
e il brivido della morte.
Allombra delle navi
il canto perdono.
A loro, a quei Nomi.
Perch cerano tutti i nomi in quella vasta acqua della terra,
che si fusero in canto.
Francesca Lo Bue
Shalmt
Giulia Parri
Nadir aveva sete. Tutti avevano sete. Ma lacqua ormai era finita. Manca
poco aveva detto luomo del timone, ma laveva detto gi da tanto tempo.
Era una notte senza fine, una notte senza luna, sul mare nero, su quella barca
di sudore e di lamenti. E Nadir aveva paura del buio, perch nel buio si muove
lo spirito di Kalfat, il gigante che vive al centro della Terra e anche lo spirito
di Mohadin, la strega che divora lucertole.
Mamma ho sete.
Ma lo sapeva, non sarebbe servito a niente. E intorno era sempre tutto
buio. Solo rumori. La prua della barca che schiaffeggiava londa, i cigolii del
legno decrepito, una canzone, che Nadir non aveva mai sentito, e che veniva
dal fondo della barca, da una voce di ragazza. Si strinse al corpo di sua madre.
Laria della notte era fredda e Nadir non laveva mai conosciuto il freddo.
Mamma perch tanto freddo?
Dormi Nadir, dormi, ti sveglio io appena arriviamo.
Ma non ce la faceva a dormire. Aveva sonno, ma non ce la faceva. Poi
qualcuno cominci a gridare. Ora il buio era ricamato da luci gialle, lontane.
Le onde sollevavano la barca e quasi la rovesciavano. Ora tutti gridavano.
Nadir pens a Shalmt, lo spirito bianco che aiuta i bambini coraggiosi. Doveva essere coraggioso. Se non fosse stato coraggioso Shalmt non lo avrebbe
aiutato. Vide luomo del timone che veniva verso di loro. Camminava oscillando e mentre si avvicinava afferrava tutti quelli che incontrava e li spingeva
in mare. Pens a sua madre che non sapeva nuotare. La vide con gli occhi
sbarrati di terrore.
In acqua, tutti in acqua. Se restate sopra finirete contro la scogliera.
Gridava luomo del timone e mentre gridava scaraventava in acqua le
donne, gli uomini, i bambini. E ormai era arrivato davanti a loro. Nadir lo
vide mentre afferrava il vestito di sua madre.
In acqua!
Non so nuotare!
In acqua!
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Lui non aspett le mani delluomo del timone. Doveva essere coraggioso.
Doveva essere degno dellaiuto di Shalmt. E poi lui sapeva nuotare.
Lacqua era gelida. Gelida e nera.
Nadir!
Era la voce di sua madre. Vide la schiuma bianca che sollevava con le
braccia. Appariva e scompariva da tutto quel nero.
Mamma!
Ce la fece Nadir. Sent le braccia gelate di sua madre e il suo respiro affannoso. Ma in quello stesso momento seppe che non ce lavrebbe fatta. Era
troppo piccolo, troppo debole, troppo impaurito per riuscirci. Non ce
lavrebbe fatta a tenere sua madre a galla. E infatti passarono solo pochi attimi. Le gambe di Nadir si erano fatte pesanti. Il freddo dellacqua ormai le
teneva quasi immobili. Sua madre non gridava pi. Si lasciava risucchiare da
buio.
Oh Shalmt, Shalmt, perch non ci aiuti? Forse che io non sono stato
abbastanza coraggioso?
Una luce come Nadir non aveva mai visto, mai nemmeno immaginato,
illumin le onde. Illumin il mare, le mani disperate che battevano lacqua,
la fiancata celeste della barca, il volto gelido di sua madre e lui stesso. Nadir
si volt. Si volt e lo vide. Bianco, luminoso, dritto sul mare. Shalmt! Lo
aveva sempre immaginato cos. Bianco e circondato di luce. Allora ce laveva
fatta. Era stato abbastanza coraggioso. Era stato come voleva Shalmt.
Poi vide la figura bianca piegarsi verso di lui. Sent la forza di due mani
che lo afferravano, lo sollevavano da tutto quel freddo. Vide, o credette di
vedere, altri Shalmt, tutti bianchi e luminosi, che sollevavano dallacqua
altri bambini come lui e sua madre e altre madri. Poi chiuse gli occhi e lasci
che la stanchezza lo trascinasse nel sonno.
Quando si svegli sua madre era vicino a lui. Non sentiva pi freddo. Era
avvolto in una coperta calda e si sentiva asciutto.
Ho sete mamma.
Questa volta lacqua cera. Uno Shalmt con gli occhi azzurri gli offr
una piccola bottiglia. Dal rumore e dal movimento cap di essere ancora su
una barca. Una barca molto pi grande, che non cigolava e che aveva lacqua
per bere.
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Mafalda
Sabrina Sezzani
Devo scappare.
Dalla mia vita, che non sento pi mia, da mia moglie, la persona che
credevo la mia pace, da mia madre che mi vorrebbe ancora dipendente; dai
loro litigi per accaparrarsi la maggior parte di me.
Scappo: faccio lemigrante.
Parto per una destinazione che ho trovato sullatlante, per un luogo che
mi immagino diverso e colorato, per una terra nuova, per la mia terra di
pace.
Mi nascondo dentro una folla che cerca salvezza da miseria e venti di
guerra su questa nave che un tempo era destinata a portare per il mondo la
bella gente e che, stanca e malmessa, stata riciclata per fare da traghetto
tra la nostra patria e il nuovo mondo.
I miei compagni di viaggio li sento diversi da me: sento e vedo la loro
disperazione e la loro miseria, i quattro stracci raccolti in valige di cartone
assieme a pezzi di pane, formaggio e lacrime. Anche qui mi sento fuori posto,
con le mie camice stirate, i pantaloni con la piega e i soldi cuciti nellelastico
delle mutande,
Passo il mio tempo seduto a prora e invidio il personale di bordo, che
con fatica, sudore e unto fa si che questo bestione del mare possa muoversi.
Ieri ci sono stati dei problemi e il comandante ha fermato le macchine in
mezzo al mare; da allora stiamo procedendo, ma la nave ha una strana inclinazione, non tutti se ne sono accorti, ma stamani la tazzina del caff non
stava ferma sul tavolo della cambusa. Ho sentito alcuni marinai parlare tra
loro e ho capito che il comandante aveva chiesto allarmatore di non far ripartire la nave dopo lultima sosta.
Stamattina il mare calmo come un olio. In lontananza, dentro la luce
del sole, ho visto delle pinne di pescecane che giravano in cerchio, c una
calma eccezionale e non tira un alito di vento. Questa calma si sta trasferendo
anche dentro di me ed ero quasi sereno quando ho carpito alcuni brani di
conversazione tra i marinai: la situazione della nave nella nottata peggiorata
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ed ora sono molto preoccupati. Nelle sale da ballo tra i passeggeri di lusso
non ci si accorge dellinclinazione che ha la nave, e sento arrivare leco della
musica suonata per alleviare il tedio della navigazione.
Uno squarcio: un rumore folle, assurdo, di metallo rotto contorto sfregato divelto. Non sai dire da dove venga il rumore, sembra che il cuore ti si
strappi dal petto ti squarci la pancia ti scoppi in gola. Nello stesso istante
vedo dal parapetto da cui sono affacciato, una barra enorme di metallo staccarsi dalla parte bassa della nave e affondare immediatamente con un gran
fragore di flutti.
Il silenzio che segue totale per alcuni brevissimi istanti; poi lo scoppio
del panico, mentre la nave si inclina sulla sinistra in modo repentino e innaturale.
Il personale della nave lancia subito lordine di indossare i giubbotti di
salvataggio, la paura e la confusione fanno da regia alle urla e alle intemperanze di tutti i passeggeri, senza nessuna differenza di classe, ora. Le operazioni per calare in mare le scialuppe di salvataggio hanno lavvio subito e
qualcuno, insensato, cerca di mettere in salvo i propri averi prima che i propri
cari.
Sono paralizzato dalla paura e dallo sconcerto, non riesco a muovermi,
ho assistito inerme a tutto ci che accaduto. Mi aspettavo un nuovo mondo,
una nuova pace; mi aspetta invece una lotta aspra per sopravvivere. Vedo
madri con figli piccoli in braccio, marinai con corde e attrezzi, signori ben
vestiti con borse e borselli: io non mi muovo, continuo ad essere paralizzato,
paura e sconcerto mi inebetiscono. Mi accorgo che un marinaio di forse
ventanni mi sta parlando, non capisco cosa dice, mi fa dei cenni, lo guardo
ma non reagisco. Il marinaio si volta, sembra rinunciare e andarsene quando
da pochi passi mi lancia una cima, mi urla qualcosa e la cima mi colpisce su
di un braccio. Sento dolore, un dolore salvifico, capisco che il marinaio chiede
la mia collaborazione e in un attimo sono sveglio. Mi rendo conto che c
bisogno di braccia, di lavoro, di disciplina; lego la cima facendo attenzione a
fare come mi suggerisce il marinaio e poi gridando, gli chiedo cosaltro posso
fare. Mi urla di mettermi a disposizione del comandante, mi dice anche di
non preoccuparmi, che la nave regger il tanto necessario ad imbarcare tutti
sulle scialuppe.
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Non so quante ore sono passate, ho perso il conto, non mi sono fermato
un attimo e assieme ai marinai ed altri uomini abbiamo cercato di imbarcare
donne e bambini sulle scialuppe disponibili prima di arrenderci e verificare
che alcune di esse erano inservibili. Abbiamo cercato di convincere alcuni
paganti di prima a lasciare i bagagli pi pesanti; ho assistito a scene raccapriccianti di signori ben vestiti che hanno preteso il posto per i loro bauli
buttandoli dentro le scialuppe direttamente dai parapetti della nave, stroncandone il leggero e precario fondo.
Il comandante ha spento le caldaie per evitare incendi, siamo senza corrente, la radio non funziona e in lontananza non si vedono arrivare aiuti. La
nave inclinata a morte, imbarchiamo acqua: questione di poco, la nave
affonder. Devo trovare il modo di salire anche io su una scialuppa o non
vedr mai la mia pace.
Mi chiamano, c ancora tanto da fare, non c tempo per pensare. E non
penso, decido di non pensare, di lavorare, impegnarmi, fare. Il corpo e la
mente sono una sola cosa e mi rendo conto che anche questa pace: sono
un uomo a servizio di una causa, la principale, quella della vita.
Non tengo pi il conto ma sono certo che le scialuppe integre sono gi
tutte in acqua; ci guardiamo, siamo rimasti ancora in molti qui sullunica
parte della nave che ancora non sottacqua.
Solo adesso, fermandomi un attimo e volgendo lo sguardo sulla fiancata
vedo la scritta con il nome della nave: Mafalda lo stesso nome di mia
moglie
Il 25 ottobre 1927 alle ore17.00 circa la motonave italiana Mafalda naufrag
a circa 85 miglia a largo dalle coste del Brasile. Nel naufragio morirono 314 persone,
una di queste si chiamava Pompilio Francalanci: era un mio pro-zio.
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Memorie di mare
Romano Italia
Sono nato in una fredda sera alla fine di un inverno di parecchi anni fa,
in una delle povere case attorno a questo piccolo porto. Fuori infuriava un
temporale ed il mare in tempesta che mugghiava e si frangeva sulla riva sembrava condividere gli spasmi dolorosi della mia povera madre. E qui che ho
mosso i primi passi ed era questo stesso mare che,oggi come allora, carezzevole li lambiva. Se tendo un po lorecchio sento ancora la voce di mia
madre che mi richiama a casa dopo una giornata trascorsa a giocare quando
sulla spiaggia fervevano i preparativi per tornare alla pesca.
Di fronte alla spiaggia abitava Maria, bella ed altera,i neri riccioli ribelli
che sempre sfuggivano alla costrizione della crocchia con cui tentava di tenerli in ordine. Era la pi bella tra le ragazze del Porto,la prima di una nidiata
di fratelli,snella e ben proporzionata,occhi e capelli nerissimi ed una chiostra
di denti pi bianchi del latte. Sorrideva Maria,molto spesso a me,e forse
ancor di pi ai suoi misteriosi sogni di fanciulla appena uscita dalladolescenza. Era sempre di corsa, come quella mattina che insieme a me scese
sulla spiaggia a prendere il pesce appena pescato. La notte era stata fruttuosa
per cui Maria prese la sua cassetta e caricandosela sulla testa mi scompigli
i capelli, ricci come i suoi, e mi salut: Ciao Tot, non far troppe monellerie.. E se ne and, scalino dopo scalino, il passo leggero ed armonioso, a
vendere quel pesce profumato di mare. Non ero tuttavia lunico a seguire
con interesse la salita di Maria: in piedi, sulla barca cera zio Saverio che
aveva lo sguardo puntato nella stessa direzione.
Trentanni ben portati, bruno, con una massa di capelli neri e ricciuti.
Fisico possente, ben piantato sulle gambe, era fra gli scapoli del Porto il pi
ambito. Cosa guardi con tanto interesse? mi chiese con unammiccante sorriso: arrossii e non risposi. Saverio con un agile balzo scese a terra, mi prese
fra le sue braccia forti facendomi roteare a mezzaria Sei un piccolo monello.. disse, e come faceva quando mi prendeva in braccio, strofin la guancia irsuta contro la pelle delicata della mia gota. Ma ti voglio bene, Saverio
era il fratello di mio padre. Da quando il suo era morto era lui ad occuparsi
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di madre e sorelle ancora in casa, e forse per questo non aveva avuto il tempo
di costruire una famiglia sua: ma dal modo come guardava Maria, e da come
lei ricambiava lo sguardo, cera da credere che quel momento non fosse cos
lontano. Era lestate del 1934 quella che stemperava la sua calura nellinizio
di settembre. La mattina del 2, domenica, tirava un forte vento di libeccio.
Il mare si era ingrossato sotto la spinta del vento ma i ragazzi pi grandi non
rinunciarono a fare il bagno.
Erano tutti fra le onde, a giocare come bambini, anche se tali non erano
pi da un pezzo. Bench affascinato dallo spettacolo rimasi lontano: le onde
lunghe si rincorrevano sulla spiaggia ed io ne ero intimorito. Cercai Saverio
ma non lo vidi. Dun tratto mi si materializz davanti; da un po lo scenario
era mutato:il mare aumentava la sua forza ed i giovani ora non si divertivano
pi. Stavano infatti cercando di rientrare cavalcando un onda che, anche se
rovinosamente, li avrebbe spinti sulla spiaggia. Saverio aveva lo sguardo severo. I suoi occhi verdi, sempre sornioni e sorridenti, adesso erano stretti
come fessure: tra i tanti ragazzi aveva scorto anche suo fratello.Tu stai qui e
non muoverti mi ordin e, sfilandosi con un unico gesto la camicia me la
consegn. Si tuff e con rapide bracciate raggiunse i ragazzi. Cominci dal
pi affaticato e lo spinse sullonda che lo travolse scaraventandolo sulla
riva,poi uno dopo laltro li tir fuori tutti.
Ero felicissimo. Saverio, il mio zietto affettuoso, lesperto nuotatore, ora
anche un eroe.Tutti spaventati tossivano e sputavano lacqua appena ingerita,
solo lui, alto e possente sulla battigia, grondante di acqua e con le alghe fra
i capelli e sulle spalle forti, sembrava ai miei occhi di bambino lincarnazione
stessa del dio del mare. Stavo per corrergli incontro per abbracciarlo, quando
inspiegabilmente il prudente, il saggio Saverio si rituff nellonda. Rimasi
impietrito. Quando dopo uneternit riemerse non muoveva pi il braccio
destro. Nuotava solo con laltro e faceva cenni come a chiedere aiuto. La
gente cominci a radunarsi:i pescatori erano tutti sulla spiaggia, poi arrivarono donne e bambini.
La campana della chiesa cominci a suonare a martello e quel suono lugubre mi lacer lanima. Nessuno osava sfidare la furia di quel mare possente,
era solo lui, Saverio, impotente a lottare contro lirreparabile. La folla radunata cominci a lanciargli grossi sugheri, perfino travi di legno nella vana
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Dietro la tendina
Bruno Bianco
Liberamente ispirato alla canzone Il pescatore di Pierangelo Bertoli
La macchina di grossa cilindrata accost al lato della strada; Mario scese
dall'auto, pens alla descrizione che gli aveva fatto suo padre e riconobbe subito la casa. Gi, suo padre e quelle ultime parole: ormai venuto il momento che tu conosca tua madre. Pensare che durante tutta la vita gli aveva
sempre ripetuto: Tu non devi cercare tua madre, non devi nemmeno mai
pensare a lei. E Mario aveva obbedito; non aveva mai cercato di scoprire chi
fosse sua madre e soprattutto perch 43 anni prima il padre avesse abbandonato la moglie, il lavoro di pescatore, il suo paese in riva al mare e si fosse
portato via il figlio cos piccolo. Per tutti questi anni aveva solo provato odio
per sua madre, odio verso una donna che sicuramente doveva essersi macchiata di una colpa gravissima; perch solo una colpa gravissima poteva giustificare la reazione di quel santuomo di suo padre, poteva spiegare perch
lei non si fosse pi fatta viva. Ma adesso Mario avrebbe potuto conoscere
esattamente ci che allora era successo.
Varc un cancelletto di legno e suon ad un anonimo campanello. Il volto
di un' anziana signora dai bianchi capelli apparve dietro la tendina di una finestra; poi la donna lasci cadere la tendina, un rumore di passi lenti e la
porta si apr.
- Buongiorno. Desidera?
- Buongiorno signora. Scusi il disturbo, ma avrei bisogno di parlare con
lei. Io sono Mario, suo figlio.
La donna sembr capire immediatamente quello che lui voleva in quel
momento.
- Prego Mario. Si accomodi.
- Voglio essere chiaro con lei. Da anni ho smesso di considerarla come
madre; vedere quanto ha sofferto mio padre mi autorizza a ripudiarla. Mio
padre, colui che fu suo marito, morto tre giorni fa; io per non sono venuto
fin qui per comunicarle informazioni che non la riguardano. Il solo motivo
per cui sono venuto qua conoscere nei dettagli quanto successo; il mio
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Il maestro di Bisso
Patrizia Di Marco
Ponente, levante, maestro e grecale prendete la mia anima e buttatela
nel fondale
Chiara guardava ogni mattino sua nonna ripetere quellinvocazione ritta
come una regina nella sua lunga veste bianca di lino prima di tuffarsi nel mare
rosa dellalba.
Che sia la mia vita per essere, pregare e tessere per ogni gente che da
me va e da me viene senza tempo, senza nome, senza colore, senza confini,
senza denaro in nome del Leone dellAnima mia e dello Spirito Eterno cos
sar continuava quella donna magica e Chiara si faceva prendere da quellincantesimo che ogni giorno, alla stessa ora, si ripeteva come il miracolo
del sole che si alzava allorizzonte. Poi la nonna improvvisamente spariva tra
le onde, allinizio la bambina riusciva a intravedere la tunica candida tra la
spuma bianca delle onde che si rinfrangevano sulla fiancata della barchetta,
la nonna sembrava ora essere diventata una sirena, nuotava come un delfino
gi gi dove il mare diventa un mistero. La bambina rimaneva con il fiato
sospeso, contava gli attimi uno dopo laltro fino a quando con un sospiro di
sollievo non vedeva risalire la veste e finalmente il viso che tanto amava.
Ecco, Chiara! esclamava esultante la donna Ecco i capelli delle sirene!
Anche quel giorno la nonna aveva raccolto il bisso, quella strana barba
che rapiva alla pinna nobilis che abitava le distese di poseidonia davanti a
SantAntioco: nellacqua sembrava una barba grezza e incolta, ma portata
dal buio alla luce si trasformava in un vello doro soffice e biondo.
Il viaggio di ritorno era la scuola di Chiara: ascoltava e imparava le litanie
nel linguaggio del popolo di Nur che 2500 anni fa abitava i nuraghi, i canti
in aramaico che la nonna le insegnava, accettava volentieri di mettersi alla
prova nei mille stratagemmi che la donna trovava per mettere alla prova la
sua concentrazione, labilit delle sue piccole mani, la determinazione del
suo carattere.
Il bisso non si puo vendere n comprare, si pu solo ricevere o regalare le ripeteva quando la lasciava sulluscio di casa ad attendere che il
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miracolo si compisse e che nella mani di quella fata i capelli delle sirene si
trasformassero in un filo doro da tessere. Aveva pazienza, Chiara aspettava. Sapeva che un giorno il segreto della nonna sarebbe diventato il suo segreto. Intanto imparava a tessere, le sue piccole mani sullenorme telaio
fenicio che aveva visto generazioni e generazioni di donne della sua famiglia
intrecciare il bisso doro al lino per trasformarlo in tessuti luminosi dove nascevano arabeschi, leoni, figure magiche: doni splendidi per le vesti di re e
sacerdoti.
La porta della casa era sempre aperta, ma tutti vi si accostavano con rispetto: sapevano di trovare un sorriso e un tozzo di pane sua nonna non
li negava mai, a nessuno..come non sapeva negare ascolto alle tante ragazze
che andavano da lei e si fermavano a raccontarsi nella sua stanza di lavoro
dove si respirava la sua maestria, ma tutti sapevano quanto fosse inutile offrirle denaro per le sue stoffe di bisso poich la risposta era sempre la
stessa:un altero diniego.
Imparava, Chiara, imparava..che ci sono cose che non si possono vendere, n comprareche ci sono cose che abbiamo ricevuto in dono e perci
possono essere solo donateil bisso era una di queste. Imparava, Chiara,
imparava e intanto diventava donna.
Scopriva il suo cuore battere forte allo sguardo degli occhi scuri di Mario
allo stesso modo in cui batteva quando scorgeva lenorme conchiglia con i
capelli delle sirene nelle profondit del mare dove ormai seguiva, veloce
anche lei come un delfino, la veste bianca della nonna. Sopportava la fatica
per le centinaia dimmersioni necessarie con lo stesso sorriso che le appariva
sul volto quando sulla banchina del porticciolo trovava ad attenderla quel ragazzo serio e taciturno. Ascoltava il mare e imparava a rispettarlo come ascoltava e imparava a rispettare luomo che aveva scelto.
Venne il giorno. Era maggio e la luna nuova era arrivata: era la vigilia del
matrimonio di Chiara. La nonna anche quella mattina la port sul mare rosa
dellalba, quando giunsero l dove solo il mare poteva ascoltarle, le consegn
lanello doro da cui non si separava mai:era il sigillo del maestro del bisso.
Le parole antiche del giuramento vennero pronunciate dalla nonna sommessamente, sembravano il mormorio delle onde che rendevano quel tempo e
quel luogo lontano da ogni luogo e da ogni tempo. Chiara le ripet, una alla
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Il mare dentro
Pietro Gatta
Oggi, al crepuscolo della vita e dallalto dei miei quasi novantanni, molti
dei quali vissuti non sul mare ma dentro di esso, oggi quando cammino sulla
riva mi chiedo: ma cosa vedono realmente le persone quando osservano il
mare? a cosa pensano? cosa li colpisce del suo silenzio? Sembra calmo, pulito,
rassicurante. Ma io so che non stato sempre cos. Quel mare identico da
millenni, ha segreti che nessuno conosce fino in fondo; conserva testimonianze preziose, intere generazioni di uomini, prodotti del loro ingegno, e
tesori, relitti; conserva come unimmensa memoria la storia delluomo, i
suoi sbagli, le sue violenze. Quel mare identico a se stesso un testimone
muto, nessuno pu interrogarlo. Forse questo pensano gli uomini. Oppure,
come mi disse una volta un amico russo che aveva molto letto, una immensa distesa sulla quale non si pu camminare.
Chi se laspettava che un adolescente, comero io allepoca, nato in un
piccolo e povero paese agricolo delle Puglie, dal nome vagamente bucolico,
Serracapriola, fosse mandato allimprovviso a fare la guerra, una cosa da grandi
avevo sempre pensato; io ragazzo tra i ragazzi, con nella testa lodore della
polvere delle strade a rincorrere un pallone e negli occhi lo sguardo bruciante
di una ragazza che mi piaceva e della quale non ricordo pi il nome. Un ragazzo di soli diciassette anni, con tanti fratelli e una sorella. Invece proprio
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cos che and a finire. La Patria chiamava e bisognava rispondere, cos si diceva
allora.
Mandato in guerra che era, per come la vedevo allora, un gioco come
un altro. Forse anche unavventura migliore di altre, della quale raccontare
quando si tornava a casa in licenza, e tutti ti si affollavano intorno, ragazzo
diventato di colpo adulto, a chiedere, a voler conoscere, ad ascoltarti e anche,
un poco, ad invidiare quel tuo destino che ti portava per mare in giro per il
mondo. Ma che ne sapevano loro cosa mi frullava per la testa nelle lunghe
immersioni, nel boato delle azioni di guerra, nella solitudine chiassosa tra i
compagni. Che ne sapevano tutti di cosero diventato lontano da casa, sbattuto nel mare come carne da macello.
Taranto, dovera la base navale militare del fascismo, la ricordo bene; le
navi da guerra ancorate e in attesa di salpare, e quei sommergibili fermi in
superficie come alligatori, che non avevo mai neppure immaginato. Piccole
e arrugginite grigie scatole di sardine, non come quelli di oggi lucidi, confortevoli, tecnologicamente avanzati. Allora erano angusti, essenziali, perfetti
per ammassare giovani e mandarli a morire in Africa, in India, nel Mediterraneo immenso. Scatole grigie nelle quali trascorrere mesi, anni.
Ragazzi sorridenti e impavidi del pericolo. Dei tanti sommergibili usciti
in battaglia solo pochissimi, come le dita delle mani, sono rientrati alla base,
dopo la guerra. E io ero su uno di quelli.
Guerra di mare, la mia, come sommergibilista radiotelegrafista. Guerra
nel mare, nel suo ventre profondo e freddo, ragazzo tra ragazzi, ad auscultare
segnali amici e messaggi nemici, rumori del mondo di sopra. Sommergibili,
i miei, dai nomi luminosi a dispetto della loro angustia, del puzzo, della sporcizia, dei topi che li attraversavano da poppa a prua di notte come di giorno,
del sudore e dellumidit che ti si attaccava addosso come una seconda pelle.
Nomi bellissimi e ormai del tutto dimenticati: Giada, Topazio. Nomi come
pietre preziose da scagliare contro il nemico, un nemico senza volto, compatto, ragazzi come noi.
Oggi che lo guardo, questo mio mare, mi rendo conto quanto sia uguale
a quello e, nello stesso tempo, quanto sia diverso, cambiato. Non ribolle pi,
come allora, di morti, di feriti, di bombe e di mine vaganti, in seguito da far
brillare, come si diceva. Una mina che brilla, infatti, non una mina lumi-
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nosa ma una mima che esplode. Ed io, insieme ad altri, uscivo in missione su
piccole barche a far brillare le mine inesplose. Oggi questo un mare finalmente placato ma, se tendo meglio lorecchio, ancora mi sembra di udire
quei rumori metallici di quando si stava sul fondo, in assoluto silenzio per
paura di essere intercettati dal nemico in superficie. Ancora mi sembra di risentire il boato assordante delle bombe di profondit che, vicinissime a noi,
squassavano quelle scatole di sardine; bombe lanciate per stanarci, per farci
risalire in superficie, per poi ucciderci.
Ma odo anche il sibilo sinistro dei nostri siluri, lanciati contro la pancia
delle navi nemiche, e le urla di gioia quando il bersaglio veniva colpito. Quel
mare avrebbe inghiottito altri corpi, altri ragazzi come noi.
Coi miei novantanni, sulle spalle e negli occhi, sono uno dei pochissimi
sopravvissuti, forse davvero lultimo di quel mare, di quella guerra, il mare
dentro.
E oggi, soprattutto quando al crepuscolo cammino sulla riva, capisco
meglio quei versi di un poema scritto tanti secoli fa da un grande poeta latino
e che mia figlia, che ha studiato, ama ricordarmi. Anchio come il poeta, da
questa riva ormai tranquilla, osservo, o mi sembra di osservare nel ricordo,
un antico e lontano naufragio. Ma non mi rallegra laltrui rovina, come
scrive il poeta. Solo che oggi mi sento sicuro su questa riva e lontano da quel
naufragio, questo il senso di quei versi. Lontano e salvo da quella rovina che
inghiott migliaia di ragazzi, di compagni, giovani e impavidi che, come me,
venivano da paesi piccoli o grandi, dalle campagne, e che, come me, avevano
lasciato a casa lodore delle strade polverose, dei campi assolati, delle ragazze
e dei loro sguardi ardenti.
Il mare dentro, oggi, calmo, finalmente placato.
Riprendo con fatica a camminare sulla riva e mi sembra di udire in lontananza, ma forse mi sbaglio, il saluto amico di un gabbiano.
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Per me essere entusiasti del solo fatto di esistere e poi Megalhari significa onnipotente!
Nelle giornate di maltempo i marinai spesso imprecano e vorrebbero
stare a terra.
Non Gnono.
Lui non soffre certo n il mal di mare n il cattivo umore.
Lho visto, mentre teneva saldo il timone della sua barca, sorridere, senza
neppure accorgersene, agli schizzi con cui le raffiche di vento gli spruzzavano
il viso e il mare a forza sette.
Ho assistito ai suoi pericolosi tuffi a testa in gi dallalto della scogliera,
a volte per divertire la gente e a volte semplicemente per il gusto di farlo e
insieme abbiamo organizzato per i turisti e per noi le divertenti cordate in
acqua.
... e quando l'ho trovato che da solo, con i piedi puntati sul fondo e due
sole umane braccia, tratteneva e a fatica girava la sua Megalhari di cui Nettuno in burrasca aveva strappato gli ormeggi, volgendo pericolosamente il
fianco dellimbarcazione alle onde e al bagnasciuga, e nella sua espressione
poca paura e gioiosa e generosa accettazione del pericolo come regola necessaria di un gioco.
Sembra che certe persone istintivamente sappiano che nella vita ci sono
anche difficolt ma che vale la pena di andare sempre fino alla fine.
Presto dovr partire e insieme alle splendide scogliere mi rimarr il ricordo di un biondo capitano, con il sorriso facile malgrado i denti consunti,
gli occhi chiari color del suo mare e il temperamento da ragazzo.
Mi chiedo solo se trover qualcuno che gli porter i miei saluti, e se qualcun altro accompagner la gente a vedere i pesci o il tramonto a Ker Cape,
dove potrebbe stare la casa che non ho mai avuto, dove le stelle cadenti si
confondono rare col volo silenzioso del barbagianni bianco, dove stasera la
luna moltiplica la sua luce in innumerevoli frammenti di vetro che riempiono
unacqua cos viva, tracciando una strada immensa che dai miei piedi attraversa un pianeta e scompare dietro quella linea curva che descrive la terra.
Una via lastricata dalle ali sbattute allimpazzata da miliardi di argentee
farfalle fatte di fuoco fatuo, le cui scintille rendono il freddo baluginare delle
stelle simile alla fosforescenza tenue delle lucciole, deboli insetti che rischia-
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rano la solitudine della notte, e negli angoli pi bui dei flutti la moltitudine
dei punti luminosi del firmamento scende dietro all'orizzonte fino a gettarsi
nel mare.
La mia casa potrebbe essere l, dove lumini gialli nel nero perfetto non
sono il riflesso degli astri ma i lampioni sbiaditi di qualche nave che, lenta,
prosegue un viaggio, perduta nellimmensit fra cielo, mare e tempo, apparentemente ferma nelleternit.
Qui potrebbe stare la mia casa, nel posto in cui la gente arriva alla sera
non si sa da dove e Greci, Inglesi, Albanesi, Italiani e uomini e donne delle
pi improbabili nazionalit, come pure i nativi, a un tratto si trovano ad affollare un piazzale polveroso e secco.
Raggruppati qua e l, tutti sono l per lo stesso motivo: aspettano il tramonto, cercano qualcosa...
La luce tenue, il rossore intenso della magnificenza inquietante dell'immane palla infuocata, le parole scambiate con gli amici, le frasi dei giovani
amanti nascoste dal vento, limmagine dei colori degli abiti della gente disposta come in un presepe, la sera, lattesa, il mare e le maree.
Dal momento in cui il sole tocca l'acqua all'attimo in cui sparisce, la discesa perfettamente percepibile.
Si ha la certezza di essere al cospetto di qualcosa di grande, per gli antichi
il carro di Apollo, per i moderni le fonti della vita, acqua e fuoco, senza le
quali essa non sarebbe possibile sul pianeta Terra e... il colossale meccanismo
di un immane orologio sulle cui lancette siamo posti, che batte ogni giorno
i rintocchi dell'esistenza mettendoci di fronte l'eternit e la chiara consapevolezza di essere piccoli ma insieme, uniti da qualcosa di invisibile, alle persone presenti, a quelle lontane, a quelle che non ci sono pi... al cuore del
mondo.
Sempre ed immancabilmente, nel momento in cui il sole termina il suo
ingresso nel mare, tutti applaudono...
E io domani devo partire, sospinto dal moto delle correnti, dal pulsare
della vita che scorre, oltre il volo dei gabbiani.
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Le meduse
Elisa Amadori
Si dice che un tempo, a popolare le spiagge del Sud, ci fossero sciami di
fantasmi. Si aggiravano sinuosi per chilometri e chilometri, avevano preso
possesso della zona costiera e vi aleggiavano indisturbati: nessuno, in effetti,
aveva mai osato addentrarsi in un luogo tanto sinistro. Solo un giovane pescatore, ogni mattina, compariva allorizzonte. Trascinava composto la propria barca. Cappello in testa, pipa in bocca, pareva sfidare la landa desolata,
infischiandosene delle leggende inquietanti ormai diffuse nei paesi limitrofi.
In realt si accorse ben presto di essere in balia degli spiriti: sentiva la
spiaggia animarsi di fruscii e non ne era disturbato. Si sentiva meno solo, dopotutto.
I fantasmi finirono con labituarsi a quellincedere cadenzato, a quella
presenza umana tanto discreta e taciturna. Impararono ad accogliere il fischiettio del ragazzo durante la stesura delle reti, ad osservare con attenzione
il dispiegamento della vela, il vaglio degli ami e delle lenze, la revisione accurata delle canne...
Seguivano la meticolosa preparazione quasi fossero sacerdoti al cospetto
di un rituale.
Ogni volta scorgevano la barca allontanarsi e sparire tra la nebbia. Ogni
volta ne attendevano il rientro al tramonto. Ormai sapevano che al calar del
sole, puntuale, sarebbe comparso in lontananza il pescatore.
Una sera lo aspettarono invano, dallorizzonte nessun segnale. Forse i
pirati, si mormorava in paese.
Del resto bast una sola notte per saziare linteresse dei pi indiscreti.
Non fu cos per i fantasmi: il giorno successivo la spiaggia pullulava di
frenetici movimenti: era linquieta ricerca di un qualche piano dazione. Laffiorare improvviso di un non so che tra le onde fece sperare, invano; si trattava della barca, in rottami, trascinata verso riva.
Il mare ingordo aveva rubato il loro pescatore.
Penetrarono coralmente in fondo alle acque, setacciarono i fondali in
ogni dove, serpeggiando sulla sabbia muta e indifferente. I loro corpi si erano
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caricati di raffinate sfumature: il mare gli aveva dato una nuova veste, di lustro. Vagavano e scrutavano. Di continuo.
Il groviglio di filamenti inquieti, che partiva dai corpi, ricordava la trama
dei capelli di Medusa. Da qui il nome dei nuovi ospiti marini, cos insoliti
agli occhi dei pi. La gente accorreva ad ammirarne i movimenti fantasmagorici, che donavano alle acque un non so che di onirico.
Le meduse, intanto, continuavano a cercare.
Per mezzo dei tentacoli avvinghiavano ogni umano si aggirasse nei dintorni: ma l'illusione che si potesse trattare del loro pescatore moriva in un
attimo. E rimaneva ogni volta una bruciante delusione, riversata con rabbia
sopra le vittime dellequivoco.
I fantasmi non lasciarono mai i mari, nonostante tutto. Erano convinti
che un giorno l'avrebbero ritrovato.
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uno schizzo di marrone sulla tela del blu. Salina, materna e concreta, ha ci
che d sapore al pane e alla vita; Salina isola del sale. Quando vede il mare,
lei si colora del giallo delle ginestre e del verde del cappero. Lui si mette a
rincorrerla e a giocare con le sue spiagge, con le vele delle barche pescatrici
di aguglie, con i turisti stizziti da Eolo dispettoso. Risuonano le risa del mare
che cerca Salina nascosta dietro gli scogli in un rimpiattino di luce. Pensa:
Qui potrei fermarmi per sempre.
Chiede a Salina: Cosa vuoi da me?
Aiutami a raccogliere il sale.
Si recintano le vasche, lacqua evapora al cielo sotto il sole accecante, e
nella vasca resta il sale. Uomini bruni sotto il sole cocente a bruciarsi la pelle
col sale, a caricarlo, quel sale, in sacchi gonfi di sudore da mandare per mare
ai continenti. Il mare maledetto dagli uomini impietriti dalla fatica; gli uomini
a bestemmiare sottovoce quel mare salato e quella fatica. Il mare odiato e
generoso, calunniato e prodigo di ricchezza;, la faccia del mare a raccogliere
gli sputi degli uomini, le braccia del mare scarnificate, abbracciate e respinte.
E in un grande respiro, milioni di litri di ossigeno, lui decide di partire. Addio
isola salata.
Non c terra dolce abbastanza per far felice il mare, n mare felice abbastanza per allietare gli uomini.
Il mare fece un viaggio, ed ancora lo fa.
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Santa Teresa a mare lho sempre portata nel cuore. Me ne rendo conto
solo adesso, con rammarico,mentre la piccola imbarcazione si avvicina alla
sua costa e una forte emozione mi lascia lacerata. Mi chiedo chi dei due abbia
abbandonato laltra. Appena superato il porto lagitazione lascia il posto al
senso di pace di questo luogo surreale dove il tempo sembra essersi fermato.
Inverno 2000 anime e 5 asini. Le strade sono prevalentemente strette e sinuose per proteggere le case dalla brezza marina che soffia dolce e persistente. Nella brutta stagione anche gli uomini dediti allarte venatoria
patiscono quello che i poeti chiamavano lennui, lo stato danimo che a nulla
invita. I boschi smettono di promettere promesse, i sentieri si riempiono di
bacche asciutte,precipitate dallalbero della noia per poi giungere allestate
quando il piccolo villaggio addormentato si anima con il vocio dei parenti
degli abitanti giunti dalle citt vicine e con lo schiamazzo dei bambini che
giocano a pallone sulla spiaggia,sotto il sole e a tutte le ore.
Santa Teresa a mare, destate si sveglia alle sei di mattina. Lodore delle
ginestre e quello del mare a pochi metri dalle abitazioni penetra nelle case.
Alle sette e 30 le basse frequenze di uno stereo su ruote travestito da
piccola Ape 50 annunciano il panettiere, tre volte la settimana passa il pescivendolo: una festa per i pochi villeggianti, cernie, saraghi, polpi, scorfani e
aragoste. Ogni estate della mia infanzia lho trascorsa qui con i miei nonni,
Ginevra e Vincenzo. In questo pezzo di terra tra cielo e mare prevale una
componente araba e disordinata, ricca di emozioni. Dinverno la montagna,
dietro le case, con i suoi boschi la rendono di un solo colore: verde. Anche
il mare si colora del verde delle foglie, somigliando sempre pi ad unimmensa pianura, nulla a che vedere con il rosso delle giornate di scirocco come
il colore che assume lorizzonte nei tramonti estivi.
La casa dei nonni da lontano sembra poggiare sul mare che gli fa da
sfondo. Mentre mi avvicino londa bassa va e si ritrae con un mormorio continuo da sembrare una ninna-nanna, si infrange su una spiaggia bianchissima,
accecata da un sole che non si vede.
Nonna Ginevra dietro alle persiane azzurre, scalfite dal vento e dal
mare, ad aspettarmi, 38 gradi sono eccessivi per uscire sul terrazzo e venirmi incontro. La tengo stretta per un po, forse troppo. Il mare le ha in-
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cartonato la pelle del viso, per un attimo ho avvertito le sue rughe, tante piccole pieghe e ho immaginato che ogni ruga corrispondesse agli anni che ci
hanno visti lontani e che se cos fosse adesso tutto sarebbe tornato come
prima. Minuta e con gli occhietti vispi e dal colore imprecisato tipico della
vecchiaia,difficile da definirsi passano dal celeste al grigio, ma lei afferma che
sono solo sbiaditi e che il colore s l mangiato il tempo come coi capelli.
Destate Santa Teresa a mare carica di luce. Situata in una piccola baia
sabbiosa dominata dal Forte di Santa Teresa, e in fondo alla baia sulla destra,la
grande Tonnara,ora in disuso, dove si svolgeva il complicato rituale della mattanza seguito da regole ben precise e modi rigorosamente stabiliti dal capo
della tonnara, completo di canti propiziatori e scaramantici (le scialome).
Quasi ogni giorno gli abitanti del luogo amavano raccontare ai pi giovani
imprese epiche delle cruente lotte dei pescatori, quasi un corpo a corpo con
questi enormi bestioni, lotta dallesito sempre certo e non certo per il tonno.
Cos nel terrazzino dei nonni ci si riuniva dopo la sosta pomeridiana e
bench il mare fosse propenso ad accoglierci nelle sue acque calde e cristalline, si preferiva restare a chiacchierare di fronte ad una tazzina di caff e a
raccontare storie di miti e cavalieri dopo avere esaurito il repertorio dedicato
alla mattanza.
Portare alle labbra una tazza di caff fumante...! un gesto che ci faceva
sentire un po una grande famiglia accumunati dallesperienze del posto.
Era intransigente nonna Ginevra, una vera fanatica del caff.
Caff Illi, miscela bar, solo quello da macinare al momento appena tostato
e mettere nella sua macchinetta napoletana. insieme al surrogato Leone
che regala al caff un colore e un aroma pi intenso. Costringeva cos nonno
Vincenzo a recarsi ogni giorno nellunico bar alla piazzetta in centro,per
pochi grammi di caff.
Una maniera, secondo me,di toglierselo tra i piedi e potere passare lo
straccio in quelle due stanzette al piano di sotto e magari rinfrescare il terrazzo.
Succedeva sempre Lui usciva ed ecco lei gi pronta con il secchio e
lo straccio!
Nonna Ginevra era affezionata alla sua macchinetta napoletana di lattastagnata, riusciva con la maestria di un giocoliere a togliere la caffettiera dal
fuoco appena lacqua era giunta in ebollizione e rigirarla, la guardavo ammirata, temevo sempre che potesse scottarsi. Destate in quel piccolissimo centro le occasioni per gustare un buon caff a casa di donna Ginevra e il dottore
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Vincenzo non mancavano mai i motivi forse sono da ricercarsi in quel terrazzino che si affacciava al mare ombreggiato da un grosso albero di gelsi,
refrigerio per tutti .
Quando nonna Ginevra sostitu la moka alla sua macchinetta napoletana ,lo
fece con rammarico. Devo sostituirti disse mentre la riponeva nel pensile di formica
sopra i lavelli della cucina, tra le tazzine buone. qui siamo in troppi ad aspettare
e la Moka, haim, pi veloceCon lavvento della Moka mi spieg, da brava maestrina che era stata, la cerimonia di preparazione del caff, una cerimonia che conosceva bene, mentre accendeva il fornello con un lungo cerino accompagnandolo da
una mano per proteggerlo da colpi daria,
Nonna Ginevra insieme al caff mi ha regalato un luogo, un posto da trattenere
tra i ricordi.
Ho scoperto che di Santa Teresa a mare non ci si libera. Se le chiudi la porta in
faccia lei piange e tira pietre alle finestre.
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sporca, un ago e del filo scuro. E poi sarebbe stata pronta. Pronta a servire
un vecchio sdentato, a mettere al mondo figli senza un futuro e a perpetrare
questo scempio che dilania i corpi anzich accarezzarli.
Ma la ragazza con i capelli neri non voleva vestirsi da sposa. Era ancora
una bambina, preferiva giocare, andare a prendere l'acqua al pozzo, infilare
le perline nello spago.
Cos era andata via di notte, scivolando piano dal suo giaciglio mentre
il villaggio era profondamente addormentato, o forse solo in preda ad un incantesimo che facilitava la sua fuga. Pregava il suo dio a bassa voce, sapeva
che lavrebbe ascoltata, protetta, perdonata. Il suo dio era buono. Il suo dio
laveva voluta cos com'era. Il suo dio si era nascosto per non farsi catturare
e camminava piano al suo fianco. Il suo dio lamava. Il suo dio aveva i capelli
lunghi e le mani affusolate.
Il suo dio era donna, ma non poteva raccontarlo a nessuno.
La ragazza con i capelli neri aveva sentito parlare del mare e sapeva che
al di l delle rocce, oltre i confini che le era concesso di conoscere, poteva
esserci la vita, quella vera. Un posto in cui le bambine diventano adulte solo
quando sono grandi, un luogo in cui le madri accarezzano loro il viso, sussurrando che essere donna non un peccato. Essere donna meraviglioso.
La ragazza con i capelli neri si scroll di dosso i pensieri, apr gli occhi e
si alz in piedi. Chiss cosa cera dentro il mare, chiss chi cera oltre il mare.
Entr piano nell'acqua e sent che non poteva farle male. Lacqua era liquida, morbida e buona come laveva sempre immaginata.
Era il suo momento. Si chin e affond le mani nella sabbia. Avvertiva la
consistenza molle e farinosa dei milioni di granelli che stringeva tra le dita.
Cercava i desideri, ma non riusciva a trovarli, perch non sapeva quale aspetto
avessero. Allora and pi avanti, in un punto in cui lacqua solleticava il suo
ventre e mentre scavava, trov alcune piccole conchiglie madreperlacee,
screziate di ocra e di azzurro. Certamente ospitavano i desideri.
La ragazza con i capelli neri le raccolse delicatamente, gridando per la
felicit, e mentre urlava pronunciava il nome di sua madre, quello della
nonna, quello delle sorelle pi piccole. Le stava liberando, rendendole per
la prima volta degli esseri umani. Continu senza sosta a frugare nel terreno
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friabile e a ogni passo restituiva la dignit a una prigioniera della sua terra, a
ogni piccolo corpo mutilato che chiedeva perdono, senza sapere perch.
Ma per liberare se stessa, la ragazza con i capelli neri doveva arrivare
dove nasce lorizzonte.
Cos and avanti, senza fermarsi, anche quando le onde le lambirono il
viso e non riusciva pi a respirare. Prima o poi sarebbe arrivata nel punto in
cui il mare diventa pi azzurro e tocca il cielo.
Allora sarebbe stata libera anche lei.
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Unavventura mitologica
Francesco Bonecchi
Rimiravo con interesse ed ammirazione la lunga scia spumeggiante formata dalla chiglia dellimbarcazione. Ma lammirazione era anche determinata dal successivo disegno che la natura andava modellando con i suoi
elementi. Eravamo attorniati dallacqua del mare, in alcuni punti di intenso
blu, mentre vicino alla riva il suo colore diventava di un riposante colore
verde smeraldo: coi suoi colori questo mare ti coinvolgeva, tincantava! In
alcuni momenti, fra il bianco spumeggiante della scia, sintravedeva un leggero, temporaneo arcobaleno che subitamente svaniva. Il sole, brillante,
caldo, fungeva da cornice in questattimo che il poeta descriverebbe di sogno
ad occhi aperti. E qui, mi sembr sentire un lamento, o forse una dolce cantilena musicale. Mi guardai attorno; ci guardammo attorno. Pareva venire
dal fondo del mare. Feci qualche passo, girai intorno lo sguardo e mi sembr
veder, fra i flutti sollevati dallimbarcazione, delle Sirene, che ci seguivano.
Mi affascinarono la bellezza, la sinuosit dei loro movimenti nel rincorrerci.
Apparivano e sparivano tra i flutti. Continuava quella fascinosa, tenue musica,
sorgente dal mare, incominciava a pervadermi un certo torpore in tutta la
persona. Limbarcazione proseguiva con regolarit, non molto lontano dalla
costa. Mi svolsi a sinistra: rimasi impietrito. Mi si par dinanzi il grande scoglio di Scilla; Sembrava si muovesse, un rantolo di fondo richiamava alla mia
memoria la descrizione di un antica lezione: vedevo < un mostro a sei teste,
con dodici piedi e tre terribili file di denti>. Di scatto staccai lo sguardo impaurito e andai a posarlo allopposto lato. Qui, a questa nuova vista, la paura
si tramut in terrore. Un enorme essere deforme, mostrava, per met immerso nel mare, a lui attorno, tumultuoso, da un buco nella parte alta della
mostruosa sagoma che poteva essere una bocca, un continuo risucchiare e
vomitare lacqua del mare: Cariddi? Listinto mi spinse a gridare, ma la voce
non usciva dalla gola: volevo urlare di aprire lotre del vento consegnatoci
da Eolo, Rivolsi col pensiero una supplica a Posidone affinch proteggesse
me, limbarcazione e tutti noi, permettendoci di superare quei terribili incontri. Passo unora, un anno, secoli, millenni. La piccola imbarcazione con-
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Menta e il mare
Giulia Lina Callegari
Devo assolutamente trovarla capisci?
No, non capisco. Scusami ma che tu voglia metterti a curiosare tra le
carte di tua nonna
Ma non voglio curiosare tra le sue carte! Voglio solo trovare la password
del suo computer perche dentro ci sono le nostre foto e i suoi appunti e mica
possiamo lasciare che vadano persi.
Mah, fai come credi ma sei sicuro che tua nonna, a novantanni suonati,
avesse una password? Cio non solo aveva il computer ma anche la password?
Eh s, e anche difficile da trovare, ho provato tutte le nostre date di nascita, e I nomi dei nipoti e i cugini eccetera.
Hai provato Marsiglia?
No, perch?
Tua nonna, alla tua et, viveva a Marsiglia.
Non lo sapevo!
Abitava in una casetta bellissima, davanti al mare, con suo nonno Mi
ascolti?
S, s ti ascolto, comunque non neanche Marsiglia, non funziona. Va
beh, mi racconti?
S, ma tu chiudi laggeggio.
Devi fare la mamma anche adesso che ho ventanni per gamba eh?
Le storie vanno rispettate, soprattutto se sono vissute e non di fantasia.
Dunque, fammi ricordare Tua nonna si trasferita a Marsiglia quando
aveva quindici anni, nel 1937. C andata con il suo di nonno, che faceva il
ferroviere. Vivevano in una casa microscopica, credo fosse una stanza, ma
erano felicissimi perch a differenza degli altri immigrati loro abitavano
proprio davanti al mare. Pieds dans leau come si dice in Francia. Avevano
la cucina con le piastrelle di maiolica azzurre, e una barchetta ancorata proprio alla fine del loro terrazzo. Cenavano fuori estate e inverno Ma tu
dove credevi che avesse imparato a cucinare cosi? Mica in Piemonte!
Suo nonno andava a lavorare tutte le mattine mentre lei girava per i mercati, imparava il francese, sbirciava le ricette delle brasseries Soprattutto
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S: Menta.
Un cerchio che si chiude, tua nonna nuda nel 1937 su una barca a pensare
a Dumas e poi nel 2012 che scrive al computer, il testamento al computer!
No dico, siamo una famiglia di scapestrati, disobbedienti e matti. Ecco cosa
siamo. A novantanni al computer questa mi mancava.
Mamma ho unidea.
Dimmi.
Andiamo al mare. Andiamo a Marsiglia, prendiamo il treno fino a Genova, e poi Ventimiglia e poi Nizza. Andiamo a nuotare dove nuotava la
nonna, facciamo un pique nique in mezzo al mare, con i pomodori e le acciughe e peschiamo
Adesso a Rita scende una lacrima, ma ha sempre sognato di vedere suo
figlio che sale su Menta e la porta al largo, verso lAfrica in linea teorica
ovviamente - al massimo si arriva a qualche miglio dalla costa. Per essere
precisi Rita sa anche dove nascosta Menta, ma decide che sar piu bello
dirlo a Enrico quando saranno gi a Marsiglia, quando ormai non se lo
aspetta.
Forse un po matta anche lei in fondo.
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apparentemente il pericolo, la bellezza delle rive, i palazzi decadenti sullacqua, le calli che si intravedono da l, i ponticelli che ci scavalcano, mi fanno
entrare in una dimensione irreale fin quando mi risveglio di colpo. Oh oh,
siamo in alta marea e c un ponticello con larcata ben pi bassa degli altri.
Il passaggio minimo: forse la barca si riesce a infilare a pelo nel punto centrale della volta. Logico,noi dobbiamo sdraiarci sul fondo se vogliamo farcela.
E adesso? Siro assolutamente un cialtrone di talento, specie con i motori
di qualsiasi genere. Io sono certa delle sue capacit ed a questo punto laventure cest laventure: dai passiamo sotto il ponte. Angela non vorrebbe essere
l e se la fa sotto solo allidea, ma si rassegna. Fania in preda ad una crisi
isterica. Si alza in piedi e, col tono imperativo e ricattatorio tipico da moglie,
se ne esce con un: Siro se non te te fermi, mi smonto. Dopo un attimo di
silenzio, una fragorosa triplice risata le rimbalza addosso ed un ma dove
casso te smonti se semo in acqua annulla ogni sua ribellione. Ok il motore
al minimo, andiamo. Siamo tutti sdraiati dentro la barca che, magistralmente guidata, si insinua con lentezza dentro quel buco. O maaammma...io
voglio guardare, anche se, confesso, la prima sensazione sepolcrale non
bella, anzi. Poi, sfiorando con le mani i mattoni dellinterno, magicamente
cambia tutto. Lunicit, la storia, lantichit prevalgono. Ma quanti anni
avranno questi mattoni? Chi li avr cotti e chi li avr messi su? Quanta gente
ha calpestato questo ponte?Pure Goldoni lavr visto, lavr attraversato...sicuramente non in questa situazione assurda. Usciti dal tunnel si rinasce! Finisce pure il canale e, non so come n dove, ci ritroviamo in laguna. Ma
quante stelle ci sono qui? Sembrano molte di pi e molto pi grosse che in
qualsiasi parte del mondo. In pi stasera c una magnifica luna piena. Ormai
ci siamo scordati il perch di tutta questa fuga. Con calma torniamo al largo
dove eravamo prima, dove c parecchia gente su altre imbarcazioni. Tutto
sembra tranquillo, le stelle ci proteggono...ma non vero niente...ecco riapparire i guardacoste che fanno controlli. Ormai la strada la conosciamo e,
senza indugio, rieccoci su ancora per il canale centrale. Questa volta il problema ponticello non si pone pi. Ognuno al proprio posto, sdraiati e via. Il
passaggio diventato quasi divertente. Nuovamente in laguna e pian pianino
riacquistiamo la nostra postazione iniziale. Non ci sono vedette. Che si fa?
Si rientra?. Speta un fia!. Poco poco devo aspettare: PAM********* PATA
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Thlassa
Alberto Camerano
Piccole onde sulla superficie del vino nel grande cratere posto al centro
riflettevano la luce, che giungeva ai suoi occhi scomposta in fasci iridescenti.
Luomo ci vide le navi. Di certo dovevano esserci alla ricerca del passaggio
verso un altro Mondo. Quando si era spinto ad occidente fino a giungere in
vista delle Colonne di Heracles, gli era successa la stessa cosa. Lacqua nebulizzata del mare scomponeva la luce nei sette colori. Il vento, rinforzando,
creava onde sempre pi alte e mano a mano che le due navi procedevano
verso lo stretto, la loro velocit aumentava. Cera il rischio che le vele si
strappassero e tra non molto i fragili scafi sarebbero stati completamente in
balia di quel mare, senza che nessuno potesse pi governarli. Essenos guard
Protis, il nocchiero, che continuava impassibile a tenere gli occhi rivolti verso
prua e le braccia attaccate al remo del timone. Ammainare la vela, uomini
ai remi! Il grido del comandante fece muovere i marinai cos rapidamente
che non risentirono della instabilit della bireme. Anche sulla seconda sembrava avessero sentito il suo ordine, perch fece istantaneamente la stessa
manovra. Quindi le Colonne rimasero l. Le navi voltarono verso oriente,
costeggiando per molti giorni in modo che la terra ed il carro dellorsa stessero alla loro sinistra. Le parole delloracolo, indecifrabili quando aveva parlato, lo avevano preannunciato. Tuttavia era facile presagire una tempesta l,
come in qualsiasi altro punto della Terra. Il dubbio semmai era se lUomo,
fosse pronto per superare le Colonne.
La donna entra seguita dalle ancelle ed i suoi occhi cercano subito lui,
prima di posarsi sugli altri maschi. Donna La figlia del re avrebbe scelto
tra i convitati e lui, uno straniero, stato chiamato tra essi. Lei soltanto, offrir la coppa ad un uomo, dichiarandolo suo sposo. Allora egli pensa. Che
usanza stabilita tra questa gente, che sa solo pescare, mena sempre le mani
con le trib vicine e manco capace di preparare del vino appena decente?
Addirittura lascia che sia la donna a decidere. E se sceglier lui? Non pu
escluderlo. In tal caso non c scampo, con le navi ferme nella baia, dove
difficile manovrare, e i suoi uomini sparsi per il villaggio. Persino ad alcuni
di loro toccato, stranieri venuti dal mare: le donne hanno deciso. Niente
da fare, loracolo ora gli chiaro. Addio per sempre Focea, patria, in fondo
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sole che filtrava dalle chiome. Uscirono solo al tramonto, dove finendo gli
alberi una pianura si estendeva dolcemente verde, chiusa al fondo da monti
boscosi. Il sogno antico dei miti si rivelava ai loro occhi. Poi incontrarono
gli abitanti di quella terra e chi li governava. Osservarono la loro vita, cos
compresero che l pure era il Mondo.
Dalla pineta ai piedi del promontorio esce il corteo con gli sposi. La
vacca consacrata lo precede, poich dove si fermer, la citt sar costruita.
Va salendo l'erta, cos Protis indica che lass sorger l'acropoli. Ascoltami,
non sacrificare la bestia gli dei non vogliono, altrimenti la nuova citt nascerebbe sotto cattivi auspici e dovresti espiare. Allora Essenos alza il braccio
e lo muove a semicerchio seguendo l'orizzonte sul mare. Da essa le rotte
raggiungeranno i mari ed i popoli di tutta la Terra. Quindi si avvicina a Gypta
e le porge ambedue le mani, perch vi appoggi le sue. Vorrei che tu, Aristssena, regina, le dessi il nome! Lei, calma, non esita. Ho scelto: si chiamer Massala.
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Che controsenso!
Ti imploro! Smetti tutto questo! Abbi piet di me!. Gridai rivolto al
cielo.
Era come un incubo, il peggior incubo che si potesse vivere: in mezzo al
mare, di notte, con la burrasca, senza unancora di salvezza.
Che brutta morte!, pensai.
Questo era ci che il destino aveva in serbo per me?
Cosa avevo commesso di cos turpe nella mia vita per meritarmi tutto
questo?
Per un po provai a nuotare in senso opposto ai giganteschi flutti che si
frangevano contro il mio corpo in balia del procelloso mare. Poi, preso dallo
sconforto e dalla stanchezza, ritenni pi opportuno, per conservare le ultime
forze, pormi in posizione di morto a galla e lasciarmi trascinare.
La scelta dello stile forse non era un buon presagio , cos disse il mio
alter-ego.
Ero allo stremo. Da troppe ore mi trovavo trasportato a destra e manca
dalle onde rischiando di affogare. Riuscivo a riemergere, ma non avrei resistito per molto: la forza del mare mi spingeva troppo a fondo, cos non
avendo modo di trattenere abbastanza il respiro.
Fu in quel momento che accadde l'improbabile.
Un lampo squarci il cielo permettendomi di intravedere in lontananza
degli scogli, un faro.
Pensai ad una fata morgana. La vista era annebbiata. Forse era arrivata
la mia ora.
Cominciai a nuotare con tutte le forze che mi erano rimaste verso quella
direzione, aiutato dalla forte corrente.
Lo raggiunsi. Era uno scoglio in mezzo al mare.
Una stella, lunica che si poteva osservare lo illuminava. Mi attaccai e,
schiacciato dalle onde contro lo stesso, vi salii arrampicandomi: ivi trovai la
mia barca rivoltata. La salvezza.
Stremato svenni.
Quello scoglio non fu pi da me abbandonato. Vissi i miei ultimi giorni
di vita riuscendo a sopravvivere mangiando i pesci e bevendo il loro sangue.
La leggenda narra che in mezzo ad un mare lontano, quando i marinai si
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trovano in difficolt, durante le burrasche pi violente, quando il cielo diventa nero ed oscura gli astri, riescano a ritrovare la via perch appare loro,
come nella mitologia celtica, uno scoglio in mezzo alle onde, sulla cui cima
essi hanno la visione di un faro che squarciando l'oscurit, li aiuta a far ritorno.
Raccontano ancora che vedono un uomo con i vestiti laceri che con la
luce proveniente dal faro illumina loro la scia.
Non si conosce se sia mitologia o realt ma tale scoglio, tale faro stato
battezzato salvezza.
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(*) Armaduk era il cane da slitta di razza husky che aveva accompagnato Fogar in una fallita
spedizione al Polo Artico del 1982. Per 50 giorni aveva tenuto testa al freddo e ai venti polari,
aiutando il suo compagno di viaggio a superare la solitudine dei grandi spazi in un'impresa
oltre i limiti di ogni vivente tolleranza.
Nel testo riportata la pi famosa poesia di Giuseppe Ungaretti (1888-1970).
Mauro Mancini era un giornalista, autore dei libri della collana Navigare lungocosta. Nel
1978 con Ambrogio Fogar, si avventura con la barca Surprise, in una navigazione oceanica
dalle conseguenze tragiche. La barca affond nellurto con un branco di orche. Furono recuperati
da un mercantile nella loro zattera dopo 74 giorni dal naufragio; Mancini mor dopo due
giorni.
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Dalle 8 alle 8
(un pap Comandante, una mamma Assistente di viaggio,
un fratello maggiore da sconfiggere e io, verso il Mare.)
Stefano Cardillo
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Alla fine di questo tempo guarder stupito la maglietta che avr indosso,
il livido procuratomi nel tempo consueto, le cose consuete nella tasca dei
jeans, e mi stupir che tutto ci mi avr seguito fino a quel punto, fino alla
fine di quel tempo, fino a quel posto di cui n la mia maglietta, n il mio livido, n la figurina dentro alla tasca fanno parte.
No, perch io sono un cittadino modenese fiero di esserlo, tifoso emozionato sui gradoni dello stadio Braglia quando mi ci porta pap, assatanato
cliente della migliore pizzeria al taglio del centro della citt, utente avventuriero quando gioco a viaggiare sull'autobus fino al capolinea e ritorno.
I miei primi ricordi di vita sono un balcone modenese sulla Via Emilia e
un triciclo rosso (Fuego!) sul quale imitare Giacomo Agostini.
Ma sono nato a Messina, sono nato sul mare e dentro, nel mio Fuego
interiore, qualcosa mi attira verso quel posto che raggiunger, Dio volendo,
tra 12 ore.
Mancano 44 minuti alla partenza!
Il comandante ci ricorda che il tempo consueto va esaurendosi velocemente.
Intorno a me percepisco la tensione emotiva di questa consapevolezza,
leccitazione per limminente salto nel nuovo gi vissuto, ma sempre nuovo.
Lassistente di viaggio vive pi intensamente quel che resta del tempo consueto.
Per lei pi consueto che mai, a lei tocca ogni giorno pianificare le attivit
di bordo, anche nei 363 giorni in cui non si viaggia per un giorno intero.
Il ragazzo grande di mondo che divider con me i posti di dietro vive il
consueto agli sgoccioli come il resto, lui scafato e il tempo ce lha in mano,
pure quando agli sgoccioli.
Lo osservo e penso alla convivenza forzata con lui che mi aspetta nelle
prossime 12 ore.
Studio col pensiero le strategie pi efficaci per far convivere pacificamente le mie gambe bisognose di allungarsi con le sue.
Giocher in trasferta, ne sono consapevole, perch le sue sono pi lunghe
e questo accresce i suoi diritti di occupazione dello spazio.
E poi ha il certificato di fratello maggiore adolescente, non si scappa.
Sar dura, lo so.
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Sotto lombrellone
Tommaso Casale
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Ben presto il sole era tramontato e il mare era diventato tanto nero e
buio da sembrare catrame. Lunico suono era il rotolare delle onde sui sassi
della spiaggia. Poi arriv un vento freddo come gli abissi. Le stelle apparvero
nitide e io mi ritrovai a sbadigliare stanco morto. Maria si era accovacciata al
mio fianco e uno della banda aveva preso a russare. Infine cedetti addormentandomi alla nenia della risacca.
Dopo qualche minuto od ora, non so, aprii gli occhi consapevole che
stesse per accadere qualcosa. Dalla riva giungeva un rotolare e un calpestare
mai udito prima: era come se tutti i sassi delladriatico si fossero messi in
marcia. Vidi queste falangi levigate zampettare verso il sottoscritto. Pensai
di sognare ma poi sentii Maria muoversi al mio fianco. Le presi la mano trattenendo il respiro.
Ognuno di quei ciottoli levigati era in realt un granchio con le chele alzate. Una marea di granchi marciava verso il nostro nascondiglio! In realt
non puntavano a noi quanto alla rete che zac-zac in quattro e quattrotto avevano sforacchiato. In breve il fiume corazzato aveva cambiato direzione ed
era ritornato verso il mare in ordinati ranghi.
Rimanemmo al buio, mano nella mano, e nessuno dei due os spiccicare
parola.
Il giorno dopo la pesca non si fece: la rete era troppo malridotta e almeno
la met di noi avrebbe preso una lavata di capo per la sortita notturna. Alla
fine in spiaggia rimanemmo solo io, Berto e Maria.
Te la sei inventata questa disse Berto. La storia dellarmata di granchi
non lo aveva divertito affatto: se non volevate pescare bastava dirlo e se ne
and offeso le mani in saccoccia.
Io so cosa ho visto bisbigliai a Maria.
Lei mi fiss sorridendo, poi appoggi la sua fronte alla mia: non credevo
fossi tanto coraggioso disse.
Io sbalordii: non sapevo cosa fare ma per fortuna ci pens lei a fare la
mossa giusta.
Poi non potei far altro che ringraziare i granchi delladriatico per il mio
primo bacio salato.
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ed erano partiti.
Gli spruzzi in faccia e laria salina che gli impiastricciava i capelli, Giorgio, turbato da quella guida spericolata e dai continui sobbalzi, aveva sempre
pi voglia di tornare a dormire. Non aveva mai viaggiato cos libero in mezzo
al mare, e da un certo punto di vista gli piaceva, gli regalava un insolito senso
di sconfinata libert. Pensieri troppo filosofici, evaporati con lesortazione
di Fabio, gi in acqua da un po:
-Vieni gi, una favola!
Invitante, certo. Ma erano pur sempre in mare aperto. Una scogliera di
fianco, e poi solo orizzonte.
Ansia o meno, non gli restava molta scelta, e, dopo un tempo di preparazione dilatato, si era tuffato da poppa, gi armato di tutto punto di pinne
maschera e boccaglio. Pessima idea, se ne era immediatamente reso conto.
Limpatto gli aveva fatto staccare la maschera, e ora gli sembrava di sprofondare allinfinito, senza vedere niente, in un freddo totale, in uno spazio senza
barriere. Credeva di soffocare, non avrebbe mai avuto laria necessaria a risalire. E stava in un certo senso affogando, le vie respiratorie colme dacqua
salata che si insediava, annebbiandogli il cervello e intasandogli i polmoni.
Quantera durato quel tuffo? Pochissimi secondi, per poi riemergere in
superficie trasportato da forze non sue, con il cuore a mille e il fiatone, annaspando per poter stare a galla, bevendo altra acqua dallo spavento. Era vivo.
Incredibilmente scampato alla tragedia. Tragedia di cui, peraltro, nessuno
sembrava essersi reso conto a giudicare dai sorrisi di Tore e dallincalzare di
Fabio:
- oh, ci sei? Questa unantichissima parete lavica, vieni a vedere che
spettacolo sommerso.
Il tempo per riprendersi non gli era stato concesso: forse perch, in
fondo, non cera niente da cui riprendersi. Ancora ansimante e sconvolto dai
movimenti liquidi che da un momento allaltro si era trovato a compiere con
spontaneit, Giorgio si era tranquillizzato, aveva regolarizzato il respiro, e
potuto inserire il boccaglio.
Se dapprima, infilando la testa in acqua, quei movimenti flessuosi di alghe
sulla roccia sommersa gli avessero comunicato un certo turbamento, avvicinandosi si scopriva una babilonia fluida e floreale. I colori delle rocce, lava
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Il mare di Jules
Roberto Cipolato
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tre si rovesciava. La goletta rimase sospesa un interminabile istante sulla cresta prima di precipitare pesantemente nellincavo con un tonfo sordo che
sembr squassare lo scafo. Londa pass, prosegu la sua corsa inarrestabile
verso il porto lasciando sbatacchiare la barca come un guscio di noce. Ce la
faremo anche stavolta disse tra s.
L Etienne era in acqua dagli anni trenta, gemeva e scricchiolava, ma assieme ne avevano affrontate di situazioni difficili. Probabilmente una volta
allattracco qualcuno gli avrebbe detto male parole per essere uscito ancora
da solo. Non aveva pi let dicevano, prima o poi getteremo nella baia una
corona di fiori. Che ne sapevano loro del mare. Brontol in silenzio, asciugandosi il rivolo di sangue che gli colava copioso dal mento, guard in s,
verso il cielo, forse a cercare lattenzione di Dio. A questo pensava, mentre
navigava verso il porto. In un lancio di dadi, cielo e mare rimasero a contendersi quel puntino solitario decidendo il suo destino.
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Romantici ricordi
Antonia Colella
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Mario
Mauro Corsini
La ragazza continua a camminare sorridendo, senza neppure guardare
davanti a s. Che scemo che ! Ora gli dico che uno scemo, dai! Cos i suoi
pollici duettano nervosi e frenetici con la tastiera del cellulare, nella paralisi
della sua attenzione.
La passeggiata lungo il viale alberato porta al mare attraverso una parata
di platani ben allineati.
La ragazza si allontana. Le fa eco il ritmico picchiettare sullasfalto dei
suoi zoccoletti di legno. Ed il leggiadro oscillare dei suoi ventanni.
Fino al confine dellorizzonte, quel mare incanta con il suo brulicare vivido di luce. Laria tersa dalla leggera brezza gli restituisce una nitidezza quasi
irreale. Il sole illumina radente le facciate delle case, tutte schierate sul lungomare, abbacinandole.
Luomo se ne sta assorto, poggiato al muretto che soffre al litorale come
unimmutabile balaustra di pensieri. Il mento sui gomiti. Fissa quellorizzonte senza degnarlo di uno sguardo. Perch lorizzonte delle sue riflessioni
ben oltre di quello. Coshai, Mario? Sembri triste. Sei forse malato? Sono
uno sciocco, vero? Perch non lascio in pace il tuo silenzio?
Mamma! Mamma! Guarda quanti sassi che ho preso! Stai attento
Mario! Non allontanarti troppo. E chiss poi dove sar Mario, oggi. Cosa
ne sar stato di lui. Lautunno ad Ostia arriva sempre con lintenso profumo
del libeccio, che increspa il mare e spruzza sui frangiflutti, riempiendo i polmoni di iodio e l'anima di primitiva vitalit. Luca aveva appena undici anni e
l'impazienza di ritornare a scuola lo torturava. Prima media! Comera eccitante nominarlo quel trofeo, quellattestazione di essere finalmente grande!
Mario di anni ne aveva diciannove e limpazienza di stringere la sua Lucia
sferzava in lui come una virile libecciata. Andiamo a comprare i quaderni,
andiamo, andiamo! Luca tormentava il fratello con la sua impazienza senza
concedere scampo. Unico antidoto era cedergli e condurlo al reparto cancelleria dei Grandi Magazzini del centro e l lasciar sfogare la sua eccitazione
tra matite e penne colorate, squadrette, righelli e tutta quella meravigliosa
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qua, la increspa appena un poco. Dove vai Mario? Dove? A volte il dolore invade lo spazio lasciato tra un respiro ed il successivo. A volte lo fa il silenzio.
Li ama entrambi, Mario. Respiro dopo respiro. Il dolore ed il silenzio diventano Mario Respirano per Mario. Pensano per Mario. Mario ora solo una
coltre afona di ricordi. Ricordi che si allontanano fino al confine dellorizzonte, su quel mare che pur incanta con il suo brulicare vivido di luce.
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Forse anchio non volevo perdere il privilegio che mi era stato riservato
come padre.
Scoppiano entrambi a ridere.
Facciamo colazione insieme? Avrei fame, pap!
Volentieri
Seduti al tavolo Paolo a parlare.
Dove abiti?
A Grado, con vista sul mandracchio.
Posso venire a trovarti?
Ho una barca a vela, ti va di uscire insieme? Cerco skipper!
Sai cosa avevo chiesto al mare?
Dovrei immaginarlo?
Che mi facesse trovare quel padre che sogno da sempre.
...Il mare indifferente, una nave in rotta per Alessandria
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Scilla e il mare
Valentina Grazi
Ogni giorno la bella Scilla si recava a fare il bagno nella spiaggia di Zancle,
sulla punta pi a est della Sicilia.
Alle prime luci dellalba raggiungeva la spiaggia dopo aver superato il
fitto di alberi che la nascondeva e si avviava verso uninsenatura arcuata, che
preferiva. Subito correva verso le onde e ad ogni passo nellacqua si sentiva
pi a casa, conciliata con le sue origini.
Per lei il mare era un genitore generoso, attraverso il quale gli era fornito
tutto ci che amava, e per questo gli era grata. Senza lacqua, mandorli, limoni, ulivi di quella splendida isola, non sarebbero potuti esistere, n i pesci
variopinti, o le conchiglie, dalle forme impensabili, o il rumore delle onde,
melodia dolcissima alle orecchie di chi, come lei, viveva in quel luogo.
Inoltre dal tratto di costa poteva vedere un lembo di terra oltre il mare e in
quello stretto si sentiva intimamente protetta.Voglio vivere in queste acque
fino alla fine dei miei giornisi disse una volta, senza immaginare che cos sarebbe effettivamente stato.
La ninfa attribuiva al mare il merito di tutto ci che di bello popolava il
suo angolo di mondo. Era colma di riconoscenza per quella madre grandiosa
che era lacqua, e ogni giorno discorreva con lei, nuotava, raccoglieva conchiglie, ascoltava il suo strano modo di comunicare. Si diceva che non era la
sola ad amare quel luogo; anche fiumi, torrenti, ruscelli rispettavano il mare
pagandogli con costanza un tributo in acque, proprio come ad un re.
Al tingersi di rosa dellaria, poi, si fermava a guardare la striscia dacqua tra
la Sicilia e laltro lembo di terra e sorrideva come si pu sorridere ad
unamica con cui si ha condiviso un bel momento.
Infine capitava che si addormentasse sulla riva, con le mani o i piedi che
sfioravano le onde al loro infrangersi sulla battigia. Chi lavesse vista dormire
in una simile posa, avrebbe detto che condivideva il suo giaciglio con una sorella cara, e che le stringeva la mano per sentirla vicina anche nel sonno.
Proprio in una di quelle sere, quando ormai la ninfa dormiva da tempo, abbracciata e cullata dalla sua amata genitrice, Glauco la vide per la prima volta,
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al chiaro di una grande luna. Nella luce perlacea distinse a stento dove finisse
la veste avorio di Scilla e dove iniziasse la schiuma delle onde e gli parve fossero un tuttuno. Gli piacque cos tanto quella visione, stim cos raro un
cuore che apprezzasse lumile elemento, che fin per innamorarsi della fanciulla. Si promise che sarebbe tornato a farle visita e sinabisso nelle acque
scure degli abissi.
Il mattino seguente, quando le manine della ninfa non riuscirono pi a
toccare il corpo delicato della loro mamma a causa della bassa marea, il sonno
della ragazza divenne un inquieto. Si svegli e lentamente sollev la testa
bionda dalla sabbia. Nellaprire gli occhi per si vide innanzi il viso maturo
di un uomo e lanci un urlo spaventato. Si alz di scatto e inizi a correre,
non dopo essere inciampata pi volte a causa dei sandali colmi di sabbia
umida. Appena le si par davanti una piccola collinetta vi si arrampic e tremante si rifugi su un gruppo di scogli che sinnalzavano dai flutti.
Intanto le onde si infrangevano fragorose sulle pareti di roccia e a Scilla giungevano schizzi di acqua salmastra. Le parve che con quegli spruzzi il mare la
stesse canzonando per essere cos timorosa;perch scappi, ninfa? Non devi
temere le mie creature sembrava dicesse. Quando dunque la sua curiosit
vinse la paura, si sporse dallo scoglio.
Glauco nuotava in tondo con lo sguardo rivolto verso lalto. Osservandolo, not che possedeva delle finissime pinne argentate al posto dei piedi.
Scilla conosceva lesistenza di tali creature ma non ne aveva mai vista
una, e come sempre grata al suo mare, lo lod per essere popolato da esseri
tanto stupefacenti. Prest attenzione le parole adulatorie del tritone e la
storia di come le sue gambe si erano mutate in coda di pesce, scoprendosi
meno diffidente. Per un attimo fu tentata di scendere dallo scoglio, ma si
pent subito di aver formulato quel pensiero; salt gi dalle rocce e spar tra
gli arbusti.
Glauco non consider nemmeno per un attimo la possibilit di rinunciare
alloggetto del suo amore, poich veniva dal mare, e ci che ha origine da
tanta pregevolezza non pu che essere altrettanto prezioso.
Dunque, forte della sua determinazione, inizi il suo viaggio verso lisola
Eea, in cui risiedeva Circe, lunica che avrebbe potuto aiutarlo.
L, nei prati davanti alla sua splendida dimora, circondata da strane creature,
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la maga ascolt il tritone che dalla sua posizione fra le onde rumorose la supplicava di aiutarlo a conquistare la bella.
Ma dagli occhi profondi della donna Glauco intu che ella lo voleva per
s e che il suo viaggio era stato vano. Malgrado lattraenza singolare di questa,
rifiut di unirsi a lei;"Prima in mare nasceranno le fronde, e in cima ai monti
cresceranno le alghe, che si muti il mio amore per Scilla". E si conged.
La maga non aveva mai subito un rifiuto tale; oppressa dalla gelosia trit erbe
e inton litanie. Con un gesto sgraziato vers lumore prodottosi sulla tavola
di legno in unampolla dal vetro opaco che tenne stretta al petto nel recarsi
a Zancle.
Dorm sonni tranquilli le notti a venire, per nulla turbata per aver avvelenato il mare attorno allisola. Le capit persino di sorridere nel figurarsi i
movimenti convulsi della ninfa mentre si trasformava in un mostro.
Infatti quando Scilla era andata a bagnarsi in mare aveva avvertito le sue
gambe come cinte da serpenti e presa dal panico aveva cercato di scacciare
gli animali, Si era contorta terrorizzata, ma nulla era valso ad allontanare gli
esseri immondi, percepiva anzi sempre pi intensamente il viscidume.
Quindi aveva realizzato con orrore che le serpi affondavano nelle sue stesse
membra. Vergognandosi profondamente era sparita fra le onde, con la promessa di continuare a servire e difendere il suo mare.
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Da tanti anni ormai era tornato sulla terraferma, ma il ricordo della sua
vita marina era ancora talmente forte e vivo dentro di s che, a volte, mentre
camminava per le strade affollate di gente, gli sembrava di nuotare in un
branco di pesci. Chiudeva gli occhi e gli sembrava di essere circondato dal
Mare, sentiva la corrente che gli accarezzava la pelle e il sapore del sale sulla
lingua.
Era tornato sulla terraferma, ma non poteva vivere lontano dal Mare.
Ogni giorno si sedeva sulla spiaggia e scrutava lorizzonte, come se potesse
ancora vederla arrivare. Come se lei potesse ancora chiamarlo e lui potesse
ancora seguirla nelle profondit marine, come aveva fatto quella volta.
Quanto avrebbe desiderato solcare ancora quelle acque insieme a lei!
Ma le sirene, si sa, sono esseri delicati e, il giorno in cui quella macchia
nera aveva iniziato a espandersi sul Mare uccidendo e devastando, lei non
aveva resistito al dolore. Era stato un giorno terribile, che aveva cambiato il
suo cuore per sempre. Il suo popolo moriva avvelenato, asfissiato. I pesci soffocavano, gli uccelli rimanevano intrappolati sulla superficie del Mare e non
riuscivano pi a spiccare il volo. La gente del suo popolo, la gente del Mare,
moriva senza colpa e lei era impotente.
E come poteva lui, piccolo uomo, svelarle la verit su ci che stava accadendo? Come poteva dirle che la macchia nera assassina si chiamava petrolio?
Come poteva dirle che il popolo della Terra, al quale lui apparteneva, stava
uccidendo la sua gente?
Molti perirono. I pochi sopravvissuti furono costretti ad andare lontano,
a lasciare le loro case per cercare un luogo pi sicuro. Anche lui e la sua sirena
dovettero andarsene.
Poi un giorno, un altro giorno maledetto, la verit venne a galla. Fu un
gabbiano di porto a raccontarle tutto sulle navi e sul petrolio e sulla gente
senza scrupoli che aveva sterminato il suo popolo. La sirena ascolt in silenzio, senza mai guardare luomo negli occhi, poi pianse cos a lungo che il livello del Mare sal e gli oceani furono devastati per giorni e giorni da grandi
burrasche e onde altissime. Cap che lui, l'uomo che lei amava, non poteva
non sapere.
Il suo cuore si divise. Da una parte il dolore per lo sterminio del suo po-
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polo e lodio per quella specie umana senza rispetto. Dallaltra parte lamore
per quel piccolo uomo che aveva lasciato tutto per seguirla e che non aveva
altra colpa che appartenere alla stessa specie dei carnefici della sua gente. Il
conflitto che sentiva dentro di s era cos forte che alla fine il suo cuore si
spezz. La sirena mor, senza lasciare alluomo nemmeno il tempo di salutarla.
Luomo rimase solo. Completamente solo. Di tutti i sogni fatti insieme,
di tutti i progetti, della loro vita insieme, gli era rimasto solo il Mare. Luomo
vag a lungo senza meta e dopo molto tempo, ormai stanco di tanta solitudine, decise di tornare sulla terraferma.
Torn in citt, dove una volta cera la sua casa, ma vide che non cera
pi niente. Non cera pi nessuna traccia della sua famiglia, dei suoi amici,
dei luoghi che conosceva. Doveva essere rimasto sul fondo del Mare tanto a
lungo da cancellare ogni ricordo di s. Ormai era come se non esistesse. Non
conosceva pi nessuno, non aveva pi niente. Camminava per le strade a testa
bassa e nessuno si accorgeva di lui. Aveva voglia di gridare: Guardatemi, ci
sono, esisto anchio! ma sapeva che non sarebbe servito a niente.
Allora pens che in quel Mare avrebbe voluto affogarci. Nuotare fino al
largo, lasciarsi trasportare dalla corrente e poi, lentamente, andare gi. Sempre pi gi, fin dove non fai pi in tempo a risalire. Una volta ci aveva anche
provato, ma era stata unidea stupida perch lui non poteva affogare. Ormai
era mezzo uomo e mezzo pesce e i pesci non affogano.
Da allora erano passati molti anni e lui era invecchiato. Viveva ancora
sulla terraferma, vagabondando, senza mai allontanarsi troppo dalla costa. Il
ricordo della sua sirena lo teneva in vita perch il dolore per la sua morte
non era mai riuscito a superare n la felicit degli anni trascorsi insieme, n
lamore per lei e per la sua gente. Durante il suo peregrinare aveva visitato
molti Paesi e citt e si era accorto che tante persone, pur vivendo vicino alla
spiaggia, non conoscevano davvero il Mare. Lo usavano, ma non lo amavano.
Ora so il perch di quella tragedia, pens.
Fu allora che decise.
Regaler a queste persone la mia storia, perch vedano quanto dolore
possono provocare. Gli dar il mio amore per il Mare, in modo che non possano pi fargli del male. E gli dar la felicit che conservo nei miei ricordi:
ogni volta che guarderanno il Mare saranno felici come lo ero io quando vivevo con la mia sirena e in questo modo non saranno pi in grado di nuocere
alle creature che lo abitano, disse.
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Cos inizi a distribuire la sua storia, il suo amore e la sua felicit a tutti
coloro che incontrava. Alcuni lo prendevano per matto e lo cacciavano via in
malo modo ma molti, moltissimi, lo ascoltavano. Accettavano i suoi doni e li
custodivano con cura e lui vedeva nascere in loro, poco a poco, l'amore per
il Mare e per le sue creature.
Bene, pensava luomo ma, per poter regalare a quella gente limmensit
del Mare di cui era fatto, si stava lentamente svuotando e quando ebbe terminato non gli rimase pi niente. O meglio, quasi niente.
Gli rest solo un granello di felicit, piccolo come un granello di sabbia,
che era rimasto incastrato tra gli ingranaggi del suo cuore, proprio vicino
alla branchia sinistra, e dal quale non poteva separarsi: il ricordo del primo
bacio con la sua sirena. Sapeva che senza quel ricordo, legato agli anni della
giovent e dell'amore, non avrebbe potuto continuare a vivere.
Allora sent forte il richiamo del Mare.
Non ho pi niente da fare qui, disse. Strinse forte a s quell'ultimo granello di felicit, si gett nel Mare e spar per sempre.
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nadese lasciando cadere linutile arpione sul fondo della lancia. La canzone
si ripeteva come un mantra :- Ascolta le storie del mare se sai ascoltare ma,
vedi, fuggi la furia se non vuoi comprendere, ora di fermarsi
Le mani del cacciatore erano ancora strette a tenaglia, i pugni lungo i
fianchi: ma di cosa aveva parlato la voce? E gli altri avevano sentito, avevano
capito? Le loro facce erano terree, forse si, forse avevano compreso. Intento
i colpi erano aumentati di sequenza, lo sguardo della balena era ancora fisso,
calmo, sereno, implacabile. Un ordine secco, improvviso, remi in acqua e si
torna indietro:- Non si vede pi nulla, non ci sono balene, ci siamo ingannati,
quasi url luomo dellarpione con il suo strascicato accento francese. La
lancia gir agile su se stessa e rapida fece rotta verso la baleniera.
Alle spalle di quegli uomini la balena era un punto neanche troppo visibile ma il suo canto si udiva bene, la storia di Lord Franklin e di Lady Jane
era sempre bellissima, dolce e drammaticamente malinconica. Il tamburo
degli Inuit aveva cessato di battere il suo peana di guerra, lievi brezze carezzavano le onde scure, in alto nubi e nebbie tessevano i loro cangianti arazzi
in un cielo sempre pi scuro.
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La fine
Paolo Neglia
Pietro era seduto vicino al tavolo, sulla solita sedia impagliata dove, pure
se scomodo, passava quasi tutta la sua giornata.
Gi, la giornata, quellinsieme interminabile di ore dal momento in cui
in cui lorologio biologico interno lo strappava alloblio del sonno dove, magari, era ancora il comandante Sisti e non un vecchio con lAlzheimer che
avanzava sgretolando ogni giorno un pezzetto di dignit.
La dignit, Pietro ne aveva sempre avuta tanta, era lunica cosa che avevano in abbondanza gli diceva suo padre ridendo dopo una giornata passata
sul peschereccio cercando i posti migliori per tornare in porto stravolto di
stanchezza ma con le reti piene. Anche i padri degli amici di Pietro erano
pescatori, in quel piccolo borgo dove cera solo una salumeria che fungeva
anche da emporio e da bar non cera altro da fare, lunica alternativa era andarsene lontano, emigrare ma chi laveva fatto tornava al paese ogni anno
con le spalle un po pi curve e con la convinzione che non si pu vivere
senza la salsedine attaccata alla pelle, ai vestiti, persino alle lenzuola del
letto
Pietro sapeva che con il lavoro di suo padre non si campava bene, e vedere
sua madre sempre stanca, con gli occhi cerchiati e le mani rosse e gonfie per
il troppo lavare: panni, piatti, figli, gli faceva pensare che per la sua donna
non sarebbe stato cos, lui voleva spaccarsi la schiena ma la sua donna doveva
avere tutto, soprattutto delle belle mani, lisce e rosee.
Per anche lui era figlio del paese e non riusciva a fuggire il richiamo del
mare, per fortuna era anche molto intelligente e con unatavica abitudine
alla fatica che gli permise di studiare come un pazzo, guadagnando una borsa
di studio dopo laltra, fino ad arrivare alla maturit presa allistituto nautico
ed al primo imbarco, con una valigia piena di paura, orgoglio e aspettative a
cui ne erano seguiti tanti altri.
Fino a qualche anno prima Pietro li ricordava tutti, ogni viaggio aveva
lasciato una ruga in pi sul viso perennemente cotto dal sole, ogni rotta era
stata loccasione per mettersi alla prova e per ritrovare il profumo del suo
mare, quellodore inconfondibile che ti fa spalancare le narici per fartelo entrare tutto dentro, che ti disintossica dallaria viziata di case ed automobili e
che ti fa sembrare sana anche una pessima sigaretta fumata controvento.
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Ora invece la sua mente era offuscata, delluomo energico sempre pronto
a sfidare le onde non come un nemico ma come un leale avversario, era rimasto solo linvolucro, un pietoso ricordo sbiadito di quello che era stato.
Aveva sempre trattato il suo equipaggio con rispetto e correttezza, pur
senza dare troppa confidenza, gli sembrava una cavolata della psicologia moderna, un po come essere amico dei figli e condividere tutto, che stupidaggine. I figli e coloro che dipendono da te hanno bisogno di sicurezza e non
di un compagno di giochi.
Questo suo atteggiamento ne gli aveva fatto guadagnare la fama di comandante in gamba e non cera nessuno che non ricordasse di aver imparato
qualcosa da lui, anche solo un dettaglio di quelli a cui non dai peso ma che ti
entrano sottopelle e diventano i tuoi e li tiri fuori quasi inaspettatamente.
Ora invece il mare era solo un ricordo, o forse nemmeno quello, chi poteva dirlo; ormai non guardava neanche pi le foto delle sue navi e, lultima
volta che la badante gli aveva messo fra le mani una rivista su cui erano raffigurate alcune delle pi belle imbarcazioni della marina, aveva cominciato a
strapparla senza nemmeno guardarla.
La moglie era morta qualche anno prima, il loro era stato un matrimonio
felice anche se lei, scherzando, ogni tanto gli diceva che avrebbe preferito
sposare un guida alpina perch non ne poteva pi di passare tutte le vacanze
al mare, gi le toglieva suo marito per troppo tempo. Anche a lui i lunghi
imbarchi a volte pesavano ma era come una droga. Solo una volta aveva guardato con odio la distesa luccicante davanti a lui, quando suo figlio era stato
operato per una peritonite fulminante e lui non era l ad aspettare nella sala
dattesa dellospedale.
Diceva sempre che il suo sogno era di trascorrere la vecchiaia al suo
paese, a sedersi con gli altri davanti ai bar, che nel frattempo erano diventati
due, a raccontarsi storie di tempeste e traversate, a ricordare quelli che non
cerano pi e a guardare i ragazzini che da aprile a novembre dopo la scuola
scappavano sulla spiaggia per tornare a casa con la sabbia nelle scarpe e le
orecchie ancora piene di vento.
Poi per era arrivata lei, la bestia, quella maledetta malattia che ti uccide ogni giorno togliendoti i ricordi e il rispetto degli altri, dai tuoi figli che
ti guardano quasi sempre con tristezza e a volte con fastidio, a quello delle
persone che si occupano di te e a cui non importa niente se sei stato un uomo
di valore quando ti devono cambiare per lennesima volta perch non ricordi
pi come si arriva in bagno. Ormai Pietro era diventato lombra di quello
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che era stato e forse era meglio cos, il comandante, come lo chiamavano
scherzosamente gli amici , non avrebbe sopportato di vedere la piet degli
altri e sarebbe diventato una belva nel sapere che ormai i figli avevano deciso:
tenerlo a casa era troppo pericoloso e dispendioso e ricoverarlo in istituto
era lunica soluzione, avevano preso tutti gli accordi ed il giorno seguente lo
avrebbero accompagnato, tanto li seguiva docilmente, bastava solo dargli il
braccio, lui che aveva attraversato mari pieni di scogli ora non ricordava nemmeno pi che per camminare occorre mettere un piede davanti allaltro.
Quella notte un violento nubifragio colp la citt dove viveva Pietro e la
badante, alzandosi brontolando perch il temporale non laveva fatta dormire, cacci un urlo nel trovarlo freddo e senza vita, forse le onde che avevano flagellato tutta la notte il molo avevano voluto dare lultimo saluto a
chi le aveva tanto amate e che, pur senza ricordarlo, aveva ancora lodore
della salsedine nelle narici.
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Usciamo a guardare il mare?, propone Luca a un certo punto della serata da me organizzata nel tentativo di vivacizzare il mortorio di questi bui
e tetri giorni invernali, che per scarsa lungimiranza ho scelto di passare al
mare, nella speranza di ritrovare la calda atmosfera e lallegria estive.
Nessuno risponde e cade su tutti noi un silenzio ingombrante.
La serata sembra decisa a scorrere via insipida e scoraggiante.
Allora, usciamo a guardare il mare?, insiste Luca, con tono allusivo e
misterioso, che fa passare la voglia a tutti, non tanto per il freddo, ma perch
aveva raccontato troppo bene quella cosa: ... il mare, screziato di enormi
cavalloni spumeggianti. Cercava di trattenermi, mi risucchiava indietro. Ma
io riuscii a raggiungere la riva. Mi sollevai. Mi scrollai di dosso tutti i grovigli
di alghe....
Luca sa raccontare le cose facendotele sentire sulla pelle, facendoti entrare con lui nella magia di luoghi ignoti e nel mistero dellesistenza.
Al solo ricordo, mi accorgo che mi sto strofinando via qualcosa di invisibile dai capelli e dalle spalle. Mi tornano le sue parole: Mi voltai.Tra le onde
fluttuava un corpo vestito in un modo strano. I capelli, raccolti in un codino
intrecciato con le alghe, erano completamente incatramati. Eppure, si vedeva
che erano di un verde luminescente. A ogni onda, luomo sfiorava per un attimo la spiaggia e poi scivolava di nuovo via, rotolando sulla sabbia.
La tenda si muove come se qualcuno la stesse tirando. Rabbrividisco,
anche se la stanza ben riscaldata. E non riesco a scacciare le immagini che
mi ha evocato Luca: Unonda lo rigir, mettendolo supino, e il suo ghigno
sembr rivolto proprio a me. E fu allora che capii che non era, non avrebbe
ma-i- po-tu-to -es-se-re un ghigno umano.
Brrrr! Si era lamentata Barbara: Lascia perdere, Luca.
Continuiamo a giocare svogliatamente a carte.
A un tratto va via la luce. Black out totale.
Allora vi voglio raccontare il finale della mia avventura, dopo che mi
ero ritrovato coi polsi slegati e senza pi il bavaglio.
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No, Luca, no. Falla finita! gridano alcune voci coralmente nel buio.
Un sentore di mistero percorre la stanza. Una sensazione di attesa angosciosa mi invade. E non me sola. La tensione si fa palpabile.
A un tratto mi assordano le urla di Bea e di non so chi altri, che hanno
amplificato le mie quando Luca mi ha sfiorato i capelli bisbigliandomi, nel
buio pi completo:Non erano alghe, quelle che mi si intrecciarono fra i
capelli quando mi chinai a osservare meglio il ghigno della creatura, mentre
ancora ci lambivano le onde. Ma non sapevo pi nemmeno se a toccarmi fossero davvero soltanto le onde...
Usciamo di qui ha detto una voce spezzata. Fuori ci sar un qualche
chiarore.
Siamo usciti a cercare le stelle. Non cera altro che si potesse fare. E tutti
noi lo sappiamo fare molto bene, perch siamo un gruppo di inguaribili sognatori. questo il filo che lega la nostra amicizia.
Ci siamo messi a scrutare la stellata.
Inseguendo lorizzonte, a un tratto metto a fuoco la battigia, scorgendo
la linea lambita ritmicamente dalle onde.
Dimpulso mi tolgo stivali e calze, per ritrovare il contatto con la sabbia.
Lo assaporo bench sia cos fredda. Fa pensare che sia polvere di stelle. Concentrandomi sulle sensazioni che si irradiano dai piedi, cos diverse rispetto
a quelle provate su questa stessa sabbia in estate, raggiungo il mare. Mi lascio
avvolgere i piedi dalle onde, lievi, cadenzate, gelide. E ne ricavo un senso di
potenza mentre mi domino per fermare i brividi di freddo.
Mi volto e grido: Venite! Provate!.
Anche se qualcuno brontola che fa troppo freddo, mi raggiungono. Anche
Alice mi si affianca scalza. Ma invece di sondare con me lorizzonte alla ricerca di una qualche linea di separazione tra mare e cielo, abbassa gli occhi,
come a controllare la presenza di rifiuti e conchiglie. Io mi perdo nel blu di
quel mare diventato di colpo un vasto oceano, che fa tuttuno con il blu di
quello sconfinato firmamento che ci sovrasta, avvolge e abbraccia, facendoci
sentire che s, Qualcosa deve esserci, oltre a noi e alle nostre piccole e insignificanti esistenze.
Accanto a me si materializza anche Elys, sussultando quando immerge i
piedi. Ma come me guarda lontano e in alto, con aria assorta, come tesa ad
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Solo un bicchiere
Giovanni Parigi
Era proprio una brutta sera quella che il signor M., agente di commercio,
stava passando perso tra le viuzze del porto di T. Acqua e vento sferzante
non davano tregua. Nonostante tutto doveva assolutamente raggiungere il
numero 12 del Vicolo del Tritone e concludere un affare che sin dal primo
contatto telefonico considerava a rischio. Tuttavia le necessit dell'azienda
avevano avuto il sopravvento sul suo istinto e, nonostante le sue resistenze,
aveva dovuto cedere alla volont del direttore commerciale.
Erano da poco passate le 18; il freddo e la stanchezza gli consigliarono
un bicchierino. Allangolo male illuminato della via che stava percorrendo,
vide una vecchia insegna luminosa che, penzolante, funzionava a intermittenza. Taverna la vela lesse con difficolt. Tra s pens che per un bicchierino un locale valesse l'altro e, fatte alcune decine di metri, entr nella
taverna, non prima per di averne osservate da fuori le condizioni attraverso
lampia porta a vetri sferzata dalla pioggia.
Buonasera signore disse il gestore che, nascosto da un paravento, lo ud
entrare grazie a una fila verticale di campanellini attaccati a una vecchia striscia di cuoio posta quasi a contatto con la porta. Il signor M., superata quella
minuscola anticamera, si trov in un locale piccolo ma pulito. Fiocamente
illuminato, presentava vaste zone dombra. Larredamento era semplice:
mura senza intonaco lasciavano che le pietre, intervallate da qualche mattone,
sprigionassero un certo calore, mentre i tavoli di legno scuro e le sedie impagliate facevano sembrare il tutto veramente accogliente e tipico.
Il signor M. si trov di fronte un ometto calvo con dei baffetti bianchi,
tutto intento a lustrare con scrupolo un calice appena lavato. Al saluto del
barista rispose che neppure volendolo quella si poteva definire una buona
serata e, sedutosi in uno degli sgabelli di legno accanto al banco tirato a lucido, disse: Mi dia qualcosa di suo gusto, giusto per il freddo.
Aspetti, credo proprio di avere quello che fa per lei rispose il gestore
andando verso la fila di mensole l vicina e dalla quale, dopo un'accurata
scelta, prese una bottiglia che conteneva, immersa nel liquore, un modellino
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Marina e Desideria
Cristiana Pezzi
Questo mare mi somiglia pensa Marina, affacciandosi alla finestrella
dalle imposte verdi di quella casa bianca e antica di fronte al mare. Ogni
giorno vede la stessa scena e ne assorbe gli odori: vecchi zitti seduti negli incavi di pietra dei fianchi delle case guardano chi passa in un viluppo di odore
di mare , cucina, rosmarino. Per lei, che ha 15 anni, questo mondo non
basta. vero che il mare a volte placa , pi ma spesso lascia trapassare le
voci dei marinai dei millenni, delle scorrerie piratesche.
Di fronte allo sposo marino infila le caviglie in acqua, ad ogni onda aspirata
dal risucchio di una forza disgregativa che le toglie il respiro, ma anche la paura.
Pi volte sommersa da onde sgarbate, ride come quando era piccola.
Il momento in cui arriva londa violacea a staccarle i piedi dalla roccia
scivolosa lo vede come gioco e non come minaccia. Mentre china la testa e
si fa afferrare i capelli, pensa alla madre che pulisce il pesce o al padre di
burro salato che si volta e se ne va. zitta la cucina di casa, non perturbabile
il gatto bianco e cieco, vuote le giornate sgonfie di fatti e di persone.
Non ci sono sogni appesi ai muri candidi e un piccolo vaso pieno di minuscole stelle di mare tutto ci che pu contenere luniverso di attese di
una adolescente.
Ad alcuni chilometri di distanza, in una citt grande e affaticata, vive Desideria, anche lei ha 15 anni e un piccolo sguardo docchi neri che si puntano
ogni giorno al computer. Contrariamente a Marina non abituata ad annusare le ore del giorno in termini di aromi. L al nono piano del grattacielo
non arriva niente, che non sia lultima nota olfattiva dei gas di scarico del
traffico l sotto. Giornate trascorse davanti allo schermo ad assorbire musiche
sempre pi strane, video sempre pi stralunati .Molte comunicazioni, ma
con persone delle quali non conosce neanche la voce a dirsi cose sognate e
mai agite. Silenti genitori vanno e vengono e con un tiepido ciao siglano ingresso e partenza. Lei sempre alla sua postazione, capoluogo di mondi finti
ed intimamente agitati. Ogni tanto le manca il respiro e un vuoto dentro la
risucchia in una penosa apatia, non riesce neanche ad alzarsi. Solo i morsi
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della fame la inducono a difficili pellegrinaggi verso la cucina, dove la attendono biscotti e cioccolata. Quando la noia pi forte fa il bagno, a vasca
straripante, gonfiando lacqua di bolle . Al culmine del niente, si immerge e
apre la bocca, riempiendola di schiuma, a volte deglutendone qualche grumo
scivoloso.
Sfida la morte cos, al riparo da occhi umani, in attesa.
Allora i teneri occhi si dilatano e sfilano davanti a lei le Cleopatra, le Didone, eroine di passati tragici che tra veleni e rantoli posero fine alle loro
esistenze. Loro per, qualche motivo importante ce lavevano,ad esempio
lamore. Perso, impossibile, fuggito. Lei non ce lha , del resto, come potrebbe? La sua intima metropoli veramente molto piccola. Quella l fuori
unestranea cos gonfia di voci da far paura. Non pu incontrare qualcuno
e pretendere di essere amata. Sta gi sfiorendo prima ancora di essersi aperta
e lei lo sa.
Poi, la vita fornisce a Marina e a Desideria unoccasione, come pi o
meno accade a tutti coloro che sono in attesa .
Marina ha ricevuto in dono una macchina fotografica ed ha iniziato a fotografare ossessivamente il suo mare. Calmo, in tempesta, dallalto, da stesa,
il mare lha ripreso da mille angolazioni e la sua sensibilit tormentata gli
ha dato una voce che comunica. Questo linguaggio piace ad un turista che
passa per caso davanti al banchetto dove ha ammucchiato i suoi ritratti durante la festa di paese. Ormai ha ventanni e accetta linvito del sorridente
signore a frequentare corsi di fotografia in una prestigiosa accademia in citt
,congedando il suo piccolo mondo. Diventer una bravissima fotografa , incaricata da illustri riviste di ecologia ed ambiente di realizzare servizi fotografici ai quali non mancheranno originalit e passione. Vivr nella citt di
Desideria, ricca di luoghi di incontro, di atelier, di punti di partenza. Per lei
la citt non un buco nero ma uno spazio sacro dove si materializzano i suoi
progetti e le memorie delle strade, gli angoli densi di scambio, sono depositari di significati che ravvivano la sua vocazione. La polis le assomiglia ancor
pi del mare, che ciononostante stato per lei un educatore amato. Ecco
perch nelle sue foto scattate per il mondo, ne spesso un commovente protagonista. Per, lo sa bene, doveva proprio lasciarlo.
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societ con fatturato milionario che piazzava i suoi prodotti sugli scaffali dei
supermercati di mezzo mondo. Certo le scamorze non erano pi quelle profumate che faceva mio nonno, quelle erano delle opere d'arte, che tutta Caserta si metteva in coda per comprarle. Le avevamo dovute riempire di
conservanti per poterle esportare e confronto a quelle di una volta sapevano
come una merda stagionata, per ci avevano fatto guadagnare l'ira di Dio e
poi, a dirla tutta, a me i formaggi manco piacevano.
Io volevo vivere sul mare, mangiare pesce alla griglia e stare in costume
tutto il giorno. Avete presente i personaggi del film un giorno da leoni? Io
volevo essere uno di quelli. Da ragazzo avevo convinto mio padre a spendere
una fortuna per iscrivermi all'universit di Berkley in California, lui pensava
dovessi diventare un mago della finanza, io invece volevo solo fare surf sulla
spiaggia. Ho passato quattro anni a Malib, ho imparato ad andare sul surf
e contemporaneamente a fare iscrivere a bilancio un debito come una garanzia di credito. Laggi ho anche capito molte cose, per esempio che le
donne in California non sono tutte bionde con gli occhi azzurri ma per lo
pi messicane sovrappeso, peraltro quelle bionde, se gli fai capire che hai
un sacco di soldi, ti si appiccicano addosso come mosche sul miele, ma non
solo le donne, anche la finanza funziona cos. una specie di legge naturale,
se tu ce la metti tutta a far finta che una cosa sembri vera, queste diventa
reale sul serio. In pratica se tu alle banche gli fai capire che hai un sacco di
soldi vedrai che loro te ne daranno ancora di pi.
Tornato a casa mi sono messo a fabbricare soldi e tanti anche. L'aziendina
ha cominciato a sfornare utili da paura, e fare grandi investimenti. Mio padre
non metteva pi becco perch io, l'americano come mi chiamavano in
paese, ero considerato una specie di Guru della finanza ed in effetti abbiamo
cominciato a vendere formaggi prima in tutta Italia e poi in Europa e non
volevamo pi fermarci. Certo, avevamo dovuto fare qualche piccolo sacrificio
sulla qualit del prodotto, a Caserta non c'era pi la fila per comprare, in
compenso a Stoccolma i supermercati erano pieno di formaggi Pinetti!
Avevo lavorato per quindici anni, avevo creato un impero su quei cazzo
di formaggi che non potevo neanche annusare se no mi veniva la nausea, ed
ora ero stufo marcio. Mio padre ed anche mio zio, i fratelli Pinetti di cui al
nome della ditta, se ne erano rapidamente andati in pensione. Mio padre
aveva lasciato Caserta e non solo quella, pure mia madre, che da quel giorno
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si vestiva di nero manco fosse rimasta vedova. Lui, insieme al fratello, si erano
trasferiti in pianta stabile a Capri dove passavano il tempo ad ospitare amici
d'infanzia e pagare mignotte, ovviamente anche per gli amici. Ero rimasto
solo io a capo dell'azienda, questi quindici anni erano volati, io non me li
ero proprio vissuti, troppo impegnato a firmare contratti, a fare investimenti,
a girare per supermercati di tutta Europa a stringere mani con persone sconosciute. Avevo politici che mi bussavano alla porta, donne che mi aspettavano nelle camere d'albergo, ma ero infelice. Non avevo pi toccato un surf
in tutto quel tempo, il mio unico sport era toccare mignotte ed io invece
volevo ritrovarmi a navigare nel mare ed ora finalmente potevo farlo, finalmente libero, senza pi legami, senza pi obblighi. Il mio obiettivo era navigare fino a Valencia, attraccare l per un paio di giorni e poi proseguire fino
a Gibilterra, l avrei fatto rotta su Tangeri, e poi chiss, avrei seguito il vento.
I soldi non mi mancavano, avevo un conto attivo a Singapore su cui avevo
trasferito venticinque milioni di euro e potevo finalmente vivere libero!
La terra vista dal mare ha un sapore particolare, mi d la sensazione di
una mano gentile che accarezza l'acqua, di un'amica che ti segue lungo la
strada, ti accompagna premurosa aspettando il momento che tu la voglia
reincontrare ed allora lei ti accoglie materna e comprensiva.
Io vivrei sempre su una barca, ho bisogno di ondeggiare, di sentire il rumore del legno che si stringe nelle onde, il rumore dell'acqua che si apre
schiumando sulla prua, ho bisogno del sole che mi brucia la pelle, ho bisogno
di essere libero, ho bisogno di stare da solo!
Era ormai calata la sera, Valencia mi si offriva davanti con i suoi archi
protesi nel cielo e la sua baia cristallina. Attraccai velocemente nel molo turistico, non vedevo l'ora di entrare in un bar del porto gustare una cerveza
fresca e cercare su internet qualche notizia sulla mia improvvisa scomparsa.
Appena ormeggiato vidi alcuni uomini in uniforme avvicinarsi. Che strani
questi spagnoli hanno dei costumi simili a quelli dei carabinieri. Eres el senor
Pinetti? mi guardai intorno, lo sguardo perso nel vuoto: io, io, no... non
so, chi siete? si fece avanti un signore pelato, in giacca e cravatta, italiano
signor Pinetti la dichiaro in arresto, abbiamo un mandato internazionale per
bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e sofisticazione alimentare. La prego
di venire con noi.
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Il pescatore
Maria Rizzi
Il solito scoglio. Il sole arancione basso allorizzonte e infiamma il cielo.
Il mare sincrespa, alcune onde iniziano ad alzarsi, sembrano non voler toccare la fanghiglia della battigia, ma non tornano neanche nel gorgo lontano
dellalto mare. Rimangono immobili, forse non sapendo pi dove il mare
ancora mare.
Antonio srotola il filo della canna da pesca e si sofferma a pensare che
anchegli, come le onde, non sa pi dove la vita ancora vita. Saluta con
cenni del capo i compagni di pesca. Nessun amico. I giorni sul mare sono
dedicati alle riflessioni, sono aggrappati ai ricordi. Daltronde nessun pescatore cerca la compagnia. Lanciano la lenza e il peso del mondo si dissolve
per qualche ora nei bagliori dellacqua. Lattesa delle prede un semplice alibi.
Pescano in se stessi e affidano ai tramonti, alle notti, alle albe i propri pensieri, affinch li depositino sulla sponda rasserenante del silenzio.
Antonio stanco. I capelli bianchi catturano il sole del crepuscolo e gli
occhi di un castano dorato, ne ricevono riflessi di malvasia invecchiata. Lultimo lampo di giovent se n andato cinque anni prima. Con Lucia
Lucia quaranta anni insieme, senza figli, con la capacit di incontrarlo
e riconoscerlo in ogni momento, calandosi nelle tenebre di lui e nei suoi
squarci di luce. La sua donna-tridacna, la conchiglia pi grande del mondo,
nelle cui valve poteva rannicchiarsi e, un giorno, dolcemente, morire.
Il furto al supermercato.Tre ragazzi giovani , inesperti, alla ricerca della
bravata. Antonio e Lucia erano nel magazzino. Finirono stesi a terra, come
gli altri. La cassiera non diede cenni di ribellione, svuot la cassa e, per puro
caso una macchina della polizia pass nei paraggi. I tre giovani furono colti
in flagrante e arrestati. Cinque anni una pena irrisoria.
Lucia torn a casa e fu colta dalla morsa al petto. Un infarto devastante.
Non riuscirono a fermarlo. E nessuno pot stabilire collegamenti reali tra i
due eventi. La donna si era sentita male la sera, tra le mura domestiche. Cos
Antonio rest solo. Con il proprio rancore. Non accettava lipotesi che la
sua donna potesse soffrire di cuore come gli era stato detto dai medici.
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agguato sotto la superficie lucente. Ora lo vedevo bene il Santa Lucia. La scia
di fumo del traghetto diventava sempre pi densa mentre si avvicinava a gran
velocit. In un mare straordinariamente calmo dai colori accessi, in un punto
dove il blu profondo ipnotizza il viaggiatore, inerme e solitario il Santa Lucia
solcava quelle acque cristalline circondato da un nemico spietato. Gli spari
della mitragliatrice partirono improvvisi mandando in frantumi le vetrate, il
piccolo traghetto arrancava in cerca di salvezza. Una prima virata, unaltra
ancora, procedeva a zig zag. Quei brutti ammassi di ferro che gli volteggiavano intorno avevano sganciato delle cose allungate che sfrecciavano lasciando
una lunga scia in mare. Sgranai gli occhi incredulo. La maggior parte della
gente in preda al panico scapp via urlando, mentre gli incitamenti di quei
pochi che erano rimasti a guardare si persero nel frastuono della impari lotta.
Ero troppo terrorizzato per riuscire a urlare anche io, quando sentii tirarmi
per la maglietta con forza. Mia madre con il volto straziato dalla paura mi
avvicin a s chinandosi e abbracciandomi da dietro. Appoggiato alla sua
guancia sentivo il caldo scivolare delle sue lacrime.
Dai!
La piccola platea urlava a gran voce. Una flebile fiamma di speranza si
accese in me. Forse ce l'avrebbero fatta. Forse. Lo spettacolo surreale di una
tragedia al suo ultimo atto fece sparire dalla vista tutta la bellezza di quel
mare dalle mille sfaccettature, e proprio l, poco distante dalle secche dello
sconciglio, un siluro squarci il Santa Lucia. Lesplosione violenta riemp
laria, lacerando qualsiasi speranza. In una atmosfera ovattata, dove il terrore
ormai dilagava sinuoso negli animi, vidi vetri schizzare in ogni direzione,
fiamme levarsi verso il cielo e corpi umani sbalzare in mare. Spaccato in due
tronconi e ripiegato su se stesso in un agonizzante stridore, il piroscafo cominci a colare a picco. Lacqua ribolliva tutta intorno, la spuma bianca accompagnava la sua discesa verso il fondo, verso il punto pi profondo.
Allungai la mano nella sua direzione in un ultimo disperato immaginario
gesto di salvezza. Bastarono pochi secondi e la scena cambi completamente.
Scomparve. Non cera pi, e con essa il suo carico di vite umane. Nessuno
di noi si mosse, non era ancora finita. Non soddisfatta la squadriglia torn
sulla scena con lultimo micidiale affondo. Lultima sventagliata delle mitragliatrici si abbatt sui rottami e i superstiti che erano riemersi.
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Lultimo viaggio
Maura Silvagni
La giornata non era bellissima: una leggera pioggerella cadeva insistente
sulla barca, ma il vento era giusto per spingere le vele. Avevo avvistato dei
gabbiani che sorvolavano una zona particolare, a turno si tuffavano in mare
risalendo a becco pieno. Un nutrito banco di pesce pensai. Diedi ordine di
risalire la corrente, in modo che, nel momento in cui avremmo gettato in
mare le reti per la pesca, la stessa corrente, unita alla forza del vento nelle
vele, avrebbe spinto la barca proprio nel punto in cui i gabbiani banchettavano
abbondantemente.
I gabbiani non ci avevano traditi: la pesca fu ricca e quando aprimmo la
rete che penzolava gonfia sulla coperta, avemmo la sensazione di trovarci
sotto ad una cascata di pesce. Ricordo ancora la gioia dei miei marinai nel
vedere quellabbondanza! Alcuni marinai iniziarono la cernita del pesce, altri
provvidero alla seconda calata: si doveva sfruttare quel momento di grazia. I
gabbiani volteggiavano sopra di noi, come se cercassero la loro parte per la
proficua segnalazione. I marinai lanciavano in cielo i pesci che si erano rotti
nella rete, perch si divertivano nel vedere la picchiata dei gabbiani per accaparrarsi quel bocconcino inaspettato.
Il momento di gioia e di gioco venne interrotto dalle parole del nostromo:
Guarda l, non ti sembra che la barca Solferino sia troppo vicino alle
mine?
Le mine. I tedeschi avevano infestato lAdriatico con le mine per proteggere le coste da eventuali incursioni degli Alleati. Appena finita la Seconda
Guerra, il mare non era stato bonificato e il bisogno di pescare per sfamare
le nostre famiglie era ben pi forte della paura per il pericolo che correvamo.
Sapevo dove si trovavano, le vedevo minacciose l sotto nascoste sotto pochi
metri dacqua. Le avevo mappate su una carta a quadretti, ogni centimetro
corrispondeva ad una bracciata dacqua e come punti di riferimento avevo le
alture o gli edifici pi alti della citt. Come avvisare lequipaggio del Solferino
del pericolo che stavano correndo? Non ebbi tempo di rispondermi.
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gere come un bambino e Virgilio, silenzioso e attonito, venne soffocato dallaffetto della moglie e della madre. Quando vidi la moglie di Agostino avvicinarsi, con gli occhi lucidi, ma speranzosi, abbassai lo sguardo, cercando il
corpo dellamico adagiato sulla coperta. Ricordo la compostezza rassegnata
di quella donna, che si strinse alla figlia maggiore e in silenzio, insieme consumarono il loro dolore privato.
Seppi in seguito che si era salvato anche Guido, il motorista, che aveva
raggiunto la riva a nuoto.
Sono passati tanti anni da quel giorno, eppure il ricordo di quellepisodio
mi ha accompagnato per tutta la vita. Penso agli amici che sono morti nello
scoppio della mina, mi sono sempre chiesto qual lultima cosa che hanno
visto, coshanno provato nello schianto. Erano cos giovani! Io ho vissuto
tutta la mia vita, ormai sono vecchio, ho visto i miei figli crescere, ho avuto
nipoti e pronipoti, ma nel mio intimo ho sempre invidiato la loro morte in
mare.
Desideravo compiere il mio ultimo viaggio a bordo della mia vecchia
lancia, diretta verso lignoto, lasciarmi cullare dalle onde e chiudere gli occhi
pieni di blu del cielo e del mare. Invece sono circondato da estranei che bisbigliano fra loro parole e frasi incomprensibili, attaccato a delle macchine
che si accaniscono a prolungare una vita che ormai finita.
Ora vorrei che Agostino, Lorenzo e Salvatore, ancora giovani come li ricordo, venissero a prendermi, per portarmi con loro, in fondo al nostro
mare, per sempre.
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realt; limportante era non arrendersi, non lasciarsi intimorire dalle avversit o dalle incertezze, crederci fino alla fine, perch solo chi li affronta con
coraggio pu accorgersi che i fantasmi non esistono.
Quarantanni, un soffio, quarantanni sono passati dal quel giorno, da
quella spiaggia, e ogni attimo che passa mi fa capire che avevo ragione: le
spade per duellare con la vita devono essere sempre affilate. No, non sono
diventato un fantasma: ho realizzato molti dei miei sogni, ho costruito una
famiglia, mi avvio alla vecchiaia sereno. Certo, non ho fatto tutto quello che
desideravo, ma, daltronde, non sono un dio; ho avuto momenti difficili, ho
ingoiato polvere, sputato sangue, ma ho sempre combattuto, senza arrendermi: in fondo sono un uomo, e questo era il mio destino.
Al mare, tuttavia, non mi sono mai pi riavvicinato: anche se ho imparato
a combattere con la vita, continuo ad averne paura, a temerla, a tremare dinanzi alle sue onde imprevedibili, sconfinate. Riflettendoci, forse, in realt,
pi che della vita, ho sempre avuto paura di me stesso, di non essere allaltezza dei miei sogni, di scoprirmi inesorabilmente diverso da quello che credevo di essere: per quarantanni, incatenato dal timore, non ho avuto il
coraggio di metter piede su una spiaggia. Soltanto ora, in riva al mare, ripenso agli anni andati e temo, ma non evito, la compagnia di me stesso: passeggio con i piedi accarezzati dellacqua, tranquillo nonostante quel tremito
che pervade le mie gambe quando guardo lorizzonte. Accanto a me, silenzioso, il fantasma di me stesso, quello che incontrai per la prima volta in riva
al mare, quattro decenni fa: invecchiato con me, sempre orribilmente trasandato, senza abbandonarmi mai; ho continuato ad averlo accanto, di tanto
in tanto, per tutti questi anni, e non ho smesso di averne paura. Eppure, ogni
volta che viene a trovarmi, gli sorrido, perch continua sommessamente a
ricordarmi che la vita un sogno, un diafano sogno terribile e meraviglioso,
e che il mare, inquieto e immobile, incute meno timore a chi naviga al largo.
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Orizzonte Lampedusa
Guglielmo Trovato
Lappuntamento era fissato per le due di notte, a ridosso della spiaggetta
di Kurkum al confine tra Tunisia e Libia. Mi chiamo Ali 21 anni, ero puntuale
allappuntamento con gli scafisti che mi avrebbero trasbordato con un barcone a Lampedusa. Tanti erano presenti forse un centinaio, uomini, donne e
bambini. Buona parte erano somali come me altri eritrei, libici. La mia famiglia aveva raccolto con tanti sacrifici 1000 dollari, venduto lasino e la
capra, per questo viaggio della speranza. Le difficolt economiche a casa
erano tante,mio padre anziano, mia madre malata, i miei cinque fratellini
erano molto piccoli per poter dare un sostegno. Quindi, lunico, a poter
dare una buona mano ero io. Il barcone, un vecchio rottame, pieno di falle
rattoppate e ruggine era gi pronto per la traversata in mare con rotta lisola
di Lampedusa.
I dubbi che potesse contenere tutti i cento migranti erano troppi ma altrettanto larrivo a destinazione. Comunque, imbarcammo e stretti come
sardine sotto sale salpammo in perfetto orario. La navigazione, allinizio dentro la grande baia era tranquilla, la velocit al minimo, pochi nodi di velocit,
per consumare poco nafta o perch il motore era vecchio e stanco. Usciti
dalla baia, incontrammo un mare crespato causato dal vento che prendevamo di prua, questa situazione creava un leggero beccheggio fastidioso ma
sopportabile.
Nella vita trascorsa avevamo subito di peggio. Intanto, a bordo, si fraternizzava, ci si conosceva luno con laltro,alcune famiglie al completo di
figli e neonati, altri soli ma soprattutto tanti giovani. La nazionalit e provenienza, era ormai inesistente, contava poco o niente, perch le guerre, la
fame e la miseria avevano cancellato tutto,daltronde, conveniva sradicarsi
da quei posti e passare a nuova vita.
Quindi, per tutti, lobiettivo e la speranza comune, era di arrivare in
Italia nonostante, rischi e pericoli che questo viaggio precario comportava.
A bordo era un gran vociare di grandi e bambini. Il mio pezzettino di pane,
lo diedi subito ad un bambino che piangeva per la fame, io, tanto, avrei resi-
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stito lo stesso, ero abituato a digiunare. Larrivo era previsto in due giorni
di navigazione, quindi digiunare due giorni non era un problema. Comunque, io restavo in disparte nel mio minimo spazio fisicamente disponibile,
invece,mentalmente spaziavo, perch riuscivo ad isolarmi da tutti i presenti.
Pensavo alla mia famiglia sola e abbandonata, i progetti futuri per loro e per
me. Comprare, appena possibile, una decina di capre e magari un sano e robusto asino. La navigazione , intanto, procedeva verso nord con il mare che
singrossava sempre di pi per il forte vento, nubi nere e minacciose apparivano allorizzonte.
Temevamo che il maltempo rallentasse il nostro viaggio, creando problemi di sopravvivenza, a bambini ed anziani. Le preghiere, in quel momento, davano un senso di protezione e sollievo per tutti ma purtroppo, al
terzo giorno di navigazione nessuno avvistamento dellisola di Lampedusa,
forse eravamo fuori rotta. Lorizzonte era solo mare in tutte le direzioni. Il
nostro barcone era sempre pi minacciato dalle onde altissime. Lacqua, cominciava ad entrare a bordo. Una vera tempesta dacqua che ci sommergeva
mandando in avaria i motori. Ormai, senza governo, eravamo alla deriva, in
balia delle onde. Il pianto e la paura di noi tutti era indescrivibile perch mai
avevamo visto una forza della natura cos brutale. Il cielo funesto e nero, buio
e profondo, i lampi invece con il loro bagliore ci davano un poco di luce.
Improvvisamente,come spuntata dal nulla, una grande barca bianca con dei
numeri sulla fiancata, si avvicinava sempre pi a noi, era una motovedetta
della Guardia Costiera di Lampedusa, che sfidando il mare in tempesta veniva
in nostro soccorso.
Sempre pi vicina, nel tentativo di lanciare una cima per il rimorchio,
un operazione difficile per le condizione del mare. Anche il lanciasagola aveva
difficolt a funzionare .Laccostamento non era per niente facile ma ecco che
una robusta cima lanciata dal sottocapo nocchiere Calogero Mangiaracina
fini nelle mie mani.
Questo intervento e successivo traino port alla salvezza la vita di tutti
i migranti. Purtroppo, lintervento fatto con tanto coraggio, ci fece cadere
in mare entrambi. Calogero, indossava per fortuna un giubbotto di salvataggio mentre io niente comunque con tanto altruismo riusc ad afferrarmi e
sostenermi per restare a galla. Un salvagente per due per non essere inghiot-
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Molo Nord
Alessandro Vinci
Il Molo Nord era il braccio pi lungo del porto di Ancona. Un imponente
muraglione, posto a difesa delle onde violente provenienti dalla Jugoslavia,
che sembrava essere il prolungamento naturale della collina su cui sorgeva
il Duomo di S. Ciriaco.
Appena finita la scuola, con lestate che cominciava a farsi sentire, spesso
scendevo dalla citt, con la mia bicicletta pieghevole e mi infilavo nel trambusto operoso del porto. Scivolavo veloce in una sorta di slalom tra locomotori neri e sbuffanti, grosse gru che sembravano muoversi leggere su rotaie
invisibili, colline di containers, e centinaia di persone dirette non si sa dove
come fossero formiche impazzite. Pedalavo leggero, con lagilit delladolescenza e la voglia di raggiungere una meta piacevole. Guardavo i grandi traghetti sempre pronti a partire e ascoltavo il respiro del porto fatto di catene
che scendono veloci a inseguire grandi ancore, sirene, odori, gatti, gabbiani
e da mille altre cose che i miei sensi percepivano senza voler trattenere. Pedalavo fino a raggiungere il Molo Nord che si stagliava imponente a nascondermi la vista del mare aperto e, allimprovviso, attraversando un varco che
sembrava aprirsi magicamente, compariva una banchina bianca punteggiata
da grosse bitte scure. A perpendicolo della banchina una scogliera si allungava
verso linterno del porto, mentre, in questo specchio di mare cos ben protetto, tre barche dondolavano dolcemente. Due erano a vela: una elegantissima Star, che si narrava avesse partecipato trionfalmente a mille regate ed
un piccolo Flying Junior. La terza era unumile barca di legno cos pesante
in ogni sua parte, dallo scafo ad i grossi remi, che pareva impossibile potesse
galleggiare. Laspetto rozzo e un po trascurato peraltro le dava una connotazione di forza misteriosa quasi quel guscio di noce fosse stato forgiato in
un blocco di granito indistruttibile.
In questo piccolo spicchio nascosto del porto di Ancona passavo giornate
felici in compagnia del mio amico Francesco vivendo avventure immaginarie
che solo la fantasia delladolescenza ti concede. Un luogo segreto fatto di
oggetti portati dalle onde che pareva avessero voglia di parlare. Se il tempo
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mente un blocco di acciaio senza vita che precipitava a mille metri di profondit nellincolpevole mare dellAsinara. Immaginavo i millequattrocento
marinai morti ed i seicento che disperatamente cercavano di salvarsi. Immaginavo lui. Lo vedevo pi giovane, ferito forse da una scheggia o da una
lamiera tagliente. Vedevo lo squarcio sulla sua gamba, il mare intorno al suo
corpo diventare rosso di sangue. Immaginavo il dolore, la paura degli squali,
la disperazione per i compagni persi. Infine i soccorsi, la traversata fino a Minorca per trovare una branda in ospedale e laggi, in terra straniera, lamputazione della gamba.
Sono tornato ad Ancona dopo molti anni. Cammino lungo le banchine
in un mondo che da bianco e nero diventato a colori. Ecco laggi il Molo
Nord. Sembra avermi atteso per tutto questo tempo. Sorrido rivedendo i
miei scogli. Guardo lo specchio di mare che sento di conoscere in ogni sua
goccia ed improvviso dal cuore riemerge il ricordo indelebile delluomo, del
marinaio e della sua barca di granito. Le onde leggere del porto non riescono
quasi a muoverla, al suo interno un paio di calzoni ed una gamba di legno. Il
marinaio l nellacqua, nuota sicuro, libero finalmente dalla sua menomazione. La guerra gli ha rubato la felicit, ma il mare sempre l ad offrirgli
un abbraccio sicuro che non avr mai fine.
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Poesie selezionate
Dove vai a riposare, mano, con direzione di occhi?
Dove vai capitano azzurro?
Vai alla mia nave traballante?
Dove vai quando conduci il vento?
Al mio cuore che ha un miraggio dalberi?
Dove vai?
Verso lorizzonte che sanguina
Ti regalo la morte di un seme.
Baciai una pietra nel sole e un seme nel pane,
scorgo una canzone antica.
nata la bellezza ed visione di terrore e grazia
Francesca Lo Bue
Mare di notte
Tiziana Monari
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Vessilli al vento
Vincenzo Tafuri
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27 giugno 1980
Adele Pedroncelli
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Gente di porto
Luca Olmeda
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Preghiera
Sergio Bisiani
Stelle dellOrsa
Che indicate la rotta
A chi solca il mare
Mio padre si addormentato
Guidatelo al porto amico
Alla baia tranquilla
Di unisola lontana
E tu dio dei venti
Che riempi la sua vela
Fa che il viaggio sia breve
E le scotte docili alla sua mano
Nettuno, che domini i flutti
Apri le tue onde
Alla sua prora
Gabbiani
Mio padre vi amava
Stendete le bianche ali
Nel suo cielo senza nubi
E voi delfini
Argento nellazzurro infinito
Giocate felici
Nella scia della piccola nave
Il vostro canto pi dolce
Sirene
Lo accompagni
E lo tenga lontano
Dallo scoglio che affiora
Mio padre si addormentato
Noi lo abbiamo visto partire
E voi
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Pennellate mediterranee
Angela Dipasquale
Seduta sullorlo arrotolato
duna banchina del porto di Sicilia
per compagna uno spicchio di luna
come un amo gettato nel cremisi.
Onde di blu, flutti di stelle.
Dallalleggio della volta
si riversa allorizzonte la notte.
Salternano alla costa
i seni turgidi dei monti.
Profumo di sale e di zagara.
In questa notte mediterranea
salpano riflessioni
il mare inizia ad infrangersi
il sibilo diventa lamento.
Una eco di voci erranti
accompagna la risacca.
Quale nuovo Ulisse approder?
Nei porti non giungono solo marinai
ma nere frange di uomini.
Sarenano schiume
sporche di sangue.
Attraccano lingue e credi diversi.
Nessun carteggio
seguono le rotte della speranza.
Terra che porta in grembo
figli fermi a fare i fari
a vegliare la salsedine dei suoi fianchi.
Marinai pescano uomini
o forse corpi,
nuovi Messia di unepoca in cui
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Maree
Daniele Buccini
Fresca laria stasera
e aleggia il profumo della bufera.
Il Nostromo, assorto, scruta lontano,
cercando un Dio da poter supplicare,
una luce, un segno, un rito pagano,
un ricordo cui potersi affidare.
In una culla donde
il sentimento, geloso, nasconde:
che nessuno intenda il suo dolore,
quel gran dolore che viene dal mare,
che nessuno sveli il suo immenso amore,
quel grande amore che torna nel mare.
Quel sentimento che nasce con la marea,
che cresce, che muore inseguendo unidea.
Fresca laria stasera
e non torner.
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Marino
Cristiana Pezzi
Lo vedi seduto
Mani sulle ginocchia, ginocchia larghe
Largo sguardo steso allinfinito
Sulla fresca tavola del mare
Di fronte alla sua casa
Si riposa
stato marinaio tutta la vita
Adesso naviga fra le spume del pensiero
Grato alla lunga relazione con lacqua
una storia felice dal colore cangiante
Da quando respira, lui l dentro
Aspro e ridente
avvinghiato allabbraccio del flutto
fuso al grido della conchiglia,
alla sabbia che avvolge il gabbiano
in braccio al rumore della tempesta,
cullato dal fragore del sole
tagliato nel sale,definito di bianco dal vento
assopito nella bonaccia,
gioca alla guerra coi venti
nutrito dallodore del pesce
svaporato lo sguardo, si perde
ed oggi il mare vuole amarlo per sempre,
e lo chiama brillo e suadente
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Le altre poesie
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Mare
Paolo Annibali
Mirabile
Armonia di frutti,
Riverberante,
Eternit
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Il mare di ieri
Paolo Avanzi
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Di solito il mare
Luigi Antonio Barone
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Celata
ogni cosa
riposa la notte
sul mare
Trema londa
increspando effimeri bagliori
memori
dun d
traboccante di sole
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Delicata veglia
Davide Bordoni
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Luigi Brasili
Mare magnum.
Maestose maree minondano, minnalzano.
Misterioso, mirabile, msse monumentale.
Mobile membrana moltiplicante meraviglie.
Mente millumina.
Merluzzi macinano miglia; miliardi!
Mako, mandibole micidiali masticano membra.
Molluschi mimetici, murene, melanoceti mostruosi.
Messaggeri Moai mirano morbide moltitudini.
Mormorii marsiliani, motonavi marcianti.
Mitici mostri, melliflue melodie.
Maghe, maiali, mete mitologiche.
Melville, Montalban, Mayol, Maiorca.
Magellano, Morgan.
Mompracem, Maldive.
Mururoa...
Montagne marine, maelstrom minacciosi.
Mercanti, militari, marinai.
Miraggi, moli, missioni.
Messaggi.
Mare.
Magico mare.
Mare magnum.
Mare mio.
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Il veliero
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In dolce compagnia
Giulio Rocco Castello
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A te
Antonia Colella
Il pensiero vola a te,
che insito culli innumerevoli ricordi.
Un turbinio di piacevoli emozioni
nascondono i tuoi flutti,
che dolci e soavi accarezzano
i fanciulletti piedi di creature spensierate;
un insieme di possenti sentimenti
provochi in chi ti ammira quando,
potente e rissosa,
la tua forza si infrange su spigolosi scogli.
A te il mare immenso.
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Spiagge
di Mauro Corsini
Rantolano rotolandosi londe.
Pensieri, ricordi e pensieri ancora.
Linfinito ritorna a sussurarmi
Linfinito echeggiare suo smarrito.
Echi, silenzi,vuoti ed acque ancora:
Torni, tu, labile magia dincanto,
Evanescente spuma levigante
Lanima. Cruda e dalla gola tesa
la voce del cielo che sovrasta
Lincorregibile mutevolezza
Del mare.
Qui, tra ventri di schiume e tra i riflussi,
Svelo questo mio futuro di sabbia,
Provando quasi un sentimento vivo.
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Jogging
Maria DAmbrosio
Liride del mare si rinnova
ad ogni assalto della mareggiata.
I frangiflutti, chiusi in falange,
si preparano allimpatto
neri dacqua e di lava.
Corro lungo la riva respirando
nuvole di brodo primordiale,
alzate in aria, come polvere sottile,
da mastodonti in combattimento,
che si contendono il diritto antico
di continuare ad essere nel tempo.
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Rovaglioso
Carla De Falco
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Partenope
Teodoro De Giorgio
Fin dove tocco,
l voglio arrivare.
Non oser andare oltre.
Mi fermer dove lacqua
lambisce la gola
e ti aspetter.
Ti aspetter
anche se non dovessi mai arrivare.
Sar come uno scoglio,
sprezzante delle onde
perch non pu affondare.
Percuoter la rena coi piedi
per chiamarti,
urler il tuo nome sottacqua
e lo sussurrer ai venti.
Le onde melodiche
del mio cuore
ti condurranno a me.
Scruter il mare
per cercarti allorizzonte
e se ti scorger tra i flutti
guizzer da te.
Mi lascer incantare
dal tuo canto seducente
e dalla tua peregrina bellezza.
Mi largirai la tua conoscenza
e, come Odisseo,
non ti rifiuter.
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Mare di vita
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Pesce nellacquario
Maria Antonietta Filippini
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A te, mare
(In ricordo di Klevis, caro alunno albanese, prematuramente scomparso)
Fiorella Fornasiero
A te, Mare,
nel languido tramonto
dun autunno nebuloso,
affido il mio pensiero,
a te che dalla sua Terra mi separi
e, frapponendoti maestoso,
mi concedi solo di sognarla,
la Terra in cui nacque
e dove tornato a riposare,
quella Terra che dolcemente accarezzi,
qual premuroso innamorato,
nel tuo fedele andare e venire,
nel tuo ritmico dondolare.
Culla anche queste parole mie
e tramutale in canzone,
cos che giungano fino a Lui
come canto di Sirena.
Forse non riaccenderanno il suo sorriso
e non faranno brillare i suoi occhi
ma, mentre fisso la tua distesa azzurra,
io gi me li figuro
quei ridenti e luminosi Non ti scordar di me
e la mia mesta nostalgia si placa,
per qualche istante,
nella dolcezza del ricordo.
A te Mare, guizzante di vita,
a te Mare, scrigno di segreti,
affido il sussurro del mio cuore.
Portalo sullaltra Riva,
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Mareggiata emotiva
Francesco Ricceri
Cerco lazzurro nei mari sbagliati di petrolio,
nuoto contro corrente nell' oceano delle prove fallite,
mi obbligo a provare la sistola delle emozioni di acqua.
Nel frattempo guardo lorizzonte dalla prua della mia barca:
eccolo linizio che mi porter a casa dopo anni di assenza,
dalla gente che non mi somiglia!
Il malecon aretuseo non mi manca:
ho un tripudio dietro me!
Le onde battono il tempo nelle clessidre dei miei ricordi.
Violenza nella rabbia di un passato ingiusto:
allattato da una pazza non riesco a perdonare la vita:
il mio sangue schizzato su uno scoglio
assieme allamore sano della prima donna di ogni umano.
Arrivi tu: pochi minuti damore segreto nell atrio della mia diffidenza.
Il vento porta altrove quel che resta di un dialogo difficile.
Occhi alati sulle spalle e un piccolo pesce sul fianco,
carbone negli occhi di miele,
cacao sulle labbra di nuvola,
attenzione nella lentezza di un gesto,
un pezzo del mio mare per spazzare via luragano di un esistenza dura.
Sabbia tra i denti, deglutisco vetro:
rimpiango scelte sbagliate
e vomito ricordi sui fogli di un poeta avido.
Sudore sulla fronte...di pensieri,
amaro sul palato...di bugie,
rumore ai timpani... di idiozie,
fumo tra le narici... di ricordi :
una notte di spaccata realt nella cruda esigenza di te!
Il sole dentro il mare mi frantuma l anima
e la trascina oltre lorizzonte al tramonto,
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Si rompono le nubi
Maria Grazia Frassi
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Al mio marinaio
Rita Gallo
Hai amato il mare,
e mi hai insegnato ad amarlo,
a non temerlo.
Ancor piccola,
mi facevi ascoltare
il rumore delle onde
sulla battigia
e mi cantavi
ninna nanne sulla riva.
Mi sembra ieri che, a lungomare,
seduti sulla panchina,
ci fermavamo a lungo
a respirare lodore acre
della salsedine, delle alghe...
di qualcosa dinfinito,
che non si respira
in nessun altro posto del mondo,
se non c il mare!
Mi raccontavi storie affascinanti
di delfini, sirene, uomini pesce
e io, accoccolata a te, chiudevo gli occhi
e mi pareva di toccare il cielo,
cavalcando leggera sulle onde
con creature mitiche e gioconde.
Poi sono cresciuta
andavamo a pesca sugli scogli
e l mi hai raccontato le storie vere,
quelle vissute, quelle della guerra
e la paura di morire,
proprio in quel mare
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29.08.2011
Luca Gini
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Voce di unesiliata
Maria Rosaria Giunta
Ti sento,
avverto i tuoi odori,
i tuoi sapori,
i tuoi colori.
La mente divaga,
mentre i ricordi
della tua acqua cristallina,
inondano il mio cuore
di rimpianti.
Sei il mio amante perduto,
sei la passione della mia giovent,
sei lazzurro che mai pi ho rivisto.
Lontano il pensiero corre,
ormai gli anni giungono al loro bivio,
ma tu, mio mare di stelle,
rimani l ad osservarmi,
indifferente al tempo che passa;
tu ripeti il tuo ruolo
da eterno bambino,
mentre la vita scivola
e rimane la nostalgia
di un amore lontano
e mai vissuto,
della perdita di te,
mio amato Jonio,
mentre la fredda nebbia
dellindifferenza
mi porta via
gli ultimi istanti dei tuoi tramonti.
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Mare dinverno
Davide Iacobellis
Il mare dinverno
cheto un tempo non poi cos lontano,
tra sbuffi e spruzzi, ed onde e mulinelli gorgoglianti,
tramuta lesser suo acquistando le sembianze dun mostro primordiale.
E salzano in formazioni dattacco eserciti dacqua e sale,
assediati dallo sferzare dun vento nemico,
ad aggredendir la riva, ad inghiottir le nubi,
mentre gabbiani di luce e falchi di tuono,
vessilli di rivali potenze,
annunciano una guerra con strida ed artigli incandescenti che feriscon
lorizzonte.
E sperano i civili che la bestia plachi la sua fame con le vite non dei loro cari,
persi nel suo manto con reti calate che tirano impazzite verso labisso,
finch le preghiere dei fanciulli, di lacrime materne impreziosite,
lambiscono il cuore del mostro e saziano di piet la famelica rimostranza.
E torna a riposare il Leviatano, oramai soddisfatto del dazio,
sul fondale del suo mondo oscuro,
smuovendo le maree ad ogni respiro del suo sonno tormentato.
E sassopiscono i demoni del vento
in giacigli di bonaccia,
tra le nubi che evaporano,
nel silenzio della notte.
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Come il mare
Romano Italia
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In ammollo
Serena Lampugnani
Si, vero.
Non ho mai ricevuto una sorpresa, le ho sempre beccate prima.
Non ho mai ricevuto un fiore quando lo desideravo, in cambio avevo un
poster, 3 metri per 3 metri raffigurante la margherita di Romeo Britto, ma
non era la stessa cosa, non aveva lo stesso profumo.
Ho detto TI AMO per davvero, con il cuore in mano, una volta sola e la
risposta stata un sorriso, ma quel sorriso racchiudeva tutta la sua vita.
O almeno credo!
In compenso ho amato tanti uomini, con la pancia, con la figa.
Odiavo i gatti prima di convivere con due.
Amo il sesso e lo odio, perch il sesso mi distrugge, mi svuota, mi fa sentire
sola.
Amo conquistare.
Amo controllare le emozioni.
Non so cosa significhi vivere.
So che voglio vivere.
Ho provato tutte le due ruote possibili, scooter, motorini, vespe, moto, moto
d'acqua, biciclette, arrivando alla consapevolezza che con quelle troppo
potenti non posso resistere dal disintegrarmi.
Amo la musica.
Amo i verbi coniugati a dovere.
Amo fumare ed difficilissimo smettere.
Amo le donne arrivate, indipendenti, forti; amo quelle donne che vorrei
essere.
Amo me, a momenti.
Amo il rumore dei tasti del pc.
Amo la carta, amo le biro, le matite e i fogli sparsi per casa.
Amo pedalare, sudare, faticare.
Amo farmi guardare.
Amo dormire, sognare, odio un po il dovermi svegliare.
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Mare amante
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Notturna
- 200 -
- 201 -
San Lorenzo
- 202 -
Mingus at antibes
Roberto Marzano
- 203 -
Pensieri
Paola Mini
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Tempesta
Giuseppina Marrone
Mi sorprende improvvisa
la tempesta che mi infuria intorno
e mi scopro impotente
in balia del mare in travaglio donde
di dilatarsi dacque in ampi cavalloni
e la marea frangente
milizia blu notte in aperta battaglia
un tormento lanciato al galoppo contro
muro zaffiro in assalto che tutto travolge
tumultuosa furia in burrasca
e intorno impetuoso sbattere dali ai cerulei venti
respiro irruento
dentro
questo trionfo di elementi
ormai zattera
soccombo.
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- 206 -
- 207 -
Mare dinfinito
Rita Muscardin
Mare, distesa dinfinito
che nel rosso del tramonto taccendi
e accarezzi lorizzonte dove gabbiani con ali dargento
volano sospesi fra terra e cielo.
Il silenzio dei tuoi abissi inviolati
veglia il lungo sonno di anime condannate alloblio
in sepolcri dimenticati
dove nessuna mano pietosa depone corone di fiori e lacrime.
Solo bianca schiuma di onde
in perpetua corsa verso lidi sconosciuti
accarezza gli antichi sacelli
mentre nelle notti infiammate di stelle
dalle tue profondit si levano i canti dellesilio.
Il respiro del tempo si impigliato
nelle reti che asciugano al sole
adesso che solo immagini sbiadite
di giorni smarriti nel vento
rimangono nel fondo di pozzi senza pi acqua
e nel tuo buio murmure
pare ancora di udire il suono di voci lontane.
Una barca attraversa lombra della luna
e scompare sulla soglia dellinvisibile,
dimmi mare, cosa si nasconde
laggi dove si perde lo sguardo e il pensiero sattarda
per comprendere lImmenso?
Forse che ai tuoi ignoti confini
sapre il passaggio che conduce allaltra riva
dove non trovano pi affanno i giorni
e la profonda quiete veglia il riposo?
Sei forse dolce preludio,
- 208 -
- 209 -
Limmenso
Noemi Neri
- 210 -
La storia replica
Maurizio Paganelli
- 211 -
Pensieri
Ilaria Parlanti
Alba di cristallo
libere onde
appoggiano sul molo.
Azzurro di sole
mi sorprende
la luce convessa
dei suoi raggi.
Pensieri
incontrano il mare ...
il suo respiro acre di salmastro
lo sento dentro il cuore.
Scende lanima mia danzante
disinibita e nuda
su praterie di posidonia
mentre qui
su questo asfalto schiva
si nasconde
dietro uneclisse nera
di veti
e di paure.
Siede una vecchia
sugli scalini in pietra dAcquaviva,
gli occhi spenti, esangui
come gusci di conchiglie vuoti e bianchi
arsi nel sole.
Cos anchio sar
trascorsi
i venti di libeccio?
- 212 -
Unanemone di mare
alla deriva
porta presagi
di tempesta.
Troneggia il grido dei gabbiani
tra il mio sentire di poeta
e lorizzonte.
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Il mare e la felicit
Maria Rosaria Rebecchi
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La polena
Antonella Riccardi
Nel chiarore della notte
vidi lanima tua
protendersi agli abissi,
laurea chioma spiegarsi alle brezze.
Memore di superba bellezza,
ti cinse londa dellintimo abbraccio;
dei colori dellalba e del tramonto,
del sereno e della tempesta
gi ti fece dono.
Ai flutti frementi concedesti
la rotondit dei seni,
le lignee nudit dei fianchi
sotto le volute smeraldo,
lasciasti alla velleit di uomini e Dei.
Qual mistero sei,
o solitaria creatura,
che persuadi le acque
con la muta preghiera,
che riconosci il cammino
e il volo dellalbatro.
Quale grazia celi
sotto le pieghe dellerosa veste,
mentre annega lultimo raggio
nel mare dargento.
Dei notturni pensieri
vegli il divenir salso,
piena la luna
di fatui sospiri.
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Silenzi di marinai
Cosimo Rotolo
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Maremma
Patrizia Socci
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Canti
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Reti
Silvana Sonno
Una rete di luce e sopra dacqua.
La spiaggia entra nel mare trascinata
da una pesca di terra e sassi triti
limatura di valve legno vetri;
carezza d'alga scivola sui piedi.
Lo sguardo indugia sulle creste donda
che il sole fa danzare in superficie
e acceca ci che invece muove e tace
sotto il pelo dellacqua pi profonda.
Solo il respiro che al respir saccorda
dentro al mare intuisce la sua vita.
Contemplare quellacqua che saffonda
coi piedi fermi nella rena molle
un dolce traghettare nel mistero
dell'esser me, ma insieme tutto questo:
spiaggia di sabbia e pietre, sole e mare
ala di vento e volo di gabbiani
pinna di pesce azzurro a filo dacqua
che nuota dentro liride sgranata
brezza leggera sulle membra nude
tocco come di mano vellutata
spruzzi di schiuma, e nuvole nel cielo
leggere e inconsistenti come piuma;
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Lungomare
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Marinai delleterno
Teriana Sequino
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Vietri
Davide Toffoli
Oggi il glicine ha il colore del mare
sotto la brezza leggera
di questa terrazza di luce
che si affaccia sul golfo.
Dopo la pioggia,
tra le volute capricciose,
lo spettacolo stagionale
di primaverile freschezza
ha il profumo pi intenso
e una dolcissima
femminile aurorale epifania
gi trasuda il momento del volo.
Incorniciato di azzurro,
sopra ai profili della limonaia,
persino il sole,
alle spalle dei Due Fratelli,
se ne sta sotto il tetto
del pergolato
a gustare il silenzio.
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Isola di sogno
Eliana Tognoni
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Emozioni
Vittorio Verducci
Il mare, il desiderio inappagato
che vaga tra i pensieri del mio cuore:
vorrei inabissarmi nel candore
del suo profondo azzurro, in un beato
sogno infinito dove indisturbato
poter nuotare tra pacate aurore
di libert, dipinte del colore
di sacrale silenzio trasognato.
Vorrei fluttuar tra londe e dillusioni
cospargermi di luna, nella notte,
tra sfavillii di stelle e le passioni
disperdere verso le agognate rotte
dellinnocenza cosmica ancestrale
che mi riporta al vivere immortale.
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Ancora estate
Adalgisa Zanotto
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Ulisse
Monica Zelli
Tu sei vita
che in giovent spumeggi
di sogni e sincresp allaltrui
parole, avide della tua sconfitta;
ma Nettuno impetuoso
non ti strappa ancor il cuore
e il viaggio.
Uomo che di patria hai il mondo
e lacque e la nuda terra,
sereno or navighi
e luce osservi oltre
mari di lamenti.
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Foto di AnnaVilardi
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Foto di AlessiaVaracalli
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Indice
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sezione racconti
I primi dieci racconti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Shalmt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Erina che non sapeva nuotare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mafalda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Memorie di mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dietro la tendina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Maestro di Bisso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Due secondi per decidere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il mare dentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto breve sul mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nel mare e nel vento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Il mare di Jules . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Romantici ricordi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dalla finestra della scuola, al mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In rotta per Alessandria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Scilla e il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Luome del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il canto della balena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La fine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Accampati sulle rive del sogno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Solo un bicchiere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Marina e Desideria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Di barche, donne californiane, finanza e di scamorze . . . . . . . . .
Il pescatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Una cosa bella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nel mio profondo blu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Lultimo viaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Luomo che temeva il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Orizzonte Lampedusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Molo Nord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Sezione poesie
Le prime dieci poesie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare di notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Preghiera dallultimo porto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Vessilli al vento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pianto di sponde lontane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
27 giugno 1980 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Gente di porto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pennellate mediterranee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Maree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Marino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Le altre poesie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In piedi sulla riva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La musica del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il mare di ieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Di solito il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Notte sul mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Delicata veglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
M . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il veliero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Partire soltanto per vedere il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In dolce compagnia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La prua di una nave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A te . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Spiagge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Jogging . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rovaglioso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Partenope . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Golfo del Bengala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare di vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tempesta a Torre Flavia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Spora della mia esistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pesce nellacquario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A te, mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mareggiata emotiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il soccorritore del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Si rompono le nubi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Al mio marinaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
29.08.2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Voci di unesiliata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare dinverno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Come il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In ammollo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare amante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Notturna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nella spaccatura tra terra e cielo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
San Lorenzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mingus at antibes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pensieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tempesta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Anima pulita del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare dinfinito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Limmenso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La storia replica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pensieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare infinito di che? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il viaggio della luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il mare e la felicit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La polena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Silenzi di marinai . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Voci dal mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Maremma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Canti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Reti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Lungomare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Marinai delleterno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Vietri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Isola di sogno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Persa tra le stelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Echi del tempo gi andato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Emozioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ancora estate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ulisse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Fotografie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
235
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