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Emozioni sul mare


racconti e poesie

le migliori opere
del 3 concorso letterario
organizzato dalle
Capitanerie di porto - Guardia Costiera

Prefazione
A volte mi chiedo perch il mare sia da sempre fonte dispirazione del
pensiero umano nel quale suscita emozioni spesso tramutate, con modi e
forme diverse, in arte. Forse il fascino di questa enorme massa dacqua, creatrice di vita e in perpetuo movimento, sta nellarmonia di colori che come
in un caleidoscopio cambiano al variare della luce e della profondit dei fondali. O forse dovuto a quello che le sue acque racchiudono, custodi di segreti, tragedie e tesori che solo di rado vengono svelati agli occhi degli
uomini ma fanno sognare infinite storie. Potrebbe anche essere quella sottile
paura che il mare provoca in chi vi si avvicina per la prima volta a scatenare
nellanimo una voglia creatrice, quasi a esorcizzare uno stato di disagio dovuto alla mancanza di conoscenza. Ma la risposta pi ovvia, e forse quella
giusta, che il mare ha una bellezza intrinseca incomparabile con qualsiasi
altra espressione della natura: un mondo nel mondo, da conoscere, rispettare
e amare e anche da raccontare. In queste pagine abbiamo voluto raccogliere
alcune delle tante opere inviate da chi, come noi della Guardia costiera, vive
il mare con occhi diversi, cogliendone aspetti nascosti. Questo anche il fine
di Emozioni sul mare, concorso letterario giunto alla sua terza edizione al
quale hanno aderito centinaia di autori che ringrazio sinceramente per aver
contribuito, in modo diverso ma non per questo meno efficace, a diffondere
la conoscenza del grande blu.

Amm. Isp.Capo
Pierluigi Cacioppo
Comandante Generale
delle Capitanerie di porto Guardia Costiera

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Racconti selezionati
Tu stendi il cielo come una tenda,
costruisci sulle acque la tua dimora.
Salmo 103
E videro montagne
e nei mari un arcobaleno
Bisbiglia il verso della canzone della vita
e il brivido della morte.
Allombra delle navi
il canto perdono.
A loro, a quei Nomi.
Perch cerano tutti i nomi in quella vasta acqua della terra,
che si fusero in canto.
Francesca Lo Bue

I primi dieci racconti

Shalmt
Giulia Parri
Nadir aveva sete. Tutti avevano sete. Ma lacqua ormai era finita. Manca
poco aveva detto luomo del timone, ma laveva detto gi da tanto tempo.
Era una notte senza fine, una notte senza luna, sul mare nero, su quella barca
di sudore e di lamenti. E Nadir aveva paura del buio, perch nel buio si muove
lo spirito di Kalfat, il gigante che vive al centro della Terra e anche lo spirito
di Mohadin, la strega che divora lucertole.
Mamma ho sete.
Ma lo sapeva, non sarebbe servito a niente. E intorno era sempre tutto
buio. Solo rumori. La prua della barca che schiaffeggiava londa, i cigolii del
legno decrepito, una canzone, che Nadir non aveva mai sentito, e che veniva
dal fondo della barca, da una voce di ragazza. Si strinse al corpo di sua madre.
Laria della notte era fredda e Nadir non laveva mai conosciuto il freddo.
Mamma perch tanto freddo?
Dormi Nadir, dormi, ti sveglio io appena arriviamo.
Ma non ce la faceva a dormire. Aveva sonno, ma non ce la faceva. Poi
qualcuno cominci a gridare. Ora il buio era ricamato da luci gialle, lontane.
Le onde sollevavano la barca e quasi la rovesciavano. Ora tutti gridavano.
Nadir pens a Shalmt, lo spirito bianco che aiuta i bambini coraggiosi. Doveva essere coraggioso. Se non fosse stato coraggioso Shalmt non lo avrebbe
aiutato. Vide luomo del timone che veniva verso di loro. Camminava oscillando e mentre si avvicinava afferrava tutti quelli che incontrava e li spingeva
in mare. Pens a sua madre che non sapeva nuotare. La vide con gli occhi
sbarrati di terrore.
In acqua, tutti in acqua. Se restate sopra finirete contro la scogliera.
Gridava luomo del timone e mentre gridava scaraventava in acqua le
donne, gli uomini, i bambini. E ormai era arrivato davanti a loro. Nadir lo
vide mentre afferrava il vestito di sua madre.
In acqua!
Non so nuotare!
In acqua!

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Lui non aspett le mani delluomo del timone. Doveva essere coraggioso.
Doveva essere degno dellaiuto di Shalmt. E poi lui sapeva nuotare.
Lacqua era gelida. Gelida e nera.
Nadir!
Era la voce di sua madre. Vide la schiuma bianca che sollevava con le
braccia. Appariva e scompariva da tutto quel nero.
Mamma!
Ce la fece Nadir. Sent le braccia gelate di sua madre e il suo respiro affannoso. Ma in quello stesso momento seppe che non ce lavrebbe fatta. Era
troppo piccolo, troppo debole, troppo impaurito per riuscirci. Non ce
lavrebbe fatta a tenere sua madre a galla. E infatti passarono solo pochi attimi. Le gambe di Nadir si erano fatte pesanti. Il freddo dellacqua ormai le
teneva quasi immobili. Sua madre non gridava pi. Si lasciava risucchiare da
buio.
Oh Shalmt, Shalmt, perch non ci aiuti? Forse che io non sono stato
abbastanza coraggioso?
Una luce come Nadir non aveva mai visto, mai nemmeno immaginato,
illumin le onde. Illumin il mare, le mani disperate che battevano lacqua,
la fiancata celeste della barca, il volto gelido di sua madre e lui stesso. Nadir
si volt. Si volt e lo vide. Bianco, luminoso, dritto sul mare. Shalmt! Lo
aveva sempre immaginato cos. Bianco e circondato di luce. Allora ce laveva
fatta. Era stato abbastanza coraggioso. Era stato come voleva Shalmt.
Poi vide la figura bianca piegarsi verso di lui. Sent la forza di due mani
che lo afferravano, lo sollevavano da tutto quel freddo. Vide, o credette di
vedere, altri Shalmt, tutti bianchi e luminosi, che sollevavano dallacqua
altri bambini come lui e sua madre e altre madri. Poi chiuse gli occhi e lasci
che la stanchezza lo trascinasse nel sonno.
Quando si svegli sua madre era vicino a lui. Non sentiva pi freddo. Era
avvolto in una coperta calda e si sentiva asciutto.
Ho sete mamma.
Questa volta lacqua cera. Uno Shalmt con gli occhi azzurri gli offr
una piccola bottiglia. Dal rumore e dal movimento cap di essere ancora su
una barca. Una barca molto pi grande, che non cigolava e che aveva lacqua
per bere.

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Dove siamo mamma? Sulla barca di Shalmt?


Dicono che si chiama Guardia costiera e quelle luci laggi sono lItalia.
Siamo arrivati Nadir. Siamo arrivati e siamo vivi.
stato come una favola mamma.
Solo un po Nadir, solo un po, perch la nostra vera favola comincia
adesso.
Com intitolata mamma la nostra favola?
Si chiama libert.
E lo strinse forte.

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Erina che non sapeva nuotare


Daniela Gregorini

Era carina Erina, era giovane. Aveva ventanni e abitava in un paese


chera un pugno di case sparse in una lingua di terra lungo il mare. Cerano
rimasti solo le donne e i padri pi avanti con gli anni e i figli piccoli. I giovani
no: erano andati a far la guerra. Una guerra lontana, lass, fra i monti, perch
il Re voleva vincere un nemico austriaco.
Era furba Erina, era simpatica. Erano poveri in quel paese, ma non si poteva dire che campassero male: avevano il pesce destate e nelle bonacce dinverno; i frutti dei campi nei mesi buoni. E lei, Erina, sapeva inventare, fra
gli alambicchi fumanti della fuligginosa cucina di casa, companatici dal nulla,
un nulla che comunemente si sarebbe detto inopportuno al palato. Amava
andare fra i prati al baluginare e tornava al casolare domestico con un mazzo
di erbe buone. Non cerano pi n olio, n grasso animale, e il trito aromatico
era il miglior condimento per il suo pesce. E tutti eran contenti del suo desinare, preparato con sentimento. Ma prima di usarlo nei cibi , ne spezzava
un po per s di quel minuscolo fastello odoroso, e se lo strofinava addosso,
nel collo, nei polsi:
-perch voglio saper di qualcosa!rispondeva a chi, fagocitato dal suo
effluvio, gliene chiedeva stoltamente la cagione.
Quando la bora dinverno faceva stizzire il mare e arrabbiare i pescatori,
nel caldano bollivano solo acqua e polenta, se questultima non era finita,
come la lisca di aringa salata spiluccata dalle mosche a penzoloni dalla trave
con cui la si strofinava per darle sapore. Allora lei andava sulla battigia e, con
un cencio di rete fra le mani spaccate dal vento gelido, restava immobile,
china, dove vanno ad appollaiarsi i crocai , i gabbiani. Ne sceglieva uno, n
vecchio n giovane e poi, di colpo, svelta come una lucciola, lacchiappava
con la rete, lavviluppava fra le trame dell inganno, repentina come un onda
che si frange su un crinale di scogli.Dopo correva a casa, la spennava, la faceva
bollire per ore, la bestiola, nel caldano vaporoso di spezie, che dava un aspetto
sinistro alla cupa cucina. Come sinistri erano le querule ramanzine della
madre, della nonna, che profetizzavano sventurato spreco di fatica e di sale:

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sua nonna la sgridava:


-Con quella rete stanotte, si poteva acchiappare qualcuno di quei passeri
arrivati a svernare, ridosso del vento e non sto gabbiano duro come un ciocco
per il fuoco! Ma quando a tavola anche il pane di ghianda diventava buono
intinto nel sugo della carne del rustico pennuto, di gran lunga pi polputo
dei poveri passeri scheletriti e divenuto burro a furia di gorgogliare nel suo
brodo, allora il tacere sovrastava la tavola dei conviviali compiaciuti.
Era intelligente Erina, era ambiziosa. Non si truccava, perch la madre
non voleva, per si pettinava come la Regina dellItalia e aveva fatto un ombrellino come il suo, con un dipanatoio mezzo rotto che le aveva dato, in
cambio di un tozzo di pane, Pimpinella, il robivecchi soprannominato cos
proprio a ragione del pane condito con lolio e lacetella (acqua e aceto) che
gli davano tutti al posto dei soldi. Lei vi aveva cucito intorno tante frappe e
merletti che rassomigliava proprio a quello della Regina e poi ci andava dappertutto, non lo lasciava mai. Amava ornarsi con le conchiglie. Se ne faceva
monili per lei e le amiche, soprattutto quelle pi piccole, che la stimavano e
la emulavano. Forse era loro zia, cugina, cognata non era possibile districarlo dagli intrecci di parentela, ma lamavano e lammiravano in tutto quello
che faceva. La chiamavano la Capitana. Se le metteva anche fra i capelli,
quelle conchiglie; fra i suoi capelli castani che destate si pittavano di riflessi
ramati, che profumavano si salmastro e di vento. A lei, per, non bastava
quello che aveva attorno. Le sarebbe piaciuto andare a vedere cosa cera al
di l del mare, ma le prendeva un gran spavento. Non sapeva nuotare. Sapeva
vogare, sapeva pescare, gettare le reti e tirarle; conosceva i venti, i tempi di
ogni variet di pesce, ma non sapeva nuotare. Era convinta, dentro di lei, che
da quel mare, presto, le sarebbe arrivato qualcosa che le avrebbe cambiato
la vita di colpo.
Era generosa Erina, era coraggiosa. Quel giorno non era ancora spuntato,
quando i rumori dellaria svelsero molti dal sonno non ancora finito per farli
correre sullarenile. Una voce nuova accompagnava il vento vigoroso che
sgualciva da alcune ore il gracile paese, imbrattandone di sabbia polverosa i
muri umidi, infilandosi in ogni ingenuo pertugio. Era il vento di un fortunale
spietato che ordinava alle barche e agli usci delle case di rimanere fermi ad
attendere il termine della sua gelida scorribanda; ma quella che si udiva non
era solo la sua voce: era un urlo nuovo, una sirena gemente, un tuono di

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guerra, che faceva rabbrividire pi di quel fortunale, pi del mare in burrasca


che muggiva forte.
Appena il sole lev il palt nero dal mondo, si incominci a vedere da
lontano una cosa nera in mezzo al mare. Chi diceva fosse una nave del Re,
chi diceva dellAustria, chi diceva un sommergibile. Lunica cosa sicura era
che era rimasta arenata dove lacqua era poco profonda. Ma lei, la Capitana,
non aveva indugiato oltre: fatto un cenno alle sue dieci amiche, era scappata
insieme a loro ad arraffare tutto quello che poteva rimediare senza parsimonia: pane, vino, frutti di ogni sorta e, avvolto tutto in un fagotto, sal con le
sue amiche sulla Gigetta, la batana-sciabica- pi affidabile e pesante, e aveva
iniziato a vogare. E le madri di quelle undici ragazze, poverette, iniziarono
ad urlare, picchiate dalle sberle in bocca del vento:
-Cosa fate? State ferme, zingare! Rientrate a casa, altrimenti ve le diamo!
Ma il capestro, a quelle figliole, non riuscirono a rimetterlo. Una madre,
in ginocchio fra la rena, pregava e piangeva: la figlia non sapeva nuotare.
Era uneroina Erina, era innamorata. Cagliava, insieme alle dieci compagne, contro la bora. Ma pian pianino arrivarono proprio sotto quella nave
nera: Fa di Bruno si leggeva appenaera di casa, era italiana! E si cap subito, dalle grida dei marinai i quali, contenti come le Pasque, allargarono le
braccia a quelle donne che li avevano salvati da una morte sicura, tra le onde
di quel mare cattivo. Lei, la Capitana, sera incantata a guardare gli occhi
verdi di un marinaio che la stringeva forte fra le braccia, che a lei sembrava
di conoscere gi, un marinaio che sapeva nuotare.
Poi, presa la cima strappata della nave, era ripartita insieme alle altre.
Stavolta, con la bora a favore, erano tornate a riva senza fatica, per legare
quel cavo attorno ad una casa e dare un po di pace a quel monitore che cos
rimaneva fermo, non affondava pi, sbattuto di l e di qua dalle onde di quel
mare burrascoso. E la Capitana lei aveva preso una bella cotta per quel
marinaio che aveva salvato.
Era contenta Erina, era trionfante. Avevano conferito la medaglia al valore a quelle ragazze e alla loro Capitana la quale, da quel giorno non aveva
pi abbandonato quelluomo che le aveva portato il mare. Con lui, finita la
guerra, era partita per andare a vivere in una terra lontana, lArgentina, attraversando tutto il mare, anche se non sapeva nuotare.
Era grande Erina, era forte, come il suo mare.

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Mafalda
Sabrina Sezzani
Devo scappare.
Dalla mia vita, che non sento pi mia, da mia moglie, la persona che
credevo la mia pace, da mia madre che mi vorrebbe ancora dipendente; dai
loro litigi per accaparrarsi la maggior parte di me.
Scappo: faccio lemigrante.
Parto per una destinazione che ho trovato sullatlante, per un luogo che
mi immagino diverso e colorato, per una terra nuova, per la mia terra di
pace.
Mi nascondo dentro una folla che cerca salvezza da miseria e venti di
guerra su questa nave che un tempo era destinata a portare per il mondo la
bella gente e che, stanca e malmessa, stata riciclata per fare da traghetto
tra la nostra patria e il nuovo mondo.
I miei compagni di viaggio li sento diversi da me: sento e vedo la loro
disperazione e la loro miseria, i quattro stracci raccolti in valige di cartone
assieme a pezzi di pane, formaggio e lacrime. Anche qui mi sento fuori posto,
con le mie camice stirate, i pantaloni con la piega e i soldi cuciti nellelastico
delle mutande,
Passo il mio tempo seduto a prora e invidio il personale di bordo, che
con fatica, sudore e unto fa si che questo bestione del mare possa muoversi.
Ieri ci sono stati dei problemi e il comandante ha fermato le macchine in
mezzo al mare; da allora stiamo procedendo, ma la nave ha una strana inclinazione, non tutti se ne sono accorti, ma stamani la tazzina del caff non
stava ferma sul tavolo della cambusa. Ho sentito alcuni marinai parlare tra
loro e ho capito che il comandante aveva chiesto allarmatore di non far ripartire la nave dopo lultima sosta.
Stamattina il mare calmo come un olio. In lontananza, dentro la luce
del sole, ho visto delle pinne di pescecane che giravano in cerchio, c una
calma eccezionale e non tira un alito di vento. Questa calma si sta trasferendo
anche dentro di me ed ero quasi sereno quando ho carpito alcuni brani di
conversazione tra i marinai: la situazione della nave nella nottata peggiorata

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ed ora sono molto preoccupati. Nelle sale da ballo tra i passeggeri di lusso
non ci si accorge dellinclinazione che ha la nave, e sento arrivare leco della
musica suonata per alleviare il tedio della navigazione.
Uno squarcio: un rumore folle, assurdo, di metallo rotto contorto sfregato divelto. Non sai dire da dove venga il rumore, sembra che il cuore ti si
strappi dal petto ti squarci la pancia ti scoppi in gola. Nello stesso istante
vedo dal parapetto da cui sono affacciato, una barra enorme di metallo staccarsi dalla parte bassa della nave e affondare immediatamente con un gran
fragore di flutti.
Il silenzio che segue totale per alcuni brevissimi istanti; poi lo scoppio
del panico, mentre la nave si inclina sulla sinistra in modo repentino e innaturale.
Il personale della nave lancia subito lordine di indossare i giubbotti di
salvataggio, la paura e la confusione fanno da regia alle urla e alle intemperanze di tutti i passeggeri, senza nessuna differenza di classe, ora. Le operazioni per calare in mare le scialuppe di salvataggio hanno lavvio subito e
qualcuno, insensato, cerca di mettere in salvo i propri averi prima che i propri
cari.
Sono paralizzato dalla paura e dallo sconcerto, non riesco a muovermi,
ho assistito inerme a tutto ci che accaduto. Mi aspettavo un nuovo mondo,
una nuova pace; mi aspetta invece una lotta aspra per sopravvivere. Vedo
madri con figli piccoli in braccio, marinai con corde e attrezzi, signori ben
vestiti con borse e borselli: io non mi muovo, continuo ad essere paralizzato,
paura e sconcerto mi inebetiscono. Mi accorgo che un marinaio di forse
ventanni mi sta parlando, non capisco cosa dice, mi fa dei cenni, lo guardo
ma non reagisco. Il marinaio si volta, sembra rinunciare e andarsene quando
da pochi passi mi lancia una cima, mi urla qualcosa e la cima mi colpisce su
di un braccio. Sento dolore, un dolore salvifico, capisco che il marinaio chiede
la mia collaborazione e in un attimo sono sveglio. Mi rendo conto che c
bisogno di braccia, di lavoro, di disciplina; lego la cima facendo attenzione a
fare come mi suggerisce il marinaio e poi gridando, gli chiedo cosaltro posso
fare. Mi urla di mettermi a disposizione del comandante, mi dice anche di
non preoccuparmi, che la nave regger il tanto necessario ad imbarcare tutti
sulle scialuppe.

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Non so quante ore sono passate, ho perso il conto, non mi sono fermato
un attimo e assieme ai marinai ed altri uomini abbiamo cercato di imbarcare
donne e bambini sulle scialuppe disponibili prima di arrenderci e verificare
che alcune di esse erano inservibili. Abbiamo cercato di convincere alcuni
paganti di prima a lasciare i bagagli pi pesanti; ho assistito a scene raccapriccianti di signori ben vestiti che hanno preteso il posto per i loro bauli
buttandoli dentro le scialuppe direttamente dai parapetti della nave, stroncandone il leggero e precario fondo.
Il comandante ha spento le caldaie per evitare incendi, siamo senza corrente, la radio non funziona e in lontananza non si vedono arrivare aiuti. La
nave inclinata a morte, imbarchiamo acqua: questione di poco, la nave
affonder. Devo trovare il modo di salire anche io su una scialuppa o non
vedr mai la mia pace.
Mi chiamano, c ancora tanto da fare, non c tempo per pensare. E non
penso, decido di non pensare, di lavorare, impegnarmi, fare. Il corpo e la
mente sono una sola cosa e mi rendo conto che anche questa pace: sono
un uomo a servizio di una causa, la principale, quella della vita.
Non tengo pi il conto ma sono certo che le scialuppe integre sono gi
tutte in acqua; ci guardiamo, siamo rimasti ancora in molti qui sullunica
parte della nave che ancora non sottacqua.
Solo adesso, fermandomi un attimo e volgendo lo sguardo sulla fiancata
vedo la scritta con il nome della nave: Mafalda lo stesso nome di mia
moglie
Il 25 ottobre 1927 alle ore17.00 circa la motonave italiana Mafalda naufrag
a circa 85 miglia a largo dalle coste del Brasile. Nel naufragio morirono 314 persone,
una di queste si chiamava Pompilio Francalanci: era un mio pro-zio.

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Memorie di mare
Romano Italia
Sono nato in una fredda sera alla fine di un inverno di parecchi anni fa,
in una delle povere case attorno a questo piccolo porto. Fuori infuriava un
temporale ed il mare in tempesta che mugghiava e si frangeva sulla riva sembrava condividere gli spasmi dolorosi della mia povera madre. E qui che ho
mosso i primi passi ed era questo stesso mare che,oggi come allora, carezzevole li lambiva. Se tendo un po lorecchio sento ancora la voce di mia
madre che mi richiama a casa dopo una giornata trascorsa a giocare quando
sulla spiaggia fervevano i preparativi per tornare alla pesca.
Di fronte alla spiaggia abitava Maria, bella ed altera,i neri riccioli ribelli
che sempre sfuggivano alla costrizione della crocchia con cui tentava di tenerli in ordine. Era la pi bella tra le ragazze del Porto,la prima di una nidiata
di fratelli,snella e ben proporzionata,occhi e capelli nerissimi ed una chiostra
di denti pi bianchi del latte. Sorrideva Maria,molto spesso a me,e forse
ancor di pi ai suoi misteriosi sogni di fanciulla appena uscita dalladolescenza. Era sempre di corsa, come quella mattina che insieme a me scese
sulla spiaggia a prendere il pesce appena pescato. La notte era stata fruttuosa
per cui Maria prese la sua cassetta e caricandosela sulla testa mi scompigli
i capelli, ricci come i suoi, e mi salut: Ciao Tot, non far troppe monellerie.. E se ne and, scalino dopo scalino, il passo leggero ed armonioso, a
vendere quel pesce profumato di mare. Non ero tuttavia lunico a seguire
con interesse la salita di Maria: in piedi, sulla barca cera zio Saverio che
aveva lo sguardo puntato nella stessa direzione.
Trentanni ben portati, bruno, con una massa di capelli neri e ricciuti.
Fisico possente, ben piantato sulle gambe, era fra gli scapoli del Porto il pi
ambito. Cosa guardi con tanto interesse? mi chiese con unammiccante sorriso: arrossii e non risposi. Saverio con un agile balzo scese a terra, mi prese
fra le sue braccia forti facendomi roteare a mezzaria Sei un piccolo monello.. disse, e come faceva quando mi prendeva in braccio, strofin la guancia irsuta contro la pelle delicata della mia gota. Ma ti voglio bene, Saverio
era il fratello di mio padre. Da quando il suo era morto era lui ad occuparsi

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di madre e sorelle ancora in casa, e forse per questo non aveva avuto il tempo
di costruire una famiglia sua: ma dal modo come guardava Maria, e da come
lei ricambiava lo sguardo, cera da credere che quel momento non fosse cos
lontano. Era lestate del 1934 quella che stemperava la sua calura nellinizio
di settembre. La mattina del 2, domenica, tirava un forte vento di libeccio.
Il mare si era ingrossato sotto la spinta del vento ma i ragazzi pi grandi non
rinunciarono a fare il bagno.
Erano tutti fra le onde, a giocare come bambini, anche se tali non erano
pi da un pezzo. Bench affascinato dallo spettacolo rimasi lontano: le onde
lunghe si rincorrevano sulla spiaggia ed io ne ero intimorito. Cercai Saverio
ma non lo vidi. Dun tratto mi si materializz davanti; da un po lo scenario
era mutato:il mare aumentava la sua forza ed i giovani ora non si divertivano
pi. Stavano infatti cercando di rientrare cavalcando un onda che, anche se
rovinosamente, li avrebbe spinti sulla spiaggia. Saverio aveva lo sguardo severo. I suoi occhi verdi, sempre sornioni e sorridenti, adesso erano stretti
come fessure: tra i tanti ragazzi aveva scorto anche suo fratello.Tu stai qui e
non muoverti mi ordin e, sfilandosi con un unico gesto la camicia me la
consegn. Si tuff e con rapide bracciate raggiunse i ragazzi. Cominci dal
pi affaticato e lo spinse sullonda che lo travolse scaraventandolo sulla
riva,poi uno dopo laltro li tir fuori tutti.
Ero felicissimo. Saverio, il mio zietto affettuoso, lesperto nuotatore, ora
anche un eroe.Tutti spaventati tossivano e sputavano lacqua appena ingerita,
solo lui, alto e possente sulla battigia, grondante di acqua e con le alghe fra
i capelli e sulle spalle forti, sembrava ai miei occhi di bambino lincarnazione
stessa del dio del mare. Stavo per corrergli incontro per abbracciarlo, quando
inspiegabilmente il prudente, il saggio Saverio si rituff nellonda. Rimasi
impietrito. Quando dopo uneternit riemerse non muoveva pi il braccio
destro. Nuotava solo con laltro e faceva cenni come a chiedere aiuto. La
gente cominci a radunarsi:i pescatori erano tutti sulla spiaggia, poi arrivarono donne e bambini.
La campana della chiesa cominci a suonare a martello e quel suono lugubre mi lacer lanima. Nessuno osava sfidare la furia di quel mare possente,
era solo lui, Saverio, impotente a lottare contro lirreparabile. La folla radunata cominci a lanciargli grossi sugheri, perfino travi di legno nella vana

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speranza che egli potesse aggrapparsi. Ma le forze lo stavano abbandonando.


Ormai piangevo senza ritegno, singhiozzavo disperato stringendomi al cuore
la sua camicia come un talismano. Scene di disperazione e di strazio si succedevano fra quelle persone impotenti di fronte alla tragedia. Saverio il lottatore combatt ancora a lungo contro la furia di quel mare che aveva tanto
amato, fino a quando unonda gigantesca, una propaggine mostruosa degli
stessi abissi, non lo sommerse ancora una volta. Lultima.
Non riemerse pi. Il suo cuore generoso aveva smesso di pulsare, di lottare, di amare. Quando scesero le prime ombre della sera quel mare, forse
pago di aver avuto la sua vittima, calm la sua violenza. Non avevo pi lacrime, solo un buco al posto del cuore. Uno dopo laltro, muti e stravolti,
tutti rientrarono alle loro case. Ero rimasto solo. Fu a quel punto che la vidi
ferma su uno scoglio, impietrita dal dolore: Maria. Non avrebbe pi potuto
ridere , chiacchierare, amare Saverio. Anche lei, come me, sgomenta, disperata, senza lacrime. Stringevo ancora al petto la camicia mentre misi la mia
mano nella sua. Era di ghiaccio come il suo cuore. Le dissi piano: Vieni
Maria, ti accompagno io a casa.

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Dietro la tendina
Bruno Bianco
Liberamente ispirato alla canzone Il pescatore di Pierangelo Bertoli
La macchina di grossa cilindrata accost al lato della strada; Mario scese
dall'auto, pens alla descrizione che gli aveva fatto suo padre e riconobbe subito la casa. Gi, suo padre e quelle ultime parole: ormai venuto il momento che tu conosca tua madre. Pensare che durante tutta la vita gli aveva
sempre ripetuto: Tu non devi cercare tua madre, non devi nemmeno mai
pensare a lei. E Mario aveva obbedito; non aveva mai cercato di scoprire chi
fosse sua madre e soprattutto perch 43 anni prima il padre avesse abbandonato la moglie, il lavoro di pescatore, il suo paese in riva al mare e si fosse
portato via il figlio cos piccolo. Per tutti questi anni aveva solo provato odio
per sua madre, odio verso una donna che sicuramente doveva essersi macchiata di una colpa gravissima; perch solo una colpa gravissima poteva giustificare la reazione di quel santuomo di suo padre, poteva spiegare perch
lei non si fosse pi fatta viva. Ma adesso Mario avrebbe potuto conoscere
esattamente ci che allora era successo.
Varc un cancelletto di legno e suon ad un anonimo campanello. Il volto
di un' anziana signora dai bianchi capelli apparve dietro la tendina di una finestra; poi la donna lasci cadere la tendina, un rumore di passi lenti e la
porta si apr.
- Buongiorno. Desidera?
- Buongiorno signora. Scusi il disturbo, ma avrei bisogno di parlare con
lei. Io sono Mario, suo figlio.
La donna sembr capire immediatamente quello che lui voleva in quel
momento.
- Prego Mario. Si accomodi.
- Voglio essere chiaro con lei. Da anni ho smesso di considerarla come
madre; vedere quanto ha sofferto mio padre mi autorizza a ripudiarla. Mio
padre, colui che fu suo marito, morto tre giorni fa; io per non sono venuto
fin qui per comunicarle informazioni che non la riguardano. Il solo motivo
per cui sono venuto qua conoscere nei dettagli quanto successo; il mio

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un semplice desiderio di sapere e qualunque sar la sua versione dei fatti, io


non muter la mia opinione ed i miei sentimenti nei suoi confronti.
- Mi pare giusto. Ma prego, si sieda. Partir dallinizio.
Lanziana donna gli volt le spalle e prese posto su una delle due sedie
che circondavano il tavolo; Mario si sedette di fronte.
-Tutto inizi una mattina presto; non erano nemmeno le quattro ed era
ancora buio. Suo padre stava partendo con il peschereccio e io lavevo accompagnato fin sulla spiaggia; a quel tempo lei, Mario, era soltanto un bambino di due anni e io e suo padre due giovani sposi che si amavano alla follia.
Da un cassetto estrasse una vecchia fotografia; lui alto, robusto e abbronzato, lei splendida, di fianco, con un bambino in braccio.
- Mentre osservavo quella barca che si allontanava, pregavo; io pregavo
il mio Dio che vigilasse su di lui, su di me, sulla nostra famiglia. Poi due
giorni dopo arriva in paese un forestiero; nessuno sapeva chi fosse, perch si
trovasse l, dove fosse diretto.
Mentre parlava, la donna accenn un timido sorriso.
- Era bello, era quasi bello come suo padre, signor Mario. Quando mi
vide per la prima volta, io capii subito che il seguito della storia era gi
scritto; ci vedevamo qui, in questa casa, con lui che arrivava di notte e andava
via prima che sorgesse il sole. E io avevo anche smesso di pregare; giungevano
notizie di mare in burrasca e di barche che affondavano, ma io non ero pi
preoccupata.
La donna respir profondamente, mentre Mario la guardava impassibile.
- Poi una mattina, cos come era arrivato, il forestiero part. Allora mi
ritrovai sulla spiaggia, a scrutare lorizzonte, a pregare di nuovo il mio Dio.
Lui ascolt quelle preghiere; il peschereccio era danneggiato, suo padre era
irriconoscibile, provato dalle fatiche, ma era vivo e questo bastava a me e a
lui. Ma nel paese le voci giravano; voci che crescevano come onde, che diventavano burrasca. Quando i dubbi superarono anche la smisurata fiducia
che mio marito aveva in me, capii che non potevo pi negare. Mi ascolt in
silenzio fino allultimo, seduto l, proprio dove si trova lei adesso; poi senza
pronunciare una parola sal in camera e torn con una borsa. Lei, Mario,
stava dormendo nella culla e suo padre la prese in braccio senza nemmeno
svegliarla; usc da quella porta e da allora io non lo vidi pi.

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Indic la porta e Mario si volt; gli sembr quasi di vedere la figura di


quelluomo che di spalle si allontanava, con una borsa sulla destra e un bimbo
in braccio sulla sinistra.
- Io avrei finito. Da adesso ha tutti gli elementi per giudicare.
- Come le ho detto signora, non sono venuto qua per modificare convinzioni che da anni ormai ho maturato. La ringrazio comunque per avermi
raccontato lintera storia.
Mario si era alzato e la donna lo accompagn verso la porta. Quando furono sulla soglia, il desiderio di abbracciare la madre gli sembr irrefrenabile;
si avvicin a lei fino al punto di poter distintamente riconoscere il colore dei
suoi occhi, poi allung la mano e la donna gliela strinse.
-Grazie ancora e addio.
Mentre camminava sul sentiero, la porta che si era chiusa alle sue spalle
lo fece sobbalzare come un onda che allimprovviso rompe la calma piatta
del mare; si arrest un attimo e poi riprese il suo passo. Alla finestra il volto
della donna apparve dietro la tendina; rimase a fissare luomo che si allontanava lungo il sentiero, poi lasci cadere la tendina, le onde del mare si placarono e tutto ritorn come prima.

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Il maestro di Bisso
Patrizia Di Marco
Ponente, levante, maestro e grecale prendete la mia anima e buttatela
nel fondale
Chiara guardava ogni mattino sua nonna ripetere quellinvocazione ritta
come una regina nella sua lunga veste bianca di lino prima di tuffarsi nel mare
rosa dellalba.
Che sia la mia vita per essere, pregare e tessere per ogni gente che da
me va e da me viene senza tempo, senza nome, senza colore, senza confini,
senza denaro in nome del Leone dellAnima mia e dello Spirito Eterno cos
sar continuava quella donna magica e Chiara si faceva prendere da quellincantesimo che ogni giorno, alla stessa ora, si ripeteva come il miracolo
del sole che si alzava allorizzonte. Poi la nonna improvvisamente spariva tra
le onde, allinizio la bambina riusciva a intravedere la tunica candida tra la
spuma bianca delle onde che si rinfrangevano sulla fiancata della barchetta,
la nonna sembrava ora essere diventata una sirena, nuotava come un delfino
gi gi dove il mare diventa un mistero. La bambina rimaneva con il fiato
sospeso, contava gli attimi uno dopo laltro fino a quando con un sospiro di
sollievo non vedeva risalire la veste e finalmente il viso che tanto amava.
Ecco, Chiara! esclamava esultante la donna Ecco i capelli delle sirene!
Anche quel giorno la nonna aveva raccolto il bisso, quella strana barba
che rapiva alla pinna nobilis che abitava le distese di poseidonia davanti a
SantAntioco: nellacqua sembrava una barba grezza e incolta, ma portata
dal buio alla luce si trasformava in un vello doro soffice e biondo.
Il viaggio di ritorno era la scuola di Chiara: ascoltava e imparava le litanie
nel linguaggio del popolo di Nur che 2500 anni fa abitava i nuraghi, i canti
in aramaico che la nonna le insegnava, accettava volentieri di mettersi alla
prova nei mille stratagemmi che la donna trovava per mettere alla prova la
sua concentrazione, labilit delle sue piccole mani, la determinazione del
suo carattere.
Il bisso non si puo vendere n comprare, si pu solo ricevere o regalare le ripeteva quando la lasciava sulluscio di casa ad attendere che il

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miracolo si compisse e che nella mani di quella fata i capelli delle sirene si
trasformassero in un filo doro da tessere. Aveva pazienza, Chiara aspettava. Sapeva che un giorno il segreto della nonna sarebbe diventato il suo segreto. Intanto imparava a tessere, le sue piccole mani sullenorme telaio
fenicio che aveva visto generazioni e generazioni di donne della sua famiglia
intrecciare il bisso doro al lino per trasformarlo in tessuti luminosi dove nascevano arabeschi, leoni, figure magiche: doni splendidi per le vesti di re e
sacerdoti.
La porta della casa era sempre aperta, ma tutti vi si accostavano con rispetto: sapevano di trovare un sorriso e un tozzo di pane sua nonna non
li negava mai, a nessuno..come non sapeva negare ascolto alle tante ragazze
che andavano da lei e si fermavano a raccontarsi nella sua stanza di lavoro
dove si respirava la sua maestria, ma tutti sapevano quanto fosse inutile offrirle denaro per le sue stoffe di bisso poich la risposta era sempre la
stessa:un altero diniego.
Imparava, Chiara, imparava..che ci sono cose che non si possono vendere, n comprareche ci sono cose che abbiamo ricevuto in dono e perci
possono essere solo donateil bisso era una di queste. Imparava, Chiara,
imparava e intanto diventava donna.
Scopriva il suo cuore battere forte allo sguardo degli occhi scuri di Mario
allo stesso modo in cui batteva quando scorgeva lenorme conchiglia con i
capelli delle sirene nelle profondit del mare dove ormai seguiva, veloce
anche lei come un delfino, la veste bianca della nonna. Sopportava la fatica
per le centinaia dimmersioni necessarie con lo stesso sorriso che le appariva
sul volto quando sulla banchina del porticciolo trovava ad attenderla quel ragazzo serio e taciturno. Ascoltava il mare e imparava a rispettarlo come ascoltava e imparava a rispettare luomo che aveva scelto.
Venne il giorno. Era maggio e la luna nuova era arrivata: era la vigilia del
matrimonio di Chiara. La nonna anche quella mattina la port sul mare rosa
dellalba, quando giunsero l dove solo il mare poteva ascoltarle, le consegn
lanello doro da cui non si separava mai:era il sigillo del maestro del bisso.
Le parole antiche del giuramento vennero pronunciate dalla nonna sommessamente, sembravano il mormorio delle onde che rendevano quel tempo e
quel luogo lontano da ogni luogo e da ogni tempo. Chiara le ripet, una alla

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volta, lentamente, la sua giovane voce unita a quella antica,assaporandole ad


una ad una come salsedine sulle labbra, perch avevano il segreto del mare.
Chiara promise di servire lacqua per tutta la sua esistenza e la sua amata
fata del mare le don la formula segreta della trasformazione, per il lungo
processo che rende elastici e filabili i capelli delle sirene che se non sono
nelle mani di un maestro sono inutilizzabili.
E ancora oggi Chiara la fata del bisso, in quella piccola isola di SantAntioco, e dona i suoi tesori.
Il racconto liberamente ispirato alla figura di Chiara Vigo, Maestro di Bisso
http://www.chiaravigo.com/wordpress/ ed stato elaborato in collaborazione con i
bambini della classe 2A Scuola Primaria Gianni Rodari 2 Circolo Formia,come
attivit di scrittura creativa a partire da una vicenda reale, nellanno scolastico
2011/12.

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Due secondi per decidere


Carlo Parri
Quando Bettina scendeva i vicoli verso il porto le donne, che respiravano
un po di vento davanti alle porte, abbassavano la voce e avvicinavano le teste.
Ded Palumbo ce laveva messa tutta per fare di quella figliola un maschio. Le aveva fatto tagliare i capelli corti come un militare, la vestiva solo
di pantaloni e da quando aveva otto anni, lestate, la portava in barca con
lui. Ded Palumbo era un pescatore. Un pescatore libero si diceva una volta.
Uno che usciva con una barca sua e vendeva il pescato a chi voleva. Ce laveva
messa tutta per trasformare nel maschio desiderato quellinconveniente di
femmina, ma alla fine aveva costruito un ibrido che era pi maschio di tutti
i maschi e pi femmina di tutte le femmine. Perch Bettina era un maschio
di modi e di capelli, ma una femmina di tutto il resto. E non una femmina
qualunque. Quando entrava al bar dei pescatori per bere un rum, gli uomini
restavano muti. Due erano le cose che strozzavano le voci. Nessuna femmina
era mai entrata da sola in quel posto per bere rum e nessuna femmina era
fuoco come Bettina.
A diciottanni se ne and a studiare a lontano. Con la felicit delle ragazze
e la malinconia dei maschi. Ci volle un po di tempo per abituarsi alla sua assenza. Poi, i giorni di sole e le notti di tempesta aiutarono a dimenticarsi di
quel corpo di muscoli levigati, di quegli occhi di predatrice e di quella bocca
che pareva nascondere ogni segreto e ogni sogno.
Per cinque anni Ded Palumbo rispose alle curiosit dei vicoli sempre
con la stessa frase. Bettina fa luniversit. Lontano. Ma poi torna. Bettina
torna.
E alla fine, un mezzogiorno di luglio, di un luglio infuocato, Bettina
torn. Spinse la porta del caff dei Pescatori con il solito gesto sicuro di sempre e si lasci guardare da chi la riconosceva e da chi non laveva mai conosciuta. Fece i pochi passi fino al bancone e sorrise a Pinuccio che era rimasto
a fissarla con la faccia da ebete.
Ciao Pinuccio.
Ciao Bettina. Oh scusa, come devo chiamarti adesso?

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Deficiente non ho mica cambiato nome. Ho solo cambiato abito.


E infatti, per la prima volta, Bettina Palumbo non aveva addosso i soliti
jeans e una delle solite camicie da uomo. Era vestita di bianco, di un bianco
immacolato che quasi bucava lombra del locale e teneva sotto il braccio il
cappello con il soggolo dorato e la coppia di fanali. Sulle spalle i gradi. Un
giro di bitta sopra un sottogrado grigio.
Fammi un caff. Corretto.
Quando usc nel sole del porto sapeva di essere a casa. Guard oltre la
diga. Il mare era quello delle cartoline che i turisti comprano alla tabaccheria
di Cosimo. Blu. Quasi irreale. Il sole arrivava esatto, come una lancia di fuoco
che graffiava la pelle. Le famiglie in vacanza cercavano scampo nellombra
dei vicoli. Lei era abituata. Quel sole ce laveva addosso da quando era nata.
Da quando, a sei anni, aveva raccolto per la rima volta la cima della barca di
suo padre e laveva passata intorno alla bitta. Respir il sale che un vento
leggero portava verso le case dei vicoli. Il suo sale, il suo odore di pesce, il
suo mare. Guardiamarina Palumbo Elisabetta. Capitaneria di Porto di
Otranto. Compamare Gallipoli. Tre giorni di licenza prima di prendere servizio. La vide in quel momento. Avanzava piano, dritta sulla diga. Una nave.
Una cargo che mai avrebbe potuto entrare in quel porto di pescatori. Eppure
era proprio quello che stava tentando di fare. Puntava limboccatura, unimboccatura forse pi stretta di lei. Sui moli i vecchi guardavano increduli.
Qualcuno gridava in dialetto. Bettina inizi a correre. Correva verso linizio
della diga. Senza un perch, senza unidea. Correva e basta. Laveva fatta centinaia di volte quella corsa. Una gara contro il tempo, una corsa che finiva
sul ponte della Parmenide, quella barca bianca e celeste con cui suo padre
campava la famiglia. Qualche volta Ded passava, ma quasi sempre lei arrivava
per prima e si lanciava dal parapetto. E prendeva gli applausi. Ma oggi non
cerano ponti su cui saltare. Quella cosa di ferro e ruggine che avanzava sulla
lastra azzurra era dieci metri pi alta della diga. Bettina si ferm al parapetto.
Il cuore era salito in gola e gli occhi lacrimavano. Quel sole e la corsa erano
fatica anche per lei. Agit le braccia. Fermatevi. Fermatevi! Fermatevi! Un
attimo dopo la prua del cargo incontr il cemento della diga. Il segnale dingresso rotol in mare intanto che quel mostro rugginoso continuava ad avanzare. Bettina vide la cima che penzolava lungo il fianco. Calcol il salto. Le

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possibilit di riuscire a stringere le mani attorno a quella cima. Ci mise due


secondi per stabilire che non ce lavrebbe fatta. N come Bettina figlia di pescatore, n come guardiamarina Elisabetta Palumbo. Ci mise altri due secondi
a lanciarsi. Lo fece come la somma di tutte e due. Lo fece e basta. Ci vorrebbe
una scena al rallentatore per descrivere quel volo. Un gabbiano. Quella divisa
bianca e le braccia aperte, intanto che il cappello rotolava in mare. Trov il
ferro della murata con la destra e la cima con la sinistra. Mentre saliva con i
piedi attorcigliati sent gli applausi o li sogn. Dal ponte vide che i primi pescherecci erano gi troppo vicini. Corse ancora. Verso la torre di comando.
Ormai non aveva pi dubbi. Su quella nave non cera nessuno.
Quando le appuntarono la medaglia si sent stranamente imbarazzata.
Poi i saluti formali e le strette di mano pi intime.
Ma come le venuto in mente di fare quel salto. Lo sa che poteva uccidersi?
In quel momento non avevo tempo per pensarci. Sul fondo del molo
cera la barca di mio padre. Non potevo mica fargliela affondare.
Lo sa che il Presidente la vuole conoscere?
Dovr andare a Roma?
naturale. Non vorr che il Presidente scenda fino a Santa Teresa.
Perch crede che non gli piacerebbe? A Roma non ce lha mica questo
mare.

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Il mare dentro
Pietro Gatta

Bello, quando sul mare si scontrano i venti


e la cupa vastit delle acque si turba,
guardare da terra il naufragio lontano:
non ti rallegra lo spettacolo dellaltrui rovina,
ma la distanza da una simile sorte.
Lucrezio, Della natura

Oggi, al crepuscolo della vita e dallalto dei miei quasi novantanni, molti
dei quali vissuti non sul mare ma dentro di esso, oggi quando cammino sulla
riva mi chiedo: ma cosa vedono realmente le persone quando osservano il
mare? a cosa pensano? cosa li colpisce del suo silenzio? Sembra calmo, pulito,
rassicurante. Ma io so che non stato sempre cos. Quel mare identico da
millenni, ha segreti che nessuno conosce fino in fondo; conserva testimonianze preziose, intere generazioni di uomini, prodotti del loro ingegno, e
tesori, relitti; conserva come unimmensa memoria la storia delluomo, i
suoi sbagli, le sue violenze. Quel mare identico a se stesso un testimone
muto, nessuno pu interrogarlo. Forse questo pensano gli uomini. Oppure,
come mi disse una volta un amico russo che aveva molto letto, una immensa distesa sulla quale non si pu camminare.
Chi se laspettava che un adolescente, comero io allepoca, nato in un
piccolo e povero paese agricolo delle Puglie, dal nome vagamente bucolico,
Serracapriola, fosse mandato allimprovviso a fare la guerra, una cosa da grandi
avevo sempre pensato; io ragazzo tra i ragazzi, con nella testa lodore della
polvere delle strade a rincorrere un pallone e negli occhi lo sguardo bruciante
di una ragazza che mi piaceva e della quale non ricordo pi il nome. Un ragazzo di soli diciassette anni, con tanti fratelli e una sorella. Invece proprio

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cos che and a finire. La Patria chiamava e bisognava rispondere, cos si diceva
allora.
Mandato in guerra che era, per come la vedevo allora, un gioco come
un altro. Forse anche unavventura migliore di altre, della quale raccontare
quando si tornava a casa in licenza, e tutti ti si affollavano intorno, ragazzo
diventato di colpo adulto, a chiedere, a voler conoscere, ad ascoltarti e anche,
un poco, ad invidiare quel tuo destino che ti portava per mare in giro per il
mondo. Ma che ne sapevano loro cosa mi frullava per la testa nelle lunghe
immersioni, nel boato delle azioni di guerra, nella solitudine chiassosa tra i
compagni. Che ne sapevano tutti di cosero diventato lontano da casa, sbattuto nel mare come carne da macello.
Taranto, dovera la base navale militare del fascismo, la ricordo bene; le
navi da guerra ancorate e in attesa di salpare, e quei sommergibili fermi in
superficie come alligatori, che non avevo mai neppure immaginato. Piccole
e arrugginite grigie scatole di sardine, non come quelli di oggi lucidi, confortevoli, tecnologicamente avanzati. Allora erano angusti, essenziali, perfetti
per ammassare giovani e mandarli a morire in Africa, in India, nel Mediterraneo immenso. Scatole grigie nelle quali trascorrere mesi, anni.
Ragazzi sorridenti e impavidi del pericolo. Dei tanti sommergibili usciti
in battaglia solo pochissimi, come le dita delle mani, sono rientrati alla base,
dopo la guerra. E io ero su uno di quelli.
Guerra di mare, la mia, come sommergibilista radiotelegrafista. Guerra
nel mare, nel suo ventre profondo e freddo, ragazzo tra ragazzi, ad auscultare
segnali amici e messaggi nemici, rumori del mondo di sopra. Sommergibili,
i miei, dai nomi luminosi a dispetto della loro angustia, del puzzo, della sporcizia, dei topi che li attraversavano da poppa a prua di notte come di giorno,
del sudore e dellumidit che ti si attaccava addosso come una seconda pelle.
Nomi bellissimi e ormai del tutto dimenticati: Giada, Topazio. Nomi come
pietre preziose da scagliare contro il nemico, un nemico senza volto, compatto, ragazzi come noi.
Oggi che lo guardo, questo mio mare, mi rendo conto quanto sia uguale
a quello e, nello stesso tempo, quanto sia diverso, cambiato. Non ribolle pi,
come allora, di morti, di feriti, di bombe e di mine vaganti, in seguito da far
brillare, come si diceva. Una mina che brilla, infatti, non una mina lumi-

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nosa ma una mima che esplode. Ed io, insieme ad altri, uscivo in missione su
piccole barche a far brillare le mine inesplose. Oggi questo un mare finalmente placato ma, se tendo meglio lorecchio, ancora mi sembra di udire
quei rumori metallici di quando si stava sul fondo, in assoluto silenzio per
paura di essere intercettati dal nemico in superficie. Ancora mi sembra di risentire il boato assordante delle bombe di profondit che, vicinissime a noi,
squassavano quelle scatole di sardine; bombe lanciate per stanarci, per farci
risalire in superficie, per poi ucciderci.
Ma odo anche il sibilo sinistro dei nostri siluri, lanciati contro la pancia
delle navi nemiche, e le urla di gioia quando il bersaglio veniva colpito. Quel
mare avrebbe inghiottito altri corpi, altri ragazzi come noi.
Coi miei novantanni, sulle spalle e negli occhi, sono uno dei pochissimi
sopravvissuti, forse davvero lultimo di quel mare, di quella guerra, il mare
dentro.
E oggi, soprattutto quando al crepuscolo cammino sulla riva, capisco
meglio quei versi di un poema scritto tanti secoli fa da un grande poeta latino
e che mia figlia, che ha studiato, ama ricordarmi. Anchio come il poeta, da
questa riva ormai tranquilla, osservo, o mi sembra di osservare nel ricordo,
un antico e lontano naufragio. Ma non mi rallegra laltrui rovina, come
scrive il poeta. Solo che oggi mi sento sicuro su questa riva e lontano da quel
naufragio, questo il senso di quei versi. Lontano e salvo da quella rovina che
inghiott migliaia di ragazzi, di compagni, giovani e impavidi che, come me,
venivano da paesi piccoli o grandi, dalle campagne, e che, come me, avevano
lasciato a casa lodore delle strade polverose, dei campi assolati, delle ragazze
e dei loro sguardi ardenti.
Il mare dentro, oggi, calmo, finalmente placato.
Riprendo con fatica a camminare sulla riva e mi sembra di udire in lontananza, ma forse mi sbaglio, il saluto amico di un gabbiano.

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Racconto breve sul mare


Franco Paolucci

Quando il Signore, stanco di osservare Se Stesso, decise di non essere


pi solo, pens ad una compagnia particolare; non Gli bastava unaltra
Grande Anima che pensasse insieme a Lui, bens volle qualcosa che lo coinvolgesse costantemente, qualcosa di avviato e di indefinito che avesse per
sempre bisogno di perfezionamento; qualcosa di Divino, s, ma, al contempo,
incompleto, che lo tenesse impegnato per tutta leternit.
Questidea lo affascin e lo entusiasm. Costitu una sfida con Se Stesso,
perch avrebbe dovuto, creando, scostarsi, di volta in volta, dalla sua natura
perfetta, decidendo un margine sensibile di imprecisione che non ne oscurasse troppo la Grandezza, ma che potesse stimolarne lattenzione continua.
Il pensiero del Signore , per sua natura, un comando.
Ebbe allora bisogno di una schiera di subordinati che gli obbedissero e,
che, a loro volta, trasferissero il suo comando ad altri esecutori. Decret
mentalmente e li fece.
Memore per dei suoi intenti, sollecit in alcuni di essi il dubbio.
Poi si disse che il bisogno di una continua mutazione fosse un elemento
essenziale per quanto aveva in animo. Con il Divenire e con la continuit
delle metamorfosi risolse il suo problema. Si fabbric lo Spazio Tempo; lo
popol di Stelle che lo inondassero di Luce, le contorn di corpi opachi,
prefissandone astutamente il moto, dando loro un principio, un margine evolutivo e una fine, cos che fossero in subordine alle sue schiere immateriali
di operatori Angelici.
Stabil indefinibili i confini dello Spazio, oltre il quale pose altro Spazio,
ne confuse limmensit con la indeterminabilit del microcosmo e scadenz
il tempo cos che il Tempo potesse misurarsi con il Moto, e il Moto generasse
lIdea irriscontrabile dellimmobilit.

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Fece s che il microcosmo implodesse sconfinando nellesplosione, che


tutto si attraesse allontanandosi, e tante altre cose che Gli piacquero.
Poi si disse che quanto aveva fin l fatto era bene che fosse percepito in
tutta la sua grandezza. Cre la Vita inondandola del suo pensiero perch la
Vita arrivasse a produrre pensiero che tornasse per attrazione a Lui. E con
la Vita cre i Venti che con la loro inarrestabilit, testimoniassero per sempre
di Lui.
Fatto tutto ci, lo contempl e lo ammir, felice di avere creato il perfettibile. Ora aveva compagnia. Ma nelleliminare la solitudine si espose alla
potenza di una sua stessa innovazione; un sentimento che prima non aveva
mai provato. Il Signore si commosse e pianse una sola lacrima. E quanto vi
di pi nobile e divino al mondo: la lacrima, cadde nel Cosmo. Una Lacrima
di Dio scese sulla Terra, la pervase damore, e inondandone le cavit, form
ovunque il Mare.

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Nel mare e nel vento


Mario Angelo Carlo Dotti
Da quattro anni vivo sullisola.
Non ho una casa mia.
Le case sono un po come prigioni, ma se dovessi averne una, anche se
non ci starei sempre, qui che potrebbe essere.
Forse sotto il faro di capo Ker, nascosto dai pini carichi di processionarie
e di sole impazzito, sopra alle Misitre, due bianchi faraglioni conficcati nel
golfo che si tingono di rosa di fronte al tramonto.
Da qui, alla mattina partirei per fare ci che faccio tutti i giorni, portando
i turisti a conoscere il mare, con l'aiuto dei miei capitani.
Amo tutti i miei capitani, sono per me i migliori compagni di lavoro,
come lo sono i miei turisti.
Sono uomini a cui non manca lo spirito dellavventura, dal grande coraggio, dalla grande forza e dal gran cuore.
Il gentile Stefans, il simpatico Irgos, l'indistruttibile Niko, col viso che
pare segnato dai secoli e linsospettata agilit di una capra, le giovani figlie
che laboriose aiutano con affetto i padri sulla via del mare e tutti quanti gli
altri.
Ma il mio miglior amico Gnogno, ena ped, un ragazzino, malgrado
let.
Gnogno una variante di Dionssi, come anche Skis, Akkis e Tkis, non
chiedetemi come ma, se cos non fosse, molti degli abitanti di qui si chiamerebbero con lo stesso nome, che quello del Santo patrono dellisola, e qui
la gente tanto devota.
Gnogno... un padre di famiglia su cui so di poter contare sempre anche
solo per giocare quando il mare fa la voce grossa e la forza delle onde lancia
al cielo la sua Megalhari, l'imbarcazione pi piccola della flotta, con cui
sa sfidare qualsiasi condizione fra le pi avverse per portarmi a Shipwreck,
la spiaggia pi bella di Zante, malgrado i divieti della capitaneria di porto e
le minacce della moglie, tanto bella quanto bellicosa.
Siamo solo due incoscienti?

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Per me essere entusiasti del solo fatto di esistere e poi Megalhari significa onnipotente!
Nelle giornate di maltempo i marinai spesso imprecano e vorrebbero
stare a terra.
Non Gnono.
Lui non soffre certo n il mal di mare n il cattivo umore.
Lho visto, mentre teneva saldo il timone della sua barca, sorridere, senza
neppure accorgersene, agli schizzi con cui le raffiche di vento gli spruzzavano
il viso e il mare a forza sette.
Ho assistito ai suoi pericolosi tuffi a testa in gi dallalto della scogliera,
a volte per divertire la gente e a volte semplicemente per il gusto di farlo e
insieme abbiamo organizzato per i turisti e per noi le divertenti cordate in
acqua.
... e quando l'ho trovato che da solo, con i piedi puntati sul fondo e due
sole umane braccia, tratteneva e a fatica girava la sua Megalhari di cui Nettuno in burrasca aveva strappato gli ormeggi, volgendo pericolosamente il
fianco dellimbarcazione alle onde e al bagnasciuga, e nella sua espressione
poca paura e gioiosa e generosa accettazione del pericolo come regola necessaria di un gioco.
Sembra che certe persone istintivamente sappiano che nella vita ci sono
anche difficolt ma che vale la pena di andare sempre fino alla fine.
Presto dovr partire e insieme alle splendide scogliere mi rimarr il ricordo di un biondo capitano, con il sorriso facile malgrado i denti consunti,
gli occhi chiari color del suo mare e il temperamento da ragazzo.
Mi chiedo solo se trover qualcuno che gli porter i miei saluti, e se qualcun altro accompagner la gente a vedere i pesci o il tramonto a Ker Cape,
dove potrebbe stare la casa che non ho mai avuto, dove le stelle cadenti si
confondono rare col volo silenzioso del barbagianni bianco, dove stasera la
luna moltiplica la sua luce in innumerevoli frammenti di vetro che riempiono
unacqua cos viva, tracciando una strada immensa che dai miei piedi attraversa un pianeta e scompare dietro quella linea curva che descrive la terra.
Una via lastricata dalle ali sbattute allimpazzata da miliardi di argentee
farfalle fatte di fuoco fatuo, le cui scintille rendono il freddo baluginare delle
stelle simile alla fosforescenza tenue delle lucciole, deboli insetti che rischia-

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rano la solitudine della notte, e negli angoli pi bui dei flutti la moltitudine
dei punti luminosi del firmamento scende dietro all'orizzonte fino a gettarsi
nel mare.
La mia casa potrebbe essere l, dove lumini gialli nel nero perfetto non
sono il riflesso degli astri ma i lampioni sbiaditi di qualche nave che, lenta,
prosegue un viaggio, perduta nellimmensit fra cielo, mare e tempo, apparentemente ferma nelleternit.
Qui potrebbe stare la mia casa, nel posto in cui la gente arriva alla sera
non si sa da dove e Greci, Inglesi, Albanesi, Italiani e uomini e donne delle
pi improbabili nazionalit, come pure i nativi, a un tratto si trovano ad affollare un piazzale polveroso e secco.
Raggruppati qua e l, tutti sono l per lo stesso motivo: aspettano il tramonto, cercano qualcosa...
La luce tenue, il rossore intenso della magnificenza inquietante dell'immane palla infuocata, le parole scambiate con gli amici, le frasi dei giovani
amanti nascoste dal vento, limmagine dei colori degli abiti della gente disposta come in un presepe, la sera, lattesa, il mare e le maree.
Dal momento in cui il sole tocca l'acqua all'attimo in cui sparisce, la discesa perfettamente percepibile.
Si ha la certezza di essere al cospetto di qualcosa di grande, per gli antichi
il carro di Apollo, per i moderni le fonti della vita, acqua e fuoco, senza le
quali essa non sarebbe possibile sul pianeta Terra e... il colossale meccanismo
di un immane orologio sulle cui lancette siamo posti, che batte ogni giorno
i rintocchi dell'esistenza mettendoci di fronte l'eternit e la chiara consapevolezza di essere piccoli ma insieme, uniti da qualcosa di invisibile, alle persone presenti, a quelle lontane, a quelle che non ci sono pi... al cuore del
mondo.
Sempre ed immancabilmente, nel momento in cui il sole termina il suo
ingresso nel mare, tutti applaudono...
E io domani devo partire, sospinto dal moto delle correnti, dal pulsare
della vita che scorre, oltre il volo dei gabbiani.

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Gli altri racconti

Le meduse
Elisa Amadori
Si dice che un tempo, a popolare le spiagge del Sud, ci fossero sciami di
fantasmi. Si aggiravano sinuosi per chilometri e chilometri, avevano preso
possesso della zona costiera e vi aleggiavano indisturbati: nessuno, in effetti,
aveva mai osato addentrarsi in un luogo tanto sinistro. Solo un giovane pescatore, ogni mattina, compariva allorizzonte. Trascinava composto la propria barca. Cappello in testa, pipa in bocca, pareva sfidare la landa desolata,
infischiandosene delle leggende inquietanti ormai diffuse nei paesi limitrofi.
In realt si accorse ben presto di essere in balia degli spiriti: sentiva la
spiaggia animarsi di fruscii e non ne era disturbato. Si sentiva meno solo, dopotutto.
I fantasmi finirono con labituarsi a quellincedere cadenzato, a quella
presenza umana tanto discreta e taciturna. Impararono ad accogliere il fischiettio del ragazzo durante la stesura delle reti, ad osservare con attenzione
il dispiegamento della vela, il vaglio degli ami e delle lenze, la revisione accurata delle canne...
Seguivano la meticolosa preparazione quasi fossero sacerdoti al cospetto
di un rituale.
Ogni volta scorgevano la barca allontanarsi e sparire tra la nebbia. Ogni
volta ne attendevano il rientro al tramonto. Ormai sapevano che al calar del
sole, puntuale, sarebbe comparso in lontananza il pescatore.
Una sera lo aspettarono invano, dallorizzonte nessun segnale. Forse i
pirati, si mormorava in paese.
Del resto bast una sola notte per saziare linteresse dei pi indiscreti.
Non fu cos per i fantasmi: il giorno successivo la spiaggia pullulava di
frenetici movimenti: era linquieta ricerca di un qualche piano dazione. Laffiorare improvviso di un non so che tra le onde fece sperare, invano; si trattava della barca, in rottami, trascinata verso riva.
Il mare ingordo aveva rubato il loro pescatore.
Penetrarono coralmente in fondo alle acque, setacciarono i fondali in
ogni dove, serpeggiando sulla sabbia muta e indifferente. I loro corpi si erano

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caricati di raffinate sfumature: il mare gli aveva dato una nuova veste, di lustro. Vagavano e scrutavano. Di continuo.
Il groviglio di filamenti inquieti, che partiva dai corpi, ricordava la trama
dei capelli di Medusa. Da qui il nome dei nuovi ospiti marini, cos insoliti
agli occhi dei pi. La gente accorreva ad ammirarne i movimenti fantasmagorici, che donavano alle acque un non so che di onirico.
Le meduse, intanto, continuavano a cercare.
Per mezzo dei tentacoli avvinghiavano ogni umano si aggirasse nei dintorni: ma l'illusione che si potesse trattare del loro pescatore moriva in un
attimo. E rimaneva ogni volta una bruciante delusione, riversata con rabbia
sopra le vittime dellequivoco.
I fantasmi non lasciarono mai i mari, nonostante tutto. Erano convinti
che un giorno l'avrebbero ritrovato.

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Il mare fece un viaggio


Angela Amico

Il mare fece un viaggio.


Part per scoprire perch la terra incessantemente lo chiamasse, perch
mandasse le sue creature a solcarlo e depredarlo, a misurare profondit e distanze, a disegnare sulle carte tatuaggi di rotte e misure a braccia, a nodi, a miglia, a chilometri.
Il mare fece un viaggio.
Voleva trovare unisola, la sua isola. Accanto a lei avrebbe acquietato il proprio cuore di turchese, e fermato gli impeti delle sue onde, e l avrebbe vissuto,
per sempre.
Il mare cercava lamore.
Dal cuore delle acque dove le balene cantano e dai boschi di coralli rossi,
il mare smorz la sua potenza ruggente e si avvicin alle spiagge che tante volte
aveva tormentato o accarezzato, lambito o flagellato, lui mutevole e capriccioso,
con le maree altalenanti, con i venti ai suoi comandi, con le stagioni rovesce
dei due emisferi.
Delle onde fece morbidi riccioli scuri; dai fondali pesc ciglia lunghe agli
anemoni di mare; il rosso della bocca lo rub alle code dei gamberi. Il mare
marinaio, pelle ambrata dal sole e sorriso di perla. Il mare appassionato e irascibile; il mare infido amante e tenero compagno.
Il mare fece un viaggio.
C' unisola nera e aspra, la costa appuntita e selvaggia, sorpresa da ciuffi
di verde; ha lunghi capelli ondulati, ammorbiditi dallolio di tiar e ingentiliti
da un fiore; ha movenze da gatta. Si chiama Niihaue e con le mani, i fianchi e
i capelli danza le onde e il suo cullare. Lisola nera ha una storia nobile di regine
e di vascelli lontani. Gli squali dai temibili denti che diventano mansueti al
canto di Niihaue, nelle notti di luna piena. Il mare la vede da lontano, la circonda gentile e le regala mille perle di schiuma da mettere al collo, sulle orecchie, ai polsi. Lei sorride, abbraccia il mare corsaro e affascinante e gli si stringe
vicino.
Cosa vuoi da me, principessa? chiede il mare.
Aiutami a fermare il vulcano.
Il mare rimane a infilare collane di fiori e mangiare i frutti degli alberi. Il
clima dolce e le notti profumate. Pensa: Qui potrei fermarmi per sempre.

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Una notte di cielo viola il vulcano urla e fa tremare lisola e il mare. La


lava discende lungo i fianchi dellisola e ghermisce le piante, trucida le case
e i giardini; implacabile e lenta arriva fino al mare. Il mare la tocca, quella
lingua di fuoco rovente, e la pietrifica. Altre coste nere di nuova geografia,
altre rocce a strapiombo vengono a formarsi da quel mare di lava, quando
entra nel mare di mare. Lisola si copre di un velo nero da cui domani tirer
fuori altra forza, altra vita, altra terra.
Il mare, bruciato e ferito, si allontana. Addio, isola scura.
Riparte verso nord. L loceano maestoso e si infila tra le dita della terra
e nel blu specchia distese di boschi e gelide nuvole. Sono mille le isole, con
case rosse e fari e giornate interminabili. Il mare approda ad unisola padrona
di nidi di uccelli dalle ali grandi e pesanti, unisola pittrice e artista di nome
Viknaa. Pallida ed esile, nel mare punta lo sguardo e legge il tempo del giorno
dopo. Arrossisce quando lo vede arrivare e guardandolo fisso scorge brume
e nebbie impenetrabili e fitte, e un guerriero dalle braccia possenti. Lo cinge
alla vita e gli porge la piccola bocca rossa da baciare. Isola sfrontata e verde.
Cosa vuoi da me? le chiede il mare.
Fammi compagnia durante la notte.
Lui rimane a giocare tra i fiordi, aspettando limbrunire. Pensa: Qui potrei fermarmi per sempre.
Poi la notte viene, sospesa dalle mani dellisola, e nordica. Ma la notte,
l in alto, dura per sempre, o quasi: sei mesi di buio che congela la terra e
lacqua, e blocchi di ghiaccio a marmorizzare le onde, e il freddo che paralizza: immobile morte. Il mare supplica lisola di leggere quando sarebbe
tornata la luce a sciogliere quei lacci che lo imprigionano, mentre tutti in
letargo aspettano: la gente nelle case, gli animali nelle tane, i germogli nella
terraquando?
E quando finalmente il sole bianco sorge, il mare infreddolito e spaventato dalla misura del buio del nord, se ne va. Addio, isola del ghiaccio.
Il mare torn verso sud, guardando i colori che si riempivano di luce, il
blu il verde il giallo tanto forti da far male. Una storia di vascelli pirati e
scaltri commercianti, di traffici intensi sulle onde per arricchire armadi e
stipi di spezie e di stoffe: zafferano, noce moscata, cardamomo, cannella; e
seta, alpaca, damasco. Un flusso ininterrotto che porta carichi preziosi che
colorano il mare e lo macchiano di sangue.
Ecco unaltra isola, unaltra donna del mare. Lisola si chiama Salina, e
insieme a una manciata di altri piccoli scampoli di terra sembra, dallalto,

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uno schizzo di marrone sulla tela del blu. Salina, materna e concreta, ha ci
che d sapore al pane e alla vita; Salina isola del sale. Quando vede il mare,
lei si colora del giallo delle ginestre e del verde del cappero. Lui si mette a
rincorrerla e a giocare con le sue spiagge, con le vele delle barche pescatrici
di aguglie, con i turisti stizziti da Eolo dispettoso. Risuonano le risa del mare
che cerca Salina nascosta dietro gli scogli in un rimpiattino di luce. Pensa:
Qui potrei fermarmi per sempre.
Chiede a Salina: Cosa vuoi da me?
Aiutami a raccogliere il sale.
Si recintano le vasche, lacqua evapora al cielo sotto il sole accecante, e
nella vasca resta il sale. Uomini bruni sotto il sole cocente a bruciarsi la pelle
col sale, a caricarlo, quel sale, in sacchi gonfi di sudore da mandare per mare
ai continenti. Il mare maledetto dagli uomini impietriti dalla fatica; gli uomini
a bestemmiare sottovoce quel mare salato e quella fatica. Il mare odiato e
generoso, calunniato e prodigo di ricchezza;, la faccia del mare a raccogliere
gli sputi degli uomini, le braccia del mare scarnificate, abbracciate e respinte.
E in un grande respiro, milioni di litri di ossigeno, lui decide di partire. Addio
isola salata.
Non c terra dolce abbastanza per far felice il mare, n mare felice abbastanza per allietare gli uomini.
Il mare fece un viaggio, ed ancora lo fa.

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Le avventure della vita - fiaba marina


Paolo Annibali

Il Cormorano Enzo e Lor, il Pulcinella di mare.


Lor e il significato del volo
Un d, mentre i raggi di un sole al tramonto indoravano i flutti marini,
su uno scogli, screziato dai riverberi dellacqua, un anziano cormorano e un
cucciolo di pulcinella di mare, lisciandosi il piumaggio, si beavano di tanto
splendore.
Dun tratto, il piccolo esclam:
Tu che hai viaggiato molto, mi sapresti dire perch voliamo?
Lenorme compagno allarg le ali, quasi in un abbraccio paterno, poi incrociando il limpido sguardo del suo protetto disse:
Bella domanda! Vedi Lor, Dio ci ha donato l incanto del volo affinch
potessimo vedere meglio i pesci, per il nostro nutrimento, sfuggire ai predatori in caso di pericolo e per cercare pi facilmente un riparo sicuro nella
stagione fredda.".
Tutto qui?? esclam un deluso Lor.
Ummh No caro, non soltanto per questo In verit ci libriamo
nel cielo per fare il solletico alle nuvole, quando ci accorgiamo che sono tristi
per qualche motivo,altre volte per far innumerevoli piroette sugli arcobaleni,
altre ancora per curiosare tra i mercantili o accompagnare gl'instancabili pescatori ma il nostro compito pi nobile senza dubbio quello di prendere in
consegna le preghiere di ogni uomo di mare e condurle lass dagli angeli,
cos che il Padre Eterno le possa leggere ed esaudire, una per una."
concluse il cormorano con occhi lucenti di pianto.
Deve essere meraviglioso!!!
Ecco, adesso ho veramente voglia dimparare a volare!! dichiar un
elettrizzato Lor, Pulcinella di mare, novello araldo dei Cieli.

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Santa Teresa a mare


Aurora Augello

Santa Teresa a mare lho sempre portata nel cuore. Me ne rendo conto
solo adesso, con rammarico,mentre la piccola imbarcazione si avvicina alla
sua costa e una forte emozione mi lascia lacerata. Mi chiedo chi dei due abbia
abbandonato laltra. Appena superato il porto lagitazione lascia il posto al
senso di pace di questo luogo surreale dove il tempo sembra essersi fermato.
Inverno 2000 anime e 5 asini. Le strade sono prevalentemente strette e sinuose per proteggere le case dalla brezza marina che soffia dolce e persistente. Nella brutta stagione anche gli uomini dediti allarte venatoria
patiscono quello che i poeti chiamavano lennui, lo stato danimo che a nulla
invita. I boschi smettono di promettere promesse, i sentieri si riempiono di
bacche asciutte,precipitate dallalbero della noia per poi giungere allestate
quando il piccolo villaggio addormentato si anima con il vocio dei parenti
degli abitanti giunti dalle citt vicine e con lo schiamazzo dei bambini che
giocano a pallone sulla spiaggia,sotto il sole e a tutte le ore.
Santa Teresa a mare, destate si sveglia alle sei di mattina. Lodore delle
ginestre e quello del mare a pochi metri dalle abitazioni penetra nelle case.
Alle sette e 30 le basse frequenze di uno stereo su ruote travestito da
piccola Ape 50 annunciano il panettiere, tre volte la settimana passa il pescivendolo: una festa per i pochi villeggianti, cernie, saraghi, polpi, scorfani e
aragoste. Ogni estate della mia infanzia lho trascorsa qui con i miei nonni,
Ginevra e Vincenzo. In questo pezzo di terra tra cielo e mare prevale una
componente araba e disordinata, ricca di emozioni. Dinverno la montagna,
dietro le case, con i suoi boschi la rendono di un solo colore: verde. Anche
il mare si colora del verde delle foglie, somigliando sempre pi ad unimmensa pianura, nulla a che vedere con il rosso delle giornate di scirocco come
il colore che assume lorizzonte nei tramonti estivi.
La casa dei nonni da lontano sembra poggiare sul mare che gli fa da
sfondo. Mentre mi avvicino londa bassa va e si ritrae con un mormorio continuo da sembrare una ninna-nanna, si infrange su una spiaggia bianchissima,
accecata da un sole che non si vede.
Nonna Ginevra dietro alle persiane azzurre, scalfite dal vento e dal
mare, ad aspettarmi, 38 gradi sono eccessivi per uscire sul terrazzo e venirmi incontro. La tengo stretta per un po, forse troppo. Il mare le ha in-

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cartonato la pelle del viso, per un attimo ho avvertito le sue rughe, tante piccole pieghe e ho immaginato che ogni ruga corrispondesse agli anni che ci
hanno visti lontani e che se cos fosse adesso tutto sarebbe tornato come
prima. Minuta e con gli occhietti vispi e dal colore imprecisato tipico della
vecchiaia,difficile da definirsi passano dal celeste al grigio, ma lei afferma che
sono solo sbiaditi e che il colore s l mangiato il tempo come coi capelli.
Destate Santa Teresa a mare carica di luce. Situata in una piccola baia
sabbiosa dominata dal Forte di Santa Teresa, e in fondo alla baia sulla destra,la
grande Tonnara,ora in disuso, dove si svolgeva il complicato rituale della mattanza seguito da regole ben precise e modi rigorosamente stabiliti dal capo
della tonnara, completo di canti propiziatori e scaramantici (le scialome).
Quasi ogni giorno gli abitanti del luogo amavano raccontare ai pi giovani
imprese epiche delle cruente lotte dei pescatori, quasi un corpo a corpo con
questi enormi bestioni, lotta dallesito sempre certo e non certo per il tonno.
Cos nel terrazzino dei nonni ci si riuniva dopo la sosta pomeridiana e
bench il mare fosse propenso ad accoglierci nelle sue acque calde e cristalline, si preferiva restare a chiacchierare di fronte ad una tazzina di caff e a
raccontare storie di miti e cavalieri dopo avere esaurito il repertorio dedicato
alla mattanza.
Portare alle labbra una tazza di caff fumante...! un gesto che ci faceva
sentire un po una grande famiglia accumunati dallesperienze del posto.
Era intransigente nonna Ginevra, una vera fanatica del caff.
Caff Illi, miscela bar, solo quello da macinare al momento appena tostato
e mettere nella sua macchinetta napoletana. insieme al surrogato Leone
che regala al caff un colore e un aroma pi intenso. Costringeva cos nonno
Vincenzo a recarsi ogni giorno nellunico bar alla piazzetta in centro,per
pochi grammi di caff.
Una maniera, secondo me,di toglierselo tra i piedi e potere passare lo
straccio in quelle due stanzette al piano di sotto e magari rinfrescare il terrazzo.
Succedeva sempre Lui usciva ed ecco lei gi pronta con il secchio e
lo straccio!
Nonna Ginevra era affezionata alla sua macchinetta napoletana di lattastagnata, riusciva con la maestria di un giocoliere a togliere la caffettiera dal
fuoco appena lacqua era giunta in ebollizione e rigirarla, la guardavo ammirata, temevo sempre che potesse scottarsi. Destate in quel piccolissimo centro le occasioni per gustare un buon caff a casa di donna Ginevra e il dottore

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Vincenzo non mancavano mai i motivi forse sono da ricercarsi in quel terrazzino che si affacciava al mare ombreggiato da un grosso albero di gelsi,
refrigerio per tutti .
Quando nonna Ginevra sostitu la moka alla sua macchinetta napoletana ,lo
fece con rammarico. Devo sostituirti disse mentre la riponeva nel pensile di formica
sopra i lavelli della cucina, tra le tazzine buone. qui siamo in troppi ad aspettare
e la Moka, haim, pi veloceCon lavvento della Moka mi spieg, da brava maestrina che era stata, la cerimonia di preparazione del caff, una cerimonia che conosceva bene, mentre accendeva il fornello con un lungo cerino accompagnandolo da
una mano per proteggerlo da colpi daria,
Nonna Ginevra insieme al caff mi ha regalato un luogo, un posto da trattenere
tra i ricordi.
Ho scoperto che di Santa Teresa a mare non ci si libera. Se le chiudi la porta in
faccia lei piange e tira pietre alle finestre.

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Storia di una ragazza con i capelli neri


Valeria Bellono
La ragazza con i capelli neri sedeva sulla spiaggia.
Aspir con forza una boccata daria che odorava di sale, che sapeva di
nuovo.
Era la prima volta che vedeva il mare, e il suo cuore batteva allimpazzata.
Le avevano raccontato che sotto la sabbia bagnata giacevano, a milioni, i
desideri irrealizzati delle donne e che bastava entrare in acqua e fare qualche
passo per raggiungerne alcuni. Man mano che si andava avanti ce nerano
altri, e arrivati al largo, nel preciso punto in cui lazzurro diventa davvero intenso e nasce lorizzonte, si trovano quelli pi nascosti e difficili da esaudire.
La ragazza con i capelli neri credeva che il suo fosse proprio l, profondamente addormentato, e che forse un giorno qualcuno lavrebbe trovato e
glielo avrebbe consegnato.
Si chiamava libert e aveva il profumo morbido e gentile del t col miele.
Era un pensiero che la faceva stare bene, e mentre si perdeva nellaria
tiepida, continuava a respirare, facendosi accarezzare da un timido scirocco
che cercava un luogo sicuro. Proprio come lei.
La ragazza con i capelli neri annus ancora una volta laria. Chin la testa
fino a toccare le gambe, strinse tra le dita le sue caviglie sottili e si perse, per
un attimo, nei suoi pensieri, che erano lunica cosa che le restava. Serr gli
occhi e fece uscire quello che vedevano le sue palpebre chiuse.
La storia delle donne laveva scritta un uomo, ne era certa, almeno quella
del suo villaggio, popolata da schiave analfabete e mogli devote che abbassano
lo sguardo e muoiono di parto, squarciate dalle ferite di chi non le pensa
degne dellamore, figuriamoci del piacere. Un rito diniziazione a cui sopravvive una su due, una selezione naturale che ricalca quella degli animali
selvatici che scampano ai predatori. Sua sorella se nera andata cos qualche
giorno prima, urlando dal dolore e chiedendosi perch essere donna fosse
una condanna a morte invece che una benedizione.
Presto sarebbe toccato a lei. Un sasso appuntito, una ciotola dacqua

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sporca, un ago e del filo scuro. E poi sarebbe stata pronta. Pronta a servire
un vecchio sdentato, a mettere al mondo figli senza un futuro e a perpetrare
questo scempio che dilania i corpi anzich accarezzarli.
Ma la ragazza con i capelli neri non voleva vestirsi da sposa. Era ancora
una bambina, preferiva giocare, andare a prendere l'acqua al pozzo, infilare
le perline nello spago.
Cos era andata via di notte, scivolando piano dal suo giaciglio mentre
il villaggio era profondamente addormentato, o forse solo in preda ad un incantesimo che facilitava la sua fuga. Pregava il suo dio a bassa voce, sapeva
che lavrebbe ascoltata, protetta, perdonata. Il suo dio era buono. Il suo dio
laveva voluta cos com'era. Il suo dio si era nascosto per non farsi catturare
e camminava piano al suo fianco. Il suo dio lamava. Il suo dio aveva i capelli
lunghi e le mani affusolate.
Il suo dio era donna, ma non poteva raccontarlo a nessuno.
La ragazza con i capelli neri aveva sentito parlare del mare e sapeva che
al di l delle rocce, oltre i confini che le era concesso di conoscere, poteva
esserci la vita, quella vera. Un posto in cui le bambine diventano adulte solo
quando sono grandi, un luogo in cui le madri accarezzano loro il viso, sussurrando che essere donna non un peccato. Essere donna meraviglioso.
La ragazza con i capelli neri si scroll di dosso i pensieri, apr gli occhi e
si alz in piedi. Chiss cosa cera dentro il mare, chiss chi cera oltre il mare.
Entr piano nell'acqua e sent che non poteva farle male. Lacqua era liquida, morbida e buona come laveva sempre immaginata.
Era il suo momento. Si chin e affond le mani nella sabbia. Avvertiva la
consistenza molle e farinosa dei milioni di granelli che stringeva tra le dita.
Cercava i desideri, ma non riusciva a trovarli, perch non sapeva quale aspetto
avessero. Allora and pi avanti, in un punto in cui lacqua solleticava il suo
ventre e mentre scavava, trov alcune piccole conchiglie madreperlacee,
screziate di ocra e di azzurro. Certamente ospitavano i desideri.
La ragazza con i capelli neri le raccolse delicatamente, gridando per la
felicit, e mentre urlava pronunciava il nome di sua madre, quello della
nonna, quello delle sorelle pi piccole. Le stava liberando, rendendole per
la prima volta degli esseri umani. Continu senza sosta a frugare nel terreno

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friabile e a ogni passo restituiva la dignit a una prigioniera della sua terra, a
ogni piccolo corpo mutilato che chiedeva perdono, senza sapere perch.
Ma per liberare se stessa, la ragazza con i capelli neri doveva arrivare
dove nasce lorizzonte.
Cos and avanti, senza fermarsi, anche quando le onde le lambirono il
viso e non riusciva pi a respirare. Prima o poi sarebbe arrivata nel punto in
cui il mare diventa pi azzurro e tocca il cielo.
Allora sarebbe stata libera anche lei.

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Unavventura mitologica
Francesco Bonecchi
Rimiravo con interesse ed ammirazione la lunga scia spumeggiante formata dalla chiglia dellimbarcazione. Ma lammirazione era anche determinata dal successivo disegno che la natura andava modellando con i suoi
elementi. Eravamo attorniati dallacqua del mare, in alcuni punti di intenso
blu, mentre vicino alla riva il suo colore diventava di un riposante colore
verde smeraldo: coi suoi colori questo mare ti coinvolgeva, tincantava! In
alcuni momenti, fra il bianco spumeggiante della scia, sintravedeva un leggero, temporaneo arcobaleno che subitamente svaniva. Il sole, brillante,
caldo, fungeva da cornice in questattimo che il poeta descriverebbe di sogno
ad occhi aperti. E qui, mi sembr sentire un lamento, o forse una dolce cantilena musicale. Mi guardai attorno; ci guardammo attorno. Pareva venire
dal fondo del mare. Feci qualche passo, girai intorno lo sguardo e mi sembr
veder, fra i flutti sollevati dallimbarcazione, delle Sirene, che ci seguivano.
Mi affascinarono la bellezza, la sinuosit dei loro movimenti nel rincorrerci.
Apparivano e sparivano tra i flutti. Continuava quella fascinosa, tenue musica,
sorgente dal mare, incominciava a pervadermi un certo torpore in tutta la
persona. Limbarcazione proseguiva con regolarit, non molto lontano dalla
costa. Mi svolsi a sinistra: rimasi impietrito. Mi si par dinanzi il grande scoglio di Scilla; Sembrava si muovesse, un rantolo di fondo richiamava alla mia
memoria la descrizione di un antica lezione: vedevo < un mostro a sei teste,
con dodici piedi e tre terribili file di denti>. Di scatto staccai lo sguardo impaurito e andai a posarlo allopposto lato. Qui, a questa nuova vista, la paura
si tramut in terrore. Un enorme essere deforme, mostrava, per met immerso nel mare, a lui attorno, tumultuoso, da un buco nella parte alta della
mostruosa sagoma che poteva essere una bocca, un continuo risucchiare e
vomitare lacqua del mare: Cariddi? Listinto mi spinse a gridare, ma la voce
non usciva dalla gola: volevo urlare di aprire lotre del vento consegnatoci
da Eolo, Rivolsi col pensiero una supplica a Posidone affinch proteggesse
me, limbarcazione e tutti noi, permettendoci di superare quei terribili incontri. Passo unora, un anno, secoli, millenni. La piccola imbarcazione con-

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tinuava la sua navigazione lungo lo stretto di Messina; il sole magnificava sul


mare, una leggera brezza salina mi batteva sul viso provocandomi un senso
di sollievo. Mi voltai, quasi pigramente alla ricerca delle Sirene nella scia sollevata dallimbarcazione , ma non vidi nulla. Al contrario mi accorsi di quella
rupe imponente sulla quale si ergeva Scilla.Vidi poco lontano la spiaggia che
dava inizio alla terra di Sicilia. Mi gurdai ancora con curiosit attorno, vedendo sorrisi condiscendenti degli ospiti cherano con me, dinanzi allo spettacolare panorama offerto dal mare, in questo punto tanto stupendo da essere
scelto per una avventura mitologica, nellantichit ed oggi.

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Menta e il mare
Giulia Lina Callegari
Devo assolutamente trovarla capisci?
No, non capisco. Scusami ma che tu voglia metterti a curiosare tra le
carte di tua nonna
Ma non voglio curiosare tra le sue carte! Voglio solo trovare la password
del suo computer perche dentro ci sono le nostre foto e i suoi appunti e mica
possiamo lasciare che vadano persi.
Mah, fai come credi ma sei sicuro che tua nonna, a novantanni suonati,
avesse una password? Cio non solo aveva il computer ma anche la password?
Eh s, e anche difficile da trovare, ho provato tutte le nostre date di nascita, e I nomi dei nipoti e i cugini eccetera.
Hai provato Marsiglia?
No, perch?
Tua nonna, alla tua et, viveva a Marsiglia.
Non lo sapevo!
Abitava in una casetta bellissima, davanti al mare, con suo nonno Mi
ascolti?
S, s ti ascolto, comunque non neanche Marsiglia, non funziona. Va
beh, mi racconti?
S, ma tu chiudi laggeggio.
Devi fare la mamma anche adesso che ho ventanni per gamba eh?
Le storie vanno rispettate, soprattutto se sono vissute e non di fantasia.
Dunque, fammi ricordare Tua nonna si trasferita a Marsiglia quando
aveva quindici anni, nel 1937. C andata con il suo di nonno, che faceva il
ferroviere. Vivevano in una casa microscopica, credo fosse una stanza, ma
erano felicissimi perch a differenza degli altri immigrati loro abitavano
proprio davanti al mare. Pieds dans leau come si dice in Francia. Avevano
la cucina con le piastrelle di maiolica azzurre, e una barchetta ancorata proprio alla fine del loro terrazzo. Cenavano fuori estate e inverno Ma tu
dove credevi che avesse imparato a cucinare cosi? Mica in Piemonte!
Suo nonno andava a lavorare tutte le mattine mentre lei girava per i mercati, imparava il francese, sbirciava le ricette delle brasseries Soprattutto

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nuotava. il nonno non voleva che usasse la barca e le permetteva di pescare


solo da riva con il bollentino. Ovviamente, come tradizione di famiglia
mi pare, i giovani se ne infischiano delle raccomandazioni dei vecchi, e cos
tua nonna. Prendeva la barca Menta, lavevano chiamata Menta se non
sbaglio, e andava alle isole di fronte, quelle di Dumas. Ci passava dei pomeriggi interi, si faceva il bagno nuda, pescava, leggeva, mangiava e prendeva il
sole. Credo che si sentisse libera in un modo particolare, l, finalmente da
sola. Io ho spesso provato a immaginarmela, quando mi raccontava quei pomeriggi interminabili, e alla fine vedo una giovane distesa su di un telo
bianco, con una pila di libri, una bottiglia di bianco (tua nonna dice che beveva sciroppo ma secondo me non vero) e un sacco di pomodori, olive, acciughe e una baguette Quelle cose dovevano avere un sapore che oggi non
conosciamo nemmeno pi eh? Insomma per tua nonna quella casa di fronte
al mare rimasta un luogo cos importante, io le ho sempre detto che la
idealizzava, che non poteva essere cos perfetta, ma lei mi rispondeva con
una frase di Izzo, mi diceva: La felicit davanti al mare unidea semplice.
Un giorno hanno licenziato il nonno e sono tornati a Torino, e lei a questo
concetto del fiume, e voglio dire il Po maestoso ed bellissimo non riusciva ad abituarcisi. Faceva un sacco di capricci. Io penso di averlo capito solo
dopo, che per lei remare verso le isole del Frioul a bordo di Menta doveva
significare scappare da tante cose: dalle paure, da un matrimonio quasi combinato, dal pavimento da lavare, dai costumi da bagno anni Trenta che dovevano essere una tortura, credimi.
Gi che ci siamo, penso che lei avrebbe voluto essere seppellita davanti
al mare, forse a Marsiglia, forse in Italia non importa.
Tu dici che quello che importa il mare?
Penso di s, penso che voglia stare l, davanti a quelle infinite possibilit,
non penso le piacerebbe avere davanti una collina o un muro o un platano.
Beh, hai ragione specialmente se al mare stata davvero felice.
Come?
Dico hai ragione, c il testamento della nonna sul computer.
Ah - hai trovato la password?!

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S: Menta.
Un cerchio che si chiude, tua nonna nuda nel 1937 su una barca a pensare
a Dumas e poi nel 2012 che scrive al computer, il testamento al computer!
No dico, siamo una famiglia di scapestrati, disobbedienti e matti. Ecco cosa
siamo. A novantanni al computer questa mi mancava.
Mamma ho unidea.
Dimmi.
Andiamo al mare. Andiamo a Marsiglia, prendiamo il treno fino a Genova, e poi Ventimiglia e poi Nizza. Andiamo a nuotare dove nuotava la
nonna, facciamo un pique nique in mezzo al mare, con i pomodori e le acciughe e peschiamo
Adesso a Rita scende una lacrima, ma ha sempre sognato di vedere suo
figlio che sale su Menta e la porta al largo, verso lAfrica in linea teorica
ovviamente - al massimo si arriva a qualche miglio dalla costa. Per essere
precisi Rita sa anche dove nascosta Menta, ma decide che sar piu bello
dirlo a Enrico quando saranno gi a Marsiglia, quando ormai non se lo
aspetta.
Forse un po matta anche lei in fondo.

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Quattro improvvisati in barca


Clara Calvini
Ossettiiii...oi...Ossetti, chama Choppi che mi vo cercare me mojere,
nemo a Ciosa. Ossetti sono io, Clara, e Cioppi mia sorella Angela: i veneti
ti pesano a occhio e poi ti appioppano un nomignolo. Da un cugino lo accetti.
Porteve la giaca a vento. Perch? E poi la giacca a vento io non ce lho!.
Ciapa la mia. Ma, ma ci sto dentro tre volte!!!. Fa i stesso. Dove ci
porti?. Te vedar. Daiii, dove?. In laguna. Ma tu non hai una barca....
Fino a doman la go!. Nemmeno un chilometro e mezzo di asfalto e ci fermiamo lungo un canale che passa da Conche. Su sbrighemose che la laguna
se sensa fanai e anca mi. Come navighi, allorba?. Fa i stesso. Che bello,
i canneti che bordano il canale, le ondine che lascia la barca, lodore salmastro, i colori dorati che si specchiano allimbrunire,...le zanzare...ma io...
lAutan ce lho! Diventa mare aperto e le luci ancora lontane della terraferma
gi si distinguono. Mi sorge un pensiero: Ma se caschiamo in acqua?. Va
ben, te se noare. Perch, non abbiamo il salvagente?. Tanto non te serve.
Scusa, e i remi?. Fa i stesso. Come fa i stesso?. Candidamente Siro ammette che non siamo a norma su niente. Figuriamoci, poi, i documenti
Sua moglie Fania lo fulmina con lo sguardo. Ecco, il solito allegro facilone
che ti coinvolge con simpatia per poi finire regolarmente nel pantan...e noi
a ricascarci ogni volta. Ricapitolando, abbiamo solo lAutan.. Pazienza, siamo
sulla stessa barca e, quindi, speriamo in bene. Ormai buio, qualche barchetta galleggia come noi qua e l: il luogo magico e qualche rischio vale
la pena correrlo. Chioggia vicinissima, non sembra neanche vera dal fascino
che emana ed in punta anche la Capitaneria di porto appare bellissima. La
Capitaneria di porto??!?? Porca miseria, c un imbarcazione della Guardia
Costiera che gira. Pensieri a raffica: che succede se ci fermano? Bo! Tutto
fuori regola, niente documenti; che possono farci? Metterci in galera? E
poi...che figura di merda.... Che si fa, che si fa, Siro, che si fa?. Brillante
idea, scappiamo per il canale interno: la loro barca troppo grande, non ci
passa. In certi momenti la disinvoltura tutto. Ed con questa che fiancheggiamo la Dogana per infilarci nella via luccicante che taglia la citt. Passato

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apparentemente il pericolo, la bellezza delle rive, i palazzi decadenti sullacqua, le calli che si intravedono da l, i ponticelli che ci scavalcano, mi fanno
entrare in una dimensione irreale fin quando mi risveglio di colpo. Oh oh,
siamo in alta marea e c un ponticello con larcata ben pi bassa degli altri.
Il passaggio minimo: forse la barca si riesce a infilare a pelo nel punto centrale della volta. Logico,noi dobbiamo sdraiarci sul fondo se vogliamo farcela.
E adesso? Siro assolutamente un cialtrone di talento, specie con i motori
di qualsiasi genere. Io sono certa delle sue capacit ed a questo punto laventure cest laventure: dai passiamo sotto il ponte. Angela non vorrebbe essere
l e se la fa sotto solo allidea, ma si rassegna. Fania in preda ad una crisi
isterica. Si alza in piedi e, col tono imperativo e ricattatorio tipico da moglie,
se ne esce con un: Siro se non te te fermi, mi smonto. Dopo un attimo di
silenzio, una fragorosa triplice risata le rimbalza addosso ed un ma dove
casso te smonti se semo in acqua annulla ogni sua ribellione. Ok il motore
al minimo, andiamo. Siamo tutti sdraiati dentro la barca che, magistralmente guidata, si insinua con lentezza dentro quel buco. O maaammma...io
voglio guardare, anche se, confesso, la prima sensazione sepolcrale non
bella, anzi. Poi, sfiorando con le mani i mattoni dellinterno, magicamente
cambia tutto. Lunicit, la storia, lantichit prevalgono. Ma quanti anni
avranno questi mattoni? Chi li avr cotti e chi li avr messi su? Quanta gente
ha calpestato questo ponte?Pure Goldoni lavr visto, lavr attraversato...sicuramente non in questa situazione assurda. Usciti dal tunnel si rinasce! Finisce pure il canale e, non so come n dove, ci ritroviamo in laguna. Ma
quante stelle ci sono qui? Sembrano molte di pi e molto pi grosse che in
qualsiasi parte del mondo. In pi stasera c una magnifica luna piena. Ormai
ci siamo scordati il perch di tutta questa fuga. Con calma torniamo al largo
dove eravamo prima, dove c parecchia gente su altre imbarcazioni. Tutto
sembra tranquillo, le stelle ci proteggono...ma non vero niente...ecco riapparire i guardacoste che fanno controlli. Ormai la strada la conosciamo e,
senza indugio, rieccoci su ancora per il canale centrale. Questa volta il problema ponticello non si pone pi. Ognuno al proprio posto, sdraiati e via. Il
passaggio diventato quasi divertente. Nuovamente in laguna e pian pianino
riacquistiamo la nostra postazione iniziale. Non ci sono vedette. Che si fa?
Si rientra?. Speta un fia!. Poco poco devo aspettare: PAM********* PATA

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PIM ********PATA PAM******* PAM************** Nooooo...non


ci posso credere... Siro ci ha portate qui per farci una sorpresa.
Ormai siamo tutti con il naso per aria ed il pericolo controlli non esiste
pi, almeno per ora. Tra le onde che ci cullano assistiamo allo spettacolo pirotecnico senza sapere se guardare in cielo o in mare con i colori che si spargono ovunque attorno a noi. Sulla barca abusiva , in questo contesto unico,
per mezzora posso permettermi il lusso di regredire allo stadio della prima
infanzia, quando distinzione e separazione da te non esistono e sei un tuttuno
con quello che ti circonda. Acqua intorno a me, aria su di me, terra vicino
a me, fuoco colorato ovunque. Anche io faccio parte di tutto questo e non
lo so: lo intuisco in rari momenti. Grazie per avermi portata qui, per ricordarmi semplicemente che esisto.

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Thlassa

Alberto Camerano
Piccole onde sulla superficie del vino nel grande cratere posto al centro
riflettevano la luce, che giungeva ai suoi occhi scomposta in fasci iridescenti.
Luomo ci vide le navi. Di certo dovevano esserci alla ricerca del passaggio
verso un altro Mondo. Quando si era spinto ad occidente fino a giungere in
vista delle Colonne di Heracles, gli era successa la stessa cosa. Lacqua nebulizzata del mare scomponeva la luce nei sette colori. Il vento, rinforzando,
creava onde sempre pi alte e mano a mano che le due navi procedevano
verso lo stretto, la loro velocit aumentava. Cera il rischio che le vele si
strappassero e tra non molto i fragili scafi sarebbero stati completamente in
balia di quel mare, senza che nessuno potesse pi governarli. Essenos guard
Protis, il nocchiero, che continuava impassibile a tenere gli occhi rivolti verso
prua e le braccia attaccate al remo del timone. Ammainare la vela, uomini
ai remi! Il grido del comandante fece muovere i marinai cos rapidamente
che non risentirono della instabilit della bireme. Anche sulla seconda sembrava avessero sentito il suo ordine, perch fece istantaneamente la stessa
manovra. Quindi le Colonne rimasero l. Le navi voltarono verso oriente,
costeggiando per molti giorni in modo che la terra ed il carro dellorsa stessero alla loro sinistra. Le parole delloracolo, indecifrabili quando aveva parlato, lo avevano preannunciato. Tuttavia era facile presagire una tempesta l,
come in qualsiasi altro punto della Terra. Il dubbio semmai era se lUomo,
fosse pronto per superare le Colonne.
La donna entra seguita dalle ancelle ed i suoi occhi cercano subito lui,
prima di posarsi sugli altri maschi. Donna La figlia del re avrebbe scelto
tra i convitati e lui, uno straniero, stato chiamato tra essi. Lei soltanto, offrir la coppa ad un uomo, dichiarandolo suo sposo. Allora egli pensa. Che
usanza stabilita tra questa gente, che sa solo pescare, mena sempre le mani
con le trib vicine e manco capace di preparare del vino appena decente?
Addirittura lascia che sia la donna a decidere. E se sceglier lui? Non pu
escluderlo. In tal caso non c scampo, con le navi ferme nella baia, dove
difficile manovrare, e i suoi uomini sparsi per il villaggio. Persino ad alcuni
di loro toccato, stranieri venuti dal mare: le donne hanno deciso. Niente
da fare, loracolo ora gli chiaro. Addio per sempre Focea, patria, in fondo

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senza rimpianti. Un brivido gli fa capire. La donna davvero bellissima e


lotta, contro l'immenso che in lui, la profondit che agita il suo cuore, il
mondo intero, la vita stessa. Il mare non lo solcher pi. unavventura diversa che attende l'uomo.
Esamin la sagola dello scandaglio, Essenos, e comprese che non si poteva andare avanti di unaltra spanna. Si sporse oltre la murata e vide agitarsi
sul fondale attraverso l'acqua trasparente le posidonie, esili dita che a migliaia
protese verso la carena quasi la toccavano. Allora diede il comando di rientrare i remi ed ancorare. La spiaggia che chiude il porto naturale nel quale
erano approdati appariva deserta, ma dietro di essa la pineta si ergeva come
un baluardo esteso e compatto. Ti affido le navi, Protis io scendo a vedere
cosa essa cela ascolta: se prima che siano passati tre giorni vedrai un fumo
bianco salire dal promontorio, attendi altri tre giorni e cos ogni volta, fino
al mio ritorno, altrimenti prendi il largo. Dicendo queste parole Essenos
diede una manata sulla spalla a Protis, compagno di mille viaggi. Questi si
volt e ricambi il saluto, stringendogli lavambraccio. Attento, perch
sento odori suadenti provenire da terra e anche il mare ha un aspetto
troppo mansueto in questo posto dovrai scegliere e non sar facile Protis, uomo prezioso, sensibile e saggio forse gi sapeva. In ogni situazione i
suoi avvertimenti da indovino andavano ascoltati, prima di affrontare luoghi
ignoti ed imprese ardue che tutti temevano.
Le ancelle hanno denudato le braccia di Gypta. In alto le muove, ruotando su s stessa nella danza. Gli occhi dell'uomo vedono Afrodite che gioca
con la spuma del mare e il suo cuore batte impazzito. Ella afferra la coppa
con entrambe le mani e la rivolge al padre, seduto nello scranno d'onore di
fronte al cratere. Il Re fa un lieve cenno, chiudendo gli occhi, e lei pone la
coppa a galla nel vino, quindi le d una breve spinta in modo che navighi proprio nella direzione delluomo. Poi gira intorno al cratere per coglierla dalla
parte opposta, la immerge e la tira fuori gocciolante. Infine si volge, si accoscia con grazia sui talloni e, tendendo le braccia, gli offre il vino. Tu sei il
mio signore e sposo. Lo dice solennemente e forte, perch tutti sentano. Egli
le risponde con un inchino della testa, prende la coppa e beve.
Scesi a terra e superato il tratto di spiaggia, i Greci entrarono nella pineta.
Essenos si orientava tra gli alti pini di mare, controllando la posizione del

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sole che filtrava dalle chiome. Uscirono solo al tramonto, dove finendo gli
alberi una pianura si estendeva dolcemente verde, chiusa al fondo da monti
boscosi. Il sogno antico dei miti si rivelava ai loro occhi. Poi incontrarono
gli abitanti di quella terra e chi li governava. Osservarono la loro vita, cos
compresero che l pure era il Mondo.
Dalla pineta ai piedi del promontorio esce il corteo con gli sposi. La
vacca consacrata lo precede, poich dove si fermer, la citt sar costruita.
Va salendo l'erta, cos Protis indica che lass sorger l'acropoli. Ascoltami,
non sacrificare la bestia gli dei non vogliono, altrimenti la nuova citt nascerebbe sotto cattivi auspici e dovresti espiare. Allora Essenos alza il braccio
e lo muove a semicerchio seguendo l'orizzonte sul mare. Da essa le rotte
raggiungeranno i mari ed i popoli di tutta la Terra. Quindi si avvicina a Gypta
e le porge ambedue le mani, perch vi appoggi le sue. Vorrei che tu, Aristssena, regina, le dessi il nome! Lei, calma, non esita. Ho scelto: si chiamer Massala.

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La leggenda della Salvezza


Alessandro Cantiniello
Dove sono?:
Perch sono qui?.
Non ricordo nulla. Ho una gran confusione nella testa.
Queste furono le prime parole chebbi a pronunciare, in un soliloquio
mentale, dopo aver riaperto gli occhi.
Solo, su una scialuppa di salvataggio, i vestiti laceri.
Non ricordavo nulla e mi rendevo conto di trovarmi in mezzo al mare.
Pi della gola arsa provavo una sensazione che mi pervadeva: la solitudine.
Che strano il destino: si cerca di andare lontano dalla riva per vivere questa condizione, ma ora che tutto coincideva era subentrata langoscia.
Anche il dolce dondolio della barca, tanto ricercato per addormentarsi,
ora sembrava una sciagura.
Eppure sin da piccini si viene dondolati nella culla per ricreare tale situazione: farsi coccolare dal mare come trasposizione del liquido amniotico
materno.
Madre infanticida, in questo caso.
Cercai di far mente locale e ripercorrere le fasi precedenti che mi portarono a vivere tutto ci. Ma nulla.
Il mio corpo mi chiedeva acqua. Ero allo stremo.
Sciacquai il viso e con la mano iniziai a fare quello che non si doveva:
bere lacqua del mare per dissetarsi.Vomitai anche lanima, se ancora lavevo.
Morire di sete in mezzo al mare peggio che trovarsi nel deserto senz'acqua: nel primo caso, il mio, si percepiva veramente il senso della beffa.
Svenni.
Quando mi risvegliai era notte. Il mare era calmo. Fui rapito dalla visione
delle stelle che mi resero pi tranquillo.
Mi torn alla mente un ricordo di quando ero giovane e con una piccola
barchetta a remi portai la prima morosa nei pressi di una grotta. Era una
notte come questa. Rimanemmo abbracciati avvolti dalle stelle che ci copri-

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vano come un mantello. La baciai. Fu il mio primo bacio.


Che stupido che sei!, dissi ridendo di me stesso.
Stai per morire e non hai di meglio a cui pensare!.
Iniziavo a parlare da solo: brutto presagio.
Certamente mi ero spostato di qualche miglia rispetto alla posizione
della mattinata o pomeriggio, chiss.
Guardando il blu del mare, seppur notte, si poteva intravedere il movimento di alcuni pesci. Il riverbero delle stelle mi aiutava. Mi tuffai, non prima
di aver legato una piccola corda alla mia salvezza.
Si, salvezza era il nome della scialuppa o forse della nave in cui ero imbarcato.
Ora sapevo due cose: un nome, ma soprattutto che ero capace a nuotare.
gi il secondo gesto istintivo che compi!.
Prima bevi, consapevole a cosa vai incontro e poi ti tuffi inconsapevole a
cosa vai incontro! Ma scusa non ti ricordi quasi nulla! E se non sapevi nuotare!!.
Devo ammettere che il mio alter-ego o coscienza pi intelligente e saggio di me!
Il bagno ristoratore concili nuovamente il sonno.
Fui svegliato non so quanto dopo dalla pioggia che batteva sulla mia faccia. Urlai di felicit. La raccolsi il pi possibile con le mani e con una bottiglia
vuota che era nella barca. La pioggia continuava insistentemente. Ero pieno
di gioia e la ringraziai.
Dai su, scendi ancora! Scendi ancora!.
Che stupido! Non capivo a cosa stessi andando incontro con le mie vane
preghiere.
Poco dopo, infatti, il mare cominci a gonfiarsi ed un vento prima flebile
divenne quasi insopportabile: la pioggia cos intesa che sembrava scendessero
spilli dal cielo. Le stelle scomparvero dimprovviso.
La barca rischi di capovolgersi una volta, poi una seconda. Infine accadde.
Ero in mare aperto. La mia bocca imbarc tutta lacqua che non ero riuscito a bere di giorno.
Perch mi fai questo!. Urlai al cielo.
La vidi allontanarsi da me. La chiamai a squarcia gola: Salvezza!.

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Che controsenso!
Ti imploro! Smetti tutto questo! Abbi piet di me!. Gridai rivolto al
cielo.
Era come un incubo, il peggior incubo che si potesse vivere: in mezzo al
mare, di notte, con la burrasca, senza unancora di salvezza.
Che brutta morte!, pensai.
Questo era ci che il destino aveva in serbo per me?
Cosa avevo commesso di cos turpe nella mia vita per meritarmi tutto
questo?
Per un po provai a nuotare in senso opposto ai giganteschi flutti che si
frangevano contro il mio corpo in balia del procelloso mare. Poi, preso dallo
sconforto e dalla stanchezza, ritenni pi opportuno, per conservare le ultime
forze, pormi in posizione di morto a galla e lasciarmi trascinare.
La scelta dello stile forse non era un buon presagio , cos disse il mio
alter-ego.
Ero allo stremo. Da troppe ore mi trovavo trasportato a destra e manca
dalle onde rischiando di affogare. Riuscivo a riemergere, ma non avrei resistito per molto: la forza del mare mi spingeva troppo a fondo, cos non
avendo modo di trattenere abbastanza il respiro.
Fu in quel momento che accadde l'improbabile.
Un lampo squarci il cielo permettendomi di intravedere in lontananza
degli scogli, un faro.
Pensai ad una fata morgana. La vista era annebbiata. Forse era arrivata
la mia ora.
Cominciai a nuotare con tutte le forze che mi erano rimaste verso quella
direzione, aiutato dalla forte corrente.
Lo raggiunsi. Era uno scoglio in mezzo al mare.
Una stella, lunica che si poteva osservare lo illuminava. Mi attaccai e,
schiacciato dalle onde contro lo stesso, vi salii arrampicandomi: ivi trovai la
mia barca rivoltata. La salvezza.
Stremato svenni.
Quello scoglio non fu pi da me abbandonato. Vissi i miei ultimi giorni
di vita riuscendo a sopravvivere mangiando i pesci e bevendo il loro sangue.
La leggenda narra che in mezzo ad un mare lontano, quando i marinai si

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trovano in difficolt, durante le burrasche pi violente, quando il cielo diventa nero ed oscura gli astri, riescano a ritrovare la via perch appare loro,
come nella mitologia celtica, uno scoglio in mezzo alle onde, sulla cui cima
essi hanno la visione di un faro che squarciando l'oscurit, li aiuta a far ritorno.
Raccontano ancora che vedono un uomo con i vestiti laceri che con la
luce proveniente dal faro illumina loro la scia.
Non si conosce se sia mitologia o realt ma tale scoglio, tale faro stato
battezzato salvezza.

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Sarai il mio Armaduk sul mare(*)


Piccole emozioni di un invalido alla ricerca della felicit.
Marco Caputi
Le sette del mattino e sono in anticipo.
La banchina deserta e Alfa 13, il Comet 11 di Ernesto, chiuso.
Sono perplesso, un senso di vago timore mi pervade; forse non ho valutato bene la situazione quando lui, una sera davanti al camino di casa mia, ha
domandato da quanto tempo non andavo in vela; forse, invece di rispondere
da troppo, avrei dovuto glissare.
Era venuto a trovarmi per chiedermi consiglio su un caso difficile e, mentre parlavamo, aveva visto sul tavolinetto accanto al divano una foto incorniciata nella quale ero ritratto con Roberta e Mauro Mancini alla presentazione
stampa di un portolano nella collana il Tagliamare di cui lui, giornalista, che
allepoca lavorava alla Nazione di Firenze, era autore.
Mauro adorava il mare e di mare sarebbe morto.
Allepoca possedevo una barca, un vecchio splendido Sangermani sul
quale purificavo, ad ogni refolo di vento che potevo catturare, il mio spirito
costantemente stuprato dalle corrispondenze di guerra che ero costretto a
fare come inviato speciale.
Amare il mare solo un vago modo di ciarlare; per chi lo conosce qualcosa di pi, che ti coinvolge in quella sensazione dinfinito che pu essere
interpretata solo dalle parole del grande poeta millumino dimmenso:
unespandersi di luce allinfinito con sussurri, bisbigli, rincorrersi di movimenti e caleidoscopica follia di colori mossi dal vento della bolina o del gran
lasco, mentre nell anima percepisci il meraviglioso piacere della ricerca di
una meta che cambia e si rinnova costantemente.
Sono l sulla banchina quando vedo, sulla terza bitta di levante, un bianco
dali che incorniciano il becco giallo.
- E tu, pennuto, che fai tutto solo?
- A me lo domandi vecchio? risponde piccato il gabbiano dimmi tu
perch arranchi su quella specie di trabiccolo?
- Non essere impertinente uccellaccio, non puoi strapazzare un invalido,
non te lo devi permettere!

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- Invalido? E che vuol dire?


- Tante cose gabbiano troppe per poter capire
- Che ci fai qui a questora dellalba?
- Cerco ricordi, per darmi il coraggio di ritrovare il piacere di un giorno
quando su quel mare, sotto quella vela, al timone, cera la parte pi bella di me.
- Quale coraggio?
- Quello di superare il limite: quei tre metri dalla mia carrozzina alla
poppa di Alfa 13.
Non facile, pennuto, credere in se stessi al punto di sentirsi in grado di
fare qualcosa che ti apparentemente negato al punto di renderti pauroso e
rinunciatario.
- Allora perch sei qui?
- Bella domanda uccellaccio, bella domanda
- E la risposta?
- Una sola, ma ci sar se tu mi aiuti
- E come?
- Se sarai il mio Armaduk e correrai, bianco, davanti a me sul mare. Tra
unonda che sussurra e una che canta mentre insieme si rincorrono.
- Chi Armaduk?
- Era il cane di un amico che, costretto in un letto, da una paralisi progressiva, sognava una nuova barca, una grande vela e tanti comandi elettronici
per poterla pilotare.
- Per dove?
- Verso lala della vecchia signora, gabbiano Armaduk.
- Parli difficile vecchio mio.
- Gi, ma ricordare mi ha dato lo spunto per provare
- Marco! Che fai, parli con i gabbiani? la voce di Ernesto alle mie
spalle.
- Forse mi sono rimbambito amico mio... ma dovevo vincere un momento difficile quello di uscire dallinutilit e tornare ad ascoltare la musica dellacqua quando canta la canzone antica che si suona tra prua e poppa,
lungo la fiancata, per incantare il navigante.

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(*) Armaduk era il cane da slitta di razza husky che aveva accompagnato Fogar in una fallita
spedizione al Polo Artico del 1982. Per 50 giorni aveva tenuto testa al freddo e ai venti polari,
aiutando il suo compagno di viaggio a superare la solitudine dei grandi spazi in un'impresa
oltre i limiti di ogni vivente tolleranza.
Nel testo riportata la pi famosa poesia di Giuseppe Ungaretti (1888-1970).
Mauro Mancini era un giornalista, autore dei libri della collana Navigare lungocosta. Nel
1978 con Ambrogio Fogar, si avventura con la barca Surprise, in una navigazione oceanica
dalle conseguenze tragiche. La barca affond nellurto con un branco di orche. Furono recuperati
da un mercantile nella loro zattera dopo 74 giorni dal naufragio; Mancini mor dopo due
giorni.

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Dalle 8 alle 8
(un pap Comandante, una mamma Assistente di viaggio,
un fratello maggiore da sconfiggere e io, verso il Mare.)
Stefano Cardillo

Mancano 59 minuti alla partenza!


Le parole del Comandante, quelle stesse parole che aspettavo da quando,
ieri sera, ho spento la luce della mia lampada sul comodino, pronunciate
esattamente come me le aspettavo, con la stessa teatrale enfasi carica di giocosa ironia, mi svegliano nel modo in cui solo oggi, oggi 1 agosto 1975 e non
gli altri 364 giorni dell'anno, mi posso svegliare.
Oggi quel giorno che viene solo oggi.
Oggi ci si sveglia ben coscienti che il ritmo abitudinale del tempo che
passa consueto durer ancora 59 minuti, poi sar stravolto da un ritmo del
tempo nuovo, o meglio non vissuto per un anno intero e oggi ritrovato. Il
ritmo del viaggio infinito verso il mio mare.
Un ritmo del tempo carico di Avventura, quella con la A maiuscola che
sa vivere un bambino di 10 anni pre-globalizzato.
Perch oggi mi sveglio nel mio letto, mi infilo le mie ciabatte, vado a lavarmi nel mio bagno; ma di qui a poco il tempo di cose rassicuranti perch
consuete viene strappato via di colpo da una automobile con un nome da
battaglia, Fuego, che, anche lei, allinizio percorrer le strade consuete ma
poi non pi, per un giorno intero, fino a quando si abbandoner sfinita al
ferry boat che la prender in braccio per cullarla sulle onde dello Stretto e
consegnarla alla Madonnina benedicente sul porto larrivo dei viandanti a
Messina e che ci saluter con un benvenuti nella terra natia.
Un giorno intero un tempo lungo per un viaggio, un tempo sufficiente a trasformare un viaggio verso le vacanze estive in un avvenimento
che ti porta in unaltra dimensione, un tempo che mi metter alla prova e
che finir quando sar stremato dal tempo passato, che mi avr portato davanti a quella spiaggia dove possibile mettere, come mi dice il Comandante
per insegnarmi a sognare, una gamba nel Tirreno e l'altra nello Ionio, nel
quasi nuovo perch non frequentato, nella terra esotica delle origini.

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Alla fine di questo tempo guarder stupito la maglietta che avr indosso,
il livido procuratomi nel tempo consueto, le cose consuete nella tasca dei
jeans, e mi stupir che tutto ci mi avr seguito fino a quel punto, fino alla
fine di quel tempo, fino a quel posto di cui n la mia maglietta, n il mio livido, n la figurina dentro alla tasca fanno parte.
No, perch io sono un cittadino modenese fiero di esserlo, tifoso emozionato sui gradoni dello stadio Braglia quando mi ci porta pap, assatanato
cliente della migliore pizzeria al taglio del centro della citt, utente avventuriero quando gioco a viaggiare sull'autobus fino al capolinea e ritorno.
I miei primi ricordi di vita sono un balcone modenese sulla Via Emilia e
un triciclo rosso (Fuego!) sul quale imitare Giacomo Agostini.
Ma sono nato a Messina, sono nato sul mare e dentro, nel mio Fuego
interiore, qualcosa mi attira verso quel posto che raggiunger, Dio volendo,
tra 12 ore.
Mancano 44 minuti alla partenza!
Il comandante ci ricorda che il tempo consueto va esaurendosi velocemente.
Intorno a me percepisco la tensione emotiva di questa consapevolezza,
leccitazione per limminente salto nel nuovo gi vissuto, ma sempre nuovo.
Lassistente di viaggio vive pi intensamente quel che resta del tempo consueto.
Per lei pi consueto che mai, a lei tocca ogni giorno pianificare le attivit
di bordo, anche nei 363 giorni in cui non si viaggia per un giorno intero.
Il ragazzo grande di mondo che divider con me i posti di dietro vive il
consueto agli sgoccioli come il resto, lui scafato e il tempo ce lha in mano,
pure quando agli sgoccioli.
Lo osservo e penso alla convivenza forzata con lui che mi aspetta nelle
prossime 12 ore.
Studio col pensiero le strategie pi efficaci per far convivere pacificamente le mie gambe bisognose di allungarsi con le sue.
Giocher in trasferta, ne sono consapevole, perch le sue sono pi lunghe
e questo accresce i suoi diritti di occupazione dello spazio.
E poi ha il certificato di fratello maggiore adolescente, non si scappa.
Sar dura, lo so.

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Combatter da guerriero con la nobile arte da guerra dei posti di dietro,


sconfitto in partenza dalla soverchiante potenza del nemico ma con lonore
di chi non si sottrae al suo destino.
Mancano 29 minuti alla partenza!
Avr dormito bene il comandante che scandisce la fine del tempo consueto? Non un dettaglio da poco.
Il rischio enorme: in caso di mancanza di sonno ci si pu ritrovare di
colpo sottoposti al supplizio della veglia immobile e silente sul comandante
che dorme nel posto di guida parcheggiato allombra precaria di un tetto di
paglia del parcheggio di un autogrill di un posto inconsueto.
Un incubo supplementare nel momento pi impegnativo, quelle ore centrali della giornata dove non hai pi la freschezza dellinizio e lo stupore del
tempo del viaggio che ti porta via dal tempo consueto e non hai ancora la
speranza della meta della sera, quando ti sei emancipato dalla vita reale e cominci ad assaporare il dolce sapore dellesotismo della terra natia.
Quando vedi il mare che non ancora il tuo mare ma ci assomiglia, e la
strada si trasforma pian piano nel fido scudiero della terra delle origini.
Mancano 14 minuti alla partenza!
Lassistente di viaggio si spazientisce.
La partenza avverr quando lei avr dichiarato di aver esplicato tutte le
pratiche necessarie al viaggio, non tra 14 minuti.
Le mamme hanno sempre ragione, e che diamine!
Ma il Comandante ha promesso a se stesso che il viaggio durer esattamente 12 ore, dalle 8 alle 8 e alle 8 della partenza mancano 14 minuti.
Due filosofie di vita a confronto, due vite in amoroso conflitto da sempre,
un gioco delle parti recitato alla perfezione, la sceneggiatura di viaggio senza
la quale non ci sarebbe viaggio.
Siamo partiti alle 8.02 e miei genitori hanno litigato per questo fino a
Bologna. Nella prima notte messinese mi hanno fatto un po' male le gambe.

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Sotto lombrellone
Tommaso Casale

Non mi era capitato mai prima un cielo cos vuoto.


Non agitato e non mutante, senzaria.
Quasi mi soffoco.
Neppure da bambino.
Mi era.
Capitato.
Ci vedevo sempre qualcosa dentro, una nuvola a forma di mulo, una a
forma di hula hop, una a forma di pizza napoletana, una a forma di occhi di
mamma, mia.
Ci vedevo il sole.
La brezza, che quel vento di mare fastidioso, impoetico, mica bello eh..
per chi ha pochi capelli come me.
Dicevo.. labrezza, tutta attaccata, odora di cose attaccate, sigaro toscano,
di abbronzante e di un omicidio di telline e granchietti spiaggiati .
Un bambino gioca con i suoi versetti strani e con un progetto di castello
di sabbia.
Una mammina tenera, molto retard, lo richiama da vicino con urlo da
lontano.
Il bimbo, per niente fesso, assorbe lurlo con lepidermide, ignorandolo.
Il vento di un elicottero della finanza illumina un sobborgo di meduse
bianche, luce fredda demergenza marina.
Appare un sole circonciso, prevedibile, imprevedibile, a scelta.
tutto quello che ho dice una donna, bella.
Lo dice attraverso il suo bikini stampato di rose, pieno di seno.
Mi prendo met di lei con lo sguardo.
Cammina sulle punte, sollevata da un cric di aria di mare.
Per essere precisi sono le 9 di un mattino domenicale di Luglio.
Sto su un lettino reclinabile a strisce accanto ad altri lettini reclinabili a
strisce.
Un terzetto di bagnini, simpatici di professione, lavorano per il ripristino

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ambientale, nellimitazione di un villaggio di villeggiatura.


Setacciano con tre retini smagliati cicche di sigaretta, ossi di seppia, ossi
di percoca.
La donna bella svela al suo pubblico ristretto e sfacciato che il tempo
passato a guardarla pur avendo un grande valore pedagogico sta per finire e
se ne va.
Il pubblico dello stabilimento, distratto, disposto in tre file di ombrelloni con uno spazio putativo risicato e con tre zone di fuso orario comportamentale.
Gli uomini hanno quasi tutti i baffi, occhiali a specchio e capelli cementati
antivento.
Le donne hanno quasi tutte da ringraziare senza indugio una smaltista
impazzita.
I bambini si dimenano con sincronia perfetta tra secchielli, palette, pianti,
lamenti, patatine, acqua minerale e qualche scivolo gonfiabile.
Sedato dal vento, ho lunica fronte asciutta della fila e una pancia sofferta
lucida di un solare che riflette larticolo del quotidiano che sto leggendo.
Ai piedi una piacevole combutta con una borsa frigo e con i suoi diverticoli di chinotto.
Un treppiedi di plastica mostra un libro chiuso, non mosso dal vento.
Per una questione di rotazione quelli della seconda fila ogni tanto avanzano.
Schermo la luce con la visiera di un cappellino da tonto.
Un minuscolo comunicato vocale dice: Tommaso al bar.
Raggiungo la ragione di quellannuncio e trovo un fondale pubblicitario
di se stesso animato da una quota indefinita di facce contente, i miei amici.
Lospitalit di una spiaggia priva di sentimento si trasforma in una ruspa
emozionale.
Come faccio ad abbracciarvi tutti??......lo dico quasi al pianto.
Non ci devi abbracciare, siamo qui per caso.
Ho gli zigomi sporgenti color liquerizia masticata.
Loro sorridono mostrando denti e costole evidenti.
Tutto il lato destro, quello sgombro di mare pieno di gente che si vuole
bene.
E non lo vuole dire.

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Una rete tagliata


Jacopo Luca Casiraghi
Presi a correre che la campana del Molo Guardiano stava ancora battendo. Laria era calda e la posizione del sole non dava scampo: ero pi in
ritardo di quanto avessi immaginato. Sgusciai fra le gambe dei pescatori scartando il focone appena acceso e lasciai alle mie spalle i pescherecci e unintera
nube di gabbiani.
Mi uccideranno pensai, ma invece di affogarmi, come avevo immaginato, Berto mi aveva scosso solo un paio di volte per poi indicare la sciabica
che faceva ritorno attaccata alla boa arancione.
Lascialo in pace disse Maria, che nonostante fosse una ragazza batteva
tutti in altezza, non sarebbero servite a niente un paio di braccia in pi:
guarda, vuota e sgonfia.
Era vero e la banda sassiep attorno al paio di granchi e alla manciata di
alghe che testimoniava il nostro fallimento. Io dovetti mettermi sulle punte
per vedere oltre le spalle dei miei amici.
colpa del suo ritardo insistette Berto indicandomi: lui sa dove buttare
la rete.
Chi? Giacomo? Ma se tira ad indovinare! esclam Maria, non si tratta
di un errore: guardate la rete che ne dite?
Che sbrogliarla sar un macello chios Berto.
No, dico dei tagli, guarda che buchi e che falle! Da qui a qui! Non lavevamo controllata?
Ieri sera, almeno un paio di volte ammisi.
Controllata male, dico io brontol Berto.
Non diciamo sciocchezze: erano in tre ieri sera a rattopparla. Nessun
errore ve lo ripeto. Qui abbiamo un sabotatore! E il tono di Maria non ammetteva repliche.
Cos quella mattina facemmo un processo.
Andammo fra le cabine del lido, dove la sabbia era ancora umida e fredda
fra le dita dei piedi. Cera laccusa e anche un Giudice, come in televisione.

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Il problema era trovare gli impuntati o come diavolo si chiamano, quelli


che insomma dovevano essere puniti. Il delitto? Qualcuno aveva tagliato la
rete favorendo cos la fuga del nostro pesce.
Che sia nostro quel pesce non ci sono dubbi. Maria indic il molo alle
sue spalle: pescare con le barche facile, non si suda e si fatica come a terra.
In realt una barchetta lavevamo pure noi e serviva per buttare la sciabica
al largo, poi tira tira, cinque ragazzi da un lato e cinque dallaltro, la rete rastrellava tutto: dai pesci alle meduse. Questo in teoria. La nostra aveva pi
buchi che un colapasta e lunica cosa che riuscivamo a pescare erano quelle
alghe verdi e rosse che sembravano la barba dei tritoni.
Se trovo il colpevole gli rompo il muso con questo pugno, lo giuro,
croce sul cuore! disse Berto. Io rabbrividii: un suo pugno poteva spedirti
sulla luna se avesse voluto.
Tu sai chi stato? Mi chiese Maria. Me lo chiedeva perch io sapevo
sempre dove si trovava il pesce cos come indovinavo quando passava il carabiniere al mercato, o quando Giordani, il professore di matematica, girava
sul molo con la sua vespa nuova di zecca.
Qualcuno con un coltello di sicuro, disse Beppe e che sa dove nascondiamo la rete
Di coltelli non che ne avessimo molti. Berto aveva perso il suo tuffandosi dalle capanne dei pescatori e quello che aveva Maria neppure lo cavava
dal suo nascondiglio. Se lo avesse perso avrebbe pianto per due giorni filati
come quella volta che aveva trovato il corpo di un bastardello. Che c?
Anche i capi piangono! ci aveva detto e questo aveva zittito tutti.
Potremmo nasconderci nei pressi della rete e aspettare dissi. Se si avvicina qualcuno
Bastonate! Grid Berto.
Poi il bagnino comparve fra le cabine. Ci odiava perch Berto spiava le
signorine in costume. Teppisti, furfanti! sbrait il viso rosso cotto dal sole
se vi acchiappo, ma noi eravamo gi di corsa, per strada.
Il mio piano venne approvato, cos, dopo averla rattoppata, nascondemmo la rete nel solito posto: fra lerba folta dietro il poligono di tiro. Poi
ci infrattammo anche noi, tutto il gruppo, per essere certi di tenerci docchio
lun laltro e di poter intervenire in forze se si fossero presentati guai.

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Ben presto il sole era tramontato e il mare era diventato tanto nero e
buio da sembrare catrame. Lunico suono era il rotolare delle onde sui sassi
della spiaggia. Poi arriv un vento freddo come gli abissi. Le stelle apparvero
nitide e io mi ritrovai a sbadigliare stanco morto. Maria si era accovacciata al
mio fianco e uno della banda aveva preso a russare. Infine cedetti addormentandomi alla nenia della risacca.
Dopo qualche minuto od ora, non so, aprii gli occhi consapevole che
stesse per accadere qualcosa. Dalla riva giungeva un rotolare e un calpestare
mai udito prima: era come se tutti i sassi delladriatico si fossero messi in
marcia. Vidi queste falangi levigate zampettare verso il sottoscritto. Pensai
di sognare ma poi sentii Maria muoversi al mio fianco. Le presi la mano trattenendo il respiro.
Ognuno di quei ciottoli levigati era in realt un granchio con le chele alzate. Una marea di granchi marciava verso il nostro nascondiglio! In realt
non puntavano a noi quanto alla rete che zac-zac in quattro e quattrotto avevano sforacchiato. In breve il fiume corazzato aveva cambiato direzione ed
era ritornato verso il mare in ordinati ranghi.
Rimanemmo al buio, mano nella mano, e nessuno dei due os spiccicare
parola.
Il giorno dopo la pesca non si fece: la rete era troppo malridotta e almeno
la met di noi avrebbe preso una lavata di capo per la sortita notturna. Alla
fine in spiaggia rimanemmo solo io, Berto e Maria.
Te la sei inventata questa disse Berto. La storia dellarmata di granchi
non lo aveva divertito affatto: se non volevate pescare bastava dirlo e se ne
and offeso le mani in saccoccia.
Io so cosa ho visto bisbigliai a Maria.
Lei mi fiss sorridendo, poi appoggi la sua fronte alla mia: non credevo
fossi tanto coraggioso disse.
Io sbalordii: non sapevo cosa fare ma per fortuna ci pens lei a fare la
mossa giusta.
Poi non potei far altro che ringraziare i granchi delladriatico per il mio
primo bacio salato.

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Blu come un impatto, forte come il mare


Alessandra Chiappori
- Ehi amico, su dalle brande! Niente, sonno profondo.
- Giorgio! Ti vuoi svegliare?
Gli era toccato gridargli nelle orecchie, chinandosi sul cuscino dellamico. Come risposta, unemissione gutturale di natura non definita.
- Forza, muoviti! Tra neanche un quarto dora arriva Tore gi col gommone, non possiamo farlo aspettare, s preso una giornata libera per portare
noi a zonzo!.
A quellaffermazione, la coscienza di Giorgio si era smossa. Forse non
era il caso di far aspettare troppo uno che quel giorno li avrebbe portati gratis
a fare un po di giri in mare. Vacanze a Carloforte, sullisola di San Pietro:
un mondo da scoprire. E come, se non dal mare?
Nonostante fosse nato e vivesse a Genova da trentanni, Giorgio aveva
da sempre coltivato un rapporto di rispettosa e distaccata ammirazione per
il mare, elemento cos preponderante nella sua citt. Niente di pi per.
Poetico e spettacolare, rifugio nelle giornate no, distensivo in quelle positive,
mira dello sguardo quando andava a correre, pace dello spirito quando era
stressato. Ma il mare, lui, in fondo non laveva mai vissuto. E quella vacanza
in Sardegna si stava rivelando giorno dopo giorno una specie di campo avventura per ragazzini vogliosi di conoscere il mondo, frantumando il suo
sogno di soggiorno rilassante, ma costruendo nuove sensazioni, inaspettate
e intense. Come quella di sentirsi un po a casa capendo il dialetto locale, di
riconoscere limpatto dellantica occupazione genovese nei balconcini e nelle
persiane delle case.
Quella mattina, con aria frastornata, si era buttato gi dal letto, aveva
ingoiato il caff e si era infilato un costume. Neanche il tempo di rendersene
conto ed era gi sul gommone. Tore sembrava sveglio da sempre. La pelle
nera, cotta da sale e sole, gli occhiali da skipper e il cappellino, si era presentato con una vigorosa stretta di mano:
- Pronto a innamorarti?

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ed erano partiti.
Gli spruzzi in faccia e laria salina che gli impiastricciava i capelli, Giorgio, turbato da quella guida spericolata e dai continui sobbalzi, aveva sempre
pi voglia di tornare a dormire. Non aveva mai viaggiato cos libero in mezzo
al mare, e da un certo punto di vista gli piaceva, gli regalava un insolito senso
di sconfinata libert. Pensieri troppo filosofici, evaporati con lesortazione
di Fabio, gi in acqua da un po:
-Vieni gi, una favola!
Invitante, certo. Ma erano pur sempre in mare aperto. Una scogliera di
fianco, e poi solo orizzonte.
Ansia o meno, non gli restava molta scelta, e, dopo un tempo di preparazione dilatato, si era tuffato da poppa, gi armato di tutto punto di pinne
maschera e boccaglio. Pessima idea, se ne era immediatamente reso conto.
Limpatto gli aveva fatto staccare la maschera, e ora gli sembrava di sprofondare allinfinito, senza vedere niente, in un freddo totale, in uno spazio senza
barriere. Credeva di soffocare, non avrebbe mai avuto laria necessaria a risalire. E stava in un certo senso affogando, le vie respiratorie colme dacqua
salata che si insediava, annebbiandogli il cervello e intasandogli i polmoni.
Quantera durato quel tuffo? Pochissimi secondi, per poi riemergere in
superficie trasportato da forze non sue, con il cuore a mille e il fiatone, annaspando per poter stare a galla, bevendo altra acqua dallo spavento. Era vivo.
Incredibilmente scampato alla tragedia. Tragedia di cui, peraltro, nessuno
sembrava essersi reso conto a giudicare dai sorrisi di Tore e dallincalzare di
Fabio:
- oh, ci sei? Questa unantichissima parete lavica, vieni a vedere che
spettacolo sommerso.
Il tempo per riprendersi non gli era stato concesso: forse perch, in
fondo, non cera niente da cui riprendersi. Ancora ansimante e sconvolto dai
movimenti liquidi che da un momento allaltro si era trovato a compiere con
spontaneit, Giorgio si era tranquillizzato, aveva regolarizzato il respiro, e
potuto inserire il boccaglio.
Se dapprima, infilando la testa in acqua, quei movimenti flessuosi di alghe
sulla roccia sommersa gli avessero comunicato un certo turbamento, avvicinandosi si scopriva una babilonia fluida e floreale. I colori delle rocce, lava

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incandescente pietrificatasi in mare. Le bollicine create dal suo nuotare. La


mirabolante variet di organismi che tra quelle pareti e la sabbia vivevano
indisturbate, in un mondo incontaminato e indipendente. Gi nel blu.
Gi nel blu, dove tutto si muoveva rallentato e plastico, dove i raggi del
sole entravano come lamine abbaglianti e rimbalzavano lacqua di tinte fluorescenti.Tutto era sommesso, calato al dolce ondeggiare delle alghe. Ritmico,
onirico. Regolare a tratti, per poi spezzare la melodia con spruzzi di sabbia
tra cui compariva un riccio, aculei nero di seppia, luminescenti. Movimenti
lenti, pacifici, rilassati. Non era blu oceano, inquietante di mistero e profondit. Era il paradiso azzurro, il nirvana dellanima, londeggiare dello spirito,
felice e in armonia con luniverso.
Sarebbe rimasto cos per ore, a stella marina, trasportato dalla corrente
lieve, osservando incantato il fondale, esplorando meravigliato le grotte a
pelo dacqua, ridendo delleco delle voci sua e di Fabio. Credeva che la vacanza al mare fosse spiaggia e asciugamano steso al sole. Credeva che la pace
fosse quella. Secchielli, urla e ghiaccioli. Perch il mare lo vedeva tutti i
giorni, ma non ci era mai entrato dentro.
E scorrere il dito sulla cresta dellonda lasciata dal gommone, in un tramonto lilla sulla scia del ritorno, non guardarlo dal lungomare, piantato a
terra. esserci dentro, starci proprio in mezzo a quel blu. Un puntino umano
invisibile e felice, parte di quello sconfinato mondo sommerso.

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Il mare di Jules
Roberto Cipolato

Il vento arriv allimprovviso da ovest, foriero di tempesta. Il cielo terso


cambi presto umore lasciando spazio a torreggianti cumulo nembi che si
ammassarono minacciosi allorizzonte come un armata prima della battaglia.
Il vecchio guard i gabbiani sfilare sotto le nuvole e puntare verso la terraferma. Gocce di pioggia gelida miste a grandine presero a flagellare il ponte
di legno della vecchia goletta. A dispetto degli anni Jules sal con agilit sul
castello di prua dellEtienne reggendosi sulla scotta della grande vela aurica.
Non sembrava preoccupato mentre guardava verso il largo, una vita passata in mare ti prepara sempre al peggio. Aveva alle spalle quarantanni di
esperienza nella marina militare francese ed alle tempeste era preparato. Attorno agli occhi, profonde rughe striate gli conferivano la tipica espressione
da vecchio lupo di mare, regalo di una vita trascorsa strizzando lo sguardo
al riverbero del sole. Quegli anni intensi passati tra gli oceani gli resero estranea la terraferma e cos, una volta in pensione, si compr quella vecchia
goletta che per anni aveva visto ormeggiata dondolarsi mestamente ogni volta
che tornava alla base di Brest.
Prese cos le sue quattro cose trasferendosi sull Etienne. Dopo mesi di
lento ed amorevole restauro la barca fu pronta a riprendere il mare. Era sempre stato un tipo solitario e senza far troppo rumore, a sessantanni con quella
barca fece il giro del mondo. Non ci si vedeva proprio a rintanarsi in qualche
posto da vecchi spegnendosi lentamente, se doveva fare il grande salto sarebbe accaduto in mare. il mal tempo ormai era arrivato, pens a quello che
si diceva nelle bettole del porto vecchio, il mare della baia non era pi quello
di una volta. Soppes il da farsi, doveva sfuggire in fretta alla tempesta, si
decise per sciogliere anche la vela a prua per guadagnare qualche nodo. Ag
rapidamente con gesti esperti,la tela grezza, di un colore rosso acceso sal
velocemente lungo lalbero sbocciando in un istante tendendosi al vento.
Due baffi di spuma bianca si aprirono ai lati della prua mentre fendeva
decisa le onde, la corsa era cominciata. Un raggio di sole lacer la coltre di
nubi. Allorizzonte, la sottile linea di fusione tra cielo e mare cominci a
muoversi. Prese i binocoli, un espressione di incredulit alter il suo volto
solitamente imperturbabile. Londa alta almeno sei metri avanzava maestosa
e inesorabile. Non poteva vedere la seconda ancora pi grande seguirla a

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circa un miglio di distanza. Rimase poco a pensarci s, si infil in fretta il


giubbotto salvagente e si prepar a riceverla. Butt sottocoperta tutto ci
che poteva cadere fuori bordo e chiuse il boccaporto. Chiedere aiuto via
radio era inutile, londa sarebbe arrivata molto prima, doveva affrontarla e
basta. Fece solo in tempo ad ammainare la randa, in meno di un minuto gli
fu addosso, anticipata dal crepitio del gigantesco muro dacqua.
Si scagli con violenza inaudita sulla barca rovesciandosi con fragore sul
ponte, Jules si port a fatica verso il timone, tenendosi al cavo di sicurezza
LEtienne si inclin, lott come un cavallo imbizzarrito ma riusc a scrollarsi
quella valanga dacqua rialzando cocciuta la prua, pronta a resistere. Fu un
colpo poderoso e in quella lotta impari luomo e la sua barca ebbero la peggio. La forza devastante del mare aveva spezzato lalbero. La vela strappata
era rimasta attaccata alla drizza e sbatteva con secchi schiocchi come una
fiamma al vento. Cerc di sganciarla ma era ostacolato dalle raffiche. Con
uno sforzo disperato apr il moschettone rimasto attaccato allalbero, il bozzello dacciaio della vela lo colp al volto provocandogli un profondo taglio.
Dopo quella sfuriata il mare si plac, una calma apparente cal allimprovviso. Si accorse di aver perso qualsiasi riferimento, nebbia e nuvole basse
avevano avvolto la zona. Prese fiato, cerc di fare una stima dei danni. Ridusse
a pezzi con laccetta il moncherino dellalbero che si era messo di traverso
tenendo sbandata lEtienne e sgomber il ponte. Era arrivato il momento di
avvisare la capitaneria. Il pannello radio era sottocoperta, aveva appena
aperto il boccaporto per scendere quando un boato si ingigant di colpo come
un crescendo dorchestra.
Gocce dacqua salata lo colpirono con violenza sulla faccia spinte dal
poderoso pistone della seconda onda che dissolse la nebbia irrompendo sulla
scena ad una velocit devastante. La parete dacqua verde, fredda come locchio di uno squalo a meno di cento metri da lui, gli gel il sangue. Superava
la prima di almeno un terzo, era cos alta che onde pi piccole e lente correvano sulla sua cresta come fedeli remore increspandosi in rivoli di spuma
bianca prima di rovesciarsi sul dorso. Per sua fortuna non fu aggressiva quanto
la prima. Sembr un manto di velluto blu quando si alz in una maestosa
progressione per un fronte largo un paio di chilometri. Sollev la barca come
un mostro che emerge dagli abissi. LEtienne sal verso la ripida cresta con
un angolo assurdo e avrebbe dovuto gi ribaltarsi. Jules era come in trance
affascinato da quella dimostrazione di forza, poteva vedere le nervature iridescenti dellacqua allinterno del gigantesco tunnel formato dall'onda men-

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tre si rovesciava. La goletta rimase sospesa un interminabile istante sulla cresta prima di precipitare pesantemente nellincavo con un tonfo sordo che
sembr squassare lo scafo. Londa pass, prosegu la sua corsa inarrestabile
verso il porto lasciando sbatacchiare la barca come un guscio di noce. Ce la
faremo anche stavolta disse tra s.
L Etienne era in acqua dagli anni trenta, gemeva e scricchiolava, ma assieme ne avevano affrontate di situazioni difficili. Probabilmente una volta
allattracco qualcuno gli avrebbe detto male parole per essere uscito ancora
da solo. Non aveva pi let dicevano, prima o poi getteremo nella baia una
corona di fiori. Che ne sapevano loro del mare. Brontol in silenzio, asciugandosi il rivolo di sangue che gli colava copioso dal mento, guard in s,
verso il cielo, forse a cercare lattenzione di Dio. A questo pensava, mentre
navigava verso il porto. In un lancio di dadi, cielo e mare rimasero a contendersi quel puntino solitario decidendo il suo destino.

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Romantici ricordi
Antonia Colella

Mi ritrovo qui, sola e pensierosa,seduta su questa spiaggia che ha trattenuto


in s, per tutta la giornata,il calore sprigionato dal settembrino sole. Vedo in
lontananza passeggiare, mano nella mano, una coppia di anziani, testimoni di
un visibile grande amore, che a tratti si abbracciano e fissano felici limmensit
del mare. Il soave suono delle onde che a riva bagnano i miei piedi mi riporta
a pensieri lontani, dal sapore di spensieratezza e adolescente amore.
Era unestate di diversi anni fa quando, scanzonata giovane donna,conobbi te in modo decisamente insolito.Ti vedevo da lontano girare e rigirare
una cartina stradale e guardarti intorno, come un imponente galeone che ha
perso la sua rotta. Chi lavrebbe mai pensato che saresti stato il mio dolce
tormento e lartefice di uno dei periodi pi spensierati della mia vita!
Suscitasti in me un misto tra curiosit e dolcezza e, solo dopo alcuni minuti in bilico sul da farsi, decisi di venirti incontro. La tua lingua straniera mi
spieg che eri partito dalla tua terra natia per conoscere nuovi posti. La sintonia fu immediata; non mi sarei mai stancata di ammirare e contemplare i
tuoi occhi cerulei come linfinit del mare. E proprio questo mare fu testimone delle nostre lunghe passeggiate e di infinite parole dette sulla sua riva.
Era pura magia quando aspettavamo in silenzio la sera e lo spuntare della
luna: vederla uscire di soppiatto dalla linea nera che separa il cielo dal mare
per poi alzarsi timida con la sua luce candida era uno spettacolo divino.
Ora sono qui,sola e malinconica,a rimirare lo stesso mare che ci ha visti
brevemente felici; questo mare stupendo che con il suo scintillare fa viaggiare
la mia mente verso pensieri lontani. Il mare pu rendere infiniti attimi piccolissimi ed infondere gioia e serenit anche alla persona pi cupa e sfiduciata.
La potenza e la magia del mare pu fare questo e molto altro ancora perch questa immensit ha la capacit di restituire tutto dopo un po, soprattutto i ricordi.

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Dalla finestra della scuola, al mare


Angelo Colombo
Dalla finestra della scuola si vedeva un capannone industriale con un
grande piazzale solitamente adibito a parcheggio di camion e macchine di
chi, dentro quel capannone, lavorava.
Alberto era un bambino quando scelse di navigare, rimase affascinato dai
racconti del nonno, sempre pacato eppure appassionato nel narrare vicende
di mare da lui vissute.
Le lezioni a volte erano noiose anche per chi, come Alberto, aveva scelto
il Nautico come base per il suo futuro. La finestra, il capannone e il piazzale
erano sempre l, e ogni tanto lo sguardo del futuro navigante vi si posava.
Una mattina, tra i fiori del pesco, quel piazzale sembrava avere qualcosa di
diverso: persone che andavano e venivano e una certa agitazione che fino ad
allora era mancata. Alberto guardava spesso la finestra, in attesa di quello
che doveva dare un senso a quel movimento di persone, a quella tensione
che poteva percepire senza capire. Attese fino a quando dal capannone vide
uscire qualcosa, lentamente, con voci che arrivavano fino al suo banco e che
invitavano qualcuno ancora celato dalla struttura a fare attenzione, a muoversi
piano, a venire un po a destra, poi un po a sinistra e infine dritto. Loggetto
misterioso prendeva forma e Alberto era gi l con gli altri sul piazzale, lontano dalla sua aula e dalle parole di chi voleva insegnargli le nozioni teoriche
per affrontare una vita in mare. Lemozione cresceva insieme alla sagoma
che usciva lentamente dal capannone su un insolito carrello. Lattenzione di
Alberto era tutta per quello che accadeva su quel piazzale, dove uomini con
occhi attenti osservavano ogni piccolo movimento di quella sagoma sempre
pi affascinante per quel giovane studente, che mai, avrebbe pensato di avere
a pochi metri dal suo banco di scuola qualcosa di simile.
Il sole del mattino dava ora forma a quella sagoma, facendo splendere le
superfici e gli acciai.
Ciao, da dove sbuchi tu? a rivolgere la parola ad Alberto era un signore pi giovane di suo nonno ma pi anziano di suo padre, con i capelli
bianchi, gli occhi chiari e un sorriso amico.

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Vengo da scuola - indicando ledificio ho visto dalla finestra che


stavateinsomma, questa!
Ti piace?
E bellissima
Ci sei mai stato su una cos?
No mai, credo che la mia famiglia non potrebbe averne una.
Per andarci non indispensabile possederla. Quanti anni hai?
17.
Domani la dobbiamo provare, la mettiamo in acqua qui sul fiume e andiamo fino al mare. Puoi venire con noi se vuoi, magari ci dai anche una
mano.
Ma io non so fare molto
Non sai scrivere?
S certo
Allora ci aiuterai a registrare tutti i dati che dobbiamo rilevare se ne hai
voglia.
Certo, avviso i mieiper la scuola
Naturalmente, digli pure di chiamarmi se vogliono, il mio numero
qui, guarda.
Alberto prese il biglietto da visita sovrastato da un nome in blu che era
linverso del cognome di quel simpatico signore. Guard attorno un po confuso e insieme eccitato, cap che quella mattina rappresentava un momento
importante, questo in parte lo emozionava e in parte lo spaventava.
Era il 1984, Alberto non mai sceso da quella barca e continua oggi ad
emozionarsi quando ne vede di nuove, chiamato a provarle per conto di chi
si affida al suo giudizio per decidere se acquistarle. Quel simpatico signore
dal sorriso amico e gli occhi vispi non lo ha pi rivisto, ma sa che nonostante
let ancora impegnato a costruire barche, seppur con un nome diverso da
quelle che costruiva allora.
Sarebbe bello ringraziare - pensa oggi Alberto la persona il cui cognome allinverso ancora simbolo di una nautica fatta di uomini che sperimentano, ricercano e creano seguendo una passione autentica, la stessa di
quella mattina di primavera nei suoi occhi, la stessa che ancora oggi, entrambi, posano sul mare.

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Mario
Mauro Corsini
La ragazza continua a camminare sorridendo, senza neppure guardare
davanti a s. Che scemo che ! Ora gli dico che uno scemo, dai! Cos i suoi
pollici duettano nervosi e frenetici con la tastiera del cellulare, nella paralisi
della sua attenzione.
La passeggiata lungo il viale alberato porta al mare attraverso una parata
di platani ben allineati.
La ragazza si allontana. Le fa eco il ritmico picchiettare sullasfalto dei
suoi zoccoletti di legno. Ed il leggiadro oscillare dei suoi ventanni.
Fino al confine dellorizzonte, quel mare incanta con il suo brulicare vivido di luce. Laria tersa dalla leggera brezza gli restituisce una nitidezza quasi
irreale. Il sole illumina radente le facciate delle case, tutte schierate sul lungomare, abbacinandole.
Luomo se ne sta assorto, poggiato al muretto che soffre al litorale come
unimmutabile balaustra di pensieri. Il mento sui gomiti. Fissa quellorizzonte senza degnarlo di uno sguardo. Perch lorizzonte delle sue riflessioni
ben oltre di quello. Coshai, Mario? Sembri triste. Sei forse malato? Sono
uno sciocco, vero? Perch non lascio in pace il tuo silenzio?
Mamma! Mamma! Guarda quanti sassi che ho preso! Stai attento
Mario! Non allontanarti troppo. E chiss poi dove sar Mario, oggi. Cosa
ne sar stato di lui. Lautunno ad Ostia arriva sempre con lintenso profumo
del libeccio, che increspa il mare e spruzza sui frangiflutti, riempiendo i polmoni di iodio e l'anima di primitiva vitalit. Luca aveva appena undici anni e
l'impazienza di ritornare a scuola lo torturava. Prima media! Comera eccitante nominarlo quel trofeo, quellattestazione di essere finalmente grande!
Mario di anni ne aveva diciannove e limpazienza di stringere la sua Lucia
sferzava in lui come una virile libecciata. Andiamo a comprare i quaderni,
andiamo, andiamo! Luca tormentava il fratello con la sua impazienza senza
concedere scampo. Unico antidoto era cedergli e condurlo al reparto cancelleria dei Grandi Magazzini del centro e l lasciar sfogare la sua eccitazione
tra matite e penne colorate, squadrette, righelli e tutta quella meravigliosa

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attraente variet di prodotti per la scuola. Emozione evanescente, che sarebbe


svanita gi alla fine di ottobre, ma irrinunciabile sino ad allora. ancora bello
il mare, sai? Ci sono i cavalloni e si possono cavalcare! In quale altro modo
poteva convincerlo quel rompiscatole di fratello? Rischiava di fargli saltare
lappuntamento con Lucia. Cero che ci sto attento, mamma non lo perder
di vista, s. I genitori gli avevano raccomandato di restare sempre con lui.
Perch lui era il fratello maggiore. Perch lui era un ragazzo responsabile.
Responsabile!
Schiamazzi e grida di ragazzi rincorrono un pallone. Ma Mario l, immobile. Lestate appena allinizio ed il caldo promette di essere il peggiore.
Come ogni estate ad inizio estate. Per Mario quellestate si chiamava Lucia.
Era Lucia. Ed a settembre prometteva di non terminare mai. Erano stati altre
volte insieme sulla spiaggia. Ci andavano nel pomeriggio, quando pian piano
il pi delle persone defluiva in massa verso la sera, a saziare le fresche vie
del centro con oziosi aperitivi e rilassanti passeggiate. Ci andavano nel tardo
pomeriggio, quando lei si lasciava baciare. Il pallone raggiunge il muretto
con una serie di piccoli rimbalzi, quasi scivolando sul fondo cosparso di granelli di sabbia. Non viene perso di vista un solo istante dagli sguardi concentrati dei ragazzi, che gli si avventano contro ributtandolo sempre pi in l ad
alimentare una rincorsa infinita. Quei baci avevano un sapore nuovo. Quello
dei grandi. E cancellavano la sua infanzia, la sua adolescenza. Sciogliendola
la facevano scivolare via. Avevano percorso quel viale quasi correndo. Luca
si consolava calpestando a saltarello una coltre di foglie noiosamente croccante. Mario era felice. Era un uomo ormai, Mario.
Il pallone schianta di colpo la vicina saracinesca delledicola all'angolo di
viale Stella Polare, ancora chiusa a quell'ora, e le grida dei ragazzi si confondono presto con il fischiare del trenino metropolitano che da Roma porta
ogni venti minuti un torrido convoglio gonfio di villeggianti, sudati e sbuffanti.
Luca? Dove sei Luca? Luca, Luca, mio Dio! Guardami Luca! Respira! Ti
avevo detto di non allontanarti, Luca! Che combinazione: uno, tra quei ragazzi, si chiama Luca. Luca, passa! Passa sta palla, Luca! I cavalloni si rincorrevano. Continuavano a rincorrersi. Erano allora duna impetuosit
inafferrabile. Ora, invece, la brezza che gioca con la superficie calma dellac-

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qua, la increspa appena un poco. Dove vai Mario? Dove? A volte il dolore invade lo spazio lasciato tra un respiro ed il successivo. A volte lo fa il silenzio.
Li ama entrambi, Mario. Respiro dopo respiro. Il dolore ed il silenzio diventano Mario Respirano per Mario. Pensano per Mario. Mario ora solo una
coltre afona di ricordi. Ricordi che si allontanano fino al confine dellorizzonte, su quel mare che pur incanta con il suo brulicare vivido di luce.

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In rotta per Alessandria


Brunello Gentile
Vedendolo perplesso sul gioco di cavi che gestiscono il varo delle scialuppe di salvataggio, glielo aveva spiegato.
Tra luomo ed il ragazzo che, di fronte al mare indifferente alla vita, seguivano la scia della nave in rotta da Corf ad Alessandria era nata unintesa
spontanea.
La ringrazio signore, mi presento: Paolo Fernetti - aveva detto il ragazzo
dal volto aperto.
Molto piacere, giovanotto, puoi darmi del tu!...
Alle 05.00 del 15 luglio Paolo sul settimo ponte a fissare oltre la prua.
Vuoi sapere dove ci troviamo? - una voce alle sue spalle lo fa sobbalzare:
lo sconosciuto del giorno prima.
Magari! risponde con un sorriso.
Luomo agisce sul GPS manuale.
Il faro sulla sinistra Capo Krios, quello pi avanti lisola di Gaudos.
Stai vedendo la costa occidentale di Creta, ancora 354 miglia per raggiungere
Alessandria.
Dovremmo arrivare domani!
Hai ragione! Alzato presto stamane?
S A quante miglia siamo dal primo faro?
Ti creo sullo strumento una rotta fino al promontorio che gli fa da base,
posiziono il cursore e poi go to ed enter. Ecco, appaiono dati: miglia allarrivo, rotta da seguire e tempo occorrente allattuale velocit. Vedi lisola
sullo schermo? Calcola tu la distanza dal secondo faro.
Porge lo strumento e lascia che il ragazzo agisca.
6,8 miglia! - La voce dimostra entusiasmo.
sveglio il giovanotto! - pensa fra s.
Bravo! Che indirizzo sceglierai dopo la licenza media?
Un giorno vorrei comandare una nave. E solo una speranza!
Allora saremo colleghi.
Comandante? - Paolo imbarazzato - Ma io ti sto dando del tu!

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Continua a farlo tranquillamente!


Anche tu ti alzi prestissimo la mattina!
Vivo solo, ragazzo, mia moglie morta 18 anni fa!
Figli?
No, ma ne avrei voluti.
Il ragazzo sente lemozione di quelluomo di fronte al mare e alla vita.
Capisce che deve intervenire in qualche modo.
Almeno lui, il figlio che non hai avuto, non soffre!
Perch tu?
Mio padre si risposato e, da quando la nuova moglie gli ha dato una
bambina, io come figlio valgo molto meno.
E tua mamma?
Anche lei si fatta unaltra vita, la vedo due volte allanno.
Ti alzi troppo presto, dovresti dormire di pi, Paolo! Il sonno loblio
che accompagna il riposo delle nostre tristezze... - luomo sospira, sa che
non cos per lui, da troppo tempo.
Al mattino il mare mi ascolta e mi risponde. Se lo dico a qualcuno mi
prende in giro.
Di dove sei?
Di Trieste. Da settembre frequenter il Nautico. Anche a casa mi alzo
presto e guardo il mare fino alle sabbie di Punta Sdobba. Gli chiedo di aspettarmi e di realizzare il mio sogno.
Gli hai affidato un sogno?
S! E, quando arriva, il vento da nord-ovest ripete le mie parole.
La tua nave viagger con il mare, il vento ed il tuo segreto?
Quel giorno Il segreto non servir pi. Sar io a decidere!
Luomo sorride: quelle parole sono semplici e profonde.
Ti piacerebbe visitare la plancia comando?
Gli occhi del ragazzo si illuminano.
Vieni, vediamo se ci aprono...
Avvicinandosi allingresso della sala comando chiedono di conferire con
un ufficiale e appare il comandante in persona.
Rino Ragusa!? Almeno dieci anni che non ti vedo! Perch non hai avvisato
che eri a bordo? Questo tuo figlio? Caro ragazzo, tuo padre stato

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un grande comandante! Entrate!


Il ragazzo si sofferma su ogni strumento. Un ufficiale si avvicina e scopre
di dover rispondere a domande molto specifiche. Parlano a lungo prima di
raggiungere i due comandanti che, dialogando, fanno riaffiorare ricordi comuni.
Comandante Ragusa, - esordisce lufficiale - mi complimento per la preparazione di Paolo: mi ha posto domande che solo persone esperte di navigazione fanno solitamente. Senza dubbio seguir le orme del padre!
Da questo momento - sentenzia il comandante, quasi a dare una disposizione al suo ufficiale - per tutta la durata della crociera, Paolo Ragusa sar
ammesso in plancia comando per mia personale autorizzazione! - poi, rivolto
al ragazzo - Vieni quando vuoi, con o senza tuo padre.
Caro Franco, - interviene Rino Ragusa prendendo per un braccio
lamico, allontanandolo di qualche metro e iniziando a raccontare una storia
inventata al momento - ricorderai che Alda, mia moglie, morta 18 anni
fa... Qualche tempo dopo ho avuto una breve relazione con una donna sposata e solo da poco ho saputo che aveva avuto un figlio, ufficialmente del marito, in realt mio. Donna e marito sono a bordo. Sullelenco dei passeggeri
il ragazzo identificato come Paolo Fernetti... Io sto facendo questa crociera
per stare vicino a mio figlio.
E bravo Rino! Se non me lo avessi confessato tu stesso non avrei mai sospettato che uno come te avesse doti da Casanova e ora scopro che ha anche
un cuore di padre. Trovo geniale lidea della crociera: ti ritrovi a navigare
con tuo figlio senza insospettire il marito!... Mah... Il ragazzo al corrente?
Credo sospetti la verit...
I due uomini tornano vicini allufficiale e al ragazzo.
Vuoi rimanere in plancia comando?
No, grazie, comandante... Andiamo a far colazione, pap? Poi vorrei che
mi spiegassi unattrezzatura che ho visto a poppa.
Dopo aver salutato escono dirigendosi verso il bar.
Scusami se prima ti ho chiamato pap. Non volevo perdere il privilegio
concessomi solo perch mi credevano tuo figlio.
Io ho fatto di peggio! Ho inventato una strana storia al mio amico Franco
e, devo confessarti, non so perch, ho fatto credere che tu sia mio figlio!

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Forse anchio non volevo perdere il privilegio che mi era stato riservato
come padre.
Scoppiano entrambi a ridere.
Facciamo colazione insieme? Avrei fame, pap!
Volentieri
Seduti al tavolo Paolo a parlare.
Dove abiti?
A Grado, con vista sul mandracchio.
Posso venire a trovarti?
Ho una barca a vela, ti va di uscire insieme? Cerco skipper!
Sai cosa avevo chiesto al mare?
Dovrei immaginarlo?
Che mi facesse trovare quel padre che sogno da sempre.
...Il mare indifferente, una nave in rotta per Alessandria

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Scilla e il mare
Valentina Grazi
Ogni giorno la bella Scilla si recava a fare il bagno nella spiaggia di Zancle,
sulla punta pi a est della Sicilia.
Alle prime luci dellalba raggiungeva la spiaggia dopo aver superato il
fitto di alberi che la nascondeva e si avviava verso uninsenatura arcuata, che
preferiva. Subito correva verso le onde e ad ogni passo nellacqua si sentiva
pi a casa, conciliata con le sue origini.
Per lei il mare era un genitore generoso, attraverso il quale gli era fornito
tutto ci che amava, e per questo gli era grata. Senza lacqua, mandorli, limoni, ulivi di quella splendida isola, non sarebbero potuti esistere, n i pesci
variopinti, o le conchiglie, dalle forme impensabili, o il rumore delle onde,
melodia dolcissima alle orecchie di chi, come lei, viveva in quel luogo.
Inoltre dal tratto di costa poteva vedere un lembo di terra oltre il mare e in
quello stretto si sentiva intimamente protetta.Voglio vivere in queste acque
fino alla fine dei miei giornisi disse una volta, senza immaginare che cos sarebbe effettivamente stato.
La ninfa attribuiva al mare il merito di tutto ci che di bello popolava il
suo angolo di mondo. Era colma di riconoscenza per quella madre grandiosa
che era lacqua, e ogni giorno discorreva con lei, nuotava, raccoglieva conchiglie, ascoltava il suo strano modo di comunicare. Si diceva che non era la
sola ad amare quel luogo; anche fiumi, torrenti, ruscelli rispettavano il mare
pagandogli con costanza un tributo in acque, proprio come ad un re.
Al tingersi di rosa dellaria, poi, si fermava a guardare la striscia dacqua tra
la Sicilia e laltro lembo di terra e sorrideva come si pu sorridere ad
unamica con cui si ha condiviso un bel momento.
Infine capitava che si addormentasse sulla riva, con le mani o i piedi che
sfioravano le onde al loro infrangersi sulla battigia. Chi lavesse vista dormire
in una simile posa, avrebbe detto che condivideva il suo giaciglio con una sorella cara, e che le stringeva la mano per sentirla vicina anche nel sonno.
Proprio in una di quelle sere, quando ormai la ninfa dormiva da tempo, abbracciata e cullata dalla sua amata genitrice, Glauco la vide per la prima volta,

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al chiaro di una grande luna. Nella luce perlacea distinse a stento dove finisse
la veste avorio di Scilla e dove iniziasse la schiuma delle onde e gli parve fossero un tuttuno. Gli piacque cos tanto quella visione, stim cos raro un
cuore che apprezzasse lumile elemento, che fin per innamorarsi della fanciulla. Si promise che sarebbe tornato a farle visita e sinabisso nelle acque
scure degli abissi.
Il mattino seguente, quando le manine della ninfa non riuscirono pi a
toccare il corpo delicato della loro mamma a causa della bassa marea, il sonno
della ragazza divenne un inquieto. Si svegli e lentamente sollev la testa
bionda dalla sabbia. Nellaprire gli occhi per si vide innanzi il viso maturo
di un uomo e lanci un urlo spaventato. Si alz di scatto e inizi a correre,
non dopo essere inciampata pi volte a causa dei sandali colmi di sabbia
umida. Appena le si par davanti una piccola collinetta vi si arrampic e tremante si rifugi su un gruppo di scogli che sinnalzavano dai flutti.
Intanto le onde si infrangevano fragorose sulle pareti di roccia e a Scilla giungevano schizzi di acqua salmastra. Le parve che con quegli spruzzi il mare la
stesse canzonando per essere cos timorosa;perch scappi, ninfa? Non devi
temere le mie creature sembrava dicesse. Quando dunque la sua curiosit
vinse la paura, si sporse dallo scoglio.
Glauco nuotava in tondo con lo sguardo rivolto verso lalto. Osservandolo, not che possedeva delle finissime pinne argentate al posto dei piedi.
Scilla conosceva lesistenza di tali creature ma non ne aveva mai vista
una, e come sempre grata al suo mare, lo lod per essere popolato da esseri
tanto stupefacenti. Prest attenzione le parole adulatorie del tritone e la
storia di come le sue gambe si erano mutate in coda di pesce, scoprendosi
meno diffidente. Per un attimo fu tentata di scendere dallo scoglio, ma si
pent subito di aver formulato quel pensiero; salt gi dalle rocce e spar tra
gli arbusti.
Glauco non consider nemmeno per un attimo la possibilit di rinunciare
alloggetto del suo amore, poich veniva dal mare, e ci che ha origine da
tanta pregevolezza non pu che essere altrettanto prezioso.
Dunque, forte della sua determinazione, inizi il suo viaggio verso lisola
Eea, in cui risiedeva Circe, lunica che avrebbe potuto aiutarlo.
L, nei prati davanti alla sua splendida dimora, circondata da strane creature,

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la maga ascolt il tritone che dalla sua posizione fra le onde rumorose la supplicava di aiutarlo a conquistare la bella.
Ma dagli occhi profondi della donna Glauco intu che ella lo voleva per
s e che il suo viaggio era stato vano. Malgrado lattraenza singolare di questa,
rifiut di unirsi a lei;"Prima in mare nasceranno le fronde, e in cima ai monti
cresceranno le alghe, che si muti il mio amore per Scilla". E si conged.
La maga non aveva mai subito un rifiuto tale; oppressa dalla gelosia trit erbe
e inton litanie. Con un gesto sgraziato vers lumore prodottosi sulla tavola
di legno in unampolla dal vetro opaco che tenne stretta al petto nel recarsi
a Zancle.
Dorm sonni tranquilli le notti a venire, per nulla turbata per aver avvelenato il mare attorno allisola. Le capit persino di sorridere nel figurarsi i
movimenti convulsi della ninfa mentre si trasformava in un mostro.
Infatti quando Scilla era andata a bagnarsi in mare aveva avvertito le sue
gambe come cinte da serpenti e presa dal panico aveva cercato di scacciare
gli animali, Si era contorta terrorizzata, ma nulla era valso ad allontanare gli
esseri immondi, percepiva anzi sempre pi intensamente il viscidume.
Quindi aveva realizzato con orrore che le serpi affondavano nelle sue stesse
membra. Vergognandosi profondamente era sparita fra le onde, con la promessa di continuare a servire e difendere il suo mare.

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Luomo del mare


Laura Monfregola

Da tanti anni ormai era tornato sulla terraferma, ma il ricordo della sua
vita marina era ancora talmente forte e vivo dentro di s che, a volte, mentre
camminava per le strade affollate di gente, gli sembrava di nuotare in un
branco di pesci. Chiudeva gli occhi e gli sembrava di essere circondato dal
Mare, sentiva la corrente che gli accarezzava la pelle e il sapore del sale sulla
lingua.
Era tornato sulla terraferma, ma non poteva vivere lontano dal Mare.
Ogni giorno si sedeva sulla spiaggia e scrutava lorizzonte, come se potesse
ancora vederla arrivare. Come se lei potesse ancora chiamarlo e lui potesse
ancora seguirla nelle profondit marine, come aveva fatto quella volta.
Quanto avrebbe desiderato solcare ancora quelle acque insieme a lei!
Ma le sirene, si sa, sono esseri delicati e, il giorno in cui quella macchia
nera aveva iniziato a espandersi sul Mare uccidendo e devastando, lei non
aveva resistito al dolore. Era stato un giorno terribile, che aveva cambiato il
suo cuore per sempre. Il suo popolo moriva avvelenato, asfissiato. I pesci soffocavano, gli uccelli rimanevano intrappolati sulla superficie del Mare e non
riuscivano pi a spiccare il volo. La gente del suo popolo, la gente del Mare,
moriva senza colpa e lei era impotente.
E come poteva lui, piccolo uomo, svelarle la verit su ci che stava accadendo? Come poteva dirle che la macchia nera assassina si chiamava petrolio?
Come poteva dirle che il popolo della Terra, al quale lui apparteneva, stava
uccidendo la sua gente?
Molti perirono. I pochi sopravvissuti furono costretti ad andare lontano,
a lasciare le loro case per cercare un luogo pi sicuro. Anche lui e la sua sirena
dovettero andarsene.
Poi un giorno, un altro giorno maledetto, la verit venne a galla. Fu un
gabbiano di porto a raccontarle tutto sulle navi e sul petrolio e sulla gente
senza scrupoli che aveva sterminato il suo popolo. La sirena ascolt in silenzio, senza mai guardare luomo negli occhi, poi pianse cos a lungo che il livello del Mare sal e gli oceani furono devastati per giorni e giorni da grandi
burrasche e onde altissime. Cap che lui, l'uomo che lei amava, non poteva
non sapere.
Il suo cuore si divise. Da una parte il dolore per lo sterminio del suo po-

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polo e lodio per quella specie umana senza rispetto. Dallaltra parte lamore
per quel piccolo uomo che aveva lasciato tutto per seguirla e che non aveva
altra colpa che appartenere alla stessa specie dei carnefici della sua gente. Il
conflitto che sentiva dentro di s era cos forte che alla fine il suo cuore si
spezz. La sirena mor, senza lasciare alluomo nemmeno il tempo di salutarla.
Luomo rimase solo. Completamente solo. Di tutti i sogni fatti insieme,
di tutti i progetti, della loro vita insieme, gli era rimasto solo il Mare. Luomo
vag a lungo senza meta e dopo molto tempo, ormai stanco di tanta solitudine, decise di tornare sulla terraferma.
Torn in citt, dove una volta cera la sua casa, ma vide che non cera
pi niente. Non cera pi nessuna traccia della sua famiglia, dei suoi amici,
dei luoghi che conosceva. Doveva essere rimasto sul fondo del Mare tanto a
lungo da cancellare ogni ricordo di s. Ormai era come se non esistesse. Non
conosceva pi nessuno, non aveva pi niente. Camminava per le strade a testa
bassa e nessuno si accorgeva di lui. Aveva voglia di gridare: Guardatemi, ci
sono, esisto anchio! ma sapeva che non sarebbe servito a niente.
Allora pens che in quel Mare avrebbe voluto affogarci. Nuotare fino al
largo, lasciarsi trasportare dalla corrente e poi, lentamente, andare gi. Sempre pi gi, fin dove non fai pi in tempo a risalire. Una volta ci aveva anche
provato, ma era stata unidea stupida perch lui non poteva affogare. Ormai
era mezzo uomo e mezzo pesce e i pesci non affogano.
Da allora erano passati molti anni e lui era invecchiato. Viveva ancora
sulla terraferma, vagabondando, senza mai allontanarsi troppo dalla costa. Il
ricordo della sua sirena lo teneva in vita perch il dolore per la sua morte
non era mai riuscito a superare n la felicit degli anni trascorsi insieme, n
lamore per lei e per la sua gente. Durante il suo peregrinare aveva visitato
molti Paesi e citt e si era accorto che tante persone, pur vivendo vicino alla
spiaggia, non conoscevano davvero il Mare. Lo usavano, ma non lo amavano.
Ora so il perch di quella tragedia, pens.
Fu allora che decise.
Regaler a queste persone la mia storia, perch vedano quanto dolore
possono provocare. Gli dar il mio amore per il Mare, in modo che non possano pi fargli del male. E gli dar la felicit che conservo nei miei ricordi:
ogni volta che guarderanno il Mare saranno felici come lo ero io quando vivevo con la mia sirena e in questo modo non saranno pi in grado di nuocere
alle creature che lo abitano, disse.

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Cos inizi a distribuire la sua storia, il suo amore e la sua felicit a tutti
coloro che incontrava. Alcuni lo prendevano per matto e lo cacciavano via in
malo modo ma molti, moltissimi, lo ascoltavano. Accettavano i suoi doni e li
custodivano con cura e lui vedeva nascere in loro, poco a poco, l'amore per
il Mare e per le sue creature.
Bene, pensava luomo ma, per poter regalare a quella gente limmensit
del Mare di cui era fatto, si stava lentamente svuotando e quando ebbe terminato non gli rimase pi niente. O meglio, quasi niente.
Gli rest solo un granello di felicit, piccolo come un granello di sabbia,
che era rimasto incastrato tra gli ingranaggi del suo cuore, proprio vicino
alla branchia sinistra, e dal quale non poteva separarsi: il ricordo del primo
bacio con la sua sirena. Sapeva che senza quel ricordo, legato agli anni della
giovent e dell'amore, non avrebbe potuto continuare a vivere.
Allora sent forte il richiamo del Mare.
Non ho pi niente da fare qui, disse. Strinse forte a s quell'ultimo granello di felicit, si gett nel Mare e spar per sempre.

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Il canto della balena


Paolo Muzzi
Il cielo era un arazzo impazzito di nubi e nebbie sempre in moto, spinte
da gelidi venti del nord.
Le onde delloscuro mare si muovevano come sinuosi serpenti, danzatrici
possenti dun rito arcano, sollevando la lancia da caccia con una certa delicatezza decisa, quasi a voler dimostrare che la vita relativit assoluta e che
basta poco perch la furia possa cancellare ogni cosa in un attimo, senza una
ragione che altro non sia se non legge arcana..
Cos era il mare quel giorno, possente ma carezzevole, sinuoso ma deciso, scuro e impenetrabile, gentile ma senza riguardo alcuno per le conseguenze della propria improvvisa furia. Una furia solo accennata, al momento,
ma comunque promessa in un incerto futuro, se necessario. La lancia da caccia procedeva decisa verso il varco delle balene; otto rematori, un timoniere
e il lanciatore con larpione pronto allappuntamento con la morte.
La baleniera era oramai un punto alle loro spalle, neppure tanto grande,
tenue filo che legava quegli uomini allumanit, ultimo anelito di speranza
per un ritorno a casa. Eppure lui, luomo dellarpione, ritto come un titano
sulla prua della lancia, venne assalito da una torma di dubbi e domande, pensieri contrastanti che cozzavano contro ogni logica, formando mulinelli sempre pi complessi e stranianti. Non era la prima volta che cacciava balene, i
suoi 30 anni da poco compiuti, seppure pochi in assoluto, li aveva spesi a costruirsi una solida reputazione di buon cacciatore, forte e deciso, implacabile
ma mai crudele. Mai crudele, ripensava tra s e s, mentre le mani nodose
stringevano larpione, col berretto di lana calato sulla testa, i capelli lunghi
che gli scendevano da ogni parte, la barba ispida incrostata di sale e lo sguardo
ferino che tagliava lorizzonte con pupille grigie, sempre mobili, attente. Gli
altri suoi compagni remavano con forza cupa, cantando una cadenzata ballata
gaelica, una strana melodia che parlava di battaglie e di Dublino liberata.
Scosse la testa, luomo dellarpione, pens che in fondo gli Irlandesi sono
sempre uguali, fossero anche in presenza del Diavolo in persona eccoli l,
pronti a bere, ad ubriacarsi magari, a cantare comunque dei loro ricordi e

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a combattere! Ma comera lontano il Quebec, pensava lui mentre stringeva


larma fatale, quella terra dun tempo che aveva lasciato da anni in un lontano
presente ed ora quel mare, scuro, minaccioso come lo sguardo insondabile
dun orso grizzly, il mare e quei nove Irlandesi, la loro canzone e la balena
la balena!
Misteriosa la balena, maestosa come la cattedrale di Montreal, ferma,
immobile, li osservava dallalto della sua superiorit morale, messaggera
duna saggezza sconosciuta e antica. Un urlo gutturale quasi proveniente da
una sola bocca, i remi vennero tirati su, la barca rallent landatura, parve
fermarsi o forse, caso strano e inspiegabile, si ferm davvero. Quindi luomo
a prua sollev larpione, tese il braccio per scagliare il dardo, il polso dacciaio, nervi muscoli, ogni riserva di forza pronta a scattare, a ferire, ad uccidere. Gli Irlandesi tacevano, i volti tesi in una strana attesa: barbe e berretti
come congelati, labbra serrate e occhi sgranati, occhi verdi, neri o castani,
mute le voci, sussurrate le preghiere. Gli occhi della balena erano rimasti
fissi sulla piccola barca, scuri ma brillanti allo stesso tempo, si poteva vedere
una strana luce splendere nelle nere pupille della creatura; non cera malvagit in quegli occhi, solo chenon si capiva bene cosa si poteva interpretare
e poi, improvviso, cominci il canto. Inizialmente in un tono molto sommesso, quindi, di l a presso sempre pi distinto ed incalzante. Che storia
narrava quella voce? Gi perch quella era una voce, non cerano dubbi in
proposito, ma cosa diceva, cosa significava tutto ci? Gli uomini si guardavano
stupiti, giravano le teste e poterono notare che le acque del mare, poco prima
agitate, erano ora divenute pressoch immobili: la balena cantava ed il mare
sera fermato, ma che canto era, quale malia, chiese con ansiosa meraviglia
il vecchio timoniere? Luomo dellarpione aveva abbassato larma e, senza
neanche voltarsi, aveva fatto cenno ai compagni di tacere: ora stava ascoltando
il vecchio canto degli Inuit, quello antico, quello che narrava della fine di
Lord Franklin e di Lady Jane. Non erano versi casuali; ci che la balena stava
narrando era un storia completa, una vecchia storia. Gli uomini cominciarono a capire di pi, poi la balena inizi a battere le onde con la smisurata
coda, creando una improvvisa muraglia dacqua e di spruzzi, spaventosa
quanto mirabile. I colpi erano cadenzati, uno dopo laltro, con un ritmo preciso: lantica danza di guerra degli Inuit, i tamburi implacabili, pens il Ca-

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nadese lasciando cadere linutile arpione sul fondo della lancia. La canzone
si ripeteva come un mantra :- Ascolta le storie del mare se sai ascoltare ma,
vedi, fuggi la furia se non vuoi comprendere, ora di fermarsi
Le mani del cacciatore erano ancora strette a tenaglia, i pugni lungo i
fianchi: ma di cosa aveva parlato la voce? E gli altri avevano sentito, avevano
capito? Le loro facce erano terree, forse si, forse avevano compreso. Intento
i colpi erano aumentati di sequenza, lo sguardo della balena era ancora fisso,
calmo, sereno, implacabile. Un ordine secco, improvviso, remi in acqua e si
torna indietro:- Non si vede pi nulla, non ci sono balene, ci siamo ingannati,
quasi url luomo dellarpione con il suo strascicato accento francese. La
lancia gir agile su se stessa e rapida fece rotta verso la baleniera.
Alle spalle di quegli uomini la balena era un punto neanche troppo visibile ma il suo canto si udiva bene, la storia di Lord Franklin e di Lady Jane
era sempre bellissima, dolce e drammaticamente malinconica. Il tamburo
degli Inuit aveva cessato di battere il suo peana di guerra, lievi brezze carezzavano le onde scure, in alto nubi e nebbie tessevano i loro cangianti arazzi
in un cielo sempre pi scuro.

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La fine

Paolo Neglia
Pietro era seduto vicino al tavolo, sulla solita sedia impagliata dove, pure
se scomodo, passava quasi tutta la sua giornata.
Gi, la giornata, quellinsieme interminabile di ore dal momento in cui
in cui lorologio biologico interno lo strappava alloblio del sonno dove, magari, era ancora il comandante Sisti e non un vecchio con lAlzheimer che
avanzava sgretolando ogni giorno un pezzetto di dignit.
La dignit, Pietro ne aveva sempre avuta tanta, era lunica cosa che avevano in abbondanza gli diceva suo padre ridendo dopo una giornata passata
sul peschereccio cercando i posti migliori per tornare in porto stravolto di
stanchezza ma con le reti piene. Anche i padri degli amici di Pietro erano
pescatori, in quel piccolo borgo dove cera solo una salumeria che fungeva
anche da emporio e da bar non cera altro da fare, lunica alternativa era andarsene lontano, emigrare ma chi laveva fatto tornava al paese ogni anno
con le spalle un po pi curve e con la convinzione che non si pu vivere
senza la salsedine attaccata alla pelle, ai vestiti, persino alle lenzuola del
letto
Pietro sapeva che con il lavoro di suo padre non si campava bene, e vedere
sua madre sempre stanca, con gli occhi cerchiati e le mani rosse e gonfie per
il troppo lavare: panni, piatti, figli, gli faceva pensare che per la sua donna
non sarebbe stato cos, lui voleva spaccarsi la schiena ma la sua donna doveva
avere tutto, soprattutto delle belle mani, lisce e rosee.
Per anche lui era figlio del paese e non riusciva a fuggire il richiamo del
mare, per fortuna era anche molto intelligente e con unatavica abitudine
alla fatica che gli permise di studiare come un pazzo, guadagnando una borsa
di studio dopo laltra, fino ad arrivare alla maturit presa allistituto nautico
ed al primo imbarco, con una valigia piena di paura, orgoglio e aspettative a
cui ne erano seguiti tanti altri.
Fino a qualche anno prima Pietro li ricordava tutti, ogni viaggio aveva
lasciato una ruga in pi sul viso perennemente cotto dal sole, ogni rotta era
stata loccasione per mettersi alla prova e per ritrovare il profumo del suo
mare, quellodore inconfondibile che ti fa spalancare le narici per fartelo entrare tutto dentro, che ti disintossica dallaria viziata di case ed automobili e
che ti fa sembrare sana anche una pessima sigaretta fumata controvento.

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Ora invece la sua mente era offuscata, delluomo energico sempre pronto
a sfidare le onde non come un nemico ma come un leale avversario, era rimasto solo linvolucro, un pietoso ricordo sbiadito di quello che era stato.
Aveva sempre trattato il suo equipaggio con rispetto e correttezza, pur
senza dare troppa confidenza, gli sembrava una cavolata della psicologia moderna, un po come essere amico dei figli e condividere tutto, che stupidaggine. I figli e coloro che dipendono da te hanno bisogno di sicurezza e non
di un compagno di giochi.
Questo suo atteggiamento ne gli aveva fatto guadagnare la fama di comandante in gamba e non cera nessuno che non ricordasse di aver imparato
qualcosa da lui, anche solo un dettaglio di quelli a cui non dai peso ma che ti
entrano sottopelle e diventano i tuoi e li tiri fuori quasi inaspettatamente.
Ora invece il mare era solo un ricordo, o forse nemmeno quello, chi poteva dirlo; ormai non guardava neanche pi le foto delle sue navi e, lultima
volta che la badante gli aveva messo fra le mani una rivista su cui erano raffigurate alcune delle pi belle imbarcazioni della marina, aveva cominciato a
strapparla senza nemmeno guardarla.
La moglie era morta qualche anno prima, il loro era stato un matrimonio
felice anche se lei, scherzando, ogni tanto gli diceva che avrebbe preferito
sposare un guida alpina perch non ne poteva pi di passare tutte le vacanze
al mare, gi le toglieva suo marito per troppo tempo. Anche a lui i lunghi
imbarchi a volte pesavano ma era come una droga. Solo una volta aveva guardato con odio la distesa luccicante davanti a lui, quando suo figlio era stato
operato per una peritonite fulminante e lui non era l ad aspettare nella sala
dattesa dellospedale.
Diceva sempre che il suo sogno era di trascorrere la vecchiaia al suo
paese, a sedersi con gli altri davanti ai bar, che nel frattempo erano diventati
due, a raccontarsi storie di tempeste e traversate, a ricordare quelli che non
cerano pi e a guardare i ragazzini che da aprile a novembre dopo la scuola
scappavano sulla spiaggia per tornare a casa con la sabbia nelle scarpe e le
orecchie ancora piene di vento.
Poi per era arrivata lei, la bestia, quella maledetta malattia che ti uccide ogni giorno togliendoti i ricordi e il rispetto degli altri, dai tuoi figli che
ti guardano quasi sempre con tristezza e a volte con fastidio, a quello delle
persone che si occupano di te e a cui non importa niente se sei stato un uomo
di valore quando ti devono cambiare per lennesima volta perch non ricordi
pi come si arriva in bagno. Ormai Pietro era diventato lombra di quello

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che era stato e forse era meglio cos, il comandante, come lo chiamavano
scherzosamente gli amici , non avrebbe sopportato di vedere la piet degli
altri e sarebbe diventato una belva nel sapere che ormai i figli avevano deciso:
tenerlo a casa era troppo pericoloso e dispendioso e ricoverarlo in istituto
era lunica soluzione, avevano preso tutti gli accordi ed il giorno seguente lo
avrebbero accompagnato, tanto li seguiva docilmente, bastava solo dargli il
braccio, lui che aveva attraversato mari pieni di scogli ora non ricordava nemmeno pi che per camminare occorre mettere un piede davanti allaltro.
Quella notte un violento nubifragio colp la citt dove viveva Pietro e la
badante, alzandosi brontolando perch il temporale non laveva fatta dormire, cacci un urlo nel trovarlo freddo e senza vita, forse le onde che avevano flagellato tutta la notte il molo avevano voluto dare lultimo saluto a
chi le aveva tanto amate e che, pur senza ricordarlo, aveva ancora lodore
della salsedine nelle narici.

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Accampati sulle rive del sogno


Federica Nin

Usciamo a guardare il mare?, propone Luca a un certo punto della serata da me organizzata nel tentativo di vivacizzare il mortorio di questi bui
e tetri giorni invernali, che per scarsa lungimiranza ho scelto di passare al
mare, nella speranza di ritrovare la calda atmosfera e lallegria estive.
Nessuno risponde e cade su tutti noi un silenzio ingombrante.
La serata sembra decisa a scorrere via insipida e scoraggiante.
Allora, usciamo a guardare il mare?, insiste Luca, con tono allusivo e
misterioso, che fa passare la voglia a tutti, non tanto per il freddo, ma perch
aveva raccontato troppo bene quella cosa: ... il mare, screziato di enormi
cavalloni spumeggianti. Cercava di trattenermi, mi risucchiava indietro. Ma
io riuscii a raggiungere la riva. Mi sollevai. Mi scrollai di dosso tutti i grovigli
di alghe....
Luca sa raccontare le cose facendotele sentire sulla pelle, facendoti entrare con lui nella magia di luoghi ignoti e nel mistero dellesistenza.
Al solo ricordo, mi accorgo che mi sto strofinando via qualcosa di invisibile dai capelli e dalle spalle. Mi tornano le sue parole: Mi voltai.Tra le onde
fluttuava un corpo vestito in un modo strano. I capelli, raccolti in un codino
intrecciato con le alghe, erano completamente incatramati. Eppure, si vedeva
che erano di un verde luminescente. A ogni onda, luomo sfiorava per un attimo la spiaggia e poi scivolava di nuovo via, rotolando sulla sabbia.
La tenda si muove come se qualcuno la stesse tirando. Rabbrividisco,
anche se la stanza ben riscaldata. E non riesco a scacciare le immagini che
mi ha evocato Luca: Unonda lo rigir, mettendolo supino, e il suo ghigno
sembr rivolto proprio a me. E fu allora che capii che non era, non avrebbe
ma-i- po-tu-to -es-se-re un ghigno umano.
Brrrr! Si era lamentata Barbara: Lascia perdere, Luca.
Continuiamo a giocare svogliatamente a carte.
A un tratto va via la luce. Black out totale.
Allora vi voglio raccontare il finale della mia avventura, dopo che mi
ero ritrovato coi polsi slegati e senza pi il bavaglio.

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No, Luca, no. Falla finita! gridano alcune voci coralmente nel buio.
Un sentore di mistero percorre la stanza. Una sensazione di attesa angosciosa mi invade. E non me sola. La tensione si fa palpabile.
A un tratto mi assordano le urla di Bea e di non so chi altri, che hanno
amplificato le mie quando Luca mi ha sfiorato i capelli bisbigliandomi, nel
buio pi completo:Non erano alghe, quelle che mi si intrecciarono fra i
capelli quando mi chinai a osservare meglio il ghigno della creatura, mentre
ancora ci lambivano le onde. Ma non sapevo pi nemmeno se a toccarmi fossero davvero soltanto le onde...
Usciamo di qui ha detto una voce spezzata. Fuori ci sar un qualche
chiarore.
Siamo usciti a cercare le stelle. Non cera altro che si potesse fare. E tutti
noi lo sappiamo fare molto bene, perch siamo un gruppo di inguaribili sognatori. questo il filo che lega la nostra amicizia.
Ci siamo messi a scrutare la stellata.
Inseguendo lorizzonte, a un tratto metto a fuoco la battigia, scorgendo
la linea lambita ritmicamente dalle onde.
Dimpulso mi tolgo stivali e calze, per ritrovare il contatto con la sabbia.
Lo assaporo bench sia cos fredda. Fa pensare che sia polvere di stelle. Concentrandomi sulle sensazioni che si irradiano dai piedi, cos diverse rispetto
a quelle provate su questa stessa sabbia in estate, raggiungo il mare. Mi lascio
avvolgere i piedi dalle onde, lievi, cadenzate, gelide. E ne ricavo un senso di
potenza mentre mi domino per fermare i brividi di freddo.
Mi volto e grido: Venite! Provate!.
Anche se qualcuno brontola che fa troppo freddo, mi raggiungono. Anche
Alice mi si affianca scalza. Ma invece di sondare con me lorizzonte alla ricerca di una qualche linea di separazione tra mare e cielo, abbassa gli occhi,
come a controllare la presenza di rifiuti e conchiglie. Io mi perdo nel blu di
quel mare diventato di colpo un vasto oceano, che fa tuttuno con il blu di
quello sconfinato firmamento che ci sovrasta, avvolge e abbraccia, facendoci
sentire che s, Qualcosa deve esserci, oltre a noi e alle nostre piccole e insignificanti esistenze.
Accanto a me si materializza anche Elys, sussultando quando immerge i
piedi. Ma come me guarda lontano e in alto, con aria assorta, come tesa ad

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ascoltare e a percepire la voce di quel celeste silenzio che fa da sfondo al lieve


sciacquio delle onde instancabili intorno alle nostre caviglie.
Sospiro, al pensiero di che cosa si nasconde in quellimmensit che ci
circonda e sovrasta e assaporo quant bello sentire il contatto della sabbia
bagnata che cede sotto i miei piedi ad ogni nuova onda e quant bello contemporaneamente staccare i piedi da terra e inseguire laltrove, con lo
sguardo perduto fra cielo e mare con quella misteriosa strisciolina di luna
crescente. Taciamo tutti, immersi in questa esperienza tra sogno e realt.
Simili ma diversi. Siamo accampati sulle rive del sogno mi sembra
che abbia detto qualcuno, non so chi c chi vi si immerge completamente,
chi si ferma sulla riva e vi si piega un po solo a specchiarvisi, chi vi cerca
limmagine riflessa non di s, ma di altri mondi, o di una Natura superiore
a noi, che spieghi tutto e a tutto dia un senso. E tutti noi, amici sognatori,
amiamo destreggiarci in equilibrio su questa corda tesa fra sogno e realt,
tra illusione e speranza, senza bisogno di preoccuparci se sotto ci sia la rete
o il ruvido cemento.
Poi allimprovviso una luce soppianta il buio e di l a poco un fragore
inaspettato ci fa sobbalzare.
Un altro lampo e mi pare di scorgere No. Mi rifiuto di crederlo.
Un tuono, cui fa eco il battito non meno assordante del mio cuore.
Un altro squarcio di luce: tra le onde fluttua un corpo vestito in un modo
strano. I capelli, raccolti in un codino intrecciato con le alghe, sono completamente incatramati. A ogni onda, luomo sfiora per un attimo la spiaggia e
poi scivola di nuovo via, rotolando sulla sabbia mentre rotola via un altro
tuono.

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Solo un bicchiere
Giovanni Parigi
Era proprio una brutta sera quella che il signor M., agente di commercio,
stava passando perso tra le viuzze del porto di T. Acqua e vento sferzante
non davano tregua. Nonostante tutto doveva assolutamente raggiungere il
numero 12 del Vicolo del Tritone e concludere un affare che sin dal primo
contatto telefonico considerava a rischio. Tuttavia le necessit dell'azienda
avevano avuto il sopravvento sul suo istinto e, nonostante le sue resistenze,
aveva dovuto cedere alla volont del direttore commerciale.
Erano da poco passate le 18; il freddo e la stanchezza gli consigliarono
un bicchierino. Allangolo male illuminato della via che stava percorrendo,
vide una vecchia insegna luminosa che, penzolante, funzionava a intermittenza. Taverna la vela lesse con difficolt. Tra s pens che per un bicchierino un locale valesse l'altro e, fatte alcune decine di metri, entr nella
taverna, non prima per di averne osservate da fuori le condizioni attraverso
lampia porta a vetri sferzata dalla pioggia.
Buonasera signore disse il gestore che, nascosto da un paravento, lo ud
entrare grazie a una fila verticale di campanellini attaccati a una vecchia striscia di cuoio posta quasi a contatto con la porta. Il signor M., superata quella
minuscola anticamera, si trov in un locale piccolo ma pulito. Fiocamente
illuminato, presentava vaste zone dombra. Larredamento era semplice:
mura senza intonaco lasciavano che le pietre, intervallate da qualche mattone,
sprigionassero un certo calore, mentre i tavoli di legno scuro e le sedie impagliate facevano sembrare il tutto veramente accogliente e tipico.
Il signor M. si trov di fronte un ometto calvo con dei baffetti bianchi,
tutto intento a lustrare con scrupolo un calice appena lavato. Al saluto del
barista rispose che neppure volendolo quella si poteva definire una buona
serata e, sedutosi in uno degli sgabelli di legno accanto al banco tirato a lucido, disse: Mi dia qualcosa di suo gusto, giusto per il freddo.
Aspetti, credo proprio di avere quello che fa per lei rispose il gestore
andando verso la fila di mensole l vicina e dalla quale, dopo un'accurata
scelta, prese una bottiglia che conteneva, immersa nel liquore, un modellino

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di trireme greca ormai quasi del tutto macerato dallalcool.


Guardi che bellezza! Vele consumate e scafo ormai quasi del tutto corroso. Un grande invecchiamento! Vedr che sapore! esclam entusiasta il
gestore mentre tornava dietro al banco.
Come vedr che sapore? pens l'agente lasciando che comunque gli
riempisse il bicchiere con il liquore denso e ambrato contenuto nella bottiglia
polverosa.
Sono anni che aspetto di aprirla e credo che lei sia la persona giusta cui
per primo farla assaggiare disse l'ometto tutto sorridente.
Udite quelle parole e non considerandosi un avventore, ma solo uno
spinto l dalla necessit, guard in controluce calice e contenuto, che assaggi
con un piccolo sorso. Il sapore era buono, simile a un passito.
Adesso vada a gustarselo in saletta, al buio insieme agli altri e... si goda
lo spettacolo! disse gentilmente sorridendo quello strano ometto.
In un primo momento lagente di commercio pens di bere al banco e
andarsene, ma la faccenda ormai lo aveva incuriosito. Dette una rapida occhiata attorno e vide una saletta dove regnava il silenzio pi assoluto, piena
di gente immobile, come ipnotizzata. Ogni tanto qualcuno di loro aveva dei
sussulti, ma non si udiva parola.
Che succede? disse tra s un po' intimorito, ma determinato a capire
in che razza di posto fosse capitato. Sincammin incerto verso quella stanzetta semibuia, dove scelse il tavolo pi vicino allingresso, uno dei pochi liberi, forse perch tra i pi illuminati. Si sedette e bevve tutto dun fiato.
Lentamente l'alcool fece effetto, ma non quello solito. Nella sua mente, infatti, cominciarono a formarsi suoni e immagini. La scena che si stava producendo nel suo cervello era di una grande battaglia di mare, una di quelle
dellantichit. Dun tratto, pochi ma chiari ordini lo scossero: Le due triremi
a destra convergano al centro! Ordinate ai rematori una forte spinta! Timoniere, barra a destra!. Sorrise stupito al ricordo delle parole del barista.
Certo, vedr che sapore! disse con un filo di voce prima di essere catturato
completamente dalla battaglia che si proiettava nella sua mente.

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Marina e Desideria
Cristiana Pezzi
Questo mare mi somiglia pensa Marina, affacciandosi alla finestrella
dalle imposte verdi di quella casa bianca e antica di fronte al mare. Ogni
giorno vede la stessa scena e ne assorbe gli odori: vecchi zitti seduti negli incavi di pietra dei fianchi delle case guardano chi passa in un viluppo di odore
di mare , cucina, rosmarino. Per lei, che ha 15 anni, questo mondo non
basta. vero che il mare a volte placa , pi ma spesso lascia trapassare le
voci dei marinai dei millenni, delle scorrerie piratesche.
Di fronte allo sposo marino infila le caviglie in acqua, ad ogni onda aspirata
dal risucchio di una forza disgregativa che le toglie il respiro, ma anche la paura.
Pi volte sommersa da onde sgarbate, ride come quando era piccola.
Il momento in cui arriva londa violacea a staccarle i piedi dalla roccia
scivolosa lo vede come gioco e non come minaccia. Mentre china la testa e
si fa afferrare i capelli, pensa alla madre che pulisce il pesce o al padre di
burro salato che si volta e se ne va. zitta la cucina di casa, non perturbabile
il gatto bianco e cieco, vuote le giornate sgonfie di fatti e di persone.
Non ci sono sogni appesi ai muri candidi e un piccolo vaso pieno di minuscole stelle di mare tutto ci che pu contenere luniverso di attese di
una adolescente.
Ad alcuni chilometri di distanza, in una citt grande e affaticata, vive Desideria, anche lei ha 15 anni e un piccolo sguardo docchi neri che si puntano
ogni giorno al computer. Contrariamente a Marina non abituata ad annusare le ore del giorno in termini di aromi. L al nono piano del grattacielo
non arriva niente, che non sia lultima nota olfattiva dei gas di scarico del
traffico l sotto. Giornate trascorse davanti allo schermo ad assorbire musiche
sempre pi strane, video sempre pi stralunati .Molte comunicazioni, ma
con persone delle quali non conosce neanche la voce a dirsi cose sognate e
mai agite. Silenti genitori vanno e vengono e con un tiepido ciao siglano ingresso e partenza. Lei sempre alla sua postazione, capoluogo di mondi finti
ed intimamente agitati. Ogni tanto le manca il respiro e un vuoto dentro la
risucchia in una penosa apatia, non riesce neanche ad alzarsi. Solo i morsi

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della fame la inducono a difficili pellegrinaggi verso la cucina, dove la attendono biscotti e cioccolata. Quando la noia pi forte fa il bagno, a vasca
straripante, gonfiando lacqua di bolle . Al culmine del niente, si immerge e
apre la bocca, riempiendola di schiuma, a volte deglutendone qualche grumo
scivoloso.
Sfida la morte cos, al riparo da occhi umani, in attesa.
Allora i teneri occhi si dilatano e sfilano davanti a lei le Cleopatra, le Didone, eroine di passati tragici che tra veleni e rantoli posero fine alle loro
esistenze. Loro per, qualche motivo importante ce lavevano,ad esempio
lamore. Perso, impossibile, fuggito. Lei non ce lha , del resto, come potrebbe? La sua intima metropoli veramente molto piccola. Quella l fuori
unestranea cos gonfia di voci da far paura. Non pu incontrare qualcuno
e pretendere di essere amata. Sta gi sfiorendo prima ancora di essersi aperta
e lei lo sa.
Poi, la vita fornisce a Marina e a Desideria unoccasione, come pi o
meno accade a tutti coloro che sono in attesa .
Marina ha ricevuto in dono una macchina fotografica ed ha iniziato a fotografare ossessivamente il suo mare. Calmo, in tempesta, dallalto, da stesa,
il mare lha ripreso da mille angolazioni e la sua sensibilit tormentata gli
ha dato una voce che comunica. Questo linguaggio piace ad un turista che
passa per caso davanti al banchetto dove ha ammucchiato i suoi ritratti durante la festa di paese. Ormai ha ventanni e accetta linvito del sorridente
signore a frequentare corsi di fotografia in una prestigiosa accademia in citt
,congedando il suo piccolo mondo. Diventer una bravissima fotografa , incaricata da illustri riviste di ecologia ed ambiente di realizzare servizi fotografici ai quali non mancheranno originalit e passione. Vivr nella citt di
Desideria, ricca di luoghi di incontro, di atelier, di punti di partenza. Per lei
la citt non un buco nero ma uno spazio sacro dove si materializzano i suoi
progetti e le memorie delle strade, gli angoli densi di scambio, sono depositari di significati che ravvivano la sua vocazione. La polis le assomiglia ancor
pi del mare, che ciononostante stato per lei un educatore amato. Ecco
perch nelle sue foto scattate per il mondo, ne spesso un commovente protagonista. Per, lo sa bene, doveva proprio lasciarlo.

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Desideria a ventanni sfoglia una rivista e rimane folgorata dai bellissimi


piccoli borghi del suo paese. Soprattutto, colpita dalle immagini di una certa
Marina fotografa che corredano un articolo sulle bellezze del villaggio lontano
pochi chilometri. Vuole andare a visitarlo, quel paese e il suo mare spirituale.
Parte solitaria per un viaggio che sar linizio del suo nuovo vivere.
Il mare fotografato da Marina fedele a ci che aveva promesso e Desideria decide di stabilirsi l almeno per un po e sar per sempre. Nelle sue
passeggiate sul molo, incontra un ragazzo approdato l con la sua barca, anche
lui alla ricerca di qualcosa. Iniziano una vita insieme ove si sblocca la comunicazione e tutto prende il sapore del vero .Il borgo di mare offrir loro
una casa semplice dove entreranno nel tempo amici , poeti, bambini, musica
e silenzio, in una vita di nuovi inizi, celebrazioni, ma soprattutto corporee
verit.
Lanima , prima costretta a scappare dal caos delle troppe vie, ha trovato
qui un riparo che diventa presto nido e infine reggia. Aveva atteso tutto questo per tanto tempo, senza saperlo.
Marina nella citt di Desideria, Desideria nel villaggio di Marina.
Ma lo scambio stato necessario : non pi tentativi di morire, non pi
fughe n sfide. Solo la pienezza, cos com, del vivere.

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Di barche, donne californiane,


finanza e di scamorze
Bruno Poce

La notizia della mia prematura scomparsa doveva essere gi apparsa sui


giornali, il noto imprenditore Ugo Pinetti, presidente della omonima impresa casearia, era deceduto in un incidente stradale, i resti della sua auto,
andata a fuoco, ritrovati in un dirupo sulla Via Aurelia nei pressi di Camogli.
Avevo organizzato tutto alla perfezione, la sera prima mi ero fatto notare
in un famoso locale di Santa Margherita a bere mojito, ballare e scherzare
con un paio di sventole da me lautamente sovvenzionate, poi, a tarda notte,
dopo aver lasciato la piacevole compagnia, avevo preso la mia jaguar verde
e mi ero diretto sulla Ruta di Camogli, ma l ad aspettarmi non c'era la cosiddetta curva del diavolo temuta e rispettata da tutti i guidatori in stato
d'ebbrezza, bens un'anonima VW Polo grigia, affittata qualche giorno prima
nel Principato di Monaco dalla mia amica Brigitte, altra sventola da me sovvenzionata nel corso degli anni. Avevo quindi cosparso di benzina la mia vecchia e amata jaguar e, con la morte nel cuore, avevo messo in folle e spinto
l'auto gi per il dirupo. Addio mia cara, si inizia una nuova vita!
Alla guida della Polo mi ero gettato nelle curve della strada costiera con
il cuore in gola e la canzone di Bowie changes nelle orecchie, fino ad arrivare a Montecarlo, quando ancora albeggiava. Avevo lasciato l'auto sotto casa
di Brigitte, con all'interno del bagagliaio una valigetta pieno di denaro ed un
biglietto con scritto: Merci bocout mon cher ed ero salito sulla barca ancorata in porto, una Fortuna 9 monoalbero con motore volvo 3500, che
avevo a suo tempo comprato intestandola ad un fondo olandese di cui detenevo la maggioranza attraverso una societ anonima con sede nelle isole Cayman. Ah, le isole Cayman, che mondo triste sarebbe senza di loro. Nessuno
mi avrebbe pi ritrovato!
Il vento fresco di giugno soffiava sul mio sorriso da uomo libero mentre
navigavo ormai al largo di Marsiglia, completamente da solo, io ed il mio
nove metri, lasciandomi tutto alle spalle, l'impresa di famiglia F.lli Pinetti
formaggi che io avevo trasformato da confortevole impresa locale in una

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societ con fatturato milionario che piazzava i suoi prodotti sugli scaffali dei
supermercati di mezzo mondo. Certo le scamorze non erano pi quelle profumate che faceva mio nonno, quelle erano delle opere d'arte, che tutta Caserta si metteva in coda per comprarle. Le avevamo dovute riempire di
conservanti per poterle esportare e confronto a quelle di una volta sapevano
come una merda stagionata, per ci avevano fatto guadagnare l'ira di Dio e
poi, a dirla tutta, a me i formaggi manco piacevano.
Io volevo vivere sul mare, mangiare pesce alla griglia e stare in costume
tutto il giorno. Avete presente i personaggi del film un giorno da leoni? Io
volevo essere uno di quelli. Da ragazzo avevo convinto mio padre a spendere
una fortuna per iscrivermi all'universit di Berkley in California, lui pensava
dovessi diventare un mago della finanza, io invece volevo solo fare surf sulla
spiaggia. Ho passato quattro anni a Malib, ho imparato ad andare sul surf
e contemporaneamente a fare iscrivere a bilancio un debito come una garanzia di credito. Laggi ho anche capito molte cose, per esempio che le
donne in California non sono tutte bionde con gli occhi azzurri ma per lo
pi messicane sovrappeso, peraltro quelle bionde, se gli fai capire che hai
un sacco di soldi, ti si appiccicano addosso come mosche sul miele, ma non
solo le donne, anche la finanza funziona cos. una specie di legge naturale,
se tu ce la metti tutta a far finta che una cosa sembri vera, queste diventa
reale sul serio. In pratica se tu alle banche gli fai capire che hai un sacco di
soldi vedrai che loro te ne daranno ancora di pi.
Tornato a casa mi sono messo a fabbricare soldi e tanti anche. L'aziendina
ha cominciato a sfornare utili da paura, e fare grandi investimenti. Mio padre
non metteva pi becco perch io, l'americano come mi chiamavano in
paese, ero considerato una specie di Guru della finanza ed in effetti abbiamo
cominciato a vendere formaggi prima in tutta Italia e poi in Europa e non
volevamo pi fermarci. Certo, avevamo dovuto fare qualche piccolo sacrificio
sulla qualit del prodotto, a Caserta non c'era pi la fila per comprare, in
compenso a Stoccolma i supermercati erano pieno di formaggi Pinetti!
Avevo lavorato per quindici anni, avevo creato un impero su quei cazzo
di formaggi che non potevo neanche annusare se no mi veniva la nausea, ed
ora ero stufo marcio. Mio padre ed anche mio zio, i fratelli Pinetti di cui al
nome della ditta, se ne erano rapidamente andati in pensione. Mio padre
aveva lasciato Caserta e non solo quella, pure mia madre, che da quel giorno

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si vestiva di nero manco fosse rimasta vedova. Lui, insieme al fratello, si erano
trasferiti in pianta stabile a Capri dove passavano il tempo ad ospitare amici
d'infanzia e pagare mignotte, ovviamente anche per gli amici. Ero rimasto
solo io a capo dell'azienda, questi quindici anni erano volati, io non me li
ero proprio vissuti, troppo impegnato a firmare contratti, a fare investimenti,
a girare per supermercati di tutta Europa a stringere mani con persone sconosciute. Avevo politici che mi bussavano alla porta, donne che mi aspettavano nelle camere d'albergo, ma ero infelice. Non avevo pi toccato un surf
in tutto quel tempo, il mio unico sport era toccare mignotte ed io invece
volevo ritrovarmi a navigare nel mare ed ora finalmente potevo farlo, finalmente libero, senza pi legami, senza pi obblighi. Il mio obiettivo era navigare fino a Valencia, attraccare l per un paio di giorni e poi proseguire fino
a Gibilterra, l avrei fatto rotta su Tangeri, e poi chiss, avrei seguito il vento.
I soldi non mi mancavano, avevo un conto attivo a Singapore su cui avevo
trasferito venticinque milioni di euro e potevo finalmente vivere libero!
La terra vista dal mare ha un sapore particolare, mi d la sensazione di
una mano gentile che accarezza l'acqua, di un'amica che ti segue lungo la
strada, ti accompagna premurosa aspettando il momento che tu la voglia
reincontrare ed allora lei ti accoglie materna e comprensiva.
Io vivrei sempre su una barca, ho bisogno di ondeggiare, di sentire il rumore del legno che si stringe nelle onde, il rumore dell'acqua che si apre
schiumando sulla prua, ho bisogno del sole che mi brucia la pelle, ho bisogno
di essere libero, ho bisogno di stare da solo!
Era ormai calata la sera, Valencia mi si offriva davanti con i suoi archi
protesi nel cielo e la sua baia cristallina. Attraccai velocemente nel molo turistico, non vedevo l'ora di entrare in un bar del porto gustare una cerveza
fresca e cercare su internet qualche notizia sulla mia improvvisa scomparsa.
Appena ormeggiato vidi alcuni uomini in uniforme avvicinarsi. Che strani
questi spagnoli hanno dei costumi simili a quelli dei carabinieri. Eres el senor
Pinetti? mi guardai intorno, lo sguardo perso nel vuoto: io, io, no... non
so, chi siete? si fece avanti un signore pelato, in giacca e cravatta, italiano
signor Pinetti la dichiaro in arresto, abbiamo un mandato internazionale per
bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e sofisticazione alimentare. La prego
di venire con noi.

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Il pescatore
Maria Rizzi
Il solito scoglio. Il sole arancione basso allorizzonte e infiamma il cielo.
Il mare sincrespa, alcune onde iniziano ad alzarsi, sembrano non voler toccare la fanghiglia della battigia, ma non tornano neanche nel gorgo lontano
dellalto mare. Rimangono immobili, forse non sapendo pi dove il mare
ancora mare.
Antonio srotola il filo della canna da pesca e si sofferma a pensare che
anchegli, come le onde, non sa pi dove la vita ancora vita. Saluta con
cenni del capo i compagni di pesca. Nessun amico. I giorni sul mare sono
dedicati alle riflessioni, sono aggrappati ai ricordi. Daltronde nessun pescatore cerca la compagnia. Lanciano la lenza e il peso del mondo si dissolve
per qualche ora nei bagliori dellacqua. Lattesa delle prede un semplice alibi.
Pescano in se stessi e affidano ai tramonti, alle notti, alle albe i propri pensieri, affinch li depositino sulla sponda rasserenante del silenzio.
Antonio stanco. I capelli bianchi catturano il sole del crepuscolo e gli
occhi di un castano dorato, ne ricevono riflessi di malvasia invecchiata. Lultimo lampo di giovent se n andato cinque anni prima. Con Lucia
Lucia quaranta anni insieme, senza figli, con la capacit di incontrarlo
e riconoscerlo in ogni momento, calandosi nelle tenebre di lui e nei suoi
squarci di luce. La sua donna-tridacna, la conchiglia pi grande del mondo,
nelle cui valve poteva rannicchiarsi e, un giorno, dolcemente, morire.
Il furto al supermercato.Tre ragazzi giovani , inesperti, alla ricerca della
bravata. Antonio e Lucia erano nel magazzino. Finirono stesi a terra, come
gli altri. La cassiera non diede cenni di ribellione, svuot la cassa e, per puro
caso una macchina della polizia pass nei paraggi. I tre giovani furono colti
in flagrante e arrestati. Cinque anni una pena irrisoria.
Lucia torn a casa e fu colta dalla morsa al petto. Un infarto devastante.
Non riuscirono a fermarlo. E nessuno pot stabilire collegamenti reali tra i
due eventi. La donna si era sentita male la sera, tra le mura domestiche. Cos
Antonio rest solo. Con il proprio rancore. Non accettava lipotesi che la
sua donna potesse soffrire di cuore come gli era stato detto dai medici.

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Ripeteva a se stesso che le coincidenze sono le cicatrici del destino.


Gli esseri umani nel dolore sono spesso indotti a credere a qualsiasi cosa,
tranne che alla verit.
Negli anni segu la sorte dei tre ragazzi del supermercato. Non avevano
meritato pi di un trafiletto sui giornali. Erano stati sufficienti per conoscere
i loro nomi, avere idee vaghe dei loro vissuti.
Antonio prese di mira Gianni, il pi esperto dei tre, quello che aveva
terrorizzato i clienti e la cassiera con una pistolapoi risultata scarica. Quel
giovane uomo dagli occhi iniettati di sangue si sarebbe sentito per sempre
salvo se la legge lo avesse protetto. Sapeva dove abitava ed era convinto che
non avrebbe trovato pace se non lavesse punito.
Quel pomeriggio si era impossessato del fucile da caccia che non usava
da tanti anni, si era assicurato che fosse funzionante e aveva atteso luomo
nel portone del suo condominio. Nascosto dietro la tromba delle scale. La
paura rischiava di paralizzarlo, ma a restituirgli determinazione cera Lucia.
La persona che era stata il senso stesso della sua esistenza, lalfabeto dei propri sogni, la meridiana dei desideri. Lei non avrebbe mai approvato una simile decisione. Antonio non voleva e non poteva pensarci.
Gianni usc dallascensore alle quindici e impallid trovandosi di fronte
luomo anziano armato. Not il tremore delle braccia, prov ad anticiparne
il gesto balzando verso di lui con scatto felino. Ma il terrore non congel i
gesti di Antonio. Spar. Una, due, tre volte. Mirando al cuore.
Quando il ragazzo giacque prono smise di premere il grilletto .Alla
schiena non poteva colpirlo. Non laveva mai fatto neanche con i cinghiali.
Le porte della palazzina cominciarono ad aprirsi e luomo si allontan a
passo svelto. Giunse in macchina giusto in tempo. E appena varcata la porta
di casa nascose il vecchio fucile in un baule e cerc gli arnesi da pesca. Il
tremore, lassenza di salivazione, i passi malfermi potevano trovare tregua
solo sul suo scoglio.
Daltronde non terrorizzato dalle possibili conseguenze del gesto, ma
dal gesto stesso.
Ha ucciso un uomo di trentanni. A sangue freddo. Con premeditazione.
E non si sente liberato. Stanco s, cos stanco da non riuscire a reggere la
canna da pesca. Il porto dinanzi ai suoi occhi una ferita. Larga. Anni a im-

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maginare quel giorno, a covare il desiderio di vendetta, per sentirsi cos


vuoto? Per avvertire prepotente il senso di colpa?
Il cielo si disfa in lacrime pigre di luce che si posano sul fiato e svaniscono.
Gianni aveva trentanni. Let di un probabile figlio. Di quel figlio sognato
tanto a lungo .Non era un delinquentee se anche lo fosse stato spettava a
lui arrogarsi il ruolo di giustiziere? Quanto lavrebbero pianto i genitori?
Lucia era stata colpita da un infarto fulminante, ma si sana un dolore provocandone altro?
Antonio sente gli occhi inumidirsi e silenziosamente chiede perdono alla
sua donna e a Dio. In ritardo. Ora sa che lodio privo di senso. Non d,
prende soltanto.
Posa la canna e si appoggia allincavo dello scoglio.
Sul fronte della vendetta gli eventi sono maturati in modo diverso. Gianni
ricoverato in ospedale per due colpi al torace che non hanno perforato organi vitali. Il terzo lha colpito di striscio. Un vecchio fucile a pallettoni difficilmente arreca danni gravi.
Il giovane ha fornito una descrizione dettagliata delluomo anziano che
lattendeva nellandrone. Ovviamente i motivi dellagguato appaiono sconosciuti. Si sospetta di un vecchio con manie omicide e si diffonde tramite i
media lidentikit. Alcune pattuglie setacciano la citt.
Non lo arresteranno
Mentre il sole scende lentamente allorizzonte Antonio piange sale nel
sale. Convinto che lincavo dellantico scoglio sia Lucia vi si rannicchia per
addormentarsi. Torna alla sua tridacna dalle valve calde che raccontano la
musica della loro storia.
Allombra dellultimo sole si era assopito un pescatore, aveva un solco
lungo il viso, qualcosa simile a un sorriso.

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Una cosa bella


Marco Rizzo
Ne ho vista di gente a cui piace il mare.
Gente che, appena arriva la fine di maggio, non vede lora di infilare costume e infradito e scappare a godersi il sole e la spiaggia.
Gente che passa ogni sera destate in un posto diverso, purch sia sul mare.
Ma come il signor Alfonso non ne avevo mai visti. E credo che mai pi
ne vedr.
Era una notte dagosto. Con Sara e il solito gruppo di amici eravamo andati a Torre SantAndrea a fare un po di baldoria.
un posto molto particolare: una spiaggetta protetta dagli scogli, situata
subito dopo una leggera discesa. In mezzo al mare uno scoglio che ricorda la
sfinge e una pineta sulla sommit di una collinetta.
Tutto sembra avere un ordine, un senso, a SantAndrea. Sembra quasi
che, quando Dio cre quel posto, fosse particolarmente ispirato e attento ad
ogni particolare.
Passammo la notte in pineta, chi nei sacchi a pelo e chi nelle tende.
La mattina seguente mi svegliai presto, come mio solito, nonostante lalcool della notte prima. Il sole era ancora in mare, ne sarebbe uscito fuori
molto presto.
Ero immerso in varie riflessioni, quando una scena cattur la mia attenzione. Sulla mia destra, verso il mare, si apr una tenda. Scena consueta, ma
quello che ne usc fuori mi fece quasi sobbalzare.
Non aveva meno di ottantanni. Indossava una camicia blu e dei bermuda
beige e si muoveva come se fosse lunico essere umano nel raggio di cento
chilometri. In mano aveva un lettore mp3, dal quale non riuscivo ad immaginare che musica potesse venir fuori.
In tanti anni e tante notti passate in quella pineta, non ci avevo mai visto
nessuno al di sopra dei trentanni.
Non devo pi bere cos tanto, mai pi! pensai in un primo momento.
Ma il vecchio era ancora l, diversi minuti dopo. Per un attimo si incrociarono gli sguardi e accenn anche un sorriso. Poi prese un asciugamano e

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si avvi lungo la discesa, verso la spiaggetta.


Non so per quale motivo, credo per pura curiosit, ma mi alzai anchio
e lo segu.
Il sole cominciava a metter la testa fuori dal mare, ma appena appena,
timidamente.
Luomo scelse lo scoglio pi comodo, stese lasciugamano e si sedette.
Mi sentivo quasi un intruso, uno che non era stato invitato a quellappuntamento, in cui avevano gi preso parte un vecchio, il sole e il mare.
Lui si era accorto di me, ma stavolta fece finta di niente.
Buongiorno! gli dissi, esitando un po. Nonostante le cuffie alle orecchie, mi sent immediatamente. Salve, giovanotto! fece lui, con un accento
strano. Le piace lalba? mi chiese, togliendosi le cuffie.
S, molto! risposi, poco convinto. La mia testa cercava di dare unidentit a quelluomo, con alternative che andavano dallo scafista allo sbandato.
Spero di poterne vedere ancora tante, ma intanto me le gusto tutte!
mi disse con un entusiasmo che in quel momento mi sembr ingiustificato.
Si accorse che ero incapace di rispondergli e allora prosegu. Mi hanno
tolto questo spettacolo che avevo dodici anni. Abitavamo a Melendugno e
non vedevo lora che arrivasse lestate per venire al mare. Ci andavo anche
dinverno, ma di nascosto.
Con lo sguardo non era pi con me, era lontanissimo.
Mio zio lavorava in Germania, in una miniera. E un giorno disse a mio
padre di trasferirsi, che l cerano i soldi. E una terribile mattina ci trasferimmo.
Il racconto mi stava prendendo e, quasi senza accorgermene, gli chiesi:
Dove, di preciso? A Ilsenburg. Cominciammo a vedere i soldi, i problemi
che avevamo qui se ne andarono presto. Ma con i soldi non potevo comprare
il mare. Nemmeno lodore del mio mare. Nemmeno un po di salsedine,
niente.Tornavamo ogni tanto, a trovare i parenti, ma era sempre troppo poco
tempo. Ogni volta che ripartivamo era sempre peggio.
Dagli occhi azzurri cominciava a scendere qualche lacrima e io ritornavo
a sentirmi a disagio. Nel frattempo si accese una sigaretta e me ne offr una,
ma rifiutai.
Pensando di aiutarlo, gli dissi: Beh, ma adesso di nuovo qui, no?

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Alz la testa e mi fiss per qualche secondo. Poi labbass di nuovo, in


direzione del sole che ormai era sopra il mare e si scrollava di dosso qualche
gocciolina. S, ora sono di nuovo qui. disse sospirando.
Mia moglie morta un anno fa, i miei figli hanno la loro vita e a me
rimasto il mare. Il mio mare. Sai, il dottore mi ha detto che il fumo mi sta
uccidendo. Ma daltra parte, ho ottantasei anni e non siamo eterni. E mi sono
detto che quel poco che mi resta da vivere, voglio viverlo col mio migliore
amico, che non ho visto per troppo tempo. Ho preso uno zaino e una tenda
e son venuto qui in treno, che la macchina non mi serve.
In quel momento mi fu chiara e lampante lessenza della vita, quella che
ci sfugge troppo spesso, probabilmente perch siamo noi a sfuggirle via, in
cerca di palliativi che ci impone chiss chi.
Sara si affacci e mi chiam dalla pineta. Le chiedo scusa, devo andare!
Ci mancherebbe! Vai e divertiti, figlio mio. Comunque, io sono Alfonso!
Salutai quelluomo e pregai Dio di fargli vivere le migliori albe possibili.
Chi era quel vecchio? mi chiese Sara, quasi preoccupata. Uno che ho
conosciuto tardi.
Tornai a SantAndrea una settimana dopo, ma la tenda non cera pi. E
Alfonso nemmeno.
Ci tornai diverse volte, anni dopo, ma di quel vecchio con le cuffie non
vera pi nessuna traccia.
E allora cominciai ad andarci spesso allalba e mi fermavo sugli scogli,
sempre nel punto in cui quella mattina avevo conosciuto davvero il mare. E
stavo l ad osservare le onde, che pigre, ma incessanti, accarezzavano la sabbia.
Quelle onde che erano di Alfonso, ma che cominciavo a sentire anche mie.
Non mi bastava pi andarci da solo, quel posto meritava di essere vissuto
ancora di pi. Una notte di qualche estate dopo ci tornai con Sara, soli io e
lei. Non stavamo cos bene da tanto, quella notte fu fantastica.
E ci tornammo qualche anno dopo.
Pap, giochiamo a pallone? No, vieni qui, che pap ti fa vedere una
cosa bella! Che cosa? Che cosa? Il mare, Alfonso. Il mare!

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Nel mio profondo blu


Francesca Romana Mascioti
Ventotene 24 luglio 1943
Sta arrivando! Sentite!. Lurlo pass di bocca in bocca quando finalmente udimmo linconfondibile brontolio del piroscafo. Sussultai mentre
mia madre mi stringeva forte la mano. Mettendomi sulle punte dei piedi e
con il nasino all'ins cercai di scorgere qualcosa tra le persone davanti a me.
Laltezza dei miei 8 anni non mi permetteva di vedere niente. Sospirai sconsolato. Anche io ne avevo il diritto. Volsi lo sguardo verso mia madre. Sul
viso era dipinto un sorriso tirato, gli occhi velati da una profonda preoccupazione. La gente sul molo si accalcava e premeva facendomi perdere lequilibrio. Qualcuno applaudiva, qualcuno si abbracciava. Poi, allimprovviso, il
silenzio scese pietoso lasciandoci tutti a bocca aperta. Un rumore agghiacciante squarci l'aria portando con s il terrore. Il placido borbottio del vaporetto che stavamo aspettando da Ponza si confuse con il rombo assordante
di alcuni aerei.
Salva vieni!. Esclam Antonio che si era avvicinato.
Dove vai?. Gli domandai tra il preoccupato e lincuriosito.
Su, verso Parata Grande, da l si vede meglio!. Fece il gesto con la
mano di seguirlo e spar tra la folla. Mi voltai di scatto inseguendo il mio
amico, lasciandomi alle spalle le urla della mamma che si persero nel trambusto.
Salvatore torna qui!.
Arrivati sul promontorio ci fermammo per riprendere fiato. Oltre a noi
accorsero altre persone, mi feci largo insieme ad Antonio per accaparrarci il
posto migliore. Quei suoni diabolici mi entrarono nelle orecchie e nella testa.
Quelle immagini scolpirono profondi solchi nella mia memoria. Uno, due,
no quattro. Contai quattro aerei, dissero che erano inglesi, aerei da guerra.
Facevano paura. Accecati dal sole seguivamo i movimenti di quelle sagome
scure che come aquile fameliche puntavano la preda. Le ombre sfrecciavano
sul pelo dellacqua distorte dalle increspature, sembravano mostri marini in

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agguato sotto la superficie lucente. Ora lo vedevo bene il Santa Lucia. La scia
di fumo del traghetto diventava sempre pi densa mentre si avvicinava a gran
velocit. In un mare straordinariamente calmo dai colori accessi, in un punto
dove il blu profondo ipnotizza il viaggiatore, inerme e solitario il Santa Lucia
solcava quelle acque cristalline circondato da un nemico spietato. Gli spari
della mitragliatrice partirono improvvisi mandando in frantumi le vetrate, il
piccolo traghetto arrancava in cerca di salvezza. Una prima virata, unaltra
ancora, procedeva a zig zag. Quei brutti ammassi di ferro che gli volteggiavano intorno avevano sganciato delle cose allungate che sfrecciavano lasciando
una lunga scia in mare. Sgranai gli occhi incredulo. La maggior parte della
gente in preda al panico scapp via urlando, mentre gli incitamenti di quei
pochi che erano rimasti a guardare si persero nel frastuono della impari lotta.
Ero troppo terrorizzato per riuscire a urlare anche io, quando sentii tirarmi
per la maglietta con forza. Mia madre con il volto straziato dalla paura mi
avvicin a s chinandosi e abbracciandomi da dietro. Appoggiato alla sua
guancia sentivo il caldo scivolare delle sue lacrime.
Dai!
La piccola platea urlava a gran voce. Una flebile fiamma di speranza si
accese in me. Forse ce l'avrebbero fatta. Forse. Lo spettacolo surreale di una
tragedia al suo ultimo atto fece sparire dalla vista tutta la bellezza di quel
mare dalle mille sfaccettature, e proprio l, poco distante dalle secche dello
sconciglio, un siluro squarci il Santa Lucia. Lesplosione violenta riemp
laria, lacerando qualsiasi speranza. In una atmosfera ovattata, dove il terrore
ormai dilagava sinuoso negli animi, vidi vetri schizzare in ogni direzione,
fiamme levarsi verso il cielo e corpi umani sbalzare in mare. Spaccato in due
tronconi e ripiegato su se stesso in un agonizzante stridore, il piroscafo cominci a colare a picco. Lacqua ribolliva tutta intorno, la spuma bianca accompagnava la sua discesa verso il fondo, verso il punto pi profondo.
Allungai la mano nella sua direzione in un ultimo disperato immaginario
gesto di salvezza. Bastarono pochi secondi e la scena cambi completamente.
Scomparve. Non cera pi, e con essa il suo carico di vite umane. Nessuno
di noi si mosse, non era ancora finita. Non soddisfatta la squadriglia torn
sulla scena con lultimo micidiale affondo. Lultima sventagliata delle mitragliatrici si abbatt sui rottami e i superstiti che erano riemersi.

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Nelle orecchie avvertivo ancora il frastuono dello scoppio. Davanti a me


vedevo ancora il fumo nero della tragedia levarsi in alto. Nelle mie mani sentivo ancora il tremolio della paura, nel mio cuore il solco di una ferita che
non si sarebbe mai pi rimarginata. Mentre il ronzio degli aerei andava perdendosi in lontananza, i primi soccorritori presero il largo con i loro gozzi.
Ventotene 24 luglio 2012
La fresca brezza del primo mattino avvolgeva le mie stanche membra
donando una piccola tregua alla calura estiva. Con le mani tremanti mi appoggiai al mio fidato amico, un bastone logoro e usurato dalla salsedine e dai
giorni vissuti insieme. Dalla terrazza osservavo Il sole che stava lentamente
salendo, i suoi raggi si riflettevano sulle acque silenti di quel giorno appena
cominciato. Debolmente mi sedetti su una sedia fissando l'orizzonte, mentre
davanti a me piccole increspature danzavano spegnendosi in una candida
spuma bianca. Assorto in pensieri che si tuffavano in quel blu scuro dipinto
da mani esperte cominciarono a prendere vita dinanzi a me le immagini che
mi avevano accompagnato per 69 anni.
La campana della chiesa scand linizio della cerimonia di commemorazione. Mi alzai in piedi, la sedia di legno scricchiol allunisono con le mie
ginocchia. Immobile, con lo sguardo fisso nel punto in cui il mare si fonde
con l'orizzonte la scena mi riapparve in tutta la sua crudelt. Un velo offusc
la mia vista, le sagome nere presero a tremolare e i contorni svanirono piano
dissolti dal passaggio di un gabbiano.

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Lultimo viaggio
Maura Silvagni
La giornata non era bellissima: una leggera pioggerella cadeva insistente
sulla barca, ma il vento era giusto per spingere le vele. Avevo avvistato dei
gabbiani che sorvolavano una zona particolare, a turno si tuffavano in mare
risalendo a becco pieno. Un nutrito banco di pesce pensai. Diedi ordine di
risalire la corrente, in modo che, nel momento in cui avremmo gettato in
mare le reti per la pesca, la stessa corrente, unita alla forza del vento nelle
vele, avrebbe spinto la barca proprio nel punto in cui i gabbiani banchettavano
abbondantemente.
I gabbiani non ci avevano traditi: la pesca fu ricca e quando aprimmo la
rete che penzolava gonfia sulla coperta, avemmo la sensazione di trovarci
sotto ad una cascata di pesce. Ricordo ancora la gioia dei miei marinai nel
vedere quellabbondanza! Alcuni marinai iniziarono la cernita del pesce, altri
provvidero alla seconda calata: si doveva sfruttare quel momento di grazia. I
gabbiani volteggiavano sopra di noi, come se cercassero la loro parte per la
proficua segnalazione. I marinai lanciavano in cielo i pesci che si erano rotti
nella rete, perch si divertivano nel vedere la picchiata dei gabbiani per accaparrarsi quel bocconcino inaspettato.
Il momento di gioia e di gioco venne interrotto dalle parole del nostromo:
Guarda l, non ti sembra che la barca Solferino sia troppo vicino alle
mine?
Le mine. I tedeschi avevano infestato lAdriatico con le mine per proteggere le coste da eventuali incursioni degli Alleati. Appena finita la Seconda
Guerra, il mare non era stato bonificato e il bisogno di pescare per sfamare
le nostre famiglie era ben pi forte della paura per il pericolo che correvamo.
Sapevo dove si trovavano, le vedevo minacciose l sotto nascoste sotto pochi
metri dacqua. Le avevo mappate su una carta a quadretti, ogni centimetro
corrispondeva ad una bracciata dacqua e come punti di riferimento avevo le
alture o gli edifici pi alti della citt. Come avvisare lequipaggio del Solferino
del pericolo che stavano correndo? Non ebbi tempo di rispondermi.

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Dimprovviso uno schianto ruppe laria sonnacchiosa e grigia, pezzi di


barca volarono al di sopra del muro dacqua che sera innalzato a causa della
detonazione. I miei uomini rimasero attoniti davanti allesplosione, poi mi
guardarono in attesa di ordini. Non esitai:
Tagliate i cavi della rete, dobbiamo soccorrere i superstiti.
In un attimo la rete carica di pesce venne lasciata andare sul fondo del
mare; stavamo rinunciando ad una pesca ricca, ma dalla solerzia dei miei uomini capii che approvarono il mio comando, perch la solidariet nei confronti dei nostri compagni era ben pi importante del pescato. Virai e le
manovre vennero compiute in pochi attimi. I nostri occhi erano concentrati
sulla superficie del mare, nellaffannosa ricerca di qualche amico ancora in
vita. Gridavamo i loro nomi con tutta la voce che avevamo in corpo.
Quando fummo in prossimit del relitto del Solferino, ci si present una
scena apocalittica. Della barca erano rimasti solo pezzi di legno galleggianti.
Angelo, il capitano, era aggrappato a un asse e si lamentava per il dolore, ferito alla gamba e al torace.
Subito dopo recuperammo Michele, che era riuscito a liberarsi tagliando
la cerata impigliata nel verricello. Anche quando fu in salvo sulla barca, continuava a guardarmi con gli occhi sbarrati per lo spavento e a chiamarmi in
soccorso come se ancora fossi lontano. Recuperammo anche Virgilio e Agostino che mor agonizzante tra le mie braccia; non ebbi la forza di nascondere
le lacrime davanti ai miei uomini. Non trovammo altri membri dellequipaggio. Il mare se li era presi per sempre, per infoltire la schiera delle anime
del Purgatorio, pregate da tutti i marinai nei momenti di grande difficolt.
Il nostro ritorno in porto aument il nostro strazio; un nutrito gruppo
di persone era in attesa di notizie sul molo. I miei uomini eseguivano le manovre, io mi limitavo a pochi comandi essenziali, solo i lamenti di Angelo e
le deliranti parole di Michele riempivano i nostri silenzi. Sul molo riconobbi
tutte le mogli e le figlie dei marinai del Solferino.
Non riuscivo a trovare le parole per le novelle ed ancora ignare vedove.
Appena attraccammo, il gruppetto di persone si avvicin alla barca bramosa
di conoscere i dettagli della vicenda. Sul molo erano gi pronti i carri del
pesce che fungevano da barella per i feriti.
Vi caricammo Angelo, mentre Michele appena tocc terra, inizi a pian-

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gere come un bambino e Virgilio, silenzioso e attonito, venne soffocato dallaffetto della moglie e della madre. Quando vidi la moglie di Agostino avvicinarsi, con gli occhi lucidi, ma speranzosi, abbassai lo sguardo, cercando il
corpo dellamico adagiato sulla coperta. Ricordo la compostezza rassegnata
di quella donna, che si strinse alla figlia maggiore e in silenzio, insieme consumarono il loro dolore privato.
Seppi in seguito che si era salvato anche Guido, il motorista, che aveva
raggiunto la riva a nuoto.
Sono passati tanti anni da quel giorno, eppure il ricordo di quellepisodio
mi ha accompagnato per tutta la vita. Penso agli amici che sono morti nello
scoppio della mina, mi sono sempre chiesto qual lultima cosa che hanno
visto, coshanno provato nello schianto. Erano cos giovani! Io ho vissuto
tutta la mia vita, ormai sono vecchio, ho visto i miei figli crescere, ho avuto
nipoti e pronipoti, ma nel mio intimo ho sempre invidiato la loro morte in
mare.
Desideravo compiere il mio ultimo viaggio a bordo della mia vecchia
lancia, diretta verso lignoto, lasciarmi cullare dalle onde e chiudere gli occhi
pieni di blu del cielo e del mare. Invece sono circondato da estranei che bisbigliano fra loro parole e frasi incomprensibili, attaccato a delle macchine
che si accaniscono a prolungare una vita che ormai finita.
Ora vorrei che Agostino, Lorenzo e Salvatore, ancora giovani come li ricordo, venissero a prendermi, per portarmi con loro, in fondo al nostro
mare, per sempre.

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Luomo che temeva il mare


Vittorio Todisco
Era una giornata fredda dinverno, una di quelle mattine plumbee in cui
le strade sembrano specchiarsi nel cielo coperto di nuvole e laria pare intrisa
di un triste grigiore. Da solo, camminavo pensoso in riva al mare, osservando
le impronte dei miei piedi scalzi nella sabbia umida del mattino. Perso nei
miei pensieri, avanzavo senza meta, continuando a camminare solo per il desiderio di muovermi, di non fermarmi. Daltronde, non potevo fermarmi:
farlo avrebbe voluto dire trovarmi irrimediabilmente solo dinanzi allazzurro
sbiadito di quel mare, smarrito di fronte alla linea di quellorizzonte cos
lontano, con le orecchie inondate dallo scroscio dei ciottoli accarezzati dall'acqua. Temevo il mare, lho sempre temuto; non ho paura di nuotare, n di
andare in barca: mi fa paura la vista di quella distesa sconfinata, il rumore
ritmico e profondo delle onde. un fragore strano, quello del mare: non
colma laria, ma la svuota, copre gli altri rumori, sommergendoli nella sua
armonia; il mondo sembra sparire in quel suono, in quella vista, e ci si ritrova
inesorabilmente soli con se stessi. Anzi, ci si ritrova soli dinanzi alla propria
vita, riverbero abbagliante di quelle onde, ugualmente multiforme nel suo
continuo ripetersi, similmente capace di accarezzare e di annegare.
In quella mattina priva del bagliore del sole, il timore sembrava tenersi
lontano da me: cercavo di liberare la mente, di pensare solo alla luce che
inondava i miei giorni; poi una brezza leggera mi strofin gli occhi, costringendomi a chiuderli. Un inquietante senso di vertigine scosse le mie membra, tutto spariva intorno a me.
Silenzio.
Ad un tratto, sentii una voce alle mie spalle che chiamava il mio nome.
Mi voltai: la spiaggia intorno a me era ritornata come prima, il mare era l,
sornione, di fronte avevo un uomo alto ed estremamente trasandato, macilento, con gli occhiali storti sul naso sporgente e un pallido volto emaciato.
Avrebbe ispirato piet, se non avesse avuto negli occhi qualcosa di terribile.
Aveva indosso un consunto impermeabile nero che gli sfiorava le caviglie e
che gli conferiva un aspetto inquietante. Ero sicuro di averlo gi visto altre

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volte: ricordavo di averlo incrociato per strada, qualche giorno prima, ma


anche in altre occasioni me lo ero travato davanti, di sfuggita; non gli avevo
mai parlato, per, anzi non gli avevo mai rivolto pi che uno sguardo distratto, perch il suo aspetto, inspiegabilmente, mi spaventava.
Ci conosciamo?, chiesi in tono diffidente.
Certo che ci conosciamo, rispose quello, io ti conosco meglio di chiunque altro, credimi.
Mi dispiace, ma non mi pare di ricordami di lei, ribattei io, asciutto.
La voce di quellindividuo mi era incredibilmente familiare, mincuteva
unansia crescente.
Be, allora mi presento, continu laltro, sono uno dei tanti disoccupati
che sono stati sbattuti fuori dalle porte della societ. In fondo, per, non ho neanche voglia di bussare a quelle porte per provare ad aprirle di nuovo; sono
stanco: il mondo un arena in cui bisogna lottare senza sosta, ma io ho deciso
di fermarmi. Basta, non ho pi voglia di combattere una battaglia gi persa: preferisco arrendermi. Non ho moglie, n figli, nessuno che mi ami o che io ami.
Credi che abbia un motivo per continuare ad affannarmi alla ricerca di una vittoria inutile? Io penso di no. Mi arrendo: che il destino faccia di me quello che
vuole, voglio soccombere nelloblio. In fondo, cos loblio se non una notte
muta in un mare di silenzio? E il silenzio non forse un araldo di morte? E la
morte cos' se non la via di fuga pi breve dalla crudelt della sorte?
Inspiegabilmente, tremavo: non capivo perch, ma ogni parola che quellindividuo pronunciava, anche se apparentemente priva di senso, si conficcava nel mio cuore impedendogli di battere, e il mio animo sembrava
attanagliato dal suo sguardo. Un brivido mi correva lungo la schiena: quelluomo miserabile, sconfitto dalla vita, incapace di reagire al destino, mi teneva pietrificato, scrutandomi con quei suoi occhi orrendamente fuori dalle
orbite. Eppure, aveva unaria familiare: e se fossi stato anchio come lui, senza
accorgermene? Se un giorno la vita avesse scagliato anche me nella schiera
degli sconfitti, costringendomi ad abbandonare tutte le mie speranze, come
l'uomo che avevo di fronte? Volevo parlare, ma non riuscivo pi ad articolare
i pensieri.
Vado...ho fretta, lasciatemi, devo andare, dissi alla fine, cercando di allontanarmi.

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Questo impossibile, non ti libererai cos facilmente di me, ribatt


laltro, mettendosi dinanzi a me per non farmi camminare.
Cercai di spingerlo a lato con un braccio, mettendo da parte le buone
maniere pur di uscire in fretta da quella strana situazione.
Incredibilmente, la mia mano pass attraverso il suo ventre, come attraverso un corpo invisibile. Egli continuava a sorridere. Pensai di essermi sbagliato, provai con pi forza a strattonarlo, ma invano: sembrava che fosse
trasparente. Rimasi sbalordito: mi guardai intorno, vidi unanziana signora
che mi osservava da lontano, con occhi esterrefatti, e che distolse lo sguardo
da me, mettendosi a camminare in fretta, appena io mi voltai verso di lei.
Tu non esisti!, sussurrai all'uomo che avevo di fronte, capendo di dover
sembrare pazzo.
Ovvio che non esisto!, rispose lui, ma tu credi di esistere? E se la tua
vita non fosse altro che un sogno?
Vattene, non ho pi intenzione di ascoltarti!, gridai io, pur cercando
di contenere il mio tono di voce.
Non posso andarmene! Ma non capisci? Io sono nella tua mente, io sono
te: sono uno dei tuoi tanti io possibili nel futuro, sono il te stesso sconfitto
dalla sorte! Non puoi liberarti di me: tu diventerai me!, incalz lui, con
voce calma, continuando a nascondersi dietro quel suo sorriso malinconico.
Ero terrorizzato, non sapevo che fare: cominciai a correre a perdifiato,
inseguito da me stesso, fuggendo da me stesso. Corsi per decine di metri,
senza voltarmi, finch il mio respiro non divenne tanto corto da costringermi
a fermarmi; volsi lo sguardo alle mie spalle, esitante: non cera nessuno. Ripresi fiato, ancora scosso da quanto era accaduto. Il vento fischiava tra i tetti
lontani, la spiaggia cominciava ad affollarsi di bimbi che uscivano allegri da
scuola, il cielo sembrava prepararsi ad una pioggia nuova, dopo il diluvio notturno.Vidi qualche goccia frettolosa cominciare a cadere in una pozzanghera
che, increspata come un minuscolo oceano, rifletteva il mio volto. Sorpreso,
osservai limmagine del mio viso: quello ero il vero io, non quel miserabile
individuo che mi era comparso davanti qualche minuto prima. S, avrei potuto diventare come lui, ma chi diceva che dovessi diventarlo per forza? In
fondo, il mio destino era nelle mie mani, io avrei plasmato il mio futuro, io
avrei deciso chi essere. No, i miei sogni non sarebbero diventati incubi, ma

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realt; limportante era non arrendersi, non lasciarsi intimorire dalle avversit o dalle incertezze, crederci fino alla fine, perch solo chi li affronta con
coraggio pu accorgersi che i fantasmi non esistono.
Quarantanni, un soffio, quarantanni sono passati dal quel giorno, da
quella spiaggia, e ogni attimo che passa mi fa capire che avevo ragione: le
spade per duellare con la vita devono essere sempre affilate. No, non sono
diventato un fantasma: ho realizzato molti dei miei sogni, ho costruito una
famiglia, mi avvio alla vecchiaia sereno. Certo, non ho fatto tutto quello che
desideravo, ma, daltronde, non sono un dio; ho avuto momenti difficili, ho
ingoiato polvere, sputato sangue, ma ho sempre combattuto, senza arrendermi: in fondo sono un uomo, e questo era il mio destino.
Al mare, tuttavia, non mi sono mai pi riavvicinato: anche se ho imparato
a combattere con la vita, continuo ad averne paura, a temerla, a tremare dinanzi alle sue onde imprevedibili, sconfinate. Riflettendoci, forse, in realt,
pi che della vita, ho sempre avuto paura di me stesso, di non essere allaltezza dei miei sogni, di scoprirmi inesorabilmente diverso da quello che credevo di essere: per quarantanni, incatenato dal timore, non ho avuto il
coraggio di metter piede su una spiaggia. Soltanto ora, in riva al mare, ripenso agli anni andati e temo, ma non evito, la compagnia di me stesso: passeggio con i piedi accarezzati dellacqua, tranquillo nonostante quel tremito
che pervade le mie gambe quando guardo lorizzonte. Accanto a me, silenzioso, il fantasma di me stesso, quello che incontrai per la prima volta in riva
al mare, quattro decenni fa: invecchiato con me, sempre orribilmente trasandato, senza abbandonarmi mai; ho continuato ad averlo accanto, di tanto
in tanto, per tutti questi anni, e non ho smesso di averne paura. Eppure, ogni
volta che viene a trovarmi, gli sorrido, perch continua sommessamente a
ricordarmi che la vita un sogno, un diafano sogno terribile e meraviglioso,
e che il mare, inquieto e immobile, incute meno timore a chi naviga al largo.

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Orizzonte Lampedusa
Guglielmo Trovato
Lappuntamento era fissato per le due di notte, a ridosso della spiaggetta
di Kurkum al confine tra Tunisia e Libia. Mi chiamo Ali 21 anni, ero puntuale
allappuntamento con gli scafisti che mi avrebbero trasbordato con un barcone a Lampedusa. Tanti erano presenti forse un centinaio, uomini, donne e
bambini. Buona parte erano somali come me altri eritrei, libici. La mia famiglia aveva raccolto con tanti sacrifici 1000 dollari, venduto lasino e la
capra, per questo viaggio della speranza. Le difficolt economiche a casa
erano tante,mio padre anziano, mia madre malata, i miei cinque fratellini
erano molto piccoli per poter dare un sostegno. Quindi, lunico, a poter
dare una buona mano ero io. Il barcone, un vecchio rottame, pieno di falle
rattoppate e ruggine era gi pronto per la traversata in mare con rotta lisola
di Lampedusa.
I dubbi che potesse contenere tutti i cento migranti erano troppi ma altrettanto larrivo a destinazione. Comunque, imbarcammo e stretti come
sardine sotto sale salpammo in perfetto orario. La navigazione, allinizio dentro la grande baia era tranquilla, la velocit al minimo, pochi nodi di velocit,
per consumare poco nafta o perch il motore era vecchio e stanco. Usciti
dalla baia, incontrammo un mare crespato causato dal vento che prendevamo di prua, questa situazione creava un leggero beccheggio fastidioso ma
sopportabile.
Nella vita trascorsa avevamo subito di peggio. Intanto, a bordo, si fraternizzava, ci si conosceva luno con laltro,alcune famiglie al completo di
figli e neonati, altri soli ma soprattutto tanti giovani. La nazionalit e provenienza, era ormai inesistente, contava poco o niente, perch le guerre, la
fame e la miseria avevano cancellato tutto,daltronde, conveniva sradicarsi
da quei posti e passare a nuova vita.
Quindi, per tutti, lobiettivo e la speranza comune, era di arrivare in
Italia nonostante, rischi e pericoli che questo viaggio precario comportava.
A bordo era un gran vociare di grandi e bambini. Il mio pezzettino di pane,
lo diedi subito ad un bambino che piangeva per la fame, io, tanto, avrei resi-

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stito lo stesso, ero abituato a digiunare. Larrivo era previsto in due giorni
di navigazione, quindi digiunare due giorni non era un problema. Comunque, io restavo in disparte nel mio minimo spazio fisicamente disponibile,
invece,mentalmente spaziavo, perch riuscivo ad isolarmi da tutti i presenti.
Pensavo alla mia famiglia sola e abbandonata, i progetti futuri per loro e per
me. Comprare, appena possibile, una decina di capre e magari un sano e robusto asino. La navigazione , intanto, procedeva verso nord con il mare che
singrossava sempre di pi per il forte vento, nubi nere e minacciose apparivano allorizzonte.
Temevamo che il maltempo rallentasse il nostro viaggio, creando problemi di sopravvivenza, a bambini ed anziani. Le preghiere, in quel momento, davano un senso di protezione e sollievo per tutti ma purtroppo, al
terzo giorno di navigazione nessuno avvistamento dellisola di Lampedusa,
forse eravamo fuori rotta. Lorizzonte era solo mare in tutte le direzioni. Il
nostro barcone era sempre pi minacciato dalle onde altissime. Lacqua, cominciava ad entrare a bordo. Una vera tempesta dacqua che ci sommergeva
mandando in avaria i motori. Ormai, senza governo, eravamo alla deriva, in
balia delle onde. Il pianto e la paura di noi tutti era indescrivibile perch mai
avevamo visto una forza della natura cos brutale. Il cielo funesto e nero, buio
e profondo, i lampi invece con il loro bagliore ci davano un poco di luce.
Improvvisamente,come spuntata dal nulla, una grande barca bianca con dei
numeri sulla fiancata, si avvicinava sempre pi a noi, era una motovedetta
della Guardia Costiera di Lampedusa, che sfidando il mare in tempesta veniva
in nostro soccorso.
Sempre pi vicina, nel tentativo di lanciare una cima per il rimorchio,
un operazione difficile per le condizione del mare. Anche il lanciasagola aveva
difficolt a funzionare .Laccostamento non era per niente facile ma ecco che
una robusta cima lanciata dal sottocapo nocchiere Calogero Mangiaracina
fini nelle mie mani.
Questo intervento e successivo traino port alla salvezza la vita di tutti
i migranti. Purtroppo, lintervento fatto con tanto coraggio, ci fece cadere
in mare entrambi. Calogero, indossava per fortuna un giubbotto di salvataggio mentre io niente comunque con tanto altruismo riusc ad afferrarmi e
sostenermi per restare a galla. Un salvagente per due per non essere inghiot-

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titi dalle onde. Nonostante, le ricerche con diversi mezzi di salvataggio ed


elicotteri,restammo in mare dispersi per altri 3 giorni ma finalmente forse
con laiuto delle correnti, allorizzonte ecco apparire lisola di Lampedusa,
era l a poco bracciate di distanza. Arrivati a terra, subito soccorsi e rifocillati.
Alcuni giorni dopo la capitaneria ci festeggi.
Io e Calogero ricevemmo un encomio solenne dal Presidente della Repubblica. Dopo una settimana, arriv il mio permesso di soggiorno ed un
lavoro in un piccolo cantiere navale dellisola. Con il sottocapo Calogero
Mangiaracina ogni tanto ci si incontra per un caff ed anche per ricordare
quei momenti. Alla fine stata una grande ed emozionante storia di
mare,fatta di generosit umana ed altruismo, alcuni valori per fortuna resistono ancora nel tempo.
Questa breve storia vuole rappresentare non solo un fatto di cronaca ma soprattutto
che lumanit e la fratellanza tra i popoli di qualunque razza e credo, esiste ed esister
sempre perch fa parte ancora oggi di quel sentimento chiamato amore.
Ogni riferimento a fatti, cose e persone viene dalla mia fantasia,lispirazione di scrivere
questa breve storia, nasce sicuramente da storie vere e tragedie, avvenute in mare.

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Molo Nord
Alessandro Vinci
Il Molo Nord era il braccio pi lungo del porto di Ancona. Un imponente
muraglione, posto a difesa delle onde violente provenienti dalla Jugoslavia,
che sembrava essere il prolungamento naturale della collina su cui sorgeva
il Duomo di S. Ciriaco.
Appena finita la scuola, con lestate che cominciava a farsi sentire, spesso
scendevo dalla citt, con la mia bicicletta pieghevole e mi infilavo nel trambusto operoso del porto. Scivolavo veloce in una sorta di slalom tra locomotori neri e sbuffanti, grosse gru che sembravano muoversi leggere su rotaie
invisibili, colline di containers, e centinaia di persone dirette non si sa dove
come fossero formiche impazzite. Pedalavo leggero, con lagilit delladolescenza e la voglia di raggiungere una meta piacevole. Guardavo i grandi traghetti sempre pronti a partire e ascoltavo il respiro del porto fatto di catene
che scendono veloci a inseguire grandi ancore, sirene, odori, gatti, gabbiani
e da mille altre cose che i miei sensi percepivano senza voler trattenere. Pedalavo fino a raggiungere il Molo Nord che si stagliava imponente a nascondermi la vista del mare aperto e, allimprovviso, attraversando un varco che
sembrava aprirsi magicamente, compariva una banchina bianca punteggiata
da grosse bitte scure. A perpendicolo della banchina una scogliera si allungava
verso linterno del porto, mentre, in questo specchio di mare cos ben protetto, tre barche dondolavano dolcemente. Due erano a vela: una elegantissima Star, che si narrava avesse partecipato trionfalmente a mille regate ed
un piccolo Flying Junior. La terza era unumile barca di legno cos pesante
in ogni sua parte, dallo scafo ad i grossi remi, che pareva impossibile potesse
galleggiare. Laspetto rozzo e un po trascurato peraltro le dava una connotazione di forza misteriosa quasi quel guscio di noce fosse stato forgiato in
un blocco di granito indistruttibile.
In questo piccolo spicchio nascosto del porto di Ancona passavo giornate
felici in compagnia del mio amico Francesco vivendo avventure immaginarie
che solo la fantasia delladolescenza ti concede. Un luogo segreto fatto di
oggetti portati dalle onde che pareva avessero voglia di parlare. Se il tempo

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lo consentiva mettevamo maschera e pinne e perlustravamo palmo a palmo


la scogliera alla ricerca di polpi, cavallucci marini, pesci che non finivano mai
di sorprenderci per forma grandezza colore o modo di muoversi ed agire.
Il granchio con una chela gigante ed una minuscola, la buffa aguglia, la medusa minacciosa ed elegantissima il gambero in perenne retromarcia. Se la
giornata viceversa era pi fredda e minacciosa costruivamo piccole barche
con i pezzi di legno e polistirolo che trovavamo tra gli scogli e affidavamo al
vento impetuoso questi improbabili navigli traballanti sforzandoci di seguirli
fin dove gli occhi ce lo consentivano.
In questo mondo fuori dal mondo a volte arrivava un uomo zoppo. Aveva
un volto che a me pareva severo, avanzava fino alle quattro cabine blu che si
appoggiavano al muro del molo. Entrava in una di esse e ne usciva a torso
nudo, ma sempre con i calzoni lunghi. Impacciato nellincedere, ma sicuro
nei gesti, liberava dagli ormeggi la barca di granito e remando in piedi si allontanava a largo. Dopo una mezzora tre quarti tornava. Legava la barca e
rientrava nella cabina a rivestirsi. Quindi, senza parlare con nessuno, si allontanava col suo passo forzatamente dondolante.
Un giorno, come molti altri, lo vidi arrivare, ma quel giorno al molo
cera anche mio padre con la sua candida divisa da ufficiale della Marina Militare. Pap si alz, and incontro alluomo zoppo e gli strinse la mano in un
saluto che mi parve particolarmente intenso e fiero. Aspettai che la barca
come sempre prendesse il largo e mi precipitai da mio padre a chiedere chi
mai fosse quel signore misterioso.Quelluomo - disse un marinaio come tuo
padre. Ha perso una gamba in guerra nellaffondamento della corazzata Roma.Va
laggi a largo, si toglie la protesi e si immerge nel mare. Poche parole scarne, ma
precise come era nel suo stile. Si capiva per che pap vedeva in quelluomo
un eroe, un uomo, che fino ad un istante prima io avevo visto solo come un
povero zoppo.
Venne al molo molte altre volte. Immaginavo la corazzata in navigazione
verso lisola della Maddalena in quel pomeriggio del 9 settembre. Vedevo
lequipaggio sereno nella certezza che la guerra fosse finalmente finita. Immaginavo le invisibili bombe razzo tedesche che da cinquemila metri di altezza piombavano sulla corazzata. Immaginavo il fragore, lenorme colonna
di fumo, le urla, i corpi dilaniati. Immaginavo la nave divenuta improvvisa-

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mente un blocco di acciaio senza vita che precipitava a mille metri di profondit nellincolpevole mare dellAsinara. Immaginavo i millequattrocento
marinai morti ed i seicento che disperatamente cercavano di salvarsi. Immaginavo lui. Lo vedevo pi giovane, ferito forse da una scheggia o da una
lamiera tagliente. Vedevo lo squarcio sulla sua gamba, il mare intorno al suo
corpo diventare rosso di sangue. Immaginavo il dolore, la paura degli squali,
la disperazione per i compagni persi. Infine i soccorsi, la traversata fino a Minorca per trovare una branda in ospedale e laggi, in terra straniera, lamputazione della gamba.
Sono tornato ad Ancona dopo molti anni. Cammino lungo le banchine
in un mondo che da bianco e nero diventato a colori. Ecco laggi il Molo
Nord. Sembra avermi atteso per tutto questo tempo. Sorrido rivedendo i
miei scogli. Guardo lo specchio di mare che sento di conoscere in ogni sua
goccia ed improvviso dal cuore riemerge il ricordo indelebile delluomo, del
marinaio e della sua barca di granito. Le onde leggere del porto non riescono
quasi a muoverla, al suo interno un paio di calzoni ed una gamba di legno. Il
marinaio l nellacqua, nuota sicuro, libero finalmente dalla sua menomazione. La guerra gli ha rubato la felicit, ma il mare sempre l ad offrirgli
un abbraccio sicuro che non avr mai fine.

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Poesie selezionate
Dove vai a riposare, mano, con direzione di occhi?
Dove vai capitano azzurro?
Vai alla mia nave traballante?
Dove vai quando conduci il vento?
Al mio cuore che ha un miraggio dalberi?
Dove vai?
Verso lorizzonte che sanguina
Ti regalo la morte di un seme.
Baciai una pietra nel sole e un seme nel pane,
scorgo una canzone antica.
nata la bellezza ed visione di terrore e grazia

Francesca Lo Bue

Le prime dieci poesie

Mare di notte
Tiziana Monari

E lo sentiamo il mare in questo esodo crudele


schiumare da mille bocche sommerse
maculato come il manto di un giaguaro, affilato come una scimitarra
radente di antiche condanne
sale furente accanto al golfo di Sirte imbevuto di morte
su gole scompigliate, su braccia che cedono inermi alle tempeste
su quella barca che ondeggia senza pi meta
come uno scarabeo morto
e Jamila sogna lalbero di gelso, i capperi fioriti, il fiato del Sahara
lunghe distese di oleandri viola
e Sogna Nazim le vergini del paradiso
donne dai fianchi sinuosi come serpi, licaoni nascosti tra i cespugli,
aquile di cielo
ma il cuore batte nelle ossa, su labbra avide di sale
tutto ombra
in quella voce del silenzio che urla prima del naufragio.
Vite mai arrivate in nessun porto
laggi dove un gatto di strada, sporco di pesce
miagola rauco.
Anche lui affamato damore.

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Preghiera dallultimo porto


Gaia Mariani
Brezza, che da lontano accarezza
lantica mano che vacilla,
Shabine, quel vecchio lupo di mare
che giunto ormai alla fine
della sua traversata; sotto la luna salmastra
e la risacca, attraverso occhi di vetro
che saggirano tra agglomerati insonni
di fuligginose notti randage.
In ogni occasione chiedevano se
sarebbe stata lultima volta, l'ultima volta
che saresti tornato, Shabine, il depravato,
lubriaco, il traditore. Credo di aver perso
la rotta, mi fidavo di guardare le stelle ma
io non alzo lo sguardo, non voglio,
pu darsi che si mostrino
solo a chi ha coraggio, non a chi fugge
Le mie vele ancora non raccolgono
il vento, non sono gravide di esotici profumi
Shabine, il tuo piccolo Legno
con unancora pi grossa della carena
non ha le vele, non ha mozzi pazienti
e marinai o bussole che seguano la rotta,
che spieghino le ali, eppure,
sulla stretta fiancata Icaro,
Legno dalle vele di cera, con le nostre
mete mancate, si farebbero beffe di noi,
di te, Shabine, con il faro che ricorda i nostri
approdi falliti. Un porto vale
un altro porto, forse, ma il mare,
lultimo mare che vedo da questa finestra

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oh...quello unico, con occhi diversi,


come se fossi giunto
a ci che non ho mai trovato, una casa
alla fine, ma una casa
diversa da tutte le altre, l'estrema;
avanza il mio passo sulla rena
fino a perdersi, a sfumare
dolcemente nel grande Padre
che accoglie le nostre tracce e le disperde.

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Vessilli al vento
Vincenzo Tafuri

Vessilli al vento, vedette di costiera.


Citt marine, i porti, viaggi di confine, sipario davventura,
il mare, intenso primordiale scenario, seno dumanit.
Navi dipinte, voci ancestrali, divinit di palpiti.
Ronzii sommessi come bisbigli di giganti.
Dondolii di alberi, steli svettanti,
oasi serena nel turbinio di eliche.
Ritmi di scie, ordine di segnali, fasci di luci.
Vessilli al vento, vedette di costiera, saette di schiuma,
brezze di maestrale, azzurro di pastello nel filtro di sole,
vele bianche nel silenzio di cielo.
Vessilli al vento, sentinelle di pace,
lurlo dellonda nellira sferzante.
Coraggio e ardore, tutela di vita, al fiero marinaio,
esodo di pena, tesa la mano allinerme migrante.
Universo dorizzonti, insidie nascoste veglia sul mare,
nellorgoglio di popolo.
Notte di stelle tra fari guizzanti.
Il porto nellincavo di luna, sonno di preghiere,
visi lontani , fuochi damore.
Mare bianco, candore di pelle, lindo tessuto
come animo di fanciullo.

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Pianto da sponde lontane


Ester Cecere

Parla oggi il mare.


Di madri lontane,
un pianto sommesso
mormora all'alba.
Muta lo sciabordio
in grida d'aiuto
da mari remoti,
al levarsi del vento.
Urla di terrore
soffocati nei flutti,
il fragore dei marosi
d'una improvvisa burrasca.
E io,
agli scogli da gomene ancorata,
impotente odo
il pianto da sponde lontane.

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27 giugno 1980
Adele Pedroncelli

sera di cielo terso e strano movimento.


Quasi resa al sonno, lestate
prende quota, nellultimo suo volo,
Dc9 Itavia, ingenua croce dargento.
Gli sguardi mietono
a ridosso del vetro
lo sfrigolio delle lampare
adamantine viole di mare
Ma il mare ha un livore profondo
muove le mani incapace
di sedare le onde inquiete
e tace.
Manca il tempo, il coraggio
dellultimo istante:
virata, urlo, impatto preghiera.
Manca il tempo...
il travaglio di una stella implosa
uno scroscio di fuoco, un delirio di corpi
smembrati, nelle tracce delle lamiere
iridescenti.
Un cane di pezza, una borsa vuota,
una scarpa rossa infrangono lo specchio
nero dellacqua a lutto, fresca di dolore, e poi
unaurora di silenzio
un cono dombra
di gelido mistero, cala, e permane,
su quel lembo di Tirreno.
Ustica, 27 giugno 1980.

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Gente di porto
Luca Olmeda

Allantica taverna dei marinai,


con cento lire,
mezzo bicchiere di vino
per scrollarsi di dosso
la tristezza di un giorno
Il biliardo e il fumo delle sigarette,
il chiasso dei vecchi che giocano a carte
e ricordano antiche storie di mare
ma tanto chi li sta ad ascoltare,
noiose fantasie da dimenticare
e mentre il mare grida impetuoso
ed i gabbiani urlano al vento
io angosciato,
tutto dun fiato
con la mente vago
e vedo in mare luccicare
scintille di poesia,
assurda nostalgia,
di vecchi marinai
ubriachi di utopia
gente di porto,
col fiato corto,
insegue chimere
sventolando bandiere
ingiallite dal fumo,
aggrinzite di sale

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Preghiera
Sergio Bisiani
Stelle dellOrsa
Che indicate la rotta
A chi solca il mare
Mio padre si addormentato
Guidatelo al porto amico
Alla baia tranquilla
Di unisola lontana
E tu dio dei venti
Che riempi la sua vela
Fa che il viaggio sia breve
E le scotte docili alla sua mano
Nettuno, che domini i flutti
Apri le tue onde
Alla sua prora
Gabbiani
Mio padre vi amava
Stendete le bianche ali
Nel suo cielo senza nubi
E voi delfini
Argento nellazzurro infinito
Giocate felici
Nella scia della piccola nave
Il vostro canto pi dolce
Sirene
Lo accompagni
E lo tenga lontano
Dallo scoglio che affiora
Mio padre si addormentato
Noi lo abbiamo visto partire
E voi

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Che lo avete preceduto


Sulla misteriosa rotta
Delleternit
Accorrete sulla spiaggia
A salutare il suo arrivo

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Pennellate mediterranee
Angela Dipasquale
Seduta sullorlo arrotolato
duna banchina del porto di Sicilia
per compagna uno spicchio di luna
come un amo gettato nel cremisi.
Onde di blu, flutti di stelle.
Dallalleggio della volta
si riversa allorizzonte la notte.
Salternano alla costa
i seni turgidi dei monti.
Profumo di sale e di zagara.
In questa notte mediterranea
salpano riflessioni
il mare inizia ad infrangersi
il sibilo diventa lamento.
Una eco di voci erranti
accompagna la risacca.
Quale nuovo Ulisse approder?
Nei porti non giungono solo marinai
ma nere frange di uomini.
Sarenano schiume
sporche di sangue.
Attraccano lingue e credi diversi.
Nessun carteggio
seguono le rotte della speranza.
Terra che porta in grembo
figli fermi a fare i fari
a vegliare la salsedine dei suoi fianchi.
Marinai pescano uomini
o forse corpi,
nuovi Messia di unepoca in cui

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persino il Libeccio, stipato,


giunge su scafi.
Mediterraneo
canestro intrecciato di blu
raccoglie le mie gocce di sbadigli.
Sui fondali scandaglio emozioni
peregrine e senza boa.
Una stella stanca
muore a mare.

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Maree

Daniele Buccini
Fresca laria stasera
e aleggia il profumo della bufera.
Il Nostromo, assorto, scruta lontano,
cercando un Dio da poter supplicare,
una luce, un segno, un rito pagano,
un ricordo cui potersi affidare.
In una culla donde
il sentimento, geloso, nasconde:
che nessuno intenda il suo dolore,
quel gran dolore che viene dal mare,
che nessuno sveli il suo immenso amore,
quel grande amore che torna nel mare.
Quel sentimento che nasce con la marea,
che cresce, che muore inseguendo unidea.
Fresca laria stasera
e non torner.

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Marino
Cristiana Pezzi
Lo vedi seduto
Mani sulle ginocchia, ginocchia larghe
Largo sguardo steso allinfinito
Sulla fresca tavola del mare
Di fronte alla sua casa
Si riposa
stato marinaio tutta la vita
Adesso naviga fra le spume del pensiero
Grato alla lunga relazione con lacqua
una storia felice dal colore cangiante
Da quando respira, lui l dentro
Aspro e ridente
avvinghiato allabbraccio del flutto
fuso al grido della conchiglia,
alla sabbia che avvolge il gabbiano
in braccio al rumore della tempesta,
cullato dal fragore del sole
tagliato nel sale,definito di bianco dal vento
assopito nella bonaccia,
gioca alla guerra coi venti
nutrito dallodore del pesce
svaporato lo sguardo, si perde
ed oggi il mare vuole amarlo per sempre,
e lo chiama brillo e suadente

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lui si alza dalla panca di pietra,


si cava le scarpe ubbidiente
sospettoso lo squadra il paese
flaccido al sole brunito
sbattono le ali le lenzuola stese
minacciose , querule, offese
pochi passi servono adesso
a soddisfare il solenne invito
ad arrivare alla madre odorosa che padre
che sposa e confidente invecchiata di millenni
calza ciabatte di sabbia,si infila sotto coperte dacqua
poggia la testa sul cuscino dalga
un brivido lungo lo scuote
quando sente arrivare la sua barca
sullultimissima onda
disponibile

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Le altre poesie

In piedi sulla riva


Angela Ambrosini

Dipana velario di luce


dal mare, colori a mescere
tra cielo e sponde,
tra sabbia e case,
povere case in barbaglio docra
laggi, dallisola scarna di scogli.
Scuote la donna torrente
di reti ad asciugare al sole,
lo sguardo del pescatore
attento a che squarci le maglie
non abbiano tra alghe e sassi,
di terra rossi.
Cos, oltre quel gesto
che dura millenni,
dura fatiche e forse rimpianti,
ammonisce la mente altri destini
che mai, come il mio, ebbero mari,
n moli, n bitte cui bastimenti strappare
allartiglio dellacque,
e mi somiglia, s, quanto mi somiglia
questo brivido di vita
riversa alla salsedine aspra
dun giorno qualunque
che lento inabissa
su specchi dazzurro.

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Mare

Paolo Annibali
Mirabile
Armonia di frutti,
Riverberante,
Eternit

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La musica del mare


Elena Auddino
Il mare, maestro eccezionale,
dirige senza partiture.
Pochi strumenti musicali,
suoni incisivi.
Ritmico sciacquio di onde,
o tempesta incalzante,
le sue sinfonie provocano stati
di ebbrezza o malinconia al
pubblico che ascolta.
Di mattina,
col suo vestito azzurro,
regala una musica dolce, soave,
che infonde gioia e speranza nei cuori.
Ma di sera,
quando indossa la sua veste di fuoco,
la sua musica in crescendo
incendia gli animi pi appassionati.
Se poi si veste di grandi onde
spumeggianti,
le note che si odono fra gli scogli
diventano assordanti, quasi di dolore.
Il suono fievole, evanescente,
delle piccole onde che lambiscono la riva,
non udibile da tutti,
ma dagli animi pi nobili.
Compositore
il mare scrive la sua musica quando
rimanda i riflessi doro e viola del sole,
nel suo ultimo abbraccio al giorno;
e il cielo sopra lorizzonte

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diventa un sipario di tinte infinite,


dipinto da un pazzo pittore.
Carezza sul viso e sulle speranze,
la musica del mare per coloro
che sanno stare in silenzio,
ad ascoltare rapiti in estasi

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Il mare di ieri
Paolo Avanzi

un assillo di vacui orizzonti lontani


ci che subentra alla vista del lungomare di Cervia
mentre mi ritrovo ancorato alla assenza di te.
Non trapela emozioni la folla
(accalcata sull'estremo lembo sabbioso
fuori dallonda) ma solo per me
che non sopporto pensieri che non siano di te,
del nostro amore scontroso
concluso in quella maledetta vacanza.
Cos preferisco annullarmi
tra le coppie transeunti riflesso di noi
sulla sabbia, piuttosto che rintracciare tra i flutti
la memoria vitale della tua rapida corsa
schiumante. Amo il mare di ieri
e non so biasimare il tuo fuggirmi continuo
sulla scia di riflussi che tuttora sagitano
in questo supplemento destate.
Ci voleva una mia frase sincera
o, chiss, una canzone
che accompagnasse lo sciabordio dellacqua sul molo,
la sua suggestione di acre salmastro,
invece delle mie esitazioni sulla distanza esistente
dallo sfiorarti la mano.
Cos ora in una sorta di tardivo riscatto,
la mia voce affidata ad una linea di telefono
occupata vorrebbe anticipare i tuoi certi dinieghi,
illuderti che siano ancora l le nostre impronte
miracolosamente scampate
allanonimo passeggio sulla battigia.

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Di solito il mare
Luigi Antonio Barone

Mare cupo e tempestoso


amico dei pescatori
che in te posano
la loro speranza.
Mare calmo e sereno
a te sono affidati
i figli dei pescatori
e la loro vita.
Piangi,
o terra di Gallipoli
tre dei tuoi figli
non fanno ritorno.
Odi!
Vaghi lamenti
fendono le acque.
Di solito il mare
a dare il pane
a chi lo cerca:
la vita
a chi la chiede.
Ascolta la preghiera
di quelle donne,
che del loro uomo
le hai private.
Ed io lultimo
saluto ripongo
agli amici
della San Cosimo Secondo.

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Notte sul mare


Marisa Bigliardi

Celata
ogni cosa
riposa la notte
sul mare
Trema londa
increspando effimeri bagliori
memori
dun d
traboccante di sole

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Delicata veglia
Davide Bordoni

Non si issato il cielo oggi,


la duna della spiaggia solitaria,
mentre le onde risaccano in un brusio salino,
il vento non si sa pi orientare perso in serpentine deliranti,
lorizzonte sfugge alle carezze del mare
e non si dipinge allo specchio del mattino,
il pennello della vita non ha scelto le tinte del nuovo giorno
Tutto appare e poi scompare
Forse sto osservando con gli occhi dellanima.

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Luigi Brasili
Mare magnum.
Maestose maree minondano, minnalzano.
Misterioso, mirabile, msse monumentale.
Mobile membrana moltiplicante meraviglie.
Mente millumina.
Merluzzi macinano miglia; miliardi!
Mako, mandibole micidiali masticano membra.
Molluschi mimetici, murene, melanoceti mostruosi.
Messaggeri Moai mirano morbide moltitudini.
Mormorii marsiliani, motonavi marcianti.
Mitici mostri, melliflue melodie.
Maghe, maiali, mete mitologiche.
Melville, Montalban, Mayol, Maiorca.
Magellano, Morgan.
Mompracem, Maldive.
Mururoa...
Montagne marine, maelstrom minacciosi.
Mercanti, militari, marinai.
Miraggi, moli, missioni.
Messaggi.
Mare.
Magico mare.
Mare magnum.
Mare mio.

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Il veliero

Rosalba Katiuscia Buongiorno


Una nave di carta.
Eravamo salpati, a sera.
E tutto il mondo ci era scorso tra i visi e la vela.
Allacciati stretti in ogni scossa di burrasca lieve,
in ogni dondolio di bonaccia,
non ci toglievamo gli occhi di dosso.
E le parole, dita tra le dita,
sintricavano insieme
a sospingere oltre lorizzonte il nostro piccolo veliero.
Ed era meraviglioso scorgere che
cera davvero il profilo dellAnima, dinanzi a Noi.

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Partire soltanto per vedere il mare


Franco Casadei

Una volta nella vita, allinsaputa


partire solo per vedere il mare
spiando con ansia quel punto di strada
in cui, lo sai, apparir allorizzonte
la linea che non si pu varcare
come un clandestino addentrarti poi
in uno di quei borghi accalcati
sopra i sassi, concederti al vento,
portarti via quella luce come fossi un ladro
tornare a casa e solo tu a saperlo.

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In dolce compagnia
Giulio Rocco Castello

Amo di te, o mare,


le dolci notti calme,
con disegni di sabbia
dipinti dal tempo.
Guardando i tuoi occhi
resto fermo, penso a quello che dentro
ti agita, ti sconvolge.
Proprio questa notte
alla luce delle stelle,
a piedi nudi
ti vedo passeggiare al mio fianco.
E qui la mia foto stanca
di un mare che mi segue
oltre le cime
con le ombre che siedono sul porto,
quei giorni in cui le onde mattutine
gridavano ai sussulti della vita.
Cera ancora forza negli occhi della sera
quellinnocenza racchiusa nel recinto
pronta a cercare la sua via duscita.
Ma il vento cambia direzione,
la luna guarda con altre facce
e noi torniamo a sera con le scialuppe fiacche
nel porto, con il faro spento.

- 169 -

La prua di una nave


Pasquale Catanzaro

la prua di una nave.


Che fende il mare.
Che si protende verso lorizzonte.
Mare.
Tuttintorno.
E luna.
Che in quelle acque gelide si specchia.
Vuol render eterna la sua immagine
in quello specchio fatto donde.
E sale.
la prua di una nave.
Scranno su cui maccomodo.
Per ascoltare le parole
che si nascondo
tra le righe di quella tavola azzurra
chaccompagna viaggiatori.
E le loro speranze.
E i loro sogni.
la prua di una nave.
Punto di partenza di una nuova storia.
Pagine bianche da riempire.
Pensieri.
Che diverranno parole.
Immagini.
Che diverranno acqua
che disseta la mente.
E vibra nello spirito.
la prua di una nave.

- 170 -

Che segna il nord del mio viaggio.


Non v' Itaca alcuna da raggiungere.
N Penelope
chattende il mio ritorno.
Solo storie da vivere.
E poi raccontare.

- 171 -

A te

Antonia Colella
Il pensiero vola a te,
che insito culli innumerevoli ricordi.
Un turbinio di piacevoli emozioni
nascondono i tuoi flutti,
che dolci e soavi accarezzano
i fanciulletti piedi di creature spensierate;
un insieme di possenti sentimenti
provochi in chi ti ammira quando,
potente e rissosa,
la tua forza si infrange su spigolosi scogli.
A te il mare immenso.

- 172 -

Spiagge

di Mauro Corsini
Rantolano rotolandosi londe.
Pensieri, ricordi e pensieri ancora.
Linfinito ritorna a sussurarmi
Linfinito echeggiare suo smarrito.
Echi, silenzi,vuoti ed acque ancora:
Torni, tu, labile magia dincanto,
Evanescente spuma levigante
Lanima. Cruda e dalla gola tesa
la voce del cielo che sovrasta
Lincorregibile mutevolezza
Del mare.
Qui, tra ventri di schiume e tra i riflussi,
Svelo questo mio futuro di sabbia,
Provando quasi un sentimento vivo.

- 173 -

Jogging

Maria DAmbrosio
Liride del mare si rinnova
ad ogni assalto della mareggiata.
I frangiflutti, chiusi in falange,
si preparano allimpatto
neri dacqua e di lava.
Corro lungo la riva respirando
nuvole di brodo primordiale,
alzate in aria, come polvere sottile,
da mastodonti in combattimento,
che si contendono il diritto antico
di continuare ad essere nel tempo.

- 174 -

Rovaglioso
Carla De Falco

il cielo in cui cicala regna


ha palpebre chiuse
e niente nuvole.
la casa rossa delle estati bambine
sorride dun lascito lontano
e niente chiavi.
la gente che amai e difesi a lungo
fuggita via dai rovi stanchi
e nessuna parola.
protetto da speroni aspri di roccia
tu solo ancora mi sussurri
col fiato pastoso delle spume
i tuoi paterni moniti solenni.
ricordati di non appartenere,
increspati, per farli intimorire
incazzati e innalzati sultana
incantali e fatti anche solcare.
attenta a non svelar labisso.
poi calmati e goditi la quiete.
tuo padre, il mare.

- 175 -

Partenope
Teodoro De Giorgio
Fin dove tocco,
l voglio arrivare.
Non oser andare oltre.
Mi fermer dove lacqua
lambisce la gola
e ti aspetter.
Ti aspetter
anche se non dovessi mai arrivare.
Sar come uno scoglio,
sprezzante delle onde
perch non pu affondare.
Percuoter la rena coi piedi
per chiamarti,
urler il tuo nome sottacqua
e lo sussurrer ai venti.
Le onde melodiche
del mio cuore
ti condurranno a me.
Scruter il mare
per cercarti allorizzonte
e se ti scorger tra i flutti
guizzer da te.
Mi lascer incantare
dal tuo canto seducente
e dalla tua peregrina bellezza.
Mi largirai la tua conoscenza
e, come Odisseo,
non ti rifiuter.

- 176 -

Ci uniremo in abbracci vorticosi


e penetrer il tuo mistero.
Fuggiremo in un golfo segreto
e ci ameremo
nel pi profondo silenzio.

- 177 -

Golfo del Bengala


Daniela De Nuntis

Vedo appena il divieto,


le mie orme di sabbia mute e lavate,
sagoma minima che scendo a te e mi poso avvinta.
Tignorano i corsari,
tignora il nocchiere, tignora la nave,
tu sei proibito e solo.
Non mavvidi
che lasciavo la mia guerra nella tua,
era tuo lurlo che saffoga,
tuo labisso e minondava,
era il tuo cuore che batteva travolto.
Non mavvidi della notte,
non mavvidi della luna di sale,
non mavvidi di me, ero lacqua che annega.
Confusi la mia tregua,
confusi la somiglianza che smania,
confusi la paura, il pianto e la pace,
confusi lavida vita,
confusi la rabbia selvaggia e la violenza.
Tu portavi la fame che prega.

- 178 -

Mare di vita

Maria Rosaria Della Rocca


La nebbia comincia a diradarsi.
I primi raggi del sole temprano la terra
si riverberano nellacqua
oltrepassando la coltre vegetale.
Larmonioso fruscio delle onde
si fonde al battito del mio cuore.
Lazzurro specchio
riflette i contorni evanescenti
del mio volto stanco.
Mi intingo nel mare,
che gelido e frizzantino
avvolge il mio corpo e la mia anima.
Rimembro gioie lontane, velate di malinconia,
abbandonata a un immenso piacere,
illuminata dalla scoperta improvvisa di arcane suggestioni,
cullata dalloblio
nel desiderio di libert e infinito:
mi emoziono
per tale meraviglia del creato,
che offre vita e speranze a ognuno di noi.

- 179 -

Tempesta a Torre Flavia


A mio padre
Francesca Di Castro

Londa monella coperta di spuma


gorgheggia i marosi contro lo scoglio.
Vedo la Torre vicino la riva,
la meta del viaggio insieme a mio padre.
Sabbia che frusta le gambe e la mente,
entra negli occhi, colpisce la faccia.
Il tempo che cambia oscura lazzurro,
il mare diventa come la pece.
Mio padre si volta,
mi prende per mano,
mi dice Torniamo!
Sulle sue spalle la Torre scompare
dietro la nebbia di tromba di mare.

- 180 -

Spora della mia esistenza


Elisabetta Di Francia
Con te sono nata.
Rapita nel tuo ventre sono stata
piccola e gigante,
semplice e paziente.
Nella tua culla di spuma e armonia,
aggrappata alle tue viscere,
ho respirato la libert dal dolore.
Cos mi hai resa schiava del tuo immenso,
battendo le tue rive sul mio cuore dismesso.
Accendendoti senza artifici
hai disegnato la rotta di superfici
profonde,
accogliendo sguardi felici
in teneri orizzonti.
Sfavillanti occhiolini di incanto,
inghiottiti dalla tua ugola,
mutano le mie parole in sussurri ameni.
Amante fedele e nemico implacabile
mi posi frammenti di seta
sulle dita
lasciandoti cavalcare
e mai domare.
Porti in grembo il dono
di unancora che aggancia
la mia vita col sapore
della tua dolce frenesia,
ripulendomi dal torpore
e dalla scialberia.
Pelle che abita la musica
del mio viso

- 181 -

specchiato in riflessi di luce


e di luna radice,
da te mai allontano
la danza atavica della mia anima.
Perch non sei mai abbastanza mare
se non sei dilaniante amore,
vorace desiderio
e costante melanconia.

- 182 -

Pesce nellacquario
Maria Antonietta Filippini

Dalla sabbia nascono e muoiono,


nel giro di poche ore, castelli popolati dalla fantasia
di dame, draghi, principi arditi.
Nelleterno rigenerarsi del ritorno
alla sempre uguale pulsione
di compattar granelli e acqua di mare,
corrisponde, bambina dispettosa,
la voglia di distruggere ogni cosa
saltandoci sopra ben molto prima
del tramontar del sole.
Acida la nostalgia
di ci che fu e non potr pi essere.
Come lontana eco, lo specchio ripete
la stupida novella di lei
che cerca il suo perduto amore:
Sette paia di scarpe ho consumato
Sette verghe di ferro ho logorato
Sette fiasche di lacrime ho colmato
Allora, chiss come e perch,
ancora qui presente let
il cui il passato breve
e il futuro pare eterno.
In realt la vecchiaia non sa correre,
sprofonda invece in storie in parte vere
ma per lo pi inventate, labili orme
che la lieve risacca subito risucchia
come il ricordo di quellunica estate,
col sole a picco, che racconti contiene
tali da superar le Mille e una notte .

- 183 -

Luce metallica nel mare riflessa


acceca e il salmastro mantiene
sempre vive, della disillusione, cicatrici mai sanate.
Lucidi, freddi, piccoli pensieri naufragano
quando, silenziosa, gi sillumina la meta.
Fragile, spumosa cresta donda
la fragilit umana, indifferente al caos,
non per la prima volta, nel rotolio della tempesta,
di sale spolverata al nulla grida muta,
come pesce nellacquario a boccheggiare.

- 184 -

A te, mare
(In ricordo di Klevis, caro alunno albanese, prematuramente scomparso)
Fiorella Fornasiero
A te, Mare,
nel languido tramonto
dun autunno nebuloso,
affido il mio pensiero,
a te che dalla sua Terra mi separi
e, frapponendoti maestoso,
mi concedi solo di sognarla,
la Terra in cui nacque
e dove tornato a riposare,
quella Terra che dolcemente accarezzi,
qual premuroso innamorato,
nel tuo fedele andare e venire,
nel tuo ritmico dondolare.
Culla anche queste parole mie
e tramutale in canzone,
cos che giungano fino a Lui
come canto di Sirena.
Forse non riaccenderanno il suo sorriso
e non faranno brillare i suoi occhi
ma, mentre fisso la tua distesa azzurra,
io gi me li figuro
quei ridenti e luminosi Non ti scordar di me
e la mia mesta nostalgia si placa,
per qualche istante,
nella dolcezza del ricordo.
A te Mare, guizzante di vita,
a te Mare, scrigno di segreti,
affido il sussurro del mio cuore.
Portalo sullaltra Riva,

- 185 -

quella del sonno eterno,


perch Lui non si senta solo.
Klevis, cos piccolo e buono.
Klevis, cos gentile e delicato.

- 186 -

Mareggiata emotiva
Francesco Ricceri
Cerco lazzurro nei mari sbagliati di petrolio,
nuoto contro corrente nell' oceano delle prove fallite,
mi obbligo a provare la sistola delle emozioni di acqua.
Nel frattempo guardo lorizzonte dalla prua della mia barca:
eccolo linizio che mi porter a casa dopo anni di assenza,
dalla gente che non mi somiglia!
Il malecon aretuseo non mi manca:
ho un tripudio dietro me!
Le onde battono il tempo nelle clessidre dei miei ricordi.
Violenza nella rabbia di un passato ingiusto:
allattato da una pazza non riesco a perdonare la vita:
il mio sangue schizzato su uno scoglio
assieme allamore sano della prima donna di ogni umano.
Arrivi tu: pochi minuti damore segreto nell atrio della mia diffidenza.
Il vento porta altrove quel che resta di un dialogo difficile.
Occhi alati sulle spalle e un piccolo pesce sul fianco,
carbone negli occhi di miele,
cacao sulle labbra di nuvola,
attenzione nella lentezza di un gesto,
un pezzo del mio mare per spazzare via luragano di un esistenza dura.
Sabbia tra i denti, deglutisco vetro:
rimpiango scelte sbagliate
e vomito ricordi sui fogli di un poeta avido.
Sudore sulla fronte...di pensieri,
amaro sul palato...di bugie,
rumore ai timpani... di idiozie,
fumo tra le narici... di ricordi :
una notte di spaccata realt nella cruda esigenza di te!
Il sole dentro il mare mi frantuma l anima
e la trascina oltre lorizzonte al tramonto,

- 187 -

legandola a te per sempre:


follia crederci,
estasi viverti,
suicidio continuare,
orgasmo respirarti!

- 188 -

Il soccorritore del mare


Giuanluca Frasca

Uscimmo dal quel gigante che si adagiava su se stesso,


come le formiche scappano dallalbero in fiamme.
Il fuoco insegue i miseri
come il freddo dellacqua in quel mare buio,
incalzava la mia speranza di vivere.
Dun tratto dal cielo un rumore assordante.
Un uomo con laspetto di un mostro
mi trascin e mi sollev verso quel frastuono,
verso quella luce misteriosa
come un traghettatore porta unanima verso linferno.
Tolse la maschera quel soccorritore
e da i suoi occhi capii che ero nel regno dei vivi.
Sospesi nellaria lo vidi subito scomparire.
Non so dove fosse andato, ma capii
che era di nuovo sceso tra le onde
per proteggere qualcuno dalle fiamme.

- 189 -

Si rompono le nubi
Maria Grazia Frassi

Si lascia baciare il tuo viso


da fragranze di sale
nel meriggio inatteso
Macchia di smalto
la panca brillante
nellumida spiaggia un po sola
improvvisa carezza del sole.
Si dondolano vive le barche pi chiare
leggero il vezzo del remo legato.
Segui la luce salire una zattera avara:
unonda aggrapparsi alla riva;
sinfrange accecante
in lamine curve
sui dorsi e le creste,
inghiottita da chiari risucchi:
un decanto di scorie
tra alghe daltrove
che riporta poi loro
e lieto traspare un senso di nuovo
come si agitasse ad aprire le brecce
nella folla di turbati pensieri,
sul grigio dellacqua e nel cielo
si dipinge largento
a tessere increspati bagliori;
e nel marasma che si scioglie
ecco si disincaglia
uno scivolare di sciarpe lucenti
sulle distese infinite di mare
lontane apparire pi quiete,
lasciare il suo tempo al gabbiano
per cogliere acuto il suo pesce.

- 190 -

Al mio marinaio
Rita Gallo
Hai amato il mare,
e mi hai insegnato ad amarlo,
a non temerlo.
Ancor piccola,
mi facevi ascoltare
il rumore delle onde
sulla battigia
e mi cantavi
ninna nanne sulla riva.
Mi sembra ieri che, a lungomare,
seduti sulla panchina,
ci fermavamo a lungo
a respirare lodore acre
della salsedine, delle alghe...
di qualcosa dinfinito,
che non si respira
in nessun altro posto del mondo,
se non c il mare!
Mi raccontavi storie affascinanti
di delfini, sirene, uomini pesce
e io, accoccolata a te, chiudevo gli occhi
e mi pareva di toccare il cielo,
cavalcando leggera sulle onde
con creature mitiche e gioconde.
Poi sono cresciuta
andavamo a pesca sugli scogli
e l mi hai raccontato le storie vere,
quelle vissute, quelle della guerra
e la paura di morire,
proprio in quel mare

- 191 -

che tu amavi tanto.


La divisa bianca
col berretto della Regia Marina
era il tuo orgoglio
e tu sei tuttora il mio, pap!
Voglio immaginarti ancora sul tuo scoglio,
come un vecchio marinaio ad aspettare le prede,
con la canna, consumata dal tempo,
il berretto bl, la maglietta a righe e i pantaloni arrotolati.
Felice, come lultima volta che hai visto il mare.

- 192 -

29.08.2011
Luca Gini

Perch vuoi stare nella mia ombra?


Non quella di un gigante,
di una nave arenata.
Non spingere, non forzarmi
non credo salper ancora
viaggiare senza carte
mi ha portato
dove non cera mare.
Nessun vento favorevole
al marinaio che non sa dove andare.
Vuoi un consiglio?
Parti sola.
Anche una piccola barca pu salpare.

- 193 -

Voce di unesiliata
Maria Rosaria Giunta

Ti sento,
avverto i tuoi odori,
i tuoi sapori,
i tuoi colori.
La mente divaga,
mentre i ricordi
della tua acqua cristallina,
inondano il mio cuore
di rimpianti.
Sei il mio amante perduto,
sei la passione della mia giovent,
sei lazzurro che mai pi ho rivisto.
Lontano il pensiero corre,
ormai gli anni giungono al loro bivio,
ma tu, mio mare di stelle,
rimani l ad osservarmi,
indifferente al tempo che passa;
tu ripeti il tuo ruolo
da eterno bambino,
mentre la vita scivola
e rimane la nostalgia
di un amore lontano
e mai vissuto,
della perdita di te,
mio amato Jonio,
mentre la fredda nebbia
dellindifferenza
mi porta via
gli ultimi istanti dei tuoi tramonti.

- 194 -

Mare dinverno
Davide Iacobellis

Il mare dinverno
cheto un tempo non poi cos lontano,
tra sbuffi e spruzzi, ed onde e mulinelli gorgoglianti,
tramuta lesser suo acquistando le sembianze dun mostro primordiale.
E salzano in formazioni dattacco eserciti dacqua e sale,
assediati dallo sferzare dun vento nemico,
ad aggredendir la riva, ad inghiottir le nubi,
mentre gabbiani di luce e falchi di tuono,
vessilli di rivali potenze,
annunciano una guerra con strida ed artigli incandescenti che feriscon
lorizzonte.
E sperano i civili che la bestia plachi la sua fame con le vite non dei loro cari,
persi nel suo manto con reti calate che tirano impazzite verso labisso,
finch le preghiere dei fanciulli, di lacrime materne impreziosite,
lambiscono il cuore del mostro e saziano di piet la famelica rimostranza.
E torna a riposare il Leviatano, oramai soddisfatto del dazio,
sul fondale del suo mondo oscuro,
smuovendo le maree ad ogni respiro del suo sonno tormentato.
E sassopiscono i demoni del vento
in giacigli di bonaccia,
tra le nubi che evaporano,
nel silenzio della notte.

- 195 -

Come il mare
Romano Italia

Amo il tempestoso corso dei tuoi pensieri


frementi ed arditi come dei destrieri.
Amo lanimo tuo di passioni ardente
che divampa e brucia inesorabilmente,
ed amo la quiete che segue ogni tempesta:
il cuore calmo e la mente in festa.
Sei come il mare: tempestoso, rude, irruente
ma anche lieve, placido, accogliente;
quando nel cuor placata la bufera,
intorno rifiorisce primavera.
Dormi o mio mare, la tua barca culla,
abbine cura come una fanciulla,
lasciala abbracciar dalla tua onda
e accompagnala, lieve, sponda a sponda.
O mare specialissimo, gioia di mia vita,
luce dei miei giorni e di bont infinita,
godi questo sole e questa lieve brezza,
che nel tramonto estivo tenera ti carezza.
Dondola la tua barca che si specchia fiera
tienila stretta a lungo prima che venga sera,
quando verr linverno di lei non rester traccia
ed a nulla varr chiudere le tue braccia.
Sogna il tuo sogno, mare, lultimo concesso,
forse, sin da domani, niente sar lo stesso.
Dormi o gigante buono, presto verr la neve,
lestate, come la vita, sogno lungo e breve.

- 196 -

In ammollo
Serena Lampugnani
Si, vero.
Non ho mai ricevuto una sorpresa, le ho sempre beccate prima.
Non ho mai ricevuto un fiore quando lo desideravo, in cambio avevo un
poster, 3 metri per 3 metri raffigurante la margherita di Romeo Britto, ma
non era la stessa cosa, non aveva lo stesso profumo.
Ho detto TI AMO per davvero, con il cuore in mano, una volta sola e la
risposta stata un sorriso, ma quel sorriso racchiudeva tutta la sua vita.
O almeno credo!
In compenso ho amato tanti uomini, con la pancia, con la figa.
Odiavo i gatti prima di convivere con due.
Amo il sesso e lo odio, perch il sesso mi distrugge, mi svuota, mi fa sentire
sola.
Amo conquistare.
Amo controllare le emozioni.
Non so cosa significhi vivere.
So che voglio vivere.
Ho provato tutte le due ruote possibili, scooter, motorini, vespe, moto, moto
d'acqua, biciclette, arrivando alla consapevolezza che con quelle troppo
potenti non posso resistere dal disintegrarmi.
Amo la musica.
Amo i verbi coniugati a dovere.
Amo fumare ed difficilissimo smettere.
Amo le donne arrivate, indipendenti, forti; amo quelle donne che vorrei
essere.
Amo me, a momenti.
Amo il rumore dei tasti del pc.
Amo la carta, amo le biro, le matite e i fogli sparsi per casa.
Amo pedalare, sudare, faticare.
Amo farmi guardare.
Amo dormire, sognare, odio un po il dovermi svegliare.

- 197 -

Amo il rumore del mare.


Amo questa citt e amo allontanarmici.
Amo conoscere gente.
Amo rollarmi le sigarette.
Amo la marijuana, e nessun altra droga.
Amo i gay.
Amo lavorare a contatto con la gente.
Amo i complimenti.
Amo scrivere.
Amo amare.
Amo proporre, amo stupire, amo...
Quando odio, odio tutto, me in primis per tutto questo amore che ho da
dare e che solitamente tengo stretto... a me!

- 198 -

Mare amante

Alba Clara Laudisio


Lo spazio scavato dal tuo amore e successivamente svuotato dalle tue mani,
lho colmato col mare.
Onde dentro di me che cullano la mia anima con sale e calore.
Un sorriso raffiora dalle acque del mare, lui ora ad avermi, lui ad
abbracciarmi.
Non esiste compagno migliore, ti accarezza ogni volta che vuoi lasciandoti
il proprio profumo addosso.
Mare prendimi, trascinami nei tuoi mondi sommersi, rendimi unica
regina.
Spuma avvolgimi, solleticami e con il tuo colore mimetizzami.
Ora che sono con il mare non desidero pi te.
Qui le lacrime non si fanno riconoscere, mai.

- 199 -

Notturna

Anna Rita Liscio


Mi circondo donda nella luce sonnacchiosa del tramonto.
Rubo coralli e stelle di mare per farne ghirlande alla sera che viene
Silente
Odorosa di alghe e conchiglie adagiate nellacqua.
Siedo sullo scoglio che affiora come unico fiore di un prato verdemare.
La preghiera del mondo si posa nei tagli duna scogliera.
Sono tuttuna con lacqua e con la pioggia che scende lieve
Immersa in vastit oceaniche
Attendo
La sera.

- 200 -

Nella spaccatura tra terra e cielo


Rita Loprete

Quel tratto di spiaggia


dove dinverno
arranca il mare
in onde disarmoniche e sabbiate
mi rende
nellintarsio delle ore
pi nitidi richiami.
Degrada
in ordine fuggente
il paesaggio.
Correnti dali a scorrere
afferro le crespe dell'acqua
mentre rimbalzano i sensi
e si acutizzano
tra file attonite
di barche capovolte.

- 201 -

San Lorenzo

Maria Teresa Maldari


Si sparavano i fuochi sul mare nella notte del Santo in agosto.
Sulle spalle di mio padre,
io bambina, guardavo quel miracolo di luci e colori
e sognavo, guardando lontano, un futuro di uguale splendore.
Son tornata a guardare quel mare,
in una notte di fuochi e di stelle,
di ritorno da un tempo sospeso che annulla passato e presente.
Ed ho sentito vibrare nel cuore,
quel qualcosa che credevo perduto.
Hanno sparato i fuochi sul mare in questa notte
che sembra di pece.
Sulle spalle , mia figlia,
guarda il mondo con occhi incantati.

- 202 -

Mingus at antibes
Roberto Marzano

Pregna laria del sentor di prezzemolo


dolce menta provenzale che freme
luminose note notturne attendendo
contrabbassi come lampioni.
Quasi-quasi stai stretto
nella bianca camicia hawaiana
grossi languidi fiori blues
al tuo tavolo mediterraneo
Chez Fernandel - Port dAntibes.
Gambe stese sulla sedia di fronte
gli occhi chiari della tua Sue
ordinando o almeno provandoci
Pierrade Marine aux Fruits de Mer
a un garcon piuttosto distratto
i suoi soliti fantastici voli
e
lo sfilare improvviso di un gatto.
Intanto
accontentandovi
di un banalissimo
Muscadet Sevre et Maine sur Lie
(mica servono caff americano l)
non passa nel cielo
alcun gabbiano
purtroppo sono tutti impegnati
in altre poesie di ambientazione marina
o in improbabili rossi tramonti a Milano

- 203 -

Pensieri
Paola Mini

Pensieri sfuggevoli rincorro,


nel buio della notte,
pensieri veloci che fuggono lontani,
nuotano nel mare della mente,
si alzano,
sono sommersi dalle alte onde,
annaspano per vedere la luce,
ma il mare le spinge sul fondo,
sempre pi gi,
la tendenza della mente umana...
Tempeste vigorose, forti, immense, immortali
sconvolgono quella distesa infinita dacqua,
passano ore,
si avverte uno spiraglio di luce,
arriva la quiete,
appare un timido sole,
lacqua si calma ammirando quei tiepidi raggi,
tutto tace,
e i pensieri ritornano galleggianti e felici,
di essere salvati dalla marea della mente,
tornano in superficie,
stupiti da quellattimo di pace,
e allora: capisci.

- 204 -

Tempesta

Giuseppina Marrone
Mi sorprende improvvisa
la tempesta che mi infuria intorno
e mi scopro impotente
in balia del mare in travaglio donde
di dilatarsi dacque in ampi cavalloni
e la marea frangente
milizia blu notte in aperta battaglia
un tormento lanciato al galoppo contro
muro zaffiro in assalto che tutto travolge
tumultuosa furia in burrasca
e intorno impetuoso sbattere dali ai cerulei venti
respiro irruento
dentro
questo trionfo di elementi
ormai zattera
soccombo.

- 205 -

Anima pulita del mare


Virginia Murru
Sar questo pomeriggio alterno
dequinozio
meglio di un sogno bisestile
o il mare agli avamposti quale incanto
i campi affascinanti
di bruma e di ritorni
dietro quinte sovrapposte
aliti di giorni implumi
O forse saranno
canti di gabbiani e di falchi
un soffio lieve tra le dune
sulla soglia imperturbabile di giugno
mentre raggiunge un culmine
onda su onda.
Magari questo stupore campale
tra solchi di mare
le sue note avvolgenti di rientri in riva
onda e risacca
che mi fanno sentire nuova di zecca - allineata
inquell'arco di blu ad occidente
mentre mincanto davanti
a simili schianti di bellezza- pronunciata forte
quasi rivoluzioni travolte dalla brezza
Forse.
Sorprendo tracce dassoluto
In queste note marine

- 206 -

Un la! Ed gi controcanto davanti allarenile.


Non potrei svelare n dire
Eppure non mi sento
irrisolta nell aristocratico convivio
e so dessere nucleo terra e acqua
in cerimonie splendenti di natura
quasi Vita.
Il mare anima pulita, senza detriti.

- 207 -

Mare dinfinito
Rita Muscardin
Mare, distesa dinfinito
che nel rosso del tramonto taccendi
e accarezzi lorizzonte dove gabbiani con ali dargento
volano sospesi fra terra e cielo.
Il silenzio dei tuoi abissi inviolati
veglia il lungo sonno di anime condannate alloblio
in sepolcri dimenticati
dove nessuna mano pietosa depone corone di fiori e lacrime.
Solo bianca schiuma di onde
in perpetua corsa verso lidi sconosciuti
accarezza gli antichi sacelli
mentre nelle notti infiammate di stelle
dalle tue profondit si levano i canti dellesilio.
Il respiro del tempo si impigliato
nelle reti che asciugano al sole
adesso che solo immagini sbiadite
di giorni smarriti nel vento
rimangono nel fondo di pozzi senza pi acqua
e nel tuo buio murmure
pare ancora di udire il suono di voci lontane.
Una barca attraversa lombra della luna
e scompare sulla soglia dellinvisibile,
dimmi mare, cosa si nasconde
laggi dove si perde lo sguardo e il pensiero sattarda
per comprendere lImmenso?
Forse che ai tuoi ignoti confini
sapre il passaggio che conduce allaltra riva
dove non trovano pi affanno i giorni
e la profonda quiete veglia il riposo?
Sei forse dolce preludio,

- 208 -

nel perpetuo moto di docili onde,


delleterno divenire nei luoghi dellInfinito?
Allora la mia anima esausta un poco sacquieta
mentre sfiora il mistero custodito nel tuo grembo
e attende lultimo tramonto
per attraversare la soglia del tempo.

- 209 -

Limmenso
Noemi Neri

Quando la notte cala soffusa,


il cielo si scioglie in mare
medicando ogni confine.
I lampioni disegnano la costa,
spruzzi di luce nellacqua.
I lumi dei pescatori
sembrano stelle
nell'immenso blu
e le donne tessono fili di parole.

- 210 -

La storia replica
Maurizio Paganelli

La storia replica, rinvanga, torna


a stretto giro. Il rivo che incantava
diviene delta e mare,
tenta una tana, si riavvolge ostile,
muro, roca tromba tra le gore.
Acqua che non monda reca altra bile.
L sul fondo la luce
punta e sfila, maculata e fioca.
Fra alghe reclini e spine,
fa fuliggine e setaccia le dune
il muggine allamato con il grongo
in cupe spelonche di fango.
Pi sopra scivola ramingo il grampo.
Pivieri in truppa,
la ripa li ripara dallo sparo
che stampa gli scogli e fumiga il coro.
Rompe l'azzurro una boa con la vela.

- 211 -

Pensieri

Ilaria Parlanti
Alba di cristallo
libere onde
appoggiano sul molo.
Azzurro di sole
mi sorprende
la luce convessa
dei suoi raggi.
Pensieri
incontrano il mare ...
il suo respiro acre di salmastro
lo sento dentro il cuore.
Scende lanima mia danzante
disinibita e nuda
su praterie di posidonia
mentre qui
su questo asfalto schiva
si nasconde
dietro uneclisse nera
di veti
e di paure.
Siede una vecchia
sugli scalini in pietra dAcquaviva,
gli occhi spenti, esangui
come gusci di conchiglie vuoti e bianchi
arsi nel sole.
Cos anchio sar
trascorsi
i venti di libeccio?

- 212 -

Unanemone di mare
alla deriva
porta presagi
di tempesta.
Troneggia il grido dei gabbiani
tra il mio sentire di poeta
e lorizzonte.

- 213 -

Mare infinito di che?


Pierluigi Quarta

Mare, due punti.


Per due punti passa una sola retta.
O una rotta.
Due parallele si uniscono solo allinfinito.
Cos come due rotte parallele.
Gli infiniti dei verbi, gli unici a finire, finiscono in are, ere, ire.
Quindi se mare fosse linfinito di un verbo,
quale sarebbe il suo presente indicativo?
Ma il mare non un verbo e pertanto non ha tempi.
Anche perch c da sempre e continuer ad esserci allinfinito.
Per quellinfinito che noi possiamo avvertire.
Forse lui, il mare, avr lopportunit di vedere un giorno
due rette o due rotte parallele congiungersi.

- 214 -

Il viaggio della luce


Domenico Ragosta

nellattesa del suo ritorno


che pi forte il dolore nella
mia mente ed pi inquieta
la mia anima.
Durante il suo viaggio la luce
porta con se tutti i colori del
mondo, il blu del mare.. il verde
delle colline consegnando
tutto ad un buio senza senso.
Solo il suono dellonda a farmi
compagnia.
Al ritorno della luce tutto mi
sembra pi sopportabile
persino il bicchiere con le sue
gocce e il bianco del camice.
Ma oggi tutto cos strano..
non avverto dolore ai polsi e non odo
la voce dellamico mare eppure la luce
dovrebbe essere tornata dal suo viaggio

- 215 -

Il mare e la felicit
Maria Rosaria Rebecchi

Un giorno la Felicit pass sulle rive del mare di Gaeta.


Le chiese allora il Mare contento di parlare:
- Dove vai a questora? Chi vai a cercare?
Rispose la Felicit un po allegra un po seccata:
- Cerco la fortuna ma non lho trovata!
Disse allora il Mare: - Tesoro, fatica sprecata!
So che chi la tiene non lha pi abbandonata.
A quel punto la Felicit non sapeva che fare;
fu il Mare che riprese a parlare:
- Mi hanno detto che tu sei testarda e capricciosa
e per avere te c sempre bisogno di qualcosa.
Che sia bellezza, ricchezza o salute,
amore, gioia, rimembranze perdute.
Ora ti chiedo Felicit mia cara,
non te ne andare, non cercare ancora.
Io do salute a chi mi appartiene,
io do ricchezza a chi mi vuole bene.
Sono bellezza per questa citt incantata,
sono amore per la donna innamorata.
E se qualcuno mi guarda e sorride,
sono un ricordo che torna a fiorire.
Perch allora continuare a cercare,
fermati qui, ci potremmo sposare!
Disse la Felicit allegra e vivace:
- Sai che ti dico? La cosa mi piace!
E fu cos che la Felicit, incerta e faceta,
in un giorno di sole spos il mar di Gaeta.
Ora chi qui non va a cercar lontano,
la felicit che ha a portata di mano.

- 216 -

La polena

Antonella Riccardi
Nel chiarore della notte
vidi lanima tua
protendersi agli abissi,
laurea chioma spiegarsi alle brezze.
Memore di superba bellezza,
ti cinse londa dellintimo abbraccio;
dei colori dellalba e del tramonto,
del sereno e della tempesta
gi ti fece dono.
Ai flutti frementi concedesti
la rotondit dei seni,
le lignee nudit dei fianchi
sotto le volute smeraldo,
lasciasti alla velleit di uomini e Dei.
Qual mistero sei,
o solitaria creatura,
che persuadi le acque
con la muta preghiera,
che riconosci il cammino
e il volo dellalbatro.
Quale grazia celi
sotto le pieghe dellerosa veste,
mentre annega lultimo raggio
nel mare dargento.
Dei notturni pensieri
vegli il divenir salso,
piena la luna
di fatui sospiri.

- 217 -

Silenzi di marinai
Cosimo Rotolo

lodore intenso e avvolgente della sabbia


trasportata nellaere dal vento
a risvegliare in me il ricordo
delle lunghe passeggiate dinverno
in riva al mare
dove la battigia desolata
si perdeva sino a confondersi
con la spuma evanescente dellacqua infranta
Angoli vuoti
fra le case sparute
con il loro silenzio
nascondevano ricordi
odorosi di salsedine
ombre invisibili ma palpabili nellaria
ad accarezzare la memoria
docilmente
e svanire subito dopo
sublimandosi al mio sguardo
E il muto cammino
si avviluppa
al fragore dei marosi lontani
ed io mi ritrovo a scrutar le stelle
seguire i gabbiani
come fa il vecchio marinaio
che prende il largo
alla ricerca di una nuova avventura

- 218 -

Voci dal mare


Gae Sicari

Attimi di sole sull'arenile della spiaggia ardente.


Le sirene intrecciano
ai fili doro dei capelli attorte conchiglie ,
le bianche mani sugli scogli muschiosi
sfiorano incaute gemme di sale.
Il loro canto dolce a sentirsi
sulle onde errabonde :
- Fermati, straniero, il tuo volto c amico!
Noi siam qui da millenni.
Un soggiorno ti offriamo felice
nellisola amena dincantati giardini,
dov primavera perenne.
Accogli linvito festoso!
Libero sarai da terreni pensieri,
entrerai nelloblio che ogni cura guarisce.
tempo di stare con noi ,
mentre il sole risplende
al tuo sguardo vivace.
Sarai dio.
Ascolti? Il tuo nome sappiamo :
Ulisse,Ulisse !

- 219 -

Maremma
Patrizia Socci

Sono cresciuta in Maremma


soltanto l il mare
striato dargento.
Per amico un pino altissimo
che toccavo dalla finestra.
Orizzonti infiniti di sole e tranquillit
brezze mattutine sulla riva
in cerca di conchiglie.
Sono vissuta tanto tempo
con il cuore leggero
dove il luna park dellestate
continuava a girare
anche nei fantasmi dinverno.
Dolce e ruvida terra
mi hai cullato fra le onde
mi hai cantato ninna nanna
con la voce del tuo mare
mi hai amato come figlia
circondandomi di te.
Sei Maremma generosa
hai protetto la mia infanzia
regalando la speranza.

- 220 -

Canti

Maria Vittoria Somigliana


Salgono
irregolari
dalle onde
increspando
la superficie
inseguendo
infiniti cieli
su orizzonti veri
canti
che giungono
dal profondo
di lontani abissi
canti di fatica
canti di lavoro
forza di braccia
rughe di sole sulla faccia
storie di funi, ferro e fatica
leggende antiche
da tramandare
purch si canti
di questo immenso mare.

- 221 -

Reti

Silvana Sonno
Una rete di luce e sopra dacqua.
La spiaggia entra nel mare trascinata
da una pesca di terra e sassi triti
limatura di valve legno vetri;
carezza d'alga scivola sui piedi.
Lo sguardo indugia sulle creste donda
che il sole fa danzare in superficie
e acceca ci che invece muove e tace
sotto il pelo dellacqua pi profonda.
Solo il respiro che al respir saccorda
dentro al mare intuisce la sua vita.
Contemplare quellacqua che saffonda
coi piedi fermi nella rena molle
un dolce traghettare nel mistero
dell'esser me, ma insieme tutto questo:
spiaggia di sabbia e pietre, sole e mare
ala di vento e volo di gabbiani
pinna di pesce azzurro a filo dacqua
che nuota dentro liride sgranata
brezza leggera sulle membra nude
tocco come di mano vellutata
spruzzi di schiuma, e nuvole nel cielo
leggere e inconsistenti come piuma;

- 222 -

nella distesa che locchio non racchiude


rivi d'azzurro intenso e verde scuro
come uno scivolar dacqua silvana
gi pei clivi, da una polla lontana.
Pensiero dolce e folle, lo confesso
figlio del cuore e allontanato presto.

- 223 -

Lungomare

Maria Denise Spinelli


Brezza leggera
che viene dal mare
fragranza salmastra
tempo damare.
Le mani intrecciate
mi guardi, sorridi
hai gli occhi un po stanchi
damore respiri.
Sobbalza il mio cuore
per la tua presenza
i miei sogni culli
tu ne sei lessenza.
Plana un gabbiano
che il mio sguardo sgrana
tra unonda di risacca
e laltra.
Non sono n vigliacca
o scaltra:
per dirti che ti amo
ci sono solo le mie braccia
a circondarti.
Laggi, punto lontano,
avvampa rosso fuoco
un bel tramonto.
Sento il richiamo,
non davvero un gioco.
Ti bacio, mi rispondi:
sono pronto.

- 224 -

Marinai delleterno
Teriana Sequino

Vedo il sol levante sul letto di mare,


la nave attende il suo equipaggio,
suo fedele compagno d'avventura.
il momento di salpare!
Leva al cielo una preghiera, il marinaio,
la speranza di incontrare mare calmo e vento in poppa.
A vele spiegate col vento di ponente
Lascia la terra, segue la rotta.
Il rostro beccheggia...
Lo spruzzo prodiero si alza violento
ma dolce lo sfiora e bagna il suo volto.
Nessun tempo per pensare e nemmeno per oziare,
lui e il mare, solo un tempo
per unirsi in un unica realt.
Cala il crepuscolo e si rientra, si ormeggia,
lo sguardo rivolto al tramonto lontano
che lascia le stelle accompagnare la sera
e vede apparire quel bianco candore
del bagliore lunare che gioca a specchiarsi
su quel velo nero di pece.
Il buio della notte incute timore
ma un'irresistibile immenso che lascia sognare.

- 225 -

Questa lora in cui tutto tace,


si ode alla battigia una dolce melodia,
il suono fragoroso di un'onda fugace
che va a ritirarsi accarezzando la scia.
un suono che culla i suoi pensieri,
si spegne lo sguardo per la vista calante,
con l'anima in pace e il cuore sereno
sente assopirsi come un infante.
Noi, marinai di ieri, di oggi, di domani,
che di mare viviamo ma anche lasciamo;
nostro fratello ma pur lo temiamo,
a volte nemico ma pur lo amiamo.
Noi, uomini che il mare governiamo poi coccoliamo,
Scorgiamo il suo volto che nessun conosce.
quale privilegio per noi... Noi, marinai, uomini dellEterno!

- 226 -

Vietri

Davide Toffoli
Oggi il glicine ha il colore del mare
sotto la brezza leggera
di questa terrazza di luce
che si affaccia sul golfo.
Dopo la pioggia,
tra le volute capricciose,
lo spettacolo stagionale
di primaverile freschezza
ha il profumo pi intenso
e una dolcissima
femminile aurorale epifania
gi trasuda il momento del volo.
Incorniciato di azzurro,
sopra ai profili della limonaia,
persino il sole,
alle spalle dei Due Fratelli,
se ne sta sotto il tetto
del pergolato
a gustare il silenzio.

- 227 -

Isola di sogno
Eliana Tognoni

Naviganti sperduti in un isola


soli
seduti ai piedi di un tramonto
ad aspettare navi che non torneranno
colmano il vuoto dell'attesa con la fantasia
e tutti i lamenti del mare, del vento, del cielo
direzione ostinata e contraria...
che parte dove nessuno arriva
innamorati della sera innamorati della luna
che ci dona lanima di bambini
un piccolo stuolo di spiriti determinati
che ama e ride
si mette a contare le stelle
e prende per la coda una cometa
con lo sguardo pronto a stupirsi
del perenne fluire delle cose
connubio tra libert e armonia.
Terra del tutto nuova
bellezza del paesaggio terrestre
vestendola di ali
lasciano i desideri seguire i suoi percorsi
e lattimo fuggente
servir per andare avanti...
per chi ha dimenticato di saper ancora volare.

- 228 -

Persa tra le stelle


Sonia Tortora
Fissando il mare al tramonto
un fuoco accende il ricordo
di amorosi orizzonti passati
e tinge il cielo di petali rossi.
Questo mare placido
odora di acre nostalgia
e mi trasporta lieve
nell'azzurro dei tuoi occhi.
Ricordo ancora
quando il nero di seppia
ci serviva solo
per comporre rime sciolte
sulla battigia del nostro amore.
Ma la vita prosegue,
si superano le assenze
rassegnati a sperare
che il tempo ripari strappi
di cuori scuciti e sgualciti.
Una storia vissuta la nostra,
in cui soli,
come due terre separate dal mare
non siamo mai riusciti
a raggiungerci
e a colmare le nostre distanze.
E mentre tu ponevi domande alla luna
che muta ti ascoltava compiaciuta,
io ero persa tra le stelle
del mio acerbo cielo.
Rimane solo il rammarico
per frasi pensate e mai dette

- 229 -

e per un equilibrio precario


raggiunto su una fila di cocci di vetro
taglienti e instabili.
Talvolta ancora oggi
osservando il mare e i suoi flutti
un'antica nostalgia mi assale
e invidio le bianche vele
che libere volteggiano al vento.

- 230 -

Echi del tempo gi andato


Sebastiana Urciullo

Danzano leggere le onde al primo sole


che, nellinfinito spazio,
fiumi di madreperla
quietamente riversa.
Sul candido labbro di sabbia
il vecchio pescatore,
fissa lo specchio abbagliante
come a voler rinsaldare
il suo antico legame
con quel mare, testimone
del suo duro lavoro.
Nellindescrivibile silenzio,
lontano da voci, gli echi, rincorre,
del tempo gi andato,
del tempo della pentola vuota,
del pane, mangiato
frugando le tiepidi acque
per vedere acceso il focolare.
Brilla, al sole, il suo mare,
spumeggia ,viene avanti
e ancora, una volta, gode
della fresca carezza dellonda
che gli viene a morire vicino.
Come i gabbiani, a stormo,
sulla vasta sabbia,
tranquillo or se nesta,
apprezzando la solitudine
nella profonda nostalgia
che trascina con se.

- 231 -

Emozioni

Vittorio Verducci
Il mare, il desiderio inappagato
che vaga tra i pensieri del mio cuore:
vorrei inabissarmi nel candore
del suo profondo azzurro, in un beato
sogno infinito dove indisturbato
poter nuotare tra pacate aurore
di libert, dipinte del colore
di sacrale silenzio trasognato.
Vorrei fluttuar tra londe e dillusioni
cospargermi di luna, nella notte,
tra sfavillii di stelle e le passioni
disperdere verso le agognate rotte
dellinnocenza cosmica ancestrale
che mi riporta al vivere immortale.

- 232 -

Ancora estate
Adalgisa Zanotto

In una casa minuta


su un colle del cuore
abitano
i ricordi del mare
incolumi dal tempo
saltellano leggeri
saffacciano timidi
alla porta della memoria
occhi grandi e scuri
frammenti danima forte
attraversano giorni radiosi
e solchi duna croce.
Complice radioso leco della voce
stringe in tenero abbraccio
i nostri ventanni
pioggia sottile sui nostri passi
ancora estate
e sempre estate
nella stagione del silenzio.

- 233 -

Ulisse

Monica Zelli
Tu sei vita
che in giovent spumeggi
di sogni e sincresp allaltrui
parole, avide della tua sconfitta;
ma Nettuno impetuoso
non ti strappa ancor il cuore
e il viaggio.
Uomo che di patria hai il mondo
e lacque e la nuda terra,
sereno or navighi
e luce osservi oltre
mari di lamenti.

- 234 -

Sole, vento, onde: un mare di energia


Le 12 fotografie, che vedete nelle pagine successive, sono le finaliste della
IV edizione di UN MARE DI PASSIONE, dedicata allenergia rinnovabile.
Lo spunto per questo tema arrivato dall'iniziativa dell'ONU che ha decretato il 2012 l'Anno Internazionale dellEnergia Sostenibile per tutti. Una
preziosa occasione, come ci spiega l'Organizzazione delle Nazioni Unite, di
"sensibilizzazione riguardo limportanza di aumentare le opportunit relative
ad un accesso allenergia sostenibile.... e alle fonti di energia rinnovabile...".
Le immagini finaliste, scelte tra quelle proposte da oltre 60 fotografi professionisti e non, sono state selezionate della giuria tecnica (formata da: Daniele Fiore, Marco Firrao, Davide Leo, Paolo Loli, Massimo Maccheroni,
Daniela Silvia Pace, Maria Pia Pezzali e Andrea Stern) perch in grado di interpretare e rappresentare la potente ed inesauribile energia del mare con
le sue onde, il suo inarrestabile movimento, il vento, le tempeste, il sole.
La salute del nostro pianeta strettamente legata alla salute del mare, all'uso
di fonti di energia rinnovabile. Per passare a comportamenti sostenibili indispensabile estendere la consapevolezza della magnificenza e della fragilit
del nostro mare.
Siamo quindi molto orgogliosi che le immagini pi belle del nostro concorso,
siano ospitate in questo volume che, con poesie e brani letterari, contribuisce
a diffondere la cultura ed il rispetto del mare.

Gli organizzatori del concorso


Paolo Bernacca
Tiziana Chieruzzi
Anna Lucia Nicosia

- 235 -

Foto di AnnaVilardi

- 236 -

Foto di Constantin Oana

- 237 -

Foto di Pierantonio Ione

- 238 -

Foto di Daniela De Paoli

- 239 -

Foto di Tommaso Petruzzi

- 240 -

Foto di Fulvio Galeota

- 241 -

Foto di Paolo Scrimitore

- 242 -

Foto di AlessiaVaracalli

- 243 -

Foto di Giancarlo Forino

- 244 -

Foto di Alessandro Paolini

- 245 -

Foto di Aida Loreti

- 246 -

Foto di Maurizio Ferrari

- 247 -

Indice
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Sezione racconti
I primi dieci racconti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Shalmt . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Erina che non sapeva nuotare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mafalda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Memorie di mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dietro la tendina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Maestro di Bisso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Due secondi per decidere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il mare dentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Racconto breve sul mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nel mare e nel vento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

9
10
13
16
19
22
25
28
31
34
36

Gli altri racconti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .


Le meduse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il mare fece un viaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Le avventure della vita (fiaba marina) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Santa Teresa a mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Storia di una ragazza con i capelli neri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Unavventura mitologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Menta e il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Quattro improvvisati in barca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Thlassa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La leggenda della salvezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sarai il mio Armaduk sul mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dalle 8 alle 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sotto lombrellone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Una rete tagliata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Blu come un impatto, forte come il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . .

39
40
42
45
46
49
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54
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75
78

- 249 -

Il mare di Jules . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Romantici ricordi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dalla finestra della scuola, al mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In rotta per Alessandria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Scilla e il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Luome del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il canto della balena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La fine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Accampati sulle rive del sogno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Solo un bicchiere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Marina e Desideria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Di barche, donne californiane, finanza e di scamorze . . . . . . . . .
Il pescatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Una cosa bella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nel mio profondo blu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Lultimo viaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Luomo che temeva il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Orizzonte Lampedusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Molo Nord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

81
84
85
87
90
94
97
100
103
106
109
111
114
117
120
123
126
129
133
136

Sezione poesie
Le prime dieci poesie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare di notte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Preghiera dallultimo porto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Vessilli al vento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pianto di sponde lontane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
27 giugno 1980 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Gente di porto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pennellate mediterranee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Maree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Marino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Le altre poesie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In piedi sulla riva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La musica del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il mare di ieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Di solito il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Notte sul mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Delicata veglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
M . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il veliero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Partire soltanto per vedere il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In dolce compagnia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La prua di una nave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A te . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Spiagge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Jogging . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rovaglioso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Partenope . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Golfo del Bengala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare di vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tempesta a Torre Flavia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Spora della mia esistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pesce nellacquario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A te, mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mareggiata emotiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il soccorritore del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Si rompono le nubi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Al mio marinaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
29.08.2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Voci di unesiliata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare dinverno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Come il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In ammollo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare amante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Notturna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nella spaccatura tra terra e cielo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
San Lorenzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mingus at antibes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pensieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tempesta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Anima pulita del mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare dinfinito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Limmenso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La storia replica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pensieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mare infinito di che? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il viaggio della luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il mare e la felicit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La polena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Silenzi di marinai . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Voci dal mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Maremma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Canti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Reti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Lungomare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Marinai delleterno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Vietri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Isola di sogno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Persa tra le stelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Echi del tempo gi andato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Emozioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ancora estate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ulisse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Fotografie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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