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STORIA STRAORDINARIA DI PETER SCHLEMIHL

PREFAZIONI ALLE EDIZIONI ORIGINALI


Al mio vecchio amico Peter Schlemihl
Ed ecco che, dopo anni e anni, ancora
mi torna tra le mani il libro tuo, e
- meraviglia! - ripenso allora al tempo
in cui, da amici, il mondo
insieme ci mise a scuola.
Io sono vecchio ormai, grigie le chiome,
i falsi pudori li ho dimenticati,
amico tuo voglio chiamarmi ancora,
e come tale al mondo presentarmi!
Povero amico mio, l'astuto spirto
a me giammai gioc il tuo brutto tiro;
lottato ho tanto, tanto sperato invano,
ed alla fin ben poco ho ritrovato;
eppur l'infame non potr vantarsi
di avermi a s con l'ombra incatenato;
quell'ombra ho ancora, che mi venne data,
e l'ombra mia, no! non l'ho perduta.
Ma pur con l'innocenza di un bambino,
me colser la tua colpa, i tuoi misfatti...
Siam dunque noi davvero tanto uguali?
E mi gridavan dietro; E la tua ombra,
povero amico Schlemihl, dove sta?
Pur la mostravo io, ma quelli, ciechi,
di rider non cessavan mai e poi mai.
Ma che fa, dunque!
Paziente, sopportar certo potr,
chi innocente e lieto ognor sar.
Ma che poi, l'ombra? ti chiedo or io,
com'altri mi chiedetter gi da tanto,
poi quest'ombra inver tanto preziosa,
cui quest'astuto mondo non rinuncia?
Essa c' ancor, dopo tanti millenni,
che, saggi, su di noi portano il giorno;
da allor, noi all'ombra essenza diamo,
ma il corpo come essenza ora vediamo.
In ci ci diam la mano, Schlemihl mio,
andiamo avanti, lasciamo queste cure;
del mondo non ci importa poi granch,
e restiam dunque noi ancor pi vicini;
cos ci approssimiamo ormai alla meta,
che gli uni ridan, che altri si dian cure;
in porto noi, tra tutte le tempeste,
tranquilli e buoni sonni alfin dormiamo.
Adelbert von Chamisso
Berlino, agosto 1834

A Julius Eduard Hitzig da Adelbert von Chamisso


Tu che non dimentichi nessuno, certamente ti ricorderai di un certo Peter Schlemihl, che in giovent hai
incontrato qualche volta a casa mia, un giovanotto dalle gambe lunghe, da tutti ritenuto maldestro perch era mancino e
che, per via del a sua lentezza, passava per pigro. A me era molto caro... E tu non puoi aver dimenticato, mio buon
Eduard, come una volta, nella nostra verde et, egli pass indenne attraverso i nostri sonetti, quando lo portai a uno dei
nostri t di poesia, dove lui mi si addorment mentre ancora si scriveva, senza attendere la lettura. Mi ricordo ancora
una tua battuta su di lui. Tu lo avevi infatti gi visto, Dio sa dove e quando, con indosso una vecchia kurtka nera, che
egli in quell'epoca indossava sempre, e dicesti; Quel bel tipo sarebbe da ritenersi fortunato se la sua anima fosse
immortale anche solo la met di quanto lo lasua kurtka Questa era la poca considerazione che godeva presso di voi.
Ma a me era molto caro... Da questo Schlemihl, che oramai da tanti anni ho perso di vista, proviene il quaderno che ti
trasmetto.
E a te solo lo affido, Eduard, mio carissimo e intimo amico, parte migliore di me stesso, al quale non posso
nascondere alcun segreto, a te solo e, si capisce, al nostro Fouqu, come te radicato nel profondo della mia anima... Ma,
affidandoglielo, vedo in lui solo l'amico, e non il poeta. Voi capirete quanto mi riuscirebbe increscioso se questa sorta di
confessione, deposta sul mio petto da un uomo sincero con fiducia nella mia amicizia e rettitudine, venisse messa alla
berlina in un'opera letteraria, oppure se venisse profanata come prodotto di uno scherzo di cattivo gusto, come qualcosa
che essa non , n potrebbe essere. A dire il vero, io stesso devo ammettere che un peccato per il racconto, che sotto la
penna di quel buon uomo non ha potuto che diventare insulto, non essere stato rappresentato in tutta la sua forza comica
da una mano estranea, ma ben pi abile. Che cosa non avrebbe saputo farne Jean Paul! Inoltre, mio caro amico, pu
accadere che in esso vengano nominate alcune persone che sono ancora in vita; e anche a ci si deve fare attenzione.
Ancora una parola sul modo in cui mi sono giunti questi fogli. Mi vennero consegnati ieri mattina di buon'ora,
mi ero appena svegliato... Un uomo bizzarro, con una lunga barba grigia, che indossava una kurtka nera tutta lisa con
una borsa da botanico a tracolla e, nonostante il tempo umido e piovoso, portava delle pantofole sopra gli stivali, aveva
chiesto di me, e mi aveva lasciato questo; aveva detto che veniva da Berlino...
Adelbert von Chamisso
Kunesdorf, 27 settembre 1813
P.S. Ti allego un disegno che il bravo Leopold, il quale si trovava giustappunto alla finestra, ha schizzato di
quella sorprendente apparizione. Quando ha notato il valore che io attribuivo a quello schizzo, me ne ha fatto dono con
grande piacere.

Allo stesso da parte di Fouqu


Dobbiamo custodire, caro Eduard, la storia del povero Schlemihl, custodirla in modo tale che essa resti
nascosta ad occhi che non devono vederla. un ben arduo compito. Di simili occhi ce n' una grande quantit, e quale
mortale pu decidere del destino di un manoscritto, vale a dire di una cosa che quasi pi difficile proteggere che non
una parola detta. Mi comporter dunque come colui che, in preda al terrore per un attacco di vertigini, preferisce
gettarsi subito nell'abisso: far stampare tutta la storia.
E tuttavia, caro Eduard, esistono migliori e pi serie ragioni per la mia condotta. Se tutto non mi inganna, nella
nostra cara Germania battono molti cuori capaci di comprendere e di apprezzare il povero Schlemihl, e sul viso di pi di
un onesto compatriota comparir un sorriso commosso nel leggere del brutto scherzo che la vita gli gioc, e di come fu
ingenuo con se stesso. E tu, mio Eduard, quando vedrai questo libro cos profondamente sincero, e penserai che molti
sconosciuti cuori eletti impareranno con noi ad amarlo, sentirai forse anche tu cadere una goccia di balsamo nelle
cocenti ferite che a te, e a tutti quelli che ti amano, ha inferto la morte.
E infine: esiste - me ne sono ormai convinto attraverso molteplici esperienze - esiste per i libri stampati un
genio, che li mette nelle mani giuste e che, se non sempre almeno molto spesso, li preserva da quelle inadatte. In ogni
caso, egli possiede un invisibile lucchetto per ciascuna vera opera dello spirito e del cuore, che sa aprire e chiudere con
infallibile destrezza.
A questo genio, mio carissimo Schlemihl, affido il tuo riso e le tue lacrime, e con ci Dio ti assista!
Fouqu
Nennhausen, fine maggio 1814

A Fouqu da Hitzig
Ed eccoci ora di fronte alle conseguenze della tua sciagurata decisione di far stampare la storia di Schlemihl,
che avremmo invece dovuto custodire come un segreto confidato solo a noi: vale a dire, il fatto che non soltanto
francesi e inglesi, olandesi e spagnoli lo abbiano tradotto, e che gli americani abbiano ristampato l'edizione inglese,
come ho ampiamente riferito nella mia dotta Berlino; ma anche che in preparazione una nuova edizione per la nostra
cara Germania, illustrata con i disegni di quella inglese, dipinti dal vero dal celebre Cruickshank, ci che senz'alcun
dubbio contribuir a diffondere ancor pi la cosa. Se non ritenessi che sei gi stato punito a sufficienza per il tuo
arbitrario comportamento (infatti nel 1814 non mi hai detto nulla della pubblicazione del manoscritto) dal fatto che il
nostro Chamisso nella sua circumnavigazione della terra, compiuta negli anni tra il 1815 e il 1818, se ne sia lamentato
presso O-Wahu proprio con il suo amico, il povero Tameiamaia, sarei ancor oggi disposto a chiedertene pubblicamente
conto.
Comunque, anche a prescindere da tutto ci, quel che stato stato, e tu hai certamente avuto ragione visto
che, nei tredici funesti anni da quando ha visto la luce, il libriccino si fatto molti amici. Non dimenticher mai l'ora in
cui per la prima volta ne feci lettura a Hoffmann. Fuori di s per il divertimento e la curiosit, mi ascolt, pendendo
dalle mie labbra, finch non ebbi concluso; volle quindi senza indugi conoscere di persona l'autore e, pur essendo di
solito alieno dall'imitare, non seppe resistere alla tentazione di proporre, in modo del resto piuttosto infelice, una sua
versione del tema della perdita dell'ombra nel racconto L'avventura della notte di San Silvestro, in cui Erasmus Spikher
perde la propria immagine riflessa. E poi la nostra straordinaria storia ha saputo aprirsi una strada persino presso i
bambini; una volta, infatti, in una limpida sera d'inverno, mentre risalivo insieme al suo autore la Burgstrasse, un
ragazzetto impegnato a pattinare simise a farsi beffe di lui, ed egli lo agguant e lo trascin per un pezzo sotto la sua
pelliccia d'orso, a te ben nota, senza che questi si ribellasse; ma dopo essere stato nuovamente depositato a terra, e
quando si trov a distanza opportuna da Chamisso, che aveva continuato a camminare come se niente fosse accaduto,
grid ad alta voce dietro al suo rapitore: Me la pagherai, Peter Schlemihl!.
E cos penso che la storia del nostro eccentrico amico, anche nella sua nuova e raffinata veste, far la gioia di
molti che non lo hanno conosciuto nella sua frusta kurtka del 1814; per questi e per quelli sar comunque una sorpresa
scoprire, accanto al botanico, circumnavigatore e un tempo ufficiale di alto grado del regno di Prussia, oltre che
storiografo del famoso Peter Schlemihl, anche il lirico, il quale, che intoni melodie malesi o lituane, dimostra pur
sempre di avere il suo cuore di poeta al posto giusto.
E perci, caro Fouqu, che tu sia infine ancora una volta ringraziato di cuore per aver provveduto alla prima
edizione, e ricevi con i nostri amici i miei auguri per questa seconda.
Eduard Hitzig
Berlino, gennaio 1827
I
Dopo una traversata felice, ma per me comunque assai penosa, raggiungemmo finalmente il porto. Non appena
toccai terra con la nave, mi caricai dei miei pochi averi e, facendomi largo a fatica in mezzo a una folla brulicante,
entrai nella pi vicina e modesta casa davanti alla quale vidi pendere un'insegna. Chiesi una stanza, il garzone mi
squadr con una sola occhiata e mi condusse nella soffitta. Mi feci portare dell'acqua fresca e indicare con precisione
dove potessi trovare il signor Thomas John: Davanti alla porta a nord, la prima casa di campagna a man destra, una
grande villa nuova, di marmo bianco e rosso, con molte colonne. Bene. Era ancora troppo presto, e io sciolsi il mio
fagotto, ne trassi fuori la giubba nera appena rivoltata, mi infilai ben lindo e pulito nei miei vestiti migliori, mi misi in
tasca la lettera di raccomandazione, e mi avviai di buona lena verso la casa di colui nel quale erano riposte tutte le mie
modeste speranze.
Dopo aver percorso quant'era lunga la strada a settentrione, e aver raggiunto la porta, scorsi immediatamente le
colonne che risplendevano nel verde. qui, dunque pensai. Mi spolverai le scarpe con il fazzoletto, mi aggiustai il
fiocco e tirai il campanello, non senza essermi raccomandato l'anima a Dio. La porta si spalanc. All'ingresso dovetti
subire un vero e proprio interrogatorio, ma infine il portiere mi fece annunciare, e io ebbi l'onore di essere convocato nel
parco, dove il signor John si intratteneva con una piccola compagnia. Riconobbi immediatamente l'uomo dal lustro della
sua pingue aria di sufficienza. Egli mi ricevette molto bene, proprio come fa un ricco con un povero diavolo, si volt
persino verso di me, senza peraltro distogliersi dai suoi amici, e mi prese di mano la lettera che gli porgevo. Ah, ecco!
Di mio fratello... da tanto che non ho sue notizie. in buona salute?... Laggi continu rivolto alla compagnia, senza
neppure aspettare la risposta, l far costruire il nuovo edificio. Ruppe il sigillo senza interrompere il discorso, che
aveva per oggetto la ricchezza. Chi non padrone di almeno un milione butt l, , mi si perdoni la parola, un

mascalzone!. Oh, com' vero! esclamai con piena e traboccante partecipazione. Questo dovette piacergli, perch mi
sorrise dicendo: Resti qui, caro amico, e forse dopo avr il tempo di dirle che cosa ne penso e indic la lettera, che
subito si mise in tasca, rivolgendosi poi nuovamente alla compagnia. Offr il braccio a una giovane signora, altri signori
si fecero attorno alle altre belle dame, ciascuno trov chi faceva al suo caso, e ci si incammin verso la collina fiorita di
rose. Io mi misi dietro a loro, senza riuscire importuno ad alcuno, visto che pi anima viva si curava di me. La
compagnia era molto allegra, si amoreggiava e si scherzava, di tanto in tanto si parlava di cose leggere con gravit, pi
spesso per con leggerezza di cose gravi, e con tutta tranquillit ci si prendeva gioco di amici assenti e dei loro affari.
Ma io ero troppo estraneo per capir molto di tutto ci, troppo preoccupato e chiuso in me stesso per cogliere il senso di
certi sottintesi.
Avevamo ormai raggiunto il roseto. La bella Fanny, evidentemente la regina della giornata, ebbe il capriccio di
spezzare da s un ramo fiorito, si fer con una spina, e, quasi sgorgando dalle scure rose, la porpora del sangue le inond
la mano delicata. Questo evento mise in agitazione l'intera compagnia. Ci si affann a cercare del cerotto inglese. Un
uomo attempato, silenzioso, smilzo, scavato e lungo lungo, che ci camminava accanto, ma che non avevo ancora notato,
si infil all'istante la mano nella stretta tasca dell'antiquata redingote di taffett grigio, ne estrasse una piccola borsa, la
apr, e con un inchino ossequioso porse alla dama quanto richiesto. Ella lo prese senza fare attenzione al donatore e
senza ringraziarlo, la ferita venne fasciata, e si prosegu alla volta del colle, dalla cui cima si poteva godere l'ampia vista
sul verde labirinto del parco, fino allo sconfinato oceano.
La visuale era davvero sterminata e grandiosa. Un punto luminoso apparve all'orizzonte tra i cupi flutti e
l'azzurro del cielo. A me un cannocchiale! ordin il signor John, e prima ancora che si mettesse in moto la servit,
apparsa alla chiamata, l'uomo in grigio, con un inchino discreto, si era gi infilato la mano in tasca, ne aveva tratto un
bel Dollond e lo aveva consegnato al signor John. Questi, portandoselo subito all'occhio, inform la compagnia che si
trattava della nave salpata il giorno precedente, che i venti contrari avevano mantenuto in vista del porto. Il
cannocchiale pass di mano in mano e non torn in quella del proprietario; ma io guardai l'uomo con meraviglia, senza
riuscire a capire come quel grosso strumento fosse potuto uscire dalla minuscola tasca; nessuno per sembrava aver
notato il fatto, n ci si curava dell'uomo in grigio pi che di me.
Vennero offerti i rinfreschi, la frutta pi rara proveniente da ogni regione, posta nei vassoi pi preziosi. Il
signor John, facendo gli onori di casa con leggero distacco, mi rivolse per la seconda volta la parola: Mangi dunque; in
mare, questo non l'ha certo avuto. Io mi inchinai, ma lui non se ne accorse, parlava gi con qualcun altro.
Ci si sarebbe volentieri accampati sull'erba, sul pendo del colle, di fronte all'aperto e ampio paesaggio, non
fosse stato per l'umidit del terreno. Sarebbe stata davvero una cosa divina, comment qualcuno della compagnia, poter
avere a disposizione dei tappeti persiani da stendere l. Il desiderio non era ancora stato espresso, che l'uomo dall'abito
grigio infil la mano in tasca e, con gesti discreti e umili, si adoper per estrarne un ricco tappeto persiano ricamato in
oro. I servitori lo presero in consegna, quasi fosse cosa del tutto naturale, e lo distesero nel luogo scelto. Tutta la
compagnia vi prese posto senza tante cerimonie; e io, sbalordito, guardai nuovamente l'uomo, la tasca, il tappeto, il
quale misurava pi di venti passi di lunghezza e dieci di larghezza, e mi stropicciai gli occhi, senza sapere che cosa
dovessi pensare, soprattutto perch nessuno ci trovava niente di straordinario.
Mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di lui, e avrei chiesto volentieri chi fosse, soltanto non sapevo a chi potessi
rivolgermi, poich ero quasi pi in soggezione con i signori servitori che con i signori serviti. Finalmente mi feci animo
e mi avvicinai a un giovane signore, che mi sembrava di aspetto pi modesto degli altri, e che spesso era rimasto da
solo. A bassa voce lo pregai di dirmi chi fosse quell'uomo servizievole con l'abito grigio. Quello che sembra la cima di
un refe sfuggito all'ago di un sarto?. S, quello che sta da solo. Non lo conosco mi disse per tutta risposta e,
evidentemente per evitare una pi lunga conversazione con me, si allontan mettendosi poi a parlare di cose del tutto
indifferenti con un altro. Il sole cominciava ora a essere pi forte, facendosi fastidioso per le dame; la bella Fanny si
gir con noncuranza verso il signore in grigio al quale, per quanto ne sapevo io, ancora nessuno aveva rivolto la parola,
chiedendogli con leggerezza se per caso non avesse con s anche una tenda. Egli le rispose con un profondo inchino,
quasi gli fosse capitato un immeritato onore, e subito mise mano alla tasca, dalla quale vidi saltar fuori stoffa, pioli,
corde, ferri, in breve tutto l'occorrente per un magnifico padiglione. I signori pi giovani aiutarono a distenderlo, ed
esso ricopr l'intera superficie del tappeto... e tuttavia nessuno ci trovava ancora niente di straordinario...
Io mi sentivo gi da tempo a disagio, e anzi in preda a orribili sensazioni, quand'ecco che, appena espresso il
successivo desiderio, vidi saltar fuori dalla sua tasca tre cavalli, tre morelli splendidi, grandi, ti dico, con tanto di sella e
finimenti. Ma pensaci un po', Dio santo! Ancora tre cavalli sellati da quella stessa tasca, dalla quale erano usciti fuori
una borsa, un cannocchiale, un tappeto in tessuto lungo venti passi e largo dieci e un padiglione di pari grandezza,
completo di tutti i suoi ferrie pioli! Se non ti assicurassi di aver visto tutto questo con i miei propri occhi, tu certo non
potresti credermi.
Per quanto impacciato e modesto mi apparisse quell'uomo, e per quanto ben poca attenzione egli ricevesse
dagli altri, tuttavia la sua pallida figura, da cui non riuscivo a distogliere lo sguardo, mi divenne cos inquietante da non
poterla sopportare pi a lungo.
Decisi dunque di sottrarmi alla compagnia, cosa che, visto il ruolo insignificante che vi occupavo, mi apparve
assai facile. Volevo ritornarmene in citt, e ritentare la mattina seguente la fortuna presso il signor John e, qualora ne
avessi trovato il coraggio, chiedergli notizie del bizzarro signore in grigio. Ah, se mi fosse riuscito di svignarmela
davvero cos!

Mi ero gi felicemente spinto oltre il roseto gi per la collina, e mi trovavo in mezzo a una radura erbosa,
quando, temendo di essere sorpreso a camminare sul prato e non sul sentiero, mi gettai attorno uno sguardo furtivo. E
quale non fu il mio spavento quando mi vidi alle spalle, diretto verso di me, l'uomo dalla giubba grigia. Raggiuntomi, si
tolse immediatamente il cappello con un inchino profondissimo, quale nessuno mi aveva mai rivolto prima di allora.
Non c'erano dubbi che volesse parlarmi, e io non potevo certo impedirlo senza mostrarmi villano. Mi tolsi anch'io il
cappello, mi inchinai a mia volta, e restai l sotto il sole a capo scoperto, come abbarbicato al suolo. Lo fissavo
terrorizzato, come un uccello immobilizzato da un serpente. Ma anch'egli appariva imbarazzato; non alzando mai lo
sguardo, si inchin ancora ripetutamente, mi venne pi vicino e mi rivolse infine la parola con voce bassa e incerta,
quasi nel tono di chi chiede un'elemosina. Il signore voglia perdonare la mia indiscrezione, se oso presentarmi a lei pur
senza conoscerla... ma ho una preghiera. Se mi facesse la grazia di consentire.... Ma per l'amor di Dio, signore! lo
interruppi impaurito. Che cosa potrei mai fare per un uomo che... e qui ci arrestammo entrambi, facendoci, cos
almeno mi pare, rossi in volto.
Dopo un attimo di silenzio egli prese nuovamente la parola: Durante il breve tempo nel quale ho goduto della
fortuna di trovarmi accanto a lei, ho avuto modo, mi permetta di dirlo, di osservare diverse volte con inesprimibile
ammirazione la bella, bella ombra che lei, con una certa qual nobile noncuranza e senza quasi farci caso, proietta di s
al sole, quella straordinaria ombra l ai suoi piedi. Mi perdoni la richiesta, che certo sfacciata; ma non sarebbe per caso
disposto a cedermi questa sua ombra?
Tacque, e a me parve avere in testa la ruota di un mulino. Che dovevo dire dell'incredibile proposta di
comprare la mia ombra? Deve essere pazzo, pensai, e allora, con tono mutato e pi adatto all'umilt del suo, replicai:
Ma domando e dico, mio buon amico, la vostra stessa ombra non forse gi abbastanza? Questo quello che io
chiamo un commercio davvero fuori del comune Ma egli replic subito: In tasca per io ho qualcosa che al signore
potrebbe apparire non del tutto privo di valore; per questa inestimabile ombra non c' davvero prezzo che tenga
A ricordarmi di quella tasca, mi vennero di nuovo i brividi nella schiena, e non seppi pi come avessi potuto
chiamarlo mio buon amico. Presi di nuovo a parlare, cercando con infinita cortesia di fare il possibile per
accattivarmelo.
Ma, signor mio, perdoni il suo umilissimo servo. Soltanto non capisco troppo bene cosa lei intenda fare, e
come potreimai cedere la mia ombra.... Egli mi interruppe: Io la prego solo di consentire che io prelevi
immediatamente da terra questa nobile ombra, e che me la prenda; come, affar mio. Per contro, come segno della mia
riconoscenza per il signore, le lascio la scelta fra tutti i tesori che mi porto in tasca: dell'autentica radice di solano, della
mandragora, e poi monetine magiche, un tallero ladro, la tovaglia del garzone di Orlando, un diavolo in bottiglia a buon
prezzo; ma no, tutto questo non fa davvero per lei; molto meglio sarebbe il berretto dei desideri di Fortunatus, rimesso
completamente a nuovo; oppure una borsa dei desideri, proprio com'era la sua.... La borsa di Fortunatus lo
interruppi, e, nonostante la mia paura, con quella semplice parola egli mi aveva catturato l'anima. Fui colto da un
capogiro, e davanti agli occhi mi balen uno sfavillo di ducati d'oro...
Il signore voglia degnarsi di ispezionare e sperimentare questa borsa. Si infil la mano in tasca e ne trasse,
tirandolo per due bei cordoncini di pelle, un borsellino di media grandezza in robusto cuoio di Cordova saldamente
cucito, e me lo consegn. Vi introdussi la mano, e ne estrassi dieci monete d'oro, e altre dieci, quindi ancora dieci, e poi
di nuovo altre dieci. Gli tesi subito la mano: D'accordo! Affare fatto, per il borsellino vi cedo la mia ombra. L'altro
annu, si inginocchi senza indugio ai miei piedi, e io lo vidi staccare piano piano da terra con mirabile perizia la mia
ombra quant'era lunga, sollevarla, arrotolarla e piegarla, e infine mettersela in tasca. Quindi si alz, mi si inchin ancora
una volta, e scomparve dietro i cespugli di rose. E l mi sembra di averlo sentito ridacchiare tra s e s. Ma io tenevo la
borsa ben stretta per i cordoncini, tutt'intorno la terra era illuminata dal sole, e in me ancora non c'era coscienza
dell'accaduto.
II
Infine tornai in me, e mi affrettai ad abbandonare quel luogo, dove speravo di non avere pi nulla da fare. Per
prima cosa mi riempii le tasche d'oro, poi mi legai le cordicelle della borsa ben strette attorno al collo,
nascondendomela sul petto. Uscii dal parco senza che nessuno si accorgesse di me, raggiunsi la strada maestra, e presi
la direzione della citt. Ma quando, immerso nei miei pensieri, mi avvicinai alla porta, sentii gridare dietro di me:
Signore! Ehi! Giovine! Stia a sentire!. Mi guardai intorno, e vidi che a chiamarmi era una vecchia: Badi, signore,
che ha perduto la sua ombra. Grazie, nonnina. Le gettai una moneta d'oro per il benevolo ammonimento, e mi
addentrai fra gli alberi.
Ma, giunto che fui alla porta, mi tocc di udire la sentinella che diceva: E quel signore, la sua ombra dove l'ha
lasciata?; e subito dopo, alcune donne: Ges Maria! Quel poveretto non ha l'ombra!. La cosa cominciava a
infastidirmi, ed evitai allora con molta cura di espormi al sole. Ma questo non era ovunque possibile, per esempio
sull'ampia strada che dovetti attraversare, per colmo di sfortuna, proprio nel momento in cui i ragazzi uscivano da
scuola. E un maledetto monello gobbo, me lo vedo ancora davanti, si accorse al volo che mi mancava l'ombra. Con
grande schiamazzo mi denunci immediatamente a tutta la giovent letterata del quartiere, la quale cominci subito a
sfottermi e a farmi bersaglio di lanci di fango. La gente normale fa in modo di portarsi dietro l'ombra, quando

cammina al sole. Per levarmeli di torno, gettai ai loro piedi intere manciate d'oro, e saltai su una carrozza a nolo, a
raggiungere la quale mi aiutarono alcune anime misericordiose.
Non appena mi trovai solo nella vettura scoppiai a piangere amaramente. Allora forse nacque in me il sospetto
che, se sulla terra l'oro vale pi della virt e del merito, l'ombra per possiede un valore pi alto dell'oro stesso; e io,
che prima avevo sempre sacrificato la ricchezza alla mia coscienza, mi trovavo ora ad aver dato via la mia ombra per il
vile denaro. Che cosa sarebbe ancora potuto accadermi in questo mondo!
Ero ancora sconvolto, quando la carrozza si arrest dinanzi alla mia vecchia locanda; rabbrividii alla sola idea
di rimettere piede in quella squallida soffitta. Feci ritirare le mie cose, raccolsi con noncuranza il mio povero fagottello,
gettai l alcune monete d'oro, e ordinai di condurmi davanti al miglior albergo. L'edificio era situato a nord, cosicch
non avevo da temere il sole. Licenziai il cocchiere con qualche moneta d'oro, mi feci assegnare le migliori stanze sul
davanti, e mi ci rinchiusi dentro non appena potei.
Che cosa credi tu che io abbia fatto allora? Mio carissimo Chamisso, il confessartelo mi fa arrossire. Tirai fuori
dal mio petto quella sciagurata borsa, e con una sorta di rabbia, che, simile a un fiammeggiante incendio, si accresceva
in me alimentandosi in se stessa, ne trassi fuori oro, e oro, e oro, sempre pi oro, che sparpagliai sul pavimento,
calpestai e feci tintinnare, pascendo il mio povero cuore al suo sfavillo e al suo suono, e gettando sempre pi metallo
sul metallo, finch sfinito non caddi io stesso sul ricco tappeto e, al colmo della delizia, mi ci rotolai e voltolai sopra.
Cos pass il giorno, e poi la sera, senza che aprissi affatto la porta, e la notte mi sorprese sdraiato sull'oro, dove infine
mi colse il sonno.
Allora sognai di te, ed era come se stessi dietro la porta avetri del tuo piccolo studio, e da l ti vedessi seduto al
tuotavolo da lavoro, tra uno scheletro e un fascio di piante essiccate, aperti davanti a te Haller, Humboldt e Linn, sul
tuo divano un volume di Goethe e L'anello fatato, io guardavo lungamente te ed ogni cosa nella stanza, poi di nuovo te,
ma tu non ti muovevi, non trattenevi neanche il fiato, eri morto.
Mi svegliai. Doveva essere ancora molto presto. Il mio orologio era fermo. Mi sentivo le membra spezzate, e
avevo fame e sete; dalla mattina precedente non avevo mangiato nulla. Con fastidio e disgusto allontanai da me
quell'oro, col quale poco tempo prima avevo saziato il mio folle cuore; ero infastidito e non sapevo pi che farne. Certo
non poteva restare l in terra, e la borsa non voleva saperne di inghiottirlo di nuovo. Nessuna delle mie finestre si apriva
verso il mare. Dovetti risolvermi a trasportarlo, con grande fatica e sudore, fin dentro un grande armadio, che si trovava
in un ripostiglio attiguo, e a stiparvelo dentro. Ne lasciai a terra solo qualche manciata. Dopo aver ultimato il lavoro, mi
accasciai sfinito su una poltrona e attesi che qualcuno in casa desse segno di vita. Non appena fu possibile, mi feci
portare da mangiare, e feci chiamare l'albergatore.
Con costui discussi della futura sistemazione del mio appartamento. Per il mio servizio personale egli mi
consigli un certo Bendel, la cui aria assennata e leale mi conquist immediatamente. Ed lui la persona che da quel
momento mi fu di conforto con la sua devozione e mi accompagn attraverso le miserie della vita, aiutandomi a
sopportare il mio cupo destino. Trascorsi l'intera giornata nelle mie stanze con servitori in cerca di padrone, calzolai,
sarti e commercianti, mi rifornii per bene, acquistai soprattutto moltissimi gioielli e pietre preziose, per liberarmi
almeno in parte del molto oro accumulato; ma non mi sembrava affatto che il mucchio riuscisse a scemare. Frattanto ero
sospeso tra i pi angosciosi dubbi circa la mia situazione. Non osavo mettere piede fuori della porta e la sera feci
accendere nel salone quaranta candele di cera prima di uscire dall'oscurit. Ricordavo infatti con raccapriccio la
spaventosa scena con gli scolari. Decisi infine, per quanto mi ci volesse molto coraggio a farlo, di saggiare ancora una
volta la pubblica opinione. Le notti, in quella fase, erano di luna piena. A tarda sera mi gettai addosso un ampio
mantello, mi calai il cappello fin sugli occhi e, tremando come un criminale, scivolai fuori dall'albergo. Soltanto quando
fui in un luogo deserto uscii dall'ombra delle case che mi avevano protetto fino a quel punto, e avanzai nella piena luce
lunare; pronto a conoscere il mio destino dalla bocca dei passanti.
Risparmiami, caro amico, la dolorosa ripetizione di tutto ci che dovetti patire. Le donne manifestavano
spesso la profonda compassione che provavano per me; manifestazioni che mi trafiggevano il cuore non meno del
dileggio della giovent e dell'altezzoso disprezzo degli uomini, soprattutto di quelli grassi e corpulenti, che gettavano
una larga ombra. Una bella e leggiadra fanciulla che, a quanto pareva, accompagnava i genitori, mentre essi circospetti
non guardavano al di l dei loro piedi, gett il suo luminoso sguardo su di me; ma, notando l'assenza della mia ombra,
ne fu visibilmente spaventata, si copr col velo il bel volto, abbass il capo, e pass oltre senza profferire parola. Di pi
non potei sopportare. Fiotti salati sgorgarono dai miei occhi, e con il cuore spezzato mi ritrassi vacillando nell'oscurit.
Dovetti appoggiarmi alle case per sostenere i miei passi, e giunsi alla mia abitazione che era gi tardi. Trascorsi la
nottata insonne. Il giorno seguente la mia prima preoccupazione fu quella di far cercare dappertutto l'uomo dall'abito
grigio. Forse sarei riuscito a ritrovarlo, e allora quale felicit se anche lui, come me, si fosse intanto pentito del folle
affare. Feci venire da me Bendel, che sembrava dotato di destrezza e abilit; gli descrissi con esattezza l'uomo che
aveva in suo possesso un tesoro senza il quale la mia vita non sarebbe stata ormai che tormento. Gli dissi il giorno, il
luogo in cui lo avevo incontrato; gli descrissi tutti i presenti, e aggiunsi anche che doveva informarsi di un cannocchiale
Dollond, di un tappeto persiano in tessuto d'oro, di un padiglione e infine dei neri purosangue, la cui storia, gli dissi,
senza peraltro specificare in quale modo, era legata all'enigmatico personaggio che era apparso a tutti insignificante, ma
la cui apparizione aveva distrutto la pace e la felicit della mia vita.
Finito che ebbi il discorso, presi dell'oro, tutto il carico che riuscii a trasportare, e vi aggiunsi pietre preziose e
gioielli per un grande valore. Bendel dissi, questo appiana molte strade e rende facile persino ci che prima appariva

impossibile; non esserne avaro, come non lo sono io. Ora va', e rallegra il tuo signore con le notizie nelle quali riposta
la sua unica speranza.
Egli part. Torn tardi e sconsolato. Nessuno dei servitori del signor John, nessuno dei suoi ospiti, ed egli aveva
parlato con tutti, riusciva a ricordare nemmeno lontanamente l'uomo dalla giacca grigia. Il nuovo telescopio stava l, ma
nessuno sapeva da dove fosse arrivato; il tappeto, il padiglione, erano ancora aperti e dispiegati sullo stesso colle, i servi
decantavano la ricchezza del loro padrone, ma nessuno era a conoscenza dell'origine di queste nuove cose preziose. Egli
stesso ne era compiaciuto, e non gli importava di ignorare da dove gli fossero giunte; i cavalli li tenevano nelle loro
stalle i giovani signori che li avevano montati, i quali lodavano la generosit del signor John, che quel giorno gliene
aveva fatto dono. Tutto ci emerse dall'esauriente racconto di Bendel, il cui fervido zelo e l'intelligente condotta
meritavano le mie lodi, anche se il risultato era stato infruttuoso. Malinconicamente gli feci cenno di lasciarmi solo.
Fin qui riprese per egli, ho presentato al mio padrone il resoconto delle situazioni che pi gli premevano. Mi resta
ora da assolvere un incarico che mi stato dato stamattina da una persona che ho incontrato davanti alla porta, mentre
uscivo per avviarmi a quest'affare, nel quale sono stato tanto poco fortunato. Le parole esatte dell'uomo furono: "Dite al
signor Peter Schlemihl che non mi vedr pi da queste parti perch me ne vado oltremare, e anzi un vento propizio mi
spinge ad affrettarmi al porto. Ma tra un anno e un giorno avr l'onore di venire io stesso a fargli visita e di proporgli un
altro affare, che forse gli riuscir accettabile. Porgetegli i miei devoti ossequi, e assicuratelo della mia riconoscenza".
Gli ho chiesto chi fosse, ma egli mi ha risposto che lei lo conosce gi. Che aspetto aveva quest'uomo? chiesi io,
carico di presentimenti. E Bendel mi descrisse fedelmente, tratto per tratto, parola per parola, l'uomo dall'abito grigio,
proprio come nel suo racconto precedente aveva menzionato colui del quale era andato in cerca.
Sciagurato! gridai allora io torcendomi le mani, era proprio lui! e fu come se gli cadesse la benda dagli
occhi. S, era lui, era lui per davvero! grid in preda all'agitazione e al terrore, e io, cieco e stupido, non l'ho
riconosciuto e ho tradito il mio padrone!
Allora, piangendo a calde lacrime, proruppe nei pi amari rimproveri contro se stesso, e la disperazione in cui
era sprofondato ispir persino a me compassione. Lo consolai, lo rassicurai ripetutamente del fatto che non nutrivo il
bench minimo dubbio circa la sua fedelt, e lo spedii immediatamente al porto per seguire, per quanto possibile, le
tracce del bizzarro uomo. Ma quella stessa mattina erano salpate molte navi, che erano state trattenute nel porto da venti
contrari, tutte in direzione degli angoli e delle coste pi diversi del mondo, e l'uomo in grigio era scomparso senza
lasciar tracce, proprio come un'ombra.
III
A che potrebbero mai servire le ali a colui che inchiodato a catene di ferro? Esse non farebbero che arrecargli
una ancor pi terribile disperazione. Io languivo, come Faffner presso il suo tesoro, lontano da ogni umano conforto,
accanto a quell'oro che il mio cuore non amava, e che anzi rifuggiva, e a causa del quale mi vedevo ormai escluso da
ogni forma di vita. Conservando per me solo il mio oscuro segreto, nutrivo timore anche dell'ultimo dei miei servi, che
tuttavia invidiavo; questi, infatti, possedeva un'ombra, e poteva farsi vedere alla luce del sole. Nella solitudine della mia
stanza trascorrevo come in lutto i giorni e le notti, e la pena mi consumava il cuore. Ma anche un altro si struggeva sotto
i miei occhi, il mio fedele Bendel, che non cessava un istante di tormentarsi con muti rimproveri per aver tradito la
fiducia del suo buon padrone, e per non aver riconosciuto colui del quale era stato mandato in cerca, mentre avrebbe
invece dovuto pensare che proprio con lui il mio triste destino era strettamente intrecciato. Ma io non potevo certo
fargliene una colpa, riconoscendo negli avvenimenti la natura fantastica dello sconosciuto.
Per non lasciare comunque nulla di intentato, un giorno inviai Bendel, con un prezioso anello di brillanti, dal
pi famoso pittore della citt, invitandolo a venirmi a trovare. Egli venne, io allontanai tutti i servitori, chiusi la porta,
mi sedetti vicino all'uomo e, dopo aver lodato la sua arte, col cuore grave di tristezza venni al dunque, non senza avergli
fatto prima giurare la massima segretezza. Professore continuai, lei sarebbe forse in grado di dipingere, a un uomo
che nel pi sfortunato dei modi al mondo stato privato della propria ombra, un'ombra posticcia?. Lei intende
l'ombra che ciascuno getta di s?. Proprio quella. Ma mi chiese egli ancora, per quale inettitudine, per quale
negligenza costui ha potuto perdere la propria ombra?. Come ci sia accaduto replicai io, del tutto indifferente,
comunque andata cos. E mentendogli spudoratamente continuai: In Russia, dove egli fece un viaggio l'inverno
scorso, per via dell'eccezionale freddo gli si congel l'ombra a terra in modo tale, che non gli riusc pi di
riprendersela. L'ombra posticcia che io potrei dipingergli replic il professore, potrebbe essere soltanto un'ombra
che egli, al minimo movimento, perderebbe di nuovo... soprattutto essendo una persona che, come si pu dedurre dal
suo racconto, aderiva tanto poco alla sua ombra innata; chi non ha ombra, non vada al sole, questa mi pare la cosa pi
ragionevole e pi sicura. Si alz e se ne and, trafiggendomi con uno sguardo che il mio non riusc a sopportare.
Ricaddi a sedere, nascondendomi il viso tra le mani.
Cos mi trov Bendel al suo rientro. Vedendo il dolore del suo signore, fece per ritirarsi, mesto e rispettoso. Io
alzai lo sguardo e, schiacciato dal peso della mia disgrazia, sentii il bisogno di dividerlo con lui. Bendel esclamai,
Bendel! Tu che sei il solo ad assistere e a rispettare il mio dolore, senza chiederne il perch, tu che sembri volerlo
condividere, silenzioso e devoto, vieni qui, Bendel, e sii il pi vicino al mio cuore. I tesori del mio oro non li ho nascosti
ai tuoi occhi, e cos non voglio occultarti i tesori della mia pena. Bendel, non abbandonarmi. Bendel, tu mi conosci

ricco, generoso, benevolo, tu pensi che il mondo dovrebbe onorarmi, e invece vedi che il mondomi fugge, mi esclude.
Bendel, il mondo mi ha giudicato e mi ha scacciato, e anche tu forse ti allontanerai da me quando conoscerai il mio
terribile segreto: Bendel, io sono ricco, generoso, benevolo, ma... oh, mio Dio!... io non ho ombra!.
Non ha ombra? grid pieno di terrore il buon giovane, e calde lacrime gli sgorgarono dagli occhi. Me
sventurato, nato per servire un padrone senza ombra!. Qui tacque, mentre io tenevo ancora il viso nascosto tra le mani.
Bendel aggiunsi io dopo un poco, tremando. Ora hai la mia fiducia, ora puoi tradirla. Va', testimonia contro di me.
Egli appariva in dura lotta con se stesso, ma infine mi si gett ai piedi, afferrando la mia mano, che inond di lacrime.
No esclam, qualsiasi cosa pensi il mondo, io non posso n voglio abbandonare il mio buon padrone per via della
sua ombra, mi comporter da onesto e non da furbo, rester con lei, le prester la mia ombra, l'aiuter in tutto ci che
posso, e dove non posso pianger con lei Gli gettai le braccia al collo, stupefatto da sentimenti cos straordinari, poich
ero convinto che non lo facesse per denaro.
Da quel momento, il mio destino e anche il mio modo di vivere mutarono un poco. impossibile descrivere
con quanta cura Bendel sapesse celare la mia disgrazia. Mi precedeva ovunque e mi stava accanto, prevedendo e
preparandosi a tutto, e quando all'improvviso sorgeva minaccioso un pericolo, mi copriva rapidamente con la sua
ombra, poich era pi alto e pi robusto di me. Cos osai ancora avventurarmi tra gli uomini, e iniziai ad avere un ruolo
nel mondo. Fui costretto per a esibire molti atteggiamenti peculiari e capricciosi. Ma essi si addicono ai ricchi, e finch
la verit rimaneva nascosta potevo godere di tutti gli onori e le attenzioni che spettavano alla mia ricchezza. Guardavo
con pi tranquillit alla visita promessami, dopo un anno e un giorno, dal misterioso sconosciuto.
Mi rendevo perfettamente conto che non dovevo fermarmi a lungo nei luoghi dove ero gi stato visto senza
ombra, e dove avrei potuto facilmente essere tradito; forse solo io serbavo il ricordo di come ero comparso a casa del
signor John, ed era un ricordo che mi angosciava; perci volevo fare qui qualche prova, cos da potermi mostrare
altrove con pi disinvoltura; e invece si verific un fatto che per un certo tempo mi trattenne per la mia vanit, che ,
negli uomini, il punto in cui l'ancora trova l'appiglio pi sicuro.
Proprio la bella Fanny, che rincontrai in luogo neutrale, senza ricordarsi affatto di avermi gi conosciuto mi
riserv una certa attenzione, visto che ora possedevo spirito e intelligenza. Quando parlavo, mi si prestava ascolto, e io
stesso non sapevo come fossi giunto all'arte di conversare con tanta facilit e sicurezza. L'impressione che mi accorsi di
aver fatto sulla bella mi rese come pazzo, che era appunto ci che lei desiderava; da quel momento la seguii, con mille
precauzioni, ovunque potevo avventurarmi, tra ombre e mezze luci. Ero spinto solo dalla vanit di farla invaghire di me,
perch, pur con tutta la buona volont, non riuscivo a farmi scendere quell'ubriacatura dalla testa al cuore.
Ma a quale scopo ripeterti per filo e per segno tutta questa comunissima storia? Tu stesso me l'hai raccontata
abbastanza spesso a proposito di altre persone dabbene. Ma nel bel mezzo della vecchia e ben nota commedia, in cui io
recitavo di buon grado una parte trita e banale, sopraggiunse invece, inattesa a me, a lei, a tutti, una catastrofe
congegnata in modo del tutto originale.
Una bella sera in cui, secondo quella che era ormai una mia abitudine, avevo riunito in un giardino una
compagnia di persone, me ne andavo passeggiando sottobraccio con questa signora, a una certa distanza dal resto degli
ospiti, tutto occupato a tornire per lei frasi fatte. Lei, modesta, teneva gli occhi bassi, e ricambiava piano la stretta della
mia mano; fu allora che, inaspettatamente, dietro di noi dalle nuvole spunt la luna, e lei vide soltanto la sua ombra
proiettarsi davanti a s. Sussult e guard sbigottita prima me, poi di nuovo a terra, cercando ansiosamente con gli occhi
la mia ombra; e ci che le pass per la testa si dipinse nei suoi tratti in un modo cos singolare, che sarei scoppiato in
una sonora risata, se anche a me non fossero corsi dei brividi freddi per la schiena.
La lasciai cadere a terra priva di sensi, sfrecciai come una saetta tra i miei ospiti esterrefatti, guadagnai la porta,
mi gettai nella prima carrozza e feci ritorno in citt, dove questa volta, e per mia sventura, avevo lasciato l'accorto
Bendel. Quando mi vide si spavent, ma bast una sola parola a rivelargli tutto.Vennero mandati a prendere
immediatamente dei cavalli di posta. Con me volli soltanto uno dei miei uomini, un furfante matricolato di nome
Rascal, che si era saputo rendere necessario per via della sua destrezza, e che non poteva immaginare nulla
dell'incidente di quel giorno. Quella stessa notte mi lasciai alle spalle trenta miglia. Bendel era rimasto indietro per
disdire la casa, elargire oro e portarmi l'indispensabile. Quando, il giorno dopo, mi raggiunse, mi gettai nelle sue
braccia, giurandogli non certo di non commettere pi pazzie, ma solo di comportarmi in futuro con maggiore prudenza.
Continuammo il nostro viaggio senza far soste, oltre la frontiera e la montagna, e solo sull'altro versante, ormai separato
da quella terra di sventura da un alto bastione, mi lasciai convincere a riposare dalle fatiche sofferte presso una poco
frequentata localit termale che si trovava nei pressi.
IV
In questo mio racconto sar costretto a sorvolare su un periodo sul quale invece - e con quale piacere! desidererei indugiare, se soltanto mi riuscisse di rievocarne, nel ricordo, lo spirito lieto. Ma il colore che lo animava e
che solo potrebbe ridargli vita, in me si spento, e quando cerco di ritrovare nel mio petto ci che allora lo gonfiava con
tanta forza, il dolore e la felicit, la candida illusione, allora come se vanamente battessi contro una roccia che non
offre pi alcuna fonte viva, e Dio si allontanato da me. Come mi guarda con altri occhi, oggi, questo tempo passato! In
quel luogo di bagni avrei dovuto sostenere un ruolo eroico, ma avendo studiato male la parte ed essendo novellino delle

scene, mi impappinai per un paio di occhi azzurri. I genitori, tratti in inganno dalla commedia, si danno da fare per
concludere al pi presto il contratto, e la farsa banale si conclude con una beffa. E questo tutto, tutto! assurdo e
insulso, ma anche terribile, che ora mi possa apparire in questo modo ci che allora con tanta ricchezza e potenza
gonfiava il mio petto. Mina, come piansi allora, quando ti perdetti, cos piango oggi, perch ti ho perduta anche dentro
di me. Sono dunque diventato tanto vecchio? O triste ragione! Ancora solo un palpito di quell'ora, un attimo di quella
illusione... Ma no! Solitario, nel profondo, deserto mare della tua amara pena, ho ormai da lungo tempo vuotato l'ultima
coppa dello champagne del 1811!
Avevo mandato avanti Bendel con alcuni sacchi d'oro, per allestirmi nella cittadina un'abitazione consona alle
mie esigenze. L egli aveva distribuito molto denaro, ed aveva raccontato, dell'agiato signore che serviva, solo cose
vaghe, poich io non volevo essere nominato; e tutto ci port quella brava gente a fare strane congetture. Non appena
la casa fu pronta a ricevermi, Bendel fece ritorno da me per condurmici. Ci mettemmo dunque in viaggio. A circa un'ora
dalla citt, in una soleggiata pianura, la strada ci venne sbarrata da una folla vestita a festa. La carrozza si arrest.
Udimmo musica, scampani, colpi di cannone, un forte evviva squarci l'aria... Davanti allo sportello della carrozza
apparve un coro di fanciulle biancovestite di straordinaria bellezza, le quali per scomparivano di fronte a una sola tra
di loro, come le stelle della notte di fronte al sole. Ella si stacc dal gruppo delle compagne; la slanciata e delicata figura
si inchin davanti a me, arrossendo intimidita, e mi consegn su un cuscino di seta una corona intrecciata di rami
d'alloro, olivo e rose, pronunciando nel discorso anche parole come Maest, venerazione e amore, che io non
compresi, ma il cui suono argentino mi accarezz l'orecchio e mi rap il cuore; era come se gi un'altra volta la celeste
apparizione fosse passata fluttuando accanto a me. Allora il coro inizi a cantare le lodi di un buon re e la felicit del
suo popolo.
E questa scena, mio buon amico, in pieno sole! E lei restava inginocchiata a due passi da me, mentre io, privo
di ombra, non potevo saltare quel baratro, e cadere a mia volta in ginocchio davanti a quell'angelo. Oh, che cosa in quel
momento non avrei dato per un'ombra! Ma dovetti nascondere la mia vergogna, la mia paura, la mia disperazione nel
profondo di quella carrozza. Fu Bendel, infine, che torn in s e ag al mio posto, saltando fuori dall'altro lato della
vettura; io lo richiamai e gli porsi, estraendolo dalla cassetta che avevo proprio a portata di mano, un ricco diadema di
brillanti, che avrebbe dovuto adornare la bella Fanny. Egli si fece avanti, per a nome del suo signore, il quale non
poteva n voleva accettare quelle testimonianze onorifiche; doveva essersi verificato un errore; e tuttavia, che i buoni
abitanti di quella citt fossero tutti ringraziati per il loro gentile pensiero. Cos dicendo, prese dal cuscino la corona che
mi veniva offerta, posando al suo posto il diadema di brillanti; poi porse ossequioso la mano alla fanciulla perch si
alzasse, e allontan con un cenno gli ecclesiastici, i notabili e le altre delegazioni. Nessuno pot pi avvicinarsi. Egli
fece dividere la folla per far spazio ai cavalli, salt nuovamente in carrozza, e si ripart al galoppo in direzione della
cittadina, sotto un arco di fronde e fiori, mentre i cannoni continuavano a sparare a salve. La vettura si arrest davanti
alla casa, io raggiunsi con un agile salto la porta, facendomi largo tra la folla che la bramosa di vedermi aveva
richiamato. La plebe gridava evviva sotto le mie finestre, ed io elargii su di essa una pioggia di doppi ducati. La sera, la
citt venne spontaneamente illuminata a festa.
E io continuavo a non sapere che cosa significasse tutto ci, e per chi fossi stato scambiato. Sguinzagliai
Rascal in cerca di informazioni. Gli venne raccontato che era ormai notizia accertata che il buon re di Prussia viaggiava
nel paese sotto il nome di un conte; che il mio aiutante era stato riconosciuto, e cos aveva tradito se stesso e me; e
infine, come fosse statagrande la gioia quando si era avuta la certezza di avermi proprio l sul posto. Ma ora, visto che io
manifestamente intendevo conservare il pi stretto incognito, tutti erano disposti ad ammettere di aver avuto davvero
torto nel voler sollevare il velo in modo tanto inopportuno. Ma io mi ero adirato in modo cos clemente e generoso... e
avrei certo perdonato al buon cuore. A quel mio pendaglio da forca la cosa era parsa cos spassosa che egli, rivolgendo a
quella brava gente dure parole di rimprovero, aveva fatto il possibile per rafforzarla temporaneamente nella sua
convinzione. Egli me ne fece una relazione molto divertente e, vedendomi da ci allietato, cerc di gabellare persino a
me la sua cattiva azione per buona. Ma - devo proprio ammetterlo? - in realt mi lusingava il fatto che, seppur cos, ero
stato scambiato per quella testa coronata.
Per la sera seguente feci organizzare una festa sotto gli alberi che ombreggiavano lo spazio davanti alla mia
casa, e vi feci invitare l'intera citt. Grazie al misterioso potere della mia borsa, agli sforzi di Bendel e alla viva
ingegnosit di Rascal, riuscimmo ad avere la meglio sul tempo. davvero sorprendente come nello spazio di poche ore
tutto venne sistemato con tanta ricchezza e bellezza, il lusso e la magnificenza che ne risultarono; anche l'intelligente
illuminazione era predisposta in modo tanto accorto da farmi sentire completamente al sicuro. Non c'era pi nulla di cui
preoccuparmi, e dovetti davvero elogiare i miei servitori.
Si fece sera. Gli ospiti mi venivano presentati via via che comparivano. La parola Maest non venne pi
pronunciata; venni invece chiamato, con profonda reverenza e umilt, signor conte. Cosa dovevo fare? Feci in modo
che il conte mi andasse a genio, e da allora fui il conte Peter. Ma in mezzo a quella folla in festa, il mio cuore non
cercava che lei. Comparve pi tardi, lei che era la corona della festa e che della mia corona era adorna. Modesta,
seguiva i genitori e pareva ignorare che era proprio lei la pi bella. Mi vennero presentati il signor ispettore forestale,
sua moglie e sua figlia. Seppi trovare per i due vecchi parole amabili e gentili; ma davanti alla figlia restai come un
ragazzetto colto in fallo, incapace di profferir parola. Infine, balbettando, la pregai di onorare la festa, e di svolgervi
l'ufficio dei cui segni era adorna. Intimidita, chiese con uno sguardo toccante di esserne dispensata; ma io, ancora pi
intimidito di fronte a lei di quanto non lo fosse lei stessa, quale primo suddito le resi omaggio con profonda devozione,

e il gesto del conte fu per tutti un ordine, cui ciascuno volentieri si affrett a conformarsi. Maest, innocenza, grazia,
unite alla bellezza, regnavano nella lieta festa. I genitori di Mina, felici, credevano che la loro figlia fosse stata elevata a
tale onore per riguardo a loro; e io stesso mi trovavo in un indescrivibile stato di ebbrezza. Feci mettere tutti i gioielli
che ancora avevo, e che avevo acquistato in precedenza per liberarmi dell'eccessivo oro, tutte le perle e le pietre
preziose, in due vassoi coperti e a tavola, a nome della regina, li feci distribuire alle sue compagne e a tutte le dame.
Intanto, al di sopra delle transenne, veniva ininterrottamente gettato oro sul popolo festante.
La mattina seguente Bendel mi confid con la massima segretezza che i sospetti che da tempo nutriva circa
l'onest diRascal si erano ormai trasformati in certezza. Il giorno prima aveva infatti sottratto interi sacchi d'oro.
Lasciamo comunque replicai io, che quel povero imbroglione si goda il suo piccolo bottino; io regalo volentieri a
tutti, e perch dunque non anche a lui? Ieri Rascal, come tutti i nuovi servitori che tu mi hai procurato, mi ha servito
proprio a dovere, e mi ha aiutato a godere in serenit della gioia della festa.
Non ne parlammo pi. Rascal rest il primo dei miei servitori, mentre Bendel era il mio amico e confidente.
Egli si era abituato a considerare inesauribile la mia ricchezza, senza curarsi di indagarne le fonti; piuttosto,
interpretando i miei desideri, egli mi aiutava ad escogitare nuove opportunit di esibirla e di sperperare denaro. Di
quello sconosciuto, del pallido ipocrita, egli sapeva soltanto questo; che lui solo poteva sciogliermi dalla maledizione
che gravava su di me, e che io lo temevo, anche se in lui era riposta la mia unica speranza. E che, inoltre, ero convinto
che egli mi potesse trovare ovunque, ma non io lui, e che perci, in attesa del giorno annunciato, avevo abbandonato
ogni ulteriore vana ricerca.
La magnificenza della mia festa e il mio comportamento in quella circostanza, l per l non fecero che
confermare negli abitanti della citt la loro prima convinzione. Ben presto tuttavia i giornali rivelarono che il favoloso
viaggio del re di Prussia altro non era stato che una dicera priva di fondamento. Ma ormai ero un re e, che lo volessi o
no, re dovevo restare, anzi, uno dei pi regali e facoltosi che fossero mai esistiti. Solo, non si sapeva bene quale. Il
mondo per non ha mai avuto motivo di lamentarsi per la scarsit di monarchi, almeno ai nostri giorni; e quella brava
gente, che non ne aveva mai visto uno di persona, tirava a indovinare, con ugual fortuna, ora su uno ora sull'altro. Ma il
conte Peter, in ogni caso, restava sempre quelche era.
Un giorno, tra gli ospiti della cittadina termale fece la sua apparizione un commerciante, il quale, sebbene
avesse dichiarato bancarotta allo scopo di arricchirsi, godeva della generale considerazione e gettava di s un'ombra
bella grande, quantunque un po' sbiadita. Costui voleva far sfoggio delle ricchezze che aveva accumulato, e cos gli
venne addirittura in mentedi mettersi a competere con me. Ma io ricorsi alla mia borsa, e in poco tempo quel povero
diavolo fu ridotto a tal punto che, per salvare almeno la reputazione, dovette di nuovo far bancarotta e ritirarsi oltre le
montagne. Cos me ne liberai. In quella regione ho creato molti sfaccendati e fannulloni!
Nonostante il lusso e la prodigalit davvero regali con cui mi conquistavo tutto, nella mia casa vivevo in modo
semplice e molto ritirato. La massima cautela era la mia regola di vita, e nessuno, con nessun pretesto, se non Bendel
stesso, poteva accedere alla stanza in cui io mi trovavo. Finch splendeva il sole vi restavo chiuso dentro insieme a lui.
Il conte lavora nel suo studio, si diceva. Avevano a che fare con questo lavoro anche i frequenti corrieri che, per ogni
minuzia, spedivo e ricevevo. Solo alla sera, sotto i miei alberi o nel salone illuminato con perizia e sfarzo secondo le
disposizioni di Bendel, accettavo compagnia. Quando uscivo, con Bendel che mi sorvegliava costantemente con i suoi
occhi d'Argo, era solo per dirigermi nel giardino dell'ispettore forestale, e per amore di una sola; perch il sentimento
pi segreto e profondo della mia vita era il mio amore.
Oh, mio buon Chamisso, voglio sperare che tu non abbia ancora dimenticato che cosa l'amore! E qui lascio
tutto alla tua immaginazione. Mina era veramente una fanciulla degna di amore, buona e pia. Io avevo saputo catturare
tutta la sua fantasia e, nella sua umilt, ella ignorava in qual modo fosse stata degna di essere la sola su cui avessi posato
lo sguardo; ricambiava l'amore con l'amore, con tutto il giovanile impeto di un cuore innocente. Amava come solo una
donna sa fare, sacrificando e dimenticando se stessa, abbandonandosi a colui che era tutta la sua vita, incurante di dover
ella stessa soccombere; insomma, amava davvero. Io invece (oh, quali ore terribili... terribili, eppur degne di essere
ricordate con rimpianto) ho pianto a lungo sul petto di Bendel, quando, tornato in me dopo la prima inconsapevole
ebbrezza, mi sono guardato severamente perch, privo di ombra, avevo causato con subdolo egoismo la rovina di
quell'angelo, la cui anima pura avevo rubato con la menzogna! Ora prendevo la decisione di denunciarmi a Mina, ora
mi compiacevo di giurare solennemente che mi sarei strappato da lei e sarei fuggito lontano, ora scoppiavo di nuovo in
pianto ed escogitavo con Bendel il modo per farle visita, a sera, nel giardino dell'ispettore forestale. In altri momenti mi
abbandonavo alla speranza di un'imminente visita dello sconosciuto in grigio, e poi piangevo di nuovo, dopo aver
cercato inutilmente di credervi. Avevo calcolato il giorno in cui mi aspettavo di rivedere quel demonio; aveva detto tra
un anno e un giorno, e io credevo alla sua parola.
I genitori erano bravi vecchi rispettabili, che amavano moltissimo la loro unica figlia; tutta la nostra storia, di
cui si resero conto ben presto, fu per loro una sorpresa, e non sapevano come comportarsi. Non avevano mai
immaginato che il conte Peter potesse anche solo pensare alla loro figliola, mentre ora egli la amava e ne era riamato.
La madre, del resto, era sufficientemente ambiziosa per pensare alla possibilit di un legame, e per darsi da fare a questo
scopo; ma il sano buonsenso del vecchio non lasciava spazio a tali esagerate speranze. Entrambi, tuttavia, erano
convinti della sincerit del mio amore, e non potevano far altro che pregare per la loro figliola.
Mi capita tra le mani una lettera di Mina, che ancora conservo da allora. S, questi sono i suoi accenti! Voglio
trascrivertela.

Sono una debole, folle ragazza, e immagino che il mio amato, poich io lo amo tanto, tanto profondamente,
non possa mai far del male a una povera ragazza. Oh, tu sei cos buono, cos indicibilmente buono; ma non
fraintendermi. Tu non devi sacrificarmi nulla, non devi volermi sacrificare nulla; Dio mio, potrei odiare me stessa, se tu
lo facessi! No. Tu mi hai resa infinitamente felice, mi hai insegnato ad amarti. Ora allontanati! Conosco bene il mio
destino, il conte Peter non appartiene a me, ma al mondo. E come sar orgogliosa udendo dire; stato lui, e qui ancora
lui, e questo lui che l'ha fatto; l lo hanno adorato, e l ancora venerato. Vedi, quando penso a questo, sono in collera
con te per aver dimenticato il tuo nobile destino, per una fanciulla semplice come me. Allontanati da me, ora, altrimenti
questo pensiero mi far soffrire ancor pi, dopo che, ahim, grazie a te sono stata cos felice, cos beata. Non ho forse
intrecciato anche nella tua vita, come nella corona che ebbi l'onore di offrirti, un ramoscello d'olivo e un bocciolo di
rosa? Io ti ho nel cuore, mio amato, non aver paura di allontanarti da me... Io morir, s, ma cos felice, cos
incredibilmente felice grazie a te!.
Puoi ben immaginare come queste parole mi trafiggessero il cuore. Le spiegai allora che non ero affatto ci che
la gente sembrava credermi; bens soltanto un uomo ricco, ma infinitamente infelice. Su di me gravava una
maledizione, che doveva restare l'unico segreto tra me e lei, perch conservavo ancora la speranza di poterne essere
liberato. Questo era ci che avvelenava i miei giorni; il fatto che avrei potuto trascinarla con me nell'abisso, lei, che era
la sola luce, la sola felicit, l'unico cuore della mia vita. Lei riprese allora a piangere, vedendomi tanto infelice. Ah, era
cos piena di affetto, cos buona! Per risparmiarmi anche una sola lacrima, ella avrebbe, e con quale gioia, sacrificato
tutta se stessa.
Ma Mina era ancora ben lontana dal comprendere il vero senso delle mie parole, e immaginava che fossi un
principe colpito da un crudele esilio, o un qualche alto personaggio proscritto, e la sua immaginazione si affannava cos
a dipingersi grandiosamente l'amato in quadri eroici.
Allora le dissi: Mina, l'ultimo giorno del mese prossimo pu mutare e decidere la mia sorte; se ci non
accade, dovr morire, perch non voglio renderti infelice. Ella, piangendo, nascose il viso sul mio petto. Se il tuo
destino cambier, lascia soltanto che io ti sappia felice, non reclamo alcun diritto su di te. Ma se sei infelice, legami alla
tua infelicit, perch ti aiuti a sopportarla. Bambina, bambina, ritira le parole avventate e folli che sono sfuggite alle
tue labbra. Sai tu forse cosa sia questa miseria, conosci forse questa maledizione? Sai tu chi il tuo amato... che cosa
egli... Non mi vedi rabbrividire e tremare mentre ti celo il mio segreto? Ella tra i singhiozzi cadde ai miei piedi,
ripetendo tra i giuramenti la sua preghiera.
Spiegai quindi al padre, sopraggiunto nel frattempo, che era mia intenzione chiedere la mano di sua figlia il
primo giorno del mese seguente; fissavo questo termine in quanto fino ad allora poteva accadere qualcosa che avrebbe
influito sul mio destino. Immutabile era soltanto il mio amore per sua figlia.
Il buon uomo si spavent nell'udire queste parole dalla bocca del conte Peter. Mi gett le braccia al collo, ma
poi quasi si vergogn di essersi cos lasciato andare. Gli vennero in mente dubbi, riflessioni, domande; parl della dote,
della sicurezza, del futuro della sua cara figlia. Io lo ringraziai di avermi rammentato tutto ci. Gli dissi che era mio
desiderio stabilirmi in quella regione, dove sembrava fossi amato, per condurvi un'esistenza serena. Lo pregai di
acquistare a nome di sua figlia le pi belle propriet che erano in vendita nel territorio, e di indirizzare a me per il
pagamento. In questo, il padre era certo la persona pi adatta a rendere servigio all'innamorato. Ci gli diede molto da
fare, perch ovunque era stato preceduto da un certo straniero; cos acquist beni solo per circa un milione.
Il fatto di occuparlo in questo modo era in fondo soltanto un pretesto innocente per tenerlo lontano, e io gi
altre volte ero ricorso a simili astuzie, perch devo ammettere che mi riusciva alquanto fastidioso. La brava madre era
invece piuttosto sorda e non teneva quanto lui all'onore di intrattenere il signor conte.
Sopraggiunse in quel mentre la madre, e quei felici genitori insistettero con me perch quella sera mi
trattenessi pi a lungo tra loro; ma io non potevo indugiare neanche un attimo; vedevo gi salire all'orizzonte la luce
chiara della luna. Il mio tempo era scaduto.
Ma la sera seguente mi recai di nuovo nel giardino dell'ispettore forestale. Dopo essermi gettato sulle spalle un
ampio mantello e calato il cappello fin sugli occhi, mi avvicinai a Mina; quando alz gli occhi e mi scorse, fece un
involontario movimento; mi torn ben nitida davanti agli occhi la scena di quella spaventosa notte in cui mi ero
mostrato alla luce della luna privo di ombra. Era proprio lei. Ma mi aveva davvero riconosciuto anche ora? Era
silenziosa e assorta nei suoi pensieri... Io avevo un peso enorme sul cuore... Mi alzai, e allora ella si gett muta e
piangente sul mio petto. Fuggii.
Da quel momento la trovai pi spesso in lacrime, mentre attorno all'anima mia le tenebre si facevano sempre
pi fitte; solo i genitori fluttuavano in una esaltata beatitudine; il giorno funesto si avvicinava, minaccioso e tetro come
le nuvole di una tempesta. Arriv la vigilia, io non riuscivo quasi pi a respirare.Mi ero premunito riempiendo d'oro
alcune ceste; vegliai in attesa della dodicesima ora. Essa scocc.
Rimasi seduto, gli occhi fissi sulle lancette dell'orologio, contando i secondi, i minuti, quasi fossero pugnalate.
A ogni rumore che si annunciava, sussultavo, finch spunt il giorno. Le ore si susseguivano plumbee, venne
mezzogiorno, sera, notte; le lancette giravano, la speranza svaniva; batterono le undici, e nulla apparve, trascorsero gli
ultimi minuti dell'ultima ora, poi venne il primo, e quindi l'ultimo dei colpi della dodicesima ora; sprofondai allora nel
mio giaciglio tra infinite lacrime, ormai privo di speranza. La mattina dopo - privato ormai per sempre dell'ombra avrei dovuto chiedere la mano della mia amata. Verso l'alba, un sonno agitato mi chiuse gli occhi.

V
Era ancora presto quando fui svegliato da un violento battibecco nella mia anticamera. Tesi le orecchie. Bendel
sbarrava l'accesso alla mia stanza; Rascal, bestemmiando, gridava che non accettava divieti da un suo pari e pretendeva
di entrarvi. Il ragionevole Bendel cercava di avvertirlo che tali parole, se mi fossero giunte all'orecchio, gli avrebbero
fatto perdere un vantaggioso servizio. Rascal minacciava di mettergli le mani addosso, se avesse continuato ad
impedirgli l'entrata.
Vestito a met, spalancai furente la porta, e mi gettai su Rascal: Che cosa vuoi tu, canaglia?. Quello fece due
passi indietro e rispose con freddezza: Pregarla umilmente, signor conte, di lasciarmi vedere una volta la sua ombra...
il sole splende gi alto sul cortile.
Mi sentii come colpito da un fulmine. Ci volle del tempo, prima che ritrovassi la parola: Come pu un servo
contro il suo signore.... Egli mi interruppe senza remore: Un servo pu essere un uomo onesto e non voler servire un
padrone senza ombra, dunque chiedo di essere licenziato. Dovetti giocare su altre corde. Ma Rascal, caro Rascal, chi
ti ha messo in mente una tale sciagurata idea, come puoi pensare...; ma quello continu sullo stesso tono: C' chi dice
che lei non ha ombra... e per farla corta, mi mostri la sua ombra, oppure mi lasci andare.
Bendel, pallido e tremante, ma con pi buonsenso di me, mi fece un cenno; io cercai una scappatoia
nell'onnipotente oro, ma anch'esso aveva perduto il suo potere... Egli me lo gett ai piedi: Da uno che non ha ombra
non accetto nulla. Mi volt le spalle e usc lentamente dalla stanza, il cappello in testa, fischiettando una canzone. Io
restai l con Bendel, come impietrito, seguendolo con lo sguardo, ormai svuotato di ogni pensiero e sentimento.
Sospirando profondamente e con la morte nel cuore, mi accinsi infine a mantenere la mia parola e, simile a un
criminale davanti ai suoi giudici, a presentarmi nel giardino dell'ispettore forestale. Entrai sotto il fitto pergolato che
portava il mio nome, dove anche questa volta essi stavano ad aspettarmi. La madre mi venne incontro serena e lieta.
Mina sedeva l, pallida e bella, come la prima neve che a volte, in autunno, bacia gli ultimi fiori e subito si scioglie in
gelida acqua. L'ispettore forestale, con un foglio scritto in mano, andava freneticamente in su e in gi, mostrando di
reprimere molte cose dentro di s, e ci si manifestava con un rapido alternarsi di rossore e pallore sul suo volto,
abitualmente inespressivo. Non appena entrai, venne verso di me, esigendo con parole spesso interrotte di parlarmi da
solo. Il sentiero nel quale mi invit a seguirlo conduceva a una parte aperta e ben soleggiata del giardino; io caddi muto
su un sedile, e poi segu un lungo silenzio, che neppure la buona madre os rompere.
L'ispettore forestale continuava a percorrere avanti e indietro il pergolato, a passi irregolari e con grande
agitazione, poi all'improvviso si arrest davanti a me, gett un'occhiata alla carta che teneva in mano, e mi chiese con
uno sguardo indagatore: E se davvero, signor conte, un certo Peter Schlemihl non le fosse del tutto ignoto?. Io tacqui.
Un uomo dal carattere eccellente e dalle qualit straordinarie...; egli attendeva una risposta. E se fossi io stesso
quell'uomo?. Al quale aggiunse egli con forza, sparita l'ombra!!... Oh, il mio presentimento, il mio
presentimento! grid Mina. S, lo soda lungo tempo, egli non ha ombra! e si gett nelle braccia della madre che,
spaventata e stringendola spasmodicamente a s, la rimproverava di aver tenuto nascosto un simile sciagurato segreto.
Ma lei, come Aretusa, si era trasformata in una fonte di lacrime che, al suono della mia voce, fluiva pi abbondante e, a
udire il mio nome, scorreva pi impetuosa. E lei riprese irato l'ispettore forestale, con inaudita sfrontatezza non si
fatto alcuno scrupolo di imbrogliare me e costei; e vuole dare a intendere di amarla, dopo aver causato fino a tal punto
la sua rovina? Eppure lo vede come piange e soffre! terribile, terribile!.
Io avevo a tal punto perso la testa che, come un folle, cominciai a dire che in fondo un'ombra non altro che
un'ombra, uno poteva benissimo cavarsela anche senza, e non valeva certo la pena di sollevare tutto quel pandemonio.
Ma io stesso sentivo tanto bene l'irragionevolezza di ci che andavo dicendo, che smisi da solo, senza che egli mi
avesse degnato di una risposta. E poi aggiunsi che ci che una volta si perso, un'altra volta si pu ben ritrovarlo. Ma
egli m'invest, furibondo: Confessi, signor mio, confessi, come stato che ha perso l'ombra?. Fui costretto a mentire
di nuovo: Un giorno uno screanzato mi pass sull'ombra cos impetuosamente da farci sopra un grosso buco. Cos l'ho
mandata a riparare, l'oro infatti pu tutto, e avrebbero dovuto riconsegnarmela ieri.
Bene, signor mio, benissimo replic l'ispettore forestale. Lei chiede la mano di mia figlia, ma anche altri lo
fanno, e io, come padre, devo aver cura di lei, dunque le do tre giorni di tempo, entro i quali lei deve darsi da fare per
procurarsi un'ombra. Se, passati i tre giorni, lei mi comparir davanti con una bella ombra fatta a dovere, sar per me il
benvenuto; ma il quarto giorno, questo glielo assicuro, mia figlia la moglie di un altro. Io volevo ancora tentare di
rivolgere una parola a Mina, ma lei, singhiozzando pi forte, si strinse a sua madre, che mi fece cenno in silenzio di
allontanarmi. Me ne andai vacillando, con la sensazione che il mondo si richiudesse dietro di me.
Sfuggendo all'affettuoso controllo di Bendel, vagai come un folle per boschi e pianure. Per l'angoscia, avevo la
fronte madida di sudore, un gemito sordo saliva dal mio petto, in me si scatenava la follia.
Non so quanto tutto ci possa essere durato, prima che, in una landa soleggiata, mi sentissi afferrare per la
manica. Restai immobile e mi guardai attorno... Era l'uomo dalla redingote grigia, che sembrava essermi corso dietro a
perdifiato. Prese immediatamente a parlare.
Mi ero annunciato per oggi, ma lei non stato capace di aspettare. Per non ancora troppo tardi, accetti il
mio consiglio, scambi di nuovo la sua ombra, che a sua disposizione, e torni subito sui suoi passi. Nel giardino
dell'ispettore forestale sar il benvenuto, e tutto sar stato solo uno scherzo; a quel Rascal, che l'ha tradito e ora aspira

alla sua donna, ci penso io, arrivata la sua ora.


Io ero rimasto l come trasognato.
Si era annunciato per oggi? Ricalcolai ancora il tempo... Aveva ragione, mi ero sempre sbagliato di un
giorno. Cercai con la mano destra la borsa sul petto... Ma egli indovin le mie intenzioni e fece due passi indietro. No,
signor conte, la borsa in buone mani, la tenga pure. Lo fissai con uno sguardo interrogativo e stupito, ma quello
continu: Le chiedo solo una piccola cosa per ricordo; sia tanto gentile da firmarmi questo foglietto. Sulla pergamena
lessi le seguenti parole.
In forza di questo scritto da me firmato, lascio in eredit al suo possessore la mia anima, dopo la sua naturale
separazione dal corpo.
Guardai con ammutolito stupore ora lo scritto ora il grigio sconosciuto. Frattanto costui aveva intinto una
penna d'oca appena tagliata in una goccia di sangue che mi scorreva sulla mano a causa del graffio di una spina, e me la
porse... Ma chi lei, dunque? gli chiesi infine. Che importa? disse per tutta risposta. E poi non si vede forse? Un
povero diavolo oppure, per cos dire, una specie di scienziato o di cerusico, che per le sue eccellenti capacit non riceve
dagli amici che ingratitudine, e che per se stesso sulla terra non ha altro divertimento che quel poco di esperimenti... Ma
firmi, dunque. A destra, in basso; Peter Schlemihl.
Io scossi la testa, e dissi: Mi perdoni, signore, ma non firmo.
No? ripet sorpreso. E perch no?.
Perch mi sembra alquanto pericoloso scambiare l'anima con l'ombra. Ah, cos! cos! ripet lui,
pericoloso e mi scoppi a ridere fragorosamente in faccia. E, se mi consentito chiedere, che genere di cosa , la
sua anima? L'ha forse mai vista, e che cosa pensa di farne, un giorno, da morto? Dovrebbe essere contento di aver
scovato, mentre ancora vivo, un amatore disposto a pagare, per l'eredit di questa x, di questa forza galvanica o virt
polarizzante, o comunque si possa ancora definire questa assurda cosa, con qualcosa di reale, vale a dire con la sua
ombra in carne e ossa, mediante la quale lei pu riuscire a ottenere la mano della sua amata e la realizzazione di tutti i
suoi desideri. O preferisce piuttosto consegnare quel povero sangue innocente nelle mani dell'infame carogna, Rascal?
No... questo lo deve vedere con i suoi occhi; venga, le presto la cappa magica, qui e tir fuori dalla tasca qualcosa, e,
senza che nessuno ci veda, ce ne andremo in pellegrinaggio fino al giardino dell'ispettore forestale. Devo ammettere
che mi sentivo oltremodo umiliato dalla derisione di quell'uomo. Lo odiavo dal profondo del cuore, e credo che proprio
questa avversione personale, ben pi che le ragioni e i pregiudizi, mi trattenesse dal riscattare, mediante la firma
richiesta, la mia ombra, per quanto indispensabile essa mi fosse. E poi mi riusciva insopportabile il pensiero di
intraprendere in sua compagnia il passo che egli mi proponeva. Vedere quell'odioso ipocrita, quel demonio
sogghignante, intromettersi beffardo tra me e la mia amata, tra due cuori straziati a sangue, mi indignava nei miei
sentimenti pi riposti. Allora accettai quanto mi era accaduto come una disgrazia fatale e irreparabile e, voltandomi
verso l'uomo, gli dissi: Caro signore, le ho venduto la mia ombra per questa borsa, in s e per s molto preziosa, e me
ne sono gi pentito abbastanza. In nome di Dio, si pu annullare quest'affare?. Scosse la testa e fece una faccia
scurissima. Io continuai: In conclusione, di quanto possiedo non intendo venderle pi nulla, fosse anche al prezzo, che
lei mi offre, della mia ombra; e dunque non firmo niente. E poi, si pu ben indovinare che la mascherata alla quale mi
ha invitato non sarebbe per noi due ugualmente divertente; mi ritenga dunque scusato, e, poich non pu andare
altrimenti... separiamoci!.
Mi dispiace proprio, Monsieur Schlemihl, che lei con tale caparbiet rifiuti l'affare che io le ho proposto cos
amichevolmente. In ogni caso, sar forse pi fortunato un'altra volta. Arrivederci presto!... A proposito, mi permetta
ancora una volta di mostrarle che non lascio in alcun modo che le cose che ho acquistato si rovinino, e che invece le
rispetto e le conservo con cura.
In quella, tir fuori dalla tasca la mia ombra e, dispiegandola sul prato con abili gesti, la allarg ai suoi piedi
dal lato del sole, in modo tale che si trov a camminare tra le due ombre, la sua e la mia, che stavano ad aspettarlo; e la
mia, allora, fu subito costretta a obbedirgli e ad accondiscendere a tutti i suoi movimenti. Vedere di nuovo, dopo tanto
tempo, la mia povera ombra, e trovarla umiliata a un tale vergognoso servigio, proprio nel momento in cui, per la sua
mancanza, soffrivo di una innominabile infelicit, mi spezz il cuore e scoppiai a piangere amaramente. Quell'odioso,
pavoneggiandosi con la preda rubatami, rinnov senza pudore la sua offerta. Lei pu ancora riaverla, un tratto di penna
e salver anche la povera, infelice Mina dalle grinfie di quel mascalzone per accoglierla nelle braccia
dell'onorevolissimo signor conte... Ripeto, solo un tratto di penna. Le mie lacrime sgorgarono allora ancor pi forte,
ma gli girai le spalle, facendogli cenno di andarsene.
Bendel, che pieno di preoccupazione aveva seguito fin qui le mie tracce, arriv in quell'istante. Quando
quell'anima fedele e buona mi vide piangere, e si rese conto che la mia ombra (perch non la si poteva certo confondere)
era in possesso del misterioso sconosciuto in grigio, prese subito la decisione di fare in modo che mi riappropriassi di
quant'era mio, fosse anche con la violenza; poich aveva capito che con le buone non avrebbe ottenuto granch, aggred
immediatamente l'uomo a parole e, senza tanti complimenti, gli ingiunse di consegnarmi all'istante ci che mi
apparteneva. Ma l'altro, invece di rispondere, gir le spalle all'innocente ragazzo e se ne and. Bendel allora, sollevando
il bastone nodoso che portava con s, gli fu alle calcagna e, dopo avergli ordinato pi volte di restituire l'ombra, gli fece
sentire senza piet tutta la forza del suo braccio vigoroso. Quello per, quasi fosse abituato a un simile trattamento,
chin il capo, incurv la schiena, e continu in silenzio e tranquillamente il suo cammino attraverso la pianura,
portandosi via allo stesso tempo la mia ombra e il mio fedele servitore. Udii ancora a lungo quel suono sordo echeggiare

nella solitudine, finch non si perse in lontananza. Mi ritrovai solo con la mia pena.
VI
Rimasto solo in quella landa deserta, lasciai libero corso alle mie infinite lacrime, sgravandomi il cuore da un
indicibile e angoscioso peso. Non vedevo limiti alla mia estrema infelicit, n via d'uscita, n scopo alcuno, e succhiavo
con rabbiosa sete il nuovo veleno che lo sconosciuto aveva versato sulle mie ferite. Ma quando, rievocando nell'animo
mio l'immagine di Mina, l'amata e dolce figura mi apparve pallida e piangente come l'avevo vista l'ultima volta, nel
momento della mia ignominia, d'un tratto tra me e lei si frappose, spavaldo e beffardo, il fantasma di Rascal; allora mi
coprii il volto e fuggii per la pianura, ma l'orribile visione non mi lasciava, e anzi continuava a perseguitarmi, finch
non mi accasciai al suolo senza fiato, bagnando nuovamente la terra con le mie lacrime.
E tutto per un'ombra! E quest'ombra avrei potuto riguadagnarmela con un tratto di penna. Ripensai alla
sorprendente proposta e al mio rifiuto. In me c'era il deserto, non avevo pi giudizio n controllo.
Pass il giorno. Placai la fame con frutti selvatici, la sete alla pi vicina sorgente di montagna; sopraggiunse la
notte, mi accampai sotto un albero. Al mattino, la rugiada mi svegli da un sonno pesante, nel quale mi ero sentito
rantolare come nella morte. Bendel doveva aver perduto le mie tracce, e io mi rallegrai a questo pensiero. Non volevo
ritornare tra gli uomini, dai quali rifuggivo impaurito come i ritrosi animali delle montagne. Cos trascorsi tre giorni di
angoscia.
All'alba del quarto giorno, mi ritrovai in una pianura sabbiosa e assolata, seduto su un cumulo di pietre, esposto
ai caldi raggi; ora, infatti, amavo godere della vista del sole, di cui a lungo avevo sentito la mancanza. In silenzio,
nutrivo il mio cuore con la sua stessa disperazione. A un tratto, un leggero frusco mi spavent: gi pronto alla fuga,
gettai uno sguardo intorno, ma non vidi nessuno. Sulla sabbia assolata vidi invece scivolare accanto a me un'ombra
d'uomo, non dissimile dalla mia, la quale, nel suo solitario vagare, sembrava essersi allontanata dal suo padrone.
Allora si risvegli in me un impulso violento. Ombra, pensai, cerchi forse il tuo padrone? Voglio esserlo io. E
mi gettai avanti per impadronirmene; infatti pensavo che, se mi fosse riuscito di mettermi sulle sue tracce, in modo tale
che essa mi stesse ai piedi, essa vi sarebbe rimasta attaccata e, col tempo, si sarebbe abituata a me. Ma l'ombra, al mio
movimento, prese la fuga, e io mi vidi costretto a iniziare dietro alla lieve fuggitiva una caccia affannosa, per la quale
mi diede sufficienti forze solo il pensiero che in questo modo avrei potuto salvarmi dalla spaventosa situazione in cui mi
trovavo. Essa fuggiva in direzione di un bosco ancora piuttosto lontano, nella cui ombra l'avrei necessariamente persa di
vista; quando lo capii, il terrore mi trafisse il cuore; rinfocolai la mia brama, mi misi le ali ai piedi... Era indubbio che
mi stavo avvicinando sempre pi, e che l'avrei afferrata. Ma allora essa si arrest, girandosi verso di me. Come il leone
sulla sua preda, cos, per impadronirmene, le balzai sopra con un poderoso salto... Ma, inaspettata e compatta, incontrai
la resistenza di un corpo solido. E mi vennero allora assestati tali invisibili eppur violenti colpi nelle costole, quali
nessun uomo ha mai sentito prima.
L'effetto dello spavento mi fece tendere spasmodicamente le braccia e spingere con forza ci che, non visto, mi
stava dinanzi. Nel rapido movimento, caddi avanti lungo disteso per terra; ma sotto di me, bocconi, stava un uomo che
io tenevo ben stretto, e che ora soltanto andava facendosi visibile.
Ora tutto l'accaduto mi diveniva perfettamente spiegabile. L'uomo, doveva prima aver tenuto in mano e quindi
gettato via il nido magico che rende invisibile chi lo possiede, ma non la sua ombra. Volsi lo sguardo tutt'intorno, scoprii
immediatamente l'ombra del nido stesso, balzai in piedi e poi in avanti su di essa, e non mancai la preziosa preda.
Ormai, invisibile e senza ombra, tenevo il nido tra le mani. L'uomo, rimessosi rapidamente in piedi, guardandosi subito
intorno alla ricerca del suo fortunato vincitore, non scorse nella vasta, assolata pianura n lui n la sua ombra, che egli
cercava ancor pi ansiosamente. Perch del fatto che gi per conto mio io non avessi ombra, non aveva certo avuto
modo di accorgersi prima, n poteva sospettarlo. Quando si convinse che ogni traccia era scomparsa, in preda alla pi
profonda disperazione cominci a prendersela con se stesso, e a strapparsi i capelli. A me, invece, il tesoro che mi ero
conquistato dava la possibilit e la voglia di mischiarmi di nuovo agli esseri umani. E, d'altra parte, non mi mancavano
davvero i pretesti per giustificare a me stesso il mio ignobile furto o, meglio, non ne avevo alcun bisogno, e per evitare
qualsiasi pensiero di quel genere, mi affrettai ad allontanarmi da l, non voltandomi pi a guardare quell'infelice, la cui
voce angosciosa sentii risuonare ancora a lungo. Tali almeno mi parvero allora le circostanze di quell'avvenimento.
Bramavo di tornare nel giardino dell'ispettore forestale, e di scoprire da me la veridicit di quanto mi aveva
annunciato quel maligno; non sapevo per dove fossi, e dunque per poter ben osservare la zona tutt'intorno salii sulla
pi vicina collina; dalla sua cima, vidi ai miei piedi la cittadina e il giardino dell'ispettore forestale. Convulsamente
prese a battermi il cuore e gli occhi mi si riempirono di lacrime, di un genere diverso da quelle che avevo versato fino
ad allora: l'avrei rivista... Un'ardente nostalgia guid i miei passi sul cammino pi corto, gi per la collina. Passai non
visto accanto a dei contadini che venivano dalla citt. Parlavano di me, di Rascal, e dell'ispettore forestale. Ma io non
volli ascoltare nulla, e affrettai il passo.
Entrai nel giardino, con l'ansia dell'attesa in petto; d'un tratto, sentii risuonare nella mia direzione una specie di
risata, che mi fece rabbrividire; mi gettai un rapido sguardo attorno, senza per riuscire a scorgere nessuno. Mentre
procedevo, mi sembrava quasi di sentire accanto a me un rumore come di passi; tuttavia, nulla si vedeva, e io mi
credetti tradito dalle mie orecchie. Era ancora presto, non c'era nessuno nel pergolato del conte Peter, il giardino era

ancora deserto. Percorsi i ben noti vialetti, mi spinsi fino alla casa. Lo stesso frusco mi perseguitava, ora anche pi
percepibile. Con il cuore pieno di angoscia, mi sedetti su una panchina che si trovava in uno spazio assolato dinanzi alla
porta di casa. Avevo l'impressione che quella canaglia, non vista, sedesse sogghignando accanto a me. Venne girata la
chiave nella porta, che si apr, e l'ispettore forestale usc fuori con dei fogli in mano. Sentii come una nebbia passarmi
sopra la testa, mi guardai intorno e - disdetta! - l'uomo in redingote grigia sedeva accanto a me, e mi guardava con un
riso satanico. Aveva tirato anche sulla mia testa la sua cappa magica; ai suoi piedi giacevano pacificamente la sua e la
mia ombra, l'una accanto all'altra. Facendo finta di niente, giocherellava con la ben nota pergamena che teneva in mano,
e, mentre l'ispettore forestale, occupato con le sue carte, se ne andava in su e in gi all'ombra del pergolato, sichin
pieno di fiducia verso il mio orecchio, bisbigliandomi queste parole: E cos lei ha accettato il mio invito, e ora eccoci
qui seduti, tutt'e due sotto la stessa cappa!... Bene, bene! Ma ora mi restituisca anche il mio nido magico, lei non ne ha
pi bisogno, ed un uomo troppo onesto per volermelo ancora sottrarre... Nessun ringraziamento, le assicuro che
gliel'ho prestato ben volentieri. Senza che potessi oppormi, me lo prese dalla mano, se lo infil in tasca e rise ancora di
me, ma cos forte che anche l'ispettore forestale, per via del rumore, si guard intorno. Io sedevo l come impietrito.
Lei ammetter certamente continu, che una simile cappa molto pi comoda. Essa non copre solo la persona, ma
anche la sua ombra, e ancora tutti coloro che si ha voglia di prendere con s. Vede, oggi me ne porto dietro due. Rise
nuovamente: Noti bene, Schlemihl, ci che all'inizio, con le buone, non si vuole accettare, alla fine si obbligati ad
accettarlo con le cattive. Io pensavo che lei si sarebbe ricomprato quella certa cosa, riprendendosi cos anche la
fidanzata (ma per questo c' ancora tempo), e che avremmo lasciato Rascal a ciondolare dalla forca; sarebbe facile,
fintanto che non ci manca la corda... Mi dia retta, nell'affare le cedo anche la mia cappa magica.
Sopraggiunse la madre, ed ebbe inizio il seguente colloquio. Che fa Mina?. Piange. Ingenua bambina!
Per non c' davvero niente da fare!. Proprio no; ma darla ad un altro cos presto... marito mio, come sei crudele con
la tua propria figlia. No, moglie, tu la vedi dal lato sbagliato. Non appena lei, prima ancora di aver versato tutte le sue
lacrime tanto infantili, si trover a esser moglie di un uomo molto ricco e onorato, consolata del suo dolore si sveglier
come da un brutto sogno, ringraziando Dio e noi, vedrai!. Che Dio lo voglia!. Ella possiede gi una dote
invidiabile; ma, dopo lo scandalo provocato dall'infelice storia con quell'avventuriero, credi davvero che si presenter
subito un altro partito cos adatto a lei, che non sia il signor Rascal? Sai che genere di patrimonio possiede il signor
Rascal? Egli ha qui nel paese sei milioni di beni, liberi da debiti, pagati in contanti. Ho avuto in mano i documenti! Era
lui, infatti, che mi ha portato via ovunque le cose migliori; e, per di pi, ha nella borsa tre milioni e mezzo di cambiali
del signor Thomas John. Deve aver rubato molto. Che discorsi sono mai questi! Ha risparmiato saggiamente,
invece di dissipare tutto. Un uomo che ha portato la livrea.... Stupidaggini! Comunque ha un'ombra che non fa una
piega Hai ragione, ma....
L'uomo in grigio rise, e mi guard. Le porte si aprirono, e Mina comparve. Si appoggiava al braccio di una
cameriera, lacrime silenziose scendevano sulle sue belle guance pallide. Si sedette su una poltrona che era stata
preparata per lei sotto i tigli, e il padre prese posto su una sedia l accanto. Teneramente le prese la mano, e con parole
dolci si rivolse a lei, che adesso piangeva convulsamente: Tu sei la mia cara e buona bambina, e non dubito che sarai
anche ragionevole e non vorrai addolorare il tuo vecchio padre, che desidera solo la tua felicit; io comprendo molto
bene, cuor mio, che questa storia ti ha molto scosso, ma sei sfuggita per miracolo alla tua stessa infelicit! Prima che
scoprissimo lo scandaloso imbroglio, tu hai molto amato quell'uomo indegno; vedi, Mina, io lo so, e non te ne faccio
una colpa. Io stesso, mia cara bambina, l'ho amato, fintanto che l'ho considerato un gran signore. Ma ora vedi bene da te
come tutto sia cambiato. Ma come! Un qualsiasi can barbone ha la sua ombra, mentre la mia unica, amata figlia avrebbe
dovuto sposare un uomo... No, non devi davvero pensare pi a lui. Ascolta, Mina, ora ti chiede in moglie un uomo che
non teme il sole, un uomo onorato, che certo non un principe, ma che possiede dieci milioni, vale a dire dieci volte
quel che possiedi tu, un uomo che far felice la mia cara figlia. Non replicare nulla, non opporti, sii la mia buona,
ubbidiente bambina, lascia che tuo padre, che tanto ti ama, provveda a te, ti asciughi le lacrime. Promettimi di
concedere la tua mano al signor Rascal... Dimmi, vuoi promettermelo?
Con voce spenta, ella rispose: Non ho pi volont, pi alcun desiderio al mondo. Mi accada pure tutto ci che
vuole mio padre Subito venne annunciato il signor Rascal, che si un a loro con fare spavaldo. Mina era svenuta. Il mio
odioso compagno mi guard furibondo e mi bisbigli queste veloci parole: E lei pu sopportare tutto ci! Che cosa le
scorre dunque nelle vene al posto del sangue?. Con un movimento improvviso, mi graffi procurandomi una leggera
ferita sulla mano, da cui usc il sangue. Allora continu: Ma guarda! Proprio sangue rosso! Firmi, dunque!. Io tenevo
in mano la pergamena e la penna.
VII
Mi sottoporr volentieri al tuo giudizio, caro Chamisso, senza cercare affatto di influenzarlo. Io stesso, per
lungo tempo, mi sono giudicato molto severamente, perch ho nutrito nel cuore il verme tormentoso del rimorso. Quel
difficile momento della mia vita ritornava continuamente nell'animo mio, e io riuscivo a guardarlo soltanto con occhi
dubbiosi, con umilt e contrizione. Caro amico, chi, a cuor leggero, mette anche solo un piede fuori dalla retta via, viene
condotto senza accorgersene su altri sentieri, che lo sospingono in basso, sempre pi in basso; invano egli vede allora la
stella polare risplendere in cielo, a lui non resta alcuna scelta, continua irresistibilmente a scendere nell'abisso, e deve

infine sacrificarsi alla nemesi. Dopo il precipitoso errore che aveva attirato su di me la maledizione, per amore mi ero
introdotto da criminale nel destino di un altro essere; che altro mi restava da fare, se non accorrere ciecamente in
soccorso dove io avevo seminato la rovina, e dove ora si attendeva da me immediata salvezza, perch l'ultima ora era
suonata? Non credermi meschino, Adelbert, non pensare che avrei giudicato troppo caro qualsiasi prezzo mi venisse
richiesto, e che nel dare qualsiasi cosa che appartenesse a me solo sarei stato pi avaro che con l'oro. No, Adelbert; ma
la mia anima era colma di un invincibile odio contro quell'ambigua carogna, che sempre ricorreva a vie traverse. Potevo
anche fargli un torto, ma qualsiasi rapporto con lui mi ripugnava. Ma anche qui, come gi tante altre volte nella mia
vita, e come del resto tante volte accade nella storia, in luogo di un'azione intervenne un evento. In seguito mi sono
riconciliato con me stesso. In primo luogo ho imparato a rispettare la necessit; e che cosa le proprio pi del fatto
compiuto, dell'avvenimento accaduto? Poi ho imparato a rispettare la necessit anche in quanto saggia ordinatrice, che
anima tutto intero l'enorme meccanismo nel quale noi entriamo solo a cooperare, come ingranaggi che al tempo stesso
spingono e sono spinti; ci che deve accadere accadr, ci che doveva accadere accaduto, e non senza quel principio
ordinatore che io appresi infine a rispettare, sia nel mio proprio destino, sia nel destino di coloro che il mio coinvolse.
Non so se io debba attribuirlo alla tensione della mia anima, sotto la pressione di tali possenti sensazioni,
oppure all'esaurimento delle mie forze fisiche, che negli ultimi giorni erano state messe alla prova da insolite sofferenze,
oppure infine al distruttivo disgusto provocato in tutta la mia persona dalla vicinanza di quel sinistro demonio; ma,
proprio mentre stavo per firmare, caddi in un profondo deliquio, e cos giacqui a lungo, come tra le braccia della morte.
Rumore di passi e maledizioni furono i primi suoni che colpirono il mio orecchio quando ripresi coscienza;
aprii gli occhi, era sera, e il mio odiato compagno, pur rimproverandomi, si dava da fare attorno a me. E questo non si
chiama forse comportarsi da donnicciola! Torni in s e si sbrighi a fare quelche ha deciso, oppure ha cambiato idea, e
preferisce piagnucolare?. Mi alzai a fatica da terra, dove giacevo, e mi guardai attorno muto. Era ormai tarda sera,
dalla casa dell'ispettore forestale illuminata a festa risuonava una musica lieta, la gente, a gruppetti, passeggiava per i
viali del giardino. Chiacchierando, una coppia ci pass pi vicino e si and a sedere sulla panchina dove prima avevo
preso posto io. Parlavano delle nozze, celebrate la mattina, tra il ricco Rascal e la signorinadella casa.
Era dunque accaduto.
Mi strappai dalla testa la cappa dello sconosciuto, che scomparve all'istante dalla mia vista e, inoltrandomi
nella fitta oscurit dei cespugli che fiancheggiavano il sentiero attraverso il pergolato del conte Peter, mi affrettai
silenziosamente verso l'uscita del giardino. Ma, seppur invisibile, il mio tormentatore mi accompagnava,
perseguitandomi con dure parole. Questo dunque il ringraziamento per la pena che ci si presi ad assistere tutto il
santo giorno Monsieur, che ha i nervi fragili. Ed ora mi si d il benservito? Bene, signor testone, anche se lei mi sfugge,
noi siamo ormai inseparabili. Lei ha il mio oro, e io la sua ombra; e questo non far stare in pace nessuno di noi. Si
forse mai sentito che un'ombra sia stata abbandonata dal suo padrone? La sua mi trasciner dietro a lei, finch non si
degner di riprendersela, liberandomene. Ci che oggi lei ha perduto, un giorno, spinto da un nuovo desiderio di agire,
dal tedio e dalla noia, cercher di recuperarlo. Ma sar troppo tardi. Non si sfugge al proprio destino!. Continu a
lungo a parlare nello stesso tono; io fuggivo invano, quello non si dava per vinto e, sempre presente, continuava a
parlare sogghignando dell'oro e dell'ombra. Io non riuscivo pi a pensare con la mia testa.
Attraverso strade deserte, avevo imboccato la via che conduceva alla mia casa. Ma quando mi ci trovai davanti
e la guardai, la riconobbi a stento; dietro le finestre frantumate non ardeva alcun lume. Le porte erano sbarrate, non
c'erano pi servitori ad affaccendarsi all'interno. Lui, accanto a me, scoppi a ridere forte: Gi gi, cos va il mondo!
Ma il suoBendel lo trover dentro di sicuro, qualcuno ha provveduto di recente a riportarlo a casa, ma cos stremato che
certo da allora non ne sar pi uscito. Rise di nuovo. Ne avr di storie da raccontare!... Suvvia! Per oggi, buona notte
e arrivederci presto!.
Suonai ripetutamente, e infine apparve una luce; dall'interno, Bendel domand chi aveva suonato. Quando quel
buon uomo riconobbe la mia voce, riusc a stento a controllare la sua gioia; la porta si spalanc, piangendo fummo l'uno
nelle braccia dell'altro. Lo trovai molto cambiato, debole e malato; ma a me erano diventati tutti i capelli grigi.
Attraverso le stanze devastate e abbandonate, egli mi condusse in una sala interna, che era rimasta intatta; port
cibi e bevande, ci sedemmo, egli riprese a piangere. Mi raccont di aver a lungo inseguito e bastonato lo scheletrico
uomo in grigio, che egli aveva sorpreso con la mia ombra, e di averlo bastonato finch, perse anche le mie tracce, non
era caduto a terra stremato; e, visto che non era riuscito pi a ritrovarmi, di essere poi tornato nella casa, che la
plebaglia, aizzata da Rascal, aveva preso d'assalto, sfondando le finestre e dando libero sfogo alla sua voglia di
distruzione. Cos si erano comportati verso il loro benefattore. La mia servit se l'era data a gambe. La polizia del luogo
mi aveva bandito dalla citt come elemento sospetto, e mi aveva fissato un termine di ventiquattr'ore per abbandonare il
suo territorio. Mi rivel inoltre molte cose in aggiunta a quanto gi sapevo delle ricchezze e del matrimonio di Rascal.
Quel malfattore, che era stato la causa di tutto quanto era qui accaduto contro di me, doveva aver conosciuto il mio
segreto fin dall'inizio; infatti sembrava proprio che, attratto dall'oro, egli avesse saputo mettermisi accanto, procurandosi
sin dai primi tempi una chiave di quel forziere dal quale aveva tratto un patrimonio tale che ora poteva anche disdegnare
di accrescerlo.
Tutto questo mi raccont Bendel tra le lacrime, e poi pianse di nuovo, ma per la gioia, poich mi aveva
rincontrato e ora mi riaveva con s, e, dopo essersi chiesto a lungo dove mi potesse aver condotto la mia infelicit, ora
mi vedeva sopportarla con calma e rassegnazione. In realt, era stata la disperazione a portarmi a questo atteggiamento.
Vedevo la mia infelicit cos smisurata e immutabile, per essa avevo pianto tutte le mie lacrime, dal mio petto non

poteva pi uscire alcun grido, e ormai, freddo e indifferente, affrontavo la mia pena a capo scoperto.
Bendel cominciai, tu conosci il mio destino. Non senza una precedente colpa che questa dura punizione
mi ha colpito. E tu, uomo innocente, non devi pi legare il tuo destino al mio, io non lo voglio. Questa notte me ne
andr via a cavallo, sellamene uno, cavalcher da solo; tu resterai, io voglio cos. Devono essere rimaste qui ancora
alcune casse d'oro, tienile tu. Io vagher irrequieto e solo per il mondo; ma se mai mi arrider ancora un'ora lieta, e se la
fortuna, riconciliata, poser il suo sguardo su di me, allora ripenser alla tua fedelt, perch sul tuo fido petto ho pianto
in ore difficili e dolorose.
Col cuore spezzato, quell'uomo sincero ubbid a quest'ultimo ordine del suo padrone, non senza esserne
spaventato nel profondo dell'animo suo; io fui sordo alle sue preghiere e alle sue obiezioni, cieco di fronte alle sue
lacrime; egli mi condusse il cavallo. Strinsi ancora una volta Bendel, in lacrime, al mio petto, saltai in sella e mi
allontanai dalla tomba della mia vita sotto il manto della notte, non curandomi di quale strada avrebbe preso il cavallo;
al mondo, infatti, non avevo pi scopo, n desideri, n speranze.
VIII
Ben presto mi si affianc un viandante, il quale, dopo un certo tempo che camminava accanto al mio cavallo, e
visto che facevamo la stessa strada, mi preg di permettergli di poggiare dietro a me, sul cavallo, un mantello che
portava con s; in silenzio, lo lasciai fare. Mi ringrazi con garbo e buone maniere per quel piccolo servigio, lod il mio
cavallo, cogliendo da ci l'occasione per esaltare la fortuna e il potere dei ricchi, dando avvo, non so io stesso come, a
una sorta di monologo, del quale io non ero che un semplice ascoltatore.
Egli si mise a spiegare le sue opinioni sulla vita e sul mondo, e ben presto arriv alla metafisica, alla quale
spettava il compito di scoprire la parola chiave che scioglie tutti gli enigmi. Discusse tale istanza con grande chiarezza,
e pass quindi ad esporne la risposta.
Tu sai, amico mio, che da quando sono passato attraverso la scuola dei filosofi mi sono reso conto con
chiarezza di non essere affatto dotato per la speculazione filosofica, e ho abbandonato completamente questo campo; da
allora ho lasciato stare molte cose, ho rinunciato a saperle e a comprenderle, fidandomi (come tu stesso mi hai
consigliato) del mio buon senso, ho seguito la mia voce interiore, percorrendo la mia strada, almeno per quanto era in
mio potere. Ora per mi pareva che questo artista della parola riuscisse a costruire, e con grande talento, un edificio ben
compatto, che si reggeva su fondamenta proprie e su una sua intrinseca necessit. Ma in esso io notavo la mancanza
proprio di ci che avrei voluto trovarvi, e cos mi appariva solo come un'opera d'arte, la cui leggiadra compiutezza e
perfezione serviva unicamente a deliziare l'occhio; e tuttavia ascoltavo volentieri quel buon parlatore, che attirava a s
la mia attenzione, distraendola dalle mie pene, e mi sarei ben volentieri sottomesso a lui, se solo avesse saputo
rivolgersi alla mia anima come faceva al mio intelletto.
Frattanto il tempo era trascorso e, senza che ce ne accorgessimo, gi l'alba rischiarava il cielo; mi spaventai
quando, d'un tratto, guardando verso oriente, vidi dispiegarsi tutta la magnificenza dei colori che annunciano
l'imminente sorgere del sole, contro il quale proprio in quel momento, in cui le ombre sfoggiano tutta la loro estensione,
non si scorgeva riparo n ricovero in quella pianura aperta! E, per di pi, non ero solo! Gettai un'occhiata al mio
accompagnatore, ebbi un nuovo soprassalto... Altri non era che l'uomo dalla redingote grigia.
Egli sorrise del mio sbigottimento e continu, senza permettermi di profferire verbo: Lasci dunque, com'
consuetudine nel mondo, che il nostro reciproco vantaggio ci unisca per un poco, a separarci siamo sempre in tempo.
Questa strada lungo la montagna, anche se forse lei non ci ha ancora pensato, comunque l'unica che lei possa
ragionavolmente intraprendere; gi nella valle non pu certo avventurarsi, e ancor meno vorr tornare oltre la
montagna, proprio nei luoghi da cui fuggito... E questa , per l'appunto, anche la mia strada. La vedo gi impallidire
alla vista del sole che sorge. Per il tempo che saremo compagni, voglio proprio prestarle la sua ombra, e lei, in cambio,
sopporter la mia vicinanza; lei non ha neanche pi con s il suo Bendel, e io voglio renderle buoni servigi. Lei non mi
ama, e questo mi dispiace. Ma pu comunque servirsi di me. Il diavolo non poi cos nero come lo si dipinge. Ieri mi
ha fatto arrabbiare, questo vero, ma oggi non voglio tenerle rancore per questo, e gi le ho accorciato il cammino fin
qui, questo deve proprio ammetterlo... Ma si riprenda dunque solo per una volta la sua ombra, per prova.
Il sole era sorto, e sulla strada ci venivano incontro alcune persone; sebbene con intima riluttanza, accettai la
proposta. Sogghignando, egli fece scivolare a terra la mia ombra, che immediatamente prese posto sopra l'ombra del
cavallo e si mise a trotterellare allegramente accanto a me. Mi sentivo in uno strano stato d'animo. Cavalcando passai
accanto a una squadra di contadini, i quali, a capo scoperto, fecero umilmente largo dinanzi al ricco signore. Continuai a
cavalcare, guardando dalla groppa del cavallo, con occhi avidi e col cuore in tumulto, quell'ombra al mio fianco, che era
stata mia e che orami ero fatta prestare da un estraneo, anzi, da un nemico.
Costui mi camminava accanto con noncuranza, e anzi fischiettava una canzone. Lui a piedi, io a cavallo, mi
prese una frenesia, la tentazione era troppo grande, tirai bruscamente da un lato le briglie, spronai il cavallo, e imboccai
di gran carriera un sentiero laterale; ma non riuscii a portarmi dietro l'ombra che, alla svolta, scivol gi dalla sella, e si
mise ad aspettare sulla strada maestra il suo legittimo proprietario. Umiliato, dovetti tornare sui miei passi; l'uomo in
redingote grigia non si scompose per nulla e, dopo aver smesso di fischiare la sua canzone, mi rise in faccia, mi rimise a
posto l'ombra, e mi ammon che essa mi sarebbe rimasta attaccata e avrebbe voluto rimanere con me, solo quando

l'avessi nuovamente posseduta a titolo di regolare propriet. Io la tengo saldamente in pugno continu, proprio
grazie alla sua ombra, e non mi scapper. Un uomo ricco come lei ha bisogno dell'ombra, non c' niente da fare; lei da
biasimare solo perch non se n' reso conto prima.
Continuai il mio viaggio sulla stessa strada; ritrovavo tutte le comodit della vita, e anche il suo splendore;
potevo muovermi, libero e leggero, perch possedevo di nuovo un'ombra, sebbene solo in prestito, e ovunque suscitavo
il rispetto che dovuto alla ricchezza; eppure mi sentivo la morte nel cuore. Il mio straordinario compagno, che si
faceva passare per l'indegno servitore dell'uomo pi ricco del mondo, era eccezionalmente servizievole, e oltre misura
svelto e intelligente, la vera quintessenza del domestico di un ricco signore, ma non lasciava mai il mio fianco e mi
tormentava incessantemente con i suoi discorsi, dimostrando sempre la pi assoluta certezza che un giorno, fosse anche
solo allo scopo di levarmelo di torno, avrei infine accettato l'affare dell'ombra. Mi era ormai diventato tanto fastidioso
quanto odioso, e per di pi lo temevo davvero. Mi ero reso dipendente da lui. Mi aveva in pugno, dopo avermi riportato
nella magnificenza del mondo, che io invece rifuggivo. Ero costretto a subire la sua eloquenza, e cominciavo quasi a
sentire che aveva ragione lui. Al mondo un ricco deve pur avere un'ombra, e se avessi voluto mantenere quella
condizione a cui egli aveva fatto s che io potessi nuovamente accedere, non c'era che una via d'uscita. Una cosa per
era davvero per me un punto fermo; dopo aver sacrificato il mio amore, dopo che la mia vita aveva perduto il suo
colore, non avrei mai ceduto la mia anima a quel demonio, fosse pure per tutte le ombre del mondo. Ma non sapevo
come sarebbe andata a finire.
Un giorno sedevamo davanti a una caverna che gli stranieri, viaggiando per quella regione, non mancano di
visitare. L si sentiva risuonare, da smisurate profondit, il mugghiare di correnti sotterranee, e il sasso che vi veniva
gettato, nella sua rimbombante caduta, sembrava non trovare mai il fondo su cui arrestarsi. Egli mi andava dipingendo,
come del resto faceva spesso, con un'esuberante fantasia e con la luccicante seduzione delle tinte pi smaglianti,
elaborate immagini di tutto ci che, grazie ai poteri della mia borsa, avrei potuto compiere nel mondo, se solo avessi
ripreso possesso dell'ombra. Con i gomiti puntati sulle ginocchia e il viso nascosto tra le mani, ascoltavo quell'ipocrita,
con il cuore diviso tra le sue lusinghe e la mia ferma volont. Non potendo pi resistere a lungo con un tale contrasto
interiore, cominciai la lotta decisiva.
Signore, lei sembra dimenticare che io le ho permesso di rimanere in mia compagnia soltanto a certe
condizioni, vale a dire che avrei mantenuto la mia piena libert. Se lei lo ordina, faccio fagotto. La minaccia era per
lui cosa normale. Io tacqui. Si mise subito a riarrotolare la mia ombra. Io impallidii, ma, muto, lasciai che ci accadesse.
Segu un lungo silenzio. Egli prese per primo la parola. Caro signore, lei proprio non mi pu soffrire, mi odia, lo so
bene; ma perch mi odia? forse perch, quando mi ha incontrato sulla pubblica via, ha cercato di aggredirmi per
rubarmi il nido magico? O magari perch ha tentato, come un ladro, di sottrarmi una mia propriet, l'ombra, che lei
credeva invece affidata soltanto alla sua onest? Da parte mia, non gliene voglio per questo; trovo invece del tutto
naturale che lei intenda far valere tutti i suoi vantaggi, con l'astuzia e la violenza; sul fatto, poi, che lei possieda i pi
severi principi, che la pensi come l'onest in persona, un'inclinazione contro la quale non ho davvero niente da ridire...
Solo che, effettivamente, il mio modo di pensare non cos rigido; semplicemente, io agisco, cos come lei pensa. Le ho
forse mai puntato un coltello alla gola allo scopo di impadronirmi della sua preziosissima anima, di cui un giorno mi
venuta voglia? Le ho mai sguinzagliato dietro un servo, per via di una borsa che avevo scambiato con lei? Ho mai
cercato di sopraffarla? Non avevo nulla da controbattere; egli continu: Benissimo, signore, benissimo! Lei non mi
pu soffrire; anche questo lo posso ben comprendere, e non glielo voglio pi rimproverare. Dobbiamo separarci, questo
chiaro, e anche lei comincia davvero a venirmi a noia. Ma per potersi sottrarre completamente alla mia ulteriore,
umiliante presenza, le consiglio ancora una volta; mi compri quella cosa. Io gli tesi la borsa: A questo prezzo.
No!. Sospirai profondamentee presi di nuovo la parola: E dunque, signore, insisto perch ci separiamo, e non mi
sbarri pi il passo in un mondo che spero sia abbastanza grande per tutti e due. Egli replic ridacchiando: Me ne
vado, signor mio, ma prima voglio insegnarle il modo per chiamarmi, qualora dovesse sentire nostalgia del suo
umilissimo servo: deve semplicemente scuotere la borsa, in modo da far tintinnare l'oro perpetuo che contiene, e il suo
suono mi far arrivare all'istante. Ciascuno, a questo mondo, fa i propri interessi; ma vede bene che io mi preoccupo
anche dei suoi, e le offro ci che, visibilmente, un nuovo potere. Oh, questa borsa! E anche se le tignole avessero gi
divorato la sua ombra, essa resterebbe comunque un saldo legame tra noi. Basta, lei mi tiene in bala con il mio oro,
disponga pure, anche a distanza, del suo servo; del resto, lei sa bene che con i miei amici so dimostrarmi abbastanza
servizievole, e che specialmente i ricchi stanno particolarmente bene con me; questo l'ha visto da s. Solo la sua ombra,
caro signore, che sia detto una volta per tutte, non l'avr mai pi, se non a un'unica condizione.
Mi tornarono alla mente personaggi dei vecchi tempi. Gli chiesi allora all'improvviso: Dal signor John ha
ottenuto una firma? Egli sogghign: Con un cos buon amico non era proprio necessario. Dov'? Per Dio, voglio
saperlo!. Esitante, infil la mano in tasca, e da l, tirata per i capelli, apparve la figura e sangue e deformata di Thomas
John, mentre lelabbra blu del cadavere si muovevano, pronunciando queste terribili parole: Justo judicio Dei judicatus
sum; Justo judicio Dei condemnatus sum. Inorridito, gettai di colpo la borsa tintinnante nel baratro, e gli dissi queste
ultime parole: O maligno! Cos io ti scongiuro in nome di Dio, allontanati da qui, e non comparire mai pi alla mia
vista!. Egli si alz torvo, svanendo all'istante dietro i massi rocciosi che delimitavano quel luogo selvaggio e incolto.
IX

Restai seduto l, senza ombra n denaro. Ma dal cuore mi si era tolto un grande peso, e mi sentivo sereno. Se
non avessi perduto anche il mio amore, e se mi fossi sentito privo di rimorsi per quella perdita, io credo che avrei potuto
essere felice. Ma ora non sapevo proprio cosa fare. Cercai accuratamente nelle mie tasche, e vi trovai ancora alcune
monete d'oro; le contai e scoppiai a ridere. Avevo lasciato i miei cavalli gi alla locanda, ma mi vergognavo di tornarvi,
avrei dovuto almeno attendere il tramonto; il sole per era ancora alto nel cielo. Mi sdraiai all'ombra dell'albero pi
vicino, e tranquillamente mi addormentai. In un bel sogno, leggiadre immagini mi si intrecciarono davanti in una danza
aerea. Mina, con una corona di fiori tra i capelli, mi fluttuava attorno e mi sorrideva benevolmente. Anche il buon
Bendel aveva fiori tra i capelli, e mi pass accanto salutandomi con amicizia. E poi vidi molti altri ancora e, cos
almeno mi pare, anche te, Chamisso, tra il lontano tumulto; risplendeva una chiara luce, ma nessuno aveva l'ombra e,
ci che pi strano, non faceva assolutamente un brutto effetto... Fiori e canti, amore e serenit tra i palmizi... Non
potevo trattenere n interpretare quelle mobili, care figure quasi evanescenti; ma so che fui felice di questo sogno, e che
non volevo svegliarmi; quando mi svegliai davvero, tenni gli occhi chiusi per trattenere ancora un po' nell'animo quelle
fuggevoli apparizioni.
Infine aprii gli occhi, il sole era ancora in cielo, ma a oriente; avevo dormito tutta la notte. Lo presi come il
segnale che non dovevo pi fare ritorno alla locanda. Senza rimpianti diedi per perso ci che ancora vi possedevo, e
decisi di incamminarmi per una strada secondaria che attraversava la fitta boscaglia ai piedi della montagna, lasciando
che il destino compisse ci che aveva in serbo per me. Non mi guardai indietro, e non pensai neppure, come avrei
invece certo potuto fare, di rivolgermi a Bendel, che avevo lasciato ricco. Mi vedevo nei panni del nuovo personaggio
che avrei rappresentato nel mondo; il mio abito era senza pretese. Indossavo una nera kurtka, che portavo gi a Berlino
e che, non so come, mi era ritornata tra le mani in questo viaggio. Oltre a essa, indossavo un berretto da viaggio e un
paio di vecchi stivali ai piedi. Mi alzai, mi tagliai in quel luogo stesso un bastone nodoso per ricordo, e iniziai subito la
mia vita di viandante.
Nel bosco incontrai un vecchio contadino, il quale mi salut amichevolmente, e con cui mi fermai a parlare.
Come un viaggiatore desideroso di sapere, mi informai presso di lui prima di tutto della strada, quindi della regione e
dei suoi abitanti, dei prodotti della montagna e d'altro ancora. Egli rispose assennato e loquace alle mie domande.
Giungemmo cos al letto di un torrente di montagna, che aveva esteso ad un'ampia striscia di bosco la sua opera di
distruzione. Dentro di me rabbrividii nel vedere quello spiazzo soleggiato; lasciai che il contadino mi precedesse. Ma
costui si arrest proprio nel bel mezzo di quel luogo pericoloso e si rivolse verso di me, per raccontarmi la storia
dell'inondazione. Cos not immediatamente ci che mi mancava e si interruppe di botto a mezzo del discorso: Ma
come avviene dunque che il signore non ha ombra!. Purtroppo, purtroppo! replicai io, sospirando, durante una
lunga e grave malattia ho perduto i capelli, le unghie e l'ombra. Vedete, buon uomo, alla mia et, i capelli, che mi sono
ricresciuti, sono tutti bianchi, le unghie sono cortissime, e l'ombra proprio non mi vuol tornare. Ahi, ahi disse il
vecchio, scuotendo il capo, senz'ombra... un brutto affare! stata davvero una brutta malattia, quella che ha avuto il
signore. Ma non riprese pi il suo racconto, e al primo crocicchio si separ da me senza dire una parola. Amare
lacrime scorsero di nuovo sulle mie guance, la mia serenit era scomparsa.
Col cuore rattristato ripresi il cammino, e non cercai pi la compagnia di nessuno. Mi tenni nel pi profondo
del bosco, e a volte, per poter attraversare una parte in cui splendeva il sole, dovevo attendere ore intere, perch nessun
occhio umano mi impedisse il passaggio. A sera, cercavo di trovare alloggio nei paesi. Mi dirigevo in realt verso una
miniera in montagna, dove avevo pensato di trovare lavoro sottoterra; infatti, anche senza contare il fatto che la mia
attuale condizione mi imponeva di provvedere da me stesso al mio mantenimento, mi ero reso ben conto che solo un
lavoro faticoso avrebbe potuto proteggermi dai miei pensieri devastanti.
Un paio di giorni di pioggia mi fecero procedere speditamente nel cammino, ma a danno dei miei stivali, le cui
suole erano state calcolate per il conte Peter e non per un viandante. Continuai a piedi nudi. Ma dovevo comprarmi un
paio di stivali nuovi. La mattina dopo mi occupai con grande seriet della cosa in un borgo dove c'era la fiera e dove
trovai una bottega che vendeva stivali vecchi e nuovi. Scelsi e mercanteggiai a lungo. Dovetti per rinunciare a un paio
nuovo, che ben volentieri mi sarei comprato; infatti il suo alto prezzo mi spavent. Mi accontentai dunque di un paio di
stivali usati, anche se ancora buoni e robusti, che il biondo e ricciuto ragazzo di bottega mi consegn contro denaro
contante, augurandomi buona fortuna per il viaggio. Li infilai all'istante, e lasciai quel luogo per la porta a nord.
Ero cos profondamente assorto nei miei pensieri che guardavo appena dove mettevo i piedi; pensavo infatti
alla miniera, dove intendevo arrivare la sera, e dove non sapevo proprio come dovessi presentarmi. Non avevo fatto
ancora duecento passi, quando mi resi conto che avevo smarrito la strada; allora mi guardai intorno, e mi trovai in una
cupa, antichissima foresta di abeti, sui quali sembrava non essersi mai posata la scure. Mi spinsi ancora avanti di alcuni
passi, e mi vidi in mezzo a rocce deserte, ricoperte solo di muschio e sassifraghe, tra cui si estendevano campi di neve e
ghiaccio. L'aria era tersa e freddissima; mi guardai attorno, il bosco era scomparso alle mie spalle. Feci ancora alcuni
passi... Intorno a me regnava un silenzio di morte, a perdita d'occhio si stendeva il ghiaccio, sul quale ora mi trovavo, in
mezzo a una fittissima nebbia; un sole rosso sangue stava al limite dell'orizzonte. Il freddo era insopportabile. Non
sapevo cosa mi fosse accaduto, ma il gelo che mi intirizziva mi costrinse ad affrettare il passo; udivo solo un lontano
scrosciare d'acqua, un passo, e fui sulla riva gelata di un oceano. Davanti a me innumerevoli frotte di foche si gettarono
in acqua mugghiando. Seguii la sponda, vidi altre nude rocce, e poi pianura, boschi di betulle e di abeti. Corsi ancora
qualche minuto dritto in avanti. Faceva un caldo soffocante, mi guardai intorno, mi trovavo tra campi di riso ben

coltivati e filari di gelso. Mi sedetti alla loro ombra, guardai l'orologio, non era ancora passato un quarto d'ora da
quando avevo lasciato la fiera... Credevo di sognare, mi morsi la lingua per svegliarmi; ma ero sveglio. Chiusi gli occhi
per raccogliere i pensieri. Allora udii vicino a me pronunciare strane sillabe nasali; detti un'occhiata; due cinesi,
inconfondibili per la forma del viso, anche se non avessi voluto prestar fede al loro abbigliamento, mi si rivolgevano
nella loro lingua per salutarmi secondo il costume del paese; io mi alzai e feci due passi indietro. Non li vidi pi, e il
paesaggio era completamente mutato: al posto dei campi di riso, alberi e boschi. Osservai gli alberi e le erbe che mi
crescevano intorno; quelle che conoscevo erano piante dell'Asia sudorientale; volli avvicinarmi a un certo albero... Un
passo, e tutto era di nuovo cambiato. Come una recluta durante un'esercitazione, cominciai allora ad avanzare
lentamente, cauto. Davanti al mio sguardo sbalordito si susseguivano paesi, pianure, campi, montagne, steppe, deserti,
con scenari meravigliosamente mutevoli. Non v'era alcun dubbio, avevo ai piedi gli stivali delle sette leghe.
X
Caddi in ginocchio in muto raccoglimento, versando lacrime di gratitudine perch il futuro si prospettava d'un
tratto chiaro all'animo mio. Escluso dall'umana societ per una colpa giovanile, venivo ora in cambio trasportato verso
la natura, che sempre avevo amato; mi veniva data la terra quale ricco giardino, lo studio come indirizzo e forza della
mia vita, e quale suo scopo la scienza. Non era una decisione quella che prendevo. Ma da allora ho soltanto cercato di
rappresentare, con fedelt, con quieta, severa e incessante diligenza ci che, chiaro e perfetto nella sua forma originaria,
si presentava alla mia vista interiore, e la mia soddisfazione personale dipesa da allora dalla coincidenza di ci che
riuscivo a rappresentare con tale forma originaria.
Balzai in piedi per prendere possesso, senza esitazione e con un rapido sguardo, del campo in cui volevo in
futuro mietere il mio raccolto. Mi trovavo sugli altipiani del Tibet e il sole, che avevo visto sorgere poche ore prima, qui
volgeva gi verso il tramonto; attraversai l'Asia da oriente a occidente, raggiungendolo nel suo corso, e fui in Africa. La
girai tutta colmo di curiosit, percorrendola ripetutamente in ogni direzione. Mentre, in Egitto, guardavo estasiato le
piramidi e i templi, scorsi nel deserto, poco lontano da Tebe dalle cento torri, le caverne in cui erano vissuti un tempo
gli eremiti cristiani. All'improvviso mi fu chiaro e certo; qui la tua casa. Per i miei futuri soggiorni ne scelsi una delle
pi nascoste, ma nel contempo spaziosa e tranquilla, nonch inaccessibile agli sciacalli, e proseguii.
Passando attraverso le colonne d'Ercole entrai in Europa, e dopo averne scrutate le province meridionali e
settentrionali, passai dall'Asia del nord sopra i ghiacci del Polo in Groenlandia e in America, attraversai le due parti di
questo continente, e l'inverno, che gi regnava al sud, mi spinse rapidamente indietro da Capo Horn verso nord. Indugiai
finch non si fece giorno nell'Asia orientale, e ripresi la mia peregrinazione solo dopo essermi concesso un po' di riposo.
Attraverso le due Americhe seguii la catena montuosa che comprende le vette pi elevate della sfera terrestre. Passai
lentamente e con grande attenzione di cima in cima, ora su incandescenti vulcani, ora su picchi innevati, a volte
respirando a fatica, raggiunsi il monte Elia e saltai sopra lo stretto di Bering fino in Asia. Seguii allora la sua costa
occidentale in tutte le sue molteplici insenature, e verificai con particolare attenzione quali delle isole che vi si
trovavano di fronte mi fossero accessibili. Dalla penisola di Malacca, i miei stivali mi trasportarono a Sumatra, Giava,
Bali e Lamboc, tentai, a volte anche con pericolo e tuttavia sempre invano, di aprirmi una strada a nordovest, attraverso
le rocce e le piccole isole di cui quel mare costellato, in direzione del Borneo e di altre isole di quell'arcipelago. Ma
dovetti abbandonare questa speranza. Infine mi sedetti sulla punta pi estrema di Lamboc e, col viso rivolto a sud e a
oriente, piansi come dietro le sbarre murate del mio carcere, per aver trovato comunque cos presto il mio limite. La
Nuova Olanda, cos straordinaria ed essenziale per la comprensione della terra e della sua veste intessuta di sole, come
pure del mondo animale e vegetale, e il mare del sud, con le sue isole di zoofiti, mi erano vietati, e cos, fin dal
principio, tutto ci che intendevo raccogliere e costruire era destinato a restare puro e semplice frammento. Oh, mio
Adelbert, a tanto poco servono le fatiche umane!
Molte volte, nel cuore del rigido inverno dell'emisfero meridionale, ho tentato di compiere da Capo Horn quei
duecento passi che mi separavano dalla Terra van Diemen e dalla Nuova Olanda, senza curarmi neppure del ritorno, e
anche a costo che quella terra malvagia mi si richiudesse sopra come il coperchio della mia bara, e ho provato a
lasciarmi dietro i ghiacci polari andando verso occidente, muovendo con folle rischio passi disperati sui ghiacci
galleggianti, sfidando caparbiamente il gelo e il mare. Invano. Ancora infatti non sono stato nella Nuova Olanda; ogni
volta tornavo a Lamboc e mi sedevo sulla sua punta estrema, piangendo nuovamente, con il viso rivolto a sud e a
oriente, come dietro le sbarre murate del mio carcere. Mi strappai infine da questo luogo, penetrando di nuovo, con il
cuore rattristato, nell'interno dell'Asia; la percorsi tutta, inseguendo a occidente il sorgere del sole, e giungendo ancora,
nella notte, nella Tebaide, nella dimora che mi ero prescelta nelle ore pomeridiane del giorno precedente.
Non appena mi fui un poco riposato e sull'Europa fu giorno, la mia prima preoccupazione fu quella di
procurarmi tutto ci che mi occorreva. E, per primissima cosa, un paio di scarpe capaci di frenarmi, poich avevo
sperimentato quanto fosse scomodo non poter in altro modo accorciare il proprio passo, allo scopo di osservare
accuratamente oggetti vicini, se non sfilandosi quegli stivali. Un paio di pantofole, infilate sopra gli stivali stessi, si
rivelarono capaci di sortire l'effetto che mi ripromettevo, e in seguito ne portai sempre con me due paia, perch spesso
mi capitava di gettarle via dai piedi, senza poi avere il tempo di raccoglierle, specialmente quando venivo spaventato da
leoni, uomini o iene, mentre me ne andavo in giro a erborizzare. Il mio eccellente orologio era un ottimo cronometro per

la breve durata delle mie marce. Inoltre avevo bisogno di un sestante, di alcuni strumenti di fisica e di libri.
Per procurarmi tutto ci feci parecchi viaggi a Londra e a Parigi, che non mancarono di impensierirmi, anche
se a quell'epoca queste citt erano per mia fortuna coperte di nebbia. Quando ebbi esaurito tutto ci che mi restava del
mio oro fatato, fu facile per me trovare e portarmi dietro, a titolo di pagamento, dell'avorio africano, e a tale scopo
dovevo scegliere le zanne pi piccole, per non sovraccaricare le mie forze. Ben presto fui fornito e provvisto di tutto, e
iniziai subito la mia nuova vita di studioso in ritiro.
Peregrinai cos per tutta la terra, misurando ora le altitudini, ora la temperatura delle sue sorgenti e dell'aria, ora
osservando gli animali, ora infine studiando le piante; spaziavo dall'Equatore al Polo, dal vecchio al nuovo mondo,
comparando le esperienze tra loro. Le uova degli struzzi africani o degli uccelli dei mari del nord insieme ai frutti, in
specie quelli delle palme tropicali e dei banani, erano il mio nutrimento pi comune. Come surrogato della felicit che
mi mancava avevo la nicotina, e al posto della compagnia e dei legami umani avevo l'amore di un cagnolino, che faceva
la guardia alla mia grotta nella Tebaide e che, quando io vi tornavo, sempre carico di nuovi tesori, mi saltava in braccio
felice, e mi faceva ancora provare sentimenti umani, dimostrandomi che sulla terra non ero solo. Ma un'altra avventura
doveva portarmi di nuovo in mezzo agli uomini.
XI
Un giorno, frenati i miei stivali, stavo raccogliendo alghe e licheni sulle coste della Scandinavia, quando
d'improvviso, uscendo da dietro una roccia, mi si fece davanti un orso polare. Dopo aver scagliato via le pantofole, volli
raggiungere un'isola situata l di fronte, verso la quale mi offriva un passaggio un nudo scoglio che emergeva in mezzo
alle onde. Poggiai saldamente un piede sulla roccia, ma precipitai in mare dall'altra parte, perch, senza che me ne
accorgessi, all'altro piede era rimasta attaccata la pantofola. Il grande freddo mi intirizz,e solo a stento salvai la vita da
quell'enorme pericolo; non appena raggiunsi la terraferma, corsi pi forte che potei verso il deserto libico, per
asciugarmi l al sole. Avendo per esposto troppo la testa ai suoi raggi cocenti, feci ritorno barcollando, sentendomi
ormai molto male, verso nord. Attraverso spostamenti convulsi cercai di procurarmi sollievo, e presi dunque a correre,
con passi insicuri ma veloci, da ovest a est, e da est a ovest, venendo a trovarmi ora nel giorno ora nella notte, ora in
estate ora nel gelo dell'inverno.
Non so quanto a lungo io abbia brancolato in questo modo per tutta la terra. Una febbre rovente mi bruciava
nelle vene, con grande terrore sentivo che perdevo il senno. Ma la sfortuna volle ancora che io, in quella mia corsa tanto
sconsiderata, inciampassi in qualcuno. Devo avergli fatto molto male; io stesso ricevetti un forte colpo, e caddi a terra.
Quando ripresi conoscenza, mi trovai comodamente adagiato in un buon letto, che si trovava tra molti altri letti
in un salone ampio e bello. Al mio capezzale sedeva qualcuno; altre persone attraversavano la sala, andando da un letto
all'altro. Vennero anche davanti al mio, e si misero a parlare davanti a me. Per mi chiamavano Numero Dodici, e sulla
parete ai miei piedi, sopra una lapide di marmo nero, stava scritto, in modo corretto, senza errori e a caratteri d'oro senz'ombra di dubbio, non mi sbagliavo di certo, potevo leggerlo chiaramente - il mio nome
PETER SCHLEMIHL
Sulla lapide, sotto il mio nome, stavano scritte ancora due righe di lettere, ma io ero troppo debole per metterle
insieme, e chiusi di nuovo gli occhi.
Udii allora leggere chiaramente e ad alta voce qualcosa, in cui si nominava Peter Schlemihl, ma non potei
coglierne il senso; vidi invece comparire accanto al mio letto un uomo dal volto amichevole e una bellissima donna in
abito nero. Quelle figure non mi erano estranee, eppure non riuscivo a riconoscerle.
Pass del tempo, ed io ripresi le forze. Venivo chiamato sempre Numero Dodici, e il Numero Dodici, a causa
della sua lunga barba, veniva ritenuto un ebreo, anche se non per questo lo si curava meno degli altri. Il fatto che non
avesse ombra sembrava non essere stato notato da nessuno. I miei stivali, insieme a tutto il resto che era stato trovato su
di me quando mi avevano trasportato l, si trovavano ben custoditi, come mi venne assicurato, e mi sarebbero stati
restituiti dopo la mia guarigione. Il luogo nel quale giacevo malato si chiamava SCHLEMIHLIUM; e ci che
giornalmente veniva letto di Peter Schlemihl era un'esortazione a pregare per lui, quale donatore e benefattore di quella
fondazione. L'uomo gentile che avevo visto accanto al mio letto era Bendel, la bella signora era Mina.
Nello Schlemihlium guarii, senza che nessuno mi riconoscesse, e inoltre venni a sapere che mi trovavo nella
citt natale di Bendel, nella quale egli, con il resto del mio oro, il solo non maledetto, aveva fondato e intitolato a mio
nome quell'ospizio, in cui gli infelici mi benedicevano, e del quale egli stesso aveva assunto la direzione. Mina era
vedova; un processo penale finito male era costato al signor Rascal la vita e a lei la maggior parte del patrimonio. I suoi
genitori non c'erano pi. Ella viveva come una vedova timorata di Dio, compiendo opere di carit.
Un giorno, ai piedi del letto Numero Dodici, ella si ferm a parlare con il signor Bendel: Perch, nobile
signora, vuole esporsi tanto spesso all'aria infetta che regna qui dentro? La sorte stata dunque tanto spietata con lei, da
farle desiderare la morte? No, signor Bendel. Dopo aver sognato tanto a lungo il mio bel sogno, ed essermi risvegliata
con piena coscienza di me stessa, sto bene; da allora, non desidero n temo pi la morte. Da allora penso con serenit al
passato e al futuro. E lei, non forse con la pi quieta gioia interiore che oggi serve, in modo tanto devoto, il suo

signore e amico? Grazie a Dio, s, nobile signora. Certo, ci sono accadute cose assai straordinarie; dal calice colmo
abbiamo bevuto senza accorgercene tutto il bene e tutto il male. Ora esso vuoto; si vorrebbe quasi pensare che quella
sia stata solo una prova e che, provvisti di una saggia esperienza, dobbiamo attendere il vero principio. Ma un altro
ormai il vero principio, e non si vuole pi ricominciare il vecchio gioco della vita, anche se, nell'insieme, si felici di
averla vissuta cos com' stata. E poi nutro in me la fiducia che al nostro vecchio amico le cose vadano oggi meglio di
allora. Anch'io replic la bella vedova, e si allontanarono entrambi da me. Questo colloquio aveva lasciato in me
un'impressione profonda; ma nel mio animo dubitavo se dovessi farmi riconoscere oppure andarmene da l in incognito.
Infine decisi. Mi feci portare carta e matita, e scrissi queste parole:
Al vostro vecchio amico le cose vanno oggi meglio che nel passato e, se espia, e spia riconciliato.
Chiesi poi di potermi vestire, perch mi sentivo pi forte. Venne portata la chiave del piccolo stipo che stava
accanto al mio letto. Vi trovai dentro tutto ci che mi apparteneva. Indossai i miei abiti, sopra la mia nera kurtka misi a
tracolla la borsa da botanico, nella quale ritrovai con gioia i miei licheni del nord, infilai gli stivali, posai sul letto il
foglio che avevo scritto e, appena aperta la porta, ero gi lontano sulla via che portava alla Tebaide. Lungo la costa
siriaca, ripercorrendo il cammino sul quale l'ultima volta mi ero allontanato da casa, vidi venirmi incontro il mio povero
Figaro. Quel cane eccezionale, che doveva aver aspettato a lungo a casa il suo padrone, mostrava di voler seguire le sue
orme. Io mi fermai e lo chiamai. Mi salt addosso abbaiando, con mille commoventi manifestazioni della sua innocente,
irrefrenabile gioia. Lo presi sotto il braccio, perch non avrebbe certo potuto seguirmi, e lo riportai con me a casa.
Qui ritrovai tutto nell'antico ordine e, via via che riacquistavo le forze, tornavo alle mie occupazioni di un
tempo e al mio vecchio modo di vita; solo che, per un anno intero, mi tenni lontano dal freddo polare, divenutomi ormai
intollerabile.
Ed cos, mio caro Chamisso, che vivo ancor oggi. I miei stivali non si consumano, come da principio mi
aveva fatto temere l'eruditissima opera del celebre Tieckius De rebus gestis Pollicilli. La loro forza inalterata, mentre
si infiacchisce la mia; e tuttavia ho la consolazione di averla consumata per lo scopo che mi ero prefissato, e non
infruttuosamente. Fin dove mi hanno condotto i miei stivali, ho imparato a conoscere la terra meglio di qualsiasi altro
uomo prima di me: la sua configurazione, le sue altitudini, la sua temperatura, le variazioni della sua atmosfera, le
manifestazioni della sua forza magnetica, la vita su di essa, in specie quella del regno vegetale. Ho esposto questi fatti in
molte opere, con la massima precisione possibile e con grande chiarezza; in alcune dissertazioni ho registrato, pur senza
particolari, le mie opinioni e deduzioni. Ho determinato la geografia dell'interno dell'Africa e delle terre del Polo Nord,
dell'interno dell'Asia e delle sue coste orientali. La mia Historia stirpium plantarum utriusque orbis si pu considerare
come un grande frammento della Flora universalis terrae e come parte del mio Systema naturae. Credo di avere non
solo accresciuto di oltre un terzo il numero delle specie conosciute, ma di aver fatto qualcosa anche per il sistema
naturale e per la geografia delle piante. Ora sto lavorando assiduamente alla mia Fauna. Far in modo che, prima della
mia morte, i miei manoscritti vengano consegnati all'Universit di Berlino.
E ho scelto te, caro Chamisso, come depositario della mia storia straordinaria, in modo tale che forse, quando
io sar scomparso dalla terra, essa possa fornire utili insegnamenti ad alcuni dei suoi abitanti.
Ma tu, amico mio, se vuoi vivere tra gli uomini, impara a rispettare prima la tua ombra, e dopo il denaro. Se
per vuoi vivere solo, e per la parte migliore di te stesso, oh, allora, davvero non hai bisogno di alcun consiglio.
FINE

A Adelbert von Chamisso


Ed or si batton francesi e tedeschi,
infiammati di eroico furore,
la mano vola alla valente spada,
infuria la battaglia in alte fiamme.
Ma noi c'incontriam su pi elevato campo,
da pura fiamma ormai purificati,
salute a te, fido, devoto amico mio,
e a ci che sempre qui ci tiene uniti!
(1813)
Fouqu
ALTRI SCRITTI SUL DOPPIO E SUL MALE

FAUST. UN TENTATIVO
(1803)
Ma a che serve dunque
la follia del saggio?
Shakespeare di Schlegel, Come vi piace, III, 1
FAUST, il SUO SPIRITO BUONO e quello CATTIVO,
due VOCI
Lo studio di Faust, illuminato da un'unica lampada.
FAUST Di giovinezza son trascorsi gli anni
brevi, trascorsi quelli della forte
virilit, Faust! Gi s'inclina il sole
della tua vita! Hai tu vissuto? Qui,
straniero al mondo, trasognato passasti
le lente ore, cercando con affanno
la verit; e in quell'impari lotta
folle! hai giocato forze di pigmeo!
Tu, che nel fuoco di giovent selvaggio
ti beasti, oblioso del futuro,
di te stesso, dell'universo immenso
che intorno a te si volve, solo il piacere
conosci, solo esso conoscer vuoi;
tu fortunato al presente diletto,
te qual saggio, tanto sei fortunato,
lodar pur devo. - Saggio? - e anche Folle? Nomi insensati; esistono nel mondo
solo malati, non conosco folli.
Una scintilla mi brill nel petto
(la straniera mano ve la pos),
che doveva avvampare ed accendere
in me per sempre sete inestinguibile; dal Creatore esigo tutti i debiti,
noi dobbiamo voler, s, lo dobbiamo!
Ma che dico dobbiam? Liberi dunque
noi qui non siam? Anzi, il volere solo
come pietra che cade nell'abisso
e di volerlo fino in fondo crede.
Che sei dunque tu, uomo? Acchiappatutto
avido, che una corte temeraria
fai all'universo e cieco, nella notte,
votato a errare in tenebra duplice,
eterna, nulla puoi riconoscere,
un dilemma per te sempre irrisolto;
per leggi eterne creator del tuo mondo,
ma tu stesso dal tuo mondo creato,
cosa sei tu, grande, vano mortale?
Un dio in catene, oppur soltanto polvere?
Cos' mai il mondo del pensier, che mai
il mondo del senso? Ma il tempo, il luogo,
gli acchiappatutto e le lor creazioni,
che hanno fatto di essi ci che sono?

Cos', al di l di loro, l'infinito?


Cosa il divino, un primo, mai compreso
anel della catena che trascina,
non trascinato tutti gli altri anelli? Per me tutto follia, solo apparenza.
L'interna luce getta l, di fuori,
nella distesa notte le sue immagini,
vuoto riflesso che sorge dall'Io,
e cos nasce il mondo, che io conosco.
Ha cos ordinato forse il caso,
il grande artefice chiamato Dio.
E se l, fuor del pensiero, son spirto,
corpo, divinit - come potr
afferrarle entro me? - invano invano!
Tra loro e me si frappongono sempre
dei sensi il falso, di ragion la legge.
Il loro enigma eterno, come vipera
spaventevole, orrenda, che per s
sempre vi genera e insieme consuma
e a me consuma il cuore in questo gioco
di cerchi orrendo che tra lor si divorano
e senza fin si generan. Non posso
non posso allontanarvi n schiacciarvi,
voi che incessantemente imperversate
nella turbata inquieta anima mia.
Guai a colui che incitate a vera lotta!
timorosa si fa fin nel profondo
del pensator la fronte; certo il dubbio
il premio tanto ad aversi difficile.
No! il morso serpentino del dubbio
rodere lentamente il mio cuore malato
non pi dovr, non dovr il suo veleno
suscitare il dolor delle ferite.
Ma sano e audace, nello splendor del vero,
voglio toccar la meta tra le stelle
lontana s, che, in una lotta vana,
mai raggiunsi, giammai coglier potei.
Tira fuori un rotolo fatato, lo apre sul tavolo,
posando la mano sulla scrittura magica:
Sogni non son quelli che qui hai mostrato:
cos, o veggente, io seguo le tue orme
di gigante; cos prendo a marciare
sulla tua via, cos non ho paura.
E se, al possente ordine tuo ubbidendo,
al tuo servizio si levaron spiriti
dal cupo del lor regno, anche per me
il mondo degli spirti s'aprir
Maestre mie son le potenze oscure.
Supplica degli spiriti.
O voi, che in spaventevole ed oscuro
velo avvolti, l'anima mia tenete
circondata, su, spiriti, ubbidite,
alla volont ferma che vi chiama.

SPIRITO CATTIVO voce a sinistra


Volont vera e ferma sia ubbidita.
Tu figlio della polvere, sfuggito
audacemente ad essa, a noi simle,
oh!, manifesta il desiderio tuo.
SPIRITO BUONO voce a destra
Faust! Faust!
FAUST Ah! tu vattene via, non t'ho chiamato!
Io scuotermi di dosso voglio il giogo
della tua schiavit, vattene via!
Non tu, impotente, puoi placar la sete
viva dell'uomo che possente anela
a sovrastare l'onda tempestosa.
M'intralci il volo, alzati via da qui!
Con viril forza, senza indugio alcuno,
volare voglio. M'allontano da te,
seguo la strada di costui, perseguo
col sapere, verit e conoscenza.
spirito cattivo Parole d'alti sensi, pi che umani,
tu parli. E se con umana fermezza
m'hai evocato, adesso prometti e giura
un prezzo darmene - l'anima tua;
I tesori del vero t'aprir;
conoscerai quel che l'uomo pu far.
SPIRITO BUONO
Faust! Faust!
All'uomo giusto il padre
promise e garant
da tutti i dolci frutti
gustar del suo giardino;
all'uomo giusto il padre
precluse e proib
uno solo tra i frutti.
Con astute lusinghe, si erse il serpente;
Simili a dei sarete, se il frutto
gustar saprete, quel frutto magnifico,
che, duro, il padre vi vieta di cogliere,
ahim, non padre, ma nvido tiranno!
Faust! Faust!
All'uomo ancor bambino
i gaudi della vita
tutti sbocciano insieme.
Dove odorose spuntano
per lui le rose e i frutti
fanno cenno, egli indugia.
Con un alato passo,
leggero sulle spine,
egli corre e si libra,
gli mette accanto il padre
due benevole amiche,
la fede, la speranza,
fedeli oltre la sorte.
Faust! Faust!
Per riscattare l'infinito
il padre ti di lo spirito,
per adorare intensamente, il cuore:
e osi tu, gareggiando con il padre,
mentre i raggi dolci t'illuminano
dell'amor suo, reclamare quel frutto,

quel frutto della morte. Ors, disdegna,


della vita felicit e corone
disdegna; combatti per raggiungere
della divinit l'occulto fine;
colpevol capo alta vendetta schiaccia.
FAUST Per straordinarie pene mi cre
un Dio d'odio, che gode del dolore?
SPIRITO BUONO

Fior gioia i sentier della tua vita.

FAUST Felicit per me sol conoscenza.


SPIRITO BUONO
La speranza il fiore dell'uom paziente,
bello e giusto imparar la rinuncia.
FAUST Essa appassisce in sofferente petto.
SPIRITO BUONO

Di virt ghirlanda le chiome cngati.

FAUST Essa dal dubbio sar lacerata.


SPIRITO BUONO

Tu vuoi, tu vuoi; le gioie cos ppassiscono.

FAUST E, non libero, scelgo il mio dolore.


SPIRITO BUONO
libero tu senti dentro te.

Faust, nella fede agisci, in quella fede che

FAUST No! No! libero non sono, n esser voglio.


SPIRITO BUONO

Dura pena allor l'empio colpisca.

FAUST La dura pena al creator la rendo,


che troppo m'ha innalzato e troppo oppresso,
che un vivo spirto ostilmente mi di.
SPIRITO BUONO
E per domarlo ti di volont
Colpevol capo alta vendetta schiaccia.
FAUST Tu, della prima vendetta terribile
spirito, che punisci in modo orrendo
non commessi peccati, solamente
nel cuore pensati, e che fai sibilare
le serpi spaventose dell'inferno
intorno a me angosciato, ma non scuoti
la sincera diritta volont,
io ti sbugiarder; no, non son libero;
inesorabile fato m'attende
e inarrestabile via mi trascina,
ferrea mi colpisce la sorte orrenda.
SPIRITO CATTIVO
a mezza voce
S'illude il falso del tuo spirto buono.
FAUST Non illuderti del mio spirto buono,
vattene via, m'allontano da te,
seguo la strada di costui, perseguo
col sapere, verit e conoscenza.
SPIRITO CATTIVO

Ors! con giuramento ora prometti

a me il premio che mi dovuto, Faust;


i tesori del vero t'aprir;
conoscerai quel che l'uomo pu far.
Da te spezza il bastone che hai sull'anima.
Il bastone del giudizio viene posto per magia nelle mani di
Faust, egli ne atterrito, ma subito si riprende.
FAUST Volont, rapida figlia dell'attimo,
tu subito partorisci l'azione.
SPIRITO BUONO
La retta azione.
Essa, crescendo nel grembo del tempo,
fuori di te, in mano a straniera forza,
segua in eterno la necessit.
Faust, ancor tua la volont del cuore.
SPIRITO CATTIVO
mezza voce e lentamente
I tesori del vero t'aprir,
conoscerai quel che l'uomo pu fare
FAUST ancor mio - pensato, voluto, fatto!
SPIRITO BUONO
pensiero; eternit?

Ed osi tu ancor pensare il grande spaventoso

FAUST S, l'ho pensato, s, ma solo l'attimo


tocca all'uomo, nell'attimo egli vive,
e compra al caro prezzo del futuro
il piacere fuggevole dell'attimo.
Anche il futuro non pu esser che sogno.
SPIRITO BUONO

E se quel sogno allude alla realt?

FAUST Il crudo sogno allor potr spiegarsi.


Sei tu stesso che affili il velenoso
dente del dubbio, che il cor mi dilania.
Con stritolante forza non potr
la verit colpire il cor, che batte
sol per essa; ma la pena che soffro
per me orribile, deve aver fine.
Il mio petto d'acciaio, ma impotente
la freccia riceve d'ogni dolore
che dal braccio spaventoso del dubbio
non sia stata scoccata. Attender voglio
virilmente l'eterna vendetta
per riguardarla con occhio incrollabile.
Fuggo te, fuggo il tuo Dio, e da me stesso
spezzo sicuro il baston del giudizio.
SPIRITO BUONO
Guai! Guai al nato dall'uomo!
La corona spezzate.
Precipita, echeggiando
il baratro lo accoglie
rotto nel cader rapido.
Nella valle si muta
questo nato dall'uomo,
pasce allora i suoi sguardi
lungo rive fiorite.
I suoi sguardi non osa

sollevare nel sole


nell'accecante altezza.
Del delizioso manto
dalla sua madre terra
si riflette il colore,
una pi dolce luce.
Gli basta questa bella
varopinta luce.
Con non avido cuore
solleva in alto, al sole,
i dolci desideri.
Alla cima si volge
innevata del monte
a raggiunger del sole
la luce che consuma;
oltre non si avvicina,
s'abbaglia l'occhio, sdrucciola
il piede barcollante
con esitante passo.
Dalla somma vertigine
precipita, echeggiando
il baratro lo accoglie
rotto nel cader rapido.
Guai! Guai al nato dall'uomo!
La corona spezzate.
Alle braccia sottratto
della cura amorevole
l s'affretta - e precipita;
il baratro lo accoglie
rotto nel cader rapido.
FAUST spezzando il bastone
Il bastone spezzato.
SPIRITO CATTIVO

Ora spezzato.

SPIRITO BUONO

Ora spezzato.

Lungo silenzio
FAUST Allora?
SPIRITO CATTIVO
Rido di te, tu facile gingillo
degli avidi desir dell'orgoglioso
tuo cuore; io, pazzo, rido di te,
io ti disprezzo, e a te tributo il premio,
quello determinato da te stesso.
Dell'uman sapere limite il dubbio,
che sol cieca fede seppe varcar.
A errare ti condanno senza vela
n ancora in un nemico cieco mare,
dove non troverai fondo n riva
balenanti a chi disperato lotta.
Finch a notte non s'apra a te davanti
la porta della morte, che tremenda
ti punisca, e finch brividi nuovi
di spavento non colgano il tuo capo;
poich m'appartiene tua vita eterna,
a me spetta, ed a te tributo il premio

quello determinato da te stesso.


Come a un bambino il fiore della fede
per te fior, e tu orgogliosamente
l'hai calpestato, e chiedi verit.
Bene! ti grido spaventosamente
il vero; dalle tue contraddizioni
di sapiente essa manda a te i suoi raggi,
e ti punisce; dell'uman sapere
limite il dubbio, avvolto nella polvere
nulla conoscer pu, nessuna luce
apparire potr a chi cieco nato.
Come la lingua e il suon delle parole
son per te del pensiero segno e via;
cos il sentir del senso ed il pensiero
stesso non che lingua, segno vuoto
e futile d'una realt nascosta
eternamente a te. Tu puoi pensare
sol per via della lingua, con il senso
solo tu puoi scrutar nella natura,
sol con le leggi di ragion pensarla.
E seppur cento sensi o mille avessi,
tu, uomo di poca mente, e se il pensiero
tuo sapesse pi libero levarsi
del cosmo nelle sue facce infinite
compreso; tu in ogni modo, diviso,
ma ad esso unito dai lacci del corpo,
sol la stessa ombra tua veder potresti,
senza arrivare a conoscere nulla.
Che l'uomo lotti, che caparbio cerchi,
cade su lui la sorte. Sol lo spirito
puro, in s immobile, conoscer pu;
non lo circonda quell'eterno muro
che si leva a disgiungerti dal vero
solo intravisto. Morte fa cadere
il muro: essa, la vindice, t'attende
spaventevole nella terra dove
non pi si aspira, non pi si ricerca,
dove di vita il prezzo tu pagherai.
Il suon delle parole tue dovr
fare echeggiar, l'ombra del tuo pensiero
rispecchiarti, accettar false visioni
tue di saggio, per appressarmi a te,
semplice uomo, io, che son uno spirto;
pensier, parole, sogni dei mortali
non colgon nessuna forma simile
a quelle eternamente a te nascoste.
Ma verit, verit ti fissasti,
conoscerai quel che l'uomo pu far.
Dell'uman sapere limite il dubbio,
spaventosamente vendicativo
il serpente della tua vita appare.
Dispera, infimo verme della terra,
che io nella sua polvere, nel fondo
ricaccer; non a te il nero velo
sollevar concesso, non a te
ancora fiori il tempo porter;

e m'appartiene la tua vita eterna.


I tesori del vero t'aprir,
per vendetta, e cos tributo il premio,
quello determinato da te stesso.
FAUST sul punto di gettarsi contro la parte da cui proviene la voce
dello spirito buono, si risolleva in fretta e parla
No! mai inginocchiarmi davanti a te
annunciatore di quella pesante
maledizion sette volte compiuta,
che di fiamme circonda il capo a me,
n mai inginocchiarmi davanti a lui.
Annientamento ha nome il dio che invoco.
Incapaci voi siete a distruggere
la vostra propriet che avete
facilmente acquisito nel corso del passato.
Oh! via da voi fuggire ancor potessi!
oh, anche vedervi tra umane pene
avvilir, tra eterni umani tormenti
disperar, e ridendo forte ancora
cos schernirvi spaventosamente!
E sia maledizione anche a me stesso,
dacch non ho in potere mio nemmeno
un tenue schietto suono delle labbra
scoccato solo a spegnersi nel vento.
O spronatrice agognata di vani
inani desideri, verit,
la tua figura di nebbia ho inseguito,
t'ho inseguito lontano immensamente,
ogni luce di speme t'ho votato;
naufrago sulla ripida scogliera
io sto, a me intorno i fondi oscuri flutti,
e sul mio capo nuvole tonanti.
Giammai, giammai potr abbracciar colei,
per cui il prezioso premio via gettai!
SPIRITO CATTIVO
Ma ora la morte pronta a far cadere
il muro; essa, la vindice, t'attende
spaventevole nella terra dove
non pi si aspira, non pi si ricerca,
dove di vita il prezzo tu pagherai.
FAUST La morte il muro fa cader; m'attende
in quella terra... serpe di mia vita!
Ovunque il guardo io giro, tu mi fissi
orribil. - Dannazione, eternit,
oh, non lasciate che i vostri tormenti
stiano nel dubbio! E pur tu, compimento,
tu distruggi quel muro; sii salvezza,
vendicator nascosto, tu mia guida
in quella terra dove io vo' seguirti.
Non appena egli cerca di voltarsi contro lo spirito, per sfuggire alla morte, nelle sue mani appare per magia
un pugnale; egli ne volge la punta contro il cuore e ve lo conficca lentamente.
Eterna dannazione, nel tuo grembo! Annientamento forse, saper forse,
certezza tuttavia.
Egli cade, la lampada si spegne, il teatro piomba in cupe tenebre.

Lentamente cala il sipario.


LA FIABA DI ADELBERT
(1806)
Svegliandosi, Adelbert si rese conto che doveva aver dormito a lungo; si stropicci gli occhi, che non volevano
saperne di aprirsi alla luce, e il capo, che era tutto scompigliato; e alla fine si sovvenne anche dell'intenzione che aveva
avuto; incominciare la lunga e faticosa peregrinazione allo scopo di vedere il mondo, di riflettere su se stesso nel
mondo, e di comprendersi, qualora ci gli fosse riuscito; poich, infatti, tali cose lo attraevano. Vide accanto a s il suo
bianco bastone da viandante, volle prenderlo, tirarsi su e proseguire senza indugio, ma era iniziato l'inverno, e faceva
freddo; durante il suo sonno aveva gelato, e cos egli trov che il bastone, i vestiti e lui stesso erano attaccati a terra dal
gelo, in modo tale che non riusciva a muoversi; soltanto le mani, posate sul petto, gli erano rimaste libere. Tra i rami
dell'albero sotto il quale giaceva, che erano spogli e privi del loro verde ornamento, soffiava un opprimente vento misto
a nebbia, che li faceva stormire con un suono sinistro. davvero strano pens Adelbert, e si riassop.
Adelbert si assop, si svegli, si assop di nuovo, e di nuovo si dest; dietro di lui (stava sdraiato rivolto a nord)
il sole sorgeva e tramontava, le lune si alternavano, e passavano gli anni; ma egli continuava a giacere congelato a terra,
e sopra la sua testa, percossi dal vento, stormivano i rami degli alberi, nudi e privi di foglie. E poi, attorno a lui, fin dove
riusciva a vedere, si erano innalzate pareti di ghiaccio, che lo circondavano e gli si stringevano intorno sempre pi,
quasi fossero le mura di un carcere, o di una tomba. davvero strano, pens Adelbert, ed anche un fastidio che ci
accada in viaggio, e poi pens molte cose folli, e ben poche che non lo fossero; come del resto ad alcuni accade talvolta
in viaggio.
Pensava; si deve sopportare la necessit virilmente, ed follia protestare contro ci che imposto. Ma se Dio
c', e alla fine verr il disgelo, allora mi riuscir di recuperare la mia libert, di continuare il mio viaggio, e di usare con
intelligenza tutto ci che vedr; e con questi pensieri, ogni volta si rimetteva a dormire.
Attraverso approfondite indagini, per le quali aveva tutto il tempo che voleva, era giunto a scoprire come sia
malvagia la natura dell'inverno, e ormai covava un violento odio contro il gelo. L'unico piacere di cui poteva ancora
godere era quello di scrutare, attraverso gli anelli di ghiaccio che lo circondavano, le stelle che risplendevano nel cielo
notturno, e dal quieto ciclo del carro celeste e della stella polare apprese a calcolare il tempo, e a sapere quando era
trascorso un altro anno.
Un pomeriggio, chiusi gli occhi per poter pensare tranquillamente, si addorment all'improvviso; ma quando li
riapr, gli si present una straordinaria apparizione. Grande e magnifica, davanti a lui stava un'alta figura femminile, da
non potersi tuttavia paragonare ad alcuna donna terrena. Ella appariva sprofondata nel dolore; indossava lunghe vesti a
lutto, e i suoi neri capelli le fluivano in notturne onde dalla fronte splendente davanti al volto, fino ai freschi gigli dei
seni, contornandole le belle membra. Con una mano ella si spart i riccioli che le coprivano gli occhi, ed egli la guard
in faccia; il cuore gli balz in petto. Ella gli si avvicin e si pieg su di lui, puntandolo sguardo grave dei suoi
fiammeggianti occhi di tenebra nello sguardo di lui: e pronunci con voce possente e carica di mistero le sillabe del suo
nome non terreno, che nessun suono di lingua umana riuscirebbe mai a ripetere; quindi recise e prese per s un ricciolo
dei capelli di Adelbert, gettandogliene uno dei propri, che aveva passato attraverso un anello che si era sfilato dal dito;
poi, una forza irresistibile la allontan da lui, su di lei venne gettato il velo del silenzio, in cui ella si avvolse; e,
voltandosi spesso a guardarlo, si affrett verso nord.
Invano Adelbert, che giaceva a terra tramortito e raggelato come il ghiaccio stesso che lo tratteneva, raccolse
tutto il suo spirito vitale, grid dietro di lei, implorando piet, piangendo forte e tendendole le mani... Ella era
scomparsa, e davanti a lui restavano soltanto le sinistre pareti di ghiaccio che lo circondavano. Vers molte lacrime,
infil l'anello al proprio dito, si pos il ricciolo sul petto e, dopo aver saziato il suo cuore con le lacrime, si
riaddorment un'altra volta. Ma anche nei suoi sogni apparve la meravigliosa immagine della donna, torturando
Adelbert con sguardi, silenzi e fughe; egli si svegli, e ripens allo strano evento, e poi si riaddorment, per poter
sognare di nuovo la donna. Il suo cuore era infiammato d'amore per lei, e sentiva che ella era tutto per lui e per il suo
destino. La implorava con fervore, e sperava e credeva che solo lei avrebbe potuto salvarlo dal suo tormento e dalla sua
umiliazione. Ma la salvezza non compariva, ed egli dovette resistere ancora per molte lune.
Infine gli venne in mente qualcosa di pi utile. Non senza fatica, si sollev un poco per osservare con
attenzione se nell'anello, che fino ad allora aveva soltanto baciato e stretto alcuore, non fosse celato qualche segnale o
talismano, e infatti scorse alcuni segni incisi al suo interno... ma non riusc a leggerli, poich non li comprendeva.
Per riuscire a decifrare il senso di quei segni si misero in moto tutte le sue forze intellettuali, ed egli tent con
fatica e tenacia tutte le strade e perse il sonno; e, tuttavia, sembrava che l'impresa non volesse riuscirgli. Ma egli non
disperava; soltanto, piangeva per l'angoscia della sua anima.
E in una notte, in cui egli aveva di nuovo sognato la meravigliosa immagine e l'aveva guardata intensamente,
qualcosa di simile a un lampo attravers la sua anima; si sfil rapidamente l'anello, e al chiarore della stella polare, che
riluceva pi forte,lesse rapidamente e con facilit la possente parola: $$.
$$! Volere, dunque?

E sia! Io lo voglio! esclam con forza, e salt su rabbiosamente, mentre i vincoli di ghiaccio che lo avevano
trattenuto venivano frantumati, con la facilit e la rapidit con cui vola un pensiero. Afferr il bastone da viandante:
anch'esso venne estratto facilmente dal ghiaccio. Ora il sole si alz a oriente, inondando di luce sanguigna le pareti della
segreta del castello di ghiaccio in cui, guardandosi attorno, si rese conto di trovarsi. Si infil l'anello all'indice della
destra e chiuse il pugno, dirigendosi verso la parete a oriente, cui assest un violento colpo; con un rimbombo, il rigido
edificio scricchiol e croll in frantumi attorno a lui. E ora egli stava l, in piedi, e abbracciava con lo sguardo per
l'ultima volta i segni della sua lunga ignominia, senza piangere, ma anche senza scoppiare a ridere; era invece tranquillo
e severo, preparato - con l'amore nel petto, e la forza nelle membra - a intraprendere la peregrinazione progettata.
E il sole, fiammeggiando, si alzava verso il mezzogiorno mentre, sotto i suoi sguardi, improvvisamente si
scioglievano le frantumate rovine del castello di ghiaccio. Allora, impetuosamente, intorno ad Adelbert sgorg una fonte
d'acqua sorgiva, che lo circond con una corrente impetuosa e turbinante, aprendosi poi in un immenso mare che,
agitandosi, spumeggiava con lunghi suoni minacciosi, mentre le onde che si innalzavano avvolgendosi su se stesse
sembravano essere in collera con lui, e volersi precipitare una sull'altra, fino a inghiottirlo. E dal mare si sollev una
tempesta di venti tra loro contrari, che accumulavano tutte le nubi sopra alla sua testa. Era solo, e terrorizzato.
Un colpo di vento si abbatt su di lui con tanta forza da farlo quasi cadere - ma egli riusc a rimanere in piedi e la tempesta pot solo giocare con i suoi abiti, ma il ricciolo segreto, che egli conservava sul petto, gli venne strappato,
e il vento lo trasport nella piena. Allora si gett anch'egli intrepido nei flutti minacciosi e, meraviglia!, le onde lo
trasportarono dolcemente, davanti a lui il mare si calm, gli alti marosi si placarono, gli uragani tacquero al suo
avvicinarsi, e solo una lieve brezza lo spinse dietro al ricciolo che il vento portava via, e che egli seguiva
incessantemente con lo sguardo, lottando per raggiungerlo. Ma dallo scuro ricciolo fior davanti ai suoi occhi proprio la
soave figura della misteriosa donna velata, la quale, con i piedi alati e senza toccare l'acqua, avanzava davanti a lui che
anelava raggiungerla, guidando verso nord e verso sud e verso ovest il suo febbrile inseguimento.
Comp cos gran parte del cammino, ma il tempo non c'era, il sole in cielo stava a sud; a nord brillava chiara e
solenne la stella polare; la rosseggiante aurora splendeva a oriente, e a occidente erano profuse le braci della sera. Gli
astri si disponevano nel firmamento a comporre meravigliose figure del destino; azzurra era l'aria, e azzurre le acque, la
cui schiuma era di rose e di fiori del dolore.
E dopo una lotta smisurata, lunga e ostinata, egli vide ora la fuggitiva e ondeggiante figura dirigere il suo volo
verso una terra con alte montagne, che era apparsa tra nord e sud, e intanto voltarsi a guardarlo pi sovente e con uno
sguardo pi strano. Allora egli dispieg ancor pi le sue forze, e nuotando colp l'acqua con maggior potenza, mentre
l'immagine si mise a ondeggiare sulla riva, e poi si elev sopra la montagna; anche Adelbert raggiunse la terraferma, e il
suo piede vi si pos; egli si diresse verso la vetta, sempre all'inseguimento. Dietro di lui la piena delle acque si sollev,
e la minacciosa marea lo segu in direzione della terra; le onde in tempesta si infransero dietro ai suoi talloni,
richiamandolo con minacce e lamenti. Ma egli guardava solo avanti a s, in cerca della sua fuggente meta. Ci lo
condusse in una valle di montagna, che si stringeva sempre pi davanti a lui, mentre le incombenti pareti rocciose
facevano rimbombare il frastuono della marea che saliva; ma ora la figura era scomparsa. La valle in cui era terminava
con una scoscesa fenditura nella roccia, al cui ingresso ora egli si trovava. Inseguito dal mare, si infil in questo stretto
varco, uscendone in un corridoio sotterraneo e privo di luce, e pi nessun suono giunse alle sue orecchie; il cuore gli si
strinse in petto.
Prosegu a lungo e con ostinazione lungo questo sentiero e, avanzando coraggiosamente immerso nell'oscurit,
attendeva con ansia l'uscita. Ma il corridoio piegava sempre pi in gi, e lo conduceva sempre pi in profondit, e
pareva sprofondasse in un abisso senza fondo.
Era in tal modo sceso a una grande profondit, quando un lontano bagliore cominci a rischiarare le tenebre; l
le pareti rocciose si aprivano, e il corridoio saliva a spirale al di sopra della sua testa; lontane armonie muovevano piano
l'aria, egli respir pi leggero e allung il passo, sempre avanzando; e davanti a lui l'aria si faceva sempre pi chiara e
piena di suoni; ma per raggiungere la sorgente del centro, cui stava avvicinandosi, dovette ancora scendere a lungo, fino
a una profondit incommensurabile.
Laggi egli scorse straordinarie visioni! In uno sterminato sotterraneo si trovava un numero infinito di telai, a
ogni coppia dei quali due identiche figure tessevano in reciproca lotta. Solo questi erano i segni per poterle distinguere;
le une portavano rubini sopra la testa, le loro avversarie corone di ferro, e non appena prendeva il sopravvento il potere
di quelle, aumentava anche la luminosit della pietra preziosa che portavano, e soltanto da queste pietre scaturiva l'aria
luminosa di questo regno favoloso, attraverso il quale ondeggiavano possenti armonie.
Ma le tessitrici sedute al telaio cui stava pi vicino le riconobbe immediatamente, non appena le guard, ed
esse erano quella meravigliosa donna, immersa nel dolore, abbigliata convesti a lutto, e i neri capelli fluivano dalla
lucente fronte al volto, fino ai freschi gigli dei suoi seni e alle sue belle membra. L'una portava il rubino, l'altra la
corona di ferro; entrambe fissarono lo sguardo su di lui, l'una guardando la luce, l'altra le tenebre, e lottavano con fatica,
e tessevano; ed egli si avvicin al telaio e guard, e la tela che esse tessevano era... la sua stessa vita.
Vi ho riconosciute, voi, geni del mio destino esclam Adelbert; tu, rubino della mia forza interiore, e tu,
cupa avversaria, che rappresenti le forze esteriori del mondo; ma potenza e luce sono tue, tue, prezioso rubino!.
Gli venne la risposta; Alza gli occhi! e a lui, che guardava in alto, apparve quest'altra visione.
Nel mezzo della stanza, su un elevato trono, vide un vecchio seduto con grandiosa maest; sulla fronte portava
il suo nome, e questo nome (seppur pronunciato diversamente da mille diverse lingue) : $$. La sua ampia

veste era di un azzurro stellato, l'arpa era appoggiata alla sua mano sinistra, e con la destra egli toccava le corde, da cui
sgorgavano tutte le armonie eterne. E, non appena toccava le corde, le stelle del suo manto si muovevano e si
disponevano secondo i suoi accordi, e, in base alla disposizione delle stelle e alla potenza dei suoi accordi, mutava
anche la lotta delle figure tessitrici. E i loro movimenti, il salire, lo scendere, e tutto il loro tessere, e tutto lo splendore
che rimandavano i rubini, non erano altro che le note che egli toccava. Ma tutte le tele multicolori erano davanti a lui
una sola e unica tela, un accordo.
E sull'altare, dinanzi al trono del vecchio, Adelbert vide il ricciolo dei propri capelli congiunto all'altro ricciolo;
sfil l'anello dal proprio dito, lesse la parola, lesse ora: $$. Cadde in adorazione davanti al trono. Qui si
dest; e aveva il viso rivolto verso il sole, che si levava a oriente.
CAPITOLO DI CHAMISSO GIUNTO TROPPO TARDI
(1808)
Avevo trascorso la serata in allegra compagnia e, dimentico di me stesso in un completo abbandono, avevo
fatto notte fonda tra giochi chiassosi, inebriato da incantevoli donne di dolce aspetto e dalla coppa profumata che esse
offrivano; i guardiani avevano gi annunciato la mezzanotte quando, dopo che il gruppo si fu sciolto, mi ritrovai solo
nella strada silenziosa al fianco di Franz. La citt appariva senza vita. Le alte sagome degli edifici, in cui tutte le luci
erano spente, si innalzavano cupe e solenni come rovine, nel bagliore d'argento che la luna spandeva sulla neve
rilucente, attraverso la quale in alcuni punti appariva nuda e scura la terra: catturati dallo stesso sentimento, vagavamo
muti l'uno accanto all'altro, ascoltando il rumore dei nostri passi uguali nella neve ghiacciata. Al di fuori di esso, non si
udiva alcun suono. Accompagnai il mio amico verso casa. Ma quando mi accinsi a lasciarlo, questi mi prese
improvvisamente la mano e, rompendo il silenzio, mi disse in fretta: Ascoltami, resta qui, non andare a casa. Mi
teneva la mano con forza, e mi fissava con uno sguardo strano; ne fui confuso. Che ti succede? gli chiesi. La cupa
risposta gli usc a fatica dal petto angosciato, simile a una punizione, e io vidi le lacrime scorrergli sulle guance, come
su una figura di marmo. Non fare il bambino gli dissi io riprendendo il controllo di me stesso e, dopo aver liberato
con delicatezza la mia mano dalla sua, mi avviai per la mia strada. Egli per rest muto e immobile nella stessa
posizione. Soltanto dopo qualche tempo udii la porta della sua casa richiudersi dietro di lui rimbombando.
Avevo una spiacevole sensazione, mi sentivo stringere il cuore e fuggivo dalla mia propria paura, correndo
sempre pi a mano a mano che mi avvicinavo a casa. Allora mi sembr quasi di percepire come passi di qualcuno che
camminasse avanti a me, e tuttavia non riuscivo a scorgere nulla, per quanto la luna risplendesse luminosa. Gi vedevo
la mia casa e le mie finestre luccicare nella chiara luce lunare, e accelerai il passo; allora, con voce forte e stridula,
davanti a me venne chiamato il mio nome: Adelbert! -, mentre una spaventevole risata risuonava tutt'intorno. Ma non si
vedeva nessuno. Un brivido mi corse per tutto il corpo, ghiacciandomi il sangue nelle vene. Mi precipitai sconvolto
verso la porta di casa spalancata e poi su per le scale, riprendendo fiato e ricomponendomi soltanto quando aprii la porta
della mia stanza: entrai.
Qui, illuminata dalla luna, seduta sulla mia sedia, al mio tavolo da lavoro, con lo stesso abito che io indossavo
in quel momento, vidi la mia figura. A quella vista rimasi come inchiodato a terra. Ma lo spettro gir la testa verso di
me, guardandomi timidamente; e mentre mi guardava io continuavo a stare l in piedi, esitante. Infine mi feci cuore e mi
avvicinai alla figura; ma essa si sollev senza far rumore dalla sedia e si allontan da me, e a mano a mano che io mi
avvicinavo mi guardava sempre pi spaventata, finch si ritrasse nell'angolo presso la finestra, quasi schiacciandovisi, e
guardandomi sempre timorosamente. Quando le fui di fronte, i capelli mi si drizzarono in testa mentre, in un'ansia
mortale, indugiavo a scoprirmi doppio e in duplice spavento dinanzi a me stesso; infine volli tentare di tendere un
braccio verso il fantasma e di afferrarlo - allora mi arriv sulle spalle una mano gelida che mi prese per la nuca e mi
trascin attraverso l'aria fino alla porta. Qui mi lasci andare, e io mi sentii cadere a terra come una massa di piombo.
A questo punto Adelbert tacque, e un profondo silenzio regn sulla compagnia; soltanto pi tardi le voci
ripresero, pregandolo con tono preoccupato di raccontare il seguito della singolare avventura. Egli ricominci a parlare.
Ci che segue, non chiedermelo; il giorno dopo, non appena si fece chiaro, spinto da un'amichevole
preoccupazione, venne a casa mia Franz. Io giacevo morto, disteso sul pavimento, irrigidito vicino alla porta. Si dice
che egli abbia pianto molto per me.
APPARIZIONE
(1828)
Vegliato a lungo avea la mezzanotte
sul tintinnio dei calici e sul correre vano,
quando, stanco avventore, io me ne usca,
trovando intorno fredda, oscura notte;

in quella quiete senta risuonare


il passo e il grido della sentinella.
Quando i miei passi vagarono soli,
fuori dal lustro echeggiante salone,
un umor cupo e strano in me s'assise.
Vicino alla ben nota amata casa,
scorsi, e quasi impietrito ne rimasi,
luci che ardeano dentro le finestre.
Dubbioso m'arrestai con lunga pausa
e chiesi: questo un effetto del vino?
Come a quest'ora un ospite da me?
Pi presso mi riusc girar la chiave
dei serrami che chiusi m'appariano,
la porta apersi e dentro penetrai.
Scrutando attento verso quella luce,
l'occhio mio vide un volto spaventevole,
me stesso in piedi accanto al mio scrittoio.
Al grido mio: Chi sei? quegli grid a sua volta:
Chi mi turba nell'ora degli spiriti?,
e guardommi, come me pallido anch'esso.
L'attimo smisurato dilatavasi,
mentre ciascun stava l'altro a scrutare
senza parole e con la bocca aperta.
Ed io per primo, angosciato, lasciai
svelte parole uscir: Visione orribile,
lungi da qui, non contendermi il posto!.
Esso, come chi solo la violenza teme,
da s strappando un sorriso leggero
e timido disse in risposta: Fermo!
Io son ci che vuoi esser: per trovare
come quadrare questo folle cerchio,
se tu sei il giusto, come dici, mostralo;
solo allora nel nulla sparir.
Spirito (come chiami anche me), lo accetti tu?
e ti impegni anche tu alla stessa cosa?.
A ci indignato: S, cos dev'essere!
Il mio vero Io dovr manifestarsi,
sciogliersi in nulla l'apparenza vuota!.
E lui: Facci dunque conoscere chi sei!.
Ed io: Son io colui che solo al bello,
al buono, al vero sempre aspir;
giammai degli idoli vittima fui,
n schiavo del mondano uso terreno
sprezzai il dolore, negletto e schernito;
son io colui che trasognato, errante,
fiamma e fumo scambi, ma che al risveglio
sol cerca il bene; anche tu sei costui?.
Quello, con stridulo selvaggio riso:
Quel che il tuo vanto, io proprio non lo sono.
I miei affari diverso ordin trovarono.
Sono un vile folletto menzognero,
simulatore con me stesso e gli altri,
in cuor interesse, in volto impostura.
Nobil negletto, con i tuoi dolori,
chi conosce se stesso al giusto segno?
Chi di noi due il suo S giocar dovr?
Vieni, se osi: voglio ben farti posto.
Ma io, con raccapriccio, a quel vigliacco:
Sei tu costui, resta, fammi strisciare
via di qua!, e fuori nella notte piansi.

APPENDICE

PREFAZIONE DI CHAMISSO ALLA PRIMA EDIZIONE FRANCESE


(settembre 1821)
Avvertenza dell'autore,
Schlemihl, consegnando nelle mie mani l'incredibile storia delle sue sfortune, non pensava certamennnte che
essa sarebbe stata stampata prima della sua morte. Ma oggi si divulga qualsiasi cosa, specie quello che si vuole tenere
nascosto. Non si deve pensare ci che non si vuol dire; non si deve dire, e non si deve scrivere, ci che si vuol sottrarre
all'occhio vigile della stampa, e i calami ripetono: Mida, il re Mida ha le orecchie d'asino!. Ho commesso
l'imprudenza di mostrare il manoscritto ad alcuni amici, ed essi sono stati tanto indiscreti da farlo stampare. I
contraffattori ne hanno fatto brutte edizioni; i teatri delle fiere si sono impadroniti del soggetto; e, infine, il nome di
Schlemihl diventato proverbiale, e non sono stati solo gli ebrei a farne un termine di scherno.
Per quanto poco interesse possa suscitare in Francia la ridicola storia di questo tedesco, sono gi stato avvertito
che ci si deve aspettare di vederla pubblicata ripetutamente in francese, e che gi ne circolano a Parigi tre manoscritti e
tre versioni differenti. Ho creduto dunque di dover rendere un altro servigio a quel povero diavolo, prendendomi cura di
rivedere la traduzione che si legge qui di seguito, della fedelt della quale mi rendo garante. Credo infatti che proprio
cos che avrebbe scritto Schlemihl, se avesse voluto scrivere in francese.
Adelbert von Chamisso
Orto botanico di Berlino, 10 settembre 1821
PREFAZIONE DI CHAMISSO ALLA SECONDA EDIZIONE FRANCESE
(1837)
Questo volumetto non rappresenta una novit. Esso stato stampato per la prima volta a Berlino nel 1814. Da
allora se ne sono moltiplicate le traduzioni, le imitazioni e le contraffazioni in quasi tutte le lingue europee, ed esso
divenuto popolare soprattutto in Inghilterra e negli stati Uniti.
Io ho rivisto, corretto e approvato la versione che segue e che, ulteriormente corretta, stata pubblicata a Parigi
da Ladvocat. L'ho appena rivista, e di nuovo corretta, prima di consegnarla al libraio che me l'ha richiesta. Non
tralascer, tuttavia, di reclamare l'indulgenza dei lettori per il mio stile, che rimane tedesco; il francese non infatti la
lingua in cui ho l'abitudinedi scrivere.
Dalla corrispondenza tra J.E. Hitzig, Fouqu e me, che stata stampata a titolo di premessa all'edizione
tedesca, estrarr alcune notizie sull'autore e sul manoscritto di cui questi mi aveva reso depositario.
Ho conosciuto Peter Schlemihl a Berlino nel 1804. Era un giovanotto alto, goffo senz'essere maldestro,
indolente senz'essere pigro, molto spesso chiuso in se stesso, che sembravanon interessarsi affatto a ci che accadeva
intorno a lui, inoffensivo ma incurante delle convenienze, e costantemente vestito di una vecchia kurkta nera tutta lisa,
la quale aveva fatto dire di lui che avrebbe dovuto stimarsi fortunato se la sua anima avesse condiviso anche solo a met
l'immortalit della sua casacca. Di solito era il bersaglio del sarcasmo dei nostri amici; ma io mi ci ero affezionato:
molti tratti di somiglianza avevano determinato tra noi un'attrazione reciproca.
Nel 1813 abitavo in campagna, non lontano da Berlino e, separato da Schlemihl dagli avvenimenti, l'avevo
perso di vista da molto tempo quando, un nebbioso mattino d'autunno in cui avevo dormito fino a tardi, appresi al mio
risveglio che un uomo vestito d'una vecchia e lisa kurtka nera, il quale indossava delle pantofole sopra gli stivali, aveva
chiesto di me e aveva lasciato un pacchetto al mio indirizzo. Questo pacchetto conteneva il manoscritto autografo della
meravigliosa storia di Peter Schlemihl.
Ho davvero fatto un pessimo uso della fiducia del mio sfortunato amico. Ho infatti mostrato qual manoscritto,
che avrei invece dovuto tenere nascosto, e Fouqu ha commesso l'indiscrezione di farlo stampare. Da allora non ho
potuto far altro che curarne le edizioni. Ma ho pagato la colpa del mio errore: sono stato associato alla vergogna di
Schlemihl, che proprio io avevo contribuito a divulgare. Tuttavia, da allora sono invecchiato e, ormai ritirato dal mondo,
il rispetto degli uomini non pu pi nulla su di me. Oggi ammetto senza alcuna esitazione tutta l'amicizia che ho avuto
per Schlemihl.
Questa storia caduta nelle mani di persone illuminate le quali, abituate a leggere soltanto per la propria
istruzione, si sono preoccupate di indagare che cosa sia l'ombra. Molti, a tale proposito, hanno avanzato delle ipotesi
assai curiose; altre, facendomi l'onore di credermi molto pi colto di quanto io non sia, si sono rivolte a me per ottenere
la soluzione dei loro dubbi. Le domande da cui sono stato assediato mi hannofatto arrossire per la mia ignoranza. Ma

esse mi hanno anche spinto a includere nell'ambito dei miei studi un argomento che, fino a quel momento, era rimasto
estraneo, e io mi sono quindi dedicato a dotte ricerche, di cui qui consegno il risultato.
SULL'OMBRA
Un corpo opaco pu essere illuminato soltanto in parte da un corpo luminoso, e lo spazio privo di luce che
situato dal lato della parte non illuminata ci che chiamiamo ombra. Cos l'ombra propriamente detta rappresenta un
solido, la cui forma dipende al tempo stesso da quella del corpo luminoso, da quella del corpo opaco, e dalla posizione
di quest'ultimo rispetto al corpo luminoso.
L'ombra, considerata su un piano situato dietro al corpo opaco che la produce, non altro che la sezione di tale
piano nel solido che rappresenta l'ombra.
1002 e 1006).
dunque di questo solido che si parler nella straordinaria storia di Peter Schlemihl. La scienza della finanza
ci ha insegnato abbastanza riguardo all'importanza del denaro; quella dell'ombra, invece, generalmente molto meno
riconosciuta. Il mio avventato amico ha bramato il denaro, di cui conosceva il prezzo, e non ha pensato al solido. Ma
vuole che ci torni utile la lezione che egli ha pagato a tanto caro prezzo, e la sua esperienza ci grida: pensate al solido!
Adelbert von Chamisso
Berlino, novembre 1837
PREMESSA DI HITZIG ALL'EDIZIONE TEDESCA STEREOTIPICA DELLO SCHLEMIHL
(1839)
Premessa del curatore.
Peter Schlemihl, per una parte significativa, tratto dalla vita del suo stesso autore. Il fatale anno 1813 trov
Chamisso a Berlino, quando scoppi quel movimento che, nelle sue conseguenze, doveva costare la disfatta al
dominatore della sua patria, e portare la Germania a liberarsi dalla sua dominazione. Chiunque sentiva di aver forza nel
proprio braccio corse ad armarlo per la giusta causa della Germania. Chamisso non solo aveva un braccio possente, ma
anche un cuore veramente tedesco nel petto, e si trovava tuttavia in una situazione che, pur tra milioni di persone, non
era condivisa da nessun altro. Poich non si trattava solo della lotta in favore della Germania, ma anche della lotta
contro il popolo cui egli apparteneva per nascita e per legami familiari. Da qui la sua disperazione. Il tempo non ha una
spada per me, solo per me non l'ha; cos sospirava spesso, e invece della partecipazione alla propria situazione, unica e
particolarissima, egli, nella capitale della Prussia, epicentro dell'alleanza contro Napoleone e la Francia, dovette troppo
spesso subire l'odio e lo scherno contro i suoi compagni d'origine. Egli stesso era troppo ragionevole per non
comprendere che alcune delle cause di tali manifestazioni erano del tutto naturali, ma non per questo essi, quando lo
colpivano, lo ferivano meno profondamente. In tale situazione, amici ben intenzionati decisero allora di farlo trasferire
dalla sovreccitata Berlino alla tranquilla campagna; la nobile famiglia dei conti Itzenplitz gli offr volentieri un asilo, e
Chamisso pot cos vivere seguendo abbastanza da vicino lo sviluppo progressivo della crisi storica mondiale, e tuttavia
libero da spiacevoli coinvolgimenti personali. Fu dunque nella propriet di Kunesdorf, distante un giorno scarso di
viaggio da Berlino e dove il poeta pot dedicarsi alla botanica e agli altri suoi studi preferiti, che egli concep e scrisse
di getto l'idea dello Schlemihl. Le lettere di questo periodo, contenute nel primo volume della biografia a cura del
sottoscritto, ne sono testimonianza. La prima edizione dell'incomparabile storia apparve nel 1814 con una dedica datata
27 maggio 1813, e all'inizio delsuccessivo anno 1815 aveva appena cominciato a farsi strada, quando il poeta lasci la
Germania per compiere un viaggio di oltre tre anni intorno al mondo, di cui lo Schlemihl contiene una notevolissima
anticipazione. Lo Schlemihl era stato un addio a questa sua seconda patria, la prima pietra per l'edificazione della sua
successiva fama.
Chamisso stato spesso tormentato da una domanda; che cosa aveva realmente inteso dire con il suo
Schlemihl? Talvolta la domanda lo divertiva, talaltra lo irritava. La verit che egli non aveva avuto intenzioni cos
particolari, delle quali fosse cos consapevole da poterne fornire una giustificazione banale. Il racconto nacque in lui,
come accade per ogni genuina opera poetica, spontaneamente, con assoluta e cogente necessit. Cos egli scrisse a
Hitzig, dopo che vi aveva appena messo mano: Da me non ti aspettavi certo niente di meno che un libro! Questa sera,
se avr tempo, leggilo a tua moglie. Se sar curiosa di sapere che cosa succede a Schlemihl, e soprattutto chi sia l'uomo
in grigio, allora domani rispediscimi subito il quaderno, in modo che possa continuare a scrivere; in caso contrario,
sapr qual il verdetto. Pu un poeta porsi davanti al suo pubblico in modo pi disarmato?
Nella prefazione alla nuova traduzione francese del Peter Schlemihl, apparsa nel 1838, Chamisso a modo suo
si burla delle cavillose questioni circa le sue vere intenzioni. Egli dice:

Questa storia caduta nelle mani di persone illuminate le quali, abituate a leggere soltanto per la propria
istruzione, si sono preoccupate di indagare che cosa sia l'ombra. Molti, a tale proposito, hanno avanzato delle ipotesi
assai curiose; altre, facendomi l'onore di credermi molto pi colto di quanto io non sia, si sono rivolte a me per ottenere
la soluzione dei loro dubbi. Le domande da cui sono stato assediato mi hanno fatto arrossire per la mia ignoranza. Ma
esse mi hanno anche spinto a includere nell'ambito dei miei studi un argomento che, fino a quel momento, era rimasto
estraneo, e io mi sono quindi dedicato a dotte ricerche, di cui qui consegno il risultato.
SULL'OMBRA
Un corpo opaco pu essere illuminato soltanto in parte da un corpo luminoso, e lo spazio privo di luce che
situato dal lato della parte non illuminata ci che chiamiamo ombra. Cos l'ombra propriamente detta rappresenta un
solido, la cui forma dipende al tempo stesso da quella del corpo luminoso, da quella del corpo opaco, e dalla posizione
di quest'ultimo rispetto al corpo luminoso.
L'ombra, considerata su un piano situato dietro al corpo opaco che la produce, non altro che la sezione di tale
piano nel solido che rappresenta l'ombra.
1002 e 1006).
dunque di questo solido che si parler nella straordinaria storia di Peter Schlemihl. La scienza della finanza
ci ha insegnato abbastanza riguardo all'importanza del denaro; quella dell'ombra, invece, generalmente molto meno
riconosciuta. Il mio avventato amico ha bramato il denaro, di cui conosceva il prezzo, e non ha pensato al solido. Ma
vuole che ci torni utile la lezione che egli ha pagato a tanto caro prezzo, e la sua esperienza ci grida: pensate al solido!.
Fin qui, Chamisso.
Peter Schlemihl, attraverso le sue molte traduzioni, stato introdotto in tutti i principali paesi europei. Di una
traduzione olandese e di una spagnola e, a quanto si dice, anche di una in russo, non abbiamo esemplari. Delle seguenti
invece s.
In francese;
Pierre Schlmihl, Paris, chez Ladvocat, 1822. Corretta sul manoscritto da Chamisso e provvista di una sua
prefazione, ma pi tardi arbitrariamente ricorretta dall'editore Ladvocat.
Un roman du pote allemand contemporain Adelbert de Chamisso. Traduit par N. Martin; Histoire
merveilleuse de Pierre Schlmihl, Dunquerque 1837. Alla fine, uno scritto del traduttore a un amico Victor: propos de
l'ombre de Pierre Schlmihl, con il motto greco: La vita il sogno di un'ombra in cui l'autore prende in giro i tedeschi
che, cos si dice, riguardo a questo libriccino devono aver scritto tre mostruosi volumi in-folio di spiegazioni e
commenti e tenta egli stesso una interpretazione dettagliata dello Schlemihl. L'ampio scritto comunque non si conclude
male, con le parole: Mi accorgo, anche se troppo tardi, di aver appena scritto una lettera piena di ombre e, invece di
accendere una fiaccola nelle tenebre, le ho forse rese ancor pi fitte. In quest'ultimo caso, non mi si tolga almeno il
merito di aver mantenuto intatte le tinte originali.
Merveilleuse histoire de Pierre Schlmihl. Enrichie d'une savante prface o les curieux pourront apprendre
ce que c'est quel'ombre, Paris et Nuremberg, chez Schrag, 1838. Con le incisioni di Cruickshank e bellissime
decorazioni a colori dello stesso.
La traduzione curata da Chamisso stesso e, come indica il titolo, corredata da una nuova prefazione, dalla
quale stato pi in alto citato in traduzione un passaggio sull'ombra.
In inglese:
Peter Schlemihl, with plates by George Cruickshank, London 1824. Dedicato dal traduttore al suo amico
Wangner. La premessa inizia con le garbate parole: Adelung mi chiese unavolta, a Pietroburgo: "Ha letto lo
Schlemihl?" "No". "Nonappena lo legger, lo tradurr immediatamente". Cos, l'ho davvero tradotto.
Il traduttore definisce la storia un racconto morale, ma lascia ai lettori il compito di interpretarla. Sarebbe per
voi poco lusinghiero dice egli ingenuamente o furbescamente, comportandosi come se sapesse gi tutto, presupporre
che abbiate bisogno della mia assistenza per comprendere gli illuminanti insegnamenti che da essa si devono trarre.
Peter Schlemihl, a new translation by Emilie de Rouillon, London (senza anno). Con (bruttissime) imitazioni
delle incisioni di Cruickshank. Forse si tratta di una trasposizione dalla pi vecchia traduzione francese, poich la
traduttrice, come motto accanto al titolo, ha inserito le parole francesi: Da questa storia si pu dedurre che anche la
minima condiscendenza verso cose che contrastano con la coscienza pu portarci molto pi lontano di quanto noi non
avessimo pensato, e queste sono le esatte parole con le quali l'editore Ladvocat chiude l'introduzione alla traduzione
francese del 1822. Inoltre, in entrambe le edizioni inglesi a Chamisso viene tolto l'onore della paternit dell'opera,
poich nel frontespizio della prima viene riportato come autore Fouqu, mentre la seconda tace del tutto il nome
dell'autore, riportando per la dedica aHitzig con la firma di Chamisso.
In italiano:

L'uomo senz'ombra. Dono di simpatia al gentil sesso, Milano presso Omobono Manini. Edizione tascabile del
1838. Con annesso calendario, e con imitazioni piuttosto buone delle illustrazioni di Cruickshank.
Il curatore, con ogni probabilit lo stesso editore, non si limita a non citare il nome dell'autore, ma presenta la
sua insulsa introduzione, rivolta alle lettrici, in modo da far credere di essere lui stesso l'autore del libro. Non siate
troppo dure nel giudizio, belle dame, la durezza vi si addice ben poco egli dice, e continua con altre dabbenaggini.
La storia di Schlemihl stata portata anche sulla scena; ma sempre senza attribuire alcun onore al vero autore.
Nel febbraio 1819 venne dato al teatro Josephstadter di Vienna Il Puzlivizli, ovvero l'uomo senza ombra. Pezzo teatrale
comico di magia in tre atti secondo de la Motte Fouqu, liberamente rielaborato da Ferdinand Rosenau. Tra i
personaggi comparivano: l'uomo in grigio e un Albert tout court (probabilmente Schlemihl); del contenuto non
sappiamo nulla.
Il fatto che lo Schlemihl, attraverso le traduzioni in inglese, debba essere diventato una figura popolare in Gran
Bretagna, testimoniato da una curiosa caricatura, apparsa a Londra il 19 settembre 1819, vale a dire 11 giorni dopo
l'incoronazione di Guglielmo IV, avvenuta il giorno 8. noto che per i festeggiamenti di tale incoronazione si rec in
Inghilterra un fratello del re, il quale all'epoca viveva sul continente e che, essendo un capo piuttosto in vista dei rigidi
tories, non ricevette un benvenuto particolarmente amichevole da parte del popolo. A questo, e forse a un'affermazione
fatta dal principe, vale a dire che la popolarit soltanto un'ombra, si riferisce la caricatura. Essa mette in primo
piano il fratello del re somigliante come un ritratto, in un gran costume da cavaliere dell'ordine della giarrettiera. Alla
sua destra si mostra il re, con la corona sulla testa, che proietta sulla parete un'ombra possente. Tra il re e il principe si
trovano i cortigiani i quali, biasimando il principe, esclamano:
L'ombra di un gentleman perduta oppure rubata.
La figura ha per la seguente dicitura:
Peter Schlemihl all'incoronazione.
Seppure la popolarit non che un'ombra,
tuttavia non divertente viver senz'ombra.
Cos l'immortale racconto di Chamisso vive e continuer a vivere in Europa; anzi, in tutto il mondo civilizzato,
poich ormai anche l'America possiede lo Schlemihl, visto che la traduzione apparsa a Londra nel 1824, gi nel 1825
venne ristampata a Boston.
In Germania intanto, nella sua terra natale, come dimostra la presente edizione, grazie alle cure del suo bravo
editore l'opera si guadagnata l'onore, estremamente raro, di venir riprodotta in stereotipia, un segno di distinzione che
il defunto poeta non pot ricevere mentre era ancora in vita. Possa questo metodo, che consente la riproduzione
all'infinito, contribuire a mantenere vivo nel popolo il ricordo di Chamisso. Poich il pi alto scopo del poeta era
proprio quello di piacere al popolo, a quel popolo per cui batteva il cuore di quell'uomostraordinario il quale, pur
discendendo da uno dei pi antichi e illustri casati d'Europa e potendo far risalire in linea diretta il suo albero
genealogico fino all'anno 1305, ciononostante per tutta la vita cerc e trov la felicit nell'essere un semplice cittadino,
un vero uomo del popolo.
Julius Eduard Hitzig
Berlino, 21 agosto 1839,
primo anniversario della morte di Chamisso.

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