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Dinamica 2
Dinamica 2
Renato Giannini
Indice
1 Elementi di meccanica
1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Dinamica dei sistemi . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Il principio di DAlembert . . . . .
1.2.2 Massa e peso . . . . . . . . . . . .
1.2.3 Il principio delle potenze virtuali .
1.2.4 Equazione di Lagrange . . . . . . .
1.2.5 Esempio: equazione del bipendolo
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1
1
2
2
2
3
4
6
2 Loscillatore semplice
2.1 Oscillazioni libere non smorzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Oscillazioni libere smorzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Oscillazioni forzate armonicamente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.1 Energia dissipata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.2 Rappresentazione complessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.3 Isolamento alla base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.4 Risposta ad unazione periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.5 Risposta ad una forza impulsiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6 Risposta ad unazione non periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.1 Integrale di Duhamel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.6.2 Integrazione diretta delle equazioni del moto . . . . . . . . . .
2.6.3 Stabilit, decadimento di ampiezza ed elongazione del periodo
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8
8
10
15
19
20
22
24
27
30
30
31
33
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40
40
41
44
46
51
53
55
55
57
59
59
61
62
63
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68
68
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69
70
76
77
78
80
83
86
87
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90
90
91
91
91
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92
93
94
94
96
97
97
97
98
98
98
99
100
100
101
103
104
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Capitolo 1
Elementi di meccanica
1.1
Introduzione
Le forze agenti sulle strutture civili, nella maggior parte dei casi, si possono trattare come
se agissero staticamente; con questo si intende che, variando molto lentamente nel tempo,
esse inducono nella struttura velocit ed accelerazioni trascurabili, in modo tale che la
struttura passa da uno stato di equilibrio ad un altro attraverso stati che in pratica possono
essere considerati anchessi di equilibrio. In quanto precede si intende che il termine stato
di equilibrio sinonimo di stato di equilibrio statico.
Sebbene sia vero che la maggior parte delle azioni che interessano le strutture civili si
possono considerare ai fini pratici come statiche, pur vero che esistono alcune importanti
eccezioni; p.es. le azioni indotte da macchinari rotanti allinterno di ocine ed impianti
industriali, la pressione del vento, le azioni indotte da veicoli (in particolare quelli pesanti)
in movimento sui ponti ed i viadotti, le onde del mare, ecc. Non vi dubbio per che
lazione dinamica pi importante per le strutture civili quella sismica, almeno in quei
paesi, come lItalia, dove presente una rilevante attivit sismica.
Lazione sismica si manifesta con un moto del terreno, in direzione orizzontale e verticale, che trascina con s le strutture degli edifici. Questo moto di trascinamento, indotto
dal sisma, induce delle forze di inerzia che agiscono sulla struttura nella direzione del
moto di trascinamento; particolarmente pericolosa la componente orizzontale del moto,
che induce sulle strutture azioni che esse normalmente non sono chiamate a sopportare e
nei confronti delle quali sono spesso vulnerabili.
Limportanza che si attribuisce alle azioni sismiche ben nota; essa discende dagli
eetti distruttivi che un terremoto violento pu avere sulle costruzioni e dalla grande
estensione di territorio interessata dal fenomeno, che pu assumere aspetti catastrofici, sia
dal punto di vista economico, sia da quello relativo alla perdita di vite umane.
La formulazione generale dellanalisi dinamica delle strutture, specialmente quando
queste vengono studiate con modelli lineari, prescinde ovviamente dal tipo di azione;
quindi nel seguito normalmente non si far riferimento allazione sismica. Tuttavia poich
per lanalisi sismica sono stati sviluppati alcuni procedimenti specifici (p.es. lanalisi con
lo spettro di risposta), quando necessario, sar abbandonato il generale per il particolare
specifico.
1.2
1.2.1
La dinamica dei sistemi pu essere ricondotta alla statica mediante il Principio di DAlembert, che semplicemente aerma che ogni sistema sempre in equilibrio sotto lazione
delle forze attive Fi , di quelle reattive i e delle forze di inerzia mi ai :
Fi + i mi ai = 0
(i = 1, 2, . . . , N )
(1.1)
rad
m
2
2
6 106 m ' 3.17 102
a = T rT '
2
24 3600
sec
sec2
cio appena lo 0.3% dellaccelerazione di gravit.
Nelleq. (1.1) compaiono solo le accelerazioni, pertanto essa evidentemente valida in
tutti quei riferimenti in cui laccelerazione la stessa che nel riferimento inerziale; di fatto,
se un riferimento inerziale lo sono anche tutti quelli che si muovono di moto relativo
uniforme (cio traslano con velocit costante) rispetto al primo. Con le stesse approssimazioni accettate prima, quindi, anche ogni riferimento che si muova sulla Terra con
moto uniforme rispetto ad uno fisso (se la velocit non troppo alta) si potr considerare
inerziale.
1.2.2
Massa e peso
La massa (inerziale) una propriet della materia: le particelle elementari hanno una
massa (in alcuni casi nulla), che (a riposo) un invariante, cio non dipende n dal tempo
1.2.3
Due particelle di massa m1 ed m2 si scambiano una forza proporzionale al prodotto delle loro masse
ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza:
F12 = G
m1 m2
2
r12
La costante di gravitazione universale G piccolissima (G = 6.66 108 cm3 sec2 g1 ); per questo motivo
la forza di gravit scambiata tra corpi di massa piccola non avvertita: solo se almeno uno dei due
corpi ha grande massa, come quella di un pianeta o di una stella, la gravit ha eetti significativi. Su
piccola scala quindi dominano le forze elettromagnetiche, molto pi intense: tuttavia queste hanno segno
opposto (attrattiva tra particelle di diversa carica, repulsiva tra quelle di carica uguale); poich la materia
generalmente neutra (cio vi uguale numero di particelle con carica positiva e negativa), a grande scala le
forze elettromagnetiche si annullano, mentre le forze gravitazionali, che sono sempre attrattive, divengono
prevalenti e dominano nella meccanica celeste.
2
Il caso dei vincoli scabri pu essere incluso aggiungendo alle forze attive quelle dovute allattrito.
N
X
i=1
(Fi mi ai ) vi0 = 0
(1.2)
in cui vi0 indica un arbitrario atto di moto virtuale, cio compatibile con i vincoli fissi 3 ,
mentre indica il prodotto interno (scalare) tra vettori. Nelleq. (1.2) non compaiono le
forze reattive, il che normalmente costituisce una notevole semplificazione.
1.2.4
Equazione di Lagrange
Si considerino ora sistemi soggetti a vincoli che, oltre che bilaterali e lisci, siano anche
olonomi, cio esclusivamente di posizione; in questo caso, se il sistema ha n gradi di
libert, le coordinate di ogni suo punto Pi si possono esprimere in funzione di n parametri
liberi, qk (t) (k = 1, 2, . . . , n), detti coordinate lagrangiane del sistema:
Pi (t) = Pi [q1 (t), q2 (t), , qn (t); t]
(1.3)
X Pi
k
qk
qk +
Pi
t
(1.4)
Nel caso di vincoli fissi Pi non dipende esplicitamente da t e quindi lultimo termine nella
(1.4) viene a mancare. Se vi0 indica un atto di moto virtuale, essendo questo per definizione
relativo a vincoli fissi, si avr:
vi0 =
X Pi
k
qk
qk0
(1.5)
Sostituendo leq. (1.5) nella equazione delle potenze virtuali (1.2), dopo aver scambiato
gli ordini di somma si ha:
"N
#
nf
X
X
P
i
qk0
(Fi mi ai )
=0
qk
k=1
i=1
Questa, per larbitrariet dellatto di moto virtuale qk0 , implica il sistema di equazioni:
N
X
i=1
Pi X
Pi
Fi
mi ai
=0
qk
qk
i=1
che pu scriversi:
N
X
i=1
vi0
mi ai
Pi
= Qk
qk
(1.6)
Cio,
deve essere compatibile con le condizioni di vincolo rese indipendenti da t, anche se queste
equazioni sono funzioni del tempo. Ad esempio, per un punto materiale che si muove vincolato ad una
linea, che a sua volta si sposta, v0 deve essere tangente alla linea considerata fissa nella sua posizione al
tempo t, senza tener conto del moto del vincolo.
N
X
Fi
i=1
Pi
qk
Indicando con vi la velocit del punto Pi , lenergia cinetica del sistema definita dalla
relazione:
N
1X
T =
mi vi vi
2
(1.7)
i=1
i=1
i=1
X
T
vi X
Pi
=
mi vi
=
mi vi
qk
qk
qk
Derivando ulteriormente rispetto al tempo entrambi i membri dellequazione precedente,
si ottiene:
N
i=1
i=1
X
Pi X
vi
d T
=
mi ai
+
mi vi
dt qk
qk
qk
(1.8)
X
T
vi
=
mi vi
qk
qk
i=1
mi ai
i=1
Pi
d T
T
=
qk
dt qk qk
= Qk
dt qk qk
(1.9)
Questa equazione risulta di notevole aiuto nello studio dei sistemi complessi, in quanto
permette di scrivere in modo automatico le equazioni di equilibrio, una volta che sia stata
scritta lespressione esplicita dellenergia cinetica.
Leq. (1.9) si semplifica ulteriormente se tutte le forze agenti sul sistema sono conservative, cio se esiste una funzione potenziale U (P1 , P2 , , PN ), delle coordinate del sistema,
tale che:
Fi =
U
Pi
N
X
i=1
Fi
Pi X U Pi
U
=
=
qk
Pi qk
qk
i=1
(1.10)
(1.11)
somma dellenergia cinetica e della funzione potenziale, leq. (1.9) si pu scrivere in modo
pi sintetico:
L
d L
=0
dt qk qk
che unaltra forma delle equazioni di Lagrange.
Lequazione (1.12) lequazione di Eulero del funzionale:
Z t2
S=
L(q, q,
t) dt
(1.12)
(1.13)
t1
chiamato lazione del sistema. Lequazione (1.12) implica che il sistema evolve tra due
qualsiasi istanti di tempo t1 e t2 rendendo stazionaria lazione S (principio di Hamilton).
Se i vincoli sono fissi, per cui L non dipende esplicitamente dal tempo, si pu dimostrare
che la quantit:
H =T U =T +V
(1.14)
si conserva, cio resta costante nel tempo. La quantit H non altro che lenergia totale
del sistema, in quanto somma dellenergia cinetica T e dellenergia potenziale V = U .
Quindi si pu concludere che: in un sistema con vincoli bilaterali, lisci ed indipendenti dal
tempo e soggetto allazione di sole forze conservative, lenergia totale H si conserva.
1.2.5
Si consideri un doppio pendolo, composto con due masse m1 ed m2 , sospese a due regoli
rigidi e privi di massa di lunghezza l1 ed l2 . Indicando con 1 e 2 gli angoli formati dai
regoli rispetto ad un asse verticale, le coordinate delle due masse, riferite ad un sistema
cartesiano ortogonale, con lasse x verticale e rivolta verso lalto ed origine nella cerniera
del pendolo, sono:
x1 = l1 sin (1 )
(1.15a)
y1 = l1 cos (1 )
(1.15b)
x2 = l1 sin (1 ) + l2 sin (2 )
(1.15c)
y2 = l1 cos (1 ) l2 cos (2 )
(1.15d)
(1.16a)
(1.16b)
(1.16c)
(1.16d)
1 2
m1 x 1 + y12 + m2 x 22 + y22
2
i
1h
2
2
=
(m1 + m2 ) l12 1 + 2m2 l1 1 l2 2 cos (1 2 ) + m2 l22 2
2
(1.17)
Analogamente dalle (1.15) si ottiene la forma esplicita del potenziale U in funzione delle
coordinate lagrangiane:
U = m1 y1 g m2 y2 g = g {m1 l1 cos (1 ) + m2 [l1 cos (1 ) + l2 cos (2 )]}
e quindi, sommando le eq. (1.17) e (1.18), si ha la funzione di Lagrange:
i
1h
2
2
(m1 + m2 ) l12 1 + 2m2 l1 1 l2 2 cos (1 2 ) + m2 l22 2 +
L=T +U =
2
g {m1 l1 cos (1 ) + m2 [l1 cos (1 ) + l2 cos (2 )]}
(1.18)
(1.19)
= (m1 + m2 ) l12
2 +
1 + m2 l1 l2 cos (1 2 )
dt 1 1
2
m2 l1 l2 sin (1 2 ) 2 + g (m1 + m2 ) l1 sin 1 = 0 (1.20)
d L
L
= m2 l1 l2 cos (1 2 ) 1 + m2 l22
2
dt 2 2
2
m2 l1 l2 sin (1 2 ) 1 + gm2 l2 sin 2 = 0 (1.21)
Le equazioni (1.20) e (1.21) sono nonlineari; per valori piccoli degli angoli 1 e 2 le funzioni
trigonometriche seno e coseno possono essere approssimate dai termini lineari del loro
sviluppo in serie, ottenendo:
2
2 + m2 l1 l2 (1 2 ) 2 + g (m1 + m2 ) l1 1 = 0
(m1 + m2 ) l12 1 + m2 l1 l2
2
m2 l1 l2
1 + m2 l22 2 m2 l1 l2 (1 2 ) 1
(1.22a)
+ gm2 l2 2 = 0
(1.22b)
Queste equazioni tuttavia sono ancora nonlineari a causa dei termini che contengono i
quadrati delle velocit angolari che tengono conto degli eetti delle forze centrifughe; se
le velocit sono sucientemente piccole i loro quadrati si potranno trascurare con unapprossimazione confrontabile con quella precedente e si ottiene allora il semplice sistema di
due equazioni lineari accoppiate:
1 + m2 l1 l2
2 + g (m1 + m2 ) l1 1 = 0
(m1 + m2 ) l12
m2 l1 l2 1 + m2 l22
2 + gm2 l2 2 = 0
(1.23a)
(1.23b)
Capitolo 2
Loscillatore semplice
Si consideri una struttura molto semplice, composta da una trave sostenuta da due pilastri
uguali (portale), come quella rappresentata nella fig. 2.1. Se si suppone che siano soddisfatte le seguenti condizioni: i) la trave sia molto pi rigida dei pilastri, in modo che le
rotazioni dei nodi siano trascurabili, ii) la rigidezza assiale dei pilastri sia molto maggiore
di quella flessionale, in modo che i pilastri si possano ritenere assialmente indeformabili,
iii) il telaio si sposti solo nel suo piano; questo sistema ha un solo grado di libert, lo
spostamento x dalla posizione di equilibrio statico.
2.1
Indicando con m la massa complessiva della trave pi quella da essa sopportata ed assumendo trascurabili le masse dei pilastri, lequazione di equilibrio di questa struttura si
scrive facilmente in modo diretto, utilizzando il principio di DAlembert; in assenza di
forze esterne applicate le sole forze sono la forza elastica esercitata dai pilastri e la forza
dinerzia della massa m:
m
x(t) kx(t) = 0
(2.1)
in cui k = 2 12EJ/h3 indica la rigidezza dei pilastri. Dividendo leq. (2.1) per m ed
introducendo la quantit:
2 =
k
m
(2.2)
(2.3)
(2.4)
d d
d
d
=
=
dt
d dt
d
(2.5)
(2.6)
(2.7)
in cui A e B sono parametri che dipendono dalle condizioni iniziali, cio dallo stato della
struttura al tempo = 0.
Derivando la (2.7) rispetto a si ha:
y( ) = x(
) = A cos( ) B sin( )
(2.8)
in cui y = dx/d legato alla velocit v = dx/dt dalla semplice proporzionalit: y = v/,
come segue dalla (2.5). Indicando con x0 , y0 i valori di x ed y al tempo = 0, dalle
equazioni (2.7) e (2.8) esplicitate al tempo = 0, si ottengono i valori di A e B in funzione
delle condizioni iniziali x0 , y0 , per cui la (2.7) diviene:
x( ) = x0 cos( ) + y0 sin( )
(2.9)
Dalle eq. (2.7) o (2.9) si osserva facilmente che x( ) (ed y( )) sono funzioni periodiche
di periodo 2:
x( + 2n) = x( )
n intero
Poich x periodica di periodo 2 in , rispetto al tempo reale t risulta periodica di
periodo
r
m
2
= 2
(2.10)
T =
10
2.2
p
La soluzione (2.9) delleq. (2.6) una funzione armonica la cui ampiezza x20 + y02
costante nel tempo. Fisicamente ci corrisponde ad un sistema che, una volta posto in
movimento, continua ad oscillare con la stessa ampiezza, senza pi fermarsi. Questo in
contraddizione con le pi elementari esperienze, che ci mostrano come, in assenza di forze
che le sostengano, le oscillazioni libere di qualsiasi sistema si riducano in ampiezza, fino a
che questo torna in quiete dopo un numero pi o meno grande di cicli.
Il fatto che il moto del sistema governato dalle eq. (2.3) o (2.6) sia indefinitamente
periodico dipende dal fatto che la sola forza attiva presa in conto, la forza elastica kx,
conservativa e quindi lenergia totale del sistema costante. In realt tutti i sistemi
sono dissipativi, in quanto una parte dellenergia viene trasformata in calore e quindi resa
indisponibile ai processi meccanici, come previsto dal secondo principio della termodinamica. Quindi lenergia meccanica del sistema si riduce e con essa lampiezza massima delle
oscillazioni.
Applicando ad un oggetto che segue un comportamento elastico lineare una forza che
varia lentamente, questo subisce un processo reversibile; infatti togliendo gradualmente la
forza il corpo torna nella sua configurazione originale, percorrendo, nello spazio degli stati,
lo stesso cammino seguito nella fase di carico. Se la forza viene applicata pi rapidamente
questo non si verifica pi; nella fase di carico la forza maggiore di quella (kx) puramente
11
proporzionale alla velocit del siesplica sulla massa m una forza viscosa FD = cx(t),
stema ed al coeciente di viscosit c. Che la forza FD sia dissipativa si pu verificare
calcolando il lavoro fatto da questa forza in un ciclo:
WD =
dx
c dx = c
dt
dx
dt
dt < 0
(2.11)
esso risulta (se c > 0) sempre negativo, come segue dal fatto che la funzione integranda
nelleq. (2.11) sempre positiva.
Se si tiene conto anche delle forze di tipo viscoso che si sviluppano nella struttura,
leq. (2.1) deve essere sostituita dalla:
m
x(t) cx(t)
kx(t) = 0
(2.12)
Dividendo tutti i termini delleq. (2.12) per m, tenendo conto della (2.2) ed inoltre ponendo:
(2.13)
c = 2m = 2 km
si ottiene:
x
(t) + 2 x(t)
+ 2 x(t) = 0
(2.14)
12
Quindi eseguendo il cambiamento di variabile (2.4), dal tempo reale t a quello adimensionale , risulta lequazione:
x
( ) + 2 x(
) + x( ) = 0
(2.15)
in cui compare il solo parametro ; questo viene indicato come il coeciente di smorzamento percentuale, per i motivi che saranno chiariti nel seguito; poich c ha le dimensioni
di una forza divisa per la velocit e perci di una massa divisa per il tempo, risulta
adimensionale.
Lintegrale generale delleq. (2.15) :
x( ) = Ae1 + Be2
(2.16)
(2.17)
ossia:
q
1 = + 2 1
q
2 = 2 1
(2.18)
(2.19)
(2.20)
q
= 1 2
(2.21)
x(
) = e [(C1 + C2 ) sin( ) + (C1 C2 ) cos( )]
(2.22)
avendo posto
= C1 C2 = y0
risolvendo il quale risulta:
C1 =
y0 + x0
C2 = x0
13
per cui le eq. (2.20) e (2.22) si possono scrivere esplicitamente in funzione delle condizioni
iniziali:
y0 + x0
sin( )
(2.23)
x0 cos( ) +
x( ) = e
x0 + y0
x(
)=e
sin( )
(2.24)
y0 cos( )
Ponendo y0 = 0 (questa condizione pu sempre essere verificata, fissando opportunamente lorigine del tempo) le equazioni (2.23) e (2.24) si semplificano nelle:
(2.25)
x( ) = x0 e
cos( ) + sin( )
1
(2.26)
x(
) = x0 e sin( )
=p
1 2
(2.27)
Queste relazioni mostrano che il periodo delle oscillazioni libere, smorzate o no, non dipende dalle condizioni iniziali, ma solo dalle caratteristiche delloscillatore, la massa, la
rigidezza e lo smorzamento percentuale . Le eq. (2.20) e (2.23) descrivono un moto oscillatorio di ampiezza decrescente, come illustrato nella figura 2.4a.
Il rapporto tra
due massimi consecutivi della risposta, agli istanti n = 2n/ e n+1 = 2(n + 1)/, per
leq.(2.25) risulta:
"
#
2
x( n+1 )
= exp p
(2.29)
x( n )
1 2
e dipende soltanto dal coeciente . Il logaritmo dellinverso di questo rapporto detto
decremento logaritmico:
x( n )
(2.30)
l = log
x( n+1 )
Leq. (2.29) si pu risolvere in , esprimendo lo smorzamento percentuale in funzione del
decremento logaritmico:
l
=q
2l + 4 2
(2.31)
14
smorzamento critico (
Smorzamento subcritico (
smorzamento supercritico (
0.0
20.0
40.0
60.0
80.0
0.0
2.0
4.0
6.0
8.0
10.0
(b)
(a)
(2.32)
(2.33)
(2.34)
cr = 2 mk
quindi rappresenta la percentuale di smorzamento rispetto al valore critico. Nelle strutture si manifestano solitamente smorzamenti piccoli, relativamente a quello critico; quindi
si hanno valori di molto minori di uno. Valori tipici sono compresi nellintervallo tra
0.02 e 0.10.
1
Lesperienza dimostra che lequilibrio viene invece raggiunto dopo un tempo pi o meno breve, ma
finito; questo implica che la legge dello smorzamento viscoso lineare spiega solo approssimativamente la
realt. Da un punto di vista pratico questo per ha scarsa importanza; dopo un tempo t = 10 T = 20/,
cio dopo un tempo pari a 10 volte il periodo delle oscillazioni non smorzate, si ha = 20 e quindi
e ' 0.51 1027 , cio lo spostamento divenuto circa 1027 volte pi piccolo di quello iniziale: ai fini
pratici questo equivalente a zero.
15
Per valori di superiori ad uno le radici dellequazione caratteristica (2.17) sono reali e
distinte; il moto che ne risulta ancora di tipo non oscillatorio, simile a quello relativo allo
smorzamento critico; tuttavia, come illustrato nellesempio in fig. 2.4b, il moto avviene
pi lentamente ed il sistema impiega pi tempo per raggiungere la posizione di equilibrio
(o meglio uno spostamento sucientemente piccolo, preso convenzionalmente come zero).
2.3
Si supponga ora di applicare, alla struttura di fig. 2.3, una forza F (t) variabile nel tempo.
Lequazione di equilibrio dinamico si ottiene aggiungendo questo termine alleq. (2.12):
F (t) m
x(t) cx(t)
kx(t) = 0
(2.35)
F ( /)
k
(2.36)
Se la forza F (t) varia con legge armonica, indicando con f la sua pulsazione, si pu
porre F (t) = F0 sin( f t); sostituendo questa espressione nelleq. (2.36), si ottiene:
x
( ) + 2 x(
) + x( ) = u0 sin( )
(2.37)
F0
k
(2.38)
ad indicare lo spostamento che la struttura subirebbe per eetto una forza di modulo F0
applicata staticamente, mentre
=
(2.39)
indica il rapporto tra la pulsazione (o la frequenza) della forzante e quella delle oscillazioni
libere (non smorzate) della struttura.
Seguendo la regola generale per la soluzione delle equazioni lineari non omogenee, la
soluzione delleq. (2.37) si ottiene sovrapponendo allintegrale generale della stessa equazione resa omogenea (cio eliminando il termine a secondo membro), un integrale particolare dellequazione completa (2.37). Nel seguito si supporr che la struttura abbia uno
smorzamento subcritico ( < 1), pertanto lintegrale generale dellequazione omogenea
quello espresso dalleq. (2.20). La soluzione particolare dellequazione completa si ottiene
assumendo che possa porsi nella forma:
x
( ) = A1 sin( ) + A2 cos( )
(2.40)
16
Ponendo in evidenza le funzioni sin( ) e cos( ), appare evidente che questa equazione
risulta identicamente soddisfatta per ogni valore di se risultano entrambi nulli i coecienti delle funzioni seno e coseno. Imponendo queste condizioni si ottiene il sistema di
due equazioni nelle incognire A1 , A2 :
(1 2 )A1
2A2 = u0
2A1 + (1 2 )A2 = 0
la cui soluzione
A1 = u0
1 2
(1 2 )2 + 4 2 2
A2 = u0
2
(1 2 )2 + 4 2 2
(2.41)
u0
2
(2.42)
x
( ) =
2 2
2 2 (1 ) sin( ) 2 cos( )
(1 ) + 4
Leq. (2.40) si pu anche scrivere in forma pi espressiva ponendo:
sin( )
x
( ) = X
in cui:
X=
q
u0
A21 + A22 = q
(1 2 )2 + 4 2 2
(2.43)
(2.44)
indica lampiezza del moto di risposta, mentre langolo , definito dalle relazioni:
A2
2
sin() = = q
X
(1 2 )2 + 4 2 2
A1
1 2
cos() = = q
X
(1 2 )2 + 4 2 2
(2.45)
u0
2
2 2
2 2 (1 ) sin( ) 2 cos( )
(1 ) + 4
(2.46)
u0 (2 2 1 + 2 )
1
x( ) = e
x0 + y0 +
sin( )+
(1 2 )2 + 4 2 2
2u0
x0 +
cos( ) +
(1 2 )2 + 4 2 2
u0
2
(2.47)
2 2
2 2 (1 ) sin( ) 2( )
(1 ) + 4
17
In presenza di smorzamento ( > 0), la parte delleq. (2.47) che dipende dalle condizioni
iniziali, cio la soluzione dellequazione omogenea, diminuisce esponenzialmente al crescere
di e tende a zero per per ; in pratica per abbastanza grande questo termine
diverr trascurabile a confronto di quello che dipende dalle caratteristiche della forzante.
Quindi nei sistemi dotati di smorzamento si possono distinguere due fasi della risposta: una
prima, per tempi vicini a quello iniziale, in cui il moto influenzato dalle condizioni iniziali,
detta fase transitoria; una seconda, espressa dalla sola eq. (2.42), detta fase stazionaria,
in cui il moto di risposta non dipende dalle condizioni iniziali ma solo dalle caratteristiche
della forzante. Ovviamente la separazione tra queste due fasi convenzionale, in quanto il
passaggio dalluna fase allaltra continuo e, a rigore, la fase stazionaria si raggiunge solo
quando = . In pratica per si pu, con qualche arbitrio, scegliere un valore di oltre
il quale il contribito del termine (2.20) allampiezza totale del moto diviene trascurabile e
considerare stazionario il moto nel tempo successivo.
Poich, come si riconosce guardando la figura 2.4a, anche per valori piccoli di le
oscillazioni libere si smorzano dopo un numero limitato di cicli, interessante puntare
lattenzione sulla parte stazionaria della risposta. Dalleq. (2.42) appare evidente che x
( )
periodica di periodo 2/ in e quindi di periodo 2/ f in t; cio lo stesso della forzante.
quella data dalleq. (2.43), da cui si ricava che:
Lampiezza massima della risposta X
X
1
=D= q
u0
(1 2 )2 + 4 2 2
(2.48)
(2.49)
1
p
2 1 2
(2.50)
18
10.0
8.0
==
6.0
==
==
==
4.0
2.0
0.0
0.0
1.0
2.0
3.0
19
==
==
1.57
==
==
0.00
0.0
1.0
2.0
3.0
2.3.1
Energia dissipata
Il lavoro svolto dalla forza esterna F (t) in un ciclo del moto stazionario, si calcola facilmente
avendo determinato la legge del moto di risposta. Infatti si ha:
Z Tf
F0 sin( f t)x(t)
dt
(2.51)
W =
0
in cui Tf = 2/ f indica il periodo della forza F (t). Quindi sostituendo ad x(t) lespressione esplicita del moto stazionario (2.43), tenendo conto della (2.44), della (2.48) e delle
definizioni di , e u0 , dalleq.(2.51) si deduce:
Z
DF02 f 2/f
DF02
sin()
(2.52)
W =
sin(f t) cos(f t ) dt =
k
k
0
Quindi rendendo espliciti i termini D e sin() mediante sostituzione delle equazioni (2.48)
e (2.45), si ha:
W =
4
F02
2
2k (1 )2 + 4 2 2
(2.53)
Il primo termine nel secondo membro delleq. (2.53), F02 /2k il lavoro fatto dalla forza
F0 applicata staticamente, nel ciclo di carico; il secondo termine tiene conto della legge
ciclica di applicazione della forza e degli eetti dinamici. facile verificare che lespressione
(2.53) del lavoro fatto dalla forza esterna in un ciclo coincide con quello dissipato dallunico
elemento non conservativo delloscillatore ed espresso dallintegrale:
Z Tf
cx 2 (t) dt
0
20
6.0
4.0
2.0
0.0
-2.0
-4.0
-6.0
0.0
20.0
40.0
60.0
80.0
100.0
60.0
80.0
100.0
(a)
6.0
4.0
2.0
0.0
-2.0
-4.0
-6.0
0.0
20.0
40.0
(b)
Figura~2.7: Storie degli spostamenti di due oscillatori con lo stesso coeciente di smorzamento = 0.05. Grafico (a): = 0.9; grafico (b): = 1.1. Con linea tratteggiata
indicata la storia della forzante u0 sin( )
Il valore di W in funzione di e per alcuni valori di rappresentato nel diagramma
della figura 2.8.
In tutti i casi il lavoro fatto si annulla per 0, come conseguenza
del fatto che il sistema non dissipativo nei confronti di forze applicate staticamente;
inoltre si osservi come, per valori di non troppo vicini ad uno, il lavoro fatto dal sistema
cresca con lo smorzamento percentuale : cio i sistemi con coeciente di smorzamento
pi grande dissipano una maggiore quantit di energia. Questa relazione per si inverte
quando ' 1, cio in prossimit della risonanza: in tali condizioni lenergia dissipata dai
sistemi debolmente smorzati aumenta molto rapidamente e raggiunge livelli anche molto
pi elevati di quelli relativi agli oscillatori dotati di maggior smorzamento.
2.3.2
Rappresentazione complessa
21
1E+2
==
==
1E+1
==
==
==
1E+0
1E-1
1E-2
1E-3
0.0
1.0
2.0
3.0
(2.54)
Se sullo stesso piano dove viene riportato ~u si riporta anche il vettore ~x, di modulo Du0 e
che forma con ~u langolo , i due vettori, ruotando solidalmente, descrivono, con le loro
proiezioni su y, lampiezza della forzante e del moto di risposta.
Se si interpreta il piano x, y come il piano dei numeri complessi, i vettori ~u e ~x si
possono interpretare come le rappresentazioni dei numeri complessi:
u0 [cos( ) + i sin( )] = u0 ei
(2.55)
(2.56)
(2.57)
U
= H(, )U
1 + 2i
(2.58)
da cui si ottiene:
X=
La funzione
H(, ) =
1 2 2i
1
=
1 2 + 2i
(1 2 )2 + 4 2 2
(2.59)
22
(2.60)
(2.61)
1 2
(1 2 )2 + 4 2 2
sin() =
2
+ 4 2 2
(1 2 )2
(2.62)
2.3.3
Si supponga che una macchina rotante eserciti una forza sinusoidale F0 sin( f t) su di una
struttura di fondazione di massa m, collegata al terreno mediante dei vincoli elastici di
rigidezza k e viscosit c, come schematicamente illustrato nella figura 2.10; si interessati
alla determinazione della forza che il basamento trasmette al terreno.
Poich questa struttura stata modellata come un sistema ad un grado di libert, la
risposta in spostamento ad una forzante armonica data dalleq. (2.47); in particolare la la
23
24
100.00
10.00
TR
1.00
0.10
0.01
0.0
1.0
2.0
==
3.0
4.0
2.4
Spesso le azioni trasmesse da macchinari alle strutture sono periodiche di periodo Tf , cio
soddisfano la condizione:
t
F (t + Tf ) = F (t)
ma non sono semplicemente armoniche, cio non possono essere rappresentate in modo
soddisfacente con una semplice funzione sinusoidale o cosinusoidale. Tuttavia ben noto
che le funzioni periodiche possono essere espresse mediante uno sviluppo in serie di funzioni
armoniche; questa serie nota come serie di Fourier.
Da un punto di vista operativo pi comodo utilizzare la rappresentazione sotto forma
di esponenziali complessi delle funzioni armoniche, perch cos si ottengono risultati in
forma pi compatta; si potr poi fare uso di quanto visto nel 2.3.2 per interpretare i
risultati espressi in forma complessa.
Se F (t) periodica di periodo Tf , si potr allora porre:
F (t) = a0 +
An ein t
(2.65)
n=
n6=0
in cui
n =
2n
Tf
(2.66)
25
Tf
ij t
F (t)e
dt = a0
Tf
ij t
dt +
An
F (t) dt
n=
n6=0
Tf
i( n j )t
dt =
Tf a0 se j = 0
Tf Aj se j 6= 0
(2.67)
da cui si deduce:
1
a0 =
Tf
1
Aj =
Tf
Tf
(2.68)
Tf
i j t
F (t)e
dt
Negli sviluppi delleq. (2.67) si tenuto conto che le funzioni ein t , per n 6= 0, sono
periodiche e pertanto il loro integrale su di un intervallo multiplo del loro periodo nullo.
Per leq. (2.65) la forza periodica F (t) stata decomposta nella somma di una forza
costante a0 e di infinite forze variabili con legge armonica di ampiezza ||An || e periodo
n = 2n/Tf . Per la linearit del sistema, la parte stazionaria della risposta sar la
somma delle risposte dello stesso sistema a queste forzanti armoniche agenti singolarmente.
Si potr allora porre:
x
(t) = b0 +
Bn ein t
(2.69)
n=
n6=0
2n Bn ein t + 2i
n=
n6=0
n=
n6=0
in t
b
n Bn ein t + 2
+
B
e
0
n
=
n=
n6=0
1
in t
a0 +
A
e
n
m
n=
(2.70)
n6=0
a0
k
m( 2
(2.71a)
An
An
An
=
= H( n , )
2
2
n + 2i n )
k
k(1 n + 2i n )
(2.71b)
26
Infine, sostituendo le soluzioni (??) nelleq. (2.69) si ricava lespressione esplicita della
risposta stazionaria del sistema alla forzante periodica F (t):
x
(t) =
1
i n t
a0 +
H(
,
)A
e
n
n
k
n=
(2.72)
n6=0
n=1
<{An ein t }
(2.73)
Gli sviluppi in serie della forzante [eq. (2.65)] e della soluzione [eq. (2.72)] contengono
in teoria infiniti termini; tuttavia in pratica spesso sono sucienti pochi termini dello
sviluppo per approssimare in modo accettabile la legge della forzante; inoltre, ricordando
che il modulo della funzione di trasferimento la funzione di amplificazione, illustrata
in fig. 2.5, appare evidente come, per i sistemi debolmente smorzati, saranno fortemente
amplificate le componenti di frequenza prossima alla risonanza, mentre quelle di frequenza
molto maggiore verranno drasticamente ridotte; loscillatore funziona quindi come un filtro
che lascia passare, eventualmente amplificando, le armoniche di frequenza inferiore (o poco
maggiore) di quella naturale, mentre in pratica elimina le armoniche di frequenza pi
elevata. Pertanto, per il calcolo della risposta, negli sviluppi sar suciente tener conto
solo di un numero limitato di termini di frequenza superiore a quella di risonanza, dato
che gli altri sarebbero comunque filtrati dal sistema.
Esempio 2.1 Si vuole determinare la risposta stazionaria di un oscillatore di frequenza naturale
= 3.5 rad/sec ad una forzante ad onda quadra di periodo Tf = 2 sec ed ampiezza .
Un onda quadra una funzione periodica che assume un valore costante per met del periodo e
quindi lo stesso valore cambiato di segno per la restante met. Si avr quindi:
(
per 0 t <
F (t) =
per t < 2
I coecienti dello sviluppo di F (t) si calcolano utilizzando leq. (2.68). Per la (2.66), ricordando
che si posto Tf = 2, si ha:
2n
=n
n =
Tf
Ovviamente a0 = 0, mentre per i termini periodici risulta:
Z
Z 2
1
1 + (1)n
int
int
An =
e
dt +
e
dt = i
2
n
0
Sommando i primi termini dello sviluppo (2.73) per n < 10 si ottiene la funzione rappresentata in
fig. 2.12.
27
Figura~2.12: Approssimazione della funzione onda quadra mediante somma dei primi
termini (n < 10) dello sviluppo in serie di Fourier
I coecienti dello sviluppo della risposta si ottengono moltiplicando i coecienti An per la funzione
di trasferimento H( n /, ); sostituendo ad ed a il loro valore si ha:
Bn =
1
An
1 (n/3.5)2 + 2i 0.05 n/3.5
Il modulo di 2An e 2Bn (per n < 10) riportato nella fig 2.13; Sostituendo i valori di Bn cos
calcolati nellespressione (2.69) dello sviluppo, si ottiene la funzione di risposta, illustrata nella
fig. 2.14
.
2
2.5
Si studia la risposta delloscillatore lineare allazione di una forza di breve durata; il risultato ottenuto sar usato per costruire la funzione di risposta ad unazione espressa da una
legge arbitraria.
Indicando con f (t) la somma di tutte le forze agenti (attive e reattive), lequazione
dellequilibrio dinamico (1.1), scritta in forma scalare, diviene:
m
d2 x
= f (t)
dt2
Quindi, tenendo conto che la massa m non dipende dal tempo, si pu anche scrivere:
dx
d
m
= f (t)
dt
dt
28
5.0
4.0
n
n
An, Bn
3.0
2.0
1.0
0.0
1
Figura~2.13: Ampiezza del modulo dei coecienti dello sviluppo della forzante e della
risposta
29
t+t
f () d
(2.74)
Il prodotto della massa per la velocit la quantit di moto del sistema, lintegrale a
secondo membro detto limpulso prodotto dalla forza f (t) nel tempo t. Leq. (2.74) dimostra che la variazione della quantit di moto in un intervallo di tempo uguaglia limpulso
prodotto dalla risultante di tutte le forze agenti nello stesso tempo.
Se ad un sistema in quiete, al tempo t = 0, viene applicata una forza di intensit F0
costante per un tempo t, la funzione di risposta del sistema x(t) pu essere sviluppata in
serie di Taylor nellintorno di t = 0; tenendo conto che per ipotesi si ha x(0) = x(0)
= 0,
lo sviluppo diviene:
x(t) = O(t2 )
(2.75)
kx()) d
mx(t)
=
0
= F0 t + O(t2 )
Da questa equazione, per t 0, si ottiene, a meno di infinitesimi di ordine superiore al
primo, la velocit delloscillatore al tempo t prodotta dallimpulso F0 t:
x(t)
F0
t
m
(2.76)
(2.77)
x( ) = e
k
1 2
(2.78)
30
2.6
2.6.1
Se ora si suppone che sul sistema agisca una forza variabile con legge di tipo arbitrario
F (t), questa si pu pensare decomposta in infiniti impulsi di intensit F (t) e di durata
infinitesima dt. La risposta del sistema in quiete a ciascuno di questi impulsi si pu
determinare applicando leq. (2.78), tenendo per conto che ora lazione applicata non
nellorigine ma al tempo generico , per cui la risposta al tempo t sar:
dx(t) =
e(t) sin[ D (t )]
F () d
m
D
(2.79)
in cui si fatto uso della posizione (2.28). Per la linearit del sistema, la funzione di risposta
allintera storia della forza F () nel tempo (t0 , t) si ottiene sommando i contributi di tutti
gli impulsi infinitesimi in cui stata idealmente decomposta, al limite la sommatoria tende
ad un integrale e cos per la (2.79) si ottiene:
x(t) =
t0
e(t) sin[ D (t )]
F () d
m
D
(2.80)
(2.81)
t0
in cui
h(t) =
et sin( D t)
m
D
(2.82)
per cui la risposta stazionaria si ottiene come prodotto di convoluzione tra la forza F (t) e
la funzione di risposta ad impulso h(t).
2
Questo non modifica il risultato, se per esempio si assume che F (t) 0 per t < t0
2.6.2
31
32
soluzioni accurate. Questi aspetti saranno richiamati pi avanti, dopo aver trattato delle
strutture con molti gradi di libert.
Un esempio di algoritmo esplicito: il metodo delle dierenze centrali
Un algoritmo esplicito molto semplice e largamente usato nellanalisi dinamica delle strutture il metodo delle dierenze centrali. Esso basato sullidea che, nelle equazioni
dinamiche, le derivate prime e seconde delle funzioni incognite siano sostituibili con le
dierenze finite centrali. Se lasse dei tempi diviso in intervalli di uguale ampiezza t,
indicando con il pedice k tutte le grandezze relative allistante tk = kt, le dierenze finite
al passo k-esimo sono date dalle relazioni:
xk+1 xk1
2t
xk+1 2xk + xk1
x
k =
t2
x k =
(2.85)
(2.86)
si ottiene unequazione in cui compaiono le grandezze xk ed xx1 , che sono note, e lunica
incognita xk+1 , che pu quindi facilmente essere calcolata. In modo analogo, conoscendo
ora il valore di x ai passi k + 1 e k, si pu determinarne il valore al passo k + 2; il procedimento viene ripetuto per tutti i passi e consente di ottenere la soluzione, approssimata,
dellequazione dierenziale (2.86).
Ad ogni passo la soluzione dipende dal valore della funzione nei due passi precedenti;
nelle condizioni iniziali (al tempo t0 ) questo pone qualche problema perch in tal caso non
esiste un passo precente. Tuttavia allistante iniziale devono essere noti il valore di x0 , e
quello della sua derivata prima x 0 e quindi, grazie allequazione dinamica (2.86) scritta
per k = 0, anche laccelerazione x
k . Allora dalle equazioni (2.85) scritte per k = 0, si pu
0 , che sono
eliminare il termine x1 ed ottenere unequazione in cui compaiono x0 , x 0 , x
noti, e x1 . Risolvendo questa equazione rispetto alla sola incognita si ottiene:
x1 = x0 x 0 t + x
0
t2
2
che, insieme ad x0 , viene usato come valore di innesco del processo di integrazione.
Un procedimento implicito: il metodo di Newmark
La famiglia di metodi di integrazione ideata da Newmark, si basa sulla stima del valore
della funzione incognita e della sua derivata prima alla fine del passo, mediante lintegrazione della funzione accelerazione, che viene approssimata con una legge arbitraria tra i
valori che assume agli estremi del passo; si pone quindi:
xk (1 ) + x
k+1 ]t
x k+1 = x k + [
xk (1 ) + x
k+1 ]
xk+1 = xk + x k t + [
t2
2
(2.87)
Il tipo di legge interpolante usato per laccelerazione dipende dai valori assegnati ai
coecienti e , che possono variare tra 0 ed 1. Porre = = 1/2 equivalente ad
33
unaccelerazione costante, uguale alla media dei valori iniziale e finale (metodo dellaccelerazione media); per = 1/2 e = 1/3 la legge di interpolazione tra i valori estremi
dellintervallo lineare.
Come si vede dalleq. (2.87), i valori finali di x ed x al passo k + 1 dipendono dallaccelerazione di fine passo, la quale a sua volta dipende, tramite lequazione (2.86), da xk+1
ed x k+1 . Pertanto la soluzione richiede generalmente delle iterazioni: fissato un valore
di prima approssimazione per x
k+1 (p.es. uguale al valore del passo precedente) si determinano, mediante le eq. (2.87), xk+1 e x k+1 . Sostituendo questi valori nelleq. (2.87), si
calcola x
k+1 e quindi xk+1 e x k+1 ; il procedimento viene iterato fin quando il risultato non
stabile.
I metodi impliciti sono, come si visto, pi onerosi perch richiedono ad ogni passo
alcune iterazioni, e quindi pi calcoli; per contro sono in genere pi accurati, e questo consente di impiegare un passo di integrazione pi grande, il che significa un minor numero
di passi, riducendo cos sensibilmente il loro svantaggio. Inoltre, per opportune scelte dei
parametri e , il metodo di Newmark incondizionatamente stabile, cio la soluzione
resta limitata anche se il passo di integrazione grande rispetto al periodo proprio delloscillatore: come si vedr pi avanti, questa propriet molto utile per sistemi con molti
gradi di libert.
2.6.3
(2.88)
2
xk + x k
xk+1 = 1 +
2
(2.89)
xk + 1
x k
x k+1 =
4
2
Queste equazioni si sintetizzano nella forma matriciale:
xk+1 = Axk
in cui xk il vettore di stato del sistema al tempo k :
xk
xk =
x k
(2.90)
(2.91)
A = 3
(2.92)
2
4 1 2
34
(2.93)
A = 1
(2.94)
k volte
(2.95)
(2.96)
in cui tr(A) indica la traccia della matrice A. Poich leq. (2.96) unequazione di secondo
grado, la condizione che le sue radici siano complesse implica che il discriminante sia minore
di zero, ossia che:
tr(A)2 4 det(A) < 0
Per il metodo delle dierenze centrali la matrice A espressa dalleq. (2.92); sostituita
nella precedente si ottiene la condizione:
(2 2 )2 4 < 0
che, con lovvia condizione > 0, ha come soluzione:
0 < < 2
(2.97)
(2.98)
35
ne segue che se soddisfatta leq. (2.97) gli autovalori di A sono complessi, dunque la
soluzione oscillante, ed inoltre, poich in tal caso || = 1, anche stabile.
Se le soluzioni sono reali allora risulta:
!2
r
2
4
2
2
+
||max = 1
2
4
La condizione || 1 implica 2: pertanto si pu concludere che il metodo delle dierenze centrali stabile se 2 e fornisce anche una soluzione oscillante se soddisfatta
la pi restrittiva eq. (2.97), che nel tempo naturale t = / = T /2 significa:
1
t
<
T
(2.99)
2 = ||ei
(j = 1, 2)
(2.100)
(2.101)
= 2
36
T T
=
=
1
T
Sp =
(2.102)
2
tr(A)
=
1
2
2 det(A)1/2
1
arccos(1 2 /2)
17
2
4 + O( 6 )
24
5760
(2.103)
t
T
360
t
T
+O
"
t
T
6 #
(2.104)
Si pu quindi concludere che al crescere del rapporto t/T il periodo della soluzione
numerica ottenuta con il metodo delle dierenze centrali si discosta, risultando pi piccolo,
da quello esatto.
Metodo di Newmark
Quando il sistema elastico lineare, lequazione (2.88) pu essere usata per esprimere x
k+1
in funzione di xk+1 e x k+1 ; questo permette di eliminare laccelerazione di fine passo dalle
equazioni (2.87), che cos divengono esplicite, e si possono porre ancora nella forma (2.90),
in cui la matrice A :
2
2 + ( 1) 2
2 + 2
2 + 2
(2.105)
A=
3
2
( ) 2 2 + ( 2)
2 + 2
2 + 2
2 (1 8 + 4 + 42 ) 16
<0
(2 + 2 )2
da cui segue:
4
< p
2
1 + 4( + 2)
(2.106)
37
1
2
(2.107)
Se leq. (2.106) non soddisfatta gli autovalori sono reali; in questo caso il modulo
dellautovalore maggiore dato dalla relazione:
s
2
tr(A)
tr(A)
+
det(A)
|max |2 =
2
4
(2.108)
Si deve peraltro osservare che la condizione (2.107) deve comunque essere verificata, se
si vuole che la soluzione resti stabile anche quando il passo di integrazione abbastanza
piccolo da soddisfare leq. (2.106).
Se = ed 0 lequazione (2.108) soddisfatta per qualsiasi valore di ; in questo
caso lintegratore si indica come incondizionatamente stabile; tuttavia la soluzione risulta
oscillante solo se il passo di integrazione abbastanza piccolo da soddisfare leq. (2.106),
che per = ora si scrive:
4
<
|1 2|
Un altro modo per avere condizioni di stabilit incondizionata, sempre ammesso che si
abbia 1/2, consiste nel rendere infinito il secondo membro delleq. (2.106): in tal modo
la soluzione risulta sempre oscillante (perch verificata leq. (2.106)) e stabile, perch
imposta la condizione (2.107). Annullando il denominatore del termine a secondo membro
delleq. (2.106) si ottiene:
1 + 4(2 + 2) = 0
che verificata se si pone;
=
(1 + 2)2
8
(2.109)
Poich la condizione di stabilit richiede che si abbia > 1/2, conveniente porre
=
1
+
2
( 0)
38
(1 + )2
2
Per ogni scelta di tale che 0 2 1 si ottiene un procedimento che risulta incondizionatamente stabile. Si osservi che per = 0 si ha = = 1/2: questo dimostra
che il metodo dellaccelerazione media incondizionatamente stabile. Al contrario il metodo dellaccelerazione lineare ( = 1/2 = 1/3) non incondizionatamente stabile; la
condizione di stabilit dellequazione (2.108) diviene per questo caso:
2 3
Gli algoritmi di Newmark incondizionatamente stabili sono generalmente dissipativi,
in quanto risulta che || < 1. Infatti, ponendo = = 1/2 + il modulo degli autovalori
complessi risulta:
4 + (1 2) 2
||2 = det(A) =
4 + (1 + 2) 2
Ponendo invece = 1/2 + , = (1 + )2 /2, altra combinazione che rende il procedimento
incondizionatamente stabile, si ha:
||2 = det(A) =
4 + (1 )2 2
4 + (1 + )2 2
Quindi risulta evidente che || < 1, con leccezione del caso = 0. Il metodo dellaccelerazione media il solo, tra gli algoritmi di Newmark, che sia incondizionatamente stabile
e non presenti decadimento di ampiezza.
Per > 0 si manifesta un decadimento di ampiezza; dalle due combinazioni per cui il
metodo risulta incondizionatamente stabile si ottengono risultati molto simili; nel seguito
si fa riferimento alla scelta che rende la soluzione stabile ed oscillante. Sostituendo allora
la precedente espressione di || nelleq. (2.101) si ottiene che la riduzione di ampiezza in
un periodo :
/
4 + (1 )2 2
DA =
4 + (1 + )2 2
I primi termini dello sviluppo in serie di questa espressione sono:
1
DA = 1 + 2 2 2 + O( 3 )
2
Il logaritmo dellinverso di DA il decremento logaritmico delle oscillazioni libere; a
questo decremento corrisponde uno smorzamento percentuale che si calcola con leq. (2.31).
Sviluppando in serie di Taylor lespressione che ne risulta si ha:
2 + 33
1
3 + O( 4 )
=
2
16
Questo smorzamento non compare esplicitamente nelle equazioni del moto ma equivalente, nel senso che produce gli stessi eetti dellalgoritmo numerico; per questo motivo
chiamato smorzamento numerico dellalgoritmo. Se sensibilmente inferiore ad uno,
in modo che siano trascurabili gli infinitesimi superiori, lo smorzamento numerico circa
39
2 4
+ O( 6 )
12
180
17
2
4 + O( 6 )
24
5760
Capitolo 3
Introduzione
Gli oggetti reali, da un punto di vista macroscopico, sono continui e quindi caratterizzati
da infiniti gradi di libert. Tuttavia, come insegna la teoria delle strutture, i mezzi continui
possono essere discretizzati, per esempio mediante la tecnica degli elementi finiti (e.f.), e
le equazioni dierenziali che ne descrivono il comportamento ridotte a sistemi di equazioni
algebriche, la cui soluzione approssima quella esatta tanto meglio quanto pi fitta stata
la discretizzazione impiegata.
Analoghe considerazioni si applicano al problema dinamico, spesso in modo ancora
pi marcato, come avviene ad esempio quando la maggior parte della massa associata a
pochi gradi di libert: in tal caso i gradi di libert a cui associata una massa trscurabile
possono essere condensati e non compaiono pi come incognite esplicite nelle equazioni
del moto.
Per esempio, prendendo in esame un telaio multipiano a maglie rettangolari, come
quello illustrato nella fig. , se si trascura la deformabilit assiale delle travi e si ritiene che
le masse associate ai gradi di libert di rotazione dei nodi siano piccole in confronto con
quelle relative alle traslazioni, tutte le masse si possono considerare concentrate a livello
dei piani. Non essendovi masse (e quindi forze) associate agli altri gradi di libert, la
matrice di rigidezza della struttura pu essere condensata, ponendo in relazione solo le
forze applicate ai piani e gli spostamenti corrispondenti.1
Con la notazione delle matrici, lequazione di equilibrio della struttura si scrive:
Ku = f
(3.1)
in cui K indica la matrice delle rigidezze, u il vettore degli spostamenti dei piani ed f
il vettore delle forze applicate ai piani. Se le sole forze applicate sono quelle dinerzia,
1
40
41
m1 u
1
m2 u
2
u
f =
= M
n
mn u
m1 0
0
0 m2
0
M=
..................
0
0 mn
(3.2)
detta matrice delle masse. Sostituendo le forze di inerzia ad f nelleq. (3.1) si ottiene il
sistema di equazioni della dianamica di un sistema con masse concentrate e non forzato:
M
u(t) + Ku(t) = 0
(3.3)
Lequazione (3.3) formalmente simile alla (2.1) relativa ad un sistema con un solo
grado di libert, ma le quantit scalari m e k sono sostituite dalle corrispondenti matrici
M e K. Lequazione (3.3) si riferisce al moto libero e non smorzato di un sistema con
molti gradi di libert: il caso pi generale del moto forzato di un sistema dissipativo si
ottiene con ovvie generalizzazioni: la presenza di azioni esterne comporta laggiunta di
un termine f (t), rappresentativo delle azioni esterne note, mentre gli eetti della viscosit
M
u(t) + Cu(t)
+ Ku(t) = f (t)
(3.4)
3.2
Per i sistemi discreti la matrice delle masse una matrice diagonale i cui elementi non nulli
sono le masse concentrate, associate ai rispettivi gradi di libert. Spesso questo modello
rappresenta unapprossimazione accettabile anche per i sistemi continui discretizzati, come
si detto a proposito dellesempio descritto nel precedente paragrafo. In questo caso i
termini diagonali della matrice delle masse sono formati con i valori risultanti delle masse
distribuite, associate a ciascun nodo secondo qualche criterio di zona di influenza.
Questo procedimento per non sempre accettabile, n si pu sempre trascurare il
fatto che una massa distribuita associata a pi di un grado di libert, per cui la matrice
delle masse non diagonale. Per arontare in modo razionale la costruzione della matrice
delle masse di un sistema continuo discretizzato, si riassumono sinteticamente i passi con
cui si perviene a formulare le equazioni di equilibrio, utilizzando la tecnica degli elementi
finiti.
42
(3.5)
In cui N(x) indica una matrice di funzioni interpolanti e u0 (t) un vettore di parametri, che nel metodo degli elementi finiti si interpretano come gli spostamenti dei nodi
dellelemento.
Dal campo degli spostamenti si deriva quello delle deformazioni, mediante lapplicazione di un operatore dierenziale D che, nella teoria linearizzata, valida per piccole deformazioni, lineare. Quindi applicando loperatore D ad u, posto nella forma discretizzata
delleq. (3.5), si ottiene:
(x, t) = D[u(x, t)] = D[N(x)]u0 (t) = B(x)u0 (t)
(3.6)
in cui
B(x) = D[N(x)]
la matrice che trasforma il campo degli spostamenti nodali u0 nel campo delle deformazioni .
In un mezzo elastico lineare la relazione tra il campo delle deformazioni e quello delle
tensioni lineare, per cui si ha = E, dove E la matrice elastica del materiale.
Utilizzando lespressione (3.6) per , si ha quindi:
(x, t) = EB(x)u0 (t)
(3.7)
Utilizzando le equazioni dellequilibrio nella forma del principio dei lavori virtuali, indicando con g il vettore delle forze di massa, con u il campo, arbitrario, degli spostamenti
virtuali e con il corrispondente campo delle deformazioni, ed indicando con V il volume
dellelemento, si ha:
Z
Z
T
(x, t) (x,t) dx = u(x, t)T g(x, t) dx
(3.8)
V
Nella formulazione di Galerkin il campo di spostamenti arbitrario viene espresso mediante le stesse funzioni interpolanti usate per descrivere il campo degli spostamenti reali;
si pone dunque u = Nu0 . Sostituendo nella (3.8) questa espressione degli spostamenti
virtuali e quella analoga delle deformazioni, che si ottiene dalla (3.6) ponendo u0 in luogo
di u0 , nonch lespressione (3.7) del campo delle tensioni, si ottiene:
Z
Z
T
T
T
u0
B (x)EB(x) dx u0 (t)
N (x)g(x, t) dx = 0
(3.9)
V
che, per larbitrariet del campo degli spostamenti u0 , implica sia verificata lequazione:
Ku0 (t) = f (t)
dove la matrice di rigidezza, come si desume dalleq. (3.9), :
Z
K=
BT (x)EB(x) dx
V
43
(3.10)
Nei problemi dinamici, tra le forze di massa g deve essere considerata la forza dinerzia
T
0 (t) = M
N (x)N(x) dx u
u0 (t)
(3.11)
fi (t) =
V
in cui
M=
NT (x)N(x) dx
(3.12)
la matrice coerente delle masse del sistema discretizzato. Nel caso di elementi finiti lequazione (3.12) fornisce la matrice delle masse dellelemento: la matrice dellintera
struttura si ottiene poi assemblando le matrici elementari con le solite regole, valide anche
per lassemblaggio della matrice di rigidezza.
Aggiungendo il termine con le forze dinerzia allequazione di equilibrio si ottiene quindi
ancora lequazione (3.4) (a meno del termine viscoso Cu)
ma ora la matrice delle masse
non pi diagonale: essa non stata ottenuta per semplice aggregazione nel nodo della
massa circostante, ma con un procedimento coerente (da qui la denominazione) con gli
altri procedimenti di discretizzazione.
Esempio 3.1 Si vuole costruire la matrice delle masse di una trave vincolata nel piano x, y, con
densit di massa per unit di lunghezza l , uniforme.
Nel riferimento proprio della trave, lasse x coincidente con quello della trave, lasse y ortogonale,se
si indica con u(x) = [u(x) v(x)]T il vettore degli spostamenti e con u0 = [u1 v1 1 u2 v2 2 ]T
il vettore dei parametri nodali, cio le componenti dello spostamento e la rotazione di ciascuna
estremit della trave, la matrice delle funzioni interpolanti :
"
#
x
0
0
0
0
1 xl
l
N(x) =
2
3
3
2
3
2
x3
x2
0 2 xl3 + 3 xl2
0
3 xl2 + 1 + 2 xl3 xl2 + x 2 xl
l2 l
Per determinare la matrice delle masse si sostituisce lesprerssione di N(x) data dallequazione
precedente nella (3.12); svolgendo i prodotti e quindi integrando tutti i termini della matrice
quadrata NT (x)N(x) per x variabile tra 0 ed l, tenendo conto che, per ipotesi, l non dipende da
x, si ha:
1
1
0
0
0
0
3l
6 l
13
11 2
9
13 2
0
0
420
l
35 l
210 l
70 l
Z l
11 2
13 2
1 3
1 3
0
0
140
l
210 l
105 l
420 l
T
M=
N (x)N(x) dx = l 1
1
l
0
0
0
0
0
3 l
6
9
13 2
13
11 2
0
l
l
0
l
l
70
420
35
210
3
13 2
1
11 2
1 3
0 420 l 140 l
0 210 l
105 l
44
3.3
(3.13)
Si assume quindi che la soluzione delleq. (3.3) si possa esprimere come il prodotto di un
vettore costante per una funzione scalare del tempo z(t); quindi si cerca, se esiste, una
soluzione delleq. (3.3) che si possa porre in tale forma.
Sostituendo leq. (3.13) nella (3.3) e moltiplicando tutti i termini a sinistra per T , si
ottiene:
T M z(t) + T K z(t) = 0
quindi, tenendo conto che i prodotti T M e T K sono scalari, dallequazione precedente si trae:
T K
z(t)
= 2
= T
z(t)
M
(3.14)
cio il rapporto tra la derivata seconda di z(t) e la funzione stessa deve uguagliare una
costante negativa. Il segno di questa costante consegue dal fatto che le quantit T M e
T K sono sempre positive. Questo si giustifica osservando che, se si interpreta il vettore
come un vettore di spostamenti impressi alla struttura, la quantit T K , a meno
del fattore 12 , lenergia elastica della struttura, che , come noto, sempre positiva. Analogamente se si interpreta come il vettore delle velocit impresse ai nodi della struttura,
T M il doppio dellenergia cinetica del sistema, grandezza anchessa positiva.2
Dalleq. (3.14) segue che z(t) deve essere soluzione dellequazione dierenziale:
z(t) + 2 z(t) = 0
(3.15)
che coincide con leq. (2.3), delloscillatore ad un g.d.l. libero e non smorzato, la cui
soluzione si pu porre nella forma:
z(t) = A sin(t + )
(3.16)
in cui A e sono costanti che dipendono dalle condizioni iniziali del moto.
Sostituendo lespressione di z(t) (3.16) nelleq. (3.13) e quindi questa di nuovo nella
(3.3), si ricava facilmente:
(3.17)
M2 + K A sin(t + ) = 0
2
45
Perch questa equazione sia soddisfatta per ogni valore di t deve risultare identicamente
nulla la quantit (M 2 + K). Sostituendo 2 con , questo implica che si deve avere:
K = M
(3.18)
j 6= k
(3.19)
Quindi, se si indica con la matrice n n costruita con gli autovettori k , risulta che le
matrici:
T M
T K
sono diagonali ed inoltre:
(T M)1 (T K) = 1 M1 K =
(3.20)
n
X
k zk (t)
(3.21)
k=1
k = 1, . . . , n
(3.22)
2k = k
(3.23)
46
3.3.1
Esempi
Come primo esempio si studiano le oscillazioni libere del doppio pendolo introdotto nel
1.2.5, utilizzando le equazioni linearizzate (1.23).
Esempio 3.2 Oscillazioni libere del bipendolo Le equazioni del bipendolo sono state ottenute nel nel 1.2.5, applicando le equazioni di Lagrange; in forma linearizzata, valida per piccole
oscillazioni, queste sono espresse dalle (1.23). Queste equazioni possono formularsi, con la notazio + K = 0, in cui indica il vettore delle coordinate lagrangiane
ne delle matrici, nella forma M
e le matrici delle masse e delle rigidezze sono:
(m1 + m2 ) l12 m2 l1 l2
g (m1 + m2 ) l1
0
M=
K
=
0
gm2 l2
m2 l1 l2
m2 l22
Gli autovalori della matrice:
1
M=
"
1
g l1
1
g l1
1
g(m1 +m2 ) m2 l2
1
g l2
2
2
(l1 + l2 )(m1 + m2 ) + (m1 + m2 ) m2 (l1 + l2 ) + m1 (l1 l2 )
1
1 =
2g
m1 + m2
r
1 12+
2
+(1)(12)2
1
1 12
2
+(1)(12)2
1
Nella figura p
3.1 sono riportati gli andamenti dei periodi di vibrazione (adimensionalizzate mediante
il fattore 2 (l1 + l2 )/g) dei due modi, in funzione del rapporto tra la massa m2 e quella totale e
per due casi del rapporto tra la lunghezza l2 del secondo pendolo e quella totale. In linea continua
rappresentato il caso = 0.5, con linea punteggiata rappresentato il caso = 0.25, che peraltro
coincide con quello relativo a = 0.75. Nella successiva figura 3.2 riportata, in funzione degli
47
1
0.8
0.6
0.4
0.2
00
0.2
0.4
0.6
0.8
p
Figura~3.1: Periodi di vibrazione del bipendolo (normalizzati con il fattore (l1 + l2 )/g)
in funzione del rapporto = m2 /(m1 + m2 ); tratto continuo: = 0.5; linea tratteggiata:
= 0.25 e = 0.75. Le linee superiori si riferiscono al primo modo, quelle inferiori al
secondo.
stessi parametri, lampiezza della componente 1 del vettore delle coordinate, rapportata a 2 ,
posta uguale ad 1. Dalla fig. 3.1 si osservi come il periodo del primo modo aumenta al crescere
della seconda massa in rapporto a quella totale, mentre il periodo del secondo diminuisce. Per
= 1 (tutta la massa concentrata nel secondo pendololo) il periodo di oscillazione del primo modo
coincide con quello del pendolo semplice di lunghezza l1 + l2 ; inoltre, dalla fig. 3.2 risulta che
2 = 1 = 1, ossia il pendolo oscilla rigidamente, ignorando la cerniera intermedia. Al diminuire
della massa m2 il periodo del primo modo decresce; se la cerniera al centro (l1 = l2 ) i periodi dei
due modi tendono a coincidere mentre 1 0: lampiezza delle oscillazioni del pendolo superiore,
dotato di maggiore massa, si riduce e tende ad annullarsi (rarontata a quella del pendolo di massa
minore) quando tutta la massa nel nodo superiore.
Si determina ora la storia delle ampiezze delle coordinate angolari 1 e 2 per un doppio pendolo
con masse uguali ( = 0.5) e per tre valori del rapporto = l2 /(l1 + l2 ), assumendo le condizioni
1 = 2 = 1 e 1 = 2 = 0. Indicando con i (i = 1, 2) gli autovettori si ottengono le equazioni:
1
1 [a1 cos (0) + b1 sin (0)] + 2 [a2 cos (0) + b2 sin (0)] =
1
2
2
0
[a1 sin(0) + b1 cos(0)] +
[a2 sin(0) + b2 cos(0)] =
0
T1 1
T2 2
Per cui dalla seconda equazione segue che b1 = b2 = 0 mentre la prima si semplifica nella:
1
1 a1 + 2 a2 =
1
Per = 0.5 ed = 0.5 si ottiene:
1 =
. 8604
1.0
2 =
. 19372
1.0
T1 = . 9462 T2 = 0. 3236
48
1
0.2
0.4
0.6
0.8
-1
-2
-3
Figura~3.2: Primo elemento del vettore modale in funzione del rapporto . I valori positivi
si riferiscono al primo modo, quelli negativi al secondo. Linea punteggiata = 0.25; linea
continua = 0.5; linea tratteggiata = 0.75
e quindi
a1 = 1. 1324 a2 = . 13243
Combinando questi risultati si ottengono le espressioni:
1
2
1
2
Gli andamenti nel tempo sono, nei due casi, rappresentati nelle figure 3.4 e 3.5.
Si noti come il contributo del seondo modo sia poco rilevante per i casi in cui = 0.5 e = 0.25,
mentre diventano importanti, almeno per il moto della massa superiore, nel caso = 0.75. Questo
era daltra parte prevedibile osservando il grafico della fig. 3.2, dove evidente, per questo caso, la
grande ampiezza (negativa) della componente 1 del secondo autovettore.
2
Come secondo esempio si riporta lo studio delle oscillazioni libere di un semplice telaio
di 3 piani con travi indeformabili (shear type).
49
1
0.5
00
10
20
30
t
40
50
60
-0.5
-1
Figura~3.3: Storia temporale delle oscillazioni delle coordinate angolari del bipendolo.
= 0.5 = 0.5. Con linea continua rappresentato 1 , con linea punteggiata 2
1
0.5
00
10
20
30
t
40
50
60
-0.5
-1
Figura~3.4: Storia temporale delle oscillazioni delle coordinate angolari del bipendolo.
= 0.5 = 0.25. Con linea continua rappresentato 1 , con linea punteggiata 2
50
1
0.5
00
10
20
30
t
40
50
60
-0.5
-1
Figura~3.5: Storia temporale delle oscillazioni delle coordinate angolari del bipendolo.
= 0.5 = 0.75. Con linea continua rappresentato 1 , con linea punteggiata 2
Esempio 3.3 Si vogliono determinare le frequenze e le forme modali del telaio a 3 piani rappresentato in fig. 3.6, ipotizzando che le travi siano indeformabili e trascurando la deformazione
assiale dei pilastri. Si assume inoltre che le masse sono interamente concentrate a livello dei piani.
Le sezioni dei pilastri sono 30 30 cm2 , le masse, uguali a tutti i piani, sono di 30 t, il modulo
elastico del materiale E = 3 107 KN/m2 .
Il sistema ha tre soli gradi di libert, corrispondenti agli spostamenti dei piani. Numerando le
coordinate lagrangiane ui (gli spostamenti dei piani) partendo dal basso, la matrice di rigidezza si
costruisce facilmente partendo da quella dei pilastri. Indicando con
J=
1
0.3 0.33 = 6. 75 104 m4
12
12EJ
KN
= 18000
33
m
36000 18000
0
0
2Kp Kp
K = Kp 2Kp Kp = 18000 36000 18000
0
18000 18000
0
Kp Kp
Poich le masse sono concentrate, la matrice M
30
M = 0
0
Le frequenze proprie (al quadrato) del telaio si
1
36000
30 0 0
A = M1 K = 0 30 0 18000
0
0 0 30
diagonale:
0 0
30 0
0 30
18000
0
1200 600
0
36000 18000 = 600 1200 600
18000 18000
0
600 600
51
Le frequenze proprie della struttura si ottengono dagli autovalori, ricordando che i = i ; nella
tabella seguente sono riportati i valori delle frequenze e dei periodi propri della struttura:
modo
1
2
3
freq. (sec1 )
10.90
30.54
44.14
period. T (sec)
0.576
0.206
0.142
Nella figura 3.7 sono invece rappresentate le forme modali dei tre modi del telaio.
3.4
Si torni ora a considerare lequazione generale della dinamica lineare di sistemi discreti, eq.
(3.4). Se la matrice degli autovettori i di K ed M, soluzione delleq. (3.18), poich
questi autovettori formano una base in Rn , si pu porre:
u(t) =
n
X
i=1
i zi (t) = z(t)
(3.24)
52
-1.0
0.0
1.0
-1.0
1 modo
0.0
1.0
-1.0
2 modo
0.0
1.0
3 modo
(3.25)
T C = matrice diagonale
(3.26)
(3.27)
Ci = Ti Ci
Ki = Ti Ki
(3.28)
(3.29)
la forza modale.
Lequazione (3.27) quella di un oscillatore ad 1 gdl aventi massa, rigidezza e smorzamento del modo i. Dividendo questa equazione per Mi questa si pu porre nella forma
standard:
zi + 2i i zi + 2i zi = Qi (t)
(3.30)
53
in cui
2i =
Ki
Mi
Ci
i =
2 Ki Mi
(3.31)
sono la frequenza naturale non smorzata e lo smorzamento percentuale del modo, mentre
si posto Qi = Fi /Mi .
3.4.1
Matrice di smorzamento
La capacit dissipativa delle strutture dipende da molti fenomeni che non sono chiaramente
compresi; per questo motivo non usualmente possibile costruire la matrice C partendo
dalla geometria della struttura e dalle caratteristiche dei materiali, in modo simile a quello
con cui si calcolano le matrici di rigidezza e delle masse. Di solito i valori degli smorzamenti
delle strutture si assegnano globalmente, sulla base di risultati sperimentali, misurati su
strutture di analoghe caratteristiche.
Dati i metodi con cui possibile misurare lo smorzamento di una struttura (p.es. sulla
base del decadimento di ampiezza delle oscillazioni libere, o sullampiezza della risposta
di risonanza), ci che noto solitamente sono i valori degli smorzamenti percentuali dei
(primi) modi di vibrazione della struttura; quindi quel che si conosce sono proprio i valori
dei coecienti i dei primi modi di vibrazione, non i termini cij della matrice C.
Lipotesi che gli autovalori di M e K diagonalizzino la matrice di smorzamento dunque
una conseguenza della scarsa conoscenza del fenomeno dello smorzamento; in questi casi
non eettivamente necessario eseguire la decomposizione della matrice C (che in eetti
non nota): determinate le caratteristiche dei modi non smorzati, come descritto nel 3.3,
nelle equazioni disaccoppiate (3.30) si introduce un termine dissipativo 2 i i , assegnando
alla percentuale di smorzamento i il valore che compete a quel modo. Le risposte modali
z(t) ottenute integrando le equazioni (3.30) si combinano secondo la (3.24) per ottenere il
vettore degli spostamenti dei nodi u(t), da cui si potr poi derivare ogni altra grandezza
di interesse fisico, come deformazioni, tensioni, ecc. . .
In alcuni casi, anzich operare la decomposizione modale, si preferisce integrare numericamente il sistema di equazioni accoppiate (3.4); questo si verifica ad esempio per
le strutture con comportamento nonlineare, le cui forze interne non seguono la semplice
legge lineare del prodotto di una matrice costante K per il vettore degli spostamenti u.
In questi casi indispensabile costruire la matrice C partendo dai dati disponibili, cio gli
3
smorzamenti modali.
Dalla seconda delle (3.31) si determinano i coecienti della matrice
diagonale Ci = 2 i Ki Mi e quindi invertendo le eq. (3.282 ) si ha:
C = [Ci ] T
(3.32)
Per le strutture con molti gdl questo procedimento risulta molto oneroso: infatti il
calcolo di tutti gli autovettori ed autovalori di una matrice di grandi dimensioni richiede
un notevole impegno di calcolo. Lecenza dellanalisi modale si basa sul fatto che generalmente i modi di frequenza pi elevata danno un contributo trascurabile alla risposta,
per cui la decomposizione (3.24) pu essere sostituita da
u(t) '
3
m
X
i zi (t)
(3.33)
i=1
A rigore nellanalisi nonlineare non pi lecito parlare di modi e di analisi modale. Tuttavia poich
per vibrazioni di ampiezza sucientemente piccola si pu ritenere che il sistema si comporti linearmente,
si pu comunque fare riferimento ai modi relativi alla matrice di rigidezza tangente nellorigine.
54
in cui il numero dei modi considerati m n spesso molto minore del numero dei gdl
della struttura. Viceversa il calcolo di C mediante la (3.32) richiede che si impieghino tutti
gli autovettori di M e K; infatti se in luogo di si impegasse una matrice rettangolare
composta con i primi m < n autovettori, la matrice C cos costruita assegnerebbe uno
smorzamento nullo ai modi di frequenza pi elevata i > m , ci che, per ragioni di
stabilit e accuratezza dellalgoritmo di integrazione, non opportuno.
Per costruire una matrice di smorzamento classica normalmente si preferisce assumere che essa sia proporzionale alle matrici M e K:
C =M+K
(3.34)
+ i
i
(3.35)
in cui i indica la frequenza delle oscillazioni libere e non smorzate del modo i. Poich mediante la (3.34) C dipende solo dai due coecienti e , possibile fissare i
valori degli smorzamenti di due soli modi (p.es. del 1 e del 2 ); gli altri risultano tutti
automaticamente determinati dalleq. (3.35).
1. Una formulazione pi generale, di cui la (3.34) rappresenta un caso particolare, la
seguente:
C=M
p
X
l=0
l M1 K
(3.36)
2. Per p = 1 leq. (3.36) coincide con la (3.34); per l > 1, per leq. (3.20) si ha:
1 M1 K =
da cui segue che M1 K = 1 , e di conseguenza:
1 l
1
1} = l 1
M K = |1 {z
l volte
p
X
l l
l=0
e dunque:
"
T C = T M
X
l
l l 1 = diag [Mi ]
X
l
l l
55
se i 6= j
X
= Mi
l 2l
i
l
3.5
Analisi in frequenza
3.5.1
Trasformata di Fourier
Nel paragrafo 2.4 si visto che, mediante uno sviluppo in serie di Fourier, ogni forzante periodica di periodo T pu essere rappresentata come sovrapposizione di funzioni armoniche
di periodo T, T /2, T /3, . . . , e quindi, grazie alla linearit delle equazioni del sitema, anche
la risposta si ottiene sovrapponendo le soluzioni ottenute per il caso con forzante armonica,
cio, per la parte stazionaria, di funzioni armoniche anchesse di periodo T, T /2, T /3, . . .
ecc., e con ampiezze e fasi che dipendono, oltre che da quelle delle componenti dellazione,
dalla funzione di risposta H(, ) espressa dalleq. (2.59). Si vogliono generalizzare questi
risultati al caso delle funzioni non periodiche.
Lespressione (2.68) dei coecienti di Fourier si pu scrivere in modo equivalente4 :
Z T /2
T An =
f (t)ein t dt
(3.38)
T /2
1 X
f (t) =
T An ein t
2 n=
(3.39)
Z
1
f (t) =
(3.41)
fe()eit d
2
Le relazioni (3.40) e (3.41) hanno senso solo se gli integrali impropri convergono: questo implica che:
limt |f (t)eit | = 0 ed anche lim |fe()eit | = 0.
56
Loperazione di trasformazione e la sua inversa sono lineari, pertanto sono intercambiabili con ogni altro operatore lineare.
Trasformata di Fourier della derivata. Applicando leq. (3.40) alla derivata di f (t)
ed integrando per parti, si ottiene:
Z
Z
f
df it
df
it
=
e
dt = f (t)e
+ i
f (t)eit dt = i fe()
dt
dt
Avendo tenuto conto di quanto detto nella nota precedente. Applicando pi volte il
procedimento risulta:
nf
dg
= (i)n fe()
dtn
(3.42)
Z
^
g(t)dt = (i)n ge()
(3.43)
Z
Z
Z Z
it
]
f (t )g( )d e
dt =
g( )
f (t )eit dt d
f g =
(3.45)
57
3.5.2
In queste equazioni 0 la frequenza delle oscillazioni libere non smorzate del sistema,
mentre il parametro della trasformata di Fourier e x
e e fe indicano le trasformate della
risposta e della forzante, rispettivamente. Risolvendo la precedente equazione rispetto ad
x
e() si ottiene:
x
e() =
1
fe() = H(, 0 , )fe()
+ 2i 0 + 20
(3.46)
in cui h(t) indica la trasformata inversa della funzione di trasferimento H(), cio:
Z
1
H()eit d
(3.48)
h(t) =
2
5
Nel capitolo precedente il tempo natorale t era sostituito con il tempo adimensionale = 0 t per
questo motivo la funzione H risulta moltiplicata per 20 . Si ricordi che = /0 .
58
Confrontando leq. (3.47) con la (2.81) appare evidente che la funzione di trasferimento
H() la trasformata di Fourier della funzione di risposta ad impulso (2.82) (a meno del
fattore 1/m), pertanto si avr:
p
2
Z
sin
t
0
1
p
H()eit d =
e0 t
(3.49)
2
2
0 1
Questa relazione pu essere calcolata direttamente, facendo uso della propriet delle
funzioni olomorfe, per cui si ha:
Z
X
f (x) dx = 2i
Residuo [f (zn )]
dove zn sono i punti di singolarit di f (z) che cadono nella parte superiore del piano
complesso. I punti singolari di H()eit sono le radici della funzione a denominatore:
2 + 2i 0 + 20 = 0
q
2
1 = 0 i 1
2
e quindi:
h(t) =
i
h
0 t +i 1 2
i
h
0 t i 1 2
+e
p
2i 0 1 2
sin 0 1 2 t
p
=
e0 t
2
0 1
La funzione h(t) si deve intendere nulla per t < 0; pertanto lintegrale (3.47) si pu
estendere allintervallo [, t]; in questo modo leq. (3.47) coincide con la (2.81) quando
il tempo inziale t0 ; questo dimostra che leq. (3.46) fornisce la trasformata della
parte stazionaria del moto.
Per un sistema a molti gradi di libert, supponendo che lo smorzamento sia di tipo
classico, le equazioni del moto possono essere disaccoppiate, riportando il problema a
quello di N oscillatori indipendenti, ciascuno caratterizzato dalla frequenza modale n
e dal relativo smorzamento n , per i quali si applica leq. (3.46). Quindi eseguendo la
trasformata di Fourier delleq. (3.30) si orriene:
in cui
en ()
zen () = Hn ()Q
Hn () =
1
+ 2in n + 2n
T
en () = n e
f ()
Q
Mn
(3.50)
(3.51)
(3.52)
Il vettore e
f () costruito con le trasformate di Fourier delle componenti del vettore delle
forze esterne f (t). Lintero vettore e
z() dato quindi dalla relazione:
1 T
e
f () = diag [Hn ()] 1 M1e
f ()
e
z() = diag [Hn ()] T M
(3.53)
59
La matrice:
e () = e
u
z() = diag [Hn ()] 1 M1e
f () = H()e
a()
(3.54)
(3.55)
(3.56)
il vettore delle trasformate di Fourier delle forze normalizzate con la matrice delle masse.
Il calcolo della trasformata diretta ed inversa in forma analitica possibile solo per
poche semplici funzioni. In generale luso delle trasformate di Fourier richiede limpiego
di procedimenti numerici: utilizzando lalgoritmo FFT si possono calcolare per punti le
e ; la risposta si ottiene
funzioni e
f () e quindi, mediante le (3.54) si determinano i valori di u
e.
poi utilizzando la FFT inversa, applicata a u
3.6
3.6.1
Moto di trascinamento
Moto sincrono
Tra le cause che sono in grado di indurre azioni dinamiche significative sulle strutture delle
costruzioni civili la pi importante probabilmente il moto sismico. In questo caso sulla
struttura non agiscono direttamente delle forze, ma solo gli eetti inerziali impressi dal
moto di trascinamento. Infatti, in condizioni sismiche, un riferimento solidale al terreno
non pi, neanche approssimativamente, inerziale e non pi lecito scrivere le equazioni
del moto rispetto ad esso. Si dovr perci assumere come riferimento uno solidale al terreno
in quiete; rispetto a questo, supponendo che la fondazione, rappresentata dai nodi vincolati
al terreno, si comporti come un corpo rigido, laccelerazione dei nodi della struttura si pot
decomporre nella somma di un moto rigido direttamente proporzionale allaccelerazione
alla base e di un termine di moto relativo, che esprime la deformazione della struttura:
u
+ Tag (t), in cui u indica ancora il vettore degli spostamenti relativi alla fondazione e
ag il vettore delle componenti del moto della fondazione; nel caso pi generale ag un
vettore con 6 termini (3 traslazioni e 3 rotazioni). La matrice T, detta di trascinamento,
la matrice che esprime il moto dei nodi della struttura (considerata rigida) in funzione
di quello della base; essa ha tante colonne quanti sono i termini di ag e tante righe per
quanti sono i g.d.l. della struttura. Tenendo conto che la parte rigida del moto non induce
direttamente tensioni, lequazione dinamica del sistema si scrive:
M (
u + Tag (t)) + Cu + Ku = 0
Portando il termine noto a secondo membro si ottiene:
M
u + Cu + Ku = MTag (t)
(3.57)
Questa equazione coincide con la (3.4) se si sostituisce il termine noto f con Tag . Se
la matrice di smorzamento di tipo classico leq. (3.57) pu essere disaccoppiata nelle
equazioni modali ed il termine della forzante del modo iesimo risulta:
Qi =
Ti MT
ag (t) = pi ag (t)
i Mi
(3.58)
60
Il vettore
pi =
Ti MT
i Mi
(3.59)
detto vettore dei coecienti di partecipazione del modo iesimo. Quando il moto della
fondazione traslatorio in una sola direzione, il vettore ag diviene uno scalare e la matrice T un vettore; in questo caso anche pi uno scalare, indicato come coeciente di
partecipazione del modo.
La matrice P dei coecienti di partecipazione si pu anche esprimere direttamente
come prodotto di 1 T, infatti:
1 T
P = T M
MT = 1 T
(3.60)
Questa formulazione non conveniente per i sistemi con numerosi g.d.l. di cui normalmente
non vengono determinati tutti gli autovettori e pertanto leq. (3.60) non utilizzabile, in
quanto lintera matrice non nota.
Esempio 3.4 Determinare i coecienti di partecipazione dei modi del telaio studiato nellesempio 3.3 supponendo che il moto di trascinamento sia di sola traslazione in direzione orizzontale.
In questo caso la matrice T diviene un vettore che, per la struttura esaminata, ha tre termini, tutti
uguali ad 1:
1
T= 1
1
ricordando le matrici delle masse e degli autovettori della struttura:
30 0 0
. 32799 . 73698 . 59101
M = 0 30 0
= . 59101 . 32799 . 73698
0 0 30
. 73698 . 59101
. 32799
p2 =
T1 MT
49. 679
=
= 1. 656
30.0
T1 M1
T2 MT
14. 219
=
= . 47397
T
30.0
2 M2
p3 =
T3 MT
5. 4606
=
= . 18202
T
30.0
3 M3
ovvero, direttamete:
. 32798
. 59101 . 73697
1
1. 656
p = 1 T = . 73697 . 32798 . 59101 1 = . 47395
. 59101 . 73697 . 32798
1
. 18201
61
3.6.2
Anche se nella maggior parte dei casi lipotesi di moto sincrono dei punti vincolati al
terreno sia lecita, ve ne sono alcuni in cui essa non pi accettabile: questo per esempio
il caso delle strutture spazialmente estese, con vincoli anche molto distanti tra loro, come i
lunghi ponti o viadotti, o le tubazioni dei gasdotti, o nel caso delle sovrastrutture vincolate
in punti diversi di una struttura principale.
Quando il moto di trascinamento non pi sincrono si deve far riferimento al sistema
di assi in quiete: indicando con x il vettore degli spostamenti di tutti inodi della struttura
relativi a questo riferimento, le equazioni di equilibrio dei g.d.l. non vincolati si scrive:
f +Mf g x
g +Cf f x f +Cf g x g +Kf f xf +Kf g xg = 0
Mf f x
(3.61)
Il vettore x stato suddiviso nei sottovettori xf dei gradi di libert non vincolati e xg del
moto impresso ai g.d.l. vincolati e le matrici delle masse, degli smorzamenti e di rigidezza
sono state coerentemente suddivise. La matrice Kf g tiene conto degli eetti prodotti sui
nodi liberi dalle distorsioni impresse ai vincoli; la matrice Mf g non nulla solo nel caso
di matrice delle masse coerente. conveniente esprimere xf come somma di una parte
dinamica e di una statica o distorsiva:
xf = xsf + u
(3.62)
in cui u indica la parte dinamica del moto e xsf quella statica. La parte statica si
assume che verifichi lequazione (3.61) in condizioni statiche, cio:
Kf f xsf +Kf g xg = 0
(3.63)
xsf = K1
f f Kf g xg
(3.64)
Sostituendo la decomposizione (3.62) nelleq. (3.61) e tenendo conto della (3.64), si ottiene:
1
x
g
+ Cf f u + Kf f u = Mf f K1
K
M
+
C
K
K
C
Mf f u
g
fg
fg
ff ff
fg
fg x
ff
(3.65)
In questo modo si ottinuto di dare allequazione delle strutture soggette a moto non
sincrono una struttura analoga alla (3.57) relativa al caso sincrono, a parte il termine
a secondo membro delleq. (3.65) che dipende dalla velocit del moto di trascinamento.
Inoltre, se si assume che la matrice di rigidezza sia semplicemente proporzionale a quella
delle rigidezze, cio che sia valida leq. (3.34) con = 0, allora sostituendo Cf f = Kf f
e Cf g = Kf g , lultimo termine del secondo membro delleq. (3.65) identicamente nullo
e risulta:
x
g
+ Cf f u + Kf f u = Mf f K1
K
M
(3.66)
Mf f u
f
g
f
g
ff
Anche quando non si pu sostenere che la matrice di smorzamento proporzionale alle
rigidezze, se il contributo dello smorzamento alle forze totali piccolo, il termine di smorzamento viene comunque trascurato, in modo che il sistema di equazioni assuma la forma
(3.66), formalmente simile a quella delle strutture soggette a moto sincrono.
62
Le sollecitazioni dei nodi liberi dipendono solo dalla parte dinamica dello spostamento:
infatti si ha:
sf = Kf f (u + xsf ) + Kf g xg = Kf f u
(3.67)
Lultimo risultato si ottiene immediatamente tenendo conto della posizione (3.63). Nei
nodi vincolati invece si avr:
sg = Kgf (u + xsf ) + Kgg xg
per cui, tenendo conto della (3.64) e del fatto che Kgf = KTfg , si ottiene:
K
sg = KTfg u+ Kgg KTfg K1
f g xg
ff
(3.68)
Quindi, contrariamente al caso di moto sincrono, le sollecitazioni nei nodi vincolati dipendono anche dalle distorsioni indotte dal trascinamento.
3.7
Si gi detto in precedenza come di solito non sia possibile costruire la matrice di smorzamento di una struttura per assemblaggio di quelle dei suoi elementi costituenti (p.es.
travi e pilastri) per cui lo smorzamento viene assegnato in termini percentuali direttamente ai modi della struttura non smorzata, basandosi sui valori misurati sperimentalmente
su edifici analoghi a quello attualmente studiato. Questo modo di procedere presuppone
che la matrice di smorzamento della struttura risulti disaccoppiata dagli autovettori delle
matrici di rigidezza e delle masse, relativi alla struttura non smorzata, ossia che lo smorzamento sia di tipo classico o proporzionale, e ques to implica che C si possa ottenere
combinando M e K come espresso dalleq. (3.34) o, pi in generale, (3.36).
In alcuni casi tuttavia lipotesi di smorzamento classico non accettabile: questo si
verifica quando per qualche ragione noto che una parte di una struttura ha uno smorzamento notevolmente diverso da quello delle altre, come nel caso dello studio dei problemi
di interazione suolo struttura o delle strutture isolate alla base o munite di sistemi di dissipazione di energia. Ad esempio per lo studio dellinterazione della deformabilit del suolo
con la soprastante struttura necessario inserire nel modello, insieme alla struttura, anche
una parte del suolo sottostante. noto che, per varie ragioni, lo smorzamento da assegnare al suolo sensibilmente maggiore di quello da attribuire alla struttura soprastante,
ne consegue che la matrice globale risulta non proporzionale6 .
Quando la matrice di smorzamento non diagonalizzata dagli autovettori del sistema
non smorzato, la decomposizione modale studiata nei 3.3 ed 3.4 non pi applicabile
perch il sistema di equazioni che si ottiene utilizzando la trasformazione (3.25) non pi
composto da equazioni indipendenti, poich la matrice T C non diagonale e pertanto
nella kesima equazioni compaiono termini in zj , con j 6= k. Sono stati ideati alcuni metodi approssimati per superare questo ostacolo, il pi semplice dei quali, utilizzabile per
6
Nel caso dei problemi di interazione suolostruttura, per la costruzione della matrice complessiva si
pu procedere nel seguente modo: si costruiscono le matrici di smorzamento Ct e Cs relative al solo terreno
ed alla sola struttura, considerati separati, partendo dalle matrici di rigidezza e delle masse di ciascuna
parte, nellipotesi di smorzamento proporzionale, utilizzando le eq. (3.34) o (3.36), e quindi assemblando
queste in ununica matrice.
63
sistemi debolmente smorzati, consiste semplicemente nellignorare i termini fuori diagonale, assumendo quindi per ogni modo lo smorzamento che corrisponde altermine diagonale
della matrice T C. Pi in generale, se si vuole tenere correttamente conto della natura
non proporzionale dello smorzamento per un sistema eccitato da una forzante qualsiasi,
ma definita deterministicamente, la via pi conveniente quella di integrare direttamente
le equazioni del moto nel dominio del tempo, impiegando una tecnica numerica del tipo
di quelle illustrate nel 2.6.2. In alcuni casi per, ad esempio nelo studio della risposta ad
unazione aleatoria, indispensabile possedere una formulazione analitica dellequazione,
ottenuta mediante la decomposizione modale: nel seguito sar illustrato un procedimento
che consente la decomposizione modale di sistemi con matrice di smorzamento di tipo
qualsiasi.
3.7.1
y0 (0) = y20 ,
...
pu essere sempre trasformata in un sistema di m equazioni del primo ordine; basta per
questo introdurre un vettore di incognite:
y1 = y,
y2 = y0 ,
...
ym = y (m1)
y2 (0) = y20 ,
...
ym (0) = ym0
u(t)
x(t) =
(3.69)
u(t)
64
0
I
M1 K M1 C
(3.70)
0
1
M f (t)
(3.71)
= Ax(t) + y(t)
(3.72)
come facile verificare direttamente, sviluppando la (3.72) e tenendo conto delle definizioni
(3.69), (3.70) e (3.71).
Soluzione di un sistema del primo ordine a coecienti costanti
Lequazione dierenziale (3.72) a coecienti costanti, come leq. (3.4) da cui deriva.
Lintegrale generale delleq. (3.72) si pu calcolare con la relazione:
Z t
X(t )y( ) d
(3.73)
x(t) = X(t)x0 +
0
in cui x0 indica il vettore delle condizioni iniziali di x(t) ed X(t) la matrice delle soluzioni
principali. X(t) una matrice 2N 2N formata con 2N soluzioni indipendenti dellequazione (3.72) resa omogenea e con condizioni iniziali tali che solo una delle componenti di
x(0) non nulla (ed uguale ad uno). Sinteticamente questo significa che X(t) soddisfa le
condizioni:
X(t)
= AX(t)
X(0) = I
(3.74)
X(t
+
X(0)y(t)
+
x(t)
= X(t)x
0
0
Z t
X(t )y( ) d = Ax(t) + y(t)
AX(t)x0 + y(t) + A
0
(3.75)
in cui con eAt si intende la matrice che si ottiene come limite della serie:
eAt = I + At +
X
1 n n
1
1
(At)2 + (At)3 + =
A t
2
3!
n!
n=0
(3.76)
Supponendo che la matrice degli autovettori di A, , sia non singolare, essa definisce una
trasformazione che rende A diagonale [eq. (A.46)] 1 A = , in cui = diag [1 , 2 , . . . , 2N ]
65
"
!
#
i
h
X 1
X n
k n
n tn 1 = diag
t 1 = diag ek t 1 = et 1
eAt =
n!
n!
n=0
n=0
(3.77)
Con et si indicata sinteticamente la matrice diagonale formata con gli esponenziali
degli autovalori di A moltiplicati per t. La soluzione dellequazione dierenziale (3.72)
quindi ricondotta alla determinazione degli autovalori e degli autovettori della matrice A
dei coecienti.
Determinazione delle soluzioni modali
Sostituendo nella (3.73) alla matrice delle soluzioni principali X(t) la (3.75) nella forma
(3.77), si ottiene
Z t
e(t ) 1 y( ) d
(3.78)
x(t) = et 1 x0 +
0
x(t)= z(t)
(3.79)
z(t) = e z0 +
e(t ) w( ) d
(3.80)
avendo posto, in accordo alla (3.79), z0 = 1 x0 e w(t) = 1 y(t). Tenendo conto che
et una matrice diagonale, leq. (3.80) si decompone in 2N equazioni indipendenti del
tipo:
Z t
zk (t) = ek t z0k +
ek (t ) wk ( ) d
(k = 1, 2, . . . , 2N )
(3.81)
0
66
q
k k t
2
2
zk (t) = z0k e
cos k 1 k t + i sin k 1 k t
(3.82)
La parte reale di questa funzione coincide con la legge del moto di un oscillatore di frequnza
naturale (non smorzata) k e smorzamento percentuale k . Dunque il modulo dellautovalore complesso k la frequenza naturale del modo ed il rapporto tra la parte reale ed
il modulo stesso corrisponde al coeciente di smorzamento.
Autovettori complessi
Nelle strutture non smorzate, o smorzate in modo classico, se viene eccitato un singolo
modo di vibrazione, la struttura oscilla in modo che, pur variando lampiezza, la configurazione non muta, poich questa dallautovettore reale delle matrici K e M. Per
comprendere quello che accade per le strutture con smorzamento non classico si osservi
che se k indica il kesimo vettore della matrice , cio il kesimo autovettore di A, deve
della
matrice A [eq. (3.70)] e
soddisfare lequazione Ak = k k . Ricordando la forma
k
si ha:
suddividendo il vettore k in due sottovettori: k =
$k
k
k
0
I
Ak =
= k
$k
$k
M1 K M1 C
da cui si deducono le due equazioni:
$k = k k
1
Kk M
(3.83)
C$k = k $k
Sostituendo la prima nella seconda, dopo aver moltiplicato tutti i termini a sinistra per
M, si ottiene:
2
k M+k C + K k = 0
(3.84)
Gli autovalori k si possono quindi ottenere come radici del polinomio di ordine 2N :
det 2k M+k C + K = 0 ed gli autovettori k come soluzioni del sistema omogeneo
(3.84).
Ortogonalit degli autovettori
Introducendo le matrici simmetriche:
C M
D=
M 0
e facile verificare che
1
B=
K 0
0 M
0
M1
M1 M1 CM1
(3.85)
67
(3.86)
Poich le matrici B e D sono simmetriche si verifica facilmente che gli autovettori sono
ortogonali; cio se k e l sono autovettori che corrispondono a due modi diversi k 6= l ,
si ha:
Tl B k = k Tl D k = 0
In forma esplicita, ricordando che si posto k =
equazioni
(l 6= k)
k
k k
Tl Kk =l k Tl Mk
Tl Ck +(l
+ k )Tl Mk
(3.87)
(3.88a)
=0
(3.88b)
k k t
2
2
cos k 1 k t + i sin k 1 k t
uk (t) = 2 Re k z0k e
quindi, ponendo z0k nella forma |z0k |eik e distinguendo k nelle sue parti reale e immaginaria, risulta:
k k t
2
uk (t) = 2 Re (k +i k ) |z0k |e
cos k 1 k t + k
q
2
+i sin k 1 k t + k
=
q
q
k k t
2
2
2|z0k |e
k cos k 1 k t + k k sin k 1 k t + k
(3.89)
Questa equazione dimostra come, a dierenza del caso delle oscillazioni non smorzate,
o smorzate in modo proporzionale, ora le oscillazioni di ciascun modo sono formate da una
combinazione di due forme, che oscillano con la stessa frequenza ma con una dierenza di
fase di /2, corrispondenti alla parte reale e complessa dellautovettore.
Capitolo 4
Introduzione
Nei capitoli precedenti sono stati esaminati sistemi con un numero finito di gradi di libert. Da un punto di vista operativo laver ristretto lo studio a tali sistemi non una
limitazione, poich sempre possibile approssimare un sistema continuo con uno discreto,
eventualmente fornito di un numero sucientemente grande di gradi di libert. In alcuni
casi la discretizzazione quasi naturale e d luogo a sistemi con relativamente pochi gradi
di libert (p.es. gli edifici a telaio multipiano), in altri la discretizzazione meno ovvia
e richiede, per ottenere una modellazione significativa, lintroduzione di molti gradi di libert (p.es. la discretizzazione con elementi finiti di un guscio o di una piastra). Tuttavia,
se la discretizzazione con il metodo degli elementi finiti uno strumento potente che permette di risolvere accuratamente problemi complessi, la cui soluzione inabbordabile per
via analitica, ha il limite di non porre in evidenza i caratteri generali delle soluzioni, che
spesso possibile ottenere da uno studio attento delle equazioni che reggono il problema e
della struttura delle soluzioni (quando note); tale studio consente spesso di penetrare pi
profondamente nella natura del sistema e funge da guida per apprestare gli strumenti di
indagine pi appropriati per altri problemi.
Le equazioni della dinamica dei continui si ottengono facilmente estendendo quelle ben
note della statica. In pratica le equazioni di compatibilit cinematica (congruenza) e la
legge costitutiva del materiale (p.es. elastica lineare) non mutano; solo nelle equazioni di
equilibrio si deve tener conto anche degli eetti dellinerzia. Nel caso di piccoli spostamenti, quando possibile sostituire le equazioni di equilibrio relative alla configurazione
di riferimento (configurazione indeformata) a quelle relative alla configurazione attuale, le
equazioni di equilibrio si scrivono:
ui
ij/j + gi =
(4.1)
dove ij indica la componente ij del tensore delle tensioni T, gi sono le componenti del
vettore delle forze di volume g, ui sono le componenti del vettore degli spostamenti u
e indica la densit di massa; il pedice /j denota la derivazione rispetto alla j-esima
coordinata spaziale xj , mentre con il punto sopra il simbolo si indicata la derivata
rispetto alla coordinata temporale t. Pertanto u
i la i-esima componente del vettore
accelerazione; inoltre si applicata la convenzione di Einstein, per la quale sottintesa la
68
69
ij
j xj ).
4.2
4.2.1
Il caso pi semplice da esaminire quello di una barra con asse rettilineo soggetta soltanto
ad azioni parallele allasse longitudinale. Indicando con x la direzione di questo asse, la
sola componente non nulla di T sar xx = ; assumendo inoltre nulle le forze di volume,
la (4.1) si semplifica nella sola equazione scalare:
2u
= 2
x
t
(4.2)
u
x
u
2u
E
= 2
x
x
t
e, se le caratteristiche meccaniche sono uniformi nella barra:
E
2u
2u
=
x2
t2
(4.3)
(4.4)
(4.5)
dove f1 ed f2 sono funzioni arbitrarie, purch due volte derivabili, il cui eettivo valore
dipende dalle condizioni iniziali ed al contorno. Lequazione (4.5) rappresenta la sovrapposizione di due onde, di forma f1 (x) ed f2 (x), rispettivamente, entrambe viaggianti con
velocit c, la prima nel verso negativo e la seconda in quello positivo dellasse della barra.
70
0.8
0.6
0.4
0.2
0
-0.2
10
15
x
20
25
30
-0.4
-0.6
-0.8
4.2.2
(4.6)
2
1 d2 w
2 1 d
=
c
= 2
w(t) dt2
(x) dx2
(4.7)
71
dove 2 indica una costante positiva. La ragione della scelta del segno della costante sar
chiarito tra breve.
Dalla (4.7) si ottengono due equazioni dierenziali ordinarie (lineari ed a coecienti
costanti):
d2 w
+ 2 w = 0
dt2
d2 2
+
= 0
dx2
c
(4.8)
(4.9)
Lequazione (4.8) coincide con quella (2.3) di un oscillatore semplice non smorzato di
frequenza . La soluzione si pu scrivere nella forma:
w(t) = eit
(4.10)
ora possibile chiarire la ragione della scelta del segno dellultimo membro della (4.7); se questo fosse stato positivo la soluzione dellequazione (4.8) sarebbe stata
esponenzialmente crescente nel tempo, violando i principi di conservazione.
Analogamente anche la soluzione dellequazione (4.9) una combinazione di funzioni
armoniche:
(x) = Aeix + Beix
(4.11)
in cui si posto
=
(4.12)
mentre A e B sono costanti complesse che dipendono dai vincoli imposti alle sezioni di
estremit. La soluzione dellequazione (4.3) si pu quindi scrivere:
u (x, t) = Aei(t+x) + Bei(tx)
(4.13)
Estremi liberi
In tal caso nella sezioni di ascissa x = 0 e x = l si ha = 0, ovvero, per la proporzionalit
tra tensioni e deformazioni,
x =
d
u
=w
=0
x
dx
per x = 0 e x = l
Dalla prima di queste equazioni segue che A = B. Quindi dalla seconda si ricava:
n
l
(4.14)
72
e quindi
n = n
c
l
(4.15)
A ciacun valore di n corrisponde quindi una soluzione dellequazione (4.3) che rispetta le
condizioni di bordo libero:
un (x, t) = n (x)wn (t)
(4.16)
n (x) = cos(n x)
(4.17)
in cui
i n t
wn (t) = Ae
(4.18)
Le funzioni n (x) sono le autofunzioni dellequazione dierenziale (4.9), per le condizioni ai limiti prescelte; n sono i corrispondenti autovalori. Ricordando la definizione di n ,
facile intendere il significato della grandezza, detta lunghezza donda, n = 2/n = cTn ,
dove Tn = 2/ n il periodo di oscillazione: n lo spazio percorso dallonda in un periodo di oscillazione, ma anche il periodo spaziale dellautofunzione. Il suo inverso (a
meno di 2) n detto numero donda.
Estremi vincolati
In questo caso le condizioni al contorno sono (0) = (l) = 0. Di conseguenza dalla (4.13)
si ottiengono le equazioni:
(A + B) eit = 0
l = n
dove n indica un intero positivo. Quindi i numeri donda delle vibrazioni sono, come nel
caso precedente
n
n =
l
e di conseguenza anche le frequenze prendono i valori forniti dallequazione (4.15). La
soluzione dellequazione delle onde risulta pertanto:
un (x, t) = A sin (n x) ein t
(4.19)
Il fattore 2i stato incorporato nel coeciente indeterminato A. Nei due casi esaminati le
vibrazioni in due barre di uguali caratteristiche ma diversamente vincolate alle estremit,
una con le estremit libere e laltra incastrate, hanno le stesse frequenze e lunghezze
donda, ma le onde sono traslate, luna rispetto a laltra, del fattore /2.
73
1
eil + eil = 2 cos (l) = 0 = l = n
(n = 1, 2, . . . )
e quindi
=
n
n =
n
1
2 l
c
1
2
l
(4.20a)
(4.20b)
Il confronto tra le (4.20) e la (4.15) dimostra come le frequenze delle vibrazioni libere
delle barre con vincoli misti sono pi basse di quelle di analoghe barre vincolate in modo
uguale ad entrambi gli estremi. Indicando con In le frequenze di queste ultime e con II
n
quelle delle barre con vincoli asimmetrici, si ha:
1
II
n 1/2
n
=
1
=
0.5
0.75
0.833
=
In
n
2n
Vibrazioni indotte da una percossa
Su di una barra lunga l, inizialmente in quiete, vincolata ad un estremo e libera allaltro,
si applichi, allestremit libera, una pressione di intensit 0 per un tempo molto breve
t, dopo il quale la forza viene rimossa e la barra lasciata libera di vibrare. Alla fine del
tempo t solo un breve tratto della barra di lunghezza x, infinitesimo dello stesso ordine
di t, avr avvertito gli eetti della percossa, mentre il resto della barra sar rimasto in
quiete.
Per valutare gli eetti della forza alla fine del tempo di applicazione, si parte dalla
equazione (4.2); integrando entrambi i membri rispetto ad x, nellintervallo [0, x], si ha:
Z x
u
(x, t) dx
(4.21)
(x, t) (0, t) =
0
Per 0 t < t, si ha per ipotesi (0, t) = 0 ed inoltre, per come stato definito
x, (x, t) = 0. Sostituendo queste uguaglianze nelleq. (4.21) ed integrando ancora
entrambi i membri rispetto al tempo, nellintervallo [0, t], si ottiene:
Z x
[u (x, t) u (x, 0)] dx
0 t =
0
74
0 t = u (0, t) x + O x2
da cui, si ottiene:
u (0, t) = v0 = lim
t0
0 t
0
=
x
c
(4.22)
An ein t cos (n x)
(4.23)
n=1
dove le espressioni di n e n sono quelle delle eq. (4.20). Diversamente dal caso trattato
prima qui si posta lorigine del riferimento in corrispondenza dellestremit libera della
barra, per cui la funzione seno sostituita dalla funzione coseno. Derivando la (4.23) si
trova lespressione della velocit:
u (x, t) = i
An n ein t cos (n x)
(4.24)
n=1
Ponendo lorigine dei tempi nellistante in cui cessa lazione della forza, al tempo zero la
velocit dei punti della barra nulla ovunque eccetto il tratto iniziale di lunghezza x
dove prende il valore v0 fornito dalla (4.22). Moltiplicando entrambi i membri della (4.24)
per cos (j x), ponendo t = 0 e tenendo conto che u 6= 0 solo per x [0, x], si ha:
Z
v0 cos (j x) dx = i
n=1
Aj j
cos (j x) cos (n x) dx
Tenendo conto dellespressione esplicita di e di [eq. (4.20)] e delle propriet di ortogonalit delle funzioni trigonometriche, si ha:
l
v0 x + O x3 = iAj j
2
4 0 t
2v0 x
= i
j l
(2j 1) c
(4.25)
(4.26)
75
76
4.3
Nel continuo tridimensionale le equazioni di equilibrio sono espresse dalla (4.1); a queste si
devono aggiungere le relazioni di compatibilit cinematica che, per piccole deformazioni,
sono:
E = sim grad u
(4.27)
dove loperatore sim (T) indica la parte simmetrica del tensore T, e la legge costitutiva del
materiale. Per un mezzo linearmente elastico ed isotropo questa pu formulare nel modo
seguente:
T = Tr (E) I+2E
(4.28)
E
(1 + ) (1 2)
=G=
E
2 (1 + )
(4.29)
(4.30)
2
y2
2
z 2 .
u = ul + ut
(4.31)
div ut = rot ul = 0
(4.32)
dove:
77
ut = 0
rot ut
(4.34)
Poich per le entrambe le quantit in parentesi quadra nelle due equazioni (4.33) e (4.34)
si annullano rotore e divergenza esse sono, a meno di un termine costante, identicamente
nulle; si ottengono cos le due equazioni:
u
l = c2l 4ul
t
(4.35a)
c2t 4ut
(4.35b)
dove
cl =
4.3.1
+ 2
=
E
1
(1 + ) (1 2)
ct =
E
1
2 (1 + )
(4.36)
Onde piane
Una soluzione delle equazioni (4.35) costituita da onde piane che si propagano secondo
una arbitraria direzione n. Infatti posto
u(t, x) = u (x n ct)
(4.37)
78
x
y
1
cl
2
= 2+ = 2
(4.38)
ct
1 2
come si deduce dalle (4.36). Lequazione (4.38) dimostra che il rapporto tra le velocit
delle onde p e le s dipende solo dal coeciente di Poisson .
4.4
Si vuole ora cercare una soluzione dellequazione delle onde (4.35) che sia valida in un
semispazio in prossimit della sua frontiera. Questa soluzione descrive la propagazione di
onde in prossimit della superficie di separazione del semispazio in uno strato di relativo
piccolo spessore e quindi sono chiamate onde superficiali o onde di Reyleigh in onore del
fisico che per primo studi questo fenomeno (1885).
Si considerer il caso di unonda piana, cio quando le particelle poste in vibrazione
si muovono parallelamente ad un piano che per ovvie ragioni si supporr ortogonale alla
superficie che delimita il semispazio. Si assumer un riferimento con origine sulla frontiera
del semispazio, lasse x nella direzione della propagazione dellonda e lasse z ortogonale
alla superficie e rivolto verso linterno del semispazio. Per le ipotesi fatte il vettore di
spostamento u contenuto nel piano xz e quindi ha componenti nulle nella direzione
ortogonale y.
Nel paragrafo precedente stato mostrato che conveniente esprimere il campo degli
spostamenti come somma di un vettore irrotazionale ed uno a divergenza nulla. Poich il
79
ut = rot
(4.39)
Nel caso piano, e saranno funzioni solo di x e z; inoltre, perch ut sia contenuto nel
piano xz occorre che sia ortogonale a tale piano, quindi che abbia una sola componente
non nulla , parallela ad y. In modo esplicito si ha dunque:
ul =
wl =
wt =
x
ut =
(4.40)
2
2
2
+
= cl
x t2
x x2
z 2
2
2
2
2
=
c
+
l
z t2
z x2
z 2
2
2
2
2
= ct
+
z t2
z x2
z 2
2
2
2
2
+
= ct
x t2
x x2
z 2
Queste relazioni sono equivalenti alle espressioni pi sintetiche:
2
2
grad
= cl 4
t2
2
2
grad
= ct 4
t2
che, a meno di un termine costante, del tutto irrilevante, implicano che:
2
t2
2
t2
= c2l 4
(4.41a)
= c2t 4
(4.41b)
Queste due equazioni sono simili e si dierenziano solo per il diverso valore della velocit
delle onde di pressione rispetto a quelle di taglio; si cercher ora la struttura della soluzione
di unequazione del tipo:
2F
= c2 4F
t2
(4.42)
(4.43)
80
Sostituendo la (4.43) nella (4.42) e dividendo tutti i termini per F = XZ, si ha:
1 d2 X
1 d2
1 d2 Z
2
=c
+
dt2
X dx2
Z dz 2
4.5
Trave a taglio
Si consideri ora il caso di uno strato delimitato da due piani paralleli tra loro distanti
h. Si assuma un riferimento in cui lasse z ortogonale ai due piani, quindi, supponendo
che lo strato sia soggetto ad un moto piano, si indichi con x laltro asse che, insieme a z,
definisca il piano parallelo alla direzione del moto, cos che possa porsi uy = 0. Inoltre
si assumer che la faccia inferiore dello strato (z = 0) sia vincolata, per cui u(0, t) = 0,
mentre la faccia superiore sar libera, e quindi T(h, t)k = 0; k indica la direzione dellasse
z.
Si cerca una soluzione delle equazioni (4.35) che soddisfa le condizioni precedenti,
assumendo uz = 0 ed inoltre che la sola componente di u non nulla, ux , sia funzione della
sola coordinata spaziale z:
ux = u(z, t) uy = uz = 0
(4.44)
du
dz
2u
2u
=
G
t2
z 2
(4.45)
p
dove c = G/ la velocit delle onde di taglio [eq. (4.36)].
Separando le variabili, ponendo:
u (z, t) = (z) w(t)
(4.46)
(4.47a)
+ = 0
(4.47b)
dove = /c.
Come nel caso delle vibrazioni longitudinali di una barra, le soluzioni delle equazioni
(4.47) sono funzioni armoniche:
w(t) = eit
ix
(z) = Ae
(4.48a)
ix
+ Be
(4.48b)
81
e quindi
u (x, t) = Aei(t+x) + Bei(tx)
Per rispettare le condizioni ai limiti si dovr avere che u(0, t) = 0 ed inoltre che
xz (h) = G xz (h) = Gw d
dz |zhl = 0, per cui dovranno essere soddisfatte le condizioni:
(A + B)eit = 0
1
= n = n
2 h
dove n un intero positivo. A questi valori di corrispondono le autofunzioni
z
1
n = 0n sin n
2
h
(4.49)
(4.50)
c
1
(4.51)
= n = cn = n
2
h
Oscillazioni forzate
Si supponga ora che la base dello strato sia soggetta ad un moto assegnato di direzione
x, descritto dalla storia di accelerazione ag (t). Le equazioni di equilibrio (4.1) sono ovviamente ancora valide, ma devono scriversi con riferimento ad una base inerziale, per cui in
questo caso si ha
2u
2u
ag + 2 = G 2
t
z
da cui si deduce lequazione
2
2u
2 u
c
= ag (t)
t2
z 2
(4.52)
La soluzione di questa equazione si cercher tra le funzioni che possono esprimersi come
combinazione lineare delle autofunzioni n dei modi di vibrazione dello strato, nella forma:
u(z, t) =
wn (t) n (z)
(4.53)
n=1
che soddisfano in modo implicito le condizioni ai limiti. Questo richiede in via preliminare la dimostrazione che le autofunzioni n formino un sistema ortogonale, ossia che
Rh
0 n (z)k (z)dz = 0 se n 6= k.
82
Ortogonalit dei modi Per quanto visto prima ogni funzione un (z, t) = wn (t)n (z)
una soluzione dellequazione di equilibrio
un = G
2 un
z 2
per cui in ogni istante vi equilibrio tra le tensioni prodotte dalla deformazione elastica un
e le forze esterne
un . Se un e uk sono gli spostamenti relativi a due modi di vibrazione
n e k, allora per il teorema di Betti, ad ogni istante, il lavoro fatto dalle forze del modo
n per gli spostamenti del modo k sar uguale al lavoro delle forze del modo k per gli
spostamenti del modo n. In formule:
Z h
Z h
(
un ) uk dz =
(
uk ) un dz
0
k (z)n (z)dz
ovvero:
2n
2k
n (z)k (z)dz = 0
h
0
n (z)k (z)dz = 0
n 6= k
(4.54)
che esprime la condizione di ortogonalit dei modi di vibrazione; quando, come nel caso
esaminato, si suppone che costante nel dominio di integrazione, la condizione (4.54)
Rh
diviene semplicemente: 0 n (z)k (z)dz = 0.
n=0
w
n (t) n (z) c2
n=1
83
Rh
0
w
k (t) + 2k wk (t) = pk ag (t)
dove
Rh
pk = R0h
0
k (z) dz
2k (z) dz
(4.55)
(4.56)
Rh
z
1
4
1
0 sin k 2 h dz
(4.57)
=
pk =
R h 2
z
1
0k (2k 1)
0k 0 sin k 2 h dz
I coecienti pk che pesano lazione ag per ciascun modo, decrescono inversamente allordine del modo. Cos, normalizzando tutti i modi per cui 0k = 1 k, il rapporto tra
il coeciente del modo k ed il primo, pk /p1 = 1/(2k + 1). Ad esempio il coeciente di
partecipazione del 10 modo sar 1/19 del coeciente del primo; i modi di ordine molto
elevato pertanto avranno un coeciente molto piccolo e risulteranno trascurabili.
Se leccitazione una funzione armonica di pulsazione f , per quanto visto nel capitolo
2, le ampiezze delle risposte modali wk (t) dipendono, oltre che dallampiezza della forzante,
dal rapporto k = f /k tra la frequenza della forzante e quella naturale del modo. Poich
la funzione di amplificazione D [eq. (2.48)] ha un massimo per ' 1, le risposte dei modi di
frequenza prossima a quella della forzante saranno amplificati; quelli di frequenza k f
( k 1) risultano attenuati, poich D < 1; per quelli di frequenza k f , la funzione
D ' 1, ma, per la (4.57), il coeciente di partecipazione diviene piccolo, pertanto anche
il contributo di questi modi diverr trascurabile in confronto a quello dei modi prevalenti.
Quando leccitazione costituita dalla sovrapposizione di pi funzioni armoniche di
diversa frequenza, in genere vi sar pi di un modo che sar eccitato significativamente;
lentit della risposta di ciascun modo dipender dalle ampiezze delle componenti della
forzante di frequenza pi prossima a quella del modo e dal coeciente di partecipazione
di questo. In genere se leccitazione ha uno spettro a larga banda, cio formato da
molte armoniche di ampiezza confrontabile, la risposta sar dominata dai primi modi a
cui corrispondono i coecienti di partecipazione maggiori.
4.5.1
Onde smorzate
Nelle equazioni precedenti non si tenuto conto della dissipazione per cui unoscillazione
resta stazionaria anche in assenza di uneccitazione che la sostenga. Questo , come noto,
contrario allevidenza fisica; per avere un modello pi realistico si deve introdurre nel
legame costitutivo del materiale un termine che tenga conto della dissipazione. Il modello
pi semplice che conserva la linearit delle equazioni quello di Kelvin che, in forma
generale si formula:
T = CE + DE
(4.58)
dove C e D sono tensori del quarto ordine, il tensore elastico e quello di dissipazione. Nel
caso in esame in cui E ha una sola componente non nulla, la (4.58) diviene lequazione
scalare:
= G +
(4.59)
84
2u
3u
2u
=
G
+
t2
z 2
tz 2
(4.60)
(4.61)
00 (z) +
2
(z) eit = 0
G + i
(4.62)
e
=
G
|G |
(4.63)
(4.64)
ei
(4.65)
=
G 1 + 4 2
e si posto = tan1 (2). Le due radici di ei sono quindi ei e ei() .
e quindi u (z, t) = Aei z + Bei z eit . Di conseguenza la tensione data da
=G
2u
it
u
+
= [G + i]
e =
z
tz
z
Se z = 0 corrisponde alla superficie libera dello strato, si avr (0, t) = 0 e quindi, per
la (4.67) A B = 0, ossia A = B.
Si supponga che la base dello strato sia soggetta ad un moto imposto di tipo armonico:
u0 = U eit ; quindi alla base dello strato, per compatibilit cinematica, si dovr avere:
h
Aei
+ Bei
=U
85
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
ei h
U
U
h =
i
+e
2 cos ( h)
cos il rapporto tra lampiezza del moto in superficie A + B e quella alla base U
F () =
1
2A
=
U
cos ( h)
(4.68)
1
cos h1 cosh h2 i sin h1 sinh h2
(4.69)
ed il cui modulo
1
|F ()| = p
2
sinh(2 h) + cos(1 h)2
(4.70)
p
Per valori piccoli dello smorzamento si ha ' (1 i), dove = /G = /v
il numero donda non smorzato. In tal caso 1 = , 2 = . Ponendo ad esempio
v = 500 m/ sec e = 0.1, h = 50 m
Se il terreno stratificato, la soluzione si pu ancora porre nella forma (4.66) allinterno
di ciscuno strato, ma i coecienti A e B saranno diversi tra uno strato e laltro. Assumendo
per ciascun strato un riferimento che ha origine sulla superficie limite superiore dello strato
e rivolto verso il basso, le condizioni di compatibilit ed equilibrio tra due strati consecutivi
impongono che:
k (0) = k+1 (hk+1 )
k (0) = k+1 (hk+1 )
86
(4.71)
ovvero
Gk ik
ik hk
ik hk
e
B
e
A
k
k
Gk+1 ik+1
!
!
Gk ik
Gk ik
ik hk
1+
+ 1
Ak e
Bk eik hk
Ak+1 =
Gk+1 ik+1
Gk+1 ik+1
!
!
i
Gk ik
G
1
Bk+1 =
Ak eik hk + 1 + k k
Bk eik hk
Gk+1 ik+1
Gk+1 ik+1
(4.72)
(4.73a)
(4.73b)
4.6
AN
eiN hN
+ BN eiN hN
(4.74)
Per una trave di sezione costante deformabile solamente a flessione, lequazione della linea
elastica , come noto:
d4 v
p(x)
=
4
dx
EJ
dove v(x) lo spostamento della linea elastica, p(x) indica la densit del carico, EJ la
rigidezza alla flessione ed x lascissa lungo la linea dasse della trave. Nel caso dinamico,
oltre al carico p(x) si dovr mettere in conto le forze di inerzia; considerando trascurabili
i termini dovuti allinerzia rotazionale, lequazione di equilibrio dinamico della trave :
2v
4v
1
p(x) 2
=
x4
EJ
t
che, ordinata diversamente pu scriversi:
4v
2v
p(x, t)
+
=
4
x
EJ t2
EJ
(4.75)
In questa equazione la densit di massa della trave e v(x, t) la linea elastica della
trave, funzione dellascissa x e del tempo t.
87
4.6.1
Oscillazioni libere
(4.76)
la cui soluzione rappresenta le oscillazioni libere della trave. Anche in questo caso la
soluzione si cerca con il metodo di separazione, ponendo:
v (x, t) = (x) w (t)
(4.77)
w
+
=0
dx4
EJ dt2
e quindi:
1 d2 w
1 d4 EJ
=
= 2
dx4
w dt2
da cui si deducono le due equazioni:
d2 w
+ 2w = 0
dt2
d4 2
= 0
dx4
EJ
(4.78a)
(4.78b)
2
EJ
(4.79)
a ia a ia
(4.80)
88
Trave appoggiata
Nella trave appoggiata si annullano sia gli spostamenti sia i momenti alle estremit della
trave. Poich M = EJu00 le condizioni di vincolo forniscono le 4 equazioni per le funzioni
:
(0) = 0 (l) = 0
00 (0) = 0 00 (l) = 0
dove l indica la lunghezza della trave. Sostituendo la (4.80) e la sua derivata seconda si
ottengono le seguenti 4 equazioni, le cui incognite sono i coecienti Ai :
A2 + A4 = 0
A2 + A4 = 0
0
1
0
1
sin(al)
cos(al)
sin(al) cos(al)
riscrivere:
0
0
sinh(al)
sinh(al)
A1
1
A2
1
cosh(al) A3
cosh(al)
A4
0
0
=
0
0
Questo sistema omogeneo ha soluzioni non banali solo se il determinante della matrice dei
coecienti nullo, ossia se:
4 sin al sinh al = 0
l4
I modi di vibrazione flessionale di una trave elastica di sezione costante sono sinusoidi
la cui lunghezza donda un sottomultiplo di l: sin(nx/l), a ciascun modo corrisponde
una frequenza di vibrazione fornita dallequazione (4.81).
Mensola
Nel caso di una mensola incastrata nella sezione origine (x = 0), le condizioni di vincolo
sono: u(0) = u0 (0) = 0, M (l) = V (l) = 0, ossia nella sezione di incastro si annullano
gli spostamenti e le rotazioni, nella sezione libera saranno nulle le sollecitazioni di taglio
e momento. Queste condizioni implicano che la funzione deve verificare le seguenti
equazioni:
(0) = 0 (0) = 0
00 (l) = 000 (l) = 0
89
0
0
1
0
1
A1
1
0
1
0
A2 = 0
sin (al) cos (al) sinh (al) cosh (al) A3 0
0
A4
cos (al) sin (al) cosh (al) sinh (al)
Il determinante della matrice dei coecienti
2 + 2 cos al cosh al
I valori di al che rendono nulla questa funzione devono essere trovati numericamente; le
prime 4 radici sono:
EJ
=
3.
516
22.
035
61.
698
120.
91
(4.82)
l4
Appendice A
Spazi vettoriali
Si dice spazio vettoriale un insieme non vuoto V che soddisfa le seguenti condizioni:
1. Se u ed v sono elementi di V, esiste unoperazione, la somma di u e v, che associa a
due elementi di V uno ed un solo elemento dello stesso spazio:
w =u+v
e che verifica le seguenti propriet:
(a) commutativa
u+v =v+u
(b) associativa:
u + (v + w) = (u + v) + w
2. Esiste in V un elemento nullo 0 tale che:
u+0 =u
u V
90
91
A.2
Dipendenza lineare
(A.1)
A.3
(A.2)
in quanto per ipotesi in Vn non esistono n + 1 vettori linearmente indipendenti; inoltre an+1 6= 0, poich in caso contrario i vettori della base {ej } sarebbero linearmente
dipendenti. Quindi, risolvendo la (A.2) rispetto a w si ha:
w = w1 e1 + w2 e2 + + wn en =
n
X
wj ej
(A.3)
j=1
aj
an+1
A.4
Prodotto interno
92
2.
hu, ui 0
e luguaglianza verificata se e solo se u = 0.
3.
hu + v, wi = hu, wi + hv, wi
4.
hu, wi = hw, ui
A.5
Vettori ortogonali
Due vettori non nulli u e v si dicono ortogonali se il loro prodotto interno nullo:
uw
se hu, wi = 0
Se n vettori vj sono tra loro ortogonali allora sono anche linearmente indipendenti.
Infatti in caso contrario esisterebbe una combinazione lineare con coecienti non tutti
nulli per cui:
n
X
aj vj = 0
j=1
aj hvj , vk i = ak hvk , vk i = 0
Ci implica, dato che hvk , vk i 6= 0, che ak = 0. Poich questo e valido per qualunque vk
(k = 1, 2, . . . , n), ne segue che i coecienti ak devono essere tutti nulli, quindi i vettori vj
sono linermente indipendenti.
Da quanto dimostrato segue che in uno spazio Vn non possono esistere pi di n vettori
tra loro ortogonali.
A.6
Basi ortogonali
(A.4)
93
facile controllare direttamente che i vettori wj sono tra loro ortogonali; la dimostrazione
per non completa se non si verivica che i denominatori nelle eq. (A.4) sono diversi da
zero. Per questo basta controllare che wk 6= 0 k; ma questo immediato perch, tenendo
conto che ogni wk una combinazione lineare a coecienti non tutti nulli di vj , j k, se
per qualche k risultasse wk = 0, esisterebbe una combinazione lineare dei vettori vj con
risultante nullo, contraddicendo lipotesi di indipendenza dei vettori vj .
Poich i vettori ortogonali sono indipendenti possono essere impiegati per formare una
base dello spazio Vn . Data una base qualsiasi, seguendo la procedura (A.4), si pu sempre
costruire una base ortogonale. Se poi, a partire da una base ortogonale wj si costruisce
unaltra base:
1
wj j
uj =
hwj , wj i
che soddisfa alla condizione di normalit huj , uj i = 1, j, la base cos ottenuta si dice
ortonormale.
A.7
Componenti di un vettore
Data una base E Vn , leq. (A.3) dimostra che ogni vettore w pu essere rappresentato
come combinazione lineare dei vettori della base. I coecienti wj della combinazione si
dicono le componenti di w nella base E.
Dati due vettori u ed w, rappresentati nella base E:
u=
n
X
uj ej
w=
j=1
n
X
wj ej
(A.5)
j=1
(A.6)
j=1
n
X
(a uj )ej
(A.7)
j=1
ossia le componenti del vettore ottenuto moltiplicando un vettore per uno scalare si
ottengono moltiplicando le componenti del vettore dato per lo stesso scalare.
Si calcola ora il prodotto interno di due vettori rappresentati nella base E; utilizzando
leq. (A.5) e le propriet del prodotto interno si ottiene:
n
n
n X
n X
X
X
hej , ek iuj wk =
gkj uj wk
hu, wi =
j=1 k=1
(A.8)
j=1 k=1
Questa equazione dimostra che il prodotto interno di due vettori si calcola come una forma
quadratica i cui coecienti:
gkj = hej , ek i
(A.9)
94
formano una matrice quadrata hermitiana1 e definita positiva2 : la prima propriet conseguenza della propriet 4, mentre questultima discende direttamente dalla propriet n. 2
del prodotto interno.
Indicando con u e w le matrici n 1 costruite con le componenti dei vettori u e w, e
con G la matrice quadrata n n costruita con i coecienti gkj :
w1
u1
g11 g12 . . . g1n
w2
u2
g21 g22 . . . g2n
(A.10)
w= .
G=
u= .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
..
..
gn1 gn2 . . . gnn
un
wn
A.7.1
(A.11)
Basi ortonormali
Se E una base ortonormale, tenendo conto che in tal caso si ha hej , ek i = 0 per j 6= k e
hej , ej i = 1, dalleq. (A.9) segue:
gjk = jk
in cui jk indica il simbolo di Kroneker: jk = 0 per j 6= k e jj = 1. Di conseguenza la
matrice G coincide con la matrice unit I ed il prodotto interno di due vettori in questa
base diviene:
hu, wi = u I w = u w
(A.12)
In questo caso il prodotto interno si riconduce al prodotto matriciale tra una matrice ad
una riga u ed una matrice ad una colonna w.
A.8
Cambiamento di base
Se E una base di Vn e E0 unaltra base nello stesso spazio, i vettori e0j che formano la
seconda base si potranno rappresentare come combinazione di quelli della prima:
e0j
n
X
kj ek
(A.13)
k=1
1
Una matrice quadrata si dice hermitiana se per tutti i termini della matrice sono verificate le uguaglianze ajk = akj . Se con A si indica la matrice (detta aggiunta) che si ottiene da A scambiando le righe
con le colonne e prendendo il complesso coniugato dei suoi elementi:
A = AT
una matrice hermitiana se A = A . evidente che gli elementi della diagonale principale di una matrice
hermitiana sono reali. Se una matrice hermitiana reale allora una matrice simmetrica, cio A = AT .
2
Una matrice quadrata n n A si dice definita positiva se, per per qualsiasi matrice n 1, x 6= 0 si ha:
x A x > 0
3
95
n
X
jh e0j
(A.14)
j=1
n
n X
X
jh kj ek
(A.15)
j=1 k=1
kj jh = kh
(A.16)
j=1
(A.17)
(A.18)
n
n X
X
uj kj vk0
j=1 k=1
n
X
u0k vk0
(A.19)
k=1
in cui si posto
u0k
n
X
kj uj
(A.20)
j=1
Lequazione (2.23) mostra che le quantit u0k sono le componenti di u nella nuova base E0 ;
con esse si costruisce la matrice u0 (n 1) , che si ottiene dalla matrice u delle componenti
relative alla base precedente mediante la trasformazione:
u0 = Au
(A.21)
96
A.9
Operatori lineari
Una funzione che associa elementi v di uno spazio vettoriale ad altri elementi dello stesso
spazio, chiamata un operatore. Se la funzione gode delle propriet di linearit, indicata
con il nome di operatore lineare.
Pi precisamente, sia L : Vn 7 Vn , in modo tale che, se ( u w) Vn e a e b sono
numeri, si ha:
L(au + bw) = aL(u) + bL(w)
L un operatore lineare.
Dato uno spazio vettoriale Vn , se E una sua base e L un operatore lineare, rappresentando un vettore u Vn come combinazione lineare dei vettori della base:
u=
n
X
uj ej
(A.22)
j=1
n
X
uj L(ej )
(A.23)
j=1
n
X
akj ek
k=1
n X
n
X
uj akj ek =
j=1 k=1
n
X
k=1
n
X
akj uj ek
(A.24)
j=1
Dalleq. (A.24) appare evidente che le componenti del vettore L(u) nella base E, si ottengono combinando linearmente i coecienti akj con le componenti del vettore origine
u. Raccogliendo le componenti di L(u) e di u in matrici n 1 e i coecienti ak,j della
trasformazione nella matrice n n:
L=
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
an1 an2 . . . ann
le componenti di L(u) in E si ottengono dal prodotto:
Lu
(A.25)
97
A.9.1
Se u, w sono due elementi dello spazio vettoriale Vn collegati da una trasformazione lineare
L, in modo che si abbia w = L(u), per leq. (A.25), le componenti dei vettori relative ad
una base E si trasformano mediante la relazione lineare:
w =Lu
(A.26)
in cui L una matrice n n. Passando dalla base E ad una nuova base E0 le componenti
dei vettori u, w si trasformano in accordo alla eq. (A.21); tenendo conto anche della (A.18)
si ha quindi: w0 = Aw e u = A1 u0 , per cui leq. (A.26) diviene:
w0 = A w = A L A1 u0 = L0 u0
(A.27)
L0 = A L A1
(A.28)
avendo posto:
Leq. (A.28) esprime la legge di trasformazione a seguito del cambiamento di base della
matrice L della trasformazione lineare L.
A.9.2
A.9.3
(A.29)
Inverso di un operatore
(A.30)
Il determinante una propriet intrinseca delloperatore e non muta con il cambiamento della base.
Infatti, tenendo conto delle note propriet dei determinanti e delleq. (A.28), si ha:
det(A0 ) = det(A L A1 ) = det(A) det(L) det(A)1 = det(A)
98
A.9.4
Operatore identico
A.9.5
Operatori hermitiani
Siano (v, w) Vn elementi di uno spazio vettoriale ed L un operatore lineare dello stesso
spazio: poich L(v) Vn , si pu calcolare il prodotto interno:
hL(v), wi
Esiste ed unico un altro operatore lineare L , detto loperatore aggiunto di L, tale che:
hL(v), wi = hv, L (w)i
(A.31)
(A.32)
La matrice aggiunta di una matrice reale la sua trasposta. Una matrice hermitiana se
coincide con la sua aggiunta A = A; una matrice reale autoaggiunta se simmetrica.
A.9.6
Operatori unitari
(A.33)
99
A.9.7
(A.34)
(A.35)
(A.36)
Applicando loperatore A a tutti i termini della (A.36) e tenendo conto delleq. (A.34),
risulta:
c1 1 x1 + c2 2 x2 + + cm1 m1 xm1 + cm m xm = 0
(A.37)
(A.38)
Ricordando la definizione del nucleo di un operatore, evidente che gli autovettori associati
allautovalore sono il nucleo delloperatore (A I); ne consegue che un operatore
di A se e solo se (A I) non invertibile.
Unulteriore propriet che pu essere dimostrata che ogni operatore A ha almeno un
operatore non nullo. Per quanto visto in precedenza se un operatore lineare ha m atovalori
distinti allora ha anche m autovalori, che tra loro risultano linearmente indipendenti; da
questo consegue che un operatore in Vn non pu avere pi di n autovalori ed autovettori.
A.10 Vettori in Cn
A.10
100
Vettori in Cn
A.11
(A.39)
(A I) x = 0
(A.40)
(A.41)
Analoghe considerazioni si applicano allo spazio dei numeri reali, che si pu considerare un sottospazio
di C
6
x = 0 ovviamente soluzione delleq. (A.40), ma essa priva di interesse e quindi denominata banale
101
(A.42)
Per il teorema fondamentale dellalgebra leq. (A.42) ha sempre n soluzioni (radici), reali
o complesse, qualcuna delle quali pu avere molteplicit maggiore di 1. Se si indica con k
una delle m n radici distinte delleq. (A.42) e con rk 1 la sua molteplicit, leq (A.42)
equivalente a:
m
Y
( k )rk = 0
(A.43)
k=1
(A.44)
(A.45)
A.11.1
(A.46)
102
In questa base la prima colonna di A ha tutti i termini nulli, eccetto il primo, che ha il
valore dellautovalore 1 associato allauovettore . Infatti in questa base ha componenti
[1 0 0 . . . 0] e quindi si dovr avere:
1
a11
0
a21
A = . = 1 = 1 .
..
..
an1
a11 = 1
aj1 = 0 (j = 2 . . . n)
La matrice di trasformazione U1 che proietta la matrice in questo riferimento ovviamente formata con le componenti dellautovettore e degli altri vettori ortogonali.
Se ora si considera la matrice (n 1 n 1) A1 , ottenuta da A eliminandone le prime
riga e colonna, anche questa matrice avr almeno un autovettore e quindi si potr costruire
una base di Vn1 in cui sono nulli tutti i termini della prima colonna di A1 , escluso il
primo. La matrice di trasformazione pu essere aumentata in Vn , aggiungendovi il vettore
[1 0 . . . 0]T e ponendo uguali a zero le componenti dei vettori di Vn1 su . Questa matrice
di trasformazione U2 ancora unitaria e quindi tale anche la trasormazione prodotto
U1 U2 ; infatti:
(U1 U2 ) (U1 U2 ) = U2 U1 U1 U2
Iterando il procedimento alle sottomatrici (n2n2) . . . 22 che via via si formano,
si perviene quindi a costruire una trasformazione ortonormale:
U1 U2 Un1
che trasforma una generica matrice A in una matrice triangolare superiore, i cui termini
sulla diagonale principale sono gli autovalori di A.
Esempio A.1 La matrice (3 3):
3 2 2
A = 0 5 1
0 4
1
5 1
A1 =
4 1
1
0
0
U2 = 0 1/5 2/ 5
0 2/ 5 1/ 5
103
3 2/ 5 6/ 5
UT A U = 0
3
5
0
0
3
2
A.11.2
Come si gi detto una matrice si dice hermitiana se essa coincide con la matrice delloperatore aggiunto, cio con la matrice coniugata della trasposta : A = AT . La matrice
trasposta coniugata si indica comunemente con il simbolo A ; se A reale la sua trasposta
coniugata coincide con la trasposta ed una matrice hermitiana e reale simmetrica.
Una matrice hermitiana (in particolare simmetrica) si pu sempre porre nella forma
diagonale. Questa propriet consegue immediatamente dal fatto, dimostrato in precedenza, che ogni matrice pu essere posta in forma triangolare e che la propriet di essere
hermitiana si conserva per una trasformazione unitaria; infatti in questo caso si ha:
(U A U) = U A U = U A U
dato che per ipotesi A = A. Poich daltra parte una matrice triangolare ed hermitiana
ovviamente una matrice diagonale, ne consegue che le matrici hermitiane sono sempre
diagonalizzabili. La matrice ortonormale U della trasformazione che la triangolarizza (e
quindi la diagonalizza) allora la matrice dei suoi autovalori. Da questo segue dunque
immediatamente come corollario che gli autovettori di una matrice hermitiana formano
una base ortogonale.
Unulteriore propriet delle matrici hermitiane che i loro autovalori sono sempre
reali. Infatti se A una matrice hermitiana, un suo autovettore e il corrispondente
autovalore si ha:
A =
quindi, moltiplicando entrambi i membri dellequazione a sinistra per , si ottiene:
A =
(A.47)
(A.48)
dal confronto tra le equazioni (A.47) e (A.48), tenendo conto che per ipotesi A = A, ne
consegue che deve risultare = , il che significa che reale. In particolare se la matrice
A reale e simmetrica, anche gli autovettori sono reali.
7
104
A.11.3
(A.49)
(A.50)
in cui C una matrice non singolare. Sostituendo la (A.50) nella (A.49) e ponendo:
y =Cx
x = C1 y
(A.51)
si ha:
A C1 y = C y
(C1 ) A C1 y = y
(A.52)
Leq. (A.52) ora nella forma standard (A.49) ed inoltre la matrice (C1 ) A C1
ancora hermitiana, se lo A. Si pu dunque concludere che se B hermitiana, non
singolare e definita positiva, esiste una trasformazione che pone il problema degli autovalori
nella forma standard conservando la propriet di A di essere hermitiana. Questo consente
di estendere alleq. (A.49), quando A e B sono hermitiane, tutte le propriet dimostrate
per gli autovalori e gli autovettori di una matrice hermitiana, relativamente al problema
standard (A.39).
Se si indica con Y la matrice degli autovettori di (C1 ) A C1 , allora si ha:
Y (C1 ) A C1 Y =
(A.53)
(A.54)