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Novembre Frammenti di uno stile qualsiasi (1842) Titolo originale: Novembre.Fragments de style quelconque. (Trad.

di Anna Maria Speckel) da I capolavori di Gustave Flaubert, Mursia 1966 Frammenti scelti MI PIACE lautunno;triste stagione che si addice ai ricordi.Quando gli alberi han perso le foglie,e nel cielo,al crepuscolo,si attarda ancora quel colore fulvo che odora lerba appassita, dolce osservare il tramonto di tutto ci che un tempo ardeva in noi...Il vento faceva sibilare i loro rami spogli;a volte taceva,poi dun tratto riprendeva,allora le foglie rimaste sulle fratte tremolavano ancora,lerba rabbrividiva piegandosi verso terra;tutto sembrava diventare pi pallido e freddo;sullorizzonte il disco del sole si perdeva nel colore biancastro del cielo e irradiava intorno poca vita moribonda. Sentivo freddo e avevo quasi paura.Questa stagione triste;si direbbe che la vita se ne vada col sole,un brivido serpeggia nel cuore come sulla pelle,i rumori si spengono,gli orizzonti impallidiscono,tutto saddormenta o muore.Il sole gettava un ultimo addio dietro le colline che gi svanivano.Ho assaporato a lungo la mia perduta vita;ho pensato con gioia che la giovinezza era trascorsa; una gioia,infatti sentire il freddo che ci attanaglia il cuore e poter dire,toccandolo con la mano come un focolare che ancora fumi:<<non arde pi>>. Ho rievocato lentamente tutte le cose della mia vita,idee,passioni,giorni di slancio,giorni di lutto,palpiti di speranza,spasimi di angoscia.Ho rivisto tutto,come un uomo che visiti le catacombe e guardi,lentamente,dalle due parti,i morti allineati dietro i morti.Se conto gli anni,per,non sono nato da molto tempo,ma i miei ricordi sono cos numerosi che mi opprimono,come i vecchi sono oppressi dal peso di tutti i giorni della loro vita;mi sembra,talvolta,di aver vissuto per secoli e che il mio essere racchiuda i relitti di mille esistenze trascorse.Perch?ho amato?ho odiato?ho cercato qualche cosa?Ne dubito ancora;ho vissuto fuori di ogni movimento,di ogni azione,senza affannarmi per la gloria,n per il piacere,n per la scienza o per il denaro.E,del resto,il cuore umano non forse unimmensa solitudine dove nessuno penetra?le passioni che lo abitano sono come i viaggiatori del Sahara,vi muoiono soffocati e i loro gridi non sono mai uditi oltre i confini.Fin dal tempo del collegio ero triste;mi annoiavo,bruciavo di desideri,provavo aspirazioni ardenti per un esistenza insensata e agitata,sognavo le passioni,avrei voluto conoscerle tutte.Un sentimento dorgoglio nel pensare che ero un uomo,un essere creato per possedere,un giorno,una donna mia.La pubert del cuore precede quella del corpo;ora,io avevo pi bisogno di amare che di godere,provavo pi brama damore che di volutt.Oggi non mi raffiguro neppur pi quellamore della prima adolescenza,quando i sensi non contano e ci si sazia solo di infinito,ponte tra ladolescenza e la giovinezza che muore cos presto da venir dimenticato.Esiste unet,la rammenti o lettore?,in cui sorridiamo vagamente come se nellaria aleggiassero baci;il cuore si gonfia di una ebbrezza profumata e il sangue pulsa,caldo,nelle vene,vi frizza come il vino che spumeggia nel calice di cristallo.Ci destiamo pi felici,pi ricchi,pi vibranti e commossi del giorno precedente;dolci fluidi salgono e scendono in noi e ci infiammano divinamente con il loro ardore inebriante;le capigliature degli alberi si attorcigliano al vento in molli arabeschi,le foglie fremono luna contro laltra come se parlassero,le nubi scorrono e svelano il cielo dove la luna sorride specchiandosi dallalto nel fiume.Il nostro cuore pi puro,pi penetrato di aria,di luce e di azzurro del tranquillo orizzonte dove la Terra si unisce al cielo in un sereno bacio.Contemporaneamente a queste sensazioni,percepivo ogni giorno il rigoglio della mia intelligenza che viveva una vita comune con il cuore,ignaro se le mie idee fossero sentimenti,perch

ardevano tutte del calore della passione;la gioia intima che vibrava nel profondo del mio essere traboccava sul mondo e lo avvolgeva nel profumo dellesuberante mia felicit,avrei dunque conosciuto la volutt supreme e,simile ad un uomo che sosta alla porta della sua amante, prolungavo a lungo e a piacere il mio languore per assaporare una speranza certa e pensare:<<Presto la stringer tra le mie braccia,sar mia,tutta mia,non un sogno>>.In tal modo,avevo popolato il mio infinito di una miriade di soli doro;i racconti damore prendevano posto nel mio pensiero accanto alle grandi rivoluzioni,le belle passioni sincontravano con i delitti,riflettevo,al tempo stesso,alle notti stellate dei paesi caldi e allavvampare delle citt in fiamme, e allo sfarzo delle monarchie tramontate,alle tombe e alle culle.La mia solitudine mi rendeva bello,che il mio cuore restava pi grande se lo estraniavo da tutto ci che forma la gioia degli uomini.E bello vivere nella bellezza eterna,drappeggiarsi nel manto come i re,conoscere le passioni pi sublimi,amare gli amori che il genio ha reso immortali.Da quel momento,ho vissuto soltanto di un ideale senza limiti dove libero di aleggiare a mio piacere,andavo come unape a suggere da tutte le cose il nutrimento per vivere;nel mormorio dei boschi e delle onde cercavo di cogliere parole che altri uomini non udivano,e aprivo le orecchie per ascoltare le rivelazioni della loro armonia;con le nubi ed il sole componevo quadri immensi che nessun linguaggio avrebbe potuto descrivere e,allo stesso modo,percepivo ad un tratto nelle azioni umane rapporti e antitesi la cui luminosa precisione mi abbagliava.Talora larte e la poesia sembravano schiudere i loro orizzonti infiniti e illuminarsi a vicenda del loro splendore.Una mattina,mi sentii vecchio e pieno di esperienza in mille cose mai provate;sentivo indifferenza per le pi attraenti e spesso per le pi belle;tutto ci che altri ambivano mi muoveva a piet,nulla scorgevo che valesse la pena di un desiderio;forse,la mia vanit mi poneva al di sopra della vanit comune,e il mio disinteresse altro non era se non leccesso di una illuminata cupidigia.Ma quelle questa inquieta angoscia di cui si orgogliosi come del genio e che si occulta come un amore?non ne parlino con alcuno,la serbiamo per noi soli,la stringiamo al petto con baci pieni di lacrime.E pure,di che lamentarsi? e chi ci rende cos cupi,allet in cui tutto sorride? non possediamo forse amici devoti? una famiglia di cui formiamo lorgoglio,un paio di stivali di copale,un cappotto foderato? ecc.Tutti questi grandi dolori non sono che rapsodie poetiche,ricordi di cattive letture,iperboli di retorica,ma la felicit non forse una metafora inventata in un giorno di tedio?A lungo ne ho dubitato,ora,non ne dubito pi.Nulla ho amato,e avrei tanto voluto amare!dovr morire senza avere assaporato nulla di buono.Anche adesso la vita umana mi offre mille aspetti appena intravisti;mai,neppure,ho sentito una mano amica fremere nella mia e stringerla in silenzio,respirando il profumo delle rose in una notte dolce.Ah,come sono vuoto,pi triste di una botte sfondata da cui tutto il vino consumato e dove i ragni tessono le loro tele nellombra.Ero dunque,come noi tutti,un certo uomo che vive,dorme,mangia,beve,piange e ride,rinchiuso in se stesso e che in se trova, ovunque vada,le stesse rovine di speranze subito distrutte appena create,la stessa polvere di cose infrante,gli stessi sentieri mille volte percorsi,le stesse profondit inesplorate,spaventose,noioso.Non siete stanco anche voi come me di svegliarvi ogni mattina e di rivedere il sole?Stanco di vivere la medesima vita,di soffrire i medesimi dolori?Stanco di desiderare e di sentirsi disgustato,di aspettare e di possedere?A che serve scrivere queste idee?perch continuare lo stesso racconto funebre,con la stessa voce dolente?Quando ho cominciato mi sembrava bello,ma via via che procedo,le lacrime mi cadono sul cuore e mi spengono la voce.Oh,il pallido sole dinverno triste come un ricordo felice.Siamo circondati da ombre e guardiamo ardere il focolare;i carboni sono coperti da grandi righe nere che sincrociano e sembrano pulsare come vene animate da unaltra vita;aspettiamo che giunga la notte.Evochiamo i nostri giorni pi belli,i giorni in cui eravamo allegri e numerosi,quando brillava il sole e gli uccelli nascosti cantavano dopo la pioggia;i giorni in cui abbiamo passeggiato in giardino;la sabbia dei viali era bagnata,le corolle dei fiori erano cadute nelle aiuole,laria olezzava.Perch non abbiamo goduto abbastanza la nostra felicit quando ci scivolata fra le mani?

In quei giorni avremmo dovuto pensare soltanto a gustarla e ad assaporarla a lungo,ogni minuto,perch scorresse pi lenta:vi sono anche giorni trascorsi come altri e che rammemoro con delizia.Ho guardato il sole attraverso le mie mani appoggiate sul viso,la luce dorava lorlo delle dita e faceva rosea la mia carne;chiusi gli occhi per vedere sotto le palpebre grandi macchie verdi frangiate doro.Tutto ci cos lontano!vivo io,forse,in quel tempo?ero proprio io?ed ora sono io? Ogni minuto della mia vita si trova separato,dun tratto,dallaltro come da un abisso,tra ieri ed oggi esiste per uneternit che mi spaventa;mi sembra,ogni giorno,di non essere stato cos miserabile il giorno prima,e,senza poter dir quello che possedevo di pi,avverto che mi impoverisco e che lora imminente mi strappa qualche cosa;mi stupisco solo di aver ancora posto nel cuore per la sofferenza;ma il cuore umano inesauribile per la tristezza;una o due felicit lo colmano,tutte le miserie dellumanit vi si possono ritrovare e convivere come ospiti.Se mi avesse chiesto cosa mi occorreva,non avrei saputo rispondere;i miei desideri non avevano oggetto, n la mia tristezza una causa immediata;o, meglio,esistevano tanti scopi e tante cause e non avrei potuto definirne alcuna.Tutte le passioni penetravano in me e non potevano pi uscirne,si sentivano costrette,si infiammavano a vicenda come attraverso specchi concentrici.Modesto,ero per orgoglioso;vivevo in solitudine,sognavo la gloria;ritirato dal mondo,ardevo di comparirvi,di brillarvi;casto,mi abbandonavo nei sogni del giorno e della notte alle pi sfrenate lussurie,alle pi feroci volutt.La vita che comprimevo in me stesso,si aggrappava al cuore e lo stringeva fino a soffocarlo.Talvolta,sfinito, divorato da passioni illimitate, traboccante di lava ardente che sgorgava dalla mia anima,amando di un amore indicibile,rimpiangendo sogni magnifici, tentato da tutte le volutt del pensiero,aspirando a tutte le poesie,a tutte le armonie,schiacciato dal peso del mio cuore e del mio orgoglio,precipitavo annientato in un abisso di dolori,il sangue mi sferzava il viso,le arterie mi stordivano,il petto sembrava spezzarsi,non vedevo pi nulla,non sentivo pi nulla,ero ebbro,folle,mi figuravo grande,mi immaginavo di contenere unincarnazione suprema la cui rivelazione avrebbe stupito il mondo,e lo strazio che provavo altro non era se non la vita stessa del Dio che portavo nelle mie viscere.Non consumando lesistenza,lesistenza mi consumava,i sogni mi spossavano pi di grandi lavori;una intera creazione,immobile,non rivelata a se stessa,viveva nascostamente sotto la mia vita;ero un caos addormentato di mille principi fecondi che non sapevano in qual modo manifestarsi,n che fare di s,e cercavano una forma e aspettavano il loro stampo.Pure,amavo la vita,ma la vita espansiva,radiosa,raggiante; lamavo nel galoppo focoso dei destrieri,nello scintillio delle stelle,nel moto delle onde che si precipitano verso la riva,nel tramonto del sole che sfavilla sui vetri.In mezzo a tutto ci,restavo immoto;in tanto movimento che vedevo e che io stesso suscitavo,rimanevo passivo,inerte come una statua.Talvolta,volevo trovare a qualsiasi costo una donna,volevo amarla,aspettavo tutto da lei,perch ella racchiudeva tutto per me,era il mio sole di poesia che doveva far sbocciare ogni fiore e risplendere ogni bellezza;mi ripromettevo un amore divino,la guardavo con lintenzione perch capisse bene,perch potesse leggere in quel solo sguardo chi ero,e amarmi.Ponevo il mio destino nel caso,ma ella passa come le altre precedenti,come le seguenti,e allora,ricadevo in me stesso,pi rovinato di una lacera vela intrisa dalla tempesta.Dopo simili eccessi,la mia vita ricominciava nelleterna monotonia dalle ore che trascorrono e dei giorni che ritornano;aspettavo la sera con impazienza,contavo quanto mi restava ancora per giungere alla fine del mese,desideravo di essere gi alla stagione prossima,dove vedevo sorridere unesistenza pi dolce.Che fare su questa terra?che cosa sognare?che cosa costruire?ditelo voi,voi che la vita diverte,che camminate verso una meta e vi tormentate per qualche cosa.Non trovavo alcunch degno di me,e mi trovavo egualmente inetto a qualsiasi cosa.Lavorare,sacrificare tutto ad unidea,ad un ambizione,ambizione miserabile e volgare,avere un posto,un nome?e poi?a che scopo?.Sono nato col desiderio di morire.Nulla mi sembrava pi stupido della vita,e nulla pi vergognoso quanto esservi attaccato.Vedevo gli altri uomini vivere,ma di una vita diversa dalla mia;alcuni credevano,altri negavano,altri dubitavano e altri infine non si preoccupavano affatto di

ci che attendevano ai loro affari;cio vendevano nei negozi,scrivevano libri,o peroravano dai pulpiti;era quella che chiamiamo umanit,superficie mobile di cattivi,di vigliacchi,di idioti,di laidi.Meglio sarebbe stato vivere come tutti,non considerare la vita n troppo seria,n troppo comica,scegliere un mestiere ed esercitarlo,prendere la propria parte di torta comune e mangiarsela trovandola buona, pittosto che seguire il triste cammino dove ho camminato solo;non avrei avuto da scrivere tutto ci,o sarebbe stata unaltra storia.Via via che procedo,essa si confonde anche per me,come le prospettive viste troppo da lontano,perch tutto passa,anche il ricordo delle nostre lacrime pi cocenti,delle nostre risa pi sonore:locchio presto si asciuga e la bocca riprende la sua forma;ora,non ho pi la reminescenza di un luogo tedio durato molti inverni trascorsi a sbadigliare e a desiderare la fine della vita.Forse proprio per questo,ho creduto desser poeta;nessun guaio mi mancato.Passavo allora dallebbrezza del genio desolato sentimento della mediocrit,con tutta lira dei re detronizzati e tutti i supplizi della vergogna;ho finito come le persone ricche e sovente povere nella vita,per essere e restare un miserabile.In quel tempo,ogni mattina,svegliandomi,mi sembrava che un grande avvenimento si sarebbe avverato proprio quel giorno;mi sentivo il cuore colmo di speranza come avessi atteso da un remoto paese un carico di felicit;ma,con il procedere della giornata,perdevo ogni coraggio e soprattutto al crepuscolo mi accorgevo che nulla sarebbe accaduto.Finalmente calava la notte e mi coricavo.Tra la natura fisica e me si andavano creando lamentose armonie.Oh,come mi si stringeva il cuore quando il vento sibilava nelle serrature,quando i fanali gettavano il loro bagliore sulla neve,e udivo i cani abbaiare alla luna.Nulla vedevo cui aggrapparmi,n il mondo,n la solitudine,n la poesia o la scienza,non lempiet e non la religione;erravo solo in mezzo a tutto ci,come le anime che linferno non vuole e che il paradiso respinge.L fatalit che mi aveva piegato gi dalla giovinezza,si stendeva per me sul mondo intero,la osservavo manifestarsi in tutte le azioni delluomo in modo assoluto,come il sole si manifesta sulla superficie della terra;mi compiacevo del mio dolore,non tentavo di liberarmene,lo assaporavo anzi,con la gioia disperata del malato che gratta la piaga e ride quando scorge sangue sulle unghie.Fui preso da una rabbia indicibile contro la vita,contro gli uomini,contro tutti.Racchiudevo nel cuore tesori di tristezza e divenni pi feroce delle tigri;avrei voluto annientare la creazione e addormentarmi con lei allinfinito del nulla.Da tempo gi,il mio cuore arido, e impenetrabile ormai alle novit,vuoto come le tombe dove i morti sono imputriditi.Avevo preso in odio il sole,ero stanco di vedere boschi,di udire il brusio dei fiumi;nulla mi sembrava pi stupido della campagna;tutto si oscur,si rimpicciol,e vissi in un perpetuo crepuscolo.Mi chiedevo talora se non mi ingannassi;consideravo la mia giovent,il mio avvenire,ma quale pietosa giovent,quale vacuo avvenire!Quando volevo estraniarmi dallo spettacolo della mia miseria e guardare il mondo,vedevo di quel poco,solo urla,gridi,lacrime, convulsioni,la stessa commedia sempre ripetuta con gli stessi attori.Speravo ormai soltanto in un grande amore per salvarmi,ma lo consideravo come non partecipe di questo mondo,e rimpiangevo amaramente tutta la felicit che avevo sognato.Allora bella mi parve la morte.Lho sempre amata,da ragazzo la desideravo semplicemente per conoscerla,per sapere che cosa si trova in una tomba e quali sogni appaiono in quel sonno.Come non concludere che luomo,qualunque cosa si dica, ama la morte di un amore divorante?Egli offre tutto ci che crea,da lei esce e a lei torna,vi pensa tutta la vita,ne racchiude il germe nel corpo,il desiderio nel cuore.E cos dolce immaginare di non esister pi.Non aver pi bisogno di piangere non poter provare quelle debolezze in cui sembra che tutto crolli come un impalcatura imputridita, questa la felicit suprema,la gioia senza domani,il sogno senza risveglio.E,poi forse,andiamo verso un mondo pi bello,oltre le stelle,dove si vive la vita dalla luce agli effluvi,si partecipa,forse,del profumo delle rose e della frescura dei prati.No,no,preferisco credere che si muoia davvero,che nulla esca pi dalla bara;e se bisogna sentire ancora qualche cosa,che sia almeno il proprio nulla,cha la morte si cibi di se stessa e si ammiri;che si senta di vivere quel tanto che occorre per sentire che non si vive pi.Provavo linconcepibile desiderio di slanciarmi,di volare

nellaria,di dissolvermi nei venti.Ma non avrei voluto esser sepolto,la bara mi spaventa;preferirei esser deposto su un letto di foglie secche nelle profondit dei boschi,e che il mio corpo si dissolvesse a poco a poco sotto il becco degli uccelli e alle piogge delle tempeste.Quante miserie vi sono finite,quante felicit sono cominciate.Ero geloso dei loro rimpianti perch celavano felicit a me sconosciute.Perch i ricordi sono dolci,tristi o allegri,non importa!E i pi tristi sono ancora i pi piacevoli:non riassumono forse linfinito?Consumiamo secoli,a volte,per pensare ad una certa ora che non torner pi,trascorsa,ridotta per sempre al nulla e che vorremmo riscattare con tutto lavvenire.Ma simili ricordi sono fiaccole sparse in una gran sala oscura e splendono tra le tenebre;si pu vedere soltanto nel loro alone di luce,vicino a loro tutto rifulge mentre il resto pi nero,sepolto nellombra e nella noia.Mi sono sdraiato su un solco,e ho mirato il cielo, perduto nella contemplazione della sua bellezza;il mare era dolce e mormorava in un sospiro pi che in una voce.Talora le onde sembravano fermarsi o venivano a morire silenziose sulla riva orlata di schiuma,come un labbro il cui bacio non risuona pi.Avrei voluto dissolvermi nella luce del sole e perdermi nellimmensit azzurra.E fu tutto;poco dopo mi ricordai che vivevo,tornai in me,ripresi il cammino,sentendo che la maledizione si impossessava di nuovo di me,che rientravo fra gli uomini.In certi giorni viviamo quasi due esistenze,la seconda non ormai altro che il ricordo della prima.I pensieri di volutt e damore che mi avevano ossessionato gi a quindici anni ritornarono verso i diciotto. Sognare lamore sognare tutto, linfinito nella felicit,il mistero della gioia.Accadde egualmente di certe idee con le quali abbiamo vissuto troppo a lungo;vorremo liberarcene per sempre,pure scorrono in noi come la vita stessa e il cuore vi respira come in unatmosfera naturale.Lombra stessa sembrava ardere pi della luce.Ansante,sentii il mio cuore naufragare in un desiderio sfrenato.Perch il cuore delluomo cos grande,e cos piccola la vita? Ma lillusione svanita lascia in noi il suo magico profumo e ne cerchiamo la traccia in tutti i sentieri per dove fuggita;ci si consola nel pensiero che tutto non finito cos presto,che la vita ricomincia sempre,che un mondo si chiude davanti a noi.Avremo dunque consumato tanti sublimi sogni,tanti ardenti desideri per giungere a questa meta? Quando la sera sale la nebbia ed io cammino sola,mi sembra che la pioggia mi trapassi il cuore e lo frantumi.

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