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Bambini sani, ricchi ed intelligenti, creati a tavolino,

su ordinazione. È un gioco da ragazzi. Basta pagare.

In un laboratorio di Chicago sono stati “progettati”


cinque neonati per fornire cellule staminali ai propri
fratelli e sorelle che soffrono di leucemia e di una rara
malattia non ereditaria chiamata DBA (Diamond-
Blackfan Anaemia) e che, soprattutto, hanno dei
genitori che possono sborsare fior di quattrini.

Usando una orripilante tecnica chiamata PGD (Diagnosi di Preinnesto Genetico) vengono
testati gli embrioni per verificare che un certo tipo di tessuto corrisponda a quello dei
fratellini malati. Gli embrioni non compatibili vengono congelati per essere utilizzati in
futuro, quelli buoni vengono fatti crescere e poi nascere nel ventre di mamme in carne e
ossa.

Non è la prima volta che dei “salvatori artificiali” vengono progettati e creati in laboratorio.
Il team guidato da Anver Kuliev, del Reproductive Genetics Institute di Chicago, ha già
sperimentato in precedenza una simile procedura per venire incontro a nove coppie con
figli che necessitavano di un trapianto di midollo osseo tra il 2002 e il 2003. Usando
tecniche di fertilizzazione in-vitro, hanno creato 1999 embrioni di cui quasi un quarto - 45
embrioni - sono stati selezionati come compatibili. Da un totale di 28 embrioni trasferiti “in
utero”, sono state “prodotte” 5 gravidanze e relativi parti. Dal cordone ombelicale dei
nascituri sono state poi prelevate le cellule per il trapianto.

Quindi, ricapitolando, per ottenere cinque “bambini-farmaco”, sono stati “sacrificati” 1994
embrioni finiti o nel congelatore o nella spazzatura. E nessuno ci dice quanto sono stati
pagati quei 5 bimbi “miracolosi”, a peso d'oro probabilmente. Questa è la realtà-horror
della scienza moderna: la vita come merce, la cura per qualsiasi malattia. Al di là di ogni
etica. Basta solo potersela permettere.

La procedura, dichiarata “fuorilegge e eticamente inaccettabile”, è stata bandita in


Inghilterra dalla HFEA (Human Fertilisation and Embryology Authority) che ha vietato ad
una coppia inglese di ricorrere a questo metodo per tentare di salvare il proprio bambino
Charlie che soffre di DBA.

Hai capito gli inglesi, come sono umani.

LESBICHE ORDINANO BAMBINO SORDO

Non è uno scherzo, ma un titolo apparso su un quotidiano qualche tempo fa. Una coppia
omosessuale, composta da due donne sorde fin dalla nascita, decide, in America, di avere
un bambino. Ovviamente si affidano alla fecondazione assistita. ma, attenzione: ordinano
il seme di un uomo non udente, che ha nel suo corredo genetico all'incirca cinque
generazioni di non udenti.

Le due mostruose signore, decidono di vivere la gioia di un bambino e, essendo donne,


una di loro si presta a vivere la maternità di questo sogno che hanno in comune. Ma
perché richiedere un seme di una persona non udente?
Perché la coppia vuole avere un figlio con la stessa malformazione dei suoi genitori
(sarebbe meglio dire i suoi padroni, ndr) per preservarlo da tutte le idiozie e le sporcizie di
cui secondo loro sarebbe pieno il mondo. Si tratta dunque di una scelta morale. Sarà lui,
una volta divenuto adulto o comunque nell'età della ragione, a scegliere se riacquistare
l'udito con un apparecchio specifico oppure continuare a vivere nel silenzio.

(pubblicato su Ecplanet, 05-06-2004)

Five "designer babies" created for stem cells New Scientist 05 maggio
2004

Designer babies: Creating the perfect child CNN 30 oottobre 2008

The Need to Regulate "Designer Babies" Scientific American maggio


2009

La continua, per molti aspetti folle, ricerca di metodi di fertilizzazione "non convenzionali" è
approdata ad un nuovo, strabiliante, per quanto inquietante, risultato.

Il team di ricercatori del Wales College of


Medicine alla Cardiff University ha usato un
enzima prodotto dallo sperma, chiamato
“PLC-zeta”, o "phospholipase C-zeta", che
gioca un ruolo chiave nella fertilizzazione delle
uova umane, per spingere le uova a dividersi. Fornendo in questo modo una tecnica
eticamente più accettabile per creare cellule staminali "embrionali" che non contengono
alcun cromosoma paternale e dunque non possono svilupparsi in un bambino.

La tecnica potrà essere usata, secondo i ricercatori, anche per aiutare le coppie
impossibilitate ad avere figli. I ricercatori dicono di aver trovato la "scintilla della vita".

(pubblicato su Ecplanet, 14-12-2004)

Eggs 'fertilised' without sperm BBC News 02 dicembre 2004

Nel 2002, due genitori hanno visto i loro gemelli neonati per la prima volta, concepiti dopo
un lungo travaglio dovuto ad un trattamento di inseminazione artificiale (In Vitro
Fertilisation - IVF). Alla fine, tutto sembrava essere andato per il meglio. Eccetto che i due
gemelli erano di razza mista, mentre i genitori erano bianchi. La clinica ha usato lo sperma
sbagliato per fertilizzare gli ovuli della madre. Il padre biologico era un uomo sconosciuto
che insieme alla sua partner era ricorso anch'esso all'inseminazione artificiale.

Altri Incidenti simili sono successi in America e in Olanda. Nel giugno del 2004, un
rapporto commissionato dalle autorità mediche britanniche suggeriva alle cliniche di usare
un sistema di controllo che obbligasse gli embriologi ad avere un collega come testimone
per documentare ogni procedura in cui possono capitare degli errori. Ma per le 25 diverse
procedure richieste per ogni fase dell'IVF, il sistema risultava troppo laborioso e soggetto
comunque ad una alta probabilità di errore.

Steve Troup, embriologo dell'HFEA (Human Fertilisation and Embryology Authority), ha


proposto un'alternativa: il codice a barre. Tale sistema viene già impiegato con successo
da più di dieci anni nelle operazioni di trasfusione del sangue, riuscendo a ridurre il tasso
di errore. La IMT International, di Chester, è già all'opera per sviluppare codici a barre da
impiegare nelle procedure di IVF. Camere digitali all'interno della clinica leggeranno i
codici a barre posti sui contenitori degli ovuli; un computer poi leggerà i codici e suonerà
un allarme se non corrispondono al paziente. “Un sistema veramente sicuro”, ha dichiarato
Tim Haywood, direttore della IMT International.

Le tags elettroniche, conosciute come "RFID tags", lavorano in modo simile: possono
essere posizionate sui contenitori degli embrioni e attivate da onde radio che ne
trasmettono il codice. “Se i campioni non corrispondono al paziente, suonerà l'allarme”,
dice Troup. L'HFEA valuterà ora se effettivamente questi sistemi possono garantire una
maggiore sicurezza, e se le onde radio possono in qualche modo danneggiare gli
embrioni.

Un sistema basato sugli RFID è già stato sviluppato dalla Research Instruments di
Falmouth e testato su embrioni di topo. “Le tags ahnno trasmesso ininterrottamente per 4
giorni senza provocare alcun percettibile effetto sugli embrioni”, ha dichiarato David
Lansdowne, direttore tecnico della compagnia. Le tags RFID lavorano ad una frequenza di
13.5 megahertz, di molto inferiore ai 900-1900 megahertz usati dai telefoni cellulari (che
tanto sicuri non sono, ndr).

(Pubblicato su Ecplanet 14-04-2005)

Electronic tags for eggs, sperm and embryos New Scinetist 30 marzo
2005

“Bambini su misura” per curare i fratelli maggiori affetti da gravi malattie. L'ok definitivo è
arrivato dai Law Lords, la massima istanza giudiziaria britannica. Avevano già dato parere
favorevole l'Autorità per la Fertilità Umana e l'Embriologia e l'Alta Corte che avevano
autorizzato una coppia ad utilizzare una tecnica chiamata diagnosi genetica pre-impianto.
In questo modo è possibile selezionare un embrione in grado di generare un bebè con gli
stessi tessuti del figlio da curare.

In altri termini, si autorizza la “fabbricazione” di bambini al solo scopo farmacologico. Gli


embrioni come merce.

Anne è attesa con ansia dai genitori: dalla sua nascita dipende la vita di Kate, la sorellina
di 3 anni malata di leucemia. Anne è stata concepita con la fecondazione in vitro.
L'embrione da trasferire nell'utero della madre è stato selezionato con la diagnosi
preimpianto in modo che fosse compatibile con la sorella. Dal sangue del suo cordone
ombelicale si sarebbero ricavate cellule staminali per salvare Kate. La piccola infatti
sopravvive, ma non guarisce. Anne dovrà donarle il midollo osseo, per non parlare delle
continue trasfusioni del suo sangue. Infine, perché Kate non muoia, le sarà chiesto di
donare un rene. Allora Anne, a 13 anni, si reca da un avvocato e intenta causa ai genitori
per riprendersi i diritti sul proprio corpo.

È la storia provocatoria raccontata in “La Custode di Mia Sorella” (Corbaccio) dalla


scrittrice americana Jodi Picoult. Un romanzo, non una storia vera, che affronta un tema
molto attuale, quello dei “bambini su misura” selezionati prima di essere impiantati in utero
perché si possa salvare il fratello o la sorella nati con una malattia ereditaria: leucemia,
talassemia, anemia di Falconi. È di questi giorni il caso dei genitori di Marta, 13 anni, con il
morbo di Cooley, che si sono recati al Memorial Hospital di Istanbul, in Turchia, per
mettere al mondo con le tecniche di procreazione assistita un fratellino “compatibile”. La
legge 40, approvata a marzo 2004 (il 12 giugno sarà sottoposta a referendum), vieta la
diagnosi preimpianto sull'embrione e per questo alcuni scelgono di recarsi all'estero.

Il romanzo propone un punto di vista particolare, quello di una bambina donatrice, messa
al mondo in funzione della sorella Kate malata. “La possibilità di salvare la vita di un figlio
non è deprecabile” dice la scrittrice incontrata da Panorama. Il dibattito sulla liceità di
creare “designed baby” talora non tiene conto della complessità delle dinamiche di questa
scelta. Che coinvolge non solo i genitori, ma anche il figlio che viene messo al mondo per
salvare il proprio fratello, del cui destino nessuno sembra curarsi.

E di bambini concepiti con l'obiettivo di salvare un fratello nato con una malattia ereditaria
nel mondo ce ne sono ormai molti. Esiste una rete che consente la donazione sia del
midollo osseo sia del cordone ombelicale. “Le tecniche di procreazione di cui oggi si
dispone ci propongono questioni etiche inedite. Occorre però uno sforzo razionale per
sintonizzarsi con nuove realtà”, sostiene Demetrio Neri, ordinario di bioetica all'Università
di Messina.

Quanti rifiuterebbero di donare una parte del corpo per salvare una persona cara? La
cronaca ci riporta casi di genitori o figli che sacrificano un rene o una porzione del fegato
per un congiunto. C'è chi ritiene che usare una persona solo come mezzo sia eticamente
discutibile. Significa portare alla vita un bambino in modo condizionato, a fini strumentali.

“Un figlio ha un valore intrinseco e non può essere considerato un fornitore di pezzi di
ricambio”, afferma Giorgio Zamboni, pediatra ed esperto di bioetica all'Università di
Verona.

(Pubblicato su Ecplanet 13-05-2005)

Designer babies to wipe out diseases approved Telegraph 09


settembre 2005

Una sorellina su misura 12 giugno 2005

Jodi Picoult | My Sister's Keeper

Nel numero del 7 luglio 2005 di The New England Journal of Medicine, lo specialista di IVF
Dr. Sherman Silber annunciava di aver trapiantato un tessuto ovario da una donna alla sua
sorella gemella, resa sterile da un trattamento di chemioterapia per la cura del cancro.
Grazie al trapianto, è rimasta incinta e ha dato alla luce un bambino sano, geneticamente
identico (un clone).

Il limite di questa tecnica è che non tutti dispongono di un donatore gemello e anche che i
tessuti ovari possono facilmente danneggiarsi nell'operazione di trapianto. Tuttavia,
scienziati israeliani dell'Institute of Animal Science hanno annunciato di aver trapiantato
con successo intere ovaie in una pecora e che le uova prodotte dalle ovaie hanno prodotto
embrioni.
“La completa restaurazione ormonale e la normale ovulazione è possibile dopo crio-
preservazione e trapianto dell'intera ovaia”, hanno dichiarato i ricercatori. Si pensa già di
applicare la stessa tecnica anche sulle donne.

Il Dr. Marcelle Cedars, che dirige il Center for Reproductive Health alla University of
California di San Francisco, crede che quella di congelare le uova sia la soluzione
migliore.

(Pubblicato su Ecplanet 12-01-2006)

Ovarian Transplantation between Monozygotic Twins Discordant for Premature


Ovarian Failure 07 luglio 2005

Baby born after ovary transplant BBC News 12 novembre 2008

Ovary-transplant birth raises fears of ethical dangers The


Independent 16 novembre 2008

I “designer babies” (bambini prefabbricati) sono una realtà. Più di


1.000 bambini sono stati monitorati allo stato embrionale da
“diagnosi genetiche pre-impianto” (PGD): una cella, presa da un
embrione, è analizzata per verificare che cromosomi e geni siano a
posto, in modo da diagnosticare eventuali malattie genetiche. La
tecnica è usata anche per selezionare il sesso del nascituro.

L'1 novembre 2004, i Proceedings of the National Academy of


Science riportavano la notizia che un team guidato da Ralph
Brinster, alla University of Pennsylvania, intendeva crescere cellule
staminali “spermatagoniali” di topo in laboratorio. Conosciute come
“SSCs” (Spermatogonial Stem Cells), questo tipo di cellule staminali possono
eventualmente diventare sperma. Nel 2001, Brinster aveva alterato geneticamente le
SSCs (essendo cellule sessuali, tale alterazione verrebbe riprodotta di generazione in
generazione).

Gli scienziati definiscono questo "lavoretto" un cambiamento della “linea germica” (germ
line), che secondo la grande maggioranza dei bioetici non dovrebbe essere toccata,
perché può alterare una specie intera. In teoria, questa tecnologia dovrebbe servire a
fornire lo sperma per gli uomini sterili, ma se si altera geneticamente questo sperma si
rischia di procurare un danno a tutta la specie.

Nelle ultime tre decadi, da quando si sono affermate le


tecniche di ferttilizzazione artificiale "in vitro" (IVF), una
miriade di innovazioni tecnologiche hanno forzato i confini
tra scienza e sesso.

Niente sarà più come prima. La dissacrazione operata dai


tecno-scienziati è completa. La riproduzione non appartiene
più alla sfera del privato, del sacro, del magico, del
romantico, dell'irrazionale, ma a quello della tecnica, della
matematica, della programmazione, del freddo calcolo
eugenetico.
Il campo della microfluidica usa canali microscopici incisi su
superfici di silicio per scopi chimici o biologici. Da diversi
anni ormai, gli scienziati provano ad applicare la
microfluidica nel campo della IVF.

Il mese scorso, scienziati della University of Michigan hanno


effettuato una IVF su topi da laboratorio usando un
dispositivo microfluidico sperimentandone l'efficienza. Il
sistema potrebbe in futuro diventare uno standard.

Insomma, niente è precluso al progresso tecno-scientifico. Tutto è lecito. Poco importa se


il sesso, così come lo conoscevamo, vada rapidamente scomparendo. Al suo posto, un
atto di mera riproduzione, una questione puramente quantitativa, una roba da laboratorio,
preda del Dr. Frankenstein e della volontà di onnipotenza.

Che ci piaccia o no, siamo già oltre l'umano.

(pubblicato su Ecplanet, 12-01-2006)

Growth Factors Confer Immortality to Sperm-generating Stem Cells 03


novembre 2004

Microfluidics may be a new method of IVF 13 ottobre 2005

Tra le maggiori cause di sterilità maschile vi è la produzione di sperma debole oppure la


totale assenza di sperma. Nelle donne invece la sterilità spesso si deve a uova che si
“rifiutano” di procreare (questo accade soprattutto in donne avanti con l'età o che sono
state sottoposte a trattamenti anti-cancro).

Da un po' di tempo a questa parte, gli scienziati stanno provando ad ovviare artificialmente
anche a questo problema. In Francia, nel Regno Unito, a New York e in Giappone, si
lavora nel tentativo di trasformare le cellule umane regolari in cellule ovarie. I maggiori
ostacoli a questi esperimenti sono dati dal fatto che le cellule regolari hanno due copie di
ciascun cromosoma (cellule diploidi).

Per diventare riproduttiva, una cellula deve rigettare metà dei suoi cromosomi e diventare
aploide (il processo è chiamato “aploidizzazione”) in modo da ricevere l'altra metà dallo
sperma e creare così un nuovo organismo. I ricercatori stanno dunque sperimentando
metodi di “aploidizzazione artificiale”.

Nel 2001, il Dr. Gianpiero Palermo, del Weill Medical College alla Cornell University di
New York, annunciava di aver creato artificialmente uova aploidi usando tecniche di
clonazione: ha rimosso i nuclei di uova “donate”, ha inserito una cellula somatica presa da
un paziente adulto e poi ha fertilizzato l'uovo con dello sperma. Il 52% delle uova così
“ricostituite” sono state fertilizzate (il resto lo hanno buttato nel cesso, ndr). Il problema è
che, durante lo sviluppo, i cromosomi degli embrioni sono andati perduti.

Nei più recenti esperimenti di Palermo e del suo team, pubblicati nel settembre 2005 da
Reproductive Bio Medicine Online, le cellule blastomeres isolate dai cleaving embrioni
hanno mostrato una distribuzione caotica di cromosomi. Praticamente, hanno combinato
un casino. Non contenti, hanno cambiato tattica, inserendo nelle uova cellule staminali
embrionali invece di cellule adulte.

Al meeting annuale dell'American Society for Reproductive Medicine (un covo di neo-
eugeneuti, ndr), svoltosi a Montreal, il team di Palermo ha detto che, col nuovo approccio,
le cellule manipolate sono diventate, in effetti, sperma. E di aver ottenuto una seconda
generazione di cellule staminali embrionali. Allo stesso meeting, scienziati della University
of Pennsylvania hanno annunciato di aver creato cellule ovarie da cellule staminali
embrionali di topo trattate chimicamente.

Presto, secondo Palermo, sarà possibile, attraverso la clonazione terapeutica, fabbricare


sperma e uova artificiali a volontà e curare definitivamente la sterilità. Anche il sempre più
nutrito popolo omosessuale sarà servito.

Il Dr. Alan DeCherney, un pioniere della IVF, professore alla UCLA e editore della rivista
Fertility and Sterility, dice che si tratterà di poco più di 5 anni, e poi possiamo dire addio
per sempre alla riproduzione naturale.

(Pubblicato su Ecplanet 13-01-2006)

Science Makes Sex Obsolete Wired 12 gennaio 2005

Il moderno approccio alla “riproduzione pianificata” passa attraverso le lenti di un


microscopio da borsetta, il “FertilFacil”, invenzione di un’azienda
spagnola che sta ora esportando il brevetto in tutto il mondo.

Un apparecchio compatto e smontabile, in grado di analizzare le


proprietà della saliva di comportarsi in maniera differente a seconda
del momento del ciclo di ovulazione: l'aumento di estrogeni in
circolo favorisce infatti la precipitazione dei sali minerali in essa
disciolti. Dopo l'ovulazione, invece, l'aumento di progesterone
inibisce questo fenomeno, fornendo quindi un opportuno segnale
che possiamo cogliere e interpretare per gestire la nostra vita riproduttiva.

La portabilità e la semplicità di utilizzazione rendono questo prodotto una soluzione


pratica, tale da poter essere usata in ufficio o a scuola: si tratta semplicemente di applicare
un campione di saliva sul vetrino ed esaminarla ocularmente con l'apparato.

Occorrono solo alcune semplici cautele operative: tanto per cominciare bisogna fare
attenzione ad evitare la formazione di bollicine d'aria e assicurarsi che la quantità di saliva
applicata non sia ne' troppo scarsa né troppo abbondante. Occorre poi preferibilmente
prelevare il campione dalla parte inferiore della cavità orale, dove si incontra una saliva di
qualità migliore. Bisogna infine assolutamente evitare di effettuare il test dopo essersi
lavati i denti o dopo il consumo di cibo o bevande (un paio d'ore di astinenza dovrebbero
essere sufficienti) - e guai a fumare prima della prova. Una volta rispettate queste semplici
regole, il processo è quasi rapido e quasi banale: si pone il campione sul vetrino e si lascia
asciugare il tutto in posizione rigorosamente orizzontale per una ventina di minuti.
Dopodiché, non resterà che assemblare il microscopio, montando corpo, la parte ottica,
illuminatore e vetrino (con cautela, per non alterare il campione); applicare quindi l'occhio
e mettere a fuoco.
Il risultato dovrebbe saltare all'occhio: il minerale disciolto cristallizza infatti con un numero
elevato di ramificazioni nel momento dell'ovulazione – mentre decisamente più ridotta è la
sua spigolosità all'allontanarsi dal momento cruciale, fino ad arrivare a strutture tipo punti
o bollicine che dovrebbero significare un periodo tranquillo.

L'immagine che apparirà, confrontata con le fotografie del campione premurosamente


fornite dal produttore, ci indicherà il nostro (probabile?) grado di fertilità del momento; per
maggiore sicurezza viene comunque raccomandato di effettuare consecutivamente una
seconda prova. In questo modo, in meno di un'ora al giorno, saremo in grado di tracciare il
nostro grado di fertilità.

L'affidabilità del sistema è affermata dal produttore essere attorno al 98%: abbastanza
buona nel caso stiate cercando di fare un bambino, forse troppo ridotta (data la posta in
gioco) nel caso cerchiate invece di evitarlo.

(pubblicato su Ecplanet, 21-01-2006)

Fertilfacil Test de fertilidad y ovulacion reutilizable 15 aprile


2009

Per la prima volta, un gruppo di embriologi ha mostrato che a partire da cellule staminali
embrionali è possibile produrre spermatozoi funzionali in grado di generare una nuova
vita.

L'esperimento è stato condotto da un gruppo di ricercatori anglo-tedeschi dell'Università di


Newcastle e dell'Università di Göttingen, utilizzando cellule staminali di topo che hanno
portato alla nascita di sette topolini.

La tecnica, hanno detto i ricercatori - che hanno pubblicato un articolo sull'ultimo numero
di Developmental Cell - non è perfetta: delle 210 uova fecondate con gli spermatozoi di
origine staminale solo 65 hanno iniziato il processo di moltiplicazione cellulare e appena
sette sono state le nascite. Inoltre, uno dei sette topolini non è arrivato all'età adulta.

Gli altri - che hanno mostrato anormalità nei tassi di crescita - sono morti all'età di cinque
mesi. Il metodo utilizzato è dunque ben lontano da un possibile impiego per trattare la
sterilità maschile nell'uomo, ma la ricerca, secondo gli scienziati, rappresenta comunque
un notevole passo in avanti nella comprensione dei processi di spermatogenesi.

(Pubblicato su Ecplanet 09-08-2006)

Early-stage sperm cells created from human bone marrow

Ad oggi, sono più di 3 milioni i bambini nati a seguito di fecondazione in vitro (IVF). La
notizia è stata data da Jacques de Mouzon, dell'International Committee for Monitoring
Assisted Reproductive Technologies (ICMART), secondo quanto riportato dalla Reuters il
21 giugno 2006, nell'ambito dell'incontro annuale della European Society of Human
Reproduction and Embryology, svoltosi a Praga.

Lo studio dell'ICMART si basa su dati provenienti da 52 Paesi, che coprono due terzi di
tutte le procedure di fecondazione in vitro nel mondo, distribuite in modo piuttosto
disomogeneo. Circa il 56% di tutti i trattamenti di FIV si svolgono in Europa. E quasi la
metà di questi si svolgono in soli quattro Paesi: Stati Uniti, Germania, Francia e Gran
Bretagna.

La notizia sui numeri dei “bambini artificiali”, nati grazie alla IVF, è stata accolta con favore
dai mezzi di comunicazione laici. Ma ci sono stati anche commenti non altrettanto positivi:
un comunicato stampa degli organizzatori, del 19 giugno, avvertiva che le condizioni in cui
gli embrioni vengono coltivati in laboratorio, nell'ambito delle procedure di FIV, potrebbero
essere causa di errori genetici. Si tratterebbe di errori associati allo sviluppo di sindromi e
di anormalità nella crescita e nello sviluppo, come il basso peso alla nascita. I timori
provengono dalla ricerca sull'imprinting genetico negli embrioni dei topi. L'imprinting è il
processo in cui alcuni geni si attivano o meno a seconda se sono stati ereditati nei
cromosomi della madre o del padre. I risultati, tuttavia, sono solo preliminari, ha avvertito
Paolo Rinaudo, scienziato presso il Center for Reproductive Sciences dell'Università della
California, a San Francisco.

Un altro problema emerso all'incontro è che gli embrioni concepiti con IVF hanno maggiori
probabilità di essere maschi, secondo il quotidiano australiano Sun-Herald del 25 giugno.
L'embriologo australiano Jean Scott ha riferito alla conferenza che questo fenomeno si
verifica quando gli embrioni vengono cresciuti per un certo periodo di tempo prima di
essere impiantati. Quando l'ovocita e lo spermatozoo vengono uniti al di fuori del corpo e
l'embrione viene fatto crescere allo stadio di blastocisti, prima di essere impiantato nella
donna, vi è una probabilità del 56% che il bambino sia maschio. Il direttore di IVF
Australia, il dottor Ric Porter, ha affermato che questo avviene a causa del fatto che i
medici selezionano l'embrione che si divide per primo e questi tendono ad essere maschi.

C'è poi la questione delle frodi di identità. Secondo il dottor Luca Sabatini, del Center for
Reproductive Medicine del St. Bartholomew's Hospital di Londra, la ricerca ha dimostrato
che molte cliniche nel Regno Unito ritengono di non essere tutelate a sufficienza nel
controllo dell'identità dei pazienti. L'equipe del St. Bartholomew's Hospital ha preso in
esame 70 cliniche autorizzate nel Regno Unito. Di queste, 45 hanno risposto e il 37% ha
riferito di aver avuto casi effettivi o sospetti di frode sull'identità dei pazienti.
Comportamenti fraudolenti possono essere diretti ad ottenere aiuti pubblici che altrimenti
sarebbero esclusi per il paziente. La frode può avvenire anche quando la coppia si separa
nel corso di un trattamento di fecondazione assistita e uno di loro tenta di proseguire nel
trattamento con un partner diverso. Oppure possono esservi casi in cui lo sperma
dell'uomo sostituito da quello di una persona più giovane e che l'uomo continui a voler
essere il padre legittimo.

Ma il tema più controverso sollevato durante la conferenza è stato quello dello “screening
genetico”: i medici britannici hanno annunciato di aver elaborato un nuovo esame per
diagnosticare malformazioni genetiche negli embrioni. Invece di cercare geni alterati, legati
a malattie ereditarie, il nuovo test analizza le impronte digitali del DNA, i marcatori, che si
trovano vicini ai geni; in questo modo, gli embrioni “problematici” vengono esclusi e solo
quelli sani vengono usati per esser impiantati nell'ambito di una IVF. Il nuovo sistema
diagnostico è stato elaborato presso il Guy and St. Thomas' National Health Service
Foundation Trust di Londra. Ad oggi è stato usato su sette donne, cinque delle quali sono
ora incinte.

Anche a questo riguardo, le critiche non si sono fatte attendere. Sul quotidiano britannico
Daily Mail del giorno successivo, Josephine Quintavalle, di Comment on Reproductive
Ethics, ha dichiarato: “Non si tratta di prendere gli embrioni per curarli, ma di sottoporli a
diagnosi e di gettarli via”. Simone Aspis, del British Council of Disabled People, ha
avvertito: “Eliminare l'autismo attraverso lo screening potrebbe ingenerare il timore che
chiunque sia in qualche modo diverso non venga accettato”. Il Daily Mail ha anche
pubblicato un commento di Virginia Bovell, madre di Danny, un bimbo autistico di 11 anni.
Dopo aver dichiarato di essere rimasta costernata dalle notizie sul test, la Bovell ha
spiegato di comprendere bene le difficoltà di chi ha un bimbo autistico. Ma ha aggiunto
che “il problema non riguarda l'autismo in sé, ma il modo in cui la nostra società risponde
ad esso”. Per iniziare, il Governo potrebbe aiutare molto di più le coppie con bambini
disabili, ha sostenuto la Bovell: “Posso assicurare che Danny è la cosa più bella che mi
sia mai capitata e che l'idea che sarebbe stato meglio se non fosse mai nato è
intollerabile”, ha concluso.

Altri invece hanno accolto con favore l'annuncio del nuovo tipo di diagnosi. L'editorialista
del Sunday Times, Minette Miriam, ha descritto le nuove tecniche quasi come “divine”,
respingendo le critiche secondo cui disfarsi degli embrioni con problemi sia come giocare
ad essere Dio. “Ma cosa diamine c'è di male con chi gioca ad essere Dio?”, scrive Miriam,
“io sono totalmente favorevole, proprio perché Dio non sembra farlo per conto suo”. E
conclude: “L'uomo è il risultato di un'opera ed ora è in parte anche opera del lavoro di
uomini simili a dei”.

(Pubblicato su Ecplanet 11-08-2006)

Three million babies born using assisted reproductive technologies

European Society of Human Reproduction and Embryology

IVF babies more likely to be boys study finds 25 giugno 2006

IVF Identity Fraud: A Phenomenon That Puts Patients, Children, And


Clinics At Risk 23 giugno 2006

Outcry as clinic offers 'designer baby' embryo screening for 200


diseases 13 novembre 2006

In precedenza, nella rivista Reproduction, il Professor Karim Nayernia aveva annunciato di


aver creato i progenitori degli spermatozoi a partire da cellule staminali prelevate dal
midollo osseo di quattro volontari e fatte crescere in tessuti muscolari. Ora, Nayernia e i
suoi colleghi del Northeast England Stem Cell Institute di Newcastle, nei laboratori di
Gottingen, in Germania, stanno conducendo un altro esperimento su topi femmina per
valutare la possibilità di ottenere sperma dal loro midollo spinale: facendo crescere in
laboratorio le cellule genitrici estratte dal midollo, e addizionandole di vitamina A, gli
scienziati hanno ottenuto la produzione di cellule spermatogonali, ovvero cellule che
dovrebbero evolvere in sperma.

Tra qualche mese, l'esperimento potrebbe essere esteso a delle volontarie. Ed è per
questo, che il professor Nayernia ha chiesto di poter proseguire i test presso il laboratorio
di Newcastle, quello stesso dove è stato clonato il primo embrione umano.

Lo scopo originario della ricerca era di restituire la fertilità a uomini che l'avessero persa a
causa di trattamenti terapeutici contro il cancro. L'orizzonte si è adesso quasi ribaltato:
l'ipotesi della creazione di un embrione a partire da materiale genetico appartenente a due
donne si fa a questo punto molto più vicina. Un invito alla prudenza è arrivato dal
Professor Harry Moore, dell'Università di Sheffield, preoccupato dalle mutazioni genetiche
permanenti che queste manipolazioni di cellule staminali potrebbero innescare.

Ma l'obiezione più forte, condivisa da altri esponenti del mondo scientifico, è di Robin
Lovell Badge, del National Institute of Medical Research di Londra, che fa notare come per
la formazione dello sperma sia indispensabile il cromosoma Y, di cui è dotato
esclusivamente il patrimonio genetico dell'uomo. La sola matrice femminile, pertanto,
potrebbe non bastare all'autoproduzione delle cellule spermatiche.

(Pubblicato su Ecplanet 19-04-2007)

Bone stem cells turned into primitive sperm cells 13 aprile 2007

Sperm cells created from female embryo 01 febbraio 2008

Bone Marrow has produced from sperm cells 03 gennaio 2009

È un orgoglio dell'Italia, precisamente dell'equipe dell'European Hospital di Roma,


l'annuncio della prima nascita al mondo di un bambino maschio sano ottenuto mediante la
fecondazione in vitro di ovociti congelati con cellule germinali testicolari. L'intervento è
stato effettuato dall’équipe di Ermanno Greco, Direttore del Centro di Medicina della
Riproduzione dell’European Hospital di Roma, mediante una tecnica descritta
dettagliamente sul prossimo numero della prestigiosa rivista scientifica americana Fertility
and Sterility.

Il paziente maschio presentava una


particolare malattia genetica (sindrome
di Klinefelter) che ne aveva
determinato l'assenza totale di cellule
germinali nel testicolo e pertanto
l'assenza completa di spermatozoi nel
liquido seminale (azoospermia).
Grazie ad una particolare tecnica microscopica di prelievo testicolare multiplo è stato
possibile raccogliere prima e congelare poi alcune cellule germinali mature (spermatidi
allungati). In una seconda fase, sempre in laboratorio, le cellule scongelate sono state
microiniettate nelle uova congelate materne. La tecnica riveste particolare importanza per
le molteplici coppie che in Italia ogni anno effettuano la fecondazione in vitro: il timore di
doversi sottoporre ripetutamente a procedure di stimolazione ormonale ovarica, per il
divieto di congelare embrioni, spinge queste coppie ad affrontare difficili e costosi viaggi
all'estero (turismo procreativo), mentre ora è possibile, pur nel rispetto dell'attuale
normativa, ottenere soddisfacenti risultati anche nei casi dapprima ritenuti insolubili, come
quello illustrato da Fertility and Sterility.

L'acronimo FIVET (Fertilizzazione in Vitro con Trasferimento di Embrione) è utilizzato per


definire una tecnica di procreazione assistita tra le più comuni: la tecnica fu sviluppata nel
Regno Unito da Patrick Steptoe e Robert Edwards. Il primo essere umano nato da questa
tecnica fu Louise Brown, nata a Londra il 25 luglio 1978. In alcuni Paesi, tra i quali l'Italia,
la legge prevede delle limitazioni anche notevoli a tali procedure).
La procedura si divide nelle seguenti fasi: alla donna vengono somministrati per via
intramuscolare o sottocutanea dei farmaci (gonadotropine) finalizzati all'iperovulazione
cioè allo sviluppo di più follicoli e quindi di un numero maggiore di cellule uovo (nel ciclo
spontaneo ne viene prodotta di solito una sola), di modo che possa essere prelevato un
numero maggiore di ovociti. La paziente viene sottoposta ad un monitoraggio teso a
individuare il momento adatto a condurre a maturazione gli ovociti (ad esempio con la
somministrazione di gonadotropine corioniche). Si procede quindi all'aspirazione
ecoguidata dei follicoli, al fine di recuperare gli ovociti maturati.

Il liquido follicolare viene esaminato in laboratorio e ne vengono recuperati gli ovociti


ritenuti idonei alla fecondazione in base alla sola
osservazione morfologica degli stessi, eseguita al
microscopio. I gameti, cioè il seme maschile e
l'ovocita della donna, vengono collocati insieme in un
apposito recipiente affinché uno spermatozoo penetri
nell'ovocita. Vengono a volte utilizzate delle tecniche
di fertilizzazione assistita come l'ICSI
(Intracytoplasmatic Sperm Injection, o Iniezione
Intracitoplasmatica dello Spermatozoo), tramite la
quale lo spermatozoo viene iniettato direttamente nel
citoplasma dell'ovocita.

L'embrione così formatosi viene introdotto in utero


per via vaginale, normalmente entro 72 ore, nella speranza che si annidi, cioè che “metta
radici” nella mucosa uterina (endometrio) e possa ricevere dalla donna alimento, calore ed
energie per continuare a svilupparsi. Le percentuali di successo sono influenzate da molti
fattori: la risposta da parte della donna alle terapie (in molti casi non viene prodotto un
numero sufficiente di follicoli ed è quindi necessario ripetere la terapia con dosaggi
diversi); la presenza di ovociti nel liquido follicolare: in alcuni casi gli ovociti non sono
maturi e fecondabili o sono assenti; il grado di maturazione degli ovociti prelevati; la
fertilità della paziente, che è molto influenzata dall'età.

Per aumentare le percentuali di successo viene utilizzato il metodo di trasferire nell’utero


un numero multiplo di embrioni valutato di caso in caso in modo da raggiungere un
compromesso tra le probabilità di successo e il rischio di gravidanze plurigemellari;
generalmente vengono trasferiti, ove siano disponibili, non più di tre embrioni. Le linee
guida della ESHRE (European Society for Human Reproduction & Embryology)
suggeriscono di impiantare non più di due/tre embrioni. L'introduzione della definizione di
un numero massimo di embrioni impiantabili tende a prevenire gravidanze plurigemellari le
quali presentano nella grande maggioranza dei casi notevoli rischi sia per la salute della
donna, sia per quella dei nascituri. Si evita inoltre il dover ricorrere, come avveniva talvolta
in passato, a tecniche d'emergenza quali la “riduzione embrionaria”, non sempre in grado
né di garantire il proseguimento della gravidanza, né di salvaguardare la salute della
donna. La riduzione embrionaria, solitamente eseguita nell'ottava settimana di gravidanza,
prevede l'induzione della morte di un embrione (o più) iniettando direttamente nel suo
cuore, attraverso la parete addominale materna, un farmaco (generalmente cloruro di
potassio) che provoca l'arresto cardiaco. La morte dell'embrione dovrebbe provocarne
l'eliminazione e garantire la sopravvivenza di quello (o quelli) rimasti. Tuttavia, in diversi
casi, l'operazione ha condotto ad una completa interruzione della gravidanza e ad infezioni
a carico della donna, con notevoli rischi sulla sua futura capacità di procreare.
Poiché l'iperstimolazione gonadotropinica, che potrebbe insorgere a seguito delle tecniche
tese a innescare l'iperovulazione, presenta notevoli rischi per la salute della donna, e il
successivo prelievo di ovociti è comunque un piccolo intervento chirurgico poco gradevole,
si cerca di ottenere in un solo ciclo il massimo numero possibile di ovociti, i quali vengono
fecondati tutti e poi trasferiti in utero - se ve ne sono di adatti - solo alcuni, mentre -
laddove ne siano disponibili - vengono conservati gli altri in vista di eventuali ulteriori
tentativi. La conservazione viene effettuata congelando gli embrioni a 196 gradi centigradi
sotto lo zero (crioconservazione), con uso di azoto liquido.

Fino ad oggi non sono sufficientemente sviluppate tecniche tese a congelare e quindi
scongelare gli ovociti senza interferire negativamente e in modo significativo sulla loro
vitalità e capacità di essere fecondati. Tecniche simili sembrano avere migliori risultati
quando applicate agli embrioni e agli spermatozoi. Diversi centri medici specializzati nella
ricerca sulla fecondazione assistita, pertanto, raccomandano la congelazione degli
embrioni cosiddetti “soprannumerari”.

(Pubblicato su Ecplanet 22-07-2007)

Nati otto bambini sani con la fecondazione in vitro a Roma 4 Dicembre


2008

Fertility and Sterility®

ESHRE - European Society for Human Reproduction & Embryology

Intracytoplasmic sperm injection - Wikipedia

Edwards: The IVF pioneer

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