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Avvenire 10/03/2012

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MERCOLED 3 OTTOBRE 2012

LE EURONORME, LE BUONE, LE CATTIVE E LE PESSIME PRATICHE IN ITALIA

LIMMAGINE

LINIZIO DELLE LEZIONI DELLANNO ACCADEMICO IN MOLTI ATENEI

I Cie sono inevitabili ma cos non funzionano


PAOLO BORGNA
vero, come si sente spesso ripetere, che "non possiamo fare a meno dei Cie", i centri di identificazione ed espulsione in cui vengono condotti gli immigrati irregolari in attesa di identificazione. altrettanto vero che i Cie potrebbero essere usati diversamente. Non possiamo farne a meno anzitutto perch ce lo impongono le normative europee. Da ultimo la direttiva 115 del 2008, che impegna gli Stati membri alleffettivo rimpatrio degli stranieri irregolari e prevede che, a tal fine, gli Stati possano trattenere le persone da espellere per prepararne il rimpatrio. Che cosa significa preparare il rimpatrio di una persona irregolare? Significa che se uno Stato deve espellere, con le complesse procedure previste dalla legge, uno straniero irregolare di cui (non essendovi documenti) non si conoscono lidentit anagrafica e la provenienza nazionale, deve in primo luogo accertare in quale Paese inviare il cittadino straniero. Pena, il rischio di inviare nel Paese X una persona proveniente dal Paese Y. E dunque bisogna stabilirne perlomeno la nazionalit (con la collaborazione dei consolati e con un percorso non breve). Inoltre, bisogna trovare i mezzi di trasporto per laccompagnamento nella patria di origine. Tutto ci richiede tempo, nel corso del quale la persona da espellere viene, appunto, trattenuta al Cie. Apparentemente tutto semplice e chiaro. Ma, come spesso accade, la realt pi complessa delle regole astratte. In primo luogo non semplice fare accettare a uno straniero che non ha commesso alcun reato se non quello di "clandestinit", il fatto che lo si priva della libert personale per un periodo che, proprio a seguito della direttiva Ue 115/2008, pu oggi raggiungere i diciotto mesi (possibilit che le questure tendono a non utilizzare). In secondo luogo i Cie non hanno alcune strutture (biblioteche, laboratori, palestre, ecc.) di cui dispongono le

palestra della ragione luniversit che apre al mondo

carceri. Per certi aspetti, quindi, la "detenzione amministrativa" in un Cie pu risultare pi afflittiva della detenzione in carcere. Ne sono conseguenza le rivolte e i frequenti atti di autolesionismo. Inoltre le collaborazioni dei consolati lasciano spesso a desiderare. Soprattutto, lestensione enorme del fenomeno dellimmigrazione irregolare fa s che qualunque strumento predisposto per eseguire le espulsioni risulta alla fine inadeguato. Questo giornale lo scrive da tempo: larea della cosiddetta "clandestinit" "drogata". Si estesa a macchia dolio in conseguenza del fatto che lo straniero che chiede di venire in Italia per cercare lavoro deve affrontare procedure troppo lente e farraginose, che spingono allirregolarit anche chi non vorrebbe essere irregolare (e magari ha gi trovato unoccupazione e un datore di lavoro che lo vorrebbe regolarizzare). Se non riusciamo a regolarizzare i cittadini stranieri che il nostro "mercato del lavoro" richiede, se li facciamo lavorare in nero e non rendiamo regolare la loro presenza in Italia, se poi li marchiamo con letichetta di "clandestini" e tendiamo ad espellerli, mettiamo in moto un meccanismo costosissimo e imbelle. Le nostre prefetture emetteranno decine di migliaia di decreti di espulsione, destinati spesso a non essere eseguiti: spauracchio di onesti lavoratori irregolari e acqua fresca per coloro che davvero meriterebbero dessere rimandati al Paese di origine. Lunico modo per contrastare la "clandestinit" avere procedure di ingresso semplici, snelle e veloci. A quel punto ci si potr concentrare, in modo selettivo, sullespulsione effettiva (non solo proclamata sulla carta) degli irregolari che hanno commesso reati gravi. Perch il paradosso dellattuale situazione proprio questo: pi facile espellere una badante irregolare piuttosto che un rapinatore o uno spacciatore che, non dichiarando mai le loro vere generalit, riescono a sfruttare le lentezze della nostra macchina amministrativa e a rimanere in Italia.
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Parcheggio libero

ROBERTO COLOMBO
n diversi atenei italiani questa settimana segna linizio delle lezioni del nuovo anno accademico. Al di l dei problemi strutturali, finanziari, amministrativi, organizzativi e valutativi che gravano sulla ricerca, la didattica e i rapporti con la societ dei nostri atenei, impegnati nellattuazione della riforma prevista dalla legge 240, la ripresa dei corsi di studio unoccasione per tutti professori, ricercatori e studenti di riflettere sul significato e sul valore delluniversit. un luogo comune della retorica politica sulluniversit affermare che il suo compito sia quello di preparare i giovani a un lavoro qualificato, spalancare delle nuove opportunit professionali e far crescere la competitivit culturale, scientifica, tecnologica, economica e commerciale del nostro Paese. Con uno slogan usurato: pi universit, pi lavoro e maggior benessere. Ma proprio cos? Il sistema universitario e i suoi strumenti attrezzano gli allievi e i loro docenti ad affrontare il nuovo e limprevisto con cui le persone, le imprese e le istituzioni si dovranno confrontare in questo momento della nostra storia nazionale e mondiale, tanto arduo quanto decisivo per il futuro di tutti? Nel 1996, quasi anticipando lattuale crisi finanziaria, culturale e sociale, il Rettore di una delle pi prestigiose universit americane, quella di Harvard, scriveva in una lettera aperta agli studenti: Se pensate di venire in questa universit ad acquisire specializzazioni in cambio di un futuro migliore state perdendo il vostro tempo. Noi non siamo capaci di prepararvi per quel lavoro che quasi certamente non esister pi intorno a voi. Ormai il lavoro, a causa dei cambiamenti strutturali, organizzativi e tecnologici soggetto a variazioni rapide e radicali. Noi possiamo solo insegnarvi a diventare capaci di imparare, perch dovrete reimparare continuamente. La sfida non pi solo e tanto quella di innestare su una solida formazione di base, che connota la tradizione accademica italiana e la fa apprezzare allestero, percorsi didattici e di ricerca innovativi e diversificati, capaci di introdurre i laureati

Parcheggio di biciclette a Gand, in Belgio (Reuters)

LA VIGNETTA

e gli specializzati ai mutati e molteplici contesti lavorativi. Si tratta, piuttosto, di recuperare e approfondire la ricca tradizione di educazione critica, di accompagnamento in un percorso personalizzato di trasmissione, ricezione e appropriazione dei "fondamentali" del metodo della conoscenza della realt, in ogni regione del sapere, del saper dire e del poter fare. Un metodo che parte dalla coltivazione negli studenti di una domanda curiosa, aperta, libera su tutto ci che oggetto del loro studio, e nei docenti di una capacit di provocazione e di ascolto di questa domanda, in un confronto pubblico, a tutto campo, con ogni fattore costitutivo della realt. Nel "villaggio globale" dei saperi e della loro comunicazione, dove tutti possono vendere e acquisire nozioni su tutto, se luniversit ha ancora un senso e un valore insostituibile, quello di una palestra della ragione, che allena la mente ad affrontare le questioni che la vita inesorabilmente pone e le competizioni che il lavoro non risparmia, in modo particolare ai giovani. Appaiono pi che mai attuali le osservazioni di Romano Guardini: Il sapere che luniversit trasmette dovrebbe poggiare su quella forza dellinterrogarsi e su quella seriet della responsabilit culturale che distingue la scienza dal dilettantismo. () Si tratta perci di creare un tutto che si possa dominare con lo sguardo e da cui sia possibile ricavarne poi un lavoro pratico. Colui che studia in vista della professione deve conservare in se stesso almeno una piccola scintilla della volont di ricerca, altrimenti egli diventa, intellettualmente parlando, un manovale. Raccogliendo questa sfida, studenti e docenti ricondurranno luniversit nuovamente a quel luogo originalissimo della societ in cui lesercizio della razionalit umana gode di tutta lampiezza e il respiro di cui ha bisogno per compiere scelte che non si fermano a rammendare gli squarci prodotti dalla crisi delleconomia e del lavoro, ma vanno alla sua radice per sanarla e dare tenace consistenza alla ripresa. Un compito e una responsabilit grande cui solo una universit aperta alla realt totale e appassionata educatrice della ragione pu preparare la libert dei giovani.
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GIOVANI ARMATI E RAGAZZINI UCCISI,VITTIME DEI CLAN A NAPOLI

Pistole minorenni
MAURIZIO PATRICIELLO
ome tutti gli apprendisti fanno il tirocinio. Imparano i trucchi del mestiere. Sono le giovanissime leve della camorra napoletana. Minorenni che la scuola non riuscita a interessare. Solo il volto imberbe tradisce la loro et. Ragionano, infatti, di

pistole, di carcere e di droga come il pi navigato dei trafficanti. Sanno tutto. Sanno i rischi che corrono e i soldi che guadagneranno. Sono preziosissimi per chi delinque. Mano dopera essenziale. Mantengono, nascondono e trasportano le armi. Il killer le avr solo al momento opportuno. Non pu correre il rischio di farsele trovare addosso dalla polizia.

Hanno poco pi di 15 anni. Let in cui bisognerebbe passare le giornate sui libri per imparare larte di vivere e sperare; sognare e progettare. Invece stanno l. A disposizione del capo. Aspettano di essere comandati. Di passare di grado. Di acquisire pian piano un posto di riguardo allinterno della cosca. Stanno l a rianimare la serpe velenosa che non vuol morire. Siamo a Scampia, il mastodontico quartiere a Nord di Napoli dove negli anni passati furono ammassate le povert della citt. Povert che messe insieme non si assommano, ma si moltiplicano a dismisura. Scampia non un semplice quartiere di una citt del nostro Meridione, ma un caso nazionale da prendere in seria considerazione. Da questo posto chi pu scappa via. Lo fa per

mettere al sicuro i suoi bambini. Per sperare di costruire per loro un futuro degno di questo nome. Il problema grande per coloro che, pur volendo, per le loro condizioni economiche, non possono. Costoro sono veri eroi da premiare con apposita medaglia. Infatti, tranne che nei periodi di emergenza, dove il quartiere "blindato", a Scampia, come negli altri quartieri periferici, tutto permesso. Si chiude un occhio, spesse volte due. Le motivazioni addotte dai diretti responsabili sono sempre le stesse: gli uomini adibiti al controllo sono pochi; soldi non ce ne sono; il popolo incivile. Dubito che sia sempre vero. A Napoli, solo nelle ultime settimane, sono stati uccisi due ventenni. Altri minorenni sono stati arrestati durante una retata. Ragazzi con la pistola al posto dei

libri e del pallone. Giovani che spaventano. Uomini con lanimo insozzato prima che sia formato. Si ammazzano per strada, in pieno giorno, sotto gli occhi della gente esterrefatta. Una nuova faida, infatti, scoppiata allinterno del gruppo degli scissionisti che qualche anno fa si separ dal clan dei Di Lauro provocando la morte di un centinaio di persone. I loro vecchi amici, oggi, vogliono rendersi indipendenti e per farlo fanno alleanza con i nemici di ieri. La storia si ripete. Non pu che ripetersi quando alla base c la violenza, la sopraffazione, lingordigia, la droga. E il denaro. Tanto, tanto denaro. Tanto da accecare gli occhi e soffocare il cuore. Tanto da far rinnegare anche gli affetti pi cari. La camorra un mostriciattolo orripilante. Se ancora non si riesce a debellare,

occorre indagarne a fondo le motivazioni. Motivazioni che risiedono in quella "sottocultura camorristica" fatta di ingiustizie, povert, disoccupazione o sottoccupazione cronica. Sottocultura resa possibile anche da uno Stato che spesse volte non riesce a farsi garante dei diritti del cittadino. Uno Stato che si inchina alla Costituzione e alla Bandiera, ma finge di diventare cieco quando certi diritti al lavoro, alla casa, alla salute vengono violati. in questo vuoto assordante che il camorrista si presenta lupo travestito da agnello e divora il malcapitato. Occorre bonificare il terreno. Dalle scorie tossiche che ci stanno avvelenando e condannando a morte, e dalla manonera sempre in agguato di giovanissime creature.
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GIORNALE QUOTIDIANO DI ISPIRAZIONE CATTOLICA


PER AMARE QUELLI CHE NON CREDONO

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Il Santo del giorno


di Antonio Maria Sicari

Dionigi l'areopagita
i tutti quelli che ascoltarono lApostolo Paolo allAreopago di Atene, si convertirono soltanto un certo Dionigi (detto perci lAreopagita) e una certa Damaris (At 17,32-34). Di loro non sappiamo quasi nulla (anche se unantica tradizione racconta che Dionigi divenne in seguito il primo Vescovo di Atene); certo che essi compresero la passione con cui Paolo tentava di coniugare la saggezza greca con la novit del Vangelo. Divennero discepoli, e bast questo per la loro santit. Ma cinque secoli dopo, un monaco siriano, appassionato di cultura greca, volle riprendere lantica intuizione di Paolo e si dedic a un intenso lavoro teologico. Per umilt scelse di firmare le sue opere con

La via della bellezza


lo pseudonimo di Dionigi lAreopagita. La sua produzione teologica di grande valore ed ha caratteristiche di eccezionale bellezza e profondit: una "teologia liturgica" perch concepisce cosmo e storia come un immenso inno di lode a Dio; una teologia "mistica" perch molto attenta al cammino dellanima verso la pi stretta unione amorosa con Dio; ed una teologia "dialogica" perch affida la forza di convinzione alla stessa luce della verit. Inoltre una teologia che non dimentica mai che Dio sempre pi grande di tutto ci che di lui riusciamo a dire. Sono molti i teologi che hanno appreso da Dionigi che la "strada della Bellezza" quella che conduce pi vicino a Dio. Dante ha posto Dionigi nel quarto cielo, accanto a S. Tommaso dAquino (Par. X,115117). Con la festa di oggi, la Chiesa intende venerare sia il Dionigi che divenne discepolo di Paolo, sia il monaco che si nascose dietro il suo nome per portare a compimento quel "dialogo" che San Paolo era riuscito soltanto a iniziare. Altri Santi: Candida di Roma; Gerardo di Brogne (890-959). Letture: Come pu un uomo aver ragione dinanzi a Dio? (Gb 9,1-12.14-16); Tutto il giorno ti chiamo, Signore (Sal 87/88); Lascia che i morti seppelliscano i loro morti (Lc 9,57-62). Ambrosiano: 2 Timteo 1,1-12; Salmo 138; Luca 20,27-40.
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Quanto Basta
di Umberto Folena

Quei 300 morti viventi tornati a rivedere il sole


he tempo fa, Damon? Com il sole per chi entrato 15 anni fa nel braccio della morte di Angola, in Louisiana, da cui si esce soltanto con i piedi in avanti? Damon Thibodeaux era stato condannato a morte nel 1997 per lomicidio di una cugina di 14 anni. Aveva confessato dopo un interrogatorio di nove ore; in seguito aveva ritrattato, affermando che la confessione gli era stata estorta con la forza. Grazie allimpegno dellorganizzazione Project Innocence, nel 2007 il processo era stato riaperto. E lesame del Dna aveva accertato che Damon era innocente (vedi Avvenire di sabato scorso). Proprio come John Edward Smith, di Los Angeles, rilasciato dieci giorni fa dopo 20 anni nel braccio della morte. O Alprentiss Nash, di Chicago, liberato dopo 17 anni da morto vivente, perch condannato per un delitto mai commesso. Damon il trecentesimo Dead Man Walking innocente scagionato grazie al Dna. Dovrebbe bastare e avanzare per abolire la pena di morte, cattiva e assurda: cancellarla, se non per etica o morale, almeno per semplice buon senso.
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October 3, 2012 3:09 pm / Powered by TECNAVIA / HIT-M

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