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I Distretti industriali

(prima parte)

Lezione 11
I distretti industriali

Prima parte:
Approcci teorici

Seconda parte:
Identificazione e rilevanza dei distretti
industriali nel sistema economico
italiano
Il contesto
 Fine anni ’70, cambiamento economico
italiano

 Dibattito sul ruolo della piccola impresa


non spiegato dalle economie interne
 Crisi della produzione di massa ed
affermarsi di un modello d’industrializzazione
basato sulla produzione differenziata
nuova unità d’indagine
(oltre il settore)
Distretto nuovo modello
industria d’industrializzazione (oltre il
le fordismo)
nuovo paradigma interpretativo
del cambiamento economico
Principali approcci teorici (1)
 Anni ’70-anni ’80 (Becattini,
Bellandi,…)
Approccio neo-marshalliano sviluppato
da economisti e sociologi italiani

Distretto nuova unità d’indagine tra


settore ed impresa

 Anni ’80 (Piore, Sabel)

Distretto industriale come modello di


specializzazione flessibile
Principali approcci teorici (2)
 Inizi anni ’90:

Teoria del clustering (Porter)


 Definizione più generale
 Unità d’analisi per
comprendere il vantaggio
nella concorrenza tra le Indagine sui
nazioni distretti a
livello
internaziona
Nuova geografica economica le
(Krugman e
Venables)
 Spiegazione dei fenomeni
di sviluppo locale
 Vantaggi di first e second
nature
Principali approcci teorici (3)

 Nuove approcci interpretativi :

 Distretti come reti organizzative

 Distretti come sistemi cognitivi

 Distretti come sistemi evolutivi


Approccio neo-marshalliano (1)
Economie esterne di localizzazione sono
conseguibili da piccoli operatori
spazialmente concentrati se il processo
produttivo è scomponibile in fasi (concetto
analogo alla economie di scala)

La concentrazione spaziale e la
specializzazione
 la riproduzionesettoriale promuovono:
delle competenze
 la diffusione della conoscenza
 l’impiego di macchinari specializzati
 lo sviluppo di attività sussidiarie
 la formazione di un mercato del lavoro
specializzato
 lo sviluppo di industrie complementari
Approccio neo-marshalliano (2)
I vantaggi  minori costi di produzione
legati  minori costi di
all’economie
esterne si transazione
concretizzano  minori asimmetrie
in: informative
 maggiore progresso
Il Distretto è un ambiente
tecnico caratterizzato da
relazioni tra gli attori specifiche e
rappresentative di un aggregato
storicamente e geograficamente
determinato
Insieme di caratteristiche sociali
Atmosfe e produttive (intangible assets)
ra appartenenti al particolare
industria contesto sociale, che lo
le qualificano come sistema sociale
cognitivo
Approccio neo-marshalliano (3)
Una definizione di distretto: “un’entità
socio-territoriale caratterizzata dalla
compresenza attiva, in un’area territoriale
circoscritta, naturalisticamente e
storicamente determinata, di una comunità
di persone e di una popolazione di imprese
industriali” (Becattini, 1989)

Forte interrelazione tra sfera


economica, sociale e politica del
sistema locale (processo completo di
produzione)
Approccio neo-marshalliano (4)
 Criteri identificativi del distretto
industriale
Divisione e specializzazione del lavoro
 parcellizzazione del processo produttivo
in molteplici fasi distinte ed altamente
specializzate
 divisione del lavoro orizzontale e
verticale tra le imprese
Modello d’industrializzazione flessibile
basato su:
 produzioni in piccola serie
 competenze artigianali
 adattamento alle esigenze dei clienti
Approccio neo-marshalliano (5)
La divisione verticale del lavoro consente di
riorganizzare la produzione modificando la
combinazione di produttori (“squadre a
combinazione varabile”)

Elevata flessibilità

La specializzazione verticale favorisce:


 uso specializzato della risorse
 introduzione d’innovazioni (adattive ed
incrementali)

Continui aumenti di
produttività
Approccio neo-marshalliano (6)
Coesistenza di cooperazione e
competizione
La forte divisione del lavoro
orizzontale e verticale tra le
imprese

Coordinamento Concorrenza tra


automatico tra imprese che
imprese producono prodotti
complementari sostituibili

Consuetudini locali e Esistenza di mercati


controllo sociale infra-distrettuali
(meccanismo di (maggiore
reputazione) dinamismo)
Approccio neo-marshalliano (7)

Propensione all’imprenditorialità
La presenza di modello di successo,
attraverso processi sociali di tipo
imitativo:
 riduce i costi percepiti di start-up
 favorisce fenomeni di spin-off

Il distretto è un incubatore di nuove


imprese, ma non di crescita
dimensionale
Nuovi approcci interpretativi
Critiche
 L’approccio classico focalizza
eccessivamente l’analisi sul distretto nel
suo insieme (livello meso), sottovalutando
il ruolo fondamentale dell’impresa
distettuale (livello micro)
 Poca attenzione dedicata alle modalità di
formazione, alle traiettorie di crescita ed alle
dinamiche evolutive del sistema

Nuovi approcci evidenziano la natura


evolutiva dei distretti e mirano a spiegare
la molteplicità di traiettorie di sviluppo
emerse in Italia
L’approccio cognitivo (1)

Aspetto chiave: l’attività di creazione e


diffusione della conoscenza all’interno
dei distretti

L’evoluzione del distretto è spiegata dai


diversi processi di apprendimento:
 all’interno delle imprese
 a livello collettivo
 di tipo cooperativo
L’approccio cognitivo (2)

Apprendimento
interno
(impresa)

Sviluppo di
specifiche Meccanismo di
competenze learning by doing
tecniche

Specializzazio Bassa divisione


ne di fase del lavoro interna
L’approccio cognitivo (3)

Apprendimento
collettivo
(territorio)

Meccanismi di replicazione delle


conoscenze e di diffusione
dell’innovazione

Alta mobilità del Contiguità spaziale


lavoro interna al favorisce processi
distretto imitativi
L’approccio cognitivo (4)
L’innovazione distrettuale:
 “senza R&D”
 inclusiva verso l’interno
(facilmente appropriabili ed imitabili)
 esclusiva verso l’esterno
(utilizzabile esclusivamente in determinati
contesto)

Rischio d’isolamento
Barriera
(sistema cognitivo
all’ingresso
chiuso)
L’approccio cognitivo (5)

Apprendimento
cooperativo
(inter-impresa)

Meccanismi di apprendimento che


prevedono:
 volontà collaborativa
 instaurazione di rapporti stabili e
duraturi (formalizzati e non)
Maggiore rilevanza della singola impresa e
minore peso dell’ambiente distrettuale
(logica relazionale che include
anche attori esterni)
L’approccio relazionale (1)

Connotazioni di matrice aziendalista


del termine rete:
 insieme di unità esterne
 insieme di unità interne
 insieme di ruoli e persone
all’interno dell’organizzazione

Elementi costitutivi di una rete:


 Le relazioni
 I nodi (gli attori della rete)
L’approccio relazionale (2)

Esempi tipici di soluzioni organizzative e


gestionali che richiamano la rete esterna
 costellazione d’imprese: insieme di
aziende, guidate da un leader, che
convergono verso un obiettivo comune
 hollow corporation: impresa che attua
un decentramento estremo, limitandosi
alla regia industriale (es. alta moda)
 i distretti industriali
L’approccio relazionale (3)
Principali approcci reticolari all’analisi dei
distretti

 Individuare l’impresa centrale e quella


nodale ed i reciproci legami (accento sulle
condotte strategiche, peso minore del
sistema)
Imprese guida in grado di
influenzare l’evoluzione del
distretto
 Evidenziare la complessità strutturale dei
distretti: distretto come hyper-network
(rete di reti)
Importanza dei network
interorganizzativi verticali ed
orizzontali (consorzi, associazioni)
L’approccio relazionale (4)
Architetture relazionali e processo
innovativo
 Raggruppamento di PMI specializzate su
singole fasi del processo che interagiscono in
condizioni di sostanziale simmetria
relazionale
Realtà analizzate dai primi
distrettisti
 Impresa guida che costituisce il fulcro del
network organizzativo stabile (“moderata
gerarchizzazione”)
La creazione di network
interdistrettuali stabili caratterizza
l’evoluzione di numerosi distretti
 Simile al precedente, ma minori asimmetrie
relazionali tra impresa centrali (coordinatore)
e nodali

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