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INTERVENTO SUI FAMILIARI

DI PAZIENTI CON DISTURBO BORDERLINE DI


PERSONALITA’
Corso di Alta Formazione
VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEI DISTURBI DI PERSONALITA’
Università di Bologna Direttore Prof. Marco Menchetti

Dott.ssa Claudia Notarpietro


ANNO ACCADEMICO 2019/2020
1. PANORAMICA DEL DBP

Eziologia Sintomatologia Trattamento

“Modello persistente di relazioni instabili, immagine o Terapia cognitivo


o Eventi stressanti nella di sé, ed emozioni (disregolazione emozionale) e comportamentale:
pronunciata impulsività.
prima infanzia Questo modello persistente è mostrato da ≥ 5 dei seguenti:
- terapia dialettico-
o Tendenza genetica - Sforzi disperati per evitare l'abbandono (reale o immaginario) comportamentale
- Rapporti instabili e intensi che si alternano tra l'idealizzare e lo - STEPPS (Addestramento dei
o Parentela di primo svalutare l'altra persona sistemi per la prevedibilità
- Un'immagine di sé o un senso di sé instabili
grado con DBP - Impulsività in ≥ 2 aree che potrebbero danneggiare loro stessi (p. emotiva e la soluzione di
o Disturbi nelle funzioni es., il sesso non sicuro, le abbuffate, la guida spericolata) problemi)
di regolamentazione
- Ripetuti comportamenti, gesti o minacce suicidari o o Mentalizzazione
autolesionismo
dei sistemi cerebrali e - Rapidi cambiamenti di umore, di solito della durata solo di poche o Psicoterapia focalizzata
ore e raramente di più di un paio di giorni
neuropeptidi - Persistenti sentimenti di vuoto sul transfert
- Rabbia impropriamente intensa o problemi di controllo della o Schema-focused therapy
rabbia
- Pensieri paranoici temporanei o gravi sintomi dissociativi o Farmacologia
innescati dallo stress

Inoltre, i sintomi devono essere iniziati nella prima età adulta, ma


possono presentarsi durante l'adolescenza.”
2. TEORIE E STUDI SUL RUOLO DEI FAMILIARI CON DBP

Approccio integrato biopsicosociale Approccio psicoevolutivo


o Fondamentale considerare la famiglia del paziente in Kenberg  superazione fase simbiotica, ma fissazione
quanto le cure individuali necessarie al contenimento alla fase di separazione-individuazione: possibile disturbo
della malattia possono essere potenziate o vanificate emozionale della madre durante la fase di
dall’ambiente in cui il soggetto vive. riavvicinamento, o per un accesso di aggressività
o Sviluppo di relazioni esclusive, eliminando il possibile costituzionale del bambino oppure per difficoltà materne
il rischio di abbandono ma, raggiunta l’intimità, della funzione genitoriale; ne deriva la mancanza di
sviluppo di un conflitto ambivalente che crea la paura costanza d’oggetto. Attraverso la scissione, sia la madre
di essere inglobati dall’altro e di perdere la propria sia il Sè sono vissuti come oscillanti: il soggetto vivrà
identità. momenti in cui si sentirà buono e circondato da persone
o Manifestazione anche attraverso gesti autolesivi con lo benevole alternati a momenti in cui egli si sentirà privo di
scopo dei pazienti di richiamare l’altro a sé per essere ogni valore tendendo a percepire chi gli sta vicino come
salvati e nel tentativo di manipolare gli altri, ma cattivo e pronto ad abbandonarlo.
possono al contrario ottenerne l’allontanamento e, Adler  funzione materna inesistente o insufficiente;
privati dell’attenzione e rassicurazione che cercano, sviluppo di un oggetto interno “contenente-confortante”:
sperimentare un profondo senso di frustrazione che da ciò sentimenti di vuoto, tendenze depressive e
porta a sua volta a rispondere con rabbia ed atti dipendenza adesiva con conseguente frammentazione del
impulsivi, a volte distruttivi. Sé.
2. TEORIE E STUDI SUL RUOLO DEI FAMILIARI CON DBP

Studi sperimentali

Goldstein  famiglie invischiate, espulsive e idelizzanti o denigratorie. Obiettivo terapeutico: insegnare ai diversi
componenti il valore di una comunicazione efficace dei bisogni fondamentali, per poi cercare forme d’accordo basate sulla
negoziazione.
Villeneuve e Roux  il curante della famiglia di un soggetto borderline deve essere coraggioso, paziente, ottimista, pronto a
scontrarsi con persone considerate “intrattabili”. L’approccio deve essere flessibile e psicodinamicamente orientato. La terapia
della famiglia vista come un viaggio carico di dolore, incertezze e meraviglia sia per la famiglia che per il terapeuta.
Gunderson et al.  caratteristiche del disturbo borderline in termini di deficit: discontrollo degli affetti e degli impulsi,
pensiero dicotomico, utilizzo di meccanismi di difesa come la scissione, intolleranza alla solitudine.
Studio con Symptom Check List (SCL-90)  studio sul carico soggettivo in termini di distress psicologico nei
caregiver di persone con DBP in confronto alla popolazione generale e ai familiari di pazienti con altra condizione psichiatrica:
i familiari di pazienti con DBP presentano un livello di distress psicologico generalmente più elevato rispetto alla popolazione
generale, su tutte le dimensioni misurate dalla scala, quali sintomatologia ansiosa, depressiva, difficoltà correlate al sonno,
somatizzazioni, atteggiamento ostile.
Gunderson e Lyoo  studio nel quale vengono indagate le problematiche che mostrano un impatto maggiore sul distress
psicologico dei caregiver di pazienti con DBP: emerse problematiche maggiormente riferite alla comunicazione intra-familiare,
all’elevata conflittualità e ostilità tra i membri del nucleo familiare.
3. INTERVENTI CON I FAMILIARI DEI PAZIENTI DBP

1. INTERVENTI PSICOEDUCATIVI
Trattamento rivolto a famiglie di persone con patologie mentali maggiormente studiato in letteratura.
Format: si diversifica per durata complessiva (da 9 mesi fino a 5 anni), setting, numero e durata degli incontri e per diverso coinvolgimento delle
famiglie, che può essere individuale o gruppale o a sessioni miste.
Programmi: si diversificano per aspetti informativi, clinici o riabilitativi e per le tecniche e gli aspetti teorici dei modelli di riferimento.
Obiettivo: aiutare i caregiver ad acquisire conoscenze e strumenti per promuovere il benessere del paziente; ridurre il carico derivante dalla cura e
dal management della persona affetta da patologia mentale, offrendo supporto diretto al familiare.

Gruppo Familiare Multiplo (GFM) Dialectical Behavior Therapy-Family Skills Reno-Program


Ideato e condotto da Gunderson, ispirato al lavoro Basato sul lavoro di Fruzzetti presso l’Università
Training (DBT-FST) del Nevada.
di McFarlane et al., con i familiari di pazienti Sviluppato da Hoffman e Fruzzetti e basato sulla terapia
schizofrenici e adattato, a livello contenutistico, alle comportamentale dialettica (DBT) della Linehan.
famiglie di pazienti con DBP. o format più variabile e flessibile
o coinvolgimento di singole famiglie o di gruppi (gruppale o individuale, con e senza
o gruppo con più nuclei familiari coinvolgimento del paziente)
o familiari
durata di 12-18 mesi con incontri di o o impostato prevalentemente su
durata di 6 mesi, con terapia individuale per il
un’ora e mezza a cadenza quindicinale tecniche orientate alla mindfulness
o paziente
tre fasi: formazione e linee guida (solo o o obiettivo: favorire nei destinatari una
utilizzo di tecniche di matrice DBT (mindfulness,
per i familiari); acquisizione di maggiore abilità di regolazione
regolazione emozionale, tolleranza allo stress ed
competenze specifiche; consolidazione emozionale, competenza
efficacia interpersonale)
dei cambiamenti. o fondamentale per l’acquisizione di un
Il modello è stato testato in uno studio di natura
obiettivi principali: educazione ai familiari su
strategie per rinforzare i nuovi comportamenti che il atteggiamento più validante nei
osservazionale senza gruppo di controllo.
paziente sta apprendendo in terapia individuale; confronti degli stati emotivi del
migliorare il clima familiare. paziente.
3. INTERVENTI CON I FAMILIARI DEI PAZIENTI DBP

2. INTERVENTI DI EDUCAZIONE FAMILIARE E ADVOCACY

 NAMI: la più grande associazione familiare degli Stati Uniti. Organizza attività di advocacy, sponsorizzare ricerca, supporto,
auto-mutuo aiuto e programmi educativi in tutto il Paese (in Europa 41 associazioni di famiglie di persone con disagio psichico
sono coordinate dall’EUFAMI). Grazie a questa associazione nasce il Family to Family Education Program, il modello di
educazione familiare più diffuso a livello internazionale per familiari di pazienti con disturbi psichici, senza specificità di
diagnosi.
 Family Connections (FC) – Hoffman et al.: intervento specifico di auto-mutuo aiuto. È un programma di educazione
condotto da familiari di pazienti borderline a seguito di uno specifico training:
- format: 12 incontri, sia individuali sia gruppali
- obiettivo: fornire ai partecipanti informazioni sul DBP e competenze su moduli specifici del training di abilità DBT.
 National Education Alliance - Borderline Personality Disorder (NEA-BPD): associazione alla quale contribuiscono
esperti internazionali sul DBP, al fine di favorire il confronto, il supporto e l’educazione dei familiari di pazienti.

SITUAZIONE ITALIANA
Esperienze pilota presso la AUSL di Fano e di Bologna e presso il Centro di Psicoterapia di Roma:
- Dallo studio condotto nelle AUSL di Fano e Bologna, ispirato al modello statunitense di Gunderson, emerge un’adattabilità del GFM nel
contesto dei servizi pubblici di salute mentale e un impatto positivo sia sul familiare, in termini di riduzione del carico soggettivo e oggettivo,
sia sul paziente, in termini di riduzione delle ospedalizzazioni e della sintomatologia, legata prevalentemente alla difficoltà della regolazione
emotiva e del controllo degli impulsi.
- Il Centro di Psicoterapia di Roma ha adottato il modello ispirato al DBT-FST proposto da Hoffman et al. per l’intervento sui familiari di
pazienti con DBP.
3. INTERVENTI CON I FAMILIARI DEI PAZIENTI DBP

Aspetti critici:
o i modelli psicoeducativi, privilegiando gli aspetti conoscitivi legati alla patologia, rischiano di lasciare in secondo
piano le complesse dinamiche interpersonali che spesso caratterizzano alcuni nuclei familiari. Tali interventi,
infatti, sono prevalentemente gruppali e quindi non ritagliati appositamente per dinamiche relazionali specifiche
che, soprattutto se molto conflittuali, potrebbero necessitare di interventi individuali mirati alla problematica del
singolo nucleo.
Sarebbe utile, in questi casi, fornire parallelamente interventi individuali, destinati alle dinamiche problematiche
specifiche di quel nucleo;
o i professionisti che operano sul campo, a volte, hanno scarsa fiducia rispetto al coinvolgimento dei familiari nel
trattamento di un paziente affetto da DBP. Questa diffidenza è probabilmente legata ai resoconti diretti dei
pazienti borderline, che comunemente lamentano gravi difficoltà interpersonali con i familiari, e all’idea che
l’inserimento di un caregiver nel trattamento possa essere svantaggioso, in quanto direttamente responsabile della
sofferenza psicologica del paziente;
o gli studi sono stati effettuati su campioni piccoli e in centri specializzati nel trattamento del DBP. Sarebbe
necessario effettuare ulteriori ricerche volte a misurare l’efficacia di questi approcci su campioni più ampi al fine
di favorirne la diffusione e renderli maggiormente disponibili nella routine clinica dei servizi di salute mentale.
La famiglia ha un ruolo molto importante nella recovery del paziente:

• familiari, coniugi e carers di pazienti con disturbo borderline di personalità


dovrebbero essere inviati sempre ai Servizi di supporto o a programmi di
psicoeducazione, dove disponibili;
• ricevere adeguate informazioni sul DBP;
• essere coinvolti nella gestione di un “piano crisi”, se possibile, con il consenso
del paziente;
• essere informati sulla gestione dei tentativi suicidari e dei comportamenti auto-
lesivi;
• essere consigliati sulle modalità relazionali da attuare con i pazienti (mostrando
quindi empatia e non atteggiamenti giudicanti, incorraggiandoli
all’indipendenza ed a prendere le proprie decisioni, limitandosi ad intervenire
soltanto in caso di necessità, ascoltandoli quando esprimono preoccupazioni e
problemi) e nel discutere di eventi traumatici, come abusi o violenze, gli
operatori dovrebbero minimizzare gli aspetti stigmatizzanti ed i vissuti di colpa
e vergogna.

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