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I CAPITOLO Lautore d inizio alla sua opera, esaltando le bellezze naturali, che riassume in una splendida e meravigliosa visione,

tramite uno stile, pacato e nitido, consono alle sue capacit artistiche. Don Abbondio, parroco di uno dei tanti paesini che costellano il territorio di Lecco, in una mite sera autunnale del 1628, proprio in sul calar del sole, recitando il breviario, si dirige tranquillo verso casa. Sin dora il Manzoni ci fornisce i tratti salienti di questo personaggio, con precisa analisi psicologica. Ce lo descrive ed i fatti ne sono incontestabile conferma come persona poco amante di rischi e di preoccupazioni, che, pur di evitarli, capace di sottrarsi persino al suo ministero sacerdotale. E privo di ardire; la paura, che inevitabilmente affiora in lui in ogni istante, lo acceca e gli annulla ogni senso di giustizia e di carit .Mentre, appunto, don Abbondio, ignaro di quanto gli succeder, si gode un magnifico tramonto, giunto in prossimit di un bivio, intravede due persone armate e daspetto minaccioso: sono due bravi. Non potendo trovare via di scampo, onde accorciare quei momenti di angoscia, si dirige pi speditamente verso di loro, sfoggiando persino un falso sorriso. Quando si trova dinanzi a quei due, il cuore gli batte fortemente. Tra di loro si svolge un breve colloquio: il tono di don Abbondio mite, persuasivo; quello dei bravi perentorio. Essi, portatori della volont del potente signor don Rodrigo, in sostanza, vietano a don Abbondio di celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia. Questo matrimonio non sha da fare, n domani, n mai , dicono. Don Abbondio, preso da terrore, tenta di discutere, vorrebbe spiegare i propri doveri; che non dipende da lui se due vogliono sposarsi, che egli non centra, che solo un servitore. Ma le minacce di morte e la fermezza sono tali, che il curato, seppure non solennemente, deve promettere che non celebrer il matrimonio; solo allora i due si allontanano. E don Abbondio, destinato a divenire uno dei personaggi pi importanti del romanzo, perplesso e col cuore palpitante, pu proseguire il suo cammino verso casa. Da questo primo quadro facile intuire come il curato sia incapace di lottare, di far trionfare la giustizia e il diritto sulla prepotenza. Egli, onde non subire conseguenze, non s immischia mai nella lotta; ma anche in lontananza il terrore lo pervade. Bisogna notare, per, che ai tempi di don Abbondio la legge non era osservata e che i ricchi e i nobili esercitavano ogni forma di sopruso e di violenza sui deboli e sugli inermi. Per questo don Abbondio che non per di pi, n ricco, n nobile, ma in quella societ, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro , perch fosse protetto, ubbid alla volont dei suoi parenti di farsi prete. Il curato ha davanti agli occhi la visione spaventosa dei bravi, gli par di sentire ad ogni istante le loro parolacce; sa pure che le minacce di quel signorotto non sono vane. E se la piglia con Renzo e Lucia, ragazzacci che, per non saper che fare, sinnamorano, voglion maritarsi, e non pensano ad altro . Potesse dire a Renzo che nellimpossibilit di celebrare il matrimonio! Ma costui vorr delle spiegazioni, che il curato non potr dare. Tutti questi pensieri tempestano la sua mente, quando, finalmente, giunto a casa, chiama con tono angosciato Perpetua. Quando Perpetua al cospetto del suo padrone, e vedendolo stravolto, ne chiede il motivo. Don Abbondio dapprima reticente, ma poi, con il cuore in gola, le confida quanto i bravi gli avevano ordinato, se vuole salva la vita. Egli svela questo segreto alla sua domestica non solo per liberarsi in parte di un peso opprimente, ma anche nella speranza di ottenere da lei una soluzione al caso. Perpetua per la verit, pur non essendo donna di eccelse virt, ma dotata di quel comune buon senso, gli propone una logica via duscita: dire tutto al cardinale e invocare la sua protezione. Ma il curato, cui echeggia ancora la minaccia di morte, non accetta il consiglio, perch il cardinale non pu cancellare dalla mente di quei criminali lintenzione omicida; perch non pu levargli una schioppettata nella schiena. E cos don Abbondio, ancor pi angosciato che sollevato, e pentito daver parlato, si ritira nella sua camera, non senza avere esortato solennemente Perpetua a non far parola della faccenda. II CAPITOLO Dopo lincontro con i bravi, don Abbondio la notte non riesce a riposare, assalito da incubi; nel letto si gira e rigira, ha sempre presente le minacce, sa che lindomani un giorno di battaglia. Dopo tanto pensare, crede che la soluzione pi logica sia quella di temporeggiare; di indurre Renzo ad aver pazienza, anche perch sa che da l a poco inizia il tempo proibito per le nozze, e quindi avr due mesi a disposizione, durante i quali potranno verificarsi cose nuove. E un monologo, quello di don Abbondio che mette in luce tutta la sua vilt e mediocrit. Intanto Renzo, ignaro di quanto si sta tramando ai suoi danni, con tutto lardore dei suoi ventanni, felice di poter sposare la donna che ama perdutamente, si presenta al curato. Ma laccoglienza fredda e sospetta di don Abbondio lo preoccupa; comunque, con quel rispetto e riverenza che si deve ad un ministro di Dio, chiede lora in cui fa pi comodo al curato di celebrare il matrimonio. A questo punto don Abbondio accavalla pretesti, frasi sconnesse e giustificazioni, contornati e complicati da parole latine che hanno il preciso scopo di confondere le idee al povero giovane, e ottenerne un ritardo per la celebrazione del matrimonio. Renzo si arrabbia, vuole delle spiegazioni, ma infine, pur se poco convinto, accetta che il matrimonio si celebri fra una settimana, e se ne va. Ma bastano alcune incaute parole di Perpetua, che incontra nellorticello, perch questa mandi in aria tutti gli sforzi persuasivi del curato. Il giovane arguisce infatti che c qualcosa che non va, qualcosa dingarbugliato, di cui vuole trovare il bandolo. Ritorna perci in canonica e mette alle strette don Abbondio, perch lo renda edotto del suo comportamento, a dir poco, ambiguo. Don Abbondio si rende conto che Renzo non se ne sarebbe andato da l, se prima non avesse conosciuta la verit; perci, per sfuggirlo, cerca di guadagnare luscita, ma Renzo, con mossa repentina, balza verso luscio, lo chiude e si mette la chiave in tasca. Voglio sapere dice Renzo chi quel potente che non vuole chio sposi Lucia. Le sue parole assumono un atteggiamento di minaccia, che accompagnate da un gesto involontario (la mano sul manico del coltello che gli esce dal taschino), costringono don Abbondio a pronunciare il nome di don Rodrigo. Ed una volta fatta tale confessione e preso coraggio, descrive a tinte fosche lincontro con i bravi del giorno precedente, e accusa Renzo di averlo cacciato in un bel guaio. Questi intuisce il dramma di don Abbondio, prende la chiave dalla tasca, apre la porta ed esasperato com, insensibile alle esortazioni di don Abbondio, senza promettere prudenza e silenzio, si dirige verso la casa di Lucia, accavallando nella stia mente propositi di vendetta contro il signorotto. Intanto don Abbondio, dopo un acceso dialogo con Perpetua, che accusa di leggerezza, per aver fatto delle confidenze a Renzo; per la paura del giorno avanti, per la notte insonne, per lo stato di ansiet in cui versa, e per le preoccupazioni dellavvenire, assalito dalla febbre. Renzo un giovane pacifico, non ama la violenza, ma per quanto ha fatto don Rodrigo, balena nella sua mente, per un solo istante, il proposito di ucciderlo. Giunto alla casa di Lucia, che gi indossa labito nuziale e dal cui volto traspare una soave luce di

serenit, mentre circondata da una piccola folla festante, viene chiamata dalla piccola Bettina, mandata da Renzo. Lucia! per oggi tutto a monte le dice Renzo, quando gli vicina; ed in breve, con lanimo amareggiato, racconta del colloquio avuto con don Abbondio. Lucia, che ascolta con angoscia, quando sente il nome di don Rodrigo esclama: fino a questo segno! . Questa espressione insospettisce Renzo, in quanto Lucia, che conosceva le intenzioni di don Rodrigo, non gli aveva confidato nulla; ma subito Lucia lo tranquillizza, dicendo che non gli aveva detto nulla per non turbarlo; e va ad informare la madre, Agnese, che intanto si reca da Renzo. Nel frattempo Lucia, cercando di apparire il pi normale possibile, ritorna dalle donne per dir loro che il signor curato ammalato; e oggi non si fa nulla . Per costoro, sospettose e pettegole, il racconto poco convincente, per cui, sospinte da una mai celata curiosit, vogliono accertarsi della veridicit del fatto; perci si recano a casa del curato, per chiederne notizie. Sono finalmente placate e soddisfatte, quando Perpetua conferma che don Abbondio veramente colpito da una gran febbre. III CAPITOLO La casa di Lucia, che doveva essere luogo di gioia, invece sede di dolore. Dissipato subito ogni dubbio circa quanto le era capitato per la strada, (avere udito dalla bocca di don Rodrigo: scommettiamo , e il giorno dopo: vedremo, vedremo), e chiarito che ha celato lepisodio tanto a Renzo quanto alla madre su consiglio di padre Cristoforo, per non turbarli, i tre si scambiano confidenze e progetti, e pur nello sgomento del momento, tra di loro non vi ombra di diffidenza; i loro vincoli affettivi sono veramente saldi. Si tratta ora di trovare un rimedio al sopruso subito, escogitare un piano che possa evitare lostacolo frapposto da don Rodrigo. Lucia propone di andare lontano, di trovare lavoro in altri luoghi, ma Renzo scarta questa possibilit, perch ancora non sono marito e moglie. A questo punto Agnese, donna dal carattere forte, rimasta vedova in giovane et, per cui le continue lotte per lesistenza hanno fatto acquisire molta esperienza, che ha molto coraggio e che per Lucia disposta a qualunque sacrificio, mentre i due giovani sono smarriti e non sanno che partito prendere, ella, spavalda, si vanta di poter dare consigli, anche se non sempre risultano preziosi. Esorta perci Renzo a recarsi da un avvocato, il dottor Azzeccagarbugli, un uomo di studio, che sa risolvere le situazioni pi ingarbugliate. Ma il dottor Azzeccagarbugli, che dovrebbe dare il suo aiuto a Renzo, si palesa uno schiavo del prepotente signorotto, disposto a difendere un bravaccio e non chi vittima di soprusi. E pronto ad agire per il proprio tornaconto, ma mai per il trionfo della giustizia; tanto vero che Renzo, senza poter replicare agli argomenti ostili del dottor Azzeccagarbugli, confuso, deluso, esasperato ed infuriato, costretto a tornarsene e riportare con s i quattro capponi che doveva dare in omaggio. Mentre Renzo fallisce nel suo tentativo, capita in casa di Agnese fra Galdino, un laico, cercatore di noci. Questi risponde ad Agnese che la cerca non va bene, perch c carestia; e poi, loquace com, racconta il miracolo delle noci, mentre Lucia si reca in unaltra stanza a prenderne abbastanza. Quando Lucia ritorna col grembiule carico di noci, fra Galdino aveva finito di raccontare il miracolo, e alla vista di tanta abbondanza, si prodiga in elogi e ringraziamenti. Date le noci, Lucia affida a fra Galdino lincarico di dire a padre Cristoforo di venire da lei, che ha gran premura di parlargli. Il cappuccino accetta volentieri, e sotto il peso dellabbondante carico, deve far presto per arrivare al convento. Intanto giunge Renzo e informa le due donne della sua missione fallita; ci nonostante, esse non si perdono danimo, trovano anzi la forza di rivolgere a lui parole di fede e di speranza, mirabile esempio di vigore morale e di fiducia in Dio. Nel frattempo sopraggiunta la sera, e i tre infelici, amareggiati dalle avversit, si scambiano la buona notte. Renzo molto agitato; suo intendimento ricevere giustizia da chi n preposto, perch diversamente costretto farsela da s. Ma giustamente il Manzoni osserva che lesasperazione che d a Renzo la sensazione di poter farsi giustizia o riceverla, in un periodo in cui le leggi non sono rispettate, e domina il sopruso e la violenza. IV CAPITOLO Questo capitolo, al pari del primo, si apre con un inno alle bellezze della natura. La campagna intorno al convento di Pescarenico, dove alloggia padre Cristoforo, rigogliosa e ridente, in contrasto con i viandanti e i contadini del luogo, sui cui volti traspare miseria e fame. Il sole incomincia ad apparire allorizzonte, quando padre Cristoforo, con passo lesto, si dirige verso la casa di Agnese. Egli indubbiamente il personaggio religioso che, per il suo fervore di carit e di fede in Dio, raccoglie, meritatamente, le maggiori simpatie; combatte i prepotenti e aiuta e protegge i deboli; per questi ha sempre una parola di consolazione e un consiglio da dare; infiammato dallo spirito di carit, sente la missione per il bene altrui. Lautore traccia un quadro di padre Cristoforo, perch si conosca sin dora il suo eroismo e la sua fede. Egli divide la vita del cappuccino in due periodi: quella da giovane, in cui non aveva indossato ancora labito, ed era chiamato Lodovico; e quella impropriamente detta della conversione. Tra i due periodi, infatti non vi antitesi; il secondo periodo si deve ritenere come la continuazione e il completamento del primo. Lodovico, figlio unico di un ricco mercante, per volere del padre, istruito nel campo delle lettere ed educato ad abitudini signorili. Ma quando vuole frequentare i nobili della citt, capisce che per restare in loro compagnia deve fare atto di sottomissione e sopportare le loro offese, cosa che in contrasto con la sua indole. Infatti, venuto a diverbio con un nobile, per punire la sua arroganza e vendicare la morte di un compagno, costretto ad ucciderlo. Ci gli provoca una crisi di coscienza; capisce daver commesso un errore irreparabile nellusare la violenza, perci decide di indossare il saio, divenendo frate francescano e assumendo il nome di Cristoforo. Egli accetta cos il sacrificio e la penitenza per s, ma sar sempre strenuo lottatore contro ogni sopruso, ed in ogni vicenda della sua vita manifester una straordinaria nobilt danimo ed unansia di soccorrere i bisognosi e gli sventurati con alto sentimento di piet e carit cristiana. Per questo accorre con sollecitudine a casa di Lucia, perch sa che oggetto di una turpe e indegna persecuzione, perch teme che il consiglio datole, di non palesar nulla, per evitare il peggio, possa provocare tristi effetti.

V CAPITOLO Quando, infatti, padre Cristoforo alla presenza delle due donne, non tarda a capire che i suoi timori erano giustificati. Conforta Agnese e Lucia, esortandole ad aver fiducia in Dio; quindi pensa come far desistere don Rodrigo dal suo indegno proposito, ed infine, decide di affrontarlo di persona, cos, se non sar riuscito nel suo intento, conoscer almeno fino a che segno giunger lostinazione del prepotente signorotto. Mentre padre Cristoforo assorto in questi gravi pensieri, giunge Renzo, il quale manifesta propositi di vendetta, ma il frate lo redarguisce energicamente, ed aggiunge che a metter fuori lunghie, il debole non ci guadagna . Esorta quindi anche Renzo di confidare in Dio, e dopo aver rivelato lintenzione ai tre di parlare personalmente con don Rodrigo, parte, passa dal convento, e poi si avvia verso il palazzotto di colui che intende ammansare . Il palazzotto, per la posizione in cui sorge, per la presenza di molti bravacci e di altre persone uomini e donne dallaspetto sinistro, per lammasso di armi e munizioni, sembra una vera e propria fortezza. Passando in mezzo a tanta sbirraglia, padre Cristoforo vi giunge, mentre don Rodrigo sta desinando. Un vecchio servitore, che lo riconosce, con molta affabilit lo conduce fino alluscio della sala del convito. Da qui il cappuccino sente un gran frastuono confuso di forchette, di coltelli, di bicchieri, di piatti, e sopra tutto di voci discordi . Padre Cristoforo vorrebbe ritirarsi, e attendere la fine del convito, ma apertosi luscio, il conte Attilio, cugino di don Rodrigo, invita il frate ad entrare. Egli pu constatare come il signorotto sia circondato da amici che non cessano di riverirlo servilmente, a segno della sua smisurata potenza. E una corte, quella che appare al frate, formata col compiacimento e col concorso di sudditi vili. Vi si trova infatti, cosa scandalosa, il Podest di Lecco, per proprio interesse al servizio di don Rodrigo e non del popolo; il dottor Azzeccagarbugli, il famoso avvocato che rifiut di difendere Renzo, ed altre due persone che non fanno altro che mangiare, chinare il capo, sorridere e approvare ogni cosa che dicesse un commensale. Appare evidente, come il signorotto, oppressore dei deboli e degli umili, sia circondato da persone indegne, tra cui brilla la figura del Podest, a cui spetterebbe di far cambiare idea a don Rodrigo; invece costui, unitamente al dottor Azzeccagarbugli, altro personaggio immorale, piuttosto che manifestare disprezzo, si mostra compiacente e rispettoso verso quel prepotente. Alla mensa di don Rodrigo, unica preoccupazione quella di ridere, di godere, di discutere su questioni marginali, ma nessuno pensa, con tanta carestia che corre, a chi soffre, a chi ha bisogno urgente di soccorso. Tutto questo ancora pi grave, perch si svolge alla presenza paziente e silenziosa del frate, come a volerlo umiliare o schernire, mentre attende di essere ricevuto. Ma, ecco finalmente, poich la seccatura non si poteva scansare , noncurante della lunga attesa del suo ospite, che don Rodrigo, lo invita in unaltra stanza. VI CAPITOLO Padre Cristoforo, noncurante delle offese e delle provocazioni che si recano alla sua persona, con la sua pazienza, che giunge fino alleroismo, conferisce al colloquio un avvio pacato e sereno. Quando don Rodrigo chiede al cappuccino il motivo della visita, questi risponde: vengo a propone un atto di giustizia.... E continua parlando di coscienza e donore. Ma il tiranno, piuttosto seccato, taglia corto, dicendo che di tutte queste cose, lunico custode lui. Malgrado la buona intenzione di padre Cristoforo, di raggiungere il suo scopo, senza trascendere, per colpa di don Rodrigo la discussione diviene sempre pi concitata. E la spavalderia e larroganza del potente signorotto giungono fino allincredibile, tanto da proporre al suo rivale, se c qualche fanciulla che le preme molto, di mandarla da lui, che la protegger. A questo punto lumilt del frate sparisce e con solennit pronunzia a met una terribile profezia che fa tremare don Rodrigo, il quale, per reazione, allenta il freno ai propri istinti, lo copre dimproperi, e lo scaccia con modi villani. Padre Cristoforo frena dentro di s la sua ira e si allontana, deciso ad accettare la sofferenza per il bene altrui. Mentre volge benignamente il suo pensiero verso i suoi protetti, inaspettatamente, come per volere divino, il vecchio servitore, che prima laveva accompagnato fino alluscio della sala del convito, ansioso di salvare la sua anima, gli promette il suo aiuto. Egli assicura al frate che lo informer di tutti i piani che il suo padrone progetter. E cos padre Cristoforo, parzialmente rincuorato, con la fede sempre viva in Dio, si avvia verso la casa di Lucia. Intanto Agnese, come si detto prima, orgogliosa della sua maggiore et ed esperienza, che si vanta di poter dare dei consigli, anche se poi non risultano preziosi, con lapprovazione di Renzo, ma Lucia renitente, pensa al modo come far diventare i due marito e moglie. Ella, infatti, spiega a Renzo e Lucia che sufficiente, assistiti da due testimoni, dichiararsi a vicenda marito e moglie dinanzi al parroco. Anche cos il matrimonio regolarmente valido. In verit Lucia resta perplessa, vorrebbe che tutto si svolgesse in regola e non si ricorresse a degli espedienti. Ma Renzo, nella speranza di vincere lostinazione di Lucia, incomincia ad attuare il progetto di Agnese. Riesce a procurarsi come primo testimone Tonio. Questi accetta, in quanto Renzo promette che gli pagher il debito contratto con lavaro don Abbondio; anzi, Tonio, esultante, gli propone come secondo testimone il fratello Gervaso: basta offrirgli da bere e da mangiare. Il colloquio che si svolge allosteria tra i due non manca certamente di arguzia e vivacit. Quindi Renzo ritorna da Lucia tutto trionfante, e riprende il discorso nel tentativo di convincerla, quando, frettoloso come al solito, giunge padre Cristoforo. VII CAPITOLO Nellatto di entrare, il frate, per non scoraggiare i tre protetti (i quali per la verit speravano poco dalla sua missione), quantunque facesse presente che non c nulla da sperare da don Rodrigo, confida tuttavia che per aiutarli ha gi in mano un filo (si riferiva alle informazioni che gli avrebbe fornite il vecchio servitore). Ma Renzo, che vorrebbe conoscere il dialogo nei minimi particolari, trattenendo malamente la furia che lo domina, tempesta il frate di domande, che a sua volta riferisce il contenuto del colloquio, ma fa notare di non essere in grado di ripetere letteralmente le parole di don Rodrigo, in quanto: le parole delliniquo che forte, penetrano e sfuggono. Detto ci, esorta tutti alla calma, ed in modo particolare Renzo, e si avvia verso il convento. Ma Renzo molto inquieto, furioso; sembra avere il demonio in corpo. Lucia tenta di calmarlo, dice che bisogna aver fede in padre Cristoforo, che prima o poi far trionfare la giustizia. Per Renzo, che giunto al limite di ogni sopportazione, insensibile alle esortazioni di Lucia, manifesta propositi vendicativi! intende fare giustizia da s. E nelle sue parole c una tale determinazione, che Lucia, onde evitare il peggio, acconsente che il matrimonio si faccia cos come lha

prospettato Agnese. Il colloquio fra i tre vivace, secco, vibrante: un capolavoro di sottigliezza psicologica. A questo punto si danno la buona notte e Renzo, ormai placato, lindomani discute con Agnese fin nei minimi particolari il piano da attuare per il matrimonio. Si decide poi di mandare Menico, un ragazzetto sveglio, al convento di Pescarenico, da padre Cristoforo, per sapere se avesse notizie da comunicare circa le intenzioni di don Rodrigo. (Il frate le avrebbe ricevute come sappiamo dal vecchio servitore di don Rodrigo). Intanto don Rodrigo, che la sera precedente era stato canzonato dal cugino, conte Attilio, chiama il Griso e gli ordina con tono rabbioso che prima di domani, quella Lucia deve trovarsi in questo palazzo . A tale ordine il Griso assicura il suo padrone, con risposte intelligenti e perspicaci, che tutto sar eseguito secondo il suo volere. A questo punto bisogna dire che il Griso, il capo dei bravi, un professionista del male: la sua vita costellata di azioni abominevoli. Accorto e intelligente pi del suo padrone, riceve ordini da costui e d consigli. Egli organizza per primo il rapimento di Lucia con scrupolosit e accortezza; fra laltro, per non essere riconosciuto, si traveste da pellegrino, studia pazientemente i punti strategici del paese e li sorveglia con i suoi uomini. Infatti quella mattina, intorno alla casa di Lucia vi uno strano avvicendarsi di persone, figure losche, accattoni, gente ambigua. Lo stesso Griso, con unimprontitudine che rasenta lincredibile, si introduce nella casa di Lucia, per chiedere la carit, dando in qua e in l certocchiate da spione . Di quanto hanno architettato don Rodrigo e il Griso, viene a conoscenza il vecchio servitore, il quale, pur consapevole a quale rischio si espone, in sul calar del sole, si reca al convento, per informare padre Cristoforo, come aveva promesso. Nel frattempo Renzo, Tonio e Gervaso, si avviano verso losteria, per concertare i dettagli dellimpresa, come da accordo precedente. Qui trovano un bravo innanzi alla porta e altri due allinterno dellosteria che, con aria sorniona, spiano chiunque entri. Ci insospettisce Renzo, tanto che chiede alloste chi fossero quei due; ma loste, falsamente, dice di non conoscerli; per, quando uno di quei bravi chiede alloste notizie di Renzo, Tonio e Gervaso, egli ne fa una descrizione esauriente. Nondimeno Renzo, insospettito, raccomanda prudenza ai due fratelli e, una volta terminata la cena, pagato il conto, tutti e tre se ne vanno. Fatti pochi passi, Renzo si accorge che seguito dai due cheran nellosteria: ci aumenta i suoi sospetti. Egli infatti corre il rischio di unaggressione, ma non succede nulla, perch a quellora le strade brulicano di persone. Quando Renzo, Tonio e Gervaso, giungono a casa delle due donne, era gi buio; cos tutta la compagnia, per vie secondarie e solitarie, si avvia verso la casa di don Abbondio. Lucia, tremante di paura, prende un braccio della madre e un braccio di Renzo e si muove, come strascinata . Una volta giunti davanti alla casa di don Abbondio, secondo un piano prestabilito, quando Perpetua verr ad aprire, Agnese si far vedere con i due testimoni, come se fosse capitata l per caso e, quando saranno entrati Tonio e Gervaso, penser lei, con pettegolezzi gi studiati, a distrarre Perpetua, per dar modo anche a Renzo e Lucia, senza essere notati, di entrare in casa di don Abbondio. VIII CAPITOLO Don Abbondio, ancora convalescente per la febbre causata dalla paura, per nulla sospettoso di quanto fra poco accadr, trascorre il tempo dedicandosi beatamente alla lettura, quando Perpetua, dopo un breve colloquio con Tonio, (lui dalla strada, lei dalla finestra), si reca dal curato, per riferire che Tonio vorrebbe pagare il suo debito. Superati i primi attimi dincertezza, don Abbondio acconsente che sia fatto entrare, dopo che gli stato largamente assicurato che si tratta veramente di Tonio, di cui pensa al saldo del debito. A questo punto, per il susseguirsi di tanti e cos complessi avvenimenti, la narrazione risulterebbe carente di chiarezza, se il Manzoni non fosse maestro impareggiabile nellarte del dire. Nel momento in cui, dunque, Perpetua apre il portone, per permettere lingresso a Tonio e a Gervaso, ecco spuntar dimprovviso Agnese che attira a s, un po lontano dalluscio, la domestica, con argomenti ben preordinati, che la riguardano personalmente. Ci consente a Renzo e Lucia lingresso furtivo alle spalle dei due testimoni. Tutti e quattro cos salgono silenziosamente per le scale. Giunti sul pianerottolo, i due sposi si appoggiano al muro, mentre Tonio a voce alta dice: Deo gratias . Don Abbondio lo riconosce, lo invita ad entrare, ed egli tira a s il fratello. Tonio svolge la sua parte con disinvoltura e bravura: le sue battute sono un capolavoro di abilit. La conversazione fra i due si svolge con calma e naturalezza, quando, allimprovviso, giungono Lucia e Renzo; questi riesce a pronunziare interamente la formula del matrimonio, ma don Abbondio, ora tanto diverso da quello che era, con inconsueta rapidit, prima ancora che anche Lucia riesca a pronunciare la formula per intero, altrimenti il matrimonio sarebbe valido, provoca tale baldoria e tale caos, che tronca la parola a Lucia, quindi fugge e si rinchiude in unaltra stanza. Renzo intanto insegue il curato, Lucia prega Renzo di andar via, Tonio striscia a terra, in cerca della ricevuta rilasciata da don Abbondio; questi a voce alta invoca aiuto; e lo sentono Perpetua e il sagrestano. La prima, conosciuta la voce, corre verso il suo padrone, il sagrestano, lungi dal desiderio di introdursi nella mischia, non trova soluzione migliore, se non quella di suonare le campane a martello. Mentre in casa di don Abbondio si tenta il matrimonio, i bravi, secondo un piano ben prestabilito dal Griso, frugano la casa di Lucia, per rapirla. In questo frangente vi giunge Menico, latore di un messaggio di padre Cristoforo, che per incappa nelle grinfie dei bravi. E in questo momento che si odono i tocchi delle campane. I bravi cercano di disperdersi con la fuga, ma il Griso li riunisce e, ostentando una certa indifferenza, li guida verso il palazzotto del suo padrone; mentre Menico, una volta libero, di corsa si avvia verso il campanile, sicuro di trovar qualcuno. E trova infatti Agnese, Renzo e Lucia, ai quali comunica che la casa stata messa a soqquadro, e quindi consiglia tutti di recarsi al convento di Pescarenico, come vuole padre Cristoforo. Mentre savviano verso il convento, la gente, destata dal suon delle campane, incomincia ad affollare la piazza della chiesa ed a chiedere ansiosamente cosa fosse accaduto; ma don Abbondio, visto che Renzo e Lucia si sono allontanati, calma quella gente, dicendo che ora non c pi nessuno, che ogni pericolo cessato. Intanto i tre fuggiaschi , mandato Menico a casa con la ricompensa promessa, giungono al convento, dove sono attesi da padre Cristoforo. Questi consiglia le donne di andare al convento di Monza e Renzo al convento di Milano. In questo capitolo, forse il pi complesso del romanzo, la ricchezza degli episodi viene mirabilmente sincronizzata, per cui si potrebbe chiedere se ci sia o no un fondamento di verit. Ci per ha una importanza relativa; quello che interessa che lautore riesce a dar vita e concretezza ad un numero cos imponente di personaggi, sfoggiando uno stile e una chiarezza veramente sorprendenti. Chi mai avrebbe potuto impostare una scena cos grandiosa, con tanta nitidezza, se non un uomo dotato di una grande mente? Il linguaggio del Manzoni come una sinfonia in crescendo, come un mare che progressivamente da calmo diventa mosso, e quindi tempestoso, e poi ritorna mosso, ed infine calmo. Non altrimenti potrebbe definirsi lavvio silenzioso di Renzo e Lucia, il parlottare di Agnese e Perpetua, lagitarsi di don Abbondio, il suono delle campane, la ritirata dei bravi, la partecipazione del paese, ed infine il ritorno alla calma.

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