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Copyright © 2022 – Riccardo Picotti - HeyRiccardo

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stessi, non affiliati al presente documento.
Tabella dei contenuti
Capitolo 1 – Le falle del lavoro dipendente e le soluzioni del mondo online .....................................5
Capitolo 2 – Tempo Vs. Denaro .......................................................................................................10
Capitolo 3 – Il lavoro dipendente è il freno a mano della tua carriera..............................................13
Capitolo 4 – Lavorare per il successo altrui .....................................................................................15
Capitolo 5 – Mindset e ricchezza: l’ABC dell’educazione nanziaria...............................................17
Capitolo 6 – L’educazione scolastica e la forma mentis del dipendente..........................................19
Capitolo 7 – Il lavoro of ine è una chimera......................................................................................21
Capitolo 8 – Perché la pensione è uno schema Ponzi? ..................................................................23
Conclusioni ......................................................................................................................................25
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Capitolo 1 – Le falle del lavoro dipendente e le soluzioni del mondo
online

È l’obiettivo più ambito dal 99% degli italiani, il traguardo conseguito dopo una vita
di sacri ci, l’illusione con la «I» maiuscola del mondo a noi contemporaneo. Il «mito
del posto sso» viene alimentato quotidianamente da una retorica vuota,
ingannevole. Non soltanto il lavoro dipendente non è sinonimo di sicurezza
nanziaria – come in molti ti vogliono far credere – ma rischia anche di trasformarsi
nel tuo tallone d’Achille, in un fallimento economico e personale senza via di
scampo. In un orizzonte dinamico e in rapida evoluzione, l’impiego full-time o part-
time che consideri la tua àncora di salvezza ti porterà a navigare in acque
burrascose. E il rischio di affondare con la tua nave – leggi: il tuo conto in banca - ti
farà rimpiangere di non aver seguito i consigli di chi, proprio come me, vuole
metterti sull’attenti. L’avvento dell’Intelligenza Arti ciale, la nascita di aziende liquide
– prive di uf ci e di luoghi di lavoro tradizionali – nonché il dilagare di Internet in
quanto strumento di gestione nanziaria sono tutti campanelli d’allarme.
Qualcosa sta cambiando.
E si sa, ogni cambiamento è un bivio: hai la possibilità di adeguarti e di
assecondare le piccole-grandi rivoluzioni del mondo, oppure intestardirti sul
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percorso (fallimentare) che hai intrapreso. Allora ti chiedo: credi davvero che, in
mancanza di liquidità, l’azienda per cui hai lavorato 8-10 ore per 5 giorni alla
settimana esiterà anche un solo secondo a licenziare i suoi dipendenti per…
salvare le penne? Come se non bastasse, la staticità di uno stipendio sso non
tiene conto delle oscillazioni del tuo lifestyle. Hai un piano B, una strategia vincente
da adottare nel caso in cui – per chissà quale imprevisto – dovessi aver bisogno di
entrate maggiori? Pensi che chiedere un aumento a testa china ti aiuterà a uscire
dall’impasse? Se la risposta è sì, ti consiglio di chiudere immediatamente la mia
guida alla libertà, perché non sei pronto per rivoluzionare la tua vita in meglio. In
caso contrario, ti invito a seguirmi in questo breve viaggio editoriale alla scoperta
delle falle del lavoro dipendente e delle sue possibili soluzioni.
Un esempio? Ragionando in termini pratici, converrai con me che la tua sicurezza
nanziaria è inscindibilmente correlata al successo (o meno) dell’azienda da cui sei
assunto. Il punto è, mio caro lettore, che l’imprenditoria non è gestita da te, ma da
un manager o presunto tale che… gioca a poker con il tuo futuro! Qualsiasi
dipendente non fa altro che mettere in vendita 8-10 ore della sua giornata in
cambio di una stabilità illusoria.
«Ma come? Io ho bisogno di un posto di lavoro sicuro, di un impiego che mi
assicuri un reddito af dabile» - mi dirai.
Vedi, af dabilità non è sinonimo di zero tempo libero a disposizione, orari sempre
più massacranti, condizioni di lavoro che non tengono in considerazione i tuoi
bisogni e la tua felicità. La stragrande maggioranza della popolazione ritiene
(ingenuamente) che un impiego a orari essibili non assicuri le entrate suf cienti
per pagare l’af tto e «arrivare alla ne del mese» - come si suol dire. Niente di più
sbagliato! Nei panni di libero professionista, imprenditore di te stesso o esploratore
di nuovi orizzonti lavorativi messi a disposizione del mondo online, infatti, puoi
scegliere tu come e quanto lavorare, quando farlo, quale tipologia di prodotti e/o
servizi commercializzare. Non dovrai più chiedere il permesso di fare due ore di
miseri straordinari per pagare le bollette, ma potrai dedicarti full-time alla tua nuova
occupazione consapevole di dare il massimo per te stesso, per la tua soddisfazione
personale. Non mi credi? Per dirlo con le parole di Charles Bukowski, lo scrittore
americano celebre per la sua cruda visione del mondo Novecentesco e
contemporaneo: “quel che fa più male è la costante diminuzione di umanità in
colore che combattono per tenersi un lavoro che odiano, perché spaventati da
un’alternativa ancora peggiore. La gente semplicemente si svuota. Sono corpi con
teste piene di paure e ubbidienti. Il colore abbandona i loro occhi, La loro voce si
imbruttisce. E il corpo. I capelli. Le scarpe. Tutto si lascia andare”.
Tutto si lascia andare.
È questo il grande obiettivo della tua vita?
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Immagino di no. Dopotutto, dati alla mano, è possibile dimostrare che il successo
individuale alberga in chi – ri utando di abbassare la testa per lavorare come uno
schiavo – decide di dedicarsi anima e corpo a quello che lo appassiona davvero.
Per riuscire nell’intento, è importante focalizzarti sui tuoi talenti, sulle competenze
che hai maturato in anni di formazione, sulle motivazioni che ti spingono ad alzarti
alle 5 del mattino col sorriso sulle labbra – sapendo di dover affrontare una giornata
intensa, stancante e dannatamente soddisfacente. Sai cosa mi sento ripetere a
pappagallo da chi ha intrapreso la via del lavoro statico, frustrante e deprimente?
«Ma io mi sono impegnato di più degli altri» o ancora «sì, ma io ho studiato cinque
anni in più e mi aspetto un maggior riconoscimento sociale». La mentalità statica è
profondamente sbagliata. Non è la formalità a de nire il ruolo che ti spetta, ma il
valore delle tue idee. E per sprigionare la potenza rivoluzionaria dei progetti che ti
frullano per la testa hai bisogno di due pre-requisiti di primaria rilevanza: A) il
coraggio di imboccare la tua soggettiva (auto)strada, senza ricorrere al fallimentare
percorso «studio – assunzione – schiavitù vita natural durante» tanto caro al
mondo contemporaneo e B) tanti, tantissimi sogni da realizzare nel più breve tempo
possibile. Non è necessario essere multimiliardario per scappare dalla routine in cui
sei intrappolato. Tuttavia, la condizione di lavoro dipendente è – per sua stessa
natura – vincolata alle decisioni dei superiori, cioè dei manager che sacramentano
sulla tua vita. Perché la verità è che il destino dell’impiegato è quello di «morire in
uf cio»: zero vacanze, nessun obiettivo stimolante, men che meno una prospettiva
di successo e di felicità per sé stesso e per le persone che ama.
In uno scenario di questo tipo, la soluzione è ovvia: lasciare il lavoro da dipendente
per dedicarti alla tua prima, innovativa attività aziendale.
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In ogni caso, è probabile tu non abbia ancora sviluppato una forma mentis, un
mindset imprenditoriale. Fin dai tempi scolastici prima e universitari poi, sei stato
bombardato, infatti, da paradigmi sconfortanti di cui è (quasi) impossibile liberarsi
senza un aiuto esterno. Tra i tanti, «ho bisogno di un capitale troppo elevato per
investire nella mia impresa, affonderò ancora prima di chiudere la prima vendita»,
oppure «soltanto un pazzo rinuncerebbe a un contratto a tempo indeterminato,
avendo una famiglia e dei gli da mantenere», o ancora «al giorno d’oggi, 9
piccole-medie aziende su 10 chiudono i battenti durante il primo anno di attività.
Pensi davvero voglia giocare d’azzardo con la mia vita e con la mia sicurezza
nanziaria?». Beh, io credo che la «schiavitù del posto sso» abbia una
componente per il 90% mentale. La convinzione di essere destinati alla prigione
lavorativa no a un ipotetico pensionamento deriva da quella che, senza mezzi
termini, è chiamata «comfort zone»; una bolla in cui sentirti al sicuro, una cella che
ti protegge dalle dif coltà e dalle s de del mondo esterno, una routine giornaliera in
cui le settimane si susseguono tutte, dannatamente uguali. È suf ciente osservare
la tua condizione esistenziale dalla giusta prospettiva per intuire quanto la
soluzione esiste, ed è a portata di mano: scappare dal «mito del posto sso» ti
permetterà di coltivare il tuo successo personale… a tempo di record! Mio caro
lettore, il manuale che stringi tra le mani vuole guidarti step by step alla scoperta
delle falle, delle criticità della schiavitù moderna per eccellenza. Il timore di un
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licenziamento, il ritardo nel pagamento dello stipendio e il fatale «no» di troppo -
magari pronunciato in un momento di esasperazione - rischiano di mandare a rotoli
la presunta stabilità economica che difendi con le unghia e con i denti. Non
barattare il tuo tempo in cambio di soldi, modellalo in accordo alle tue passioni e
alle tue esigenze. Se piani cherai questa tua adrenalinica «fuga da Alcatraz» in
modo attento e coscienzioso, ti assicuro che non soltanto porterai a casa la
pagnotta – come si suol dire - ma guadagnerai cifre che al momento ritieni
irraggiungibili. Se stai valutando l’opportunità di spezzare le catene della tua
schiavitù lavorativa per dedicarti a ciò che conta realmente, presta estrema
attenzione a tutte le informazioni di valore racchiuse nelle prossime pagine. Leggile
più e più volte, interiorizzale, lasciale decantare come si fa col buon vino. Quando
sarai pronto, non dovrai fare altro che rmare la lettera di licenziamento per vivere
la vita che hai sempre sognato.
Sei ancora scettico?
Ti s do: concedimi la tua attenzione per la prossima ora e, al termine della lettura,
tira le somme e valuta le nozioni che hai appreso. Scommetto che il 90% dei
contenuti a seguire ti sembrerà materiale nuovo, ri essioni «di penna» che saranno
musica per le tue orecchie. È questo, caro mio, un canto di libertà.
[Riccardo Picotti]
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Capitolo 2 – Tempo Vs. Denaro

Scambiare il tuo tempo per denaro è un errore.


Mi chiedo, quale mente avrà mai partorito una regola tanto dannosa, nonché
tristemente diffusa nella società a noi contemporanea? La verità è che tutti noi
siamo abituati a considerare il salario come conseguenza diretta del lavoro,
dell’attività che svolgiamo all’interno di un uf cio, di un cantiere, di una cucina e
così via. Tuttavia, il meccanismo nasconde una terza variabile, la più importante: il
tempo. Un esempio? Se sei un gelataio, guadagni approssimativamente 10 euro
all’ora. Moltiplicando la paga in questione per il lasso della giornata trascorso dietro
al bancone, otterrai il prezzo della tua libertà: 80 miseri euro, molto spesso lordi. Il
punto è che vendere il tuo tempo, barattarlo in cambio di uno stipendio non è una
scelta saggia. E questo per due motivi in particolare: A) il tempo è il bene più
prezioso di cui disponi. Ha davvero senso godersi una meritata pensione di
vecchiaia quando sarai stanco, ingobbito e un po’ sdentato? Non è forse meglio
premere sull’acceleratore in età giovanile, collezionando esperienze in giro per il
mondo e godendoti la vita all’apice delle forze? Inoltre, B) il tempo è una risorsa
limitata. E limitati saranno anche i tuoi introiti economici.
La domanda sorge, dunque, spontanea: «esiste un modo per guadagnare di più,
nel minor tempo possibile?».
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La risposta è affermativa. Per riuscire nell’intento, devi smetterla immediatamente
di focalizzarti sulle ore che sacri chi in uf cio, ma concentrarti sul valore che il tuo
talento genera per i potenziali clienti che si interfacciano ai tuoi futuri prodotti e/o
servizi. Dopotutto, se l’equazione «duro lavoro = conto in banca a sei zeri» fosse
vera, anche i muli sarebbero miliardari! Al contempo, sarebbe inspiegabile il motivo
per cui un muratore o un camionista raggiunge a malapena 1500-2000 euro
mensili, mentre un Mr. Bill Gates a caso intasca la stessa cifra in appena 8 secondi
della sua vita. Esattamente, il tempo necessario per starnutire, versarsi un
bicchiere d’acqua o accendere il motore della tua macchina!
Capisci cosa intendo?
Devi assolutamente sovvertire il paradigma che ti è stato inculcato dalla società:
«tempo = denaro». Al suo posto, concentrati su un problema che ti sta a cuore –
dall’organizzazione dell’uf cio alla vendita di un prodotto, dalla comunicazione allo
svolgimento di qualsiasi attività pratica e/o manuale di cui hai fatto esperienza
diretta – e collabora attivamente per risolverlo. Il frutto del tuo spremerti le meningi,
caro mio, è il famoso valore che ti condurrà sulla strada del successo personale. Il
business moderno si serve, infatti, dei canali online per generare un valore tangibile
da condividere con i tuoi futuri interlocutori commerciali. Prima di lasciarti al
prossimo capitolo, voglio suggerirti un paio di domande-chiave su cui ragionare con
tutta calma. Quando sarai in procinto di tuffarti un’attività nuova di zecca, chiediti:
✓ Il prodotto e/o servizio che intendo vendere risolve o arreca un problema?
✓ Quale saranno i bene ci del mio prodotto e/o servizio nel breve e nel lungo
periodo?
✓ Il mio cliente-ideale ha davvero bisogno della soluzione da me proposta?
Oppure sono troppo impaziente di mettermi all’opera da non riuscire a valutare i
vantaggi e gli svantaggi della mia idea?
✓ Se dovessi riassumere in una frase il valore della mia intuizione imprenditoriale,
quale sarebbe?
Complimenti, hai appena portato a termine lo step numero 1.
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Capitolo 3 – Il lavoro dipendente è il freno a mano della tua carriera

Nei capitoli precedenti ti ho suggerito di passare da un lavoro dipendente a un


lavoro intraprendente. Nel dettaglio, qualsiasi business online scalabile è il punto di
partenza da cui tornare a essere padrone della tua vita – se mai lo sei stato
davvero. Per «business scalabile» intendo la vendita di prodotti e/o servizi che
possono essere smerciati in numero illimitato, senza necessitare di costanti risorse
produttive. I beni appartenenti a quest’ultima categoria sono corsi online, libri
pubblicati su Amazon, canzoni su Spotify, info-prodotti e chi più ne ha, più ne metta!
Mettiti bene in testa che un progetto vincente deve seguire la regola aurea della
libertà: fornirti rendite passive, senza costringerti a interagire con le dinamiche di
vendita. Un esempio? Immagina di essere un appassionato di moda. Disegni la tua
collezione di magliette e crei un e-commerce online con spese ridotte. Delegando
lo stoccaggio della merce al tuo fornitore e pubblicizzando lo shop su Facebook,
Google et similia, riuscirai a vendere migliaia e migliaia di t-shirt in modo
automatico, triplicando le tue entrate senza neppure preoccuparti di af ttare un
magazzino e di impacchettare i capi. Sul versante opposto, la dipendenza
lavorativa implica una sua intrinseca fragilità. Chi dipende non sa badare a sé
stesso, non raggiunge il successo con le sue sole forze. La soddisfazione – quando
e se arriva – deriva dalla gura di un capo, di un superiore che riveste il ruolo di
«grati catore». Quest’ultimo è il punto di riferimento da cui dipendono sia la tua
identità, sia la tua capacità di conseguire l’agognato stipendio con cui arrivare
indenne alla ne del mese. Come se non bastasse, il capo è anche il «giudice»
delle tue azioni: errori, sviste e criticità in uf cio vengono punite da chi ha il potere
di dirti cosa fare, e perché. E sai qual il primo pensiero che mi viene in mente
quando penso all’approccio di tantissimi dipendenti italiani? Al genitore che sgrida il
bambino per le sue marachelle. Il datore/genitore pone l’accento sulle mancanze
del glio/dipendente e pretende di più, sempre di più. L’approccio in questione è,
per dirlo con una parola, infantile. Sia chiaro, con questo non intendo dire che tutti i
lavoratori dipendenti sono vittime inconsapevoli di tale fenomeno; mi limito a farti
presente che, quasi senza rendercene conto, anche noi siamo potenziali bersagli di
un rapporto di subordinazione in cui la punizione, la sgridata e la mancanza di
autonomia rischiano di trasformarci in bambini, in studentelli ribelli alle prese con gli
insegnanti.
E in effetti, se incontriamo uno sconosciuto e gli poniamo domande in merito alla
propria professionalità, nel 99,9% dei casi ci sentiremo ripetere «lavoro per
l’azienda e/o il datore x», e non «mi occupo dell’attività y perché sono bravo in…».
Ne vale davvero la pena?
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Capitolo 4 – Lavorare per il successo altrui

Non sei tu a guadagnare attraverso il lavoro dipendente, ma il tuo capo.


Con il termine «guadagno» non mi riferisco al numero di zeri del tuo conto in
banca, ma alla combinazione di soddisfazione personale, tempo libero che hai a
disposizione e prospettive di crescita future. La mentalità dell’operaio rischia di
renderti vittima della famosa «ruota del criceto»: da un lato, inizierai a indebitarti
acquistando immobili, una macchina prestigiosa, abiti di lusso e magari l’ultimo
modello di smartphone al solo scopo di «piacere», di fare colpo sulle persone che ti
circondano e, dall’altro, commercializzerai il tuo talento al miglior offerente – senza
focalizzarti sul valore delle tue idee. Come ti ho già spiegato nel Capitolo 2, sono
proprio queste ultime a dare un potenziale sprint alla tua carriera, conducendoti
sulla strada dell’imprenditoria e della libera professione. Tuttavia, il frutto nanziario
delle abilità e delle competenze messe al servizio di terzi, non riempirà il tuo
portafoglio, ma quello di (pochi) super-ricchi. E così, mentre continuerai a crogiolarti
nell’illusione di contare qualcosa e di essere fortunato per via del modello di
macchina che guidi, qualcun altro starà costruendo un impero nanziario sulle tue
spalle. Il mio consiglio: metti da parte il narcisismo, l’egocentrismo e il bisogno
impellente di collocarti al centro del mondo. Per quanto il lavoro dipendente ti
venda l’errata convinzione di essere indispensabile, non sei altro che uno dei tanti
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ingranaggi di un meccanismo ben oliato. Qualora dovessi smettere di funzionare a
dovere, nessuno si prenderà la briga di ripararti. Verrai sostituito e preso a pugni
(emozionalmente, s’intende) come un sacco da boxe. Ecco svelato il motivo per cui
– senza girarci troppo intorno – gli italiani dalla trentina in su sono un popolo di
depressi. Vuoi davvero fare la ne dello zombie che ha bisogno delle goccine di
Xanax per prendere sonno? Immagino di no. Dall’altro lato, l’attività online ti offre
la libertà di costruire il tuo impero monetario partendo da zero. Sarai tu a scegliere
il modello di business che reputi vincente, tu a intascare il frutto del tuo duro lavoro,
tu a decidere quando e perché staccare la spina per ricaricare le energie. Ricorda
le mie parole, perché faranno tutta la differenza di questo mondo: le false verità
condivise dalla società ti spingono sulla via della povertà e della mediocrità. Punta
in alto, e non ti arrendere no a quando non sarai arrivato a destinazione!
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Capitolo 5 – Mindset e ricchezza: l’ABC dell’educazione nanziaria

L’1% degli italiani è milionario.


E ancora, 3 miliardari possiedono una ricchezza pari a quella di oltre 6 milioni di
poveri.
Non lo dico io, ma le statistiche datate 2020 e pubblicate dall’Oxfam. Quindi che si
fa? Vivrai da schiavo per il resto dei tuoi giorni, sognando a occhi aperti una casa
che non avrai, un biglietto aereo che non prenoterai, una serenità mentale che non
raggiungerai mai? Prima di gettare la spugna, dammi modo di spiegare un concetto
fon-da-men-ta-le: i veri ricchi non lavorano per accumulare soldi, ma fanno in modo
che i soldi lavorino per loro. Quello che sto cercando di dirti è che la liquidità di cui
disponi sul conto in banca non ha l’unico scopo di assicurarti una t-shirt di Gucci o
una BMW con cui impressionare i colleghi, ma permette anche di incrementare i
tuoi soldi, di accrescere il tuo patrimonio. In che modo? Esempio lampante è la
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possibilità di avviare un business online volto a garantirti le famose rendite passive
che hai imparato a conoscere nei capitoli precedenti. I tuoi investimenti, infatti, si
distinguono in due macro-categorie: attivi e passivi. I primi sono uscite dalle tue
casse di cui servirti per avere entrate costanti nel medio-lungo periodo, senza
sollevare un dito. Nel caso dello store di abbigliamento, il costo di apertura e di
creazione del sito web corrisponde a una spesa attiva poiché ti consentirà di
fondare un e-commerce dal valore potenzialmente esponenziale. Di contro,
destinare i tuoi guadagni mensili a uscite monetarie che non implicano nessun
ritorno economico nel lungo termine – leggi: la rata della tua automobile o della
super smart-TV ultimo modello – implica una gestione passiva del denaro. La
prossima volta che sarai sul punto di destinare cifre consistenti a un bene, a un
prodotto o a un servizio, rispondi alla seguente domanda: «i soldi investiti in x o y
sono attivi o passivi? Mi assicureranno un ritorno economico futuro o sono destinati
al baratto nudo e crudo?».
I veri ricchi sanno esattamente come badare ai propri affari e come trasformarsi da
consumatori a produttori! Pensaci per un secondo: la società capitalistica in cui
siamo nati e cresciuti si divide in due categorie; la prima comprende coloro che –
nel tentativo di colmare il senso di vuoto generato dalla loro insoddisfazione
personale – sono dipendenti dallo shopping e dall’acquisto compulsivo di beni
mediocri. La seconda è meno popolosa, e racchiude chi mette in moto il cervello
per ideare prodotti da consumare, risolvere problemi e arricchirsi nel breve-lungo
periodo. Ecco svelato il motivo per cui tanti si impoveriscono e pochi si riempiono le
tasche, investendo in asset strategici.
Capitolo 6 – L’educazione scolastica e la forma mentis del
dipendente

Fammi indovinare: da bambino sognavi di diventare un pompiere, una dottoressa,


uno scienziato o un’insegnante. Perché la verità è che nell’istante stesso in cui
impariamo a tenere in mano la penna per scrivere il nostro nome e cognome,
genitori e insegnanti ci rivolgono la fatidica domanda: «quale mestiere vorresti fare
da grande?». E nessuno di noi ha la possibilità di rispondere «il ricco, l’artista, il
viaggiatore o il cantante» senza incappare nello scetticismo e nella compassione
dell’adulto frustrato di turno. «Beh, hai ancora tempo per trovare la tua strada» - ti
dicono - «in fondo sei solo un bambino». E lo sai perché? Perché la volontà di
uscire fuori dagli schemi e di testare nuovi paradigmi di vita… terrorizza chi non ha
avuto il coraggio di s dare i propri limiti e di auto-realizzarsi! E così, la scuola non è
soltanto la palestra in cui studiare la letteratura e la matematica, la loso a e la
psicologia, ma anche l’ambiente opprimente in cui si favorisce l’omologazione dei
futuri dipendenti. Gli stereotipi che vengono inculcati tra i banchi del liceo hanno
rovinato la vita a milioni di persone in procinto di spiccare il volo e di abbandonare il
loro nido! Sissignore, professoroni e insegnanti di ogni grado e livello incarnano il
simbolo della schiavitù mentale. Ti invitano ad abbassare la testa e a eseguire
ordini meccanicamente, senza che tu abbia la possibilità di trovare soluzioni in
maniera alternativa e/o di affrontare le grandi s de della crescita nel modo a te più
congeniale. E sai cosa accade, alla resa dei conti? I bravi studentelli saranno
destinati a trasformarsi in ottimi dipendenti-schiavi da 1500 euro al mese lordi,
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mentre i cattivi allievi – quelli che scalpitavano per rivendicare il loro diritto di essere
unici – diventeranno chi assume i primi in azienda.
Compiamo ora un breve salto temporale in avanti e parliamo di università: non sarà
la promessa dell’Università Statale di Milano o de La Sapienza di Roma a garantirti
mensilmente il tanto agognato stipendio. Non di rado si sente dire: «l’accademia
privata da 10.000 euro all’anno pagata dai miei genitori mi troverà un impiego entro
tre mesi dalla data di conseguimento della Laurea». Ah, sì? Perché non è mai
accaduto in passato che una riforma economica, una crisi, una pandemia, un
cambiamento delle «regole del gioco nanziarie» abbiano mandato in fumo i
progetti di una vita intera, giusto? Se credi che delegare la tua carriera nelle mani di
un’istituzione formativa – pubblica o privata che sia – sia la scelta migliore per stare
in una botte di ferro, fai pure. Tuttavia, sappi che gli studi reali, quelli che possono
essere monetizzati e trasformati in lavori, non sono standardizzati. In altre parole, ti
chiedo: se apprendi le stesse nozioni di milioni di studenti all’anno, cosa ti rende
speciale? Se consegui master su master al solo scopo di specializzarti il più
possibile, cosa farai quando il mestiere per cui ti sei formato sparirà o perderà
valore sul mercato? L’università è la tua camicia di forza: un avvocato resta
impantanato nella burocrazia italiana per il resto dei suoi giorni, un ingegnere
relegato in uf cio, un laureato in Scienze Motorie è destinato a lavorare come
animatore turistico Acquagym a estati alterne. I ricchi, di contro, credono fortemente
che l’educazione vincente sia quella che riguarda un po’ di tutto – proprio come
fosse un’enciclopedia. Il vantaggio? Quando navigherai in acque burrascose sarai
libero di dirigerti altrove, conoscendo a memoria la cartina dei Sette Mari
(lavorativi).
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Capitolo 7 – Il lavoro of ine è una chimera

Mio caro lettore, la ri essione a tema «educazione» contenuta nel capitolo


precedente è il pretesto per indagare il presente e il futuro del mondo lavorativo. In
primo luogo, per impiego of ine facciamo riferimento alla vendita in numero limitato
di prodotti e/o servizi. L’imprenditore decide di «entrare a gamba tesa» in un settore
merceologico – la vendita di t-shirt, ad esempio – e fa in modo di procurarsi
fornitori, magazzini, location da destinare allo shop, dipendenti e migliaia di
scartof e burocratiche pagate con monete sonanti. Fin qui nulla di strano, giusto?
È il processo di acquisizione e di vendita che riempie le strade della città di store di
abbigliamento, di modellismo, di libri, di accessori tecnologici e chi più ne ha, più ne
metta. Tuttavia, voglio portare alla tua attenzione un problema con la «P»
maiuscola. Qual è il bacino di utenti che l’imprenditore-of ine è in grado di
raggiungere? Nella stragrande maggioranza dei casi, le poche migliaia di persone
che vivono nel quartiere, nella città, nel paesino. Ne deriva che ogni sforzo – da
quello promozionale a quello pubblicitario, dai saldi alla comunicazione col cliente
nale – non è speci co. Intendo dire che i duemila volantini di carta che hai
distribuito all’ingresso del negozio, niranno nel 98% dei casi nel cestino! Di contro,
l’approccio online consente di usare servizi hi-tech straordinariamente avveniristici
per sottoporre la tua offerta commerciale soltanto agli utenti-acquirenti
potenzialmente interessati ai tuoi prodotti e/o servizi. In questo modo, risparmi
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soldi aumentando le vendite e la popolarità della tua attività imprenditoriale poiché
non sei più vincolato a un con ne geogra co. Non è un caso che, nel corso della
dif cile situazione pandemica, tantissime aziende abbiano investito migliaia di euro
sulla presenza digitale. Internet è l’unico modo per essere visti, cercati, contattati.
Credi ancora che i tuoi futuri clienti si serviranno delle Pagine Gialle per trovare il
negozio e acquistare le tue t-shirt? È tempo di svegliarti e di fare sul serio! Il mio
discorso può essere esteso, inoltre, a tutti i mestieri meccanici e ripetitivi che
verranno – nel giro di qualche anno – contaminati dal mondo dell’Intelligenza
Arti ciale. In ogni caso, non è mia intenzione spaventarti. Voglio soltanto porti una
domanda che reputo importantissima: «la tua professione implica una dose di
pensiero creativo, di problem-solving personalizzato e di talento non replicabile?
Oppure le competenze che hai faticosamente acquisito in oltre dieci anni di scuola
sono le stesse di un robottino 2.0 che ti ruberà il lavoro?». Insomma, ancora una
volta la soluzione è a portata di mano: fondare la tua carriera sul valore delle idee.
Queste ultime sono insostituibili.
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Capitolo 8 – Perché la pensione è uno schema Ponzi?

Concludiamo il nostro breve viaggio editoriale alla scoperta delle 7 falle del lavoro
dipendente con la «ciliegina sulla torta», con la ri essione che darà il colpo di
grazia alle tue false certezze.
Hai mai sentito parlare di Schema Ponzi?
Tornato alla ribalta nei primi anni 2000 a causa dell’inganno azionario di dimensioni
considerevoli rmato da Bernie Madoff, il modello nanziario in questione è uno
schema piramidale truffaldino che si fonda sul reclutamento di nuovi “investitori”. Gli
appartenenti alla società basata su uno Schema Ponzi vengono invogliati a trovare
potenziali vittime per via dei guadagni consistenti promessi dai «piani alti». Il ciclo
di reclutamento procede all’in nito come in una Catena di Sant’Antonio: i burattini
inconsapevoli continuano a truffare e a essere truffati, senza possibilità di scendere
dalla giostra infernale. E se ti stai chiedendo quale sia l’elemento di truffa in un
Ponzi, leggi con attenzione quello che sto per dirti: col passare del tempo, infatti, si
arriva a un punto-critico oltre il quale non esiste più popolazione da coinvolgere
nella società. Inoltre, il denaro in entrata non riesce a coprire le promesse
nanziarie che sono state fatte ai nuovi investitori. La piramide è destinata a
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sgretolarsi. In ogni caso, non è dif cile immaginare che il suo fondatore avrà
comunque intascato cifre considerevoli e sarà emigrato su qualche isoletta
tropicale coi soldi degli sventurati creduloni. Ora, devi sapere che l’INPS italiano –
l’Istituto di Previdenza Sociale che si occupa del sistema pensionistico – rientra di
diritto nella categoria Ponzi. La crisi demogra ca progressiva, il ristagno
economico, l’indebitamento del Paese e la situazione pandemica che ha contribuito
a mettere in ginocchio i lavoratori, fanno sì che le uscite previdenziali superino le
entrate (le tasse pagate dai contribuenti). Come se non bastasse, l’INPS gestisce il
monopolio delle pensioni all’interno di una cornice burocratica – quella italiana –
poco chiara per de nizione. L’ente pubblico è alla costante ricerca di nuovi adepti
che delizza nel lungo periodo, promettendo un tornaconto economico futuro. Sarà
davvero così? È suf ciente conoscere lo scenario in cui agisce l’Italia per
comprendere che il sistema previdenziale è destinato a riforme sostanziali, è
prossimo al crollo. Allora ti chiedo: ha davvero senso destinare 1/5 del tuo stipendio
a uno schema Ponzi truffaldino, legalizzato al solo scopo di succhiare via una parte
considerevole del tuo (misero) stipendio? Non è forse meglio premere
sull’acceleratore per creare un bel gruzzoletto con cui vivere di rendita – magari in
uno Stato europeo più economico e/o che favorisce i viaggiatori esteri? Io credo
proprio di sì, e gestire il tuo business online ti dà tutto il diritto di lasciarti alle spalle
le sabbie mobili della burocrazia tricolore a favore di uno stile di vita più semplice,
trasparente e soddisfacente. Se vuoi approfondire le dinamiche nanziarie di uno
Schema Ponzi, in ogni caso, ti suggerisco di studiare nel dettaglio le truffe
nanziarie più popolari del Novecento – tra cui quella di Bernie Madoff, per
l’appunto.
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Conclusioni

Mio caro lettore, mi auguro che le «pillole di educazione nanziaria» contenute


nelle pagine precedenti ti siano utili. Tutte le volte in cui verrai preso dal timore di
compiere un passo falso, dedicandoti alle tue passioni e ai tuoi talenti nascosti,
poniti la seguente domanda: «voglio davvero vivere di fama ri essa, di felicità
passeggera e di soddisfazione che non dipende da me, ma dalla grati cazione del
mio superiore?». Io sono certo che la tua risposta sia «no». E allora, prenditi del
tempo per memorizzare e studiare le informazioni che ho condiviso con te. Quando
sarai pronto, cambia la tua vita e diventa la migliore versione di te stesso.
Te lo meriti!
[Riccardo Picotti - HeyRiccardo]
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