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(Alzati! Svegliati (o uomo!) Avendo raggiunto gli eccellenti (insegnanti), realizza (la
Verità). Questo cammino è duro da percorrere e difficile da attraversare come l’affilata lama
di un rasoio, dunque celebra i grandi che hanno percorso questo sentiero). Kaṭhopaniṣad
1,3,14
1
Nessuna madre parlerebbe mai in questo modo, piuttosto dirà: “Lasciate che
cada, tanto poi si rialzerà e camminerà”. Cadere fa parte del processo di imparare a
camminare, così come fallire fa parte dell’apprendimento e l’errore fa parte
dell’esperienza.
(Al bambino negligente, che è trascinato dall’attaccamento alla ricchezza (o agli oggetti
dei sensi), il seguente cammino (la verità suprema sulla nascita e sulla morte) non viene
rivelato. Pensando che sia il solo mondo e che non ce ne siano altri, egli continua a cadere
sotto il mio controllo (della morte).) Kaṭhopaniṣad 1,2,6
Abbiamo già spiegato che a causa delle illusioni errate le persone continuano a
ripetere gli stessi errori senza trarne nessun insegnamento. Pertanto, se imparate da
un errore. quest’ultimo diviene una lezione e non è più un errore. Ma se non imparate
da quell’errore allora resterà per sempre un errore. Quindi come mai questo percorso
è difficile? Perché su questo sentiero farete degli errori. Non potete credere di poter
percorrere questo cammino senza incontrare delle difficoltà. Le difficoltà ci saranno
ed è per questo che avete bisogno di una guida su questo cammino.
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Come fare a camminare su questo
sentiero? Dovreste fare proprio come il
bambino piccolo che ha bisogno della mano
della madre per compiere qualche piccolo
passo, eppure anche se continua a cadere né lui
né la madre si arrendono. Entrambi si tengono
per mano e continuano a camminare. Siamo
passati tutti attraverso questa esperienza nella vita, come madri, padri e figli. Nessuno
sapeva camminare eppure abbiamo fatto tutti i tentativi possibili per riuscirci.
Abbiamo fallito più volte, siamo caduti e ci siamo anche fatti male, eppure non
abbiamo mai smesso di camminare. Pertanto questo atteggiamento per cui anche se
qualcosa possa sembrare difficile ci vogliamo riuscire è ben radicato in noi e ciò è
dimostrato da questa semplice esperienza: imparare a camminare e cadere.
Tuttavia avete bisogno di una guida, di qualcuno che vi tenga per mano, che vi
aiuti a camminare su questo percorso in modo che anche se apparentemente vi
sembrerà difficile, diverrà più facile. Ecco perché prāpya varān nibodhata, ci si deve
avvicinare a colui che possiede questa conoscenza. Se la madre non dovesse saper
camminare come potrebbe aiutare il figlio? Proprio perché la madre sa come si
cammina è in grado di guidare il bimbo e di insegnargli a camminare.
Quindi si deve incontrare un guru, colui che conosce questa Verità, affinché vi
possa guidare e istruire sulle modalità per
percorrere questo sentiero che altrimenti
sarebbe troppo difficile, poiché fallireste e
cadreste, non vi è alcun dubbio. Non ci può
essere la garanzia del conseguimento della
meta, ma è garantito che cadreste. Pertanto il
vostro compito è camminare. Per questo vi
dico che dovete fare il primo passo.
Nella Muṇḍakopaniṣad c’è uno śloka che dice: parīkṣya lokān karmacitān
brāhmaṇo nirvedam āyān nāsty akṛtah kṛtena | tad vijñānārthaṁ sa gurum
evābhigacchet samit-pāṇiḥ śrotriyam brahma-niṣṭham ||
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parīkṣya lokān karmacitān brāhmaṇo nirvedam āyān nāsty akṛtah kṛtena |
tad vijñānārthaṁ sa gurum evābhigacchet samit-pāṇiḥ śrotriyam brahma-niṣṭham ||
(Che il ricercatore del Brahman, avendo esaminato i mondi prodotti dalle azioni, sia libero dai
desideri e, pensando che non ci sia nulla di eterno prodotto dalle azioni, per acquisire la
conoscenza dell’Eterno si rivolga a un precettore versato nei Veda e centrato nel Brahman) -
Muṇḍakopaniṣad 1,2,12
Dopo aver osservato la vostra vita, dopo aver visto tutto il bene e il male della
vita, dopo aver provato a essere felici senza riuscirvi,
dopo aver creduto negli altri, avendo dato loro la vostra
fiducia ed essendo stati ingannati, finalmente vi rendete
conto che, qualunque cosa facciate nel mondo, alla fine
non rimane nulla e nemmeno voi rimanete. Dopo
essersene reso conto, l’individuo comprende che si deve
avvicinare al Conoscitore della Verità. Ed è proprio così
che, nella Muṇḍakopaniṣad, Śaunaka, per conoscere la
Verità, si avvicina ad Āṅgirasa. Quindi, per percorrere
questo sentiero, è necessario il guru.
(Il Brahman viene conosciuto veramente, quando è conosciuto in ogni stato della
coscienza come testimone e pertanto si ottiene l’immortalità. Tramite il Sé si ottiene la forza e
attraverso la conoscenza si ottiene l’immortalità) - Kenopaniṣad 2,4
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Imparate da ogni esperienza della vita e scorgete sempre la mano di Dio,
percepite la volontà divina che silenziosamente e segretamente vi guida, senza che ve
ne rendiate conto.
Silenziosamente, segretamente.
Dovreste essere sempre attenti. Per esempio se camminate per strada, c’è traffico
e una macchina viene verso di voi, rimanete in mezzo alla strada invece di stare sul
lato sinistro soltanto perché
quell’autista è un matto che va
contromano? Costui è un pazzo e vi
investirà. Questo significa che
anche voi vi dovete comportare
come dei pazzi? Poi però non potete
lamentarvi dicendo: “Avevo ragione io, poiché stavo seguendo il dharma, dharmo
rakṣati rakṣitaḥ (il dharma protegge chi protegge il dharma), tuttavia è stato il
dharma che non mi ha protetto e quell’auto mi ha travolto”.
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percorrere), non dovete scoraggiarvi: “Oh, la spiritualità è un percorso troppo
difficile…”. Tutto è difficile.
Allo stesso modo la meditazione, l’essere sempre vigili, non consentirà ai sensi
di prendere il sopravvento sulla mente e alla mente di sopraffare la buddhi e alla
buddhi individuale di sopraffare la buddhi di Dio. La pratica farà sì che operiate
sempre da quella coscienza, dalla buddhi di Dio e che la vostra buddhi, la mente e gli
indriya (i sensi) non interferiscano con Dio.
Ciò si verificherà a poco a poco, mentre vivrete la vostra vita, tuttavia all’inizio
avrete bisogno di una pratica, come in ogni cosa. Inoltre dovete trovare una persona
che vi possa guidare correttamente. Ecco perché si dice varān, che significa
l’adorabile, colui che è giusto. Dovreste stare vicino a una persona tale per imparare a
percorrere questo sentiero, così anche le situazioni difficili diverranno semplici.
Coloro che non sono uttiṣṭhata e jāgrata, che non si impegnano e non sono
attenti, che non vogliono avere un guru, ma che vogliono fare tutto da soli, per
costoro questo cammino è davvero difficile, kṣurasya dhārā niśitā ( è come la lama
affilata del rasoio). Il guru vi potrà insegnare dei trucchetti, come gestire la mente,
come controllare i sensi e come fare affinché il vostro ego non interferisca con la
volontà di Dio, affinché possiate camminare su questo sentiero con facilità e, anche
se all’inizio incontrerete delle difficoltà, alla fine diverrà facile.
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questo cammino, allora sarete privi di preoccupazioni e di paure, procederete felici e
tutto andrà bene.
(Colui che discrimina dovrebbe ritirare l’organo della parola (assieme a tutti gli organi
di senso) nella mente; la mente a sua volta dovrebbe fondersi nell’intelletto
(buddhi individuale); l’intelletto dovrebbe fondersi nell’hiraṇyagarbha
(buddhi cosmico) che dovrebbe fondersi nel Brahman Supremo) - Kaṭhopaniṣad 1,3,13
Innanzitutto ritirate gli indriya nella mente, poi ritirate la mente in jñāna
ātmani, poi ritirate jñāna ātmani in mahati ātmani e infine mahati ātmani in śānta
ātmani. Questo è un processo difficile. Non è facile rinunciare ai piaceri dei sensi e
non è nemmeno facile tenere a bada il proprio ego e arrendersi al Divino. Inoltre
anche l’attitudine interiore: “Io mi sono arreso a Dio” dovrebbe lasciare il posto a:
“Io sono Dio” ed è questo quello che dovrebbe manifestarsi nella vostra mente.
All’inizio voi siete servitori di Dio in quanto mana, buddhi e indriya. Poi avete
ritirato la vostra buddhi in Dio e avete sentito: “Io sono parte di Dio e Dio soltanto mi
guida da dentro”. Infine vi è śānta ātmani: “Io sono Dio”.
facoltà
sensoriali
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Quindi jñāna ātmani è dvaita bhāva (sentimento di dualità), mahati ātmani è
viśiṣṭādvaita bhāva (sentimento di unità condizionata) śānta ātmani è advaita bhāva
(sentimento di unità). È così che progredisce.
(Quando penso di essere il corpo, allora sono il Tuo servitore. Quando invece mi considero
il jīvā, l’anima individuale, sono una parte di Te. Quando mi vedo come ātman,
il Supremo Sé, io sono Uno con Te. Di questo sono fermamente convinto).
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Questo è il procedimento di ritiro graduale ed è così che dovreste progredire: da
indriya, indriyārtha a manas, da manas a jñāna ātmani, da jñāna ātmani a mahati
ātmani e infine a śānta ātmani, sāyujyam (intime unione); śānta ātmani è advaitam
(privo di dualità), è il param, il Supremo e oltre a ciò non vi è niente. Quindi divenite
Uno con Dio proprio come il fiume diviene uno con l’oceano e le loro acque non
sono più separate. Il Ganga, lo Yamuna, e il Saraswati si trovano tutti nell’oceano.
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Proprio come un serbatoio pieno d’acqua che scorre attraverso dei rubinetti. I
rubinetti si trovano nelle abitazioni, ma l’acqua proviene da quell’unico serbatoio.
Così tutti voi divenite dei rubinetti, amani bhāva, amanasta (stato di non-mente):
non avete un’esistenza e un modo di pensare separato, ma siete semplicemente degli
strumenti del Divino che pensa per voi. Voi eseguite il lavoro esteriormente, ma tutte
le informazioni, l’intelligenza, la conoscenza e la guida provengono dal Divino.
Ieri vi ho spiegato che ogni volta che la decisione viene presa dal Sé Superiore
percepite immediatamente pace, vi sentite umili e non arroganti. Se dovesse andare
tutto bene vi sentirete umili, ma se anche dovesse andare male vi arrenderete alla
volontà di Dio, all’imperscrutabile volontà di Dio e non proverete agitazione. Nel
profondo del vostro cuore percepirete chiaramente che non è stato l’ego a prendere
quella decisione.
Quando invece prendete le decisioni con il vostro ego, jñāna ātmani, se va bene,
diventate arroganti e se va male divenite ansiosi e irrequieti. Se dal processo
decisionale derivano ansia o arroganza significa che la decisione è stata presa dalla
vostra buddhi individuale che non si è fusa con la buddhi di Dio.
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La meditazione è il procedimento per
fondere la vostra mente inferiore
con la mente superiore.
È difficile poiché siamo così attaccati al nostro corpo e alla nostra mente e
vogliamo sempre ottenere dei crediti, desideriamo ottenere dei riconoscimenti. La
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sensazione di essere coloro che agiscono e così forte in noi che è diventata kṣurasya
dhārā niśitā, come la lama affilata e tagliente di un rasoio. Per via delle distrazioni
subentra jñāna ātmani che disturba il mahati ātmani e così soffrite. È un cammino
difficile, ma diviene più facile se seguite la guida di un guru che vi insegnerà come
affrontare il percorso.
In quel momento penserete: “Swami dice che tutti sono Brahman e io dovrei
essere equanime con tutti”. E sulla scena apparirà proprio quella persona con la quale
non avete affinità e vi dirà qualcosa che non riuscite a tollerare: bodha. Non è bādha
(sofferenza, tormento), è bodha. Molti definiscono il mio insegnamento chaala
baadha (telugu), estremamente difficile e doloroso. Baadha kaadu, non è difficile,
ma è bodha. È un insegnamento, ecco perché è difficile. Le difficoltà sono strumenti,
opportunità per imparare, per verificare se avete acquisito la comprensione.
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che si dimenticò di ciò che aveva imparato sul campo di battaglia, allora i vostri sensi
vi distruggeranno.
Analogamente durgam pathastat, voi penserete che questo percorso sia molto
difficile soltanto perché non siete abituati a camminare su questo sentiero, perché
avete sempre vissuto seguendo i sensi e la mente o nel migliore dei casi seguendo
buddhi, jñāna ātmani. Pertanto non scoraggiatevi e continuate a camminare con la
grazia del guru, tapaḥ prabhāvād, devaprasādāt.
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yat - che | aśabdam - privo di suono | asparśam - intoccabile | arūpam - senza forma |
avyayam - imperituro | tathā - così anche | arasam - insapore | nityam - eterno | agandhavat
- inodore | ca - and | anādyanantam - senza inizio né fine | mahataḥ - rispetto a mahat |
param - oltre (superiore a) | dhruvam - immutabile | tat - quel (ātman) | nicāyya - avendo
realizzato | mṛtyumukhāt - dalle fauci della morte | pramucyate - viene liberato |
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In ogni momento, di fronte all’aspirante, si presentano due
strade:
(Anche solo sentire parlare del Sé, non è accessibile a molti. Molti, anche se ne hanno
sentito parlare, non riescono a comprenderlo. Meraviglioso è colui che parla di questa
verità partendo dalla sua esperienza e colui che la ottiene o realizza è capace e meritevole.
Meraviglioso in verità è colui che comprende (realizza) tale verità quando gli viene
insegnata da un precettore capace) - Kaṭhopaniṣad 1.2.7
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Na nareṇāvareṇa proktā eṣa suvijñeyo bahudhā cintyamānaḥ |
ananyaprokte gatir atra nāsty aṇīyān hyatarkyamaṇupramāṇāt ||
(Questo ātman sul quale si è riflettuto, non può essere compreso se viene insegnato da
colui che manca della realizzazione esperienziale. A meno che non venga insegnato da un
maestro superiore, uno che ha sperimentato l’unità, non c’è altra maniera di giungervi,
perché è più sottile del sottile e va al di là di ogni argomentazione) - Kaṭhopaniṣad 1,2,8
Poi Yama prosegue la sua spiegazione dicendo che questa conoscenza è la più
sottile e anche la più grande e di come non sia facile, na medhayā, na bahunā
śrutena. Per quante siano le volte che la ascoltate e per quante siano le persone dalle
quali ricevete questo insegnamento non riuscirete a comprenderlo, poiché dovrete
riceverlo esclusivamente da un vero jñāni. Il discepolo dovrebbe essere come
Naciketa e l’insegnante dovrebbe essere uno jñāni come Yama.
È più sottile del più sottile e più grande del più grande.
Non può essere compreso semplicemente sentendolo
raccontare in numerosi modi da persone diverse.
Questa conoscenza si raggiunge nel fare determinate cose e nel non fare altre
cose. Ciò che si deve fare è yamevaiṣa vṛṇute tena labhyaḥ, desiderare soltanto
Quello, il Brahman.
(Questo ātman non può essere ottenuto né tramite lo studio delle Scritture né grazie
all’intelligenza né a molta conoscenza. Viene ottenuto da chi lo sceglie escludendo tutto il
resto. L’ātman si rivela a tale persona) - Kaṭhopaniṣad 1,2,23
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Nāvirato duścaritānnāśānto nāsamāhitaḥ/
nāśāntamānaso vāpiprajñānenainamāpnuyāt//
(Esso (il Sé) non può essere ottenuto tramite la conoscenza da chi non desiste dalla
cattiveria, da chi non è in pace (i cui sensi non sono sotto controllo) e la cui mente non è
concentrata e da chi non è pacifico) - Kaṭhopaniṣad 1,2,24
Egli ha fatto tutto ciò. Poi è giunto alla seguente meditazione. Yama aveva
spiegato: “Considera che nel corpo convivono due esseri viventi: il jīvātman e il
paramātman e che apparentemente entrambi godono dei frutti dell’azione”.
jīvātman paramātman
(sé individuale) (Coscienza Suprema)
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Poi prosegue insegnandogli che questo jīvātman è il rathinam, il passeggero del
ratha, che buddhi è il sārathi (l’auriga), che la mente, manas, sono le redini, che i
cavalli sono i sensi e che gli oggetti dei sensi, indriyārtha e viṣaya sono la strada
sulla quale galoppano i cavalli. Se buddhi è yukta (assorbita, devota) e se manas è
samanaska, śuciḥ (pura), allora i vostri cavalli saranno sadaśvaḥ, dei buoni cavalli e
li potrete controllare.
ātman: Sé (passeggero)
(L’uomo che ha per auriga un intelletto discriminante e per redini la mente sotto
controllo, giunge alla fine del viaggio: il supremo stato di Viṣṇu (l’Onnipervadente)) -
Kaṭhopaniṣad 1,3,9
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Mahataḥ paramavyaktam avyaktāt puruṣaḥ paraḥ |
puruṣānna paraṁ kiñcit sā kāṣṭhā sā parā gatiḥ ||
Dopodiché vi è una conoscenza molto sottile che è custodita dentro di noi e che
si ottiene soltanto con un’ottima sūksma buddhi (intelletto sottile).
indriya, i sensi
↓
indriyārtha, le facoltà dei sensi (o oggetti dei sensi)
↓
manas, la mente
↓
buddhi, l’intelletto
↓
jīvātman, il sé individuale
↓
Poi spiega come si fa a sviluppare sūksma buddhi: ritirando gli indriya nella
mente e a sua volta la mente nella buddhi inferiore e la buddhi inferiore nella buddhi
superiore e la buddhi superiore nella Coscienza Suprema, nella Consapevolezza più
elevata.
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Come sviluppare la sūkṣma buddhi:
facoltà
sensoriali (o
oggetti dei
sensi)
Yama prosegue affermando che questo sentiero è molto difficile, che non
avendolo mai percorso non è facile, ma che tuttavia lo dovete percorrere. Non siate
pigri, piuttosto siate attenti, trovatevi un guru e camminate su questo sentiero.
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È aśabdam, non può essere ascoltato;
nityam, è eterno;
anantam, è infinito.
Egli dice: “Sarai libero dalle mie grinfie dato che avrai imparato che sei oltre la
nascita e la morte, pertanto Yama non ti potrà più toccare”. Questo significa che il
corpo morirà, ma che tu non morirai, che acquisirai quella comprensione e ne trarrai
coraggio. Abhayasya param, raggiungerai lo stadio del massimo coraggio che non è
altro che la spiritualità.
Quindi quest’ultimo śloka dice che quello stato non può essere compreso dai
sensi, poiché indriya e indriyārtha non sono in grado di ottenerlo. Gli indriya sono:
śabda, sparśa, rūpa, rasa, gandha, o i pañcabhūta: ākāśa, vāyu, agni, āpa, pṛthvī.
Questi ultimi sono in relazione con i nostri sensi. Quindi non potete ottenere questo
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stato in būtākāśa (spazio materiale) e nemmeno attraverso gli indriya e il corpo
grossolano.
Questo vale anche quando vi avvicinate sempre più al vostro Divino Sé che è
oltre i cinque sensi ed è questo il motivo per cui vengono rimossi nelle prime due
righe, poiché il vostro Divino Sé non ha queste proprietà. Quindi se meditando vedete
delle luci blu, verdi e gialle e pensate che sia Brahman, sappiate che non può essere
Brahman. Se poi udite il canto dell’Oṁkāram e pensate che sia Brahman, sappiate
che in realtà è il vostro vicino di casa che sta cantando molto forte. Eppure voi avete
creduto che provenisse da dentro di voi. Tutto ciò viene prodotto dalla vostra mente.
La mente vi mostra tutto ciò che volete: mahimanam, è molto potente. Proprio come
nei sogni, la mente crea tutto e ve lo mostra; funziona così anche da svegli, la mente
vi mostra tutto. In telegu si dice cinema choopisthaaru, vi farà vedere il film, vi
mostrerà un film che non esiste.
Quindi Yama nel suo insegnamento ha parlato di śabda, sparśa, rūpa, rasa e
gandha e li ha esclusi e di avyayam, poiché è immutabile, non cambia, è stabile ed è
inalterabile. Ciò che vediamo adesso, un attimo dopo potremmo non vederlo più, ciò
che udiamo, l’istante successivo potremmo non udirlo più, ciò che assaporiamo dopo
poco potremmo non assaporarlo più. Ma quando conoscerete Quello, sarà per sempre.
Esso è anādi anantam, poiché non ha principio, è infinito. Soltanto ciò che ha
un inizio avrà una fine. Come un cerchio che non ha né inizio né fine o addirittura un
punto che è ancor più sūksma (sottile): dove sono l’inizio e la fine in un punto? Anādi
anantam, esso era lì fin dal principio, c’è anche ora e ci sarà anche quando il corpo
non ci sarà più.
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Mahataḥ param dhruvam, esso si trova al di là del mahati, l’hiraṇyagarbha
kośa, è oltre prakṛti (la Natura, la creazione). In un certo senso hiraṇyagarbha è una
rappresentazione di prakṛti. È oltre lo stadio dell’esistenza stabile, è la Coscienza
Suprema che per conoscere non ha bisogno né dei sensi, né della mente e neanche di
buddhi.
Ecco perché il corpo muore, ma voi non morite. Voi siete stabili, dhruvam, non
potete essere scossi, siete fissi, costanti, mentre tutto il resto si muove. Dato che
Quello è fisso tutto il resto sembra in movimento. Se anche Quello fosse stato in
movimento insieme a tutto il resto, non sarebbe stato possibile comprendere le cose.
Invece Quello è stabile, poiché mentre voi siete stabili il traffico continua a scorrere.
Non dovete mai pensare che state invecchiando. Anche se siete dei ragazzi di
sedici anni e diventerete degli uomini di sessant’anni, in qualche modo interiormente
siete sempre uguali, siete sempre gli stessi. Le persone osservando il vostro corpo
possono darvi un’età, ma voi interiormente non potrete mai percepire
l’invecchiamento. Questo è il concetto: non cambiamo, noi siamo dhruvam (stabili),
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mentre tutto il resto è adhruvam (instabile). Da adhruvam non potrà mai scaturire
dhruvam.
Yama dice: “Ecco perché ti avevo insegnato lo yajña, affinché tu rincorressi ciò
che è effimero e temporaneo, poiché so che da questi aspetti temporanei non deriva
ciò che è permanente. Tu invece vuoi raggiungere ciò che è permanente”. L’uomo
può divenire marito, padre, figlio, fratello, amico e impiegato. Chi è dhruvam nel
padre, nel figlio e nel fratello? L’uomo di partenza è sempre lo stesso. Egli diviene
marito soltanto quando c'è la moglie, è figlio soltanto quando c'è il padre, è padre
quando arriva il figlio e fratello quando arriva la sorella. Se rimuoviamo tutti questi
upādhi (modificazioni), chi rimane? Sempre la stessa persona.
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