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Selvaggia Joyce Ritorno a te

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Ritorno a te
di
Selvaggia Joyce

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

A Natascia

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Ringrazio Alfio Piteless.

Grazie di tutto.

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Strade?
Dove andiamo noi non ci
servono… strade!
(“Ritorno al futuro”
di Robert Zemeckis)

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-Se ti ci metti con impegno, raggiungi qualsiasi


risultato.

-Ma che cavolo dici?

Luca era così, si definiva un ragazzo sempre


depresso e invece, invece lui non sapeva neanche
cosa fosse la depressione. Il sorriso era sempre lì,
stampato sulla sua faccia ogni volta che lo vedevo.
Quella sua grande fiducia nel futuro e positività,
gli cresceva sempre di più il naso ogni volta che
diceva di essere "un ragazzo depresso".

-Ti piace?

-Arancione fosforescente? ma sei fuori?

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Arancione fosforescente. Dai colori si capisce
tutto. Non era depresso neanche nei colori. Gli
avevo portato la mia Ford Fiesta rossa. Pochi
giorni prima l'avevo sfregiata sul guard rail. Mi ero
distratta un attimo per mandare un sms a mia
sorella e, e niente, mi ritrovai a tenere stretto il
volante con gli occhi fuori dalle orbite mentre si
segnava tutto il lato destro della mia povera
macchina e io cercavo di riportarla in carreggiata.

Preso “un po'” di spavento, ma grazie al cielo


non mi ero, e ancora tutt‟oggi, resa conto della
gravità dell‟accaduto, se no quella Ford Fiesta non
sarebbe mai diventata arancione fosforescente e i
miei piedi non toccherebbero mai più pedali di
un'automobile.

Comunque, stavo dicendo che lui aveva proprio


scelto l'arancione fosforescente, un sole era
diventata la mia macchina. Il sole è una luce che
non si spegne mai e lui senza saperlo era come
quel colore: il colore del sole. Se fosse stato

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

veramente depresso mi avrebbe colorato la


macchina di grigio scuro, neanche chiaro, scuro.

-Ma tu sei daltonico. Era rossa. Rossa. Mi


piaceva la mia macchinina rossa.

-Ma sì, dai, così quando passi vedranno tutti


quanto sei bella.

Eccolo che ricominciava ancora.

Non si faceva mai sfuggire nessuna occasione


per dirmelo.

-Dai, ora che hai la macchina arancione


fosforescente, ti metti con me?

“Ti metti con me”.

Me lo avrà ripetuto un miliardo di volte da


quando ci siamo conosciuti.

“Ti metti con me?” e, puntualmente, io gli


rispondevo sempre di No!

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Un giorno me lo chiese e io gli risposi di Sì. Lui
tutto felice mi disse:

-Davvero?

E io:

-No, scherzetto! –con un sorriso stampato in


faccia da monella.

Mi sa che lo facevo diventare io depresso!

Ma quel giorno, almeno per mezzo secondo, si è


sentito felice!

-Dai ti metti con me?

-No.

-Dai.

-No.

-Perché no?

Era peggio dei bambini di 5 anni, lui dopo i 5


anni ha continuato a chiedere i suoi perché e più
passava il tempo e più si accumulavano in

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

grandissime e altissime montagne con un bel


punto di domanda in cima.

Ma era anche la sua grande forza. Essere curiosi


è una cosa importante. Prima di tutto non ti fa
diventare una persona depressa, secondo non
smetti mai di infilarti dentro alla vita come fa un
gatto sotto le coperte quando fuori è freddo e
cerca calore. Lui era così, un gatto che cercava
sempre un calore che gli facesse accendere gli
occhi e lo portasse a chiedere un altro perché.

-Il perché lo sai, dai.

-Uff, sempre quel cantante.

-Eh.

-Ma almeno vieni qua e fatti coccolare!

-Vatti a coccolare coccolino, che io sto bene


così, qui senza coccole, che poi che cavolo di
coccole vuoi? Guarda come mi hai ridotto la

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macchina, sembra un pacchetto delle tic tac
all‟arancia!

-Sei cattiva. Dammi un bacio almeno.

-Insisti.

-Uff.

E fece la sua solita faccia da cucciolo triste. Si


avvicinò al suo tavolo da lavoro e prese un Alber
Magique.

-Visto? Arancione te l'ho preso.

-Come vedo sei molto bravo ad abbinare i


colori. Complimenti!

-Grazie! Questo però è speciale.

-Eh, lo vedo che è speciale, è strausato.

-Sì, però ha un profumo speciale!

-Non gli avrai spruzzato sopra quello tuo? Dio


che amico genio che ho!

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-Così, quando la guiderai, per tutto il viaggio ti


ricorderai di me!

-Certo che le pensi proprio tutte. Eh?

Luca, Luca in realtà non era innamorato di me,


si sentiva semplicemente solo. Aveva trovato,
come dice lui, la sua anima gemella all‟università,
in un giorno d‟inverno. Scendeva le scale come
una principessa. Lui stava lì, come se fosse stato
nascosto, a guardarla. Era da tanto che l‟aveva
notata. Mora con occhi neri e lunghi capelli
ondulati neri, pelle bianca, magra. Lei, quel giorno,
con sorpresa di Luca, si era avvicinata a lui e gli
aveva chiesto il suo nome e dopo quella domanda
lui era ufficialmente morto. Il Luca che c‟era
prima non esisteva più, era nato un nuovo Luca,
un Luca con una rosa nera tra le mani che non
perdeva mai di vista e la baciava quando la sua
bellezza gli si accendeva negli occhi.

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Passò con lei sei meravigliosi mesi della sua vita,
non si era scordato neanche un piccolo attimo
vissuto con lei. Ogni tanto iniziava a raccontarli e
gli occhi tristi guardavano nel vuoto e per un
attimo ritornavano felici se pur impregnati di
nostalgia.

Lei lo lasciò, inventandosi scuse su scuse, dopo


che l‟anima romantica di lui gli era esplosa
chiedendole di sposarla in un castello. Le aveva
pure regalato l‟anello di fidanzamento.

Forse è stato il panico, un grande panico. Il


panico di perdere la propria libertà? Forse. O forse
era solo semplicemente tutto un gioco che quando
divenne serio, la bambina ha dovuto fuggire via
per rintanarsi ancora nella sua stanza piena di
giochi.

Luca si sente ancora con lei qualche volta per


telefono. Mi ha detto che ogni tanto la va a
trovare e che passano meravigliose ore insieme,
ma senza mai andare oltre. Lui passa quelle ore

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

con quella voglia di buttarsi dentro alle sue labbra,


ma resiste perché l‟ama davvero e la rispetta.
Rispetta ogni suo desiderio, ogni suo capriccio.
Chissà se veramente l‟ama la sua rosa nera oppure
la tiene solo così tra le mani solo perché si sente
molto solo e la sua bellezza riesce per qualche
attimo a tappare quel vuoto che sente dentro.

-Ma questo è solo un regalino. Vieni a vedere


qui che cosa ti ho installato al posto di quella
autoradio da quattro soldi che avevi.

-E questa sarebbe una bella nuova autoradio?

-Stai zitta che tu di tecnologia non sai niente.

-Ecco, allora potevi lasciarmi la mia bellissima


autoradio da quattro soldi con cui ci andavo
d‟accordissimo.

-Ma questa è più bella e diversa, vedrai che ti


troverai bene. Vieni qui che ti insegno. Questo è il
tasto play, questo stop, rewind e il fast forward.

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-Luca non so cosa avrei fatto senza di te. E io
che pensavo fossero solo dei disegnini così messi
lì per bellezza. Porca miseria delle volte si
vengono a scoprire delle cose che non si
sarebbero mai immaginate.

-Dai, non fare la spiritosa.

-Ah, beh, come vedo non ti sei neanche


risparmiato sul colore delle luci.

-Ovvio che dovevano essere arancione, eh.

-Mi dovrò anche prendere i copri-sedile


arancione.

-Già fatto! Ma quelli li mettiamo dopo che ora ti


voglio insegnare ad usare questa autoradio
specialissima.

-E cosa avrebbe di speciale, scusa?

-Questa autoradio ferma il tempo!

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Seee, certo e poi? Mi farà viaggiare anche nel


passato e nel futuro come la Delorean di Ritorno
al futuro?

Noi eravamo dei grandi appassionati di quella


serie. È da qualche parola scambiata su quel film
che ci aveva fatto diventare amici.

Mi ricordo quel giorno. Eravamo seduti vicino


alla lezione di Storia del cinema all‟università. Ad
un certo punto il professore, se non ricordo male,
ha fatto una battuta su Ritorno al futuro e Luca,
girandosi verso di me, così con quella spontaneità
emiliano-romagnola, mi disse sottovoce: “Ah, io
amo quel film” e io gli risposi: “Bontà divina! Non
dirlo a me”. Da quel giorno diventammo amici. Ci
saremo visto un milione di volte quei tre film
insieme e sapevamo tutti i dialoghi a memoria. E
ci eravamo promessi che un giorno saremo andati
a visitare quella città: Hill Valley.

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-Sì, ci attacchi il tuo mp3, scegli la canzone che
si avvicina più al tuo stato d‟animo di quel
momento e poi vedrai che la magia avverrà!

-Ma dimmi, tu, queste cose, te le sogni di notte?


Oppure improvvisi?

-Va beh, non credermi.

-Tu sei matto!

-Ricordati che ogni volta che qualcuno nel


mondo dice di non credere nelle fate, una fata da
qualche parte cade e muore.

-E muore. A parte che non ho ancora capito


cosa c‟entrano le fate con la radio, comunque tu
cerca di guardare meno Colorado Cafè e
soprattutto stai attento a te, piuttosto, che uno di
questi giorni ti si scoppia il cervello a pensare a
tutte queste cagate!

-Sì, chiamale pure cagate.

-E come dovrei chiamarle?

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Va beh, se un giorno almeno ci provassi a


credere in qualcosa che ti hanno detto che non è
vero, forse quel giorno, quel giorno non sarai più
cieca.

-Fammi vedere i copri sedili che hai preso, dai!


Mannaggia a te e ai tuoi castelli!

I copri sedile erano arancione con delle strisce


blu ai lati.

Fuori il sole se ne stava andando via lasciando


spazio come un gentiluomo alla notte.

Salutai Luca e salii nella mia “Ford Fiesta


Arancione Fosforescente”. Quasi quasi era più
veloce chiamarla ford fiesta rossa.

Accesi l‟autoradio nuova. Di diverso c‟era che


andava solo con chiavette usb riempite di canzoni.
Niente cd. Luca aveva anche pensato a tutto:
nell‟autoradio non c‟era la radio. Sapeva che io

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non l‟ascoltavo mai. Quindi diciamo che più che
autoradio si poteva chiamare “automp3”!

Le luci, la strada. Guidare di sera mi trasmette


una certa tranquillità, ma allo stesso tempo le luci
anabbaglianti non riescono ad illuminare mai bene
il buio e percepisco sempre una certa paura che sta
agli angoli della strada.

La solitudine della sera.

Macchine che ritornano a casa. Macchine


stanche che non vanno poi così tanto veloci. E
quei fanali, quei fanali che ti bruciano gli occhi e
allora vai a cercare conforto nel buio, in quella
striscia bianca al lato destro della corsia che ti
riporta sempre a casa.

-Buuh

-Ma vai a quel paese tu e il tuo Buuh! Che colpo!


mi fai morire!

-Ahahah! Allora sei pronta per domani sera?

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Ah, non penso ad altro da tutto il giorno.

-Hai deciso come ti vestirai?

-Allora, jeans quelli neri, poi maglia verde


smeraldo, la collana nera, la cintura verde e le
scarpe all star verdi. Che ne dici?

-Perfetta!

-Che stai facendo di bello?

-Mah, niente di particolare, una zuppa ai carciofi


della star

-Oh, bene ho una fame.

-Mangiati una fiesta.

Le feci il dito medio.

Brava non lo era poi così tanto a fare da


mangiare, quando andava a fare la spesa, lei
prendeva sempre i cibi precotti. Diceva che aveva
sempre fame, ma alla fine non trovava mai tempo
per farsi qualcosa di buono e di genuino.

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Mia sorella venne ad abitare da me perché la
casa dei miei era troppo piccola e poi ci sentivamo
più libere in quell‟appartamento da sole, senza
nessuno che ti diceva cosa fare, quando mangiare,
quando ritornare.

Aveva promesso che avrebbe passato gli anni


obbligatori di scuola senza fare la scema e, a dire il
vero, la promessa la stava mantenendo.

Era diventata molto più responsabile e


autonoma da quando era venuta ad abitare lì da
me.

-Allora la macchina? Che ha fatto Luca?

-Prova a guardare fuori, guarda cosa c‟è


parcheggiato qui sotto.

-Cosa c‟è?

-Guarda, guarda che roba.

-Oh, Gesù santissimo.

-Luca è.

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Ma è proprio fuori!

-No, è daltonico! Sai cosa mi ha detto? Che così


quando passerò vedranno tutti quanto sono bella.

-Non la smetterà mai.

-No, uff. Però è sempre gentile, mi ha regalato


un‟autoradio nuova, anzi, come l‟ho chiamata io,
un‟automp3!

-E che cavolo sarebbe?

-Beh, niente di straordinario, si ascoltano solo gli


mp3.

-Figo!

-Allora è pronta questa zuppa?

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

II

Notte.
La sveglia che ticchetta sul comodino, fa più
rumore lei che i rumori della notte.

Il sonno quella notte non c‟era.

Un giorno mi dissero che è adrenalina.


Adrenalina che ti scivola nel sangue e che scorre
scorre e che non ti fa chiudere gli occhi, ma il
corpo lo vuole, vuole quel riposo. Ha camminato
tutto il giorno e ora lo esige, ma niente
quell‟adrenalina nel sangue ti grida in testa
immagini su immagini. Urla, urla l‟adrenalina in

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testa. Blu, nero, bianco. Linee nere, macchie
bianche. Volti, eccitazioni, sconforto, ansia,
sempre l‟ansia. Ti volti e ti rivolti nel letto. Ti
fanno male le gambe, le braccia. Stringi il cuscino
e fai grandi respiri. Si cerca di non pensare, ma le
immagini nella testa scivolano, girano come cicloni
e solo loro decidono quando sarà il momento di
dormire, solo loro spegneranno l‟interruttore .

Sono nel giorno, il giorno che aspettavo. Lo


sento nell‟aria ci sono, è buio, ma c‟è è qui e io ci
sono dentro fino ai capelli.

Ore, tic tac, tic tac, passano lente e piano piano


si fa chiaro. L‟adrenalina, gli occhi aperti e chiusi
nel buio.

Sarà di nuovo davanti ai miei occhi, mi vedrà e


mi saluterà da lontano. Mi guarderà e tutto si
fermerà, tutto sarà come se fosse la prima volta.
Ogni volta, ogni volta è sempre la prima.
Agitazione, desiderio, imbarazzo. Ogni volta un
diamante da portare a casa.

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Voglio le tasche piene dei suoi diamanti, per


prenderli in mano e guardarli quando non c‟è. Da
stringerli al petto, baciarli e poi essere felice
mentre li guardo.

I suoi diamanti, insaziabile si diventa.

-Buuh

-Che? Uh, accidenti a te, ma cosa ti succede in


questi giorni? –era mia sorella che mi svegliava
con delicatezza sorellesca.

-Dai su, su, che dobbiamo prepararci


psicologicamente che stasera sarà il grande
momento.

-Dio come sono agitata! Però tu bella, devi


andare a scuola! E non soffiare in quel modo, dai,
che oggi non hai molto da fare

-Oggi ho due ore di educazione fisica alle prime


due ore. Non ho voglia di giocare per due ore di

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fila a pallavolo, non ne sono capace è inutile e poi
ho sonno. Io non la faccio.

-Tu la fai! Fa contento il professore. Povero. Lo


farai felice, credi a me. Dai che ti manca poco e
poi sarai in vacanza.

-Va beh, io la faccio, ma solo per correre dietro


a quel gran figone di Gianmarco, con quelle belle
gambe da calciature e quel culetto scolpito.

-Culetto scolpito, eh? Va beh, fa quello che vuoi,


basta che la fai. Ora muoviti, bevi questo succo
d‟arancia e fuori da questa casa, che mi stai
facendo agitare ancora di più.

Non era uno di quei concerti normali quello di


quella sera. Io e lei avevamo vinto un Meet&Greet
con la nostra band preferita: i Found. Lo avevamo
vinto con un contest che avevamo trovato nel loro
forum ufficiale nel web.

Il contest chiedeva di farsi una foto dove si


imitavano i proprio beniamini. Io mi ero travestita

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

da Gabriele, il cantante, che poi era quello che


adoravo della band e mia sorella da Alberto,
chitarrista, che, ovviamente, era quello che piaceva
a lei.

Li avevamo imitati così bene nella foto che


eravamo riuscite a vincere il concorso.

Il Meet&Greet, cioè un incontro con la band a


faccia a faccia, dove si poteva parlare con i
membri della band, farsi fare gli autografi e fare
anche foto ricordo. Ovviamente le foto ricordo
vengono sempre male, perché si ha sempre una
faccia assatanata. Insomma non capita tutti i giorni
di abbracciarsi a quello che pensi ad ogni ora del
giorno e quando si fa la foto si vede benissimo
cosa passa nella testa: tutto, niente, è vero! Dio è
troppo figooo!

Quando si va ad un Meet&Greet si è sempre


sicuri che da quel giorno in poi si ricorderanno di
te. Almeno si crede.

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Ma in realtà non va proprio così.

Ma illudersi un po‟, dai, non è che faccia così


tanto male.

Il tempo camminava lento quel giorno, non


avevo da fare nulla. Guardavo l‟orologio ogni
cinque minuti.

Sistemavo un milione di volte i vestiti sul letto,


le scarpe. Li guardavo.

Mi avrebbe trovato bella? Pensavo.

Ero andata in quel negozio a sceglierli pensando


a cosa avrebbe pensato lui quando mi avrebbe
vista.

I vestiti, è più bello sceglierli pensando a


qualcuno. Farsi belle per qualcuno ha tutto un
altro gusto che farsi belle solo per sé. Che poi
sono sicura che nessuno si fa bello per sé, in
fondo ogni volta si pensa sempre a cosa
penseranno gli altri. Dipendiamo molto dal
giudizio esterno e da una parte è una cosa buona

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

perché ci aiuta a migliorarci, a non essere del tutto


delle persone ottuse, però, dall‟altra, la dipendenza
diventa anche frutto di insicurezza, ci si preoccupa
troppo e si perde il vero senso delle cose. Farsi
belle per sé ogni tanto non fa di certo male per la
propria autostima, ma se si è innamorate di
qualcuno, si pensa sempre prima al proprio amato
o alla propria amata, perché questo vale anche per
il sesso opposto, loro non sono da meno.

“Gli uomini e le donne sono uguali” canta


Cesare Cremonini, certo, non ha tutti i torti.

Le scarpe verdi. Verde speranza. Sono sempre


stata attenta ai colori. Le avevo scelte proprio per
il detto “verde speranza”. Speravo a non so che
cosa. Alla realizzazione del mio sogno.

Ma che sogno poi? Il sogno che Gabriele, il


cantante dei Found, si innamorasse di me. Io, che
ero solo una tra tutte quelle ragazzine che lo
sognavano, che non avevo nulla di speciale.

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Gabriele così lontano eppure sempre vicino al
cuore, ogni giorno, ogni secondo.

Più lontana è una persona e più si vuole


stringerla forte a sé, si cerca di tenerla viva nella
propria mente. Si riesce quasi a farla vivere vicino
a sé, diventa un convivente.

“Ho capito che ci portiamo dentro chi non


riusciamo ad avere accanto” dice Agliardi. È così,
è così.

Gabriele era tutto. Gabriele non se ne andava


mai dai miei pensieri.

Avevo paura che se ne andasse. Che un giorno


mi sarei svegliata e che me lo fossi dimenticata o
che lui sarebbe sparito dalle scene e io non lo avrei
più rivisto nemmeno sulle riviste colorate.

Ma tutto di me mi impediva di pensare a ciò.


Respiravo attraverso Gabriele e la vita senza
ossigeno, cos‟è la vita senza ossigeno?

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Comunque, quella sera lo avrei rivisto e dentro


di me stavo scoppiando dall‟ansia e dalla felicità di
poterlo toccare con le mie mani.

-Hai finito? Esci immediatamente da quel


bagno. DAI!

-Ho quasi finito aspetta un minuto.

Mia sorella ci stava delle ore in bagno


soprattutto quando dovevamo uscire, ma quello
che mi faceva più imbestialire era che ci andava
sempre all‟ultimo minuto e spesso si arrivava
sempre in ritardo.

-Sbrigati che devo ancora truccarmi! È un‟ora


che sei lì dentro! MUOVITI!

-Uh, che impaziente che sei. Eccomi uscita. Sei


contenta?

-Seee, un‟ora di orologio ci sei stata. Ho


controllato!

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-Pure!

-Sì, pure.

-Dai, ora muoviti tu.

-Stasera deve andare tutto bene, tutto tutto


bene. Devo essere bella. La più bella di tutte!
Gabriele mi deve vedere e si deve ricordare di me.

-Gabriele, Gabriele.

-Che sfotti? E tu? Alberto.

-Oh, Alberto non si tocca! Sono stata chiara?


Vuoi botte?

-Allora non si tocca neanche Gabriele, lui è mio!

-Sì, dai tuo. Sbrigati!

-Io faccio sempre in fretta, sei tu che vai lenta


come una lumaca.

-Ma va‟…

-Che succede?

-Nooo, è saltata la corrente!

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

-E ora che faccio? Oddio, non so neanche dove


ho messo le chiavi della mia fiesta.

-Andiamo bene.

-Mi sta venendo male!

-Ci manca che sviene ora.

-Ma ti rendi conto che se non ritorna la luce, ci


tocca stare qui e salta il meet&greet?

-Oh, tu sempre a fare la tragica.

-Tragica de che? È già tardi. Dio mio, dio mio


aiutaci tu.

-Stai calma. Fai un bel respiro.

-Calma de che? No, ma no perché tutte a me?


Sono una sfigata.

Quella sera saltò il meet&greet. Le chiavi della


fiesta erano sotto al cuscino del divano.
Riuscimmo ad arrivare al concerto appena in
tempo che iniziasse. L‟unica nota positiva di quella

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sera fu che riuscimmo ad arrivare lo stesso in
prima fila.

La prima fila è importante. I Found guardavano


spesso la prima fila mentre cantavano e suonavano
e molte volte, durante i concerti, si ricordavano di
alcune facce e ringraziavano le persone che li
seguivano in tutte le tappe del tour, ma soprattutto
guardavano dritto negli occhi di chi stava lì
attaccata alla transenna, quando suonavano e
cantavano. Gabriele a volte faceva anche salire sul
palco una fan per cantare con lui.

Era uno dei miei sogni salire su quel palco e


cantare con lui una delle mie canzoni preferite (la
mia incapacità a cantare era un dettaglio
trascurabile) e stringerlo forte mentre mi dedicava
quella canzone.

Stretta a lui mentre urlava al mondo il nostro


amore, il nostro amore eterno. Il destino ci aveva
uniti e su quel palco lo mostravamo a tutti. La

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

nostra favola, la nostra storia, il nostro amore


infinito.

No, non fu neanche quella la sera della grande


occasione. Quella sera però mi sembrò che
Gabriele mi avesse vista e riconosciuta tra tutta
quella gente. Per un momento mi sembrò che mi
avesse guardata dritta negli occhi due o tre volte
mentre cantava e mentre parlava.

In quei momenti non respiravo, il tempo si


fermava ed esisteva solo l‟incontro dei nostri
sguardi: il suo sensualissimo e il mio
pescelessissimo.

Ma non ci potevo credere, non volevo credere


che avevo perso il meet&greet quella sera. Io
quella sera dovevo incontrarli, dovevo incontrare
Gabriele ed essere certa che si sarebbe ricordato di
me per sempre e che magari capisse che io ero la
sua anima gemella.

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Finito il concerto ci dirigemmo alla mia bella
fiesta arancione fosforescente.

Per paura di arrivare in ritardo al concerto,


l‟avevo parcheggiata vicino ad un passo carrabile,
per fortuna era sera e i vigili erano tutti a nanna.

Salimmo in macchina. Insoddisfatte, deluse.

Accesi l‟automp3 con la mia canzone preferita


dei Found, adattissima per quel momento, e lì
successe una cosa stranissima: il tempo, il tempo si
fermò!

No, non sto scherzando. Come l‟ho capito?


L‟orologio della mia automp3 si era fermato alle
23:23. per un po‟ pensai che l‟automp3 si fosse
rotta , ma poi guardai l‟orologio che avevo al
polso: le 23:23. Quello del cellulare. Quello del
cellulare di mia sorella.

Le 23:23.

L‟ora doppia.

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Un giorno una mia compagna di classe mi disse


che quando c‟è l‟ora doppia, cioè quando l‟ora e i
minuti hanno lo stesso numero, si dove esprimere
un desiderio. Io le risposi che ci avrei creduto solo
quando avrei visto un asino volare sopra piazza
Maggiore. Lei mi disse che lo faceva sempre, “non
si sa mai” diceva.

“Non si sa mai”.

Le 23:23. Tutti gli orologi in quella macchina


erano bloccati a quell‟ora.

Guardai anche fuori dal finestrino e c‟era un


orologio digitale, di quelli con i numerini rossi che
segnano anche i gradi: le 23:23.

Aspettammo un po‟, ma nessun orologio voleva


scattare al minuto 24.

Nell‟aria si sentiva qualcosa di strano.

Io e mia sorella ci guardavamo in silenzio.

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All‟improvviso sentimmo delle voci. Voci di un
gruppo di ragazzi che parlavano e ridevano.

Mia sorella guardò nello specchietto retrovisore


destro.

-Oddio sono loro. – spezzando il silenzio con


un gridolino tipico da fan.

-Loro chi?

-I Found, i Found! Oh, mio dio c‟è Alberto.


Guarda. – e indicava lo specchietto con il dito.

-Cosa?

Guardai nello specchietto retrovisore dalla mia


parte. Erano loro. E r a n o l o r o.

-Che facciamo? -dissi a mia sorella.

-Come cosa facciamo? Sei scema? Scendiamo,


dai. È la nostra occasione!

La nostra occasione, era la nostra occasione.


Meglio del Meet&Greet, meglio di tutto. Stavo
vivendo un sogno.

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Scendemmo dalla macchina e li salutammo.

Ci trovammo a passeggiare e a chiacchierare con


loro per le vie del centro di Bologna.

Gabriele, Dio, Gabriele quanto era bello.


Quante volte avevo baciato e strabaciato il suo
poster e in quel momento ce lo avevo lì, proprio
lì,accanto a me, al mio fianco e mia sorella, quanto
era felice, aveva gli occhi che brillavano mentre
ascoltava Alberto che parlava.

Entrammo nel locale in via Zamboni n.1.


Bologna non sapeva nulla. Bologna è sempre stata
semplice, la tv non è mai stata così importante e la
musica non ha immagini e volti, ma solo
emozioni.

Alcuni, mi sembrò, che alzarono gli occhi


quando entrammo nel locale con quelle luci
soffuse, ma dopo pochi secondi ritornarono a
continuare quello che stavano facendo. Di sicuro

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ci vedevano come il classico gruppo di amici che
voleva passare la serata in un locale.

Là, nell'angolo, c'erano sei posti solo per noi,


sembrava il tavolo perfetto per passare quella
notte, una notte senza pensieri, con la leggerezza
nel cuore.

C‟era un orologio grandissimo dentro al locale in


legno e segnava esattamente le 23:23. Anche il mio
era ancora fermo. Ascoltavo Gabriele, la sua voce
e 23:23 o non 23:23 per me il tempo si sarebbe
fermato ugualmente.

Sembrava che ci conoscessimo da anni io e mia


sorella e i Found, che non fosse stata la prima
volta che entravamo in un locale assieme.

Mi sembrava di vivere in un film.

All‟improvviso mi venne un‟idea, se non lo


facevo in quel momento non lo avrei mai più fatto
e lo avrei rimpianto per tutta la vita.

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Presi per mano Gabriele che era seduto accanto


a me (lo avevo sognato di fare un‟ infinità di volte)
e lo trascinai fuori dal locale, nei suoi occhi
leggevo incomprensione, ma dal suo sorriso
capivo che era mio complice.

Mia sorella mi guardò sorpresa quando mi vide


alzarmi con lui dal tavolo, ma poi mi sorrise e capì
e ritornò a parlare con Alberto.

Oh, sì, c‟era anche il bassista Daniele e il


batterista Stefano, ma con molta franchezza era
come se non ci fossero per noi due.

Bologna era perfetta. Bologna doveva essere


quella giusta! Il mio braccio avvolgeva
dolcemente la sua schiena e il suo faceva lo stesso
con me, potevo finalmente rilassarmi e non avere
più nessun dubbio su ciò che pensava di me. Il
nostro passo era lento. Nessuna fretta. Solo la
voglia di stare insieme e assaporare quella
sensazione di benessere e libertà. Quante volte

47
avevo percorso quelle strade, quei portici da sola.
Da quella notte tutto sarebbe cambiato: quella
città avrebbe conservato per sempre quel giorno,
quei piccoli istanti.

Lui guardava avanti e mi raccontava un sacco di


cose del suo passato, le sue piccole paure e i suoi
dubbi, io ascoltavo in silenzio cullandomi alla
melodia unica della sua voce così giovane, ma che
nascondeva un uomo fantastico dentro di sè.

Le persone che passeggiavano erano diventate


solo delle comparse che rendevano tutto perfetto.
Un film, era proprio un film.

Le torri degli asinelli illuminate. Non pensavo


fossero così belle, le avevo viste sempre di sfuggita
mentre andavo a cercare di dare un senso alla mia
vita in quella scuola..

Ci sedemmo su quella panchina, i suoi occhi


erano così vicini, potevo finalmente perdermici

48
Selvaggia Joyce Ritorno a te

senza provare nessuna paura, senza pensare che


sarebbe tutto finito.

Le sue labbra divennero così irresistibili e in un


attimo mi trovai a baciarle.

Ecco cos'era l'Amore del quale tutti parlavano!


Ne era valsa la pena di nascere e vivere tutti quei
giorni per raggiungere proprio quel momento, per
conoscere il vero scopo della vita. Non avevo
capito fino in fondo quello che parlava Cremonini
fino a quel momento nelle sue canzoni.

Era lui! Il suo nome nascondeva il segreto ed era


ormai diventato tutto chiaro, mi aveva liberata, ma
nello stesso tempo aveva legato il mio respiro al
suo. Se lui un giorno avrebbe deciso di andarsene,
io lo avrei seguito. Niente avrebbe avuto senso
senza di lui, tutto sarebbe diventato così
insopportabile.

Una paura fortissima fermò tutti i miei pensieri.

49
Luca. L‟automp3.

-Questa autoradio ferma il tempo!

-Seee,certo.

-Sì, ci attacchi il tuo mp3, scegli la canzone che


si avvicina più al tuo stato d‟animo di quel
momento e poi vedrai che la magia avverrà!

Guardai l‟orologio, erano ancora le 23:23.

Presi il suo polso, anche il suo faceva le 23:23.

Non era possibile.

Quando ero salita in macchina avevo ascoltato


quella canzone che ascoltavo sempre quando ero
triste e volevo incontrarlo.

Si era avverato tutto, ma…ma Luca non mi


aveva detto come si avrebbe fatto a far sbloccare il
tempo.

Cosa sarebbe successo poi?

50
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Era tutto un imbroglio, era stata tutto un


imbroglio.

-Gabriele, devo andare. –gli dissi senza


guardarlo negli occhi.

-Perché?

-Oh, amore mio, devo andare, devo, tu


ricordami, ricordami per sempre. Ti amo Gabriele.
Non dimenticarlo mai. –gli avevo preso il viso tra
le mani e gli avevo stampato sulle labbra
quell‟ultimo bacio vero.

-Aspetta.

Corsi via, piangendo, lo lasciai lì su quella


panchina senza una vera spiegazione. Non capivo
più nulla neanche io.

Luca. Cavolo Luca sapeva.

Entrai nel locale dove avevo lasciato lei con


Alberto, Daniele e Stefano. Non si era neanche un

51
po‟ preoccupata del problema degli orologi. Stava
vivendo dentro al suo sogno e gli orologi nei sogni
non esistono.

Le dissi che dovevamo ritornare a casa subito.


Lei si rifiutò all‟inizio. La presi per mano e la
spinsi fuori dal locale. Mi odiava.

Salimmo in macchina.

Telefonai a Luca.

Luca doveva pur sapere qualcosa, era stato lui a


dirmi che quell‟ automp3 fermava il tempo.

L‟orologio segnava ancora le 23:23. Non avevo


ancora spiegato nulla a lei. Volevo sapere qualcosa
di più da Luca. Mi sembrava di essere una pazza:
credere che il tempo si era fermato. Proprio io che
credevo che tutte quelle cose raccontante fossero
solo qualcosa di inventato per far dormire i
bambini.

Il cellulare squillava. Luca non rispondeva.


Richiamai.

52
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Grazie al cielo dopo un po‟ rispose.

-Luca, Luca spiegami come funziona questa


autoradio.

-Devi collegare l‟mp3 e…

-Sì, Luca questo lo so, ma mi hai anche detto


che ferma il tempo! Luca, dimmi tutto quello che
sai. Ora, forse, ci credo.

-Ma come fai ad esserne sicura?

-Luca, tutti gli orologi sono fermi alle 23:23 e


non so da quanto tempo e poi pochi minuti fa ho
baciato Gabriele.

Mia sorella in quel momento si girò e mi guardò


con gli occhi sbarrati.

-Luca, come si fa a fermare tutto questo, ma


soprattutto cosa succederà quando il tempo
ritornerà a camminare? Non ricorderà niente,
vero? Sarà come se non fosse mai successo, vero?

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-Tesoro, senti, nel lato sinistro in basso
dell‟autoradio c‟è un bottoncino rosso. Lo vedi?

-Sì!

-Ok, se lo premi il tempo si sbloccherà.

-E cosa succederà poi?

-Eh, cosa succederà?! succederà che quello che


hai appena vissuto sarà come se non fosse mai
accaduto. Tu ricorderai. Lui no. Io non ricorderò
questa telefonata. Ricorda solo chi ha espresso il
desiderio o i desideri.

-Ho capito Luca, ho capito. Grazie Luca, grazie


comunque anche se da oggi in poi non sarò più la
stessa.

-Scusami, ma dovevi pur sapere che tutto è


possibile e che i desideri in qualche modo si
avverano.

-In qualche modo? Ti sembra un modo giusto


questo? Dai, rispondimi? Io voglio vivere la realtà,

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

voglio che il tempo scorri come è giusto che


faccia. Questo è un imbroglio Luca, uno sporco
imbroglio! Io il mio sogno non lo voglio vivere
per una o due ore, io lo voglio vivere per sempre,
per tutta la mia fottuta vita. Voglio che Gabriele
stia con me per sempre e questo lo voglio nella
realtà. Capito? Nella realtà, bella o brutta che sia.
Ora che me ne faccio di quello che mi è successo?
Che me ne faccio? Lui era solo una marionetta
mossa dai fili del mio desiderio. È stato un altro
stupido sogno. Almeno, almeno quelli notturni li
posso dimenticare di giorno. Questo invece,
questo invece è stato solo un pagliaccio, quei
pagliacci del circo che ti vengono davanti e
iniziano a fare la linguaccia e tu all‟inizio ridi, ma
poi, poi diventa tutto grottesco e inizi a piangere,
inizi a capire che quel pagliaccio non è lì per farti
ridere, che tutto è reale e indifferente alla tua
felicità.

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Luca, ciao, Luca e nonostante tutto, nonostante
tutto questo, ti ringrazio per avermi permesso di
averlo per un attimo tutto per me, anche se è stato
una mossa sbagliata, anche se per lui sono ancora
la stessa ragazzina che vede dietro ad una
transenna con la quale non avrà mai niente a che
fare. La verità è che Gabriele è destinato a
rimanere per sempre un sogno e io me lo devo
prima o poi dimenticare.

Lei guardava dritto davanti a sé. Uno sguardo


perso nel vuoto. Tratteneva le lacrime. Quello che
era successo a me, era successo anche a lei.
Stringeva tra le mani un bigliettino giallo. C‟era
scritto il numero di cellulare di Alberto. Lo
avrebbe dovuto strappare. Lo avrebbe dovuto
dimenticare. Se lo era già imparato a memoria,
povera piccola.

Feci un respiro e premetti il bottoncino rosso in


basso a sinistra.

23:24.

56
Selvaggia Joyce Ritorno a te

III

Cercavo distrazione nei giorno seguenti.

Cercavo di non pensare. Prendevo un libro, ma le


parole dopo un po' perdevano il loro significato e
diventavano solo una melodia lamentosa nella
testa. I pensieri si sovrapponevano alle righe ed
era così tutto inutile. Evitavo i film. I film che
prima di allora erano stati la mia vita, ora li evitavo
del tutto: realtà sognate che sembravano reali, ma
che poi al the end finiva la magia e tu ritornavi alla
realtà con i tuoi pensieri, con la tua solitudine, con
quell‟amore privo di vita.

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La notte era l'unica mia amica, chiudevo gli
occhi e tutto spariva. Potevo piangere senza
vergognarmi di nulla, il mio dolore poteva vivere
tra le sue braccia buie. C‟erano notti però che
quella sera viveva ancora dentro la mia mente. La
panchina, le due torri, il bacio, Gabriele. Non
riuscivo a chiudere occhio, non riuscivo ad
accettare che non fosse stato solo un sogno, che
qualche cosa lo avevo vissuto proprio sulla mia
pelle, sentito dentro fino in fondo, dentro alla
pancia, dentro al petto. Quel calore così vero e
quel respiro così leggero. Era la serenità. Era tutto
quello che avevo cercato fino a quel momento.
Era serenità finta. Era inganno. Era un giochino
che aveva creato un uomo per andare contro alla
natura di un mondo fatto alla perfezione. Un
diavolo che odiava ciò che aveva creato quel Dio
che ora non ascoltava le mie preghiere. Quel Dio
che maledivo per avermi fatto vivere quel giorno,
quel Dio a cui chiedevo spiegazione, il quale forse
pensava che ero felice dopo aver vissuto quella

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

sera. Anche Dio sbaglia? Ti ascolta, cerca di


esaudire quello che chiedi. A volte interpreta male
e le conseguenze poi ricadono sul tuo futuro. Poi
si volta e ascolta qualcun altro e tu non puoi più
chiedere nulla e aspettare soltanto che si volti
ancora dalla tua parte e sperare di esaudire al
meglio quella volta il desiderio.

Robbie Williams disse un giorno che “Bisogna


stare attenti a quello che si desidera perché si
potrebbe avverare”. Chissà se ero stata io a
chiedere tutto quello che mi era successo. Eppure
in testa il “Per sempre” c‟era sempre stato.

Erano già trascorse tre settimane da quella sera.


Un pomeriggio sentii suonare alla porta. Aprii ma
non c‟era nessuno. C‟era solo un giornale sullo
zerbino. In copertina c‟era la foto di ritorno al
futuro. Nei titoli c‟era scritto: un viaggio nell‟Hill
Valley di Ritorno al futuro.

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Lo presi e lo misi sul tavolo senza sfogliarlo.
Non avevo nessun interesse per nulla anche se
quel film era uno dei miei preferiti.

Quella notte non dormii, mi alzai per andare a


bere un bicchiere d‟acqua e ripresi in mano quel
giornale. “Viaggio nell‟Hill Valley di Ritorno al
futuro”, rilessi.

Senza pensarci troppo, andai in camera mia presi


la mia valigia, ci misi dentro qualche vestito, i miei
cd preferiti e un quaderno dove spesso scrivevo
qualcosa.

Salii in macchina e guidai verso l' aeroporto.


Dovevo andarmene da quella casa mi sentivo in
prigione. Dovevo vedere, vivere qualcosa di
nuovo, qualcosa che mi avrebbe potuto far
dimenticare lui.

All'aeroporto guardai le partenze. Forse era


proprio quello il momento di fare quel viaggio che
mi ero promessa di fare almeno una volta nella

60
Selvaggia Joyce Ritorno a te

vita: in quel paese totalmente diverso dal mio, un


paese magico dove sembrava di essere in un altro
mondo: l'America. California. Sì, sarei andata
proprio in quella città, quella città che avevo visto
un sacco di volte in quel film: Hill Valley. Chissà
se mi sarebbe sembrato di vivere in quel film per
davvero. Ci sarebbero state un sacco di cose da
vedere e mi avrebbe aiutata a cambiare, ma
soprattutto forse a dimenticare, mi avrebbe aiutata
a continuare a vivere. Lì nessuno mi avrebbe
trovata. Nel mondo e nascosta nel mondo.

Mi diressi verso la biglietteria. Un biglietto solo


andata. Non sapevo se sarei tornata, forse sarei
rimasta là per sempre. Non avevo proprio voglia
di pensare al ritorno, in fondo non ci sarebbe stato
nessuno ad aspettarmi, a sperare che sarei
ritornata a casa. A parte lei, ma lei sarebbe stata
con me ancora pochi anni poi si sarebbe fatta una
vita, come è giusto che fosse.

61
Salii in aereo con il cuore in gola, già mi era
venuto un po' di panico. Cavolo proprio io che
soffrivo di vertigini in un modo assurdo!

La ragazza della biglietteria mi aveva chiesto se


volevo il posto vicino al finestrino, grazie al cielo
soprapensiero avevo detto di no e che lo preferivo
vicino al corridoio.

Di fianco a me, in aereo, c'era un ragazzo


giapponese. Bel ragazzo! Dalla sua espressione
rilassata si capiva che non era la prima volta che
prendeva un aereo. Guardandolo mi tranquillizzai
un po'. Aveva le auricolari e a quanto pareva, stava
ascoltando delle canzoni in giapponese credo e
avevo l‟impressione che erano le sue preferite,
infatti, iniziò a cantare a bassa voce e a muovere le
mani, mi scappò un sorriso. Ecco! Era proprio
quello che volevo vivere, stupirmi della vita e
smetterla di crearmi problemi. Serenità e
tranquillità allo stato puro. Forse così sarei riuscita

62
Selvaggia Joyce Ritorno a te

veramente a guarire. Ma si può davvero guarire


dall'amore?

L'aereo iniziò a decollare. Le cinture erano


strette strette. Mi sembrava di essere sulle
montagne russe quelle di Mirabilandia. Chiusi gli
occhi e trattenei il fiato. Cercai con tutta me stessa
di non pensare a nulla. Ascoltavo il mio cantante
personale al mio fianco cantare, ormai era al top
del suo magnifico concerto. Mi sembrava di
percorrere il lungo acuto di un cantante.

All'improvviso tutto si ristabilizzò. Una voce


femminile all‟altoparlante disse di slacciare le
cinture di sicurezza e augurava di nuovo buon
viaggio.

Aprii gli occhi e vidi il mio vicino che mi


sorrideva.

63
Mi chiese in inglese se stavo bene. Gli risposi
con un sorriso. Poi lui continuò a cantare a bassa
voce guardando fuori dal finestrino.

Decisi di prendere il mio ipod, di ascoltare


anch'io un po‟ di musica e di riposare un pochino.
Avrei trascorso un sacco di ore su quello strano
mezzo di trasporto ed era meglio che mi distraessi
un pochino per non rendermi conto di dov'ero e
di che cosa stavo facendo.

Feci scorrere la mia playlist e decisi di


abbandonarmi alla musica di Cesare Cremonini,
alla sua voce così famigliare e rassicurante.
"Capirai che il cielo è bello perché, in fondo fa da
tetto a un mondo pieno di paure e lacrime. E
piangerai oh, altrocché, ma dopo un po‟ la vita ti
sembrerà più facile e così fragile, ricomincerai.”

Strani sogni: i suoi occhi che mi cercavano tra la


folla. Io che non riuscivo a raggiungerlo tra tutta
quella gente, era però così bello sapere che mi
stava cercando. Il suo sorriso quando mi vide che

64
Selvaggia Joyce Ritorno a te

stavo arrivando era magnifico. Poi però, poi non


lo vidi più. Mi girai e rigirai. Lo intravidi tra le
braccia di una ragazza, la stava baciando e mi
guardavano. Lacrime mi iniziarono a scorrere sulle
guance. Mi faceva male la gola. Provai a correre
via ma non ci riuscivo. Provai a urlare il suo nome.
Un sacco di gente attorno a me rideva, rideva. Io
mi lasciai cadere per terra, coprendomi le orecchie.
Urlai.

Mi svegliai di colpo, forse avevo urlato. Avevo le


guance bagnate, le asciugai subito con le mani. Mi
guardai un po' attorno, ma nessuno si era mosso.
Il mio vicino dormiva beato a bocca aperta. Feci
un lungo sospiro, era da quella sera che non
sognavo nulla e ora quel sogno. Significava
qualcosa? Stavo sbagliando ad andarmene così?
forse dovevo andare da lui e cercare di
raggiungerlo e di dirgli che lo amavo davvero, in
fondo sapevo dove abitava. Ma non era poi così

65
facile. Non stavo vivendo in un film, ma nella
realtà. E poi, poi ero quella ragazzina della
transenna.

Il Cantante aveva finito di cantare, decisi di


mettere via l'ipod.

Pensai a lei, non le avevo detto nulla della mia


partenza. Le avevo lasciato solo un biglietto sul
tavolo: "DEVO ANDARE LONTANO PER
SALVARMI, QUI NON RIESCO PIÙ A
VIVERE, TI DARÒ MIE NOTIZIE, TI
VOGLIO BENE".

Quella mattina lei stava ancora dormendo, ero


uscita in punta di piedi, lei non si era accorta di
nulla. Lei era sempre stata più forte di me, avrebbe
scordato quella sera con il tempo. Si sarebbe
innamorata ancora. Lei viveva nella realtà, riusciva
ad accettare quello che si può avere e quello no.
Io, invece, facevo ancora un sacco di confusione.
Realtà e finzione erano diventate la stessa cosa
nella mia testa. Si erano mescolate a tal punto da

66
Selvaggia Joyce Ritorno a te

rendere tutto così incomprensibile. Era da quello


che stavo scappando. La finzione, l‟imbroglio di
quella sera era diventato troppo vero, troppo
indispensabile per vivere. Dovevo andare lontano,
il più lontano possibile da Bologna per
dimenticare, per non sentire più quel bisogno così
forte che mi bruciava nel cuore. Una malattia?
come poteva essere una malattia amare quel
ragazzo?

Scesi dal taxi e mi ritrovai davanti agli occhi HILL


VALLEY.

Me ne rimasi un po‟ a bocca aperta a


contemplarla. Dio se era magnifica!

Decisi di andare alla ricerca di un hotel dove


alloggiare. Avevo solo un bagaglio a mano non
molto pesante e quindi riuscivo tranquillamente a
muovermi per la città senza fatica.

67
Cercai di ricordare quel film, c'erano per caso
degli hotel in quella città? Magari ne avevano
costruiti di nuovi, infondo quel film era stato
girato più di 25 anni prima! E, infatti, proprio
vicino a quel bar: il "Caffè 80", c'era un hotel: il
Mcfly Hotel. Mi sfuggì un sorriso quando lessi il
nome. Prima, però, di entrare nell'hotel e vedere
se c'era una camera libera per me, dovevo
assolutamente entrare in quel bar e ordinare una
Pepsi!!

Sembrerà strano, ma ero emozionata. Cavolo lo


avevo visto fare un sacco di volte da Marty Mcfly
nel film e in quel momento mi sembrava di essere
lui. Mi mancava soltanto il cappellino multicolor,
le nike con gli autolacci e il giubbetto
autoregolatore, ma, una cosa ne ero certa, quella
frase che diceva Marty la conoscevo perfettamente
a memoria.

"Una Pepsi perfetta".

68
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Aprii la porta, era tutto come in quel film: c'era


il videogioco "Wild Gunman", c'erano i vari
monitor sul banco, però a differenza del film
erano lì solo per dare un tocco futuristico al locale,
in realtà c'era della gente vera dietro al bancone
che prendeva le ordinazioni.

Mi avvicinai piano al banco e pronunciai quella


frase: "Una Pepsi, grazie!". Mi sa che mai nessuno
aveva ordinato una Pepsi con quel sorriso. Avrei
potuto anche ordinare una Fanta, però di sicuro
non mi avrebbero mai risposto "Fanta che? Vuoi
della fantascienza da bere?" No, avrei chiesto
troppo.

Che poi un giorno ero andata a cercare il


significato di quella parola su google. E c‟era
scritto:

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Per P.e.p.s.i si intende:

P: come positivo, in quanto i desideri, i sogni devono


essere formulati e pensati in modo positivo, con la mente
rivolta alla positività ed alla reale fattibilità dei propri sogni;

e: come energia, dato che i sogni e i propri pensieri,


devono essere supportati dalla necessaria forza del proprio
essere, non basta il pensiero da solo;

p: come presente, dato che bisogna affrontare un


obbiettivo alla volta, cioè adesso, in questo momento, bisogna
concentrarsi su un unico obbiettivo e solo dopo che questo è
stato raggiunto ci si può concentrare su un nuovo sogno;
pena non realizzare niente!

s: come sensi, dato che tutti e cinque i nostri sensi


devono essere concentrati sui nostri obbiettivi;

i: come immaginazione, dato che è proprio il potere della


mente che consente di raggiungere tramite il pensiero la
realizzazione dei propri obbiettivi, dei propri sogni.

Presi in mano la mia amata Pepsi e uscii dal


Caffè 80.

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

Allora avevo appena realizzato un sogno quindi


Positività: c‟era. Energia: sì anche. Presente:
presente. Sensi: eccerto! Immaginazione: beh, più
o meno, sì, avevo immaginato di essere Marty.
Bene Pepsi c‟era!

Mi sentivo un po' stanca, in fondo avevo fatto


dieci ore di aereo, anche se avevo dormito un bel
po' di ore durante il viaggio. Decisi, quindi, di
andare al Mcfly Hotel e di prendere una camera.
Mi diedero la stanza numero 1004. Appoggiai la
valigia sul letto, e poi andai a fare una doccia
rilassante, uscita dal bagno mi distesi un po' sul
letto e chiusi gli occhi.

C'erano tante luci colorate, ma nello stesso


momento erano suffuse, non si riusciva a vedere
bene, sembrava fossi dentro a un locale, anzi una
discoteca. Sentivo una musica assordante.
Camminavo senza una meta precisa tra tutta quella
gente che ondeggiava senza seguire un ritmo

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preciso. Stavo cercando qualcosa o qualcuno, ma
non ne ero sicura. Un bancone del bar. Qualcuno
era seduto su uno sgabello di profilo e tra le mani
aveva una birra corona, non riuscivo a vederlo
bene in viso, stava parlando con qualcuno. Mi
avvicinai piano piano, ero convinta di conoscere
quel viso e mi sembrava che fosse lui. Provai a
chiamarlo. Si girò e mi vide, ma poi un sacco di
persone mi passarono davanti, io cercavo di
superarle, ma non ci riuscivo. Quando tutte
furono passate, lui non c‟era più, mi girai, mi
guardai attorno se c‟era, se riuscivo a vederlo. Non
c‟era più. La musica era più alta, sempre più
fastidiosa, caddi per terra in ginocchio, mi tappai
le orecchie, provavo a gridare, ma non ci riuscivo.

Mi svegliai. Mi guardai attorno e feci un sospiro


di sollievo, mi alzai dal letto e guardai fuori dalla
finestra. Si era fatto buio.

Bologna era lontana. Bologna forse mi mancava.


Eppure non era servito poi a molto andarsene. Lui

72
Selvaggia Joyce Ritorno a te

era sempre lì dentro alla mia testa come lo era a


Bologna. A cosa era servito andarsene? In ogni
posto del mondo lui sarebbe stato lì con me anche
senza la sua reale presenza.

Belle le stelle. Visto, che si vedono anche in


America le stelle? Dicevano che c‟erano troppe
luci e grattacieli per vederle, ma l‟America è
grande, l‟America è bella. L‟America da Bologna la
vedevo lontana, lontana come quei puntini
luminosi nella notte quando si pensa che una cosa
così bella non può fare mai del male. Hill Valley
mi avrebbe fatto solo del bene.

Ora dall‟America guardavo il cielo e cercavo


Bologna. Bologna la mia città, Bologna la mia vita,
Bologna che mi aveva regalato il più grande
sogno, ma poi aveva fatto cadere la scenografia e
mi aveva mostrato l‟inganno. Bologna come
l‟America. Si erano scambiate di posto, Bologna

73
era diventata lontana come quelle stelle, come
l‟America a Bologna.

Bologna. Bologna. Bologna è vera e non ha


nessuna scenografia da far cadere e in realtà non
mi ha mai fatto del male. Lei in realtà mi ha
protetta da qualcosa. Mi ha sempre insegnato
qualcosa.

Gabriele come si chiama questo gioco in cui sto


vivendo, in cui anche tu stai vivendo? Chissà se
non tutto nei tuoi ricordi si è cancellato, forse se
mi vedrai ti sembrerà che qualcosa tra me e te è
successo veramente e allora forse quella magia sarà
servita a portarti sulla strada giusta, a portarti da
me.

74
Selvaggia Joyce Ritorno a te

IV

Erano già le 10, i raggi del sole entravano dalla


finestra rendendo il risveglio un po‟ fastidioso.

Cosa avrei fatto quel giorno? Non avevo nessun


piano, avevo sognato di andare in quella città solo
per assicurarmi che era vera e non solo una
finzione, ero stanca delle finzioni che
circondavano la mia vita, lui era stato una finzione,
una finzione che si era fatta troppo vera, una
finzione che era diventata troppo indispensabile
per la vita e una vera e propria droga.

La Torre dell‟Orologio. Cavolo! La torre


dell‟orologio, non ero ancora andata a vederla da

75
vicino. Chissà se era vero che fu colpita da un
fulmine nel 1955. Lo avrei scoperto quella
mattina, se l‟orologio funzionava allora non era
vero se non funzionava allora…

Ad Hill Valley c‟era una atmosfera bellissima


quella mattina, mi sembrava proprio di essere
dentro a quel film.

Pick up e macchine d‟epoca scorrevano sulle


strade asfaltate, non c‟erano molte persone che
camminavano, erano quasi tutte dentro ai bar o
nei negozi. Vidi anche la scuola di ginnastica
artistica che si vedeva nel film, quando Marty era
attaccato alla macchina e scivolava sul suo
skatebord e salutava le ragazze. Mi fermai e scattai
una foto.

La torre dell‟orologio non doveva essere molto


lontana e infatti guardai alla mia sinistra e la vidi.
Così bianca, grande, famigliare e quell‟orologio.
Beh, funzionava. Non era vero allora la storia del
fulmine. Però, però forse ero tornata indietro nel

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Selvaggia Joyce Ritorno a te

tempo esattamente all‟anno 1955. Mi scappò un


sorriso a quel pensiero, eppure dopo tutto quello
che mi era successo, non avrei stentato di credere
che ero ritornata indietro nel tempo. Ormai mi
aspettavo di tutto.

Stavo guardando a testa in su l‟orologio


quando all‟improvviso mi si avvicinò qualcuno, mi
salutò e poi si mise in contemplazione come me
della torre. Io salutai, ma continuai a guardare
l‟orologio. Avevo occhi solo per quello.

-E pensare che l‟ho vista un milione di volte in


quel film e a vederla ora dal vivo non mi fa nessun
effetto, sembra quasi che l‟ abbia vista da sempre-
poi disse “Arrivederci” e se ne andò.

Lo guardai allontanarsi. Strano tipo. Aveva una


coppola. Boh,mi ricordava qualcuno da dietro.

Riguardai la torre e pensai che aveva ragione,


quel orologio in effetti non mi aveva trasmesso

77
nessuna sorpresa era solo la conferma che esisteva
nella realtà e niente di più.

All‟improvviso risuonò il primo rintocco delle


12. In effetti era ora di andare a mangiare un
boccone, anche il mio pancino aveva iniziato a
dare i suoi rintocchi.

Decisi di andare a mangiare qualcosa al Caffè 80.


Mi sedetti in uno di quei tavoli bianchi. Dopo
poco mi si avvicinò un cameriere con il menù. Più
o meno sapevo già cosa ordinare: un sandwich e
ovviamente la Pepsi. Ordinai e lui ringraziò e se ne
andò.

Mentre aspettavo presi in mano il giornale. Lo


aprii sulla pagina dello spettacolo e vidi una foto
gigantesca di un ragazzo. Oddio, no, no era lui.
Gabriele. Gabriele con quel bel sorriso che ogni
volta mi faceva sciogliere anche la punta dei
capelli. Affianco alla foto c‟era un lungo articolo
che diceva che sarebbe venuto a Hill Valley a
promuovere il suo nuovo album e a fare un

78
Selvaggia Joyce Ritorno a te

concerto esattamente il venerdì sera di quella


settimana. Venerdì sera. Era Lunedì. Non ci
potevo credere

Chiusi di scatto il giornale e rimasi a fissare un


punto vuoto davanti a me sconvolta, non sapevo
se essere felice o mettermi a piangere. Ero fuggita
per cercare di dimenticarlo, pensavo che Hill
Valley mi avrebbe fatto dimenticare tutto, mi
avrebbe nascosta dalla sua realtà e avrei trovato
una ragione per continuare a vivere la mia vita. Il
cameriere mi servì il sandwich al prosciutto che
avevo ordinato e la Pepsi , ma mi si era chiuso
completamente lo stomaco, diedi due sorsi alla
Pepsi, poi mi alzai, pagai e uscii dal Caffè 80.

Dovevo andare via da Hill Valley! Al più presto!

E pensare che due mesi prima cercavo di


incontrarlo il più spesso possibile, ore e ore in
macchina verso città sconosciute per incontrare
per un istante solo ancora una volta i suoi occhi. E

79
ora? Ora, ora era così buffo: mi ritrovavo a
scappare da lui.

Ma dove sarei andata? Uscita dal locale rimasi un


attimo ferma dando le spalle al locale, mi guardai
attorno: macchine e persone che andavano e
venivano. Sembrava un‟immagine, qualcosa che
non esisteva realmente, sentivo il vuoto che mi
imprigionava, la solitudine. Una delle sue canzoni
mi risuonava nella testa. Sarebbe ritornato. Iniziai
a camminare con lo sguardo rivolto in giù, con
una morsa nel petto che stringeva più forte che
poteva. Avevo quella voglia di liberarmi. Mi
sembrava di essere in trappola. Iniziai a correre.
Corsi verso l‟hotel. Dovevo assolutamente
andarmene.

In camera senza pensarci presi la valigia e rimisi


tutto ciò che avevo portato, ma poi mi fermai, non
sapevo più che fare, qualcosa dentro me mi
impediva di andarmene da quella città, anzi
credeva in un destino, teneva in piedi quella

80
Selvaggia Joyce Ritorno a te

speranza che era nata il primo giorno che avevo


incontrato i suoi occhi. Mi sedetti sul letto con la
testa tra le mani. Mi dissi che se sarei andata a quel
concerto non sarebbe successo nulla, lui non mi
avrebbe riconosciuta e non si sarebbe ricordato di
quella sera a Bologna, la magia quella sera aveva
cancellato ogni singolo momento che avevamo
vissuto insieme. Sì , mi sarei fatta di nuovo del
male vedendolo, ma avrebbe fatto solo male a me
e a nessun altro.

Sarebbe stata l‟ultima volta, un addio,


un‟immagine che avrei tenuto con me dentro la
mia testa per sempre. Un addio per sempre a
Gabriele.

Entrai in bagno, mi guardai allo specchio, presi


senza pensarci in mano la forbice e iniziai a
tagliarmi i capelli, forse poi mi sarei sentita meglio.
Stavo quasi per vivere un deja vù.

81
Circa un anno prima avevo fatto la stessa cosa,
solo che quel giorno avevo scoperto che non
l‟avrei rivisto e non sapevo quanto tempo sarebbe
passato prima che lo avessi di nuovo incontrato,
quindi disperata presi in mano il rasoio e mi rasai a
zero la nuca. Non so perché lo feci, sapevo che
non avrebbe cambiato nulla. Fu come se mi
volessi ribellare da qualcosa. Da qualcosa che c‟era
dentro alla mia testa. Piansi molto quel giorno.

In quel momento mi trovavo nelle stesse


condizioni, solo che stava succedendo il contrario.
Io quella settimana lo avrei rivisto e dentro di me
era nata una grande lotta: una parte di me pensava
che sarebbe stato meglio prendere la valigia e
volare via da quel posto. Mi avrebbe solo fatto
male rivederlo di nuovo e non mi avrebbe aiutata
a guarire dalla mia “malattia d‟amore”, mentre
l‟altra parte non vedeva l‟ora che arrivasse venerdì,
si sentiva felice solo quando c‟era lui. Era stanca di
aspettare e sapeva perfettamente che nessuno al

82
Selvaggia Joyce Ritorno a te

mondo sarebbe riuscito a farla sentire come


quando c‟era lui accanto a lei.

I miei capelli caddero nel lavandino, non mi


sentivo per niente in colpa, ma non mi sentivo
neanche meglio. Presi i capelli tagliati e li gettai nel
cestino.

Che silenzio che c‟era in quella stanza. Quel


hotel era molto tranquillo.

Perché il destino voleva che lui mi raggiungesse


proprio lì?

Dio mio ero ad Hill Valley! Un paesino sperduto


nella grande America. Ok, che era famoso per il
film, ma solo un fan accanito poteva fare la valigia
e andare a visitarlo.

Le coincidenze mi hanno sempre distrutto


l‟anima. Io ero fuggita da lui, volevo dimenticare
anche se non stava molto funzionando, in fondo
era passato solamente un giorno da quando avevo

83
messo piede a Hill Valley, non avevo manco avuto
il tempo di ambientarmi che quella notizia mi
aveva decisamente schiacciato ogni speranza di
guarigione.

Mi distesi sul letto a pancia in giù, accesi un po‟


di musica. Il blues. Ero in America cavolo! Il blues
mi aveva sempre aiutata a rilassarmi nei momenti
difficili e a farmi cullare nella mia tristezza.

Mi addormentai. Quando mi svegliai, si era già


fatto buio. Quanto avevo dormito? 7 ore?

Uscii per prendere una boccata d‟aria. Era bella


la città di notte, le luci al neon delle insegne
illuminavano l‟asfalto nero di blu. Passai davanti
alla torre dell‟orologio, sperai che quel orologio
fosse fermo, ma non fu così neanche quella volta.

Decisi di sedermi su una panchina, forse era la


stessa dove Marty si era seduto con la sua ragazza
nel film. Sarebbe stato perfetto fumare una Lake
Straike in quella atmosfera. Quasi come alla James

84
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Dean, ma peccato che non mi era mai piaciuto


fumare e non avevo la minima intenzione di
iniziare.

La panchina. Mi ricordava troppo quella sera


sotto le torri.

Una brezza di vento fredda iniziò a soffiare, mi


strofinai un po‟ le braccia con le mani e decisi di
dare fine a quel momento di solitudine. Corsi
verso il Caffè 80. Prima di entrare nel locale,
guardai il cielo. Avrebbe piovuto.

Non c‟erano molte persone nel locale, ma


almeno non ero da sola. Il Jukebox suonava una
canzone di Nick Drake “Day is done”. Era una
delle mie preferite. A quanto pareva quel giorno il
blues non aveva ancora voglia di lasciarmi.

Mi sedetti a un tavolo vicino alla vetrata, così


potevo guardare fuori. Aveva iniziato a piovere.
Le gocce si infrangevano sul vetro. Quei

85
serpentelli che si rincorrevano e poi si
mangiavano. Diventavano grandi, grandi e poi
cadevano. La loro voracità li portava allo schianto.
La mia voracità di lui mi avrebbe portata allo
schianto?

Avrei voluto piangere anch‟io come faceva il


cielo, ma non riuscivo, sapevo che un pianto non
si sarebbe portato via le mie pene.

-Ciao. -mi girai di scatto con il cuore che batteva


a mille.

-Mio dio che paura che mi hai fatto prendere,


ma sei matto?

Ma chi era quello strano tizio davanti a me? Non


conoscevo nessuno in quella città e nessuno
conosceva me.

Guardai meglio quel ragazzo che si era seduto


davanti a me al mio tavolo e mi sembrava di
conoscerlo.

86
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Occhi nocciola profondi, un ciuffo di capelli che


gli incorniciava il viso e una coppola appoggiata
sulla sua testa. Proprio quella coppola che avevo
visto quella mattina davanti alla torre.

-Ehi, ti ricordi di me? Sono Marco, abbiamo


frequentato l‟università insieme

Oh, già! Come potevo non ricordarmi di lui? Per


tre anni era stato il ragazzo che speravo ogni
giorno che venisse da me e mi chiedesse di uscire
con lui, ma non era mai successo.

A dire il vero non ci avevo mai parlato assieme.


Tranne quel giorno quando all‟uscita di una
lezione mi si avvicinò per chiedermi se c‟era un
bus che avrebbe portato dall‟altra parte della città
per arrivare alla lezione successiva in tempo. Io
usavo sempre la bici per spostarmi e purtroppo
non ero stata utile per lui.

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L‟ultima volta che lo vidi era stato a una lezione
di teorie e tecniche del montaggio e non sapevo
che sarebbe stata l‟ultima volta. Un giorno in
internet trovai il suo Myspace, ma non avevo
avuto il coraggio di inviargli la richiesta di amicizia
.Mi vergognavo di quello che ero…

-Oh, certo che mi ricordo di te, ma che ci fai


anche tu qui?

-Lavoro! Il mestiere di attore è difficile

In effetti avevo sempre avuto la sensazione che


quel ragazzo avrebbe fatto l‟attore. Ce lo aveva
proprio scritto in faccia. Se un giorno avessi girato
un mio film e lo avessi visto, gli avrei subito dato
la parte da protagonista senza fargli fare nessun
provino.

-Ah, sei riuscito a diventare attore? Beato te, io


dopo aver frequentato tre anni ho lasciato tutto,
mi ero resa conto che l‟università non era per me e

88
Selvaggia Joyce Ritorno a te

soprattutto quell‟università non mi avrebbe servito


a nulla per trovarmi un lavoro nel cinema

-Già, in effetti, anche a me non ha aiutato molto


per trovare lavoro

-Beh e come hai fatto a diventare attore?

-Oh, tutta questione di “culo”.- sorrise -Amici di


amici mi hanno aiutato.

Il cameriere nel frattempo aveva portato il


menù.

-E tu che ci fai qui?

-Oh, è una lunga storia…

-Beh, perché non me la racconti? Io non devo


andare da nessuna parte prima di domani mattina,
e poi a me piacciono un sacco le storie, beh,
sempre se non sono indiscreto.

La sua voce mi trasmetteva fiducia e poi avevo


un gran bisogno di parlare con qualcuno. Gli

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raccontai tutto omettendo la storia dell‟automp3
magica, del tempo che si era fermato. Mi avrebbe
presa sicuramente per pazza e a dire il vero in
alcuni momenti mi davo da sola della pazza. Era
molto difficile credere a quello che mi era
successo. Gli raccontai che avevo incontrato
Gabriele in un pub per caso e avevo iniziato a
parlare con lui. A dire il vero, se fosse successo
così, io in quel momento, forse, non mi sarei
ritrovata a Hill Valley da sola, persa, confusa e
disperata. Gli dissi che lui in realtà era fidanzato e
che me lo disse solo dopo due mesi che ci
frequentavamo.

Alla fine della storia mi disse.

-Quel ragazzo deve essere pazzo per prendere in


giro una ragazza come te, io se fossi in lui farei
carte false.

Non sapevo più cosa dire, ma pensavo che


stesse scherzando e sorrisi dall‟imbarazzo.

90
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Tutto passò così in fretta.

Mi ritrovai dentro all‟ascensore del Mcfly Hotel


a baciarlo. Una grande passione dentro me. Una
grande voglia di liberarmi da tutto quello che
avevo dentro, da quella morsa che mi stava
spaccando in due. Avevo solo voglia di lasciarmi
andare e non pensare. Non pensare più a lui.
Sentivo che Gabriele per un po‟ era sparito, ma
Marco, in realtà, me lo aveva sempre fatto
ricordare.

Per tutta la notte facemmo l‟amore.

Le sue mani dolci scivolavano sulla mia pelle, tra


i seni fino giù tra le gambe. Le mie gli prendevano
il viso tra le mani. Quel viso da uomo che anche
se pur senza barba si sentiva lo stesso sotto le
mani quella pelle un po‟ ruvida. La mia bocca
scivolava sul suo viso, sul collo, sul petto e poi
ritornava alla sua bocca.

91
Sentivo che anche lui stava scappando da
qualcosa, voleva liberarsi da qualche dolore che
nascondeva dietro a quel sorriso che aveva
sempre sul viso.

Appoggiavo la mia testa al suo petto mentre


godevamo insieme e in quei momenti non sentivo
più nulla. Era respiro libero, era serenità pura.
Quella serenità che poi fa paura e ti fa stringere le
mani sulla sua pelle per non farlo andare via, per
dirgli che non può far finire tutto.

92
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Presto arrivò il mattino, mi svegliai alle 10,

accanto a me non c‟era più nessuno, mi alzai di


colpo e subito mi sfiorò il pensiero che avevo
sognato tutto, ma poi sul suo comodino vidi che
c‟era un biglietto. Lo presi con le punta delle dita e
lessi: “Sono dovuto scappare, il lavoro mi chiama.
Ho passato veramente una splendida notte, grazie
mia piccola sognatrice. Sei bellissima quando
dormi. Tuo Marco”.

Sorrisi tra me e me, non avevo mai fatto nulla di


simile prima di quella notte e soprattutto non

93
avevo mai ricevuto un biglietto così romantico.
Quella città era davvero magica.

Ah, poi sotto in piccolo c‟era scritto un PS. “Se


puoi, ci troviamo verso le 8.30 di stasera davanti
alla torre dell‟orologio, ti devo mostrare una cosa.”

Che cosa mi doveva mostrare? La curiosità


sarebbe stata sempre più grande in quelle ore
d‟attesa.

Mi sentivo strana, avevo calcolato tutto fino a


quel momento e poi in poche ore era successo
qualcosa di sorprendente che non avevo mai
pensato.

I pensieri su Gabriele stavano cedendo il posto a


quelli su Marco.

Mi stavo asciugando i capelli quando sentii


squillare il mio cellulare, era lei che voleva sentire
la mia voce. Le dissi che andava tutto bene, che lui
avrebbe fatto un concerto proprio in quella città
venerdì sera, ma che non c‟era nessun problema.

94
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Le dissi che in qualche modo Hill Valley mi stava


aiutando e che stavo iniziando a stare di nuovo
bene. Non le raccontai però che avevo incontrato
Marco. Lei sapeva che mi era piaciuto quel
ragazzo per 3 anni, però volevo tenere per me
quello che era successo quella notte e poi non era
il caso di prendere tutto sul serio, era tutto
successo così velocemente che ancora non
riuscivo a credere se fosse vero o se fosse stato
solo un sogno.

Lei mi disse che voleva essere lì con me, ma la


tranquillizzai dicendole che mi poteva chiamare
quando voleva e che sarei ritornata presto.

Ritornare. Forse non lo avrei fatto, non ci avevo


più pensato, volevo solo pensare al presente.

E poi era meglio per me rimanere in quel paese


straniero, senza nessun conoscente, non mi era
mai piaciuto ciò che faceva normalmente la gente.
Sono sempre andata alla ricerca di qualcosa di

95
diverso, ma non ero mai riuscita a trovarlo, lo
avevo solo trovato un po‟ nei suoi concerti, ma
poi la realtà ha impregnato anche quel suo mondo
e anche lui è diventato così. Una volta gli avevo
anche scritto un‟email, avevo pensato per un po‟
che lui la pensasse come me, ma penso che non
abbia capito nulla di quello che gli scrissi, anzi
sono sicura che mi abbia presa per pazza. Beh,
sempre se l‟abbia letta.

Mi ritrovai a pensare ancora a lui seduta al Caffè


80 con la mia colazione davanti, tutto era
cambiato, ma qualcosa dentro di me era rimasto
uguale. Amavo quel ragazzo, amavo Gabriele,
anche se non sapevo chi fosse veramente. Amavo
ogni suo gesto, i suoi occhi. Mi venne un forte
desiderio di rivederli e speravo che quei giorni
passassero in fretta. Tutto quello che era successo
quella notte venne spazzato via dalla mia mente, il
senso di quel viaggio fu massacrato da quei
pensieri. La mia febbre era ritornata, lui dominava

96
Selvaggia Joyce Ritorno a te

la mia mente e fu impossibile evitare di scacciarlo.


Marco era sparito.

Alle mie spalle il jukebox suonava “Johnny be


good”. Quella canzone mi distrasse dai miei
pensieri. Decisi di alzarmi da quel tavolo, avevo un
gran bisogno di passeggiare, lo facevo sempre
quando volevo evitare di pensare.

Quel giorno il cielo era terso e il sole brillava


alto nel cielo. Entrai in un negozio di cd e dvd,
forse era il più bel negozio di cd e dvd che avessi
mai visto nella mia vita, c‟era di tutto e il reparto
dvd era ordinato non solo dalla a alla z, ma anche
per genere. Presi in mano “E la nave va” di Fellini,
quando distrattamente guardai chi avevo vicino,
rimasi a bocca aperta a fissare quell‟uomo, era…
era…era Christopher LLoyd in persona! Mi sarei
messa urlare dall‟emozione, ma mi trattenni.
Posizionai lentamente ma con velocità il dvd della
E la nave va e andai a cercare il cofanetto di

97
“Ritorno al futuro”. Dopo averlo trovato, piano
ma veloce mi avvicinai a lui, lo salutai con
timidezza e gli chiesi se me lo poteva autografare.
Lui mi fece un sorriso e chiese al commesso di
prestargli il pennarello, mi chiese come mi
chiamavo e mi fece l‟autografo con dedica. Cavolo
Christopher LLoyd a Hill Valley, mi sentivo più
che fortunata, mi sembrava di aver vinto
all‟Enalotto!

Uscii dal negozio con gli occhi illuminati dalla


felicità, mi sembrava tutto un sogno. Quel giorno
lo avrei ricordato per tutta la mia vita! Ho
incontrato Christopher LLoydddddd a Hill
Valleyyyyyyy.

Con il cofanetto stretto al petto quel giorno


decisi di andare a visitare quei posti dove era stato
girato il film. Mi mancava di vedere la casa di Doc,
la casa di Marty a Hilldale, la scuola, il Twin Pines
Mall e la casa dei genitori di Marty e anche quella
di Biff Tannen, quella dove abitava sua nonna.

98
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Avevo tempo prima delle 20.30 e poi dovevo


assolutamente distrarmi.

Decisi di andare a visitare il Twin Pines Mall. Sì,


in realtà era solo un grande piazzale e da vedere
non c‟era poi così tanto, però era da lì che Marty
aveva iniziato il suo viaggio nel tempo e da lì
sarebbe iniziato il mio nell‟esplorazione di Hill
Valley.

Presi dalla borsa il mio ipod, infilai le cuffie nelle


orecchie e accesi a palla la musica. Amavo
passeggiare ascoltando la musica. A Bologna lo
facevo sempre mentre andavo o uscivo
dall‟università. Era così rilassante e il tempo
passava e nemmeno ce se ne accorgeva.

Avevo un po‟ di strada da fare. Era un po‟ fuori


città. Come diceva Doc nel 1955 il proprietario
proprio nel Twin Pines Mall aveva piantato alberi
di pino, poi con il tempo era stato asfaltato e ora
da quanto mi aveva detto il commesso del

99
negozio, dove avevo incontrato Doc e comprato il
cofanetto, lo usavano i camionisti per fermarsi a
dormire nei week end.

Che pazzia andarci! Che avrei fatto in un


piazzale vuoto? Mica ci avrei trovato Marty McFly.
Sarebbe stato il massimo quel giorno.

Vabbeh, tanto ormai di pazzie ne avevo fatte di


tutti i colori in quei giorni e poi come ho detto
avevo bisogno di camminare, camminare e non
pensare.

Poi quella storia di Marco, non mi ci voleva


proprio, sì, ok c‟ero stata bene quella notte, era
stato bello, anzi, più che bello. No, francamente è
stato qualcosa di strano, non mi ero mai sentita
così bene. Lo vedevo all‟università, ma sempre di
sfuggita, quindi direi che era proprio un estraneo.

Ma era come se le miei mani avessero già


toccato la sua pelle. Era come se la mia bocca

100
Selvaggia Joyce Ritorno a te

avesse toccato la sua già un milione di volte e poi


non c‟era nessuna vergogna.

Davo la colpa a ciò che mi era successo quella


notte, ma c‟era altro tra me e lui, qualcosa che
avevo già vissuto e che avevo perso un giorno e
avevo la sensazione di averlo ritrovato.

Comunque mi sentivo in colpa, quasi come se


avessi tradito Gabriele, che in realtà era tutta una
cavolata. Come avrei potuto tradire Gabriele se io
e lui non c‟era praticamente nulla, se era solo
fantasia?

Eppure, qualcosa mi faceva male nel petto.


Avevo sbagliato, avevo forse tradito il mio amore.
Ecco, sì, tutte le mie promesse, le mie promesse di
amare per sempre Gabriele, le avevo tradite quella
notte con quello sconosciuto. Ecco, forse, forse
non avevo tradito Gabriele, ma me stessa.

101
Avevo paura di me. Se avevo fatto quello con
una fantasia, sicuramente lo avrei fatto anche con
qualcuno di reale.

Io che mi consideravo una persona fedelissima,


avevo fatto tutto l‟opposto di quello che credevo.

Ma chi ero veramente? Ormai non lo sapevo


più.

Durante quella passeggiata decisi che avrebbe


deciso tutto il fluire degli eventi, avrei lasciato al
destino fare tutto per me. La mia volontà ormai
non aveva poi così tanta valenza sulle mie azioni.

Destino ora la mia vita è nelle tue mani, cerca di


portarmi sulla strada migliore, cerca di decidere
nel modo più giusto possibile. Io me ne tiro fuori,
ormai non ci capisco più nulla.

E dopo aver fatto quella lunga camminata per


non pensare, ero arrivata al Twin Pines Mall.

102
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Me lo aspettavo deserto, forse con uno o due


camion che dormivano e invece era pieno di
gente.

Un sacco di gente vestita in un modo strano:


vampiri?! E poi c‟erano un sacco di macchine da
presa, luci, binari e fili, fili e fili neri come serpenti
appoggiati sull‟asfalto del piazzale.

Cavolo, era un set cinematografico!

Mi fermai vicino ad una transenna. Azz,


scottava. Il sole scaldava moltissimo quel giorno.
Avevo anche bisogno di bere dopo quella
lunghissima camminata.

I non addetti ai lavori non potevano entrare.

C‟erano due uomini di colore non di certo esili


davanti alle transenne, con una maglietta nera e
una scritta bianca dietro alla schiena in caratteri
maiuscoli che confermava la mia idea: Security.

103
Che poi Security, cavolo di Security volevano
fare se non c‟era anima viva che passava di lì?
Avrò incrociato due o tre macchine sì e no
durante il tragitto.

Comunque prima di chiedere qualche


informazione, rimasi lì a guardare.

Era la prima volta che vedevo un vero set


cinematografico.

Avevo frequentato l‟università per studiare


cinema, ma poi è andata come è andata.

Quando ero più giovane sapevo sognare, ma


nessuno mi aveva mai insegnato come realizzarli
quei sogni che nascevano e bramavo dentro la mia
testa. Anzi si parla sempre di sogni, che è bello
sognare. Però non si pensa mai che nella realtà
non sarà mai uguale a come nasce nella mente e
cercarlo proprio lì è quasi come prendersi in giro,
è come svegliarsi un giorno e andare in cerca di un
unicorno bianco con il corno oro e le ali azzurre.

104
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Al massimo si troverà un cavallo, un cavallo


bianco se si è fortunati e se proprio proprio non si
è contenti si può prendere un cartoncino di color
oro, arrotolarlo, e farci un cono e metterglielo in
mezzo alla testa e poi fargli un paio di ali con
piume finte e con un elastico legargliele sulla
schiene. Più di tanto non si può fare.

Alla fine si avrà un cavallo vestito da carnevale e


non un unicorno vero. Oppure beh, oppure si può
trovare qualcosa di migliore dal proprio sogno.
Ecco, però io mi ero trovata davanti un bel cavallo
travestito da unicorno, di certo non era proprio
quello che sognavo però forse avevo trovato
qualcosa d‟altro o meglio qualcun‟altro. Io quando
misi piede in quella scuola pensavo che sarei
entrata nel mondo del cinema. No, no non volevo
essere famosa. Essere famosa non mi è mai
interessato. Anzi, meno mi conoscevano e più ero
felice. Volevo trovare almeno qualcosa che si

105
avvicinasse a quei film che vedevo ogni giorno,
attraverso quei film io riuscivo a sentirmi viva, mi
sembrava di vivere. Mi ero scordata però che
eravamo in Italia, che per entrare in quel mondo
bisognava avere parenti o amici oppure essere un
cazzo di super genio. Io non avevo né parenti né
amici e non ero un cazzo di super genio. Studiare
non bastava, quella scuola era solo per cultura
personale. La cultura personale me la potevo fare
anche a casa. Io non avevo bisogno di cultura
personale, nessuno ha bisogno di cultura
personale. Una persona ha bisogno di vivere. Di
sentirsi viva ogni giorno. È vivendo che ci si fa
una cultura personale. Ogni cosa che viene detta,
che esce dalla bocca, dovrebbe essere stata vissuta
prima. Solo verità dovrebbe uscire dalla bocca,
solo cose vere e belle. Sì, perché nella vita si
vivono anche le cose belle, si può, io né sono
sicura, che si può vivere una vita fatta di cose
belle, di tante cose belle e invece non si fa altro
che lamentarsi tutto il giorno e solo perché, solo

106
Selvaggia Joyce Ritorno a te

perché ci si accontenta. Avevo passato 13 anni


della mia vita a farmi una cultura personale in
quelle scuole dell‟obbligo. Quegli anni sono
importantissimi per una persona, sono gli anni
dove puoi imparare di tutto, dove la tua mente
riesce a ricordare tante più cose di quanto lo potrà
fare dopo i 20 anni. E invece l‟ho passata dietro a
un banco con l‟ansia dell‟interrogazione, con
l‟ansia di sapere quanto fa il logaritmo di uno, che
francamente nella vita non so a quanto ti servirà a
saperlo, che cosa aveva scritto il Petrarca ed il
perché è la terra a girare intorno al sole e non il
sole a girare intorno alla terra. Bisogna certo fare
dei sacrifici per far avverare il proprio sogno, ma
credo che molti si accontentano di quello che
trovano e cercano di dimenticare che non è
proprio quello che volevano. Io invece non sono
mai riuscita ad accontentarmi. Ed è per questo che
lasciai l‟università, buttai via tutti i miei sogni e ne
tenni con me il più importante. Il mio sogno più

107
grande è quello che fa andare avanti il mondo. È
quello che, sì, è quello che permette ancora di far
girare la terra intorno al sole.

Comunque, tornando al set cinematografico.


Beh, era splendido e poi tutte quelle persone
vestite da vampiri. Avevo più o meno intuito che
film stavano girando. Uno dei miei film preferiti è
sempre stato “Intervista col vampiro” e proprio
grazie a quel film mi ero letta quasi tutti i libri di
Anne Rice. I vampiri che avevo davanti a me
sembravano proprio quelli di Anne Rice e ad
intuito stavano girando qualche film tratto da un
suo libro. Speravo per “Scelti dalle tenebre”, era
uno dei miei preferiti, se fossi stata una regista lo
avrei girato io un film su quel libro.

Guardavo in silenzio e ad un certo punto la mia


attenzione si posò su un ragazzo vestito da
vampiro anch‟egli. Aveva una parrucca bionda, di
sicura era il protagonista: Lestat.

Aveva però qualcosa di famigliare.

108
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Si girò e mi vide.

Alzò il braccio in segno di saluto e si avvicinò a


me.

I due “ragazzetti” della Security quando videro


che lui stava correndo verso le transenne dove
c‟ero io, si girarono di scatto e per la prima volta si
accorsero che c‟era qualcuno lì.

Che gran security che avevano!

-Ehi, ciao, che ci fai qui?

-Ciao, Marco! Che ci fai tu qui?

-Sto girando il film.

-Oh, vedo!

-Ma tu?

-Ho deciso di esplorare un po‟ Hill Valley. Sì,


insomma, volevo vedere i luoghi principali e ho
deciso di partire da qui. Ma me lo aspettavo

109
deserto questo posto. Il commesso mi aveva detto
che

-Il commesso? Che commesso?

-Oh, sì, sono andata in quel negozio fantastico


di cd e dvd che c‟è in centro che poi…oh, Marco
non sai chi ho incontrato lì dentro.

-Chi?

-Tieniti forte.

-Dai, dimmelo.

-Ho incontrato niente che popò che di meno


Christopher LLoyd.

-Ah, lui.

-Come lui? È una cosa grandiosa per me. Perché


chi pensavi avessi incontrato?

-No, no niente, nessuno.

-Guarda mi ha anche autografato il cofanetto!

110
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Dai, vieni entra. Devo ritornare a girare la


scena, tu se vuoi puoi venirmi a vedere.

-Sì, ma questi mi faranno entrare?

-Certo! Sei mia amica, dai vieni.

-Ok!

Guardai i due fustoni della Security con un po‟


di timore e loro lo fecero con finta aria seria e poi
mi sorrisero e spostarono le transenne.

Marco. Cavolo, spuntava così sempre dal nulla.

Mi prese per mano e poi all‟improvviso si


fermò.

-Guarda, guarda chi c‟è là-

Guardai nella direzione che mi indicava. C‟era


un uomo vestito, ovviamente, da vampiro, vicino
a una roulotte, che assomigliava in un modo
assurdo a Christopher LLoyd.

-Ma, ma è…

111
-Esatto! Lui

-Quindi tu…tu…

-Sì, io lavoro con lui.

Ero senza parole. Ecco perché mi aveva


mostrato poco entusiasmo quando glielo dissi, ma
avevo notato anche una punta di sollievo quando
gli dissi che avevo incontrato lui. Di chi aveva
timore Marco che avessi incontrato?

-Dai, aspettami qui. Poi devi dirmi se sono stato


bravo o no, d‟accordo?

E con un bacio sulla mia guancia, scappò. Fece


un accenno di consenso verso il regista, si
posizionò davanti ad una macchina da presa e
iniziò a recitare la sua parte.

Io guardavo verso la roulotte. Chissà che parte


gli avevano assegnato. Forse, forse quella di
Magnum, il vampiro che aveva trasformato Lestat
in un succhia sangue.

112
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Marco era proprio bravo.

Marco era proprio bello.

Marco, già, Marco, ma, ma Gabriele? Chissà


dov‟era in quel momento, chissà se era già arrivato
a Hill Valley. Magari aveva già preso una camera,
magari proprio al Mcfly Hotel e magari proprio
vicino alla mia stanza.

Sì, certo come no. Non ero mica nella mia Ford
Fiesta Arancione Fosforescente a esprimere
desideri che poi si avveravano. Ero lì davanti a
quel ragazzo, Marco, ma chi era Marco? Chi era?
Ci avevo fatto l‟amore quella notte, ma iniziava
tutto a offuscarsi quasi come un sogno. Ma
sentivo una sensazione strana dentro di me, forse
quasi una liberazione da qualcosa, una sensazione
di star bene. Una sensazione nuova. Una di quelle
che sai inconsciamente che da quel momento in
poi non ne potrai più farne a meno. Era come se
mi trovassi in un posto bellissimo. Uno di quei

113
posti dove si respira a pieni polmoni aria fresca.
Magari un giardino di una villa inglese antica. Un
giardino che non si vorrebbe mai lasciare, un
giardino che si sa che prima o poi si dovrà lasciare.
Uscire da quel cancello e ritrovare ancora quel
mondo che non riesce fare a meno di inghiottirti,
di farti sentire in colpa di stare bene e anche di
farti sentire in colpa di stare male. Accendi la tv e
guardi un telegiornale e vedi tutta quella gente che
muore. Passi davanti ad un ospedale e pensi che
non hai nessun diritto di lamentarti, nessunissimo
diritto. Le preghiere aspettano a loro. I miracolo
aspettano a loro. Loro hanno il diritto di star bene.
Tu invece stai già bene e quel tuo star male può
passare anche in secondo piano, e così lo fai. Lo
fai per un bel po‟ di tempo, poi arrivi ad un punto
che non riesci più a respirare. Si sente un dolore
proprio in mezzo al petto. Dai, ci si dice, dai sarà
solo un po‟ di stress. Certo, solo un po‟ di stress.
Dai, su, passerà. E i giorni passano e quell‟aria fa
sempre più fatica a passare. Intanto si inizia a

114
Selvaggia Joyce Ritorno a te

morire dentro, a far passare in secondo piano


tutto. A dimenticare di esserci. A dimenticare
com‟è vivere, ridere e il star bene veramente. Ma
io sto bene, ci si dice. Ma io sto bene si dice agli
altri. È il senso di colpa che ce lo fa dire. È forse
anche il proprio orgoglio. Una propria autostima
che in realtà non c‟è. Bisogna meritarsi tutto.
Questo principio che ci si porta addosso. Bisogna
meritarsi tutto. Per fino l‟amore.

Marco. Mi sentivo bene. Non ero mai stata


meglio. Certo Gabriele, ogni tanto ritornava,
bussava di nuovo alla porta e io gli aprivo.

“Vieni, siediti. Vuoi una tazza di tè? Vuoi un


altro biscotto del mio cuore? Vieni Gabriele. Io
non ti dimentico. Ma, Dio mio, se mi hai fatto del
male. Sì, mi hai salvata per un po‟, mi hai ridato
l‟aria che mi stava per mancare ,ma poi? Poi quale
prezzo ho dovuto pagare? Notti e notti e notti a
piangere. Giorni e giorni e giorni a pensarti.

115
Sempre sola. Eri solo una cavolo di immagine che
ballava e cantava e mi illudeva, un ciao anonimo
alla fine di un concerto. Gabriele nessuno si merita
questo. Nessuno. Sei un cantante? Bene, fai il
cantante e canta quelle cazzo delle tue canzoni e
fai amare solo quelle tue cazzo di canzoni e
ricordalo sempre a chi ti ascolta che loro vivranno
solo lì, solo lì dentro. Certo, lo hai detto in quella
canzone, ma poi tutte quelle ragazzine quando
finisce continuano a lanciarti i loro Ti Amo. Ti
amo veri, veri che scorrono dentro. Quei Ti amo
che le fanno stare più male che bene.

Vedi, Gabriele, l‟amore è stare bene e anche


stare male, ma è più un stare bene che uno stare
male. Lo stare male si sente quando si inizia a
sentire l‟assenza. Ma tu, tu cantante, tu immagine,
tu sarai sempre assenza e l‟amore sempre assente
non è amore e l‟amore non ricambiato non è
amore. È solo un sogno, è solo un desiderio è solo
attesa. Gabriele, tu sei un‟attesa. Io non vorrei mai

116
Selvaggia Joyce Ritorno a te

esserlo. Io voglio essere solo amore, solo ed


esclusivamente amore che c‟è, che è presente che
fa star bene sempre e che quando si assenta un po‟
poi ritorna di corsa e chiede perdono con un bacio
che fa dimenticare, che disinfetta quel graffio che
ha fatto sulla pelle di qualcun altro”.

-Finito.

Marco arrivò con il suo sorriso e interruppe il


mio discorso con quel mascalzone di Gabriele.

-Ehi, tutto ok? –si preoccupò vedendomi un po‟


assente.

-Sì, sì tutto ok! Sei bravissimo Marco.

-Lo so!

-Ah.

E rideva.

Mi abbracciò forte forte e poi guardandomi


negli occhi mi disse:

117
-Andiamo a pranzo? Ho fame.

-Ok -gli dissi.

-Però, però può venire con noi un mio amico?

-Un tuo amico?

-Sì, sì chiama Christopher.

Lo guardai con gli occhi sbarrati.

-Christopher, lui, lui?

-Sì, lui lui. Al Caffè 80 si mangia bene, quindi ho


pensato di andare lì a pranzare. Che ne dici? Se
non vuoi che lui venga, dimmelo, glielo dico, tanto
lui non ha problemi.

-Che stai scherzando? Certo che voglio che


venga! Dio mio a pranzo con Christopher LLoyd.

Dalla gioia gli buttai le braccia al collo e gli diedi


un bacio forte forte sulla bocca.

Stavo bene bene.

118
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Christopher si era spogliato dalle sue vesti di


succhia sangue ed era ritornato il vecchio Doc che
conoscevo nel film. Non era per niente diverso da
quel personaggio. Camicia a quadretti gialli,
cappello di quelli che indossa il Principe, occhiali
da vista senza montatura, pantaloncini in stoffa
grigi e quel sorriso bello sul viso.

No, sarei andata al Caffè 80 con Christopher


Lloyd, a pranzo! No, non ci potevo credere. Era
un sogno. No,non ero un sogno, era vero! Sì,
però, dopo un po‟ mi venne un po‟ di panico. Che
cavolo gli avrei detto a Christopher? Di cosa gli
avrei potuto parlare? Mica gli potevo chiedere per
tutto il tempo cose su Ritorno al futuro. E poi
dovevo mangiare di fronte a lui, Dio che
imbarazzo. Già era stato imbarazzantissimo
chiedergli di farmi un autografo sul cofanetto.

Con le persone famose è così, le stimi tantissimo


a tal punto di pensare di conoscerle sul serio, ma

119
poi quando te le trovi di fronte per davvero, non
so perché, e non so che cosa, ti blocchi, il tuo
cervello si ferma e ti dice: “No, aspetta. Mica lo
conosco questo. Chi è? Che gli dico?”.

Vabbeh, sta di fatto che quel giorno io e Marco


salimmo sulla macchina di Christopher che era
una…No, no non era una Delorean purtroppo.
Però era una bella Mercedes nera nuova nuova,
che luccicava. A dire il vero mi aveva messo un
po‟ di timore salire sulla sua macchina. Comunque
si dirigemmo al Caffé 80. Parcheggiò proprio
davanti alla torre dell‟orologio. Quando scese dalla
macchina la guardò e sorrise. Io lo guardai e sorrisi
a mia volta.

Che strana cosa però. Quel ritorno al futuro era


solamente un film eppure sembrava un qualcosa
che fosse successo sul serio. Quasi un pezzo di
vita nostra. I film nascondono una magia. Quanti
film fanno parte della propria vita? No, non sono
come le canzoni. Nelle canzoni ci siamo solo noi,

120
Selvaggia Joyce Ritorno a te

le canzoni sono reali, fanno parte di questa realtà.


I film invece sono sogni, sogni ad occhi aperti,
mondi diversi dove vivere per un po‟. I film sono
quell‟Isola che non c‟è al contrario, dove il tempo
corre e corre, è il tempo ma non è il solito tempo:
i giorni passano in due minuti, le ore o gli anni si
dilatano o si ristringono come una molla. Si
diventa vecchi in poco tempo o si ritorna bambini
e si rivivono in qualche modo quelle sensazioni
che avevamo provato. Allora: “Seconda stella a
destra e poi dritto fino al mattino”: un viaggio
verso il futuro o un ritorno al passato. Il Titanic,
dio mio, quante volte ho visto quel film. Quando
lo vedo o ne sento parlare vedo un pezzo della
mia vita, che in realtà non esiste, ricordi che in
realtà non lo sono. Io tra quei corridoi con Jack
Dawson non ci ho mai corso, e su quella prua non
l‟ho mai baciato. Ma ogni volta che vedevo quel
film, mi innamoravo di lui, correvo tra quei
corridoi, cenavo con lui in prima classe, me lo

121
baciavo pure nell‟ultimo giorno che il Titanic
vedeva la luce e poi gli dicevo addio sopra a una
porta in legno in mezzo all‟Oceano Atlantico. Dio
se ho pianto! Dio se vivevo in quell‟Isola che non
c‟è. Ah, nella realtà avevo 10 anni, nel film 17. E
ne vogliamo parlare di Ritorno al futuro? Se devo
essere sincera io ho viaggiato con Marty nella
macchina del tempo, ebbene sì, l‟ho fatto. Mi
ricordo anche i particolari. Eravamo seguiti da un
camioncino di libici incazzati perché Christopher
gli aveva rubato una cassa di plutonio e l‟aveva
scambiata con un‟altra uguale con dei pezzi di
flipper. Beh, in effetti, non avevano tutti i torti.
Però cavolo quel plutonio era per una cosa
importantissima: far funzionare la macchina del
tempo. Comunque li vedevo dal specchietto che ci
sparavano addosso, a dire il vero, un po‟ di fifa ce
l‟avevo. Marty ad un certo punto disse: “Vediamo
se riescono a raggiungere le novanta miglia all‟ora”
Superammo le ottanta, superammo anche le 85 e
superammo anche le 88 miglia a l‟ora e ci

122
Selvaggia Joyce Ritorno a te

ritrovammo nel passato. Forse questi ricordi ce li


avranno anche tantissime altre persone, chissà in
quanti siamo stati in quella Delorean in quel
momento con Marty. Che bei ricordi però, eh sì.
Certo ogni tanto li rivedo ancora, ma fanno
comunque parte del mio passato. Ora quei film li
riguardo come se fossero i filmini di famiglia.
Sembrerà una cosa esagerata ma per me è così e
non c‟è niente da fare.

Con Christopher, anzi, con Doc, sì, mi andava


di chiamarlo Doc e mentre stavamo dirigendosi al
Caffé 80, glielo chiesi pure se lo potevo chiamare
così, lui mi disse ok, perché no?

Doc, mi sentivo un po‟ come Marty Mcfly. “Ehi,


Doc”.

Entrammo nel Caffè 80. Con lui non ci ero mai


entrata nel Caffè 80. Con Marco sì invece.

123
Oh, sì Marco appena sceso dall‟auto mi strinse la
mano e non mi lasciò più fino a quando non ci
sedemmo al tavolo.

Arrivò il cameriere e ci portò i Menù. Salutò


Doc come se lo conoscesse da tempo. Forse era
già passato altre volte a Hill Valley e infatti non
feci in tempo a pensarlo che me lo raccontò senza
chiederglielo. Era comunque un uomo di poche
parole. Uno di quegli uomini che in poche parole
ti sanno spiegare tante cose.

-Ah, grande giove- disse proprio così: Grande


Giove.

-Dopo quel film sono venuto spesso in questo


posto. In realtà non c‟è niente di particolare, ma,
ogni volta che ci ritorno, mi trasmette una
sensazione di benessere, uno stare bene. Capita di
trovare dei luoghi un po‟ speciali. Non ci si sa
spiegare cosa ci sia di diverso. Ogni volta che si
ritorna, si ritrova sempre quel qualcosa che ti fa
star bene. Anche quando cambiano qualcosa,

124
Selvaggia Joyce Ritorno a te

anche se demoliscono quella casa, ho fanno un


nuovo monumento o il McDonald‟s. E poi vengo
qui per stare un po‟ da solo. Amo mia moglie, ma
ci sono periodi che preferisco prendermi una
vacanza da lei –e rise. –Se mi sente mi ammazza.
E poi si mangia da dio qui al Caffè 80. Fanno degli
Hamburger eccezionali.

Pensavo a quello che mi aveva detto sui luoghi


speciali. Bologna per me era un luogo speciale, e
mentre ne parlava ne sentii un po‟ la mancanza.
Amo andare ai giardini margherita, da sola, sempre
da sola. Ho sempre in mano il mio mp3 e cuffie
nelle orecchie, musica che rimbomba in testa e
quel verde, quel verde che non va mai via, quel
laghetto con quelle fontane. Mai portato nessuno
ai Giardini Margherita. Ho sempre pensato di
portarci qualcuno. Già, Gabriele, sì, lui l‟ho
portato spesso e un giorno glielo ho pure chiesto.
C‟era un periodo che lasciavo sempre un

125
commento nel suo Myspace e un giorno gli dissi
che ero andata in quei giardini e che sarebbe stato
bello un giorno andarci con lui. Lui leggeva, o
almeno diceva così, mi avrà mandata a quel paese
quando lo avrà letto. Ha fatto bene.

Mentre ero lì al Caffè 80 con Christopher


davanti pensavo che era veramente una cosa da
sceme a pensare di voler amare qualcuno che si
vede solo sulla carta e in televisione. Loro
muoiono ogni volta, ogni volta che si gira pagina,
ogni volta che si spegne la tv. Sono solo zombi,
zombi che risuscitano ogni volta che li si vede su
immagini. I miei occhi devono funzionare solo
sulle cose vive, i miei occhi devono trovare la
completa bellezza solo sulle persone che vivono,
che sono in carne e ossa lì di fronte a me. E
Christopher quel giorno era la prima volta che lo
vedevo, era come quel ragazzo, o quel bambino,
quell‟uomo o quella donna che si incontra
all‟uscita di un bar, quella che si incontra in

126
Selvaggia Joyce Ritorno a te

autobus e se la si ritrova vicino ci si scambia


quattro parole o ci si dice: “Mi scusi. Buona
giornata”.

Che scema che ero, che scema!

Ecco cosa dovevo dire a Christopher: “Mi scusi.


Buona giornata” ed andarmene e questo dovevo
farlo anche con Marco.

Chi cazzo era quello sconosciuto in fianco a me?

C‟ero pure andata a letto. Lo avevo conosciuto


solo in un paio d‟ore prima e c‟ero pure finita a
letto. E in quel momento ce lo avevo ancora lì di
fianco, che ogni tanto mi guardava, che mi
guardava, che Christopher non esisteva e chissà
che cavolo pensava.

In quel momento mi sentii sola, tra milioni di


persone sconosciute. Tra milioni di persone che
con me non centravano nulla, che non avrebbero

127
centrato nulla, che era così naturale, così logico e
giusto che non centrassero nulla con me.

Ero sola. Ero tutto quello che mi serviva. Lì


c‟ero solo io e non avevo bisogno di sentire storie,
non avevo bisogno di conoscere persone.

Fanno male le persone, fanno tanto male.

Christopher dopo quel pranzo sarebbe sparito e


io non lo avrei rivisto più. E tutte quelle mie
emozioni verso la sua persona, quel mio
affezionarmi subito, avrebbe preso una ennesima
volta la sua bella bastonata in testa e quante
bastonate, quante ne avevo prese in testa?
Quante? Che appena stavano guarendo, pum,
arrivava un‟altra e sempre così, sempre così non
hanno mai fine. Non ti ammazzavano nemmeno,
quelle bastonate entrano dentro alla carne e fanno
uscire il sangue. Un eterno sanguinare che non ti
fa mai morire.

Mi alzai e corsi fuori dal Caffè 80.

128
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Non me ne fregava nulla se ero stata


maleducata, non me ne fregava nulla di quello che
avrebbe pensato quel Christopher o quel Marco.

Nessuno mi aveva mai dato spiegazioni e io


avrei fatto altrettanto.

Corsi, corsi via. Non sapevo dove stavo


andando, sapevo solo che dovevo allontanarmi,
dovevo stare sola, non dovevo incontrare nessuna
persona. Io ero sola, io stavo bene sola, non avevo
bisogno di nessuno e nessuno aveva bisogna di me
e poi non conoscevo nessuno, non dovevo
conoscere nessuno, perché nessuno mai si
conosce. L‟egoismo regna. L‟egoismo tutto quello
che ci salva. Siamo noi il nostro mondo, siamo i re
e le regine come dice Pessoa, siamo il Re Sole
della nostra vita. Sogniamo di essere Re, mentre lo
siamo. Abbiamo la libertà da soli, siamo liberi.
Un‟altra persona ce la toglierebbe con questa cosa
dell‟affezionarsi. Noi la libertà la possiamo avere,

129
ce l‟abbiamo dentro e dobbiamo scappare,
dobbiamo correre, correre via da tutto, da tutti,
dobbiamo starcene da soli seduti in uno spazio
verde e guardare l‟alba e guardare il tramonto e
avere come musica il silenzio.

Fanculo a tutte le persone del mondo.

Non abbiamo casa, siamo noi la nostra casa.

Ecco perché andavo sempre da sola ai Giardini


Margherita, ecco perché anche Christopher
“fuggiva” ogni tanto da sua moglie per rifugiarsi
da solo a Hill Valley. I luoghi speciali sono quelli
che ci danno la libertà di poter vivere bene senza
pensieri o meglio pensieri leggeri che non sono
nocivi alla propria salute.

Avevo il fiatone. Mi fermai. Mi guardai attorno.

Nessuno. Di fronte a me un cancello. Era il


Cimitero di Hill Valley.

130
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Appena fuori dal cancello, vicino alle mura del


cimitero c‟era una panchina in legno. Decisi di
sedermi lì.

Con la testa tra le mani, iniziai a piangere. Stavo


male. Stavo di nuovo male.

Non so cos‟era. Era tutto. Era niente. Era


Marco, Gabriele, Luca, sì, anche Luca. Lui era un
mio amico e mi aveva rovinato la vita. Fanculo lui
e le sue radio del cazzo e le sue fatine. “Mi vieni
insieme?” manco morta! E anzi, Io Non Credo
nelle Fate. Io Non Credo nelle Fate. Chissà che
muoiano tutte. Così almeno abbiamo solo una
realtà. Una basta e avanza.

Non potevo ritornare a casa. Non sapevo più


dove andare. Tutto mi sembrava così estraneo.
Tutto mi faceva del male. Non c‟era più nessuno e
forse non c‟ero più neanche io.

131
Sentii una macchina arrivare. Alzai la testa. Era
una mercedes nera. Si fermò davanti ad un albergo
a 4 stelle che si trovava proprio di fronte al
cimitero, dall‟altra parte della strada. Vidi aprirsi la
portella dell‟auto e un ragazzo scese dalla
macchina, portava un coppola in testa.

Marco.

Poi vidi che prese dalla macchina una valigia


nera, era di spalle, non lo vidi ancora in viso. Ma
Marco, Marco non aveva una valigia nera ,almeno
non ricordavo che ce l‟avesse e poi alloggiava nel
mio stesso Hotel, non credo che per colpa della
mia “piccola fuga” avesse subito pensato di
cambiare hotel e di non vedermi più.

Sentii suonare il telefono.

Era il suo.

Si girò.

Si girò…

132
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Il cuore batteva. Il tempo, il tempo si era


fermato, di nuovo. L‟ennesima volta.

Avevo i brividi.

Era lui.

Chiuse la telefonata, disse qualcosa dal finestrino


all‟autista e dopo poco la macchina se ne andò e
lui salì le scale dell‟albergo e scomparve dietro la
porta a vetri.

Oh, Cristo Santo, Cristo Santo, Cristo Santo.

Mi alzai dalla panchina, avevo ancora le guance


bagnate e di sicuro gli occhi rossi.

Lui. Cristo Santo. Lui.

E ancora il destino aveva deciso. E ancora il


destino aveva mosso le pedine e aveva… “Cazzo,
Destino è la mia vita, posso stare da sola per un
po‟ o no? Posso? Dove devo andare per non farmi
trovare dal mio amore? Dove?”

133
Cristo Santo, Gabriele.

Non sapevo che fare.

Mi guardavo attorno. In quella strada non c‟era


anima viva e guarda un po‟ chi doveva passare?
Uno a caso proprio. “Vero Destino?” uff.

Se nella testa si ha una sola persona dove si va?


Dove potrei essere andata in quel momento?
Dove mi avrebbero portata le mie gambe? Non
decisi niente. Almeno razionalmente parlando.
Attraversai la strada di corsa. Salii gli scalini e
guardai dalla porta a vetro. Vedevo la sua valigia
appoggiata davanti al bancone della reception.

Ma lui non c‟era. Nella hall non c‟era nessuno.


Sì, nel senso che nessuno, nessuno che interessava
a me, in realtà c‟erano delle persone, ma
ovviamente non c‟era nessuno.

Mi girai un attimo per pensare sul da farsi verso


il cimitero, verso la strada, verso la panchina.

134
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Diavolo, avevo lasciato la mia borsa sulla


panchina.

Corsi di nuovo giù dalle scale e andai a


recuperare la mia borsa. Guardai il cellulare e
c‟erano quattro chiamate senza risposta: era
Marco.

Mi voltai.

Era sulle scale.

Si stava accendendo una sigaretta.

Il tempo si fermò ancora. E pensare che non


avevo neanche bisogno della mia automp3 per far
questo. Luca, hai visto io ci riesco lo stesso anche
senza quella cosa demoniaca.

Mi dissi a bassa voce:

-O la va o la spacca.

Con la borsa in mano che stringevo fortissimo,


mi diressi verso Gabriele. Avevo la mente vuota

135
come sempre. Ma non avevo altra scelta, la mia
testa era in pausa e quindi dovevo ascoltare
qualcosa d‟altro.

Passai la strada.

Guardai a destra e a sinistra. Ovviamente non


c‟era nessuno.

Non so se Gabriele mi aveva notata. Lo vedevo


fumare perso nei suoi pensieri con lo sguardo
rivolto verso il cimitero.

Dio se era bello.

E con quella coppola in testa assomigliava


davvero tanto a Marco.

Presi un respiro profondo.

Presi un altro respiro profondo.

Ne presi un altro ancora.

Eh…

136
Selvaggia Joyce Ritorno a te

“Cazzo stai facendo? Non eri venuta qui per


scappare da lui, per dimenticarlo? E ora? Gli stai
andando pure a parlare? Muoviti, muoviti e corri
via, ritorna in hotel, vai a scusarti con quel
ragazzo, muoviti!”

La mia razionalità era ritornata in play.

“Destino, visto? Decido io questa volta! Toh”.

Invece di andare da lui, mi diressi verso il centro


di Hill Valley prima a passo veloce e poi di corsa.
Per non dare nell‟occhio, anche se c‟ero solo io su
quella strada e lui.

Quando fui un po‟ lontana, prima di girare


l‟angolo, guardai verso la sua direzione. Mi stava
guardando da lontano.

Presi un respiro e corsi verso il Mcfly Hotel.

Andai in camera.

Mi sedei sul letto.

137
Presi in mano la borsa per prendere il
telefonino.

-Marco sono io.

-Come stai?

-Ora meglio.

-Scusami Marco, sono stata una maleducata.


Chissà cosa hai pensato di me e anche
Christopher. Sono una scema.

-No, no non scusarti. Non preoccuparti. Stai


vivendo un periodo difficile e ti capisco, ho
spiegato questo a Christopher e lui ha capito. È
solo che avevo paura che non saresti ritornata, che
avresti fatto qualcosa di poco razionale.

-No, no, ora sto bene. Tu dove sei?

-Sono ancora al set. Sto facendo una pausa.

- Se c‟è Christopher lì portagli le mie scuse, non


dovevo comportarmi così, lui non c‟entrava nulla
e nemmeno tu.

138
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Dai, ora non pensarci. Tutto è passato. Allora,


ti ricordi della sorpresa?

-Sorpresa?

-Sì, te l‟avevo scritto nel bigliettino questa


mattina.

Dio che stupida! Già, la sorpresa alle 8 di sera.


Dovevamo vederci a quell‟ora quel giorno e invece
poi il destino… “Vero Destino?”

-Oh, sì, sì ora ricordo. Alle 20.30, giusto?

-Sì. Davanti alla torre dell‟orologio.

-Ok.

-Allora a stasera.

-A stasera. Ah Marco…

-Sì.

-Grazie.

-A stasera.

139
Chiusi la telefonata e avevo il petto pieno di aria
nuova. Pace, sentivo pace e serenità. Il respiro era
leggero, come quella mattina dopo la notte con lui.

Ma che aveva quel Marco che mi faceva sentire


così?

“Ho fatto bene a scappare via da Gabriele. Non


deve essere più nulla per me, io non dovrei manco
andare al concerto venerdì. Marco mi aiuterà a
guarire, lui ha qualcosa e ora tutto di me mi sta
dicendo di fidarmi di lui, perché lui ha tutte le
risposte che voglio”. Mi dissi questo e poi mi
addormentai.

140
Selvaggia Joyce Ritorno a te

VI

Sentii squillare il telefono. Aprii gli occhi,

faceva quasi buio fuori.

Risposi con gli occhi ancora chiusi.

-Sì?

-Sono Marco.

-Oh,Marco. Ciao. Che c‟è?

-Io sono già qui.

-Qui dove?

-Alla torre dell‟orologio.

141
-Ah, alla torre dell‟orologio. Alla torre
dell‟orologio? Ma che ore sono?

-Eh, sono le 20.45.

-Oh, Jesus. Mi sono addormentata di brutto.


Marco, scusami, faccio veloce, arrivo sai, arrivo.

-Ok. Ciao. Ti aspetto.

-Bacio. Ciao.

Dio che scema che ero. C‟era un ragazzo


bellissimo che mi aveva dato appuntamento
davanti a quel municipio fantastico e io che
facevo? Mi addormentavo e poi non arrivavo
puntuale all‟appuntamento. Dio che scema!

Corsi in bagno. Feci la doccia velocemente.


Phon, pettine, matita per gli occhi. E il vestito?
Panico di due minuti, poi trovai quel vestitino
verde che avevo infilato nella valigia non so per
quale motivo, lo volevo lasciare a casa, ma poi
l‟avevo messo in valigia all‟ultimo minuto. Sandali
neri, che avvolgevano i piedi con eleganza.

142
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Profumo all‟orchidea cinese. Ultimo sguardo allo


specchio.

“Vai”.

Erano già le 9. Per fortuna l‟hotel era vicino al


municipio.

Corsi più veloce che potevo.

Marco era lì seduto sulle scale che mi aspettava.

Era matto aspettare una come me per mezz‟ora.


Io se fossi stato in lui me ne sarei già andata da un
pezzo. Anzi, anzi non mi avrei manco invitata.
Chissà che ci trovava in me. Che poi la sera prima
gli avevo pure detto che ero innamorata di un
ragazzo, quel ragazzo che venerdì sera avrebbe
fatto un concerto proprio lì a Hill Valley. Non
avevo intenzione di dirgli che lo avevo rivisto al
pomeriggio. Quella serata era solo per noi due.
Gabriele non doveva entrarci per nessun motivo al
mondo.

143
Però Marco, quello sguardo. Che sguardo triste
o forse preoccupato che aveva. Forse aveva una
storia da raccontare, forse aveva un male dentro
come il mio che non riusciva a far andare via, solo
che lui era più forte di me e riusciva a sopportarlo
di più. Che poi forse è meglio essere deboli. Non
serve a nulla tenersi un dolore dentro, non serve
proprio a nulla.

Mi vide, si alzò e corse verso di me.

-Ciao.

Dio quanto bello che era. Aveva una maglia


bianca con un disegno stile rock e sopra portava
una giacca nera e poi jeans e sempre le sue
converse bianche. Quelle converse bianche le
portava anche quando andavo all‟università. Io
spesso quando cammino guardo per terra e mi
piace guardare le scarpe delle persone. Dalle
scarpe si capisce la loro personalità. Lo avevo
imparato guardando il film “Bianca” di Nanni
Moretti e avevo costatato che in effetti era vero.

144
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Beh, ogni volta che il mio sguardo vedeva un paio


di all star bianche faceva un sussulto. Molto
spesso non era lui, ma altre volte sì lo era e il mio
viso diventava rosso rosso.

Rosso era diventato anche quella sera quando mi


disse che ero molto bella.

-Beh, allora, dov‟è questa sorpresa? -gli chiesi.

-Ancora un po‟ di pazienza, dai. Scommetto che


non hai ancora mangiato.

-A dire il vero, no.

-Bene allora ti porto io in un ristorante qui


vicino.

-Beh, se vuoi chiamare “Ristorante” il Caffè 80.


Okay.

-No, no niente Caffè 80. Qui a Hill Valley non


c‟è solo quel bar. Hanno costruito anche dei
ristoranti qui, sai?

145
-Ah sì? –facendo la finta tonta.

-Sì, ti va bene se mangiamo giapponese stasera?

-Sushi Wok?

-Sì, sushi wok.

-È questa la sorpresa?

-No, curiosona, no non è questa. La sorpresa


arriva dopo cena, ok?

-Io so aspettare che credi?

Mi diede un bacio sulle labbra a stampo.

-Dai, brontolona.

Mi prese per mano e ci incamminammo verso il


ristorante.

Sushi Wok. La prima volta che andai in uno


sushi wok fu a Bologna. A dire il vero non mi
piacque molto quel pesce crudo sul riso. Se in quel
momento mi trovavo a Hill Valley era anche per
colpa del Sushi. Sembra strano ma è proprio così.

146
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Quel giorno in quel ristorante incontrai due


ragazze cinesi che erano figlie del proprietario.
Abitavano un po‟ fuori Bologna. È stato curioso il
nostro incontro. Ero andata un po‟ fuori dal
ristorante per prendere una boccata d‟aria. Sì,
anche perché avevo mangiato un po‟ troppo quella
sera. Ero lì persa nei miei pensieri quando si
avvicina Lucia e mi offre una chewing gum. La
ringraziai e ne presi una. Lei mi disse che prendeva
il mio stesso tram per andare a scuola e mi vedeva
spesso che rimanevo da sola per tutto il viaggio.
Aveva ragione, gente in tram che conoscevo
c‟erano, ma non mi erano mai andate a genio,
avevano interessi diversi dai miei, mi sono sempre
sentita come un pesce fuor d‟acqua. Il giorno
dopo infatti la vidi in tram e la salutai, da quel
giorno non ci eravamo più perse di vista. Conobbi
anche sua sorella Monia, più piccola di lei di pochi
anni. Loro mi aprirono veramente la mente, mi
fecero conoscere molti gruppi musicali, gruppi

147
musicali con musica diversa e stili molto diversi da
quelli che ascoltavo. Abbiamo conosciuto così
insieme i Found. Con loro due e mia sorella
abbiamo iniziato a seguirli in tutte le loro date.
Tornavo a casa dall‟università e sul cellulare c‟era
già un sms di Lucia con scritto che loro sarebbero
stati in quel posto ed era bello, ed ero felice. Era
bello condividere tutte quelle emozioni insieme.
Avevamo il cuore che batteva all‟unisono quando
andavamo a fare gli autografi e le foto. Eravamo
felici insieme quando correvamo per prendere
posto in prima fila e ci rimanevamo lì ore e ore e
nessuna di noi mai si stancava o si lamentava.
Tutte noi eravamo legate dalla stessa cosa che non
era poi la musica, non erano neanche i Found,
erano forse sogni, sogni d‟amore. Noi 4
innamorate di qualcosa che forse non esisteva,
innamorate di un‟idea, dei nostri pensieri, delle
nostre fantasie che sembravano che si avveravano
avendo loro davanti. E poi i viaggi, viaggi in treno,
in auto, in bus erano divertenti, era vita. Ogni

148
Selvaggia Joyce Ritorno a te

volta che ritornavamo da un concerto avevamo


tutte e quattro le lacrime agli occhi, felicità,
nostalgia e una promessa. La promessa che
avremo ancora preso un treno, avremo ancora
fatto un viaggio per andare a realizzare i nostri
sogni, per viverci dentro per darci la forza, la
certezza che non eravamo pazze, che quel volere
era dentro a 4 persone e quando qualcosa è dentro
a più persone significa che la pazzia non esiste,
che è qualcosa di lecito, di normale, che non è
follia, mai follia, nessuna follia. I nostri desideri
sono quelli che ci fanno vivere, sono quelli che
dobbiamo prendere e crearli nella realtà, perché è
solo creando che ci sentiamo vivi, siamo dei
piccoli dei. E noi 4 in quei giorni eravamo proprio
4 piccole dee sul nostro olimpo. Tutto si avverava
in quei giorni, tutto era una sorpresa. Loro due
sono state veramente importanti per me.

149
Loro poi presero strade diverse, si trasferirono
in un‟altra città, conobbero altri gruppi musicali e
le nostre strade così si divisero.

Si incontrano così nella vita persone che


sembrano che facciano il loro lavoro, sembrano
come angeli mandati da non so chi che ti
stravolgono la vita, ti indicano dove andare, cosa
fare, ti insegnano tante cose che a scuola non
avresti mai imparato, ti insegnano a vivere, ti
insegnano a non morire, a trovare sempre
soluzioni per essere sereni, per non arrendersi mai
e poi quando hanno finito il loro lavoro, se ne
vanno, con un saluto, con un sorriso oppure
nemmeno si voltano e tu, tu non riuscirai mai a
scordale, mai. È come se ti avessero iniettato
qualcosa di loro dentro alle vene, diventando parte
di te.

In quel momento c‟era Marco che mi aveva


presa per mano e mi stava portando dove non
sapevo, ma dovevo solo fidarmi. Fidarmi come ho

150
Selvaggia Joyce Ritorno a te

fatto di Lucia quando ho accettato quella chewing


gum, fidarmi come quando ho ascoltato la prima
volta una canzone dei Found, fidarmi come avevo
fatto la notte prima con lui.

Segui il tuo cuore si dice. No, lì bisogna solo


chiudere gli occhi e fidarsi. Azzerare tutto e
lasciare che sia qualcun altro a guidarti. Spegnere
le luci e camminare nel buoi con la propria mano
che stringe quella di chi ti sta guidando. E se poi ti
guida in strade non belle, beh, basta poi mandarlo
a fanculo. Tanto prima o poi qualcun altro arriverà
e ti prenderà per mano e avanti andrai, sempre
avanti e mai ti fermerai mai anche quando
sembrerà che tutto si sia fermato. Non si è mai da
soli. Mai.

La cena al Sushi Wok passò in fretta. Non molte


parole sono uscite dalle nostre bocche, c‟era
silenzio, ma quel silenzio che non metteva in

151
imbarazzo, uno di quei silenzi che è riempito dallo
stare insieme.

-Allora andiamo? –mi disse Marco fuori dal


locale.

-Guarda, stasera sono nelle tue mani. Sto zitta e


tu portami dove vuoi.

-Ok, capitano! -mi disse.

Mi prese il viso tra le mani e mi diede un bacio


sulla testa, sui capelli e poi prese la mia mano e
camminammo, camminammo moltissimo fino a
quando arrivammo ad un passaggio a livello.

Dolce quella sera, con quel vento che ti


accarezza la pelle, che ti culla, che ti fa sentire
parte di qualcosa, parte di qualcosa che ti vuole
avvolgere, che non ti farebbe mai del male. Marco
aveva il suo braccio sinistro dietro alla mia schiena
e la sua mano era stretta al mio fianco. In quei
momenti non si può capire, in quei momenti si
vive solo e si sente solo, sarebbe solo tempo

152
Selvaggia Joyce Ritorno a te

sprecato stare lì e capire quello che va o quello che


non va . È dopo che capisci, è dopo che seduti sul
proprio letto da soli, ci si sente veramente da soli.
È un essere da soli anche in mezzo a tanta gente, è
essere da soli senza un‟anima che come un guanto
ti possa avvolgere, è come non avere pelle. Ecco,
seduti sul letto senza pelle, ma non una pelle
qualsiasi, la tua di pelle, la tua pelle ti manca e se
non c‟è quella le altre pelli non posso funzionare,
non possono.

Il vento ci univa, eravamo dentro a quel vento


che non ci faceva pensare.

I binari erano arrugginiti ed erbacce e fiori


selvatici già richiusi erano lì che li avvolgevano,
sembrava quasi che li nascondessero, che
facessero diventare natura quel ferro, che lo
facessero diventare più morbido o solamente parte
di loro.

153
Conoscevo quel posto. Lì nel film la Macchina
del tempo venne distrutta dal treno in mille pezzi.
Marty non avrebbe più potuto viaggiare nel tempo
e da quel momento in poi avrebbe dovuto vivere
la sua vita al meglio, cercando di fare le scelte
giuste.

Marco fece scivolare piano la sua mano che


avevo sul mio fianco, su, su verso il viso e con un
gesto velocissimo, me la mise sugli occhi e mi
fermò.

-È il momento.

Mi guidò per un tratto di strada con la sua mano


sugli occhi. Sarei andata in capo al mondo con
quella mano sugli occhi. I suoi erano diventati i
miei.

-Ecco, sei pronta?

-Sì.

-Pronta, pronta?

154
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Sì, Marco, ti dico di sì.

Tolse la sua mano dai miei occhi e vidi davanti a


me la sorpresa. Era una macchina, era una
DeLorean grigia sopra a un ramo dei binari
principali chiuso. Era quella macchina che avevo
sempre sognato di vedere.

Guardai Marco e poi la macchina e poi Marco e


ancora la macchina.

-Marco, non ci credo.

Mi avvicinai incredula, girai attorno all‟auto,


guardai dentro, c‟era il flussocanalizzatore e il
quadrante dove si vedevano le date del passato,
del presente e del futuro.

Era lei, la Delorean del film.

Lì ci era salito Michael J.Fox in persona.

Marco aprì lo sportello e salì.

-Dai su, Sali. –mi disse.

155
-Che ci fa questa macchina qui?

-E a me lo chiedi?

- Binario, tu che sei qui da tanto tempo, che ci fa


la Delorean qui?

-Dai, non fare la cretina!

-Dai, dimmi la verità.

-Giuro che non lo so. Sono passato di qui un


giorno e l‟ho vista. Forse nel film ne hanno usate
più di una. Ma che ci frega? Siamo dentro alla
DeLorean, alla macchina del tempo, allora dove
vuoi andare? Passato o Futuro?

-Sei impazzito?

-No, scegli Passato o Futuro?

Pensai. Passato o Futuro? Dove cavolo potevo


andare? Il passato? Boh, io con il passato volevo
chiudere tutte le strade. Io con il passato non ci
volevo avere nulla a che fare. Beh, potrei essere
andata a vedere i miei da giovani, certo come nel

156
Selvaggia Joyce Ritorno a te

film, ma avevano vent‟anni e quello che mi hanno


raccontato per me andava bene. A volte è meglio
non conoscere troppe cose, a volte è meglio
lasciare così spazio alla propria immaginazione,
spazio a qualcosa che non sia tutta realtà. Cosa
potevo scoprire in più sui miei? Il loro primo
bacio? Non mi importava più di tanto. E il futuro?
“Non bisognerebbe sapere troppe cose sul
proprio futuro”, l‟aveva detto doc. E se avrei
visto che non avrei passata la mia vita con chi
amavo?! Che poi in quel momento non sapevo più
nulla. Marco, Gabriele, Gabriele, Marco. Forse
erano la stessa persona in quella macchina. Si
assomigliavano così tanto. Al pomeriggio avevo
scambiato Gabriele per Marco. E in quel
momento Marco che aspettava la mia risposta.
Che aspettava me. Cosa si aspettava da me?

-Marco, -gli sorrisi- Marco che ce ne frega di


Passato o Futuro? Perché non ce ne andiamo in

157
un posto dove nessuno ci è mai andato? Ti ricordi
quella scena del Titanic? Quella dove Jack e Rose
sono nella macchina?

-Già, “Dove la porto signorina?” –imitando Jack


con l‟accento inglese.

Sorrisi.

– Su una stella.

Si avvicinò piano. Mi mise una mano sulla


guancia.

-Ma io, io sono già su una stella, anzi con una


stella.

Appoggiò le sue labbra alle mie delicatamente,


solo per sfiorarle e sussurrando mi disse:

-Quanto sei bella.

Andammo su una stella. Seduti con le gambe


che dondolavano nel vuoto. C‟era una coperta
rossa che ci copriva e ci teneva vicini.

158
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Guardavamo giù. Tutto nero e poi i tetti delle


case.

Gli innamorati parlano del futuro. Del futuro


insieme. Parlano di case, di viaggi, di cani e figli.
Gli innamorati parlano di un futuro e se anche
non verrà che importa a loro? Gli innamorati se ne
stanno vicini ad ascoltarsi, a sentire le dolci note
delle proprie voci sopra ad una stella. A cosa
importa agli innamorati del futuro? Gli innamorati
parlano del futuro.

E noi su quella macchina tra baci ci infilavamo


parole.

-Andremo sulle montagne russe fino a vomitare.

-Sì, e cavalcheremo le onde con una gamba su


ogni lato.

-E tu mi insegnerai a sputare come un uomo.

-Perché non lo sai già fare? Eh? Maschiaccio?

159
-Ehi, maschiaccio a chi? Femminuccia con il
ciuffo.

E poi baci e silenzi. Che bello il nostro silenzio.


Lo stesso che c‟era nel ristorante. Più stavamo
insieme e più diventava nostro.

Giocavamo. Io Rose, lui Jack. Su una Delorean


giocavamo a fare il Titanic.

-Salti tu, salto io?

-Certo, salto io, salti tu?

Poi si fece più serio.

-Salti tu, salto io, ok?

Lo guardai. Marco. Avrei saltato se lui avesse


saltato? Ma era poi Marco?

Chiusi gli occhi.

Fanculo mondo. Fanculo!

Ehi, tu, sì dico a te, lì dentro, che vuoi fare?


Dimmelo. Marco sta aspettando una nostra

160
Selvaggia Joyce Ritorno a te

decisione. Si risponde subito se vuoi saltare. E io


non avevo risposto subito.

-Marco io, io non lo so.

Mi ero promessa di non dirglielo, ma dovevo. A


quel punto non potevo nasconderglielo.

-Marco, oggi pomeriggio, quando sono scappata


dal Caffè 80, ho rivisto Gabriele.

Lui si irrigidì.

-L‟ho visto scendere da una macchina ed entrare


in un Hotel. Quell‟hotel vicino al cimitero, non so
se lo conosci.

Lui fece sì con la testa.

-Ecco. Non ci ho parlato, anche se avrei potuto.


Anzi, a dire il vero stavo per andargli a parlare, ma
poi sono scappata. Non so perché l‟ho fatto. Ma
io sono venuta qui per dimenticarlo, ma poi
quell‟articolo sul giornale mi ha fatto restare e ora

161
non so più che cosa ci faccio qui. Ora ci sei tu, ma
è tutto così confuso. Marco con te sto benissimo,
ma ora non lo so, non so qual è la mia risposta. Io
non lo so.

Scese dalla macchina. Più deluso che arrabbiato.


Non so se mi capiva. Si accese una sigaretta e
guardava lontano in silenzio.

Che silenzio. Non era più il nostro. Ma il suo e il


mio. Due silenzi divisi. Due pensieri tesi che
insieme creavano imbarazzo, creavano un muro
alto.

Scesi dalla macchina e me ne andai via da sola


con le mani in tasca

Lui non mi seguì.

Eravamo due entità diverse in quel momento.


Ognuno con i propri bisogni, voleri.

Hill Valley non è molto grande e la via per il


centro la trovai subito.

162
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Lui si stava offrendo a me. Io che stavo


cercando quello che mi voleva dare da anni e anni
e anni. Quando arriva qualcosa, arriva così
all‟improvviso non ti dà nemmeno il tempo di
pensare, prendi o lasci, prendi o lasci. Il punto è
che con lui era sicuro, con Gabriele niente era
sicuro eppure stavo lì ad aspettare. Era la stessa
cosa. L‟amore è la stessa cosa con tutti. Gabriele o
Marco, cantante o attore che importa? Io dovevo
essere in uno di loro e uno di loro doveva essere
in me. Uno solamente: il più forte, il più intenso
avrebbe vinto. Vinto che cosa poi? L‟eternità? Lì
di amore c‟era solo quello di Marco, che poi avevo
la sensazione che stesse per fuggire da qualcosa,
che nascondesse dentro di sé qualcosa che non mi
volesse dire.

Non potevo chiederglielo? Non mi avrebbe


detto nulla, se no sarebbe venuto lui di sua
spontanea volontà a dirmelo. Cazzo però la gente

163
quando è ora di ascoltare le storie degli altri se ne
stanno zitti zitti, quando è ora di raccontare la loro
si chiudono, la mettono nascosta dentro di sé
come se fosse un tesoro. Che me ne fregava a me
della storia di Marco? Se lo amavo glielo avrei
detto subito e invece, sono scesa dalla macchina e
me ne sono andata da sola.

Io con me. Stanca che ero. Io con me.

Prima di Gabriele avevo avuto una storia con


uno. Con lui avevo scoperto l‟amore. Pensavo che
se c‟era allora sarebbe stato vivo in entrambi. Ma
non è stato così. Piano piano il suo si è affievolito.
Colpa mia, sicuramente colpa mia, amavo
talmente tanto quell‟amore che forse mi lasciai
andare troppo e così lui scoprì che per lui non era
altro che attrazione fisica. Non mi disse nulla. Che
si dice in questi casi? L‟amore, che poi che cavolo
di amore, Lui, ecco sì Lui, io avevo scoperto lui, io
amavo talmente tanto lui che mi sono lasciata
andare, ma poi che vuol dire lasciarsi andare

164
Selvaggia Joyce Ritorno a te

troppo? C‟è un limite? Bisogna avere il manuale


d‟istruzioni per amare qualcuno? Non basta
ascoltarsi dentro? Non basta? Non ricordo bene
come finì, io ricordo solo che un giorno sentii che
lui non c‟era più. Un grande colpo al cuore, mio
dio, è stato come se si fossero spente tutte le luci,
come se davanti a me avessi di nuovo uno
specchio, dove mi fissavo, dove mi rendevo conto
che ero ritornata a essere io con me. Solamente io
con me. Ancora io con me. Amici poi? Per lui
sarebbe stato l‟ideale, ma mica l‟amore muore
contemporaneamente. In me c‟era ancora il suo. È
stato proprio come perdere qualche proprio caro
anche se lui era ancora lì io non lo sentivo più con
me. Era un'altra persona, era come se mi fossi
svegliata da un sogno. Sì, ecco come Dorothy del
mago di Oz: si sveglia dopo tutta quell‟avventura e
si trova vicino al letto l‟uomo di latta, lo spaventa
passeri e il leone in carne ed ossa: persone vere.

165
Ma anche se erano loro non lo erano come lei le
aveva conosciute in quel “sogno”.

Lui piano piano smise di farsi sentire anche al


telefono.

Ero perduta. Poi arrivò Lucia e Monia e con


loro i Found: Gabriele, e allora un po‟ riuscirono a
salvarmi. Mi attaccai talmente tanto a quel
cantante da farlo diventare un‟ossessione. Mi ero
salvata? Ci si salva senza amore?

Decisi di sedermi sulle scale della torre


dell‟orologio, là dove mi aveva aspettato Marco
quella sera. Segnava le due e mezza di notte. Non
avevo per niente sonno. Che poteva fare una
cretina come me a quell‟ora? Che poteva fare una
cretina come me?

-Ehi, che si fa? Si scappa via in questo modo? –


era Marco. - Dai, su, questa notte non voglio facce
tristi. Hai ragione tu, dai, sì, ho sbagliato io. Faccio
sempre così sono troppo precipitoso nelle cose.

166
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Mi tese la mano per farmi alzare, mi tirò vicino a


lui e mi avvolse con le sue mani dietro alla schiena.

-Sono uno scemo, ma non sono poi così tanto


scemo. Quel pivellino di cantante non sa, io invece
so e non ti faccio scappare per nulla al mondo.
Capito? Testolina?

Cavolo! Che cosa si può dire in quei momenti?


Niente. Mi strinsi a lui. Le lacrime cadevano e
nemmeno le trattenevo.

Mi prese per mano e ci sedemmo sugli scalini.

-Sai tre anni fa, era tutto così, non lo so, ero
arrabbiato, ma non ero arrabbiato con nessuno in
particolare, nemmeno con il mondo. Avevo deciso
di non rivolgere la parola a nessuno. Avevo deciso
di stare in silenzio, perché sentivo che così stavo
meglio. Con le ragazze, non so, non ho mai avuto
delle lunghe storie, loro non erano mai come io
volevo che fossero. Sai, quelle vedono un bel

167
ragazzo e fanno di tutto per farsi notare. Sguardi,
sorrisi da lontano, sai, tutte quelle cose lì. Io sono
stato sempre uno che parlava poco, che se ne
stava in disparte. Ma evidentemente tutto questo
creava un mistero intorno a me e poi, non per
essere non modesto, ma mi hanno sempre trovato
un bel ragazzo. Tutto grazie al mio nonno. Un
giorno ti farò vedere una sua foto da giovane e a
dire il vero mi assomiglia tantissimo.

-Volevi tanto bene a tuo nonno? –gli chiesi.

-Oh, sì. Lui era un grande uomo. È morto il


giorno prima del mio ventesimo compleanno. Mi
sono tatuato il suo nome sul polso dopo un mese
dalla sua morte. Lo volevo con me per sempre.

Mi fece vedere il tattoo sul polso sinistro.

-Anche se, tatuaggio o non tatuaggio, chi lo


avrebbe dimenticato quel vecchio?. –e sorrise
guardando in giù e spostando la ghiaia con le sue
all star bianche.

168
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Aveva un modo di sorridere strano: stringeva


forte le labbra e poi velocemente piegava all‟ingiù i
due lati della bocca per poi riportarle alla loro
posizione naturale.

-È strano quando se ne va via qualcuno, il


giorno dopo ti ripeti in testa: “È morto, lui è
morto”. Ma non capisci, come si fa a capire?
Credo che nessuno capisca questa cosa. E il
pianto. Io non so se ho pianto, forse un giorno,
ma era solo per me. Quando muore qualcuno si
piange per sé e non mi sembrava così poi tanto
giusto.

Comunque ti stavo dicendo di me di tre anni fa,


che poi, ora che ci penso, forse è stata la sua
morte a farmi chiudere così tanto in me. Con lui
parlavo di tutto. Lui è stato il primo a sapere che
ho dato il mio primo bacio a stampo a quella
bambina chiusa nel bagno della scuola elementare.
Anzi a dire il vero è stata lei a darmelo, io non

169
avevo coraggio. Mi ricordo che stava tagliando la
legna con il suo coltellino a sera manico, con il
manico in legno che anche quello aveva fatto lui e
io gli dissi: “Nonno ho baciato una bambina”. Gli
dissi che l‟avevo baciata io, non volevo che
pensasse che io fossi un fifone e che avessi paura
delle ragazze. Lui sorrise e continuò il suo lavoro.
Anch‟io quando avevo la tua età ho baciato una
bambina, anzi è stata lei a baciarmi. Io gli feci un
sorriso buffo e poi di corsa ritornai a giocare con
le macchinine. Nonno sapeva sempre tutto e non
so nemmeno come facesse. Un giorno, poco
prima che lui morisse, mi ero lasciato con una
ragazza, lei mi aveva lasciato, ma nessuno sapeva
di lei. Andai a trovarlo e mi disse: “Ragazzetto che
c‟hai? Ti sei lasciato con la fidanzatina?” e io “Ma
se non ce l‟ho nemmeno”. Lui alzò la fronte,
piegò la testa a destra e mi fece una espressione
buffissima di incredulità.

170
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Quell‟uomo era una cosa incredibile. Non


conoscerò più nessuno come lui.

Va beh, stavo dicendo che tre anni fa ero


arrabbiato con il mondo, poi iniziai l‟università e
una mattina da quella porta sei entrata tu. Ti
guardai, eri così persa nel tuo mondo, nei tuoi
pensieri, eri con quella espressione seria, gli
occhiali da sole e quel modo di camminare così
elegante, così particolare.

-Ho un modo di camminare particolare?

-Sì ce l‟hai e a me fa impazzire. Beh, da quel


giorno tutto cambiò. Non vedevo l‟ora di vederti,
non vedevo l‟ora di venire all‟università per
incontrarti anche un solo secondo. Un giorno ho
provato anche a parlarti.

-Sì, mi ricordo.- e sorrisi arrossendo.

-Ti ricordi?

171
-Sì, ti ho notato anch‟io sai, che credi? Ma ho
sempre pensato che non ti piacessi. Quel giorno,
tu lo sapevi vero che non prendevo mai l‟autobus.
Vero?

-Sì, ma è stata la prima cosa che mi è venuta in


mente. Non sapevo cosa dirti. Mettevi e metti
ancora adesso soggezione.

-Perché poi non ci hai più provato?

-Mi ero vergognato tantissimo quel giorno allora


mi ero promesso di lasciarti in pace e di
accontentarmi di guardarti solo. Sai ora che sei
qui, ti racconto tutte queste cose, ma non so mai
cosa dirti, sei così bella che aggiungere di più non
serve.

-Non esagerare dai.

-Senti, basta con queste cose. Verresti con me


dentro alla torre? Voglio vedere Hill Valley vicino
all‟orologio. Non ci sono mai andato e vorrei farlo
con te.

172
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Si può entrare?

-Boh, ora vediamo.

Mi prese per mano e andammo nel retro. In


effetti c‟era una porta in legno con un lucchetto e
una catena. A prima vista sembrava fosse chiuso,
ma in realtà era solo lì appoggiato.

Marco diede una spinta alla porta e si aprì.

Chissà da quanto tempo era chiuso quel posto.


Dicevano fosse un tribunale.

Entrò lui per primo tenendomi la mano.

C‟era una finestra con delle inferiate vicino alla


porticina, la luce lunare illuminava i nostri passi.

Si vedeva appena appena una scala in legno che


si trovava di fronde alla porta principale.

Piano, piano salimmo. Io seguivo lui, ogni tanto


gli stringevo la mano quando sentivo qualche
rumore strano. Avevo paura che qualcuno ci

173
scoprisse: non si poteva entrare lì dentro. Gli
scalini ci scricchiolavano sotto ai piedi, era molto
antico quell‟edificio e pieno di ragnatele. C‟erano
porte in legno chiuse al primo e al secondo piano.
La scala finiva davanti ad una scala a chiocciola
che avrebbe portato in soffitta dove si sarebbe
potuto vedere l‟orologio. Quella soffitta era vuota.
C‟erano solo due scatoloni rovesciati vicino al
muro a sinistra e una coperta piena di polvere
rossa e gialla, davanti a noi si potevano vedere gli
ingranaggi dell‟orologio e l‟ombra delle statue dei
due puma si allungavano sul pavimento in legno
quasi fino a raggiungere le punte delle nostre all
star.

Mettevano i brividi quei due cosi.

C‟erano solo due piccole aperture che


permettevano di vedere la città di notte.
Dovevano essere state delle finestre, ma a quanto
pare erano state tolte e fatto due specie di porte
senza porte.

174
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Ci avvicinammo e ci sedemmo con le gambe a


penzoloni, anzi diciamo che io ce le avevo piegate
vicino al petto. Soffro di vertigini.

Era bello stare lì. Si vedevano le luci dei


lampioni che illuminano la strada e il laghetto che
c‟era proprio di fronte alla torre dell‟orologio. Le
piccole paperelle che di giorno si vedevano
nuotare, stavano tutte dormendo vicine con la
loro testa tra le ali.

Da lontano però si vedeva quell‟Hotel.


Vedendolo mi si strinse il cuore. I dubbi. Per
quanto io cercassi di convincermi che dovevo
dirgli addio, c‟era sempre quella parte in me, quella
parte che ormai era così stanca, ma che si
aggrappava ad una speranza che anche lei sapeva
che era impossibile, una folle, ecco, sembrava una
folle quella parte.

Guardai Marco sperando che quei pensieri se ne


andassero e gli dissi:

175
-Bello, no?

Mi guardò e mi diede un lungo bacio. Io chissà a


chi avevo dato quel lungo bacio.

L‟amore purtroppo non sta nei baci e nemmeno


negli abbracci e nelle carezze. Chissà dove sta
l‟amore, chissà dove stava il mio di amore.

Avevo la netta sensazione che fosse ancora lì


dentro di me e che nessuno ancora era riuscito ad
entrarmi con la sua mano dentro al petto e che me
lo avesse strappato. È pesate tenerlo lì dentro, è
un masso gigantesco che si lamenta
continuamente, continuamente, è quasi tipo
l‟uomo roccia della Storia infinita. Ha sempre
fame, sempre fame e tu devi cercare, sei costretta a
cercare da mangiare per lui, ma mangia solo una
sola cosa: l‟amore vero di qualcun altro. Non è per
niente facile trovarlo e allora continua a
lamentarsi, ti fa male dentro fino in fondo, graffia,
tira calci e pugni, urla quell‟amore, urla
silenziosamente lì dentro.

176
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Lo sentivo ancora urlare e mi veniva da urlare:


Vaffanculo Amoreeeeeee!

Quell‟amore era un uccellino. Vaffanculo


Uccellinoooo!

Dall‟interno della soffitta sentimmo muovere


qualcosa.

Non c‟era niente lì dentro eppure, eppure


qualcosa si era mossa. Marco era sicuro che era
qualche topo. Poi però sentimmo un verso, un
suono acutissimo. Non era per niente il verso di
un topo anche se sinceramente non avevo manco
la più pallida idea di come facesse un topo.

Marco si alzò e si avvicinò agli scatoloni.


Guardò dentro con la luce del cellulare.

-Che cos‟è, Marco, che cos‟è? –gli chiedevo.

Lui stava zitto, si inginocchio e prese qualcosa


dentro allo scatolone.

177
-Marco ti prego non farmi degli scherzi, ok?

Si avvicinò a me con qualcosa tra le mani, avevo


paura che fosse qualcosa di strano che mi volesse
buttare addosso. Mi costai un poco, ma lui si
avvicinò a me con le mani unite e mi fece vedere
quello che aveva in mano: era soltanto un piccolo
tordo che aveva fame.

Sorrisi, gli accarezzai la testolina. Marco me lo


mise tra le mani e si sedette di nuovo vicino a me.

-Ciao piccolo tordo. – gli dissi e poi rivolta a


Marco – Sai, i bambini prima di nascere sono dei
piccoli tordi.

-E chi ti ha detto „sta cosa?

-Peter Pan – gli sorrisi.

-Oh, certo Peter Pan.

-Sì, lui nei giardini di Kensigton.

-E quando ci saresti andata ai giardini di


Kensigton?

178
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Oh dio, quante domande. Che ti frega? Sei


geloso di Peter Pan?

-Sì.

-Che scemo!

Guardavo lontano e gli parlavo o forse parlavo


più a me stessa che a lui.

-Peter Pan un giorno decise di lasciare i giardini


di Kensigton per ritornare dalla sua mamma, ma
arrivato a quella finestra dove un giorno se ne era
volato via, trovò delle inferiate e dentro vide la sua
mamma che aveva tra le braccia un altro bambino
e si era dimenticata di Peter, di lui.

Le mamme non possono dimenticare i loro figli,


non possono. – e poi guardandolo negli occhi gli
chiesi – Tu, tu dimmi un motivo valido per far
nascere un bambino in questo mondo, dammi un
solo motivo valido. Io ci penso spesso, sai? E non
ne trovo uno. Guarda questo piccolo tordo da

179
solo, che ci faceva dentro ad uno scatolone?
Dov‟è la sua mamma? Sta soffrendo questo
povero piccolo, lui non lo sa, ma sta male. Non ha
bisogno di mangiare, ma di amore, che forse sai,
forse è la stessa cosa.

-A questo mondo c‟è l‟amore, che vale la pena di


essere vissuto. – mi disse.

-Amore Marco? Amore? E tu ce l‟hai questo


amore? Tu stai bene ora? Ce l‟hai? L‟hai trovato
questo amore che vale la pena di vivere una vita
intera, che è la giustificazione di una nascita che
non è stata voluta da noi?

Non parlava, guardò avanti a sé.

-Io credo di amarti. –mi disse.

-Già, una stronza ami. Una che non lo sa se ti


ama. Marco, Marco io credo che l‟amore c‟è se si è
in due. Il credere di amare da soli è come dirselo
davanti ad uno specchio. Non fa male l‟amore, sai?
Non fa male. Io vedo nei tuoi occhi che stai male

180
Selvaggia Joyce Ritorno a te

e io, io sto male Marco. L‟amore non fa mai male,


mai. Sì, forse fa male nell‟assenza, ma è un male
dolce perché poi si sa che si ritorna a stare
insieme. Io l‟avevo scoperto tempo fa, prima di
Gabriele, poi mi ha lasciata, ma io sono sicura che
all‟inizio c‟era qualcosa, ne sono sicura al 100% è
solo che poi qualcosa non è andato, forse
assomigliavo tanto al suo amore e lui al mio. Poi
pensai che se forse avrei amato solo io, se mi fossi
innamorata di qualcuno lontano che non lo
sapesse, sarei stata bene. In realtà la mia era solo
paura di provare ancora ad amare. Ma poi che
dico, provare ad amare? Mica lo decidiamo noi,
viene e fa tutto da sé. Quell‟amore che ho vissuto
io, era solo una piccola foto che mi ha fatto capire
un po‟ di che cosa si tratta. Quel un po‟ è stato
meraviglioso e allora io aspetto che arrivi quello
vero, l‟amore in carne ed ossa, quello che sa farmi
vivere. Ma è da anni che lo cerco, da anni che ne
parlo e lo scrivo su un quadernino, ma io mi sento

181
ancora sola, ora mi sento sola e sto male, questo
amore mi fa male tanto, qui dentro. Marco, si
rischia di vivere una vita senza amare davvero, sai?
Io non voglio rischiare per mio figlio, io non
voglio decidere per la sua vita, almeno ora non ho
il coraggio.

Avevo il piccolo tordo appoggiato sulle gambe e


lo accarezzavo, lui si era calmato e stava
dormendo.

-Arriverà presto la tua mamma sai piccolo?


Appena ritornerà il sole verrà da te con un bel
vermicello paffutello e non ti lascerà mai più solo.
Ti insegnerà a volare, a volare lontano, sopra
alberi e prati e montagne innevate. La vita per te
sarà bella, piccolo, sì, nessuno ti farà del male,
nessuno.

-Prima o poi tu mi amerai.

-Marco- e gli diedi un bacio sulla guancia. –Dai è


ora di dormire.

182
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Gli appoggiai il piccolo tordo tra le mani. Andai


a prendere quella coperta piena di polvere. La
sbattei un po‟ e la distesi vicino a dove ci eravamo
seduti.

Mi distesi con la testa che dava a Hill Valley.

-Vieni Marco, vieni qui con me. Stenditi.

Mise il piccolo uccellino tra di noi.

Eravamo stesi sul fianco e ci guardavamo.

Allungò un dito sul mio naso, sulla punta del


mio naso.

–Non voglio credere che tu non mi ami. Non


posso. Tu mi fai vivere. Io non sto male, io non
sto mai male quando sto con te. Tu sei la mia vita.
Sei tutto quello che aspettavo.

Non dissi nulla, diedi un bacio al suo dito e uno


al piccolo tordo.

183
Mi girai sull‟altro fianco dandogli le spalle, una
lacrima mi scese sul viso, chiusi gli occhi.

184
Selvaggia Joyce Ritorno a te

VII

Il sole del mattino mi scaldava i capelli, mi

svegliai che ero a pancia in giù. Alzai la testa e vidi


Hill Valley sveglia.

Guardai alla mia sinistra e non c‟era più


nessuno, nemmeno il piccolo tordo. Mi alzai andai
a vedere dentro allo scatolone, c‟era solo il nido
vuoto. Di Marco nessuna traccia. Che abitudine
strana aveva quel ragazzo. Sempre se non mi fossi
sognata tutto. Poi però sopra alla coperta c‟era un
bigliettino piccolissimo. Ah, già. Marco e i suoi
bigliettini, pensai. Chissà se mi fossi sposata con
lui, magari ogni mattina mi avrebbe lasciato un

185
bigliettino. Un bigliettino ogni giorno. 365
bigliettini all‟anno per tutta la vita. Mi sarebbe
bastato un armadio? Mah.

“ Io sono tuo. E tu vuoi che io sia tuo?”.

Piegai quel piccolo bigliettino e me lo misi in


tasca. Controllai se avevo qualche spicciolo: avevo
fame. Qualcuno ne avevo.

Mi fermai vicino all‟orologio. Erano le 10.

Le paperelle si erano svegliate e qualche


bambino dava a loro delle briciole di pane.

Se fossimo nati senza mangiare e né bere,


sarebbe stato tutto diverso. Forse sta lì la chiave di
questa vita.

Mi sembrava di essere Peter Pan vicino a


quell‟orologio. “Seconda stella a destra e poi dritto
fino al mattino”. Potevo tentare di buttarmi e di
andare al Caffè 80 in volo, ma mi mancavano i
pensieri felici quindi decisi di prendere le scale.

186
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Ero piena di polvere però, pensai che forse era


meglio andarmi a fare una doccia in hotel.

Passai davanti alla vetrina del Caffè 80, guardai


distrattamente al suo interno e vidi Luca e Marco
seduti allo stesso tavolo.

Cazzo ci faceva quel traditore lì?

Li vidi alzarsi dal tavolo e dirigersi verso la


porta, mi nascosi dietro l‟angolo del Caffè 80. Mi
passarono davanti e si diressero verso al Mcfly
Hotel.

Non sapevo che Marco conoscesse Luca.


All‟università non li avevo mai visti parlare
assieme eppure, visti così, sembravano amici da
sempre.

Si stavano dirigendo dove stavo andando io,


bene, gli avrei sorpresi nella hall, così, facendo
finta che fosse per caso.

187
Entrarono, aspettai qualche minuto per evitare
che si insospettissero.

Entrai, erano vicino al banco della Reception di


spalle. Mi avvicinai e li salutai.

Si girarono di scatto. Guardavo solo Marco, non


mi andava per niente di guardare in faccia
quell‟altro. Cercò di dirmi qualcosa Luca ma
nemmeno lo ascoltai, dissi a Marco che sarei
andata a fare una doccia e a riposare un po‟ in
stanza e che magari ci saremo ribeccati più tardi.

Mi feci dare la chiave e salii in camera.

Marco mi disse che aveva incontrato Luca al


Caffè 80, però non me lo aveva nemmeno
presentato, quindi sapeva che lo conoscevo. Quel
Marco mi diede l‟impressione che sapeva un sacco
di cose, tante cose su di me più di quanto io
pensassi.

Spensi il cellulare e andai a farmi una doccia.

188
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Qualcuno bussò alla porta mentre mi stesi sul


letto. Era Marco, sicuramente era in compagnia
dell‟altro. Non aprii, gli feci credere che stessi
dormendo.

Aveva la stanza vicina alla mia. Potevo ascoltare


vicino al muro quello che si sarebbero detti.

Ah, una cosa avevo notato, Marco aveva una


borsa in mano, cosa che la sera prima non aveva.
Sicuramente gliela aveva data Luca, quindi si erano
messi d‟accordo. Mah, pensavo che uno non si
sarebbe fatto tutte quelle ore da Bologna a Hill
Valley solo per portare una borsa. E poi come
faceva a sapere Luca che io ero a Hill Valley?
L‟unica che lo sapeva era mia sorella e lei non
parlava mai con Luca, anzi le stava pure antipatico.
Devo ammettere che alla fine aveva ragione sul
suo conto.

189
Misi l‟orecchio sulla parete che divideva la mia
stanza e la sua. Non riuscivo a capire molto cosa si
dicevano.

Stavano parlando della borsa e ad un certo


punto Marco disse che stava andando tutto bene.
Di sicuro stava parlando del film. Non gli avevo
chiesto più nulla, in teoria doveva finire le riprese
venerdì, il giorno del concerto.

Ma sì, mi dissi, andate al diavolo. Avevo anche


fame. Presi un paio di jeans e una maglietta nera
sgollata dalla valigia e piano piano aprii la porta e
allo stesso modo, piano piano, la chiusi, non
volevo che mi sentissero, per loro stavo
dormendo. Non avevo voglia né di parlare né di
rivedere quella faccia da traditore di Luca.

Entrai nel Caffè 80, ordinai da mangiare, era


mezzogiorno, si sentivano i rintocchi dell‟orologio.
Chissà dove era andato quell‟uccellino. Di sicuro
era venuta la sua mamma mentre stavo dormendo
ed era volato via con lei.

190
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Il jukebox suonava. Bon Jovi, “It‟s my life”.


Yeah, It‟s my life. Questa è la mia vita, già, e
intanto gli altri ci mettevano le loro sante manine e
mi portavano di qua e mi portavano di là. It‟s my
life un corno! Al massimo è la nostra vita. Se
fosse solo la mia. Porca miseria. La vita è mia e
decido io, ma come ho detto, io decido due cose
su un miliardo di cose e poi, poi c‟è sempre il mio
amico Destino, lui sì che è bravo. Vero, destino?

Eh, già! Il destino o delfino? Come dice George


Mcfly. No, va beh, il destino quel giorno ha voluto
che mentre mi stavo godendo, in santa pace,
quella bellissima canzone dei Bon Jovi entrasse
dalla porta quello che a quanto pare stava
simpatico al destino: Gabriele.

Se avessi passato almeno un giorno tranquillo in


quella città, almeno uno! Non chiedevo tanto.

Mi ero seduta in un tavolo nell‟angolo, a destra


del bancone. Da lì si vedeva tutto il locale, si

191
vedeva chi entrava e chi usciva e si vedevano tutti
gli altri tavoli.

Gabriele si era seduto vicino alla vetrata del


Caffè 80. Solo. Mi piaceva quella sua solitudine.
Ogni tanto diceva che partiva con la sua
macchinina e andava a fare un viaggio in qualche
posto per prendere ispirazione, ma soprattutto per
vivere un po‟ fuori dalla sua monotonia. Fare il
cantante sembra un lavoro divertente, ma è molto
pesante e bisogna stare sempre bene concentrati,
determinati e avere dedizione. Ore e ore rinchiusi
in studio per registrare nuove canzoni che poi
devono essere perfette o almeno avvicinarsi alla
perfezione e poi il tour. Quasi ogni giorno in
viaggio per l‟Italia. Lo stress si fa sentire. Quando
si sale su un palco bisogna cercare di essere
concentrati il più possibile per fare un buon
spettacolo. La gente se ne accorge se c‟è qualcosa
che non va e ci mette solo due secondi ad urlare
che tutto fa schifo e a lanciare pomodori.

192
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Ad un concerto dei Found è successo, Gabriele


ha ringraziato dicendo che non aveva ancora
cenato e si è mangiato il pomodoro come se fosse
stata una mela. È stato incredibile quel giorno.

Però poi, quando se ne ritorna nella stanza dell‟


hotel, si pensa e ci si chiede dove si ha sbagliato,
sono sicura che quel giorno l‟ha fatto Gabriele e
un po‟ male ci è stato.

Dicevo che assomigliava a Marco, ma dov‟è che


ci assomigliava? Gabriele aveva un‟aura attorno a
sé, no nel senso che fosse santo, ma si vedeva da
lontano un miglio che era speciale.

Ci sono persone al mondo che hanno una


personalità che nessuno mai riuscirebbe a clonare,
a volte queste persone vengono spesso imitate,
amate, odiate, ignorate, ma non saranno mai
apatiche, mai. Non riescono mai a passare
inosservate e non è questione di look, anche se
vanno in tuta al supermercato a far la spesa con le

193
ciabatte e un cappellino di quelli anonimi, loro
saranno sempre notati. A loro basta poco, basta la
loro presenza, basta solo il loro sguardo, si capisce
subito chi sono, hanno un‟identità ben definita,
non serve nemmeno che aprano bocca. Sono
pericolose quelle persone perché ti potresti
innamorare fino a star male e io, guarda caso,
andavo sempre a cercare quelle persone. Sì, me le
andavo a cercare le mie ore chiuse in stanza per
stare male e piangere per una di loro. Ma sono
fuori dal comune, sembrano angeli, alieni o non so
cosa. Per me quelle persone uomo o donna che
siano sono irresistibili. Che sia chiaro, mai
innamorata di una donna. Gli uomini a dire il vero
li trovo più interessanti delle donne, non perché io
sia etero, ma forse perché…

-Ciao

Perché…

-Eh?

194
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Ciao.

C‟era uno che sventolava la mano in segno di


saluto dal tavolo dove era seduto Gabriele. Mi
girai per vedere se stava salutando qualcuno dietro
di me, ma non c‟era nessuno.

Gabriele mi stava salutando!

Sventolai anch‟io la mano senza emettere un


suono. Stringevo il mio bicchiere di Pepsi tra le
mani.

-Come va? Anche tu qui? –sempre da lontano.

Continuavo a sventolare la mano. E dentro di


me rispondevo. “Sì, anch‟io qui”.

-Ehi, tutto apposto?

Mi ripresi. Feci un respiro profondo.

-Tu ti ricordi di me?

195
-Certo che mi ricordo. Sei sempre in prima fila
ai miei concerti. Dai, vieni qui, che ci fai lì da sola,
scambiamo quattro chiacchiere.

Ero da sola nel Caffè 80 con Gabriele. Lui si


ricordava di me, ma non di me quella del bacio
sulla panchina sotto la torre degli asinelli, me
quella che stava sempre attaccata ad una
transenna. La ragazzina.

Ingoiai. Avevo le gambe che mi tremavano. Mi


alzai. Spostai la sedia indietro e mentre uscivo dal
mio posto, presi addosso al tavolo e feci cadere il
bicchiere della Pepsi. Si ruppe in mille pezzi sul
pavimento mentre tutta la Pepsi mi si rovesciava
sulle e nelle scarpe.

Tipico. Tipico di me. C‟era d‟aspettarselo.

Guardai verso il cielo. “Perché?”

Gabriele si alzò e venne da me.

-Tutto ok? Ti sei tagliata.

196
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-No, no tutto ok, ho solo le scarpe e i calzini


pieni di Pepsi.

Il cameriere arrivò con la scopa e la paletta


dicendomi di non preoccuparmi e che erano cose
che capitavano.

Sì, capitavano. Capitavano sempre nei momenti


sbagliati però. Uff.

-Dai, vieni andiamoci a sedere. Non ho mai


pranzato con una ragazza con le scarpe e le calze
bagnate di Pepsi.

Sorrisi.

Avevo il viso che stava prendendo fuoco.

Dio che giornata!

-Allora? Sei venuta qui per il concerto?

-No, sì, cioè…-e che gli potevo dire? “No, sono


venuta qui per stare lontano da te e invece ora tu
sei proprio qui davanti a me”? -Sì, sono venuta qui

197
per il concerto. Quando ho letto che suonavate a
Hill Valley, –inventavo- ho deciso di venire. Era
da quando ero piccola che volevo venire qui e
questa è stata un‟occasione da non perdere.

-La trilogia, vero?

-Sì- e sorrisi abbassando la testa. – Tu, contento


di essere qui in California? So che era un tuo
sogno venire qui un giorno.

-Oh, sì, Dio, per me è incredibile essere qui e tra


un giorno farò pure un concerto. Sono sicuro che
non dimenticherò mai questo viaggio. Venerdì
deve essere tutto perfetto. Anche se di sicuro
nessuno canterà, a parte te, ma qui in America
sanno qual è la buona musica o quella da buttare e
quindi sarà una prova molto importante per noi.
Ci potrebbe anche cambiare la vita questa data. Se
diventiamo famosi in America lo saremo poi in
tutto il mondo.

198
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Oh, vi meritate davvero tutto questo. Le vostre


canzoni sono fantastiche, davvero, io sarò di parte,
ma testi e musica si abbracciano in una maniera
perfetta secondo le mie orecchie.

-Quali altri cantanti segui oltre a noi?

-Robbie Williams e Cremonini.

-Oh, grandi. Sì, grandi davvero. Stimo molto


Robbie Williams. Il suo nuovo album, il titolo è
geniale. E poi Cremonini l‟ho incontrato qualche
volta in giro per l‟Italia. Abbiamo anche scambiato
quattro chiacchiere assieme nei dopo concerti e
devo dire che è una persona davvero alla mano,
professionale e credo che farà molta strada.

-Sì, lo credo anch‟io.

-Tu di dove sei?

-Bologna.

-Oh, come Cremonini?

199
-Sì.

-Veramente gran bella città Bologna. E poi ogni


volta pubblico fantastico.

-Senti, ma gli altri 3 dove sono?

-Oh, loro sono ancora a Milano. Hanno deciso


di partire domani. Io è da ieri che sono qui.
Volevo un po‟ spassarmela in America, diciamo. E
poi ero curioso anch‟io di vedere questa città. Hai
visto la torre dell‟orologio? Mitica.

Eh, sì. In quel momento ascoltavo, sì. Cioè, più


o meno. A quanto pareva non ricordava proprio
nulla di quella sera. Forse era meglio così. Ma quel
momento era tutto reale. Non avevo acceso
nessunissima automp3, non avevo chiesto a
nessuna stella cadente, fata o che so io di darmi
un‟altra possibilità, anzi avevo chiesto il contrario.
Però c‟era Luca in città. Avevo il sospetto che ci
avesse messo lo zampino anche quella volta. Ma
era una cosa impossibile, lui non sapeva che ero al

200
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Caffè 80, io, per lui e per Marco, ero nella mia
stanza che stavo dormendo.

-Allora che fai dopo? – era Gabriele che mi


chiedeva.

-Boh, nessuna idea.

Ero lì ad Hill Valley ed aspettavo solo il


concerto, in realtà non era vero, in quel momento
non aspettavo più niente, tutto quello che dovevo
aspettare era lì davanti a me.

-Io un‟idea ce l‟avrei. Vieni con me?

Vieni con me? Vieni con me? Dio che domanda


celestiale, Vieni con me?

-Sì, vengo con te.

Chiuse il tovagliolo con l‟ultimo pezzo di toast


che aveva ordinato, se lo mise in tasca.

Andò alla cassa e pagò. Pagò anche la mia Pepsi


frantumata.

201
- Gabriele, ti devo una Pepsi.

-Lascia stare.

Mi era passato tutto, tutta la rabbia che avevo


nei suoi confronti sparita in un quarto d‟ora.
Avevo le scarpe piene di Pepsi e nemmeno me ne
preoccupavo.

Bello lui. Dio se era bello. Che dovevo fare?


Stavo 100 mila volte meglio con lui che con
Marco. Significava pur qualcosa? Amore? Boh, e
chi lo sa. Sapevo solo che ero serena. Se me lo
avesse chiesto Gabriele: “Salti tu, salto io?”. “Sì,
Gabriele, sì! Salterei da una torre alta 1000 metri se
tu saltassi”.

Come ero messa male. Dio, se ero messa male!


Ma lo sapevo già, lo sapevo da sempre, dalla prima
volta che lo vidi in quella discoteca.

-Andiamo?

-Andiamo.

202
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Uscì per primo lui dal Caffè 80 e si diresse verso


la Torre dell‟orologio.

-Allora? Come fai a venire a tutti i nostri


concerti ed ad essere sempre in prima fila? È una
cosa incredibile. Ogni volta che penso che c‟è
della gente lì fuori da ore e ore solo per vedere
un‟ora del mio concerto, davvero, penso sempre
che non me lo merito o che dovrei cantare per
cinque ore di fila per sdebitarmi. C‟è sempre la
paura prima di una data che non venga nessuno a
vederti ed ascoltare la tua musica. Diventare
famoso per me significa scacciare via questo
timore. È una stretta al cuore, è un tenere il
respiro e poi salire sul palco e vedere che anche
quella volta qualcuno si è ricordato di te e che
apprezza ancora la tua musica. A volte le canzoni
durano solo una stagione, io vorrei che le mie
canzoni vivessero per sempre anche dopo la mia
morte. Forse pretendo troppo. In fin dei conti

203
siamo solo una band emergente, in qualche modo
sconosciuta dai più. Ho ancora sogni da realizzare,
sono dentro al sogno ma per me è solo l‟inizio.
Ho paura che arrivi il mattino e mi risvegli nel mio
letto e mi renda conto che è stato tutto solo un
sogno.

-Gabriele, io credo nella vostra musica, si vede


chi siete: siete quattro ragazzi che non sono lì per
stare sotto i riflettori, che se potessero ne
farebbero anche a meno, che tutto quello che vi
interessa è comunicare attraverso la musica, avete
un sacco da dire e quello è l‟unico modo che avete
trovato per farlo. Noi fans veniamo ai vostri
concerti per scelta. Certo è difficile stare sotto al
sole tutte quelle ore, ma devi sapere che noi lo
aspettiamo tutti i giorni quel momento, lo
aspettiamo da quel momento che voi scendete dal
palco. Quell‟ora è magia per noi, stiamo bene,
stiamo veramente bene e ci sentiamo vive con la
vostra musica. È una cosa che non si può spiegare.

204
Selvaggia Joyce Ritorno a te

E quindi stare lì sedute vicino ad una transenna o


in piedi, schiacciate come sardine, per noi, è la
cosa migliore da fare tra tutte le cose che abbiamo
da fare. Essere fan di un cantante significa questo,
essere fan di un cantante significa fare anche cose
pazze. Forse è amore o forse no, ma io mi sento
viva e tutti seguono quella strada. Possiamo
maledire la vita, possiamo farlo ogni giorno,
rinnegare il cielo, rinfacciare a nostra madre di
essere nati, ma poi alla fine quello che cerchiamo è
solo e sempre vita e tutto quello che vogliamo è
sempre e solo vivere.

Gabriele mi guardava. Pensava a qualcosa, ma


non disse nulla. Attraversammo la strada e
andammo vicino al laghetto davanti alla Torre
dell‟orologio. Gabriele prese il tovagliolo con i
pezzetti di toast che aveva in tasca lo aprì e iniziò
a dare da mangiare alle paperelle.

205
-Da piccolo andavo sempre con i miei al lago e
ogni volta chiedevo a mamma di darmi un
pezzetto di pane vecchio per dare da mangiare ai
cigni e alle paperelle. A volte vedevo anche quelle
piccoline, mi piacevano tanto, tenere tenere, ho
sempre desiderato prenderne una tra le mani e
accarezzarla, ma non l‟ho mai fatto e non l‟avrei
nemmeno fatto neanche se ne avessi avuto la
possibilità.

Poi un giorno mamma se ne andò. Lasciò papà e


si trasferì in Inghilterra con un uomo dai capelli
rossi, gli occhi azzurri e le lentiggini. Io rimasi con
mio padre. In estate ci andavamo lo stesso al lago,
ma non fu più la stessa cosa. Vedevo quelle
piccole paperelle che seguivano la loro mamma, io
avevo otto anni, volevo far vedere al mio papà che
ero grande, non gli chiesi di darmi il pane per loro.
Non lo feci più da quando lei se ne andò via con
quello. Ci stavo male però, quelle paperelle con la
loro mamma e io con papà, che, se anche gli

206
Selvaggia Joyce Ritorno a te

volevo un bene dell‟anima, avevo comunque un


rapporto più di rispetto con lui. E poi sentivo che
quelle paperelle non avevano bisogno di me, loro
avevano la loro madre ed era lei che doveva dare il
pane a loro e non io, io ero solo qualcuno che
doveva passare di lì e guardarle e poi andare via e
dimenticare.

Prima sono passato di qui e ho visto il laghetto.


È più di quindici anni che non faccio questa cosa,
quindici anni.

Mia madre lo avrò vista sì e no cinque volte in


tutti questi anni, ma, sai, ormai sono grande e so
badare a me stesso, lei a volte mi manca sì, ma
vedevo in quegli anni papà che stava male. Di
notte mi alzavo per andare al bagno e lo vedevo
dalla porta socchiusa di camera sua, seduto sul
letto con la abatjour accesa che piangeva. Mi si
stringeva il cuore e odiavo mia madre in quei
momenti.

207
Vedi, queste paperelle? Queste paperelle non
soffriranno mai. Se ne andranno quando sarà il
momento e non vivranno mai momenti dove
odieranno la propria madre.

Io, io ho sempre sognato di essere una papera,


ora tu ti metterai a ridere, ma è così. Guarda come
mangiano, sembrano così serene, c‟è sempre
qualcuno che si ferma qui e gli dà qualche briciola
e allora va bene. Che si può desiderare di più?
Qualche briciola,un laghetto e amore. Vedi come
stanno sempre insieme? Secondo te cosa può
essere? Loro non hanno nessun interesse,
nessuno.

Ho scritto anche una canzone su questo, di


sicuro la conosci. Credo sia la canzone più
autobiografica che ho scritto e quella che mi
rispecchia di più.

Sì, eccome se la conoscevo, era quella che avevo


ascoltato quella sera, quella sera dove il tempo si
era fermato. Era una delle mie preferite e

208
Selvaggia Joyce Ritorno a te

l‟ascoltavo sempre, come ho detto, quando ero


triste.

Gabriele non aveva mai raccontato quella storia


a nessuno, tanto meno ai giornalisti che lo
intervistavano e quel giorno l‟aveva raccontata a
me che, a dire il vero, per lui ero solo una
sconosciuta. Mi vedeva sempre, sì questo è vero,
ma più di un Ciao io e lui non ci eravamo detti
null‟altro, beh, sì, senza contare quella sera, ma per
lui quella sera non esisteva, quindi tutto era
iniziato quel giorno.

-Oh, ma tu hai ancora le scarpe e le calze zuppe


di Pepsi. Vuoi andare in hotel a cambiarti?

-Eh, no no, dai – in hotel c‟era Marco e Luca,


non ci potevo andare, non ci volevo andare, non
potevo rischiare di farmi vedere e poi non volevo
allontanarmi da lui neanche mezzo secondo.

209
– Dai, fammi finire questa tua giornata unica
con la ragazza con le scarpe e le calze bagnate di
Pepsi, quanto ti ricapiterà ancora?

-Come vuoi, ragazza con le scarpe e le calze


bagnate di Pepsi.

Mi guardava un po‟ male, quasi come se fossi


una pazza. Ma era meglio farsi dare della pazza,
anche dal ragazzo più bello dell‟universo che
andare in quell‟hotel. Anzi dovevo allontanarmi il
più possibile dal centro. Temevo che avrei
incontrato quei due. Quei due sapevano più o
meno chi era quello che ci avevo accanto.

-Bene allora dove andiamo? –mi chiese.

- Uh sì, Riverside, lì ci dovrebbe essere il Tunnel


dove Marty fu inseguito nel 1955 da Biff con la
macchina e la casa di Doc. Chissà se è uguale al
film.

-Ok, andiamo.

210
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Durante la strada chiese di me, mi disse “Dai,


raccontami un po‟ di te”. Gli potevo dire tante
cose, gli potevo dire che lavoro facevo, del mio
passato, dell‟università, di mia sorella o del mio
cane, ma gli dissi:

-Non so da che parte iniziare o forse mi sa che


non c‟è nessuna parte. Ti potrei dire sempre le
stesse cose, tutte quelle cose che in realtà non
fanno capire niente, tutte quelle cose che gli altri
non so per quale motivo vogliono sapere che poi
in tasca si ritrovano con nulla, come quando erano
arrivati. Una persona si conosce con il tempo. Tu
mi conosci ora mentre ti sto dicendo questo. Non
prendermi per pazza, io sono solo stanca, sono
solo stanca di sentire sempre i soliti discorsi. Sono
stanca sempre di ascoltare le solite frasi imparate a
memoria o dette perché in quel momento bisogna
dirle. Gabriele, capirai chi sono con il tempo se
Dio ce lo darà, io più di parlarti non posso fare

211
altro. Se vuoi capirmi guardami negli occhi, ascolta
il suono della mia voce e il mio modo di
camminare e il mio silenzio. Ascolta il mio
silenzio.

-Sai che sei proprio curiosa?

-Curiosa? Secondo te una che cerca di uscire dai


soliti schemi imposti è curiosa? Io dico solo che
seguo quello che dice la mia testa. Mi hanno fatta
nascere? Ho una testa mia? Bene, sto alle vostre
regole, ma le parole le uso come voglio io, tanto le
capiscono, capiscono tutti quello che voglio dire è
solo che vogliono tapparsi le orecchie perché
qualcuno ha detto loro che è sbagliato, che se
pensi diversamente sarai un emarginato. Preferisco
essere un‟emarginata e ragionare con la mia testa
che piuttosto essere una marionetta nelle mani di
non so chi. Perché sai qualcuno ha deciso tutto
questo, ma chi? Tu sai chi? I nostri nonni? I nostri
bisnonni? Anche loro non sapevano nulla. In
realtà io lo so chi è stato. “La storia siamo noi”

212
Selvaggia Joyce Ritorno a te

dice il Principe, “Siamo noi questo piatto di


grano”. È tutta colpa nostra se il mondo va male,
è facile dare la colpa agli altri, troppo facile. Va
beh, non ne voglio più parlare ora. E poi proprio
tu parli che mi mangi i pomodori che ti tira il
pubblico o che ti metti a litigare sul palco con uno
che diceva che siete solo costruiti a tavolino.

-Già. Siamo uguali io e te.

Disse proprio così. Siamo uguali io e te. Guardai


l‟orologio che aveva al suo polso, funzionava
bene, non si era fermato. Era un buon segno.

-Sai, -gli dissi -non mi sembra vero essere qui


con te.

-Oh, ora non esagerare, mica sono Robbie


Williams, ok, che faccio il cantante in una band
conosciuta e che tra un giorno farò un concerto in
America e che diventerò come Robbie Williams.-
rise – Ma ricordati che sono solo un semplice

213
ragazzo, che sta affianco ad una ragazza e le sta
dicendo che è veramente molto carina.

-Puoi ripeterlo per favore?

-Sì, sei molto carina e non far finta di non aver


sentito.

Gesù, Giuseppe e Maria e gli angioletti. Non


sapevo proprio più cosa dire.

-Ehi, guarda il tunnel, mica vorrai attraversarlo?-


mi chiese.

Ero ancora in trans e gli feci segno di no con la


testa.

-La casa di doc dovrebbe essere qui vicina. Ma


non penso che ci viva lui, veramente.

-No, no lui non vive qui, ma ogni tanto viene a


Hill Valley per prendersi una vacanza da sua
moglie.

-Questo te lo sei inventato!

214
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-No, no giuro, me l‟ha detto lui proprio ieri


pomeriggio a pranzo.

-Non ci credo.

-Non ci credi? Se ora vai nel piazzale del Twin


Pines Mall troverai un set cinematografico e lì
troverai lui, sta recitando per un film sui vampiri.

-E tu come fai ad aver pranzato con lui?

Cavolo ero costretta a dirgli di Marco.

-Ehm, un mio amico, cioè non proprio amico


amico, un conoscente diciamo che ho incontrato
qui e che recita anche lui nel set, me l‟ha fatto
conoscere.

-Un tuo amico, eh?

-Sì, conoscente.

-Sì, conoscente.

-Gabriele conoscente, punto.

215
-Ok, ok. Va beh, cambiando discorso,
purtroppo di me mi tocca dirti nulla, perché mi sa
che sai già tutto.

-Tutto quello che hai voluto che si sappia.

-Sì, sì questo è vero. In realtà sono molto


riservato.

-Come darti torto.

-Senti ma non me lo potevi dire subito che Doc


non abita qui? Cavolo ci siamo venuti a fare fin
qua? Perché a dirti il vero a me frega assai vedere
la casa di Doc.

E facendo così si sedette su una panchina.

Dopo il tunnel della Riverside c‟era uno spazio


verde con alberi, fiori, panchine, tavoli in legno
per fare il picnic e anche giochi per bambini.

Mi guardai intorno – Bello qui no?

Lui mi fece segno con la mano di sedermi vicino


a lui. Non me lo feci ripetere due volte.

216
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Ancora noi due su una panchina, ancora noi due


vicini. Cazzo quasi quasi quel Destino mi stava
diventando simpatico. Se alla fine dovevo finire
sempre su una panchina vicino a lui beh, qualsiasi
cosa che mi sarebbe successo prima lo avrei
sopportato senza lamentele.

Mi mise il braccio attorno alle spalle.

-Dillo che era solo una scusa per camminare un


sacco e per stare insieme a me.

-Gabriele che dici? Io prenderti in giro in questo


modo? Non sia mai. –lo dissi facendo la finta seria
per poi alla fine sorridergli.

-Sì, certo. Non sia mai. Vabbeh.

-Che fai stasera?

-Tu che fai stasera?

-Quello che fai tu.

-Ah, e io farò quello che fai tu.

217
Si avvicinò senza dire nulla. Un sospiro e poi mi
baciò.

Mi ritrovai mano nella mano con lui a ritornare


in città. Ogni tanto mi fermava mi dava un bacio e
continuavamo la nostra strada.

Arrivati davanti alla Torre dell‟Orologio vidi che


vicino al laghetto c‟era Marco e Luca che stavano
parlano. Mi girai di spalle verso di lui e dissi piano
che dovevamo andarci a nascondere subito e che
c‟erano due tipi che non volevo che mi vedessero.
Corremmo verso la Torre dell‟Orologio. Ci
nascondemmo dietro al muro, da lì se ci
sporgevamo un po‟ potevamo vedere quello che
stavano facendo senza farci vedere.

Io ero appoggiata al muro e lui era schiacciato su


di me.

-Scusa. -mi disse e intanto faceva finta di


interessarsi a quei due sporgendosi ogni tanto.

-Chi sono mi diceva? –e poi mi baciava.

218
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Nessuno, solo due che rompono.

-C‟è il tuo amico lì- e poi mi baciava.

-Sì, ma non è importante.

Si stancò di guardare e ci baciammo per un bel


po‟ lì nascosti. Lì davanti al mondo. Lì nella realtà.
Lì c‟era tutto quello che avevo bisogno e se ne
potevano andare anche a quel paese Marco e Luca.

-Senti,- lo guardai negli occhi –devo andare via


da quell‟Hotel, ci sono loro e non ho nessuna
voglia di rincontrarli.

Luca e Marco nel frattempo entrarono nel


negozio di Cd e Dvd dove ero entrata il giorno
prima.

Davanti all‟hotel gli dissi di aspettarmi lì fuori.

-No, dai ti aspetto al mio hotel, tanto sai già qual


è.

Prima di entrare mi fermai e lo guardai.

219
-Guarda che ti ho vista ieri. Ho fatto finta di
niente, ma ti avevo riconosciuta già prima di
scendere dalla macchina. Mi devi spiegare poi che
ci facevi lì.

Non dissi niente, lo guardai seria. Dissi solo :

-A dopo.

-Stanza 1026.

Salii le scale di fretta. Misi tutte le mie cose


dentro alla valigia che era ancora da disfare.
Consegnai la chiave e pagai il conto. Stavo
andando da Gabriele e lui mi stava aspettando.

“Hill Valley sei magica” dissi dentro me.

Lui era lì che mi aspettava nella hall seduto sulle


poltroncine in pelle nera e leggeva un giornale di
gossip.

-Ciao. – gli dissi.

220
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Ah, vedi anche qui parlano di Clooney e la


Canalis. Stimavo quell‟uomo prima che andasse
insieme a quella.

-Non dirlo a me.

-Piace anche a te Clooney?

-Avevo i suoi poster in camera e prima di andare


a letto lo baciavo quando avevo sui dieci, undici
anni.

-Ah, però.

-Dai, vado a prendere la stanza.

-Prendi la 1028.

-È libera?

-Boh, lo spero. So solo che è quella vicino alla


mia.

-Le pensi tutte, eh?

221
La stanza era libera. Entrammo insieme. Poggiai
la valigia su una sedia accanto al letto. Quell‟hotel
era bellissimo. La stanza non era molto grande e
nemmeno il bagno. C‟era la vasca però e attaccato
al muro davanti al letto una tv al plasma. Ma non
avevo per niente voglia di vedere la tv, tutto quello
che volevo vedere era lì vicino a me in carne ed
ossa.

-Senti, -gli dissi- Ora te ne vai che così mi riposo


un po‟. Poi stasera ci vediamo a cena qui
nell‟hotel, ok?

-Ah, mi mandi via così.

-Sì, dai, fila via.

Stavo dormendo quando sentii una musica da


lontano. O forse non molto da lontano. Era
nell‟altra stanza, qualcuno suonava. Dopo un po‟
mi ricordai dove ero e chi c‟era nell‟altra stanza.

Mi alzai, mi pettinai un po‟ e andai a bussare alla


sua stanza.

222
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Bussai più di una volta, evidentemente non mi


sentiva. Aprì, sorrise quando mi vide e mi fece
entrare.

-Che fai? – gli chiesi. –Mi hai svegliata,


mannaggia a te. Stavo facendo un sogno
bellissimo.

-Che sognavi?

-E sì, a te vengo a dirlo che sogni faccio.

-Va bé allora tieniti i tuoi sogni.

-Allora che fai?

-E sì, a te vengo a dire che sto facendo.

-Dai, scemo. – chiamai scemo Gabriele. Mi


stupii di me stessa.

-Sto scrivendo una canzone.

Aveva una piccola pianola elettrica e mentre mi


parlava suonava i tasti.

223
-Davvero?

-Sì, solo che ho solo questa melodia in testa –me


la fece sentire.

-Niente parole?

-No, per ora no. Tu scrivi?

-Cosa?

-Sì, scrivi per caso poesie o cose del genere? Di


solito le mie fans lo fanno e ogni tanto mi
mandano qualche loro poesia. La maggior parte
sono tutte dedicate a me.

“Come se non lo sapessi” pensai.

-Sì, dai, diciamo che qualcosa scrivo. Ma non le


chiamerei proprio poesie, sono solo immagini o
pensieri che ogni tanto butto giù in un foglio,
niente di che.

-Dai, fammi leggere qualcosa.

-Sicuro?

224
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Sì, dai.

Uscii dalla stanza e andai a prendere il mio


quadernino che portavo sempre con me nella
borsa.

-Ecco, sono tutte qui.

-È da molto che scrivi?

-Non ricordo, so solo che un giorno ho iniziato


e poi non ho più smesso.

-“Caro Amico,

Amico che amico non sei mai stato.

Amico che ricordo ancora la prima parola che ci

siamo scambiato.

Caro Amico ora devo andare,

Amico, non ho niente che mi deve aspettare,

ma io devo andare

a nuotare nell‟oblio di un mondo

225
che mi chiama amica

ma io l‟amica non la so fare.

Non mi è mai importato niente.

Non mi è mai importato quello che pensavano

e quello che dicevano.

Caro Amico mi hai dato una spinta fuori dalla

porta

e poi hai voluto che rimanessi ancora tua amica.

Io una tua amica non lo sono mai stata.

Io che di amici non ne ho,

solo un cane che appena vede la porta aperta

prova a scappare.

Caro Amico,

ti saluto non ho più niente da dirti

avrei tutta la vita per parlarti.

Un calcio nel culo e fuori dalla porta.

226
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Addio caro amico, amico che non sei,

amico che forse ti ho amato

o forse ti ho solo sognato”.

Finì di leggerla e rimase in silenzio.

-E questa quando l‟hai scritta?

-Non lo so.

-Fa male.

-Non più.

-Non credo. Nei tuoi occhi si legge tutto.


Dicono “Col tempo passerà” sì, certo, passa passa
tutto questo è vero, ma io ricordo tutto come se
fosse stato ieri e tutto fa ancora male, anzi forse fa
ancora più male.

-Già.

-Posso usarla per la mia canzone?

-Cosa? E me lo chiedi?

227
-Dai, mi piace un sacco.

-Prenditi tutto il quadernino se vuoi, è un onore


per me.

-Grazie –e mi diede un bacio.

Mi sedetti sul letto con lui. Lui suonava e poi


cercava di cantare le strofe di quello che avevo
scritto. Stava nascendo una nostra canzone. Era
così facile. Ho sempre sognato scrivere una
canzone, ma non sono mai riuscita ad imparare a
suonare qualche strumento musicale, un giorno
provai con la chitarra, ma poi rinunciai.

Passarono due ore.

-Bene, ora fila via che devo riposare.

-Ah, mi mandi via così?

-Sì, via, a stasera.

Aveva imparato.

Andai in camera mia, sonno non ne avevo,


avevo già dormito. Pensai alla canzone. Ora

228
Selvaggia Joyce Ritorno a te

avevamo una canzone. Quante cose stavano


accadendo, il giorno prima maledivo la sua
esistenza e il giorno dopo avevamo una canzone
scritta insieme.

Mi disse che l‟avrebbe cantata il giorno del


concerto. Gli accordi erano facili, doveva solo
metterla appunto con gli altri tre della band,
sapeva già come fare. Il testo in due ore lo aveva
già imparato. Aveva imparato una cosa che avevo
scritto io. Quelle cose che scrivevo per liberarmi
da quei pensieri che mi distruggevano la mente.
Non era per niente bello quello scritto. Parlava di
lui che mi aveva mandato via. Il suo silenzio. Il
giorno prima mi chiamava amore e il giorno dopo
amica, amica a cui chiese di lasciarlo in pace nel
suo mondo.

“Fiducia nella gente neanche un briciolo”


dicono i Finley. Più si diventa grandi e più si
capisce come sono le persone e più non si capisce.

229
La fiducia sparisce e ci si rinchiude dentro al
proprio mondo e si indossa solo una maschera
costruita con il tempo in presenza di altre persone.

Erano le 20 mi preparai e andai nella sala


dell‟hotel dove si sarebbe cenato. Non bussai alla
sua porta. Avevo timore di svegliarlo. Ma sapevo
che sarebbe arrivato.

Mi sedei al tavolo. Lui dopo poco arrivò. Lo


vedevo arrivare da lontano e avvicinarsi al mio. A
volte la realtà veramente può essere come un
sogno, forse anche meglio. Avevo passato tutta la
giornata con lui eppure avevo ancora il cuore che
mi batteva forte e le gote rosse dall‟emozione.

-Buonasera signorina.

-Buonasera bel ragazzo.

Sorrise e si sedette.

-Bene che si mangia stasera?

-C‟è il menù dell‟hotel.

230
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Sì, dai, io credo che prenderò quello.

-C‟è solo quello.

- Eddai, almeno dammi l‟illusione di scegliere,


dopo aver pagato l‟ira di Dio per una stanza dove
non c‟è nemmeno l‟idro massaggio e la piscina.

-Va bene va bene. La piscina, eh?

Dopo cena decidemmo di andare a prendere un


caffè al Caffé 80. Non c‟era nessuno per strada e il
caffè era quasi vuoto. C‟era solo un vecchio al
tavolo che parlava con il barista e gli raccontava i
suoi ricordi e poi se la rideva. Si raccontava i
ricordi a voce alta e poi rideva stupendosi che
molta della sua vita era già passata. Il barista
sorrideva, i ricordi del vecchio sembravano così
ovvi e normali e non riusciva a capirli. Il barista
non sapeva ascoltare. Per ascoltare bisogna
ascoltare il tono della voce, ascoltare gli occhi, le
mani, le espressioni del viso e le imprecazioni che

231
ogni tanto ci metteva in mezzo. Le imprecazioni
dicevano: Cristo perché è passato tutto così in
fretta? Cristo quanto darei per ritornare indietro
anche un solo momento. Cristo sono ancora qui
che ricordo e non riesco a sentire tutto quello che
ho vissuto.

Il jukebox era sempre accesso. Un musica bassa


di sottofondo.

Prendemmo un caffè al banco e poi ritornammo


all‟hotel.

Andai nella sua stanza.

Lui canticchiava la nostra canzone . Ci


ritrovammo a letto abbracciati, solamente
abbracciati. Io gli accarezzavo il petto, il collo e
ogni tanto gli davo un bacio sulla spalla.

Sulla spalla sinistra aveva un tatuaggio con


scritto “Feeler”. Mi disse che lo aveva fatto a
diciassette anni di nascosto da suo padre. Suo
padre non amava i tattoo e per farne uno doveva

232
Selvaggia Joyce Ritorno a te

chiedere il suo permesso e il giorno stesso


accompagnarlo per firmare. Gabriele aveva un
amico che aveva il fratello più grande che aveva la
macchinetta per fare i tattoo. Decise di scriversi
“Feeler” era il titolo di una canzone di Pete
Murray che a lui piaceva tanto.

-Io sono uno che sente. – mi disse – Tutti


sappiamo sentire ma ognuno di noi al suo modo,
abbiamo delle cose in comune certo, ma qui tutto
è unico, ci sono piccolissimi dettagli che cambiano
in ognuno di noi. Tutto è talmente sottile che ci è
difficile capire veramente eppure noi cerchiamo di
farlo. Che poi sai, sentire non significa spegnere il
cervello, si sente con il cervello e con il cuore. Se
ci provi capirai che così diventa tutto più
completo, chi sente in questo modo fa le scelte
giuste e se poi sono sbagliate non le rinnega. Hai
presente quando ti piace molto una persona? –e si
girò di fianco per parlarmi guardandomi negli

233
occhi- Bene all‟inizio sei, come dire, attratto da lei
e non ti sai spiegare il perché, c‟è quella parte di lei
che non capirai mai il perché, ma poi c‟è quell‟altra
parte e sai perfettamente darti una risposta. Il
cervello sa scegliere ciò che sa che è nelle tue
corde. Ci piace spesso un tipo di persona, io l‟ho
constatato ed è così. Sai quando si dice: “tu non
sei il mio tipo”? Bene qui è il cervello che sente,
sente che non può andare, che non ci potrà mai
essere affinità. Quando ci si fa guidare solo dal
cuore si è ciechi ed essere ciechi significa che si
rischia di cadere e farsi del male. Si sta in
equilibrio su una gamba mentre si aprono le
braccia e si cerca di imitare il volo. Ma dopo un
po‟ bisogna mettere giù la gamba alzata dietro, se
non lo si fa si cade e così bisogna riiniziare di
nuovo: innamorarsi di nuovo e mettere giù la
gamba alzata in tempo prima di cadere ancora.
Noi siamo solo questo: ragione e cuore. Se
escludiamo una delle due, possiamo esser certi che

234
Selvaggia Joyce Ritorno a te

niente andrà bene e che ci saranno sempre dei


problemi.

Ok, ora basta. Dormiamo, domani arrivano i tre


scemi e li devo andare a prendere al Caffé 80
perché se no loro si perdono a Hill Valley per
trovare l‟hotel e non vorrei chiamare la polizia per
andarli a cercare, anche se li saprei già come
descrivere e di sicuro li troverebbero subito e poi
dobbiamo arrangiare la nostra canzone.

Gli diedi un bacio sul tatuaggio.

-Notte Feeler.

Dormimmo stretti stretti.

Al mattino mi svegliai e non c‟era più.

Evidentemente ero destinata a svegliarmi da sola


alla mattina. Mah.

235
236
Selvaggia Joyce Ritorno a te

VIII

Al pomeriggio mi ritrovai seduta su una

panchina con i Found a ridere, scherzare e a


parlare di musica, film e cavolate varie. E pensare
che non avevo vinto nessun Contest per essere lì e
il tempo a disposizione era tutto quello che
volevo.

Erano fantastici quei 4 ragazzi. In quel


momento ero di sicuro la ragazza più invidiata tra
tutte le loro fans, peccato che nessuno lo sarebbe
venuto a sapere.

Mi stringevo forte a Gabriele e lui faceva uguale


con me.

237
Mi chiesero se il giorno dopo sarei andata nel
backstage con loro, gli dissi che ero la loro fan
numero uno e che dovevo stare in prima fila al
centro come era di tradizione.

Risero.

Il giovedì passò in fretta, come il giorno prima


cenammo nella sala dell‟hotel, questa volta però
con loro tre. La notte però la passai nella mia
stanza con il cuore leggero leggero. Forse fu la
prima notte che dormii così bene a Hill Valley.

Avevo passato due giorni stupendi con loro. Era


un sogno avverato. Quel sogno che tanto speravo.
Non era come quella sera, quella sera dove
quell‟automp3 aveva fermato il tempo e aveva
fatto diventare un inganno tutto. Quei giorni
erano reali, era quello che volevo, forse anche di
più di quanto speravo. L‟unica cosa che mi
dispiaceva era che non c‟era lei lì con me.

238
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Era mezzogiorno quando mi svegliai. Andai in


centro e vidi che stavano costruendo il palco.
Loro avrebbero fatto le prove al pomeriggio verso
le 18 come sempre.

La sera arrivò presto. Andai da sola vicino alle


transenne. Era strano però. Non c‟era nessuno che
conoscevo. In Italia c‟erano tutte le solite fans, ad
ogni concerto le incontravo e alla fine ci
conoscevamo tutte. Era bello. Sembrava di far
parte di una famiglia. Lì invece c‟ero solo io. Beh,
se non era perché dovevo scappare dall‟Italia non
ci sarei nemmeno andata.

“L‟America è lontana dall‟altra parte della luna” .


Ero dall‟altra parte della luna che stavo aspettando
di ascoltare la mia musica e quella canzone che
avevamo scritto insieme.

Incontrai Gabriele nella hall prima mentre stavo


uscendo per andare a prendere posto sotto al
palco. Lui mi disse che avevano arrangiato il pezzo

239
in modo fantastico e che faceva venire la pelle
d‟oca. Gli dissi che non vedevo l‟ora di ascoltarla e
che dovevo affrettarmi perché se no mi avrebbero
rubato il posto della Fan Numero Uno e che non
potevo assolutamente far succedere una cosa del
genere. Era il loro primo concerto in America e
non potevo perdere il mio posto.

Il concerto iniziò alle dieci. C‟era un sacco di


gente. Era bello sapere che qualcuno si interessava
di musica, anche di musica che non avevano mai
ascoltato.

Lui era vestito di nero e bianco. Era bellissimo.


Entrò dopo la musica di introduzione, lentamente
si avvicinò al microfono. Guardò il pubblico e mi
vide, mi fece l‟occhiolino e iniziò il suo concerto.

La nostra canzone la cantò per penultima. La


presentò dicendo che l‟aveva scritto con una
ragazza bellissima e bravissima e mi indicò anche
dal palco.

240
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Fatele un applauso. –disse.

Stavo per svenire dall‟emozione. Chi mi avrebbe


mai creduto se glielo avessi raccontato in giro?

Quasi quasi era più incredibile tutto quello che


stavo vivendo davvero lì a Hill Valley che quella
notte con l‟automp3 del tempo.

Il concerto finì con l‟inchino di loro quattro. Dal


palco Gabriele salutò qualcuno tra il pubblico
prima di scendere, guardai in quella direzione e
vidi Luca, che stava ancora in compagnia di
Marco, e che stava salutando Gabriele.

Che significava? Cazzo significava? Andai da


loro presi Luca per la manica della camicia e lo
spinsi fuori da lì. Dissi a Marco di starsene fuori.

La gente intanto alcuni in silenzio, altri


canticchiando le melodie che avevano sentito e
altri chiacchierando se ne andavano via.

241
Mentre cercavo uno spazio per parlare a quel
coglione di Luca, guardai distrattamente il
Backstage e vidi Gabriele stretto ad una ragazza
bionda che si stava baciando.

“Stronzo” pensai dentro di me.

-Tu mi devi delle cazzo di spiegazioni! Cazzo


succede? Dimmelo brutto stronzo!

-Vieni con me -mi disse.

Entrammo nel Caffé 80.

-Dai parla! -gli dissi.

-Non so neanche da che parte iniziare.

-Che cazzo ci fai qui a Hill Valley e come facevi


a sapere che ero qui? Non dirmi che è stata mia
sorella perché lei non ti sopporta proprio e ha
ragione.

-Sono venuto a vedere come andavano le cose.

242
Selvaggia Joyce Ritorno a te

-Quali fottute cose, Luca? Che cosa stai


dicendo? Non ci capisco più niente. Che cosa ci
fai con Marco?

-Marco è un attore.

-Grazie Luca sei pieno di novità come sempre.

-Dovevi capire, lo dovevi capire.

-Cosa? Cosa dovevo capire? Cosa? Che sei un


coglione? L‟ho capito sai, l‟ho capito quella sera. -
le lacrime di rabbia mi scendevano, mi si smorzò
la voce.

-Quel giorno quando mi telefonasti per riparare


la macchina mi è scattata un'idea pazza in testa, la
considerai importantissima per farti capire.

Non lo guardavo. Avevo le dita tra i denti per


fermare il pianto. Ma le lacrime scendevano
ugualmente.

243
-Telefonai ai Found, chiesi a loro di aiutarmi.
Conosco gente importante che lavorano nel
mondo della musica e per me è stato facile
contattarli ed incontrarli. Il Contest nel loro forum
era truccato, è stata un'idea mia, sapevo che avresti
partecipato. Ti abbiamo fatto vincere. Allo stesso
modo sono stato io ad organizzare il concerto a
Hill Valley e anche per questo che hanno accettato
di collaborare con me e io lo sapevo che lo
avrebbero fatto. Pensano solo ai soldi quelli e al
successo. Sono stato io a portarti quel pomeriggio
il giornale con in copertina Ritorno al futuro,
sapevo che saresti partita dopo quella notte e che
non avresti retto il colpo e sapevo che l'unico
posto dove potevi andare era proprio questa città:
Hill Valley. Ne abbiamo parlato tanto, ricordi? Lo
dovevamo fare insieme questo viaggio.

-Fottiti.

-Quando incontrai i Found, Gabriele mi disse


che ti conosceva di vista, dopo fattagli vedere una

244
Selvaggia Joyce Ritorno a te

tua foto. Mi disse anche che gli piacevi molto e


che ci stava a mettere su la messa in scena. Tu lo
sai che ci so fare con la tecnologia, il black out è
stato opera mia. In casa ti ho installato delle
telecamere per controllare quello che facevi. Mi è
stato facile anche bloccare tutti gli orologi. Non
pensavo che ci saresti cascata così facilmente con
la storia dell'autoradio e del tempo che si fermava,
ma evidentemente tutto è andato a seconda dei
piani. Dovevi conoscere Gabriele e sapere
veramente chi era. Ma non so se questo ha
funzionato. Marco è un attore, sapevo che era qui
a Hill Valley a girare un film e sapevo anche che ti
piaceva, me lo avevi detto molte volte quando
andavamo all‟università, quindi pensai che era la
persona giusta per tutto questo. Gli proposi una
somma di denaro e anche lui accettò. Doveva farti
innamorare di lui così da dimenticare Gabriele. Il
giorno del concerto, cioè oggi, di Gabriele non ti
sarebbe più importato nulla. Non potevi più

245
continuare così. Sapevo che piangevi di notte per
lui, sapevo che ci stavi male quando non gli potevi
parlare, non gli potevi stare insieme. Tu nella testa
avevi una tua idea di Gabriele che non è il ragazzo
che è in realtà.

-E tu che cazzo ne sai? – dissi così, ma lo avevo


visto pochi minuti prima stretto a quella ragazza,
avevo ancora quella scena in testa. Stavo
malissimo.

-Ho sentito voci su di lui e ho fatto delle


ricerche ed erano tutte vere, lui ne approfitta delle
belle ragazze, gli fa credere di essere innamorato di
loro, ma poi quando arriva il momento se ne
libera. Tutti i cantanti fanno così. Non c‟è da
stupirsi. Hai visto quella ragazza bionda nel
backstage prima? Lei è un'altra illusa. Io ti voglio
bene e non volevo che sprecassi il tuo tempo a
versare lacrime su foto di un coglione. Marco mi
telefonò dopo quella sera nella DeLorean, mi disse
che le cose non stavano andando bene e che tu

246
Selvaggia Joyce Ritorno a te

pensavi solo ed esclusivamente a Gabriele. Poi


non so, le cose ci fuggirono un po' di mano
quando tu sei scappata dal Caffé 80 quel giorno,
so che hai incontrato Gabriele però non so cosa
sia successo in questi ultimi giorni con lui. Ma
come avrai capito sei stata solo presa in giro da lui.

-Sono stata presa in giro da tutti, anche da te.


Traditore. Avrai avuto le tue buone intenzioni, ma
per fino le telecamere mi hai installato in casa?!
Cristo Luca le telecamere! Ti rendi conto?

-Era l‟unico modo per farti capire.

-Farmi capire cosa Luca? Che Gabriele è un


coglione? Che me lo devo levare dalla testa perché
è solo un‟immagine? E Marco allora? Se il tuo
grande piano avesse funzionato, io innamorata di
un attore, non era la stessa cosa?

-Marco lo avresti conosciuto, non sarebbe stata


la stessa cosa. Avresti poi accettato tutto quando ti

247
avrebbe lasciata e Gabriele non ci sarebbe stato
più comunque.

-Tu sei malato. Malato. Tutti voi siete malati. Mi


fate schifo.

Andai al banco. Ordinai una Pepsi. Presi il


bicchiere e gli buttai tutta la bibita in faccia.

- Vergognati!

Corsi verso l‟hotel. Feci la valigia. Chiamai un


taxi per andare all‟aeroporto.

Dovevo ritornare a Bologna. Ero stanca di tutto.

Mentre aspettavo l‟aereo telefonai a lei.

-Ciao sono io. Ritorno a Bologna. Ritorno a te.


Il mondo è pieno de stronzi!

-Lo so. Sorella ti voglio bene.

- Anch‟io.

THE END

248
Selvaggia Joyce Ritorno a te

Io senza te tu non esisti.

(Alfio Piteless)

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