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Nadif Aisha 2^C Lunedì 16 Novembre 2020

Testo argomentativo
Traccia 3

Siamo giunti ormai nel ventunesimo secolo, un secolo di cambiamenti, un secolo del tutto diverso dai
precedenti, caratterizzato da scoperte e rivoluzioni. Ma siamo proprio sicuri che tutto sia cambiato? Se
sì, in meglio? Qui posso rispondere io: no. Magari non sono molto esperta su certi aspetti, ma sono una
teenager che vive questi episodi tutti i giorni. Ormai penso che chiunque sia il lettore abbia già capito di
che cosa sto parlando: ebbene sì, l’argomento di oggi è la libertà di espressione e in particolare
l’etichetta che gli alunni sono tenuti a rispettare all’interno delle mura scolastiche. Ovviamente si tratta
di un argomento molto variegato, ma vorrei premere sul punto di vista estetico, vale a dire qualsiasi
metodo che si adotta per esprimere sé stessi in modo più concreto e quotidiano, per esempio
l'abbigliamento. Si tratta ovviamente di qualcosa di soggettivo, siccome ognuno può esprimersi a
seconda dei suoi pensieri e delle sue idee ed è proprio questo a renderci diversi l’uno dall’altro. Negli
ultimi tempi però ho notato molta pressione dal punto di vista dei dirigenti scolastici e degli insegnanti
per quanto riguarda l'abbigliamento che gli studenti sono “tenuti” a portare a scuola. Secondo molti
articoli, le lamentele sembrerebbero arrivare maggiormente dal personale scolastico, quali insegnanti e
dirigenti, i quali accusano comportamento “scorretto” da parte degli studenti, in particolare da
studentesse, indossando certi capi (per esempio minigonne o jeans a strappi). Molti di loro inoltre
cercano di giustificare questi comportamenti attraverso scusanti ridicole come il fatto che una
minigonna potrebbe distrarre un professore oppure i compagni del sesso opposto, che a parer loro sono
particolarmente suscettibili. Credo che alla fine queste scusanti siano date solamente perché l'uomo
ancora adesso non riesce ancora comportarsi come tale bensì tende ad assumere certi comportamenti
piuttosto grotteschi e animaleschi. Una sorta di scusa per giustificare quello che in gergo diremmo come
“mi dispiace ma non riesco a controllare i miei istinti”. Ciò può essere inteso anche come un
atteggiamento impertinente poiché gli insegnanti insegnano sin dalla scuola primaria che nel nostro
paese vige la libertà di espressione in tutte le sue forme. Parlando sempre di impertinenza posso citare il
fatto che in Italia, ma in quasi tutto il mondo, le donne vengono, seppur inconsciamente, istruite ad
obbedire agli uomini e a soddisfare qualsiasi loro desiderio o capriccio. Penso quindi che chiunque vieti
ad una donna di vestirsi come più si sente a suo agio sia una vera e propria forma di sessismo, un modo
futile e ridicolo per porre gli uomini in cima alla piramide e lasciare che siano loro a decidere come
dovremmo vivere a seconda dei loro bisogni. Indossare una minigonna o una maglietta un po’ scollata
non significa esibizionismo, non vuol dire per forza che lo stiamo indossando per farci notare, magari ci
piace e basta. Basti pensare ai regolamenti scolastici di alcune scuole i quali vietano gonne e jeans a
strappi ma non vietano ai ragazzi di venire in pantaloncini corti. Molti credono che la discriminazione per
sesso non ci sia ormai più per “colpa” dei troppi movimenti femministi, ma invito caldamente a
chiunque a riflettere sui gesti più piccoli, di ogni giorno, che tutti noi compiamo ma che in se portano
della discriminazione sessuale, per esempio parlando di vita quotidiana, io mi sono sempre chiesta:
perché deve essere mia mamma a spaccarsi la schiena per fare le pulizie di casa e non mio papà? Perché
vengo giudicata come “maschiaccio” solamente per via del mio stile? Oppure perché a vista di molti non
sono “abbastanza donna" solo perché passo intere giornate sui videogames? La risposta è ovvia: perché
sono una donna.

Concludo con una piccola riflessione che per molti potrà sembrare banale ma per altri non è così. La
donna ancora oggi è continuamente soggetta a continue discriminazioni solo perché è donna.
Sorprendentemente ciò succede inconsciamente anche in ambienti pubblici o educativi come la scuola,
oppure semplicemente per strada, eppure si tende a tacere davanti a questi episodi. Sperare che
qualcosa cambi è inutile se non se ne fa parola con nessuno, bisogna parlare per i propri diritti e
dimostrare che nessuno è migliore di nessuno, e che si può sempre trovare un giusto equilibrio se si
collabora.

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