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Thomas Schäfer
Guarire le malattie
dell’anima
con il metodo terapeutico delle Costellazioni Familiari
Guarire
le malattie dell’anima
con il metodo terapeutico
delle Costellazioni Familiari
EDIZIONE ITALIANA
Traduzione di Maria Teresa Pozzi
Supervisione della traduzione: Attilio Piazza
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa
con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso dell’editore.
All rights reserved. No part of this book shall be reproduced, stored in a retrieval
system, or transmitted, by any means, electronic, mechanical photocopying, re-
cording or otherwise without written permission from the publisher.
Copertina di JDT-Milano
Foto di copertina di Laila Pozzo
Appendice II - Le rappresentazioni
delle costellazioni familiari ........................................................ pag. 131
INDICE VII
MFL: Die Mitte fühlt sich leicht an - Vorträge und Geschichten, Mün-
chen, 1996 (Costellazioni familiari: aneddoti e brevi racconti, Mi-
lano, 2005).
Complimenti!
Suo
Bert Hellinger
U
n ringraziamento particolare a Bert Hellinger. Senza il suo in-
coraggiamento non avrei mai scritto questo libro. Mi ha mes-
so a disposizione materiale e ha sempre ascoltato con pazien-
za le mie domande.
Desidero inoltre ringraziare mia moglie Elisabeth, Werner
Baumgartl e Wolfgang Kasper per i suggerimenti e le critiche.
B
ert Hellinger ha pubblicato numerosi libri, video e Cd sul me-
todo psicoterapeutico da lui sviluppato. Senz’ombra di dubbio
nessuno è più competente di Bert Hellinger per parlare di se
stesso. Per quale motivo viene dunque pubblicata un’altra opera sul
suo lavoro?
In qualità di terapeuta, mi sono reso conto che molti clienti e
semplici interessati hanno qualche difficoltà ad affrontare le opere di
Hellinger. Sono convinto che i suoi libri siano destinati principalmen-
te a medici, psicoterapeuti e addetti ai lavori in ambito psicosociale.
Molte pubblicazioni di Hellinger sono costituite da registrazioni di se-
minari non sempre di facile comprensione.
Nelle pagine che seguono ho inteso riassumere i pensieri di Bert
Hellinger riguardo a determinati argomenti, per renderli accessibili a
una cerchia più ampia di lettori. Può essere un bene che a scrivere sia
qualcuno che appartiene a un’altra generazione: potrei infatti essere
figlio di Bert Hellinger.
Questo libro non chiarisce solo il pensiero di Hellinger, ma ri-
porta anche esperienze personali con i miei clienti. Certamente sareb-
be auspicabile che i lettori si cimentassero successivamente con le
opere originali di Hellinger. L’incontro con i pensieri di Hellinger in
materia di famiglia, rapporto di coppia, matrimonio, malattia e mor-
te può colpirci profondamente e aiutarci nell’affrontare la vita. Io stes-
so ho fatto questa esperienza e conosco molte persone a cui è accadu-
to lo stesso.
Weinheim-Steinklingen, marzo 1997
C
olpa e innocenza, coscienza, ordine, irretimento, umiltà e ri-
spetto dei genitori - sono questi alcuni dei termini centrali
della psicoterapia sistemica di Bert Hellinger. Nella psicotera-
pia contemporanea sono concetti considerati ormai obsoleti e ad alcu-
ni appaiono addirittura equivoci e antiquati. Nessuna meraviglia dun-
que che vi siano posizioni così diverse riguardo a Bert Hellinger.
Per alcuni è colui che favorisce la rinascita di determinati valo-
ri. Viviamo in un mondo in cui tutto si relativizza molto rapidamen-
te. Nulla pare durare a lungo, anche se abbiamo bisogno di sicurezza
e affidabilità. E, d’un tratto, arriva qualcuno che fornisce un orienta-
mento e che riconosce il senso di tante tragedie e destini personali.
Capire i rapporti che consideriamo oltre la nostra comprensione: ciò
risveglia un grande desiderio di armonia con il proprio destino.
Per altri Hellinger è un ciarlatano conservatore e patriarcale, la
cui “dottrina” trova terreno fertile nelle menti disorientate. A tutto ciò
contribuisce anche il fatto che Hellinger è stato per molti anni missio-
nario in Africa. Dopo avere lasciato l’ordine, si è dedicato alla psicote-
rapia. Si tratta di “psicoterapia biblica” afferma il titolo dell’editoriale
della Rivista Psychologie heute [Psicologia oggi] (6/95). L’articolo par-
la inoltre di un “guru” che esercita la “magia bianca” quando, in un
gruppo numeroso, rappresenta la costellazione familiare di un cliente1.
INTRODUZIONE 3
INTRODUZIONE 5
La durata
Un’impiegata dice al capo: “Mi sento male. Ho iniziato una psicotera-
pia e il terapeuta mi ha detto che durerà cinque anni”.
Il capo risponde: “Le ha detto che potrà sentirsi meglio fra cin-
que anni. Nessuna meraviglia se si sente male”.
Per Hellinger la psicoterapia è efficace quando lo psicoterapeu-
ta diventa presto superfluo.
INTRODUZIONE 7
INTRODUZIONE 9
INTRODUZIONE 11
5. Dal momento che non posso sempre organizzare un gruppo, durante il mio
lavoro di terapeuta utilizzo anche i simboli. Per la rappresentazione della co-
stellazione familiare utilizzo fogli di carta colorati, che riportano delle frecce
che indicano la direzione dello sguardo e su cui il cliente si può posizionare.
Sia il cliente che il terapeuta si alternano sui fogli per percepire fisicamente
come si sente il componente della famiglia. Certamente questo tipo di rappre-
sentazione non ha la stessa intensità di quelle che utilizzano rappresentanti
scelti nel gruppo, ma consentono comunque di mettere ordine nel sistema fa-
miliare. L’unica condizione è abbandonare qualsiasi riserva. Con la dovuta se-
rietà è possibile raggiungere molto rapidamente una percezione fisica fedele
alla realtà.
INTRODUZIONE 13
Il legame
La coscienza ci lega al gruppo di persone in cui siamo nati. Quest’af-
fermazione può di primo acchito, apparire sconcertante. Anche se non
percepiamo il legame che ci unisce agli altri membri della famiglia,
ciò non significa che non esista. Può sussistere un forte legame addi-
rittura con persone di cui non conosciamo l’esistenza.
Un esempio: durante una rappresentazione è stato affrontato il
caso di due sorelle morte in un campo di concentramento. Anche se i
successivi membri della famiglia non hanno mai saputo nulla della lo-
ro esistenza, sussisteva un intenso legame. Tutti guardavano i morti
come ipnotizzati, tutto il resto era irrilevante.
Il legame con gli altri membri della famiglia non deve dunque
essere necessariamente consapevole. Possiamo dire: “Non mi interes-
sa nulla di mia madre, non ho alcun rapporto affettivo con lei! L’uni-
M: Uomo
1: Possibilità lavorativa 1
2: Possibilità lavorativa 2
3: Possibilità lavorativa 3
L’intaglio nei simboli mostra la direzione dello sguardo
Colpa e innocenza
Con il dare e il prendere iniziano le prime esperienze di colpa e inno-
cenza. Il sentimento di “ora sono in obbligo verso chi dà”, che nasce
in colui che prende, viene vissuto come una specie di colpa, che si ma-
nifesta sotto forma di malessere e stress. Tutti conosciamo questa sen-
sazione. Quando diamo, proviamo invece un senso di innocenza: ci
sentiamo leggeri e liberi da qualsiasi obbligo. La combinazione fra in-
nocenza come esigenza e colpa come obbligo favorisce lo scambio fra
le persone.
Nel dare e nel prendere esistono però anche una colpa cattiva e
un’innocenza cattiva, se ad esempio chi riceve diventa un carnefice e
chi prende una vittima. Entrambi devono soddisfare l’esigenza di
compensazione. La vittima ne sente l’esigenza e il carnefice si sente
obbligato. La vittima vuole danneggiare il carnefice e arrecargli un
danno. Solo dopo che entrambi, la vittima e il carnefice, hanno arre-
cato all’altro lo stesso danno e hanno sofferto e perso come l’altro, so-
La scappatoia
Una donna rinfaccia da vent’anni al marito di essere andato in vacan-
za sei settimane con i genitori subito dopo le nozze lasciandola a ca-
sa, con la scusa che avevano bisogno di un autista. Tutti i tentativi del
marito di scusarsi non hanno sortito alcun effetto.
L’uomo ne ha parlato con un amico che gli ha suggerito: “La co-
sa migliore è dire a tua moglie di fare qualcosa che desidera e che co-
sti a te esattamente quanto è costato a lei allora”.
L’uomo si è illuminato in volto e ha capito di avere trovato la so-
luzione (ZG: 24/MFL: 26).
La compensazione nell’educazione
La compensazione nel bene e nel male non è importante solo nel ma-
trimonio e nel rapporto di coppia, ma anche in altri ambiti, come di-
mostra l’esempio seguente. Bert Hellinger visse in Sudafrica dove fu
parroco e rettore in una scuola. Il giovedì santo i ragazzi dissero che
avrebbero desiderato recarsi in città visto che era un giorno di vacan-
za. Hellinger diede loro il permesso, ma li pregò di essere di ritorno per
la messa per cantare nel coro. Gli alunni fecero ritorno solo a sera inol-
trata. Si rese dunque necessario riparare al torto inflitto al rettore.
La scuola si gestiva autonomamente e la sera i ragazzi furono
convocati. Innanzi tutto il rettore li lasciò seduti un quarto d’ora sen-
za dire nulla. Poi disse: “La disciplina è crollata. Sono certo che voglia-
te qualcosa da me e dalla scuola. Se decido di non darvelo più, cosa ac-
cade? Dovete riconquistarmi. Vi faccio dunque una proposta. Domani
mattina presto radunate tutti gli studenti e discutete su come ripristi-
nare la disciplina”.
Il mattino dopo gli alunni discussero per quattro ore e sottopo-
sero una proposta, che però non era sufficiente per la compensazione.
Il vendicatore
Un uomo di circa quarant’anni temeva di essere strangolato o di stran-
golare qualcuno anche se non vi era alcun segnale nel suo carattere o
nel suo comportamento che facesse pensare a un gesto del genere. In
famiglia si erano però verificati episodi di violenza. Uno zio, il fratello
della madre, era un assassino. Nella sua ditta lavorava un’impiegata,
che era anche la sua amante. Un giorno le mostrò la foto di un’altra
donna e le chiese di pettinarsi come lei. Dopo che la donna fu vista per
diverso tempo con quella pettinatura, i due andarono all’estero e lui
la uccise. Poi tornò in patria con la donna ritratta nella fotografia, che
divenne sua dipendente e amante. L’omicidio venne però scoperto e
l’uomo fu condannato all’ergastolo.
Lo psicoterapeuta del cliente voleva saperne di più sulla fami-
glia. Alcune ricerche svelarono che la nonna, la madre dell’assassino,
era stata una donna rispettata e pia. Durante il periodo nazista aveva
però accusato il marito di omosessualità facendolo richiudere in un
campo di concentramento dove fu ucciso.
Il vero assassino all’interno del sistema familiare era dunque la
nonna. Il figlio aveva assunto il ruolo di vendicatore del padre. Questo
esempio mostra qualcosa che Hellinger definisce “doppio spostamen-
to”. Il figlio aveva portato a termine la vendetta al posto del padre - si
tratta di uno spostamento sul soggetto. Invece di uccidere la madre,
aveva assassinato la donna amata - spostamento sull’oggetto. In que-
Destino e colpa
Può accadere che determinate situazioni ci facciano sentire in colpa.
Un giovane tossicodipendente aveva perso la madre alla nascita. Ov-
viamente non aveva alcuna responsabilità nella sua morte ma si sen-
tiva in colpa ugualmente. La dinamica inconscia è la seguente: “Visto
che è stato così terribile per te, cara mamma, lo sarà anche per me.
Non posso stare bene”. Credere di poter pagare un dolore passato con
la propria sofferenza è una forma magica di amore.
Durante la rappresentazione la terapeuta propose al giovane di
dire alla madre: “Accetto la vita al prezzo che ti è costato e ne faccio
qualcosa di buono in tua memoria. Ti prego benedicimi, se resto”. Il
ragazzo ha smesso di drogarsi, ha terminato gli studi ed è riuscito a
instaurare un rapporto di coppia.
Un altro esempio fittizio. Nel motore di un elicottero si verifica
un’esplosione nonostante la regolare manutenzione. Quattro passeg-
geri muoiono, solo il pilota si salva. Nonostante non abbia alcuna col-
pa, egli metterà in relazione la propria sopravvivenza con la morte de-
gli altri. Si sentirebbe colpevole se riuscisse a continuare a vivere feli-
cemente: anche in questo caso vi è un’esigenza di compensazione. Chi
“riceve” dal destino, in questo caso chi sopravvive, è convinto di dover
“dare” la propria felicità. Al destino non importa assolutamente nulla
se crediamo di essere colpevoli.
Nei confronti della colpa o dell’innocenza fatale siamo impoten-
ti. Per questo ci risulta difficile affrontarle. In questo caso la soluzio-
ne sarebbe accettare un rapporto dettato da ciò che c’è di più grande
e quindi restare all’oscuro del senso. Tutto ciò ha a che fare con
La coscienza
Tutto ciò che facciamo nei confronti di altre persone è accompagnato
dal senso di colpa o di innocenza. La sensazione di giovare o nuocere
al rapporto proviene dalla coscienza. Assomiglia al senso dell’equili-
brio, che ci consente costantemente di non sbilanciarci. La coscienza
è superiore alla nostra volontà e reagisce istintivamente se ci allonta-
niamo troppo dal sentiero tracciato, mettendo in pericolo l’apparte-
nenza a un gruppo o il legame con una persona.
I presupposti per i rapporti umani sono il legame, la compensa-
zione e l’ordine. L’interazione di questi tre elementi costituisce la co-
scienza. Tali presupposti vengono rispettati al di là della nostra volon-
tà consapevole sotto forma di impulsi, bisogni e riflessi che coinvol-
gono anche la famiglia.
Sigmund Freud aveva una concezione completamente diversa
della coscienza. Pensava che fosse l’effetto del super-io sull’io; si trat-
ta di un’istanza nella personalità che crea una forte pressione a causa
delle aspettative talvolta eccessive. Al contrario per Hellinger la co-
scienza è un senso simile a quello dell’equilibrio, superiore al libero
arbitrio e al servizio della relazione.
Anche se le esigenze di unione, compensazione e ordine intera-
giscono al servizio del rapporto, ciascun livello viene vissuto con un
La coscienza collettiva
Il gruppo da cui siamo nati è fatalmente e indissolubilmente legato a
noi. Ciò che altri membri del gruppo hanno subito o inflitto viene per-
cepito, generalmente inconsciamente, grazie a una particolare co-
scienza, la coscienza collettiva, come diritto o dovere. In questo mo-
do è possibile distinguere la coscienza personale, percepibile, dalla co-
scienza collettiva, generalmente inconscia. La coscienza personale
viene percepita direttamente come gioia e malessere, ad esempio
quando una moglie infedele guarda negli occhi il marito e mente. Al
contrario la coscienza collettiva non viene percepita.
La coscienza individuale si riferisce alle persone a noi diretta-
mente collegate, come il partner, i figli, i genitori, i fratelli e le sorel-
le, gli amici e può essere definita anche coscienza evidente. Viene per-
cepita immediatamente, ma deve sottostare alla coscienza collettiva.
La compensazione negativa
Chi nasce prima ha la precedenza su chi nasce dopo. Non è dunque
compito di chi nasce dopo espiare la colpa del suo predecessore o im-
porne il diritto a posteriori. Tuttavia ciò accade comunque. Se un
membro del gruppo si autodistrugge, vi sarà un membro successivo a
imitarlo quasi con sollievo. Hellinger direbbe che “onora” colui che è
nato prima e fornirebbe un esempio:
“Qualche tempo fa si è rivolto a me un avvocato. Era molto tur-
bato. A seguito di ricerche sulla propria famiglia aveva scoperto che
la bisnonna aveva conosciuto un altro uomo ed era rimase incinta.
Quest’uomo morì e nacque il sospetto che fosse stato ucciso. Aveva 27
anni e morì il 31 dicembre. Successivamente la donna non lasciò la
fattoria ereditata dall’uomo ai figli che questi aveva avuto dal primo
matrimonio, ma al figlio del secondo matrimonio. Fu una grande in-
giustizia.
Nel frattempo tre uomini della famiglia si sono suicidati a 27 an-
ni il 31 dicembre o il 27 gennaio, anniversario di matrimonio della bi-
snonna. Uno di loro impazzì il 31 dicembre e si impiccò il 27 genna-
io. Sua moglie era incinta, come allora la bisnonna. Quando il cliente
ci fece caso, si ricordò di avere un cugino di 27 anni e che il 31 dicem-
bre si stava avvicinando. Andò da lui. Il cugino aveva già comperato
una pistola per spararsi. È questo l’effetto degli irretimenti.
Poi il cliente ritornò da me. Vi era la concreta possibilità che si
suicidasse. Così iniziai a lavorare con lui e lo pregai di appoggiarsi con
la schiena contro il muro. Lo pregai di presentarsi all’uomo morto e
di dirgli: ‘Ti onoro. Hai un posto nel mio cuore. Chiamerò per nome
il torto che hai subito in modo che tutto possa andare al proprio po-
Aspetti fondamentali
I
l quarto comandamento ci esorta a onorare il padre e la madre.
Nella psicoterapia sistemica onorare e rispettare i genitori co-
stituisce un aspetto fondamentale. Ciò non è tuttavia sufficien-
te per definire l’approccio di Hellinger “psicoterapia biblica”. Talvolta
Hellinger assume posizioni estremamente critiche riguardo alla reli-
gione.
Il fatto che una persona rispetti o meno i propri genitori ha sem-
pre delle ripercussioni. Un esempio: un uomo gridava parolacce con-
tro la madre. Faceva male sentirlo. Era inoltre orgoglioso di non ave-
re alcun rapporto con la madre, che chiamava con un termine offen-
sivo, da più di vent’anni. Chi disprezza i propri genitori rifiuta anche
se stesso. Ognuno di noi infatti è il proprio padre e la propria madre
oltre a portare con sé qualcosa di personale, che ha però la possibilità
di fiorire solo se si accettano i genitori così come sono.
A chi disprezza pesantemente i propri genitori, manca qualcosa
di determinante. Si sente vuoto e non realizzato. Più rifiuta i genitori
e più si punisce inconsapevolmente. L’uomo in questione si sentiva
molto depresso ed è stato quasi ricoverato in un ospedale psichiatrico.
Secondo Bert Hellinger i depressi disprezzano spesso uno dei genito-
ri. Ho potuto verificare questa relazione di persona con molti clienti
depressi, anche se naturalmente la dinamica alla base del disturbo può
anche essere diversa. Hellinger ha formulato alcuni concetti fonda-
mentali relativi agli ordini naturali fra genitori e figli.
2. Gli ordini dell’amore fra genitori e figli e fra fratelli prevedono an-
che che chi riceve apprezzi il dono ricevuto e sappia onorare chi lo ha
offerto. È possibile onorare chi ha donato solo senza condizioni e pre-
giudizi. Il bambino è in armonia con l’ordine naturale se accetta la vita
così come i genitori gliel’hanno donata, come un tutt’uno, e se accetta-
no i genitori così come sono. Bert Hellinger definisce questo modo di
accettare un dono “prendere con umiltà”. Queste semplici saggezze so-
no spesso sottintese nelle cosiddette “culture primitive”. Anche per noi
hanno rappresentato un patrimonio comune fino a poco tempo fa.
GENITORI E FIGLI 37
Caro papà,
prendo anche da te,
tutto,
così com’è,
con tutto ciò che è costato a te
e che costa a me.
GENITORI E FIGLI 39
2. L’uomo aveva abbandonato da molti anni il suo paese di origine in Asia per
trasferirsi in Germania.
GENITORI E FIGLI 41
GENITORI E FIGLI 43
GENITORI E FIGLI 45
GENITORI E FIGLI 47
GENITORI E FIGLI 49
Abuso sessuale
Le opinioni di Bert Hellinger su questo argomento contraddicono
completamente lo schema tradizionale di bene e male. Le sue opinio-
ni vengono spesso giudicate “scandalose” in quanto hanno la sfaccia-
taggine di porre l’accento sull’amore che ha condotto all’abuso e sul-
la funzione dell’abuso all’interno del sistema. Ovviamente l’incesto è
un atto di violenza e un abuso di potere, ma l’esperienza con le rap-
presentazioni delle costellazioni familiari dimostra che gioca un ruo-
lo anche l’amore disperato delle persone coinvolte.
Spesso l’incesto si verifica quanto in un rapporto di coppia sus-
siste uno sbilanciamento prolungato fra dare e prendere. Il seguente
esempio mostra una costellazione frequente: una donna separata por-
ta una figlia nel secondo matrimonio. Nella vita quotidiana al nuovo
marito viene richiesta una certa considerazione e collaborazione, an-
che se non si tratta di un figlio suo. Per questo dà alla donna più di
quanto riceve. Se poi la donna lo pretende a gran voce, l’equilibrio fra
dare e prendere viene disturbato ancora di più. Lentamente all’inter-
no della famiglia si crea un irresistibile bisogno di compensazione. La
bambina si trova dunque spesso in condizione di compensare il patri-
gno al posto della madre. In un secondo esempio, riferito dalla psico-
terapeuta Ilse Maly, la mancanza di equilibrio fra dare e prendere ha
costituito il fattore scatenante. Una cliente ha subito per sei anni in-
sieme alla sorella abusi sessuali da parte del padre. La donna aveva già
alle spalle numerose terapie e gruppi di autocoscienza senza però tro-
vare la liberazione interiore che cercava. Continuava a odiare il padre
e a idealizzare la madre.
La rappresentazione ha messo in evidenza che la madre aveva
perso il marito in guerra. Il secondo marito l’aveva sposata non tanto
per formare una famiglia propria, quanto per essere accudito. La vita
sessuale fra i coniugi era quasi inesistente poichè la donna era rima-
sta molto legata al primo marito. Inconsciamente aveva offerto la fi-
glia al marito come compensazione. Per amore verso i genitori en-
trambe le figlie avevano accettato.
Durante la rappresentazione, la cliente è riuscita a dire al padre:
GENITORI E FIGLI 51
GENITORI E FIGLI 53
5. Charlotte Wirl: Workshop mit Cloé Madanes: Sex, Love and Violence [Wor-
kshop con Cloé Madanes: Sesso, amore e violenza], in: M.E.G.a.Phon - Infor-
Principi educativi
Chi non conosce quelle scene in cui i figli esasperano i genitori? Un
bambino sporca di tè tutto il soggiorno e continua a tirare i capelli al-
la madre.
“Christian, se non la smetti, vedi!”, grida la madre.
Il bambino sta zitto mezzo minuto, poi ride e ricomincia il gio-
chino.
“Christian! Per favore! Te l’ho già detto!”.
Il bambino sta calmo mezzo minuto e ricomincia a far arrabbia-
re la mamma.
“Quante volte ti devo dire che mi stai facendo arrabbiare!”. La
voce della madre diventa stridula, è vicina alle lacrime. “Se non la
smetti mi uccidi. Ti prego!”.
Le implorazioni della madre non sembrano toccare il figlio, che,
al contrario, si comporta sempre peggio e continua a punzecchiarla.
Perché i bambini sono così “crudeli”? In qualità di osservatore silen-
zioso, qualcosa in me si contrae. Dover assistere a questa scena mi
procura quasi un dolore fisico. Finalmente dopo un quarto d’ora arri-
va - anche se troppo tardi - un’illuminazione: “Questo è l’ultimo av-
GENITORI E FIGLI 55
GENITORI E FIGLI 57
Il movimento interrotto
Un’esperienza di perdita e separazione vissuta da un bambino a segui-
to, ad esempio, di un ricovero in ospedale in tenera età, causa un di-
sturbo. Un tale movimento interrotto si verifica di regola nei primi
anni di vita e si riferisce principalmente alla madre.
Quando, una volta adulto, il bambino si avvicina a qualcuno, ri-
corda inconsciamente l’interruzione e si manifestano i sentimenti e i
sintomi provati allora, quali rabbia, odio, tristezza, disperazione e ras-
segnazione. Possono presentarsi anche sintomi quali mal di testa e di
stomaco o contrattura. Spesso la decisione presa un tempo appare
problematica: “Non chiederò mai più niente nella vita” oppure “Non
mi mostrerò mai più debole”. Invece di proseguire il movimento fino
a raggiungere l’obiettivo, “l’adulto si ritrae o inizia un movimento cir-
colare fino a tornare al punto di partenza, è questo il segreto della
neurosi”, come afferma Hellinger (ZG: 215).
Un movimento interrotto si riconosce non solo dai suddetti sin-
tomi, ma anche dal rapporto con i genitori. In genere gli interessati
vogliono avere il meno possibile a che fare con il genitore verso il qua-
le il movimento è stato interrotto. Frequentemente parlano del geni-
tore in termini denigratori, interrompono qualsiasi contatto e affer-
mano di “non provare niente” nei confronti del padre o della madre.
Questa “mancanza di sentimenti” protegge il cliente dalla percezione
del dolore, che però viene solo represso.
Anche le fobie sono spesso sintomo di un dolore represso causa-
to da un movimento interrotto. Se un bambino ha perso il padre o la
GENITORI E FIGLI 59
6. Sigmund Freud: Angst und Triebleben [Paura e vita istintiva], citato da: Ur-
sula Franke: Systemische Familienaufstellung [Costellazioni familiari siste-
miche], Wien 1996.
È
già stato scritto molto su come trovare l’“uomo giusto” e la
“donna giusta”. A una coppia indecisa se proseguire il proprio
rapporto, Hellinger raccontò la storia di un giovane uomo.
Egli non riusciva mai a decidersi ad acquistare un’auto, anche se gli
sarebbe piaciuto molto viaggiare. Decise di attendere un altro anno
per vedere se i modelli della stagione successiva fossero migliori. Tro-
vò altri difetti e attese un altro anno ancora.
È facile immaginare che la storia non abbia avuto un lieto fine.
L’uomo fu assalito dalla paura di fallire. Improvvisamente decise di
precipitarsi ad acquistare un’auto qualsiasi. Per la fretta fu investito
da un camion. Hellinger consigliò alla coppia: “L’uomo giusto e la
donna giusta si trovano raramente. In genere sono sufficienti un bra-
v’uomo e una brava donna” (FWW: 16).
Che fine fanno le inebrianti sensazioni legate all’amore e alla
passione? La storia non è forse un po’ troppo drastica? Sicuramente
non si può accusare Hellinger di minimizzare. Non solo nelle sue sto-
rie, che racconta spesso e volentieri, ma anche durante la terapia sot-
tolinea con forza gli effetti di determinati atteggiamenti.
La vita punisce davvero così severamente gli indecisi? Sulla ba-
se dell’esempio, il lettore può guardarsi intorno nella sua cerchia di
conoscenze. Che fine hanno fatto coloro che hanno preteso il massi-
mo dall’aspetto, dal carattere e dal grado di istruzione del partner?
Nella mia esperienza hanno generalmente relazioni brevi e insoddi-
sfacenti e restano soli.
UOMINI E DONNE 63
Anima e animus
Nella valutazione della parte di noi che rappresenta il sesso opposto
Hellinger differisce completamente dallo psicologo C. G. Jung. Per
Jung l’anima rappresenta il potenziale femminile nell’uomo e l’ani-
mus il potenziale maschile nella donna. L’uomo sviluppa l’anima gra-
zie al rapporto con la madre e la donna l’animus attraverso il rappor-
to con il padre.
Per Jung la questione è essere consapevoli della parte di noi che
rappresenta il sesso opposto. Intuire la parte di noi che rappresenta il
sesso opposto, ci permette di tenere in pugno le emozioni e gli affet-
ti. In questo modo si diventa indipendenti, ma anche soli, “la solitudi-
ne dell’“uomo interiormente libero”, che nessun rapporto d’amore o
di coppia può più mettere in catene, per il quale l’altro sesso non co-
stituisce più un mistero originario in quanto ha imparato a conoscer-
ne le caratteristiche in se stesso”3.
Il punto di vista di Hellinger è completamente diverso. Afferma
che l’uomo e la donna presentano un modo di sentire e di pensare tal-
mente diverso da rendere impossibile l’esplorazione della parte di lo-
UOMINI E DONNE 65
4. Per Jung si tratta del mondo delle immagini primordiali o “archetipi” che
UOMINI E DONNE 67
UOMINI E DONNE 69
10. Peter Lauster, L’amore e il senso della vita: miti e pregiudizi, affetti e gio-
ie, gelosie e separazioni, GB 1994.
UOMINI E DONNE 71
UOMINI E DONNE 73
UOMINI E DONNE 75
11. Thomas Schäfer, Leben, Werk und Musik der Hildegard von Bingen [Vi-
ta, opere e musica di Ildegarda di Bingen], con il Cd A feather of the breath
of God [Un anelito del respiro di Dio], München 1996, e Hildegard von Bin-
gen: Heilwissen [Conoscenza che guarisce], edito da Manfred Pawlak, Frei-
burg 1994.
UOMINI E DONNE 77
12. Queste e altre domande sono state trattate dettagliatamente da Hans Jel-
louschek nel suo libro L’arte di vivere in coppia, MA.GI. 2003.
UOMINI E DONNE 79
Aborto
Dal momento che l’uomo e la donna sono orientati verso i figli, un
aborto non può non avere conseguenze sulla coppia. Se viene pratica-
to un aborto, il rapporto è destinato a fallire. Chi guarda la vita con oc-
chi attenti, troverà numerose conferme.
Riporto uno dei tanti esempi che ho incontrato: una donna so-
steneva che lei e il marito provavano indifferenza l’uno per l’altro. Lui
dormiva in una stanza al piano terra, mentre lei si era sistemata nel
sottotetto. La coppia si vedeva raramente. Ognuno viveva la propria
vita. Anche se sulla carta il matrimonio era ancora valido, dentro di lo-
ro era finito già da molto tempo. Le chiesi cosa fosse successo. “Nien-
te”, rispose la donna. Posi altre domande, senza approdare a nulla.
Poi mi informai da quanto tempo la situazione fosse così dispe-
13. Ciò comporta anche che l’uomo deve accettare il dolore della perdita e non
fare finta di nulla.
UOMINI E DONNE 81
UOMINI E DONNE 83
Fedeltà e infedeltà
Chi si aspetta che Hellinger giudichi la fedeltà dal punto di vista mo-
rale, sarà probabilmente deluso. Durante un seminario disse:
“Cosa c’è di tanto terribile se qualcuno instaura un’altra relazio-
ne? Chi rimane ferito? L’innocente si comporta come se avesse diritto
di tenere l’altro per sempre. Si tratta di una presunzione. Invece di
tentare di trattenere l’altro con amore, lo perseguita. E l’altro dovreb-
be tornare? Non può più. Se l’innocente si è vendicato troppo, il col-
pevole non può più tornare da lui. Quindi sono a favore dell’umanità
e della misura” (OL: 219).
Dalla fedeltà può nascere del male e dall’infedeltà del bene. Di-
pende dalle circostanze. La richiesta di fedeltà incondizionata è spes-
so legata al fatto che chi la pretende si comporta da genitore. In que-
sto modo viene messa in discussione la parità fra i partner. L’altro cer-
ca quindi un’amante per rivivere un rapporto fra pari. È colpevole per
questo? Se al contrario uno dei partner non è ancora riuscito a sepa-
rarsi dai genitori, cerca la madre o il padre al di fuori del rapporto. An-
che il rapporto con un fratello o una sorella può talvolta compromet-
tere il rapporto di coppia.
Un esempio: una donna non dormiva più già da molto tempo con
il marito. Anche i contatti più teneri le davano fastidio e l’uomo ne sof-
friva molto. Alla fine non ce la fece più e trovò un’amante, ma conti-
nuò a vivere con la moglie e i figli. Durante la rappresentazione, la
moglie era attratta dal fratello morto che aveva cresciuto quasi come
una madre. Era morto per un tragico incidente. Il marito non la inte-
ressava quasi.
Durante la rappresentazione non riuscì a dire al fratello: “Tu sei
UOMINI E DONNE 85
I
l legame fra i membri della famiglia fa sì che chi nasce dopo
vuole trattenere chi è nato prima per impedirgli di andarsene.
Spesso chi nasce dopo vuole seguire i membri della famiglia
morti, soprattutto se chi è nato prima ha avuto un destino particolar-
mente difficile. Allo stesso modo questo profondo legame fa ammala-
re i bambini sani quando i genitori soffrono. I figli vogliono essere si-
mili ai genitori. Se i genitori sono malati o si sono resi colpevoli, i fi-
gli vogliono inconsciamente fare lo stesso. Quando in una famiglia vi
sono infelicità, colpa o gravi malattie, anche i figli vogliono sentirsi
partecipi. Per garantirsi l’appartenenza al sistema familiare sono di-
sposti a fare molti sacrifici.
In questo modo i figli rinunciano spesso alla felicità e alla salu-
te. Sono convinti che rinunciando a una vita piena possano salvare la
felicità e la salute degli altri. A tutto ciò non contribuisce solo il lega-
me, ma anche l’esigenza di compensazione fra vantaggi, felicità, salu-
te, vita e innocenza degli uni e svantaggi, infelicità, malattia, morte e
colpa degli altri. La compensazione avviene quando coloro a cui le co-
se vanno bene fanno in modo di essere anch’essi infelici.
Talvolta le storie familiari continuano così per molti anni. Nella
famiglia di un cliente accadeva sempre che la figlia maggiore restasse
incinta al di fuori del matrimonio per sposare poi un altro uomo. L’ana-
lisi dell’albero genealogico mostrò che questa tradizione continuava
ininterrotta dal XVI secolo. Inconsciamente i figli dicono: “Voglio di-
ventare come…”, ad esempio come la madre gravemente malata o co-
me il padre morto prematuramente di tumore. I figli si augurano quin-
Meglio io di te
Una paziente cinquantenne era malata di cancro al seno in fase termi-
nale. Tutto il suo corpo era pieno di metastasi e sapeva che la morte
non avrebbe tardato ad arrivare.
Raccontando la storia della sua famiglia affermò di vedersi anco-
ra al letto di morte della madre. Allora aveva diciassette anni. La ma-
dre era malata di tumore e soffriva molto. La figlia le teneva la mano
e pensava: “Io potrei sopportare il tumore meglio di te! Perché solo tu
e non io?”. Se ne ricordava come se fosse stato ieri.
Bert Hellinger definisce questa dinamica “Meglio io di te”.
Più di tre decenni dopo il suo desiderio è stato esaudito, ma il do-
lore della madre non ha certamente potuto mitigarlo. Al contrario: le
rappresentazioni delle costellazioni familiari dimostrano sempre che
il rappresentante della morte è molto infelice se chi è nato dopo ag-
giunge dolore a dolore. La frase pronunciata dalla cliente: “Tu sei
morto, io vivo ancora un po’, poi morirò anch’io” ha qualcosa di ricon-
ciliante. A seconda delle circostanze sarebbe possibile pronunciare
un’altra frase: “Ti prego benedicimi anche se resto”. Se una persona
viva riesce a pronunciare queste frasi, il rappresentante del morto rea-
gisce spesso con sollievo perché sa di poter stare bene all’interno del-
la famiglia. Paradossalmente, avvicinarsi ai morti e parlare con loro
amorevolmente aumenta la propria forza vitale.
Alcuni fanno fatica a pronunciare le frasi risolutive. Se si chiede
al cliente di guardare il morto negli occhi e di dirgli: “Ti seguo per
amore”, oppure, “Per amore sto male anch’io”, qualcosa si può mette-
re in movimento in quanto queste frasi rispecchiano la realtà. Dicen-
do la verità, fatto percepito da alcuni come una provocazione, il mala-
to si rende conto probabilmente che il suo sacrificio non serve né a se
stesso né al morto.
Il malato può rendersi conto che il suo amore non è in grado di
superare i confini fra se stesso e il morto e che tali limiti devono esse-
re rispettati. Il morto ha il diritto di essere considerato una persona a
sé stante. Non vuole affidarsi unicamente all’amore di chi resta. Per
Ti seguo
Secondo l’esperienza di Hellinger, nell’esempio della donna morta di
cancro entra generalmente in gioco anche una seconda dinamica. Se
i genitori decidono di andare incontro alla morte e i figli vogliono im-
pedirlo con “Meglio io di te”, nei genitori è spesso presente un’altra
frase: “Ti seguo”. I genitori la pronunciano come figli adulti nei con-
fronti dei genitori, dei fratelli o delle sorelle morti prematuramente o
a seguito di gravi patologie e li seguono nella malattia o nella morte.
Se un figlio vede che i genitori vogliono seguire un morto o un
malato, può dire: “Caro papà, cara mamma, anche se tu vai, io resto”,
oppure “Anche se tu vai, ti rispetto. Resti sempre mio padre, resti sem-
pre mia madre”. Se uno dei genitori si è suicidato: ”Mi inchino davan-
ti alla tua decisione e al tuo destino. Resti sempre mio padre, resti
sempre mia madre; e io resto sempre tuo figlio” (OL: 375/376).
Vengo con te
Al cospetto di una persona morente, in particolare quando un bambi-
no vede morire il padre o la madre, è difficile continuare a vivere co-
me se nulla fosse. Molti preferiscono seguire la persona morta.
La madre di un’eroinomane soffriva di tumore ed era vicina alla
morte. Durante la rappresentazione Hellinger chiese alla ragazza di
dire alla madre “Vengo con te”. Questa frase centrò il nocciolo della
questione e la ragazza la pronunciò in modo del tutto convincente. A
questo punto la rappresentazione venne interrotta. Anche se sembra-
va quasi impossibile, dopo la morte della madre la ragazza si disintos-
sicò. La verità portata alla luce riuscì a cambiare le cose.
In un altro esempio la dinamica non è “Vengo con te”, ma “Ven-
go anch’io”. Una donna malata di tumore al seno disse questa frase al
figlio abortito, concepito durante un rapporto prematrimoniale. In
questo esempio non è chi viene dopo a seguire il predecessore, ma il
contrario. Non solo in caso di aborto, ma anche quando un bambino
muore in tenera età a seguito di un incidente o di una grave malattia,
i genitori mostrano spesso questa dinamica.
Introduzione
Dipendenza
Dipendenza da alcol e stupefacenti
Secondo Hellinger la dipendenza da alcol e stupefacenti è spesso la
conseguenza della mancata accettazione del padre. Alcuni sviluppano
una dipendenza quando la madre dice loro: “Ciò che viene da tuo pa-
dre non serve a nulla. Prendi solo da me!”. Dietro a tale atteggiamen-
to si nasconde il disprezzo per il marito. Il bambino è fedele a entram-
bi i genitori. Si vendica nei confronti della madre che denigra il padre
e prende troppo da lei. Si ricordi qui la storia della ragazza tossicodi-
pendente dell’istituto che voleva morire al posto del padre (capitolo
“Genitori e figli”, sottocapitolo “Principi educativi”).
Dal momento che per la soluzione delle dipendenze è spesso il
padre a giocare il ruolo fondamentale, Hellinger preferirebbe che i
tossicodipendenti venissero curati da uomini invece che da donne.
Se è una donna a svolgere la terapia, si mette spesso fra il clien-
te e suo padre, impedendo così la soluzione. L’accesso al padre può es-
sere garantito al meglio da un uomo. Se una terapeuta è in grado di
attribuire al padre del cliente un buon posto nel suo cuore, è anche in
grado di rappresentarlo, dopo tutto si tratta di immagini interiori po-
sitive (ZG: 290).
Bulimia
La bulimia causa un bisogno di cibo superiore alla media (“attacchi
compulsavi di fame”) che si concludono con il vomito provocato.
Le dipendenze in generale, e la bulimia in particolare, sono cu-
rabili, se il paziente impara a prendere anche dal padre davanti alla
madre. Nelle famiglie con casi di bulimia, il padre conta generalmen-
te poco. Il figlio mangia per fedeltà nei confronti della madre e vomi-
ta per fedeltà nei confronti del padre denigrato.
Durante una rappresentazione con una paziente bulimica la so-
luzione è stata di dire alla madre con coraggio: “Per me il papà è im-
portante quanto te” (FS: 268).
Nel caso della bulimia, prendere dal padre è da intendersi in sen-
so letterale. Quando una paziente bulimica è colta da un attacco di fa-
me, Hellinger consiglia di comprare tutto ciò che il suo cuore deside-
ra, di mettere tutto di fronte a sé e di guardarlo con gioia. Prima di ini-
ziare a mangiare può immaginare di sedersi sulle ginocchia del padre
e di prendere il cibo da lui a piccole cucchiaiate. Prima di ogni bocco-
ne guarda il padre negli occhi e dice: “Con te, caro papà, mi piace. Da
te lo prendo volentieri”. Tuttavia tale esercizio non è facile. Se lo si
prende seriamente, talvolta il solo pensiero è efficace. Una donna bu-
limica scrisse a Hellinger una lettera di ringraziamento per il consi-
glio ricevuto.
“Ti ringrazio della rapida risposta e soprattutto del consiglio del
cucchiaino e di accettare. L’ho sperimentato subito e continuo a farlo
con grande giovamento. Sono tornata subito a mangiare normalmen-
te, come non facevo più da dieci anni!!! Quando mi viene voglia di
mangiare, penso al cucchiaino e l’impulso svanisce” (FWW: 118).
Anoressia
Le rappresentazioni delle costellazioni familiari di persone anoressi-
che dimostrano spesso che il padre tende a uscire dalla famiglia per se-
guire, ad esempio, un membro della sua famiglia di origine morto pre-
Obesità
La rappresentazione della costellazione di una donna obesa ha mo-
strato che si era identificata con la prima moglie del padre e voleva
seguirla. Chi desidera al tempo stesso vivere e morire può, ad esem-
pio, abbuffarsi di cibo per precauzione. Mangia un po’ di più di quan-
to il corpo richieda in quanto mangiare significa: “Io resto”. Quando
si è consapevoli di poter restare, si può tornare a mangiare normal-
mente. Ciò è possibile disidentificandosi con amore. Chi invece teme
di essere costretto ad andarsene, preferisce mangiare un po’ di più.
Quando la persona obesa ha fame, Hellinger consiglia di dire: “Io re-
sto” (FS: 306).
Un altro esempio: una cliente obesa raccontò di avere perso la
madre poco dopo il matrimonio. Le due donne erano molto legate. La
madre era semplicemente caduta a terra morta. Nessuno si aspettava
che morisse. In seguito la donna divenne obesa e anche suo figlio di-
venne molto grasso. Anche in questo caso l’eccesso di cibo può essere
considerato una precauzione per evitare di seguire troppo presto una
persona.
Depressione
Il capitolo sull’accettazione dei genitori riporta numerosi esempi sul-
l’origine della depressione. Essa è spesso causata dal disprezzo nei
confronti dei genitori. Più si è arrabbiati con i genitori, meno forza ge-
nitoriale si prende da loro e più si diventa depressi. La depressione sva-
nisce se si accettano i genitori così come sono con amore.
La mancata accettazione dei genitori può essere causata anche
da dinamiche diverse. Un esempio: una donna soffriva di una grave de-
pressione da quando era ragazza. Una rappresentazione con i simboli
dimostrò che s’identificava con la prima fidanzata del padre, che ave-
va subito un grave torto. Il padre l’aveva lasciata perché il nonno non
la giudicava all’altezza del figlio. La cliente stava ora pagando per il
trattamento ingiusto riservato alla donna. Sul simbolo che rappresen-
tava se stessa, la cliente sentì una forte vicinanza con la donna. Guar-
dò i membri della famiglia e poi la prima fidanzata del padre e disse:
“Proprio in questo momento provo quel tipico senso di depressione”.
Guardando i genitori affermò: “Mi sento come Cristo. Devo fare in mo-
do che i miei genitori restino insieme”.
Questa sensazione di doversi sacrificare per gli altri dimostra
che l’io si è adultizzato. In un caso come questo il bambino deve ritor-
nare ad assumere il ruolo che gli compete: “Vi accetto e vi rispetto co-
me miei genitori. Vi prego vedete in me vostro figlio”. Nel suo ruolo
di figlio deve abbandonare il proposito di salvare il matrimonio dei ge-
nitori in quanto le questioni legate alla coppia riguardano solo i par-
tner. I bambini che s’immischiano nel matrimonio dei genitori fini-
scono sempre per stare male.
La donna reagì con particolare intensità quando disse alla ma-
dre: “La fidanzata di papà è una cosa. Tu sei mia madre e tu sola sei
quella giusta per me. Ti prego accettami come tua figlia”. La donna
aveva un buon rapporto con la madre, ma in quel momento pianse di
gioia e apparve raggiante. “È come se un peso enorme mi cadesse di
dosso”, affermò. Al padre disse: “La tua precedente fidanzata non è af-
far mio, mia madre è lì” (indicandola). La donna non riusciva ad ac-
cettare la madre come tale in quanto si identificava con la fidanzata
del padre e la madre vedeva in lei una rivale. L’identificazione di que-