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PROFESSORE GUGLIELMINETTI
Proprio perchè prende in considerazione l'oggetto in presa diretta si ritiene più semplice rispetto alla
storia della filosofia, è meno tecnica. Assomiglia di più ad essere “un cantautore”, un gesto più
personale del filosofo che non si appoggia solo ad una tradizione.
METAMORFOSI NELL'IMMOBILITA'
Il tema è il rapporto tra la trasformazione e le situazioni di blocco e di immobilità. Pur non
essendo stato scritto per educatori, è un libro abbastanza nelle corde, perchè è un libro che
affronta la questione, in modo filosofico e teorico, del dolore e della sofferenza, vista sotto
la prospettiva dell'immobilità. Centra con l'educazione perchè il concetto di educazione
implica una forma ( il bambino, ciascuno di noi è una forma, e ci da l'idea della formabilità/
plasmazione/trasformare quindi) che è immersa in un flusso del divenire (il tempo) , la vita
consiste non lasciarsi andare nel flusso del tempo, ma si articoli e si sviluppi secondo un
piano sensato. Già il gesto educativo in partenza è un gesto complesso, quindi implica un
intersoggettività (relazione).
La trasformazione è il divenire di una forma da una stadio precedente ad un successivo. Se
questa trasformazione è anche un' educazione, cioè trarre alla luce disposizioni, capacità e
risorse e ancora non ci vedono, l'educazione è fatta ovviamente da un progetto educativo,
quindi non totalmente casuale, ma attraverso un progetto di sviluppo in un contesto di
relazione tra individui e istituzioni.
Questa plasmabilità, questa evolutività della forma della persona secondo un progetto di
senso e di bene (se addestro all'esercito non favorisco un percorso nel tempo verso una
maggiore pienezza, cioè un aiutare , un sostenere, cioè una realizzazione in un senso molto
ampio).
Il titolo indica immediatamente che il problema nell'agire educativo è non incontrare solo
disponibilità alla crescita e al miglioramento, ma anche “resistenze”. Questo vale meno
nell'educazione dei piccoli e perchè spesso più disponibile, perchè tende naturalmente di suo
all'apprendimento,
Gli educatori spesso collaborano in una situazione di difficoltà, dove c'è una resistenza al
cambiamento.
Immobilità = difficoltà . Immobilità sono esperienze di blocco, di non crescita, di non
sviluppo, di non plasmabilità. Queste esperienze le facciamo nella nostra vita. Il blocco è
qualcosa di più del limite, è una situazione della vita personale, familiare, in cui giri in
blocco. (le famiglie sono spesso un luogo di blocco soprattutto nel ruolo dell'educatore)
Il blocco può essere sociologico, psicologico, esistenziale cioè la mia vita gira a vuoto. La
famiglia può presentare situazione di non evoluzione.
Uno dei motivi del blocco è l'ignoto, c'è una forma, una plasmabilità naturale della forma,
per quanto sia spontanea c'è sempre un gradino di difficoltà.
Tutti dobbiamo affrontare lo stress del cambiamento, un minimo di resistenza interiore.
Questo scalino può diventare una montagna, questa è l'immobilità. Ed è anche la ragione per
cui noi ricorriamo alla figura dell'educatore. Perchè se il cambiamento avvenisse sempre
senza alcuna resistenza, allora l'educazione potrebbe essere superflua.
Noi educhiamo , ci poniamo il problema della metamorfosi anche seppure non solo in
situazioni di difficoltà. Situazioni per esempio dove non sia possibile dare un'uscita fisica
(tipo in una malattia cronica c'è un 'immobilità cronica), ma posso chiedermi quali margini
di plasmabilità ci sono nella condizione data. Questo diventa affaticante in un certo senso.
Io non posso uscire da me stesso, quindi anche nelle condizioni in cui io sto bene,
comunque un certo grado di immobilità c'è sempre (la situazione/la gettattezza = essere
gettato in una certa situazione, ma ho il mio corpo, posso lavorarci ma con sempre dei
vincoli) la situazione parte dal corpo e si estende alle caratteristiche della persona, il tempo
(epoca in cui sono nato).
L'educatore aiuta a superare lo scalino? Aiuta ad abbattere? Non c'è la risposta, perchè i
filosofi non hanno mente chiusa, quindi la nostra risposta parte dalla nostra risposta. I
filosofi sono attenti ai concetti .
In una situazione rivoluzionaria abbattere un muro suona di più che aiutare a salire. Perchè
il giovane tende ad abbattere, abbatte barriere per introdursi in un nuovo che è il futuro.
Tutte queste cose le ritroveremo nel libro. Per esempio del muro abbattuto e dello spazio
aperto e del futuro possibile. Però indubbiamente il libro non parla prevalentemente di
questo dei gorghi (strozzamento)
La metamorfosi potrebbe essere anche una “liberazione”.
Voi ritenete di vivere in un'epoca di immobilità o soglie superabili?
Risposta di una ragazza:
qui è presente un forte immobilismo sociale, dipeso (anche) dal fatto che, nonostante la
questione del benessere mentale sia un qualcosa di primaria importanza, ciò non è ancora
“compreso” o forse condiviso da buona parte della popolazione
per esempio la situazione lavorativa crea immobilità, perchè la precarietà produce ansia e
impossibilità di pensare/concretizzare il futuro.
Si isola l'individuo che è più spinto alla riuscita personale senza che ci sia solidarietà.
La psicanalisi ci parla di un passato che ritorna, di come noi ci apriamo al nuovo siamo
trattenuti da corde che non vediamo (freud continua a ripetere, cioè a distanza di tempo,
verificherò di uno stesso modello e di uno stesso tema) quindi uscire da se stessi è tutt'altro
che una cosa nuova, o dalla situazione anche in condizioni di apparente libertà.
Come mai in un'epoca dell'apparente oggi la deterritorializzazione (posso parlare con il
mondo, ma apparentemente non sono legata a nessun luogo e cultura= Cittadino del mondo)
produce effetti di ansia identitaria (più il mondo prende velocità, più insisto su ciò che mi
caratterizza)
Heidegger diceva che la struttura progettuale di essere avanti a se (scelgo di fare) è tutto ciò
che nella vita è progettualità...essere già in (Il concetto di gettatezza indica come
l'Esserci si trova a essere gettato nel mondo, in quanto l'esistenza gli è imposta
indipendentemente dalla sua volontà) come essere presso, cioè nella progettualità e
della realizzazione faccio cose , ho delle occupazioni che sono specifiche. Quando l'essere
umano si occupa di cose è lo stesso che si trova in una situazione e progetta il nuovo.
A partire da dove io progetto e mi progetto?
La situazione potrebbe darmi gli strumenti per portarmi allo slancio.
Non possiamo dare per scontato che il cambiamento avvenga in una situazione ideale.
Se la situazione di partenza indica un blocco, cosa fa l'educatore? Cosa fa la persona?
Indaga la causa. Lavora sulle cause. Andare a capire il motivo per il quale metto in atto il
capire è il “gestire” che diventa un sinonimo di “convivere con “.
La necessità di capire nasce da una situazione spinosa cioè trovarsi di fronte a qualcosa
che non funziona/blocco.
Non è detto che il capire sia funzionale all'aiutare. C'è un nesso tra capire ed essere fermi.
Molto spesso è l'essere fermi che da spunto per il capire, se noi non siamo fermi
semplicemente agiamo. Ci mettiamo a capire perchè non possiamo agire, per lo meno non
subito. Questo ci porta a fare un'elaborazione. (per esempio il lutto. Non ci posso fare
niente. Il lutto è una situazione che mi raggiunge in modo ultimativo, è una situazione che
posso elaborare e non uscirne. Non può voler dire superarlo eliminandone la causa.
L'elaborazione è un processo mentale, psicologico, spirituale, che può portare alla
consolazione oppure no)
Non sempre posso scegliere, può capitare che possa scegliere di abbandonare qualcosa che
possa abbandonare e non essere in grado di farlo.
Per esempio la situazione del trauma è una situazione in cui non riesco ad uscire da quello
che mi è accaduto. Il trauma è un evento esterno che mi consegna ad una situazione non
voluta e che diventa essenziale, pur essendo estraneo. Qualcosa di cui non riesco a farne a
meno, fino a quando questo trauma non può essere elaborato. Potrebbe essere un elemento
radicale come il trauma, cioè porto dietro un me stesso che non voglio. La mia soggettività è
infestata da questa esperienza. La mia vera essenza è altrove. Nel trauma faccio esperienza
di un'estraneità che diventa essenziale e mi identifica. Non è detto che ciò che è essenziale
per me, sia qualcosa in cui mi riconosco o abbia progettato. Il trauma è un muro.
Il senso della lezione è che NON SEMPRE ESISTE L'USCITA . Ci sono situazioni che
sono diventate nostre pur non avendole scelte e richiedono un supplemento di pensiero,
sperimentale, teoriche. Anche su questo l'educazione può intervenire. Noi dobbiamo avere
in mente due schemi: uscire da a per entrare a b , e una situazione che mi porti /transiti per
intenderla, concepirla e in questa condizione è fondamentale capire. L'educatore deve e può
intervenire in condizioni di questo tipo.
Il libro affronta situazioni di questo tipo. L'idea vitale in cui mi trovo in una situazione
noiosa, prendo e “esco” questa è la dinamica metamorfosi nell'altrove, c'è un qui
sgradevole , cambio, mi sposto.
Nel libro dell'Esodo comprende un esempio di metamorfosi vitale, perchè abbandonano
l'Egitto per andare altrove, anche se si ritrovano in una situazione di blocco.
Esodo categoria cioè il concetto di esodo, un popolo schiavo vuole liberarsi, non la ottiene
in Egitto, ma si trasferisce.
L'Esodo non finisce con 15 capitoli di “passaggio” ma ci sono altri 25 di rallentamento
generalizzato, questo è il COMPLESSO DEL LIBRO . Tale è il rallentamento che mette in
“crisi” il passaggio al deserto.
Una METAMORFOSI SPIRITUALE significa rimanere sempre nello stesso luogo ed
implica il capire. Non è detto che individuare il problema voglia dire uscire dal problema .
Nel caso di immobilità, in cui la vita gira sempre intorno ad una questione, in questo caso
deve e può intervenire un processo di comprensione.
Quindi pensiamo che l'educazione è la trasformazione, sia un passaggio di qui a la, ma
sia un modo diverso di stare qui. Gli educatori servono sia per andare là sia per stare
CAPITOLO 1, PARAGRAFO 1
FORMULA, FORMA E COSTELLAZIONE
Ci sono momenti del flusso del tempo in cui la forma è allineata con il tempo, la forma
la coglie come la sua migliore risorsa.
Se io sono un bambino ogni giorno trovo qualcosa, mentre il malato perde qualcosa.
In generale in questo paragrafo c'è un incontro e scontro : la forma può essere solidale o
antagonista.
La forma si oppone al cambiamento in alcune situazioni, questo non vale solo per gli
individui, ma anche per i gruppi umani, per le società, per i mondi storici.
(una forma può essere un rapporto affettivo quando si separa per uno dei due può essere un
dramma , cioè non ho voglia che finisca questo amore. Il tempo è il migliore alleato perchè
indica il procedere, la vitalità di un rapporto, e c'è una fase invece dove si subisce l'addio, il
cambiamento)
GESTALT = qualsiasi figura determinata, (la coppia di me con te)e non una qualsiasi
realtà.
La forma è qualsiasi figura per esempio il vaso non è una forma, ma ha una forma.
L'Italia è una forma costituzionale, ma anche territoriale. Supponiamo che ci accordiamo
con Albania e fondiamo una nuova repubblica. Da domani abbiamo la repubblica Albaniana
che avrà una forma politica diversa.
La forma ha una qualunque individualità, qualunque soggettività. Le forme quando
sono giovani incamerano il divenire come il loro migliore alleato, mentre si contrappongono
con il divenire, cioè resistenza alla temporalità, quando sono vecchie.
La morte è una forma di divenire molto spesso ostile , o verso la quale noi molto spesso
siamo ostili.
Domanda dei ragazzi:
L’invecchiamento fa parte del processo di cambiamento della forma di un individuo? In
questo caso si può dire che la forma è libera di resistere al cambiamento oppure può
accettarlo..
Risposta : poiché la vita procede è normale che le forme si estinguano. Ma si vorrebbe
disattivare il nefasto.
Se ipotizziamo che la vita sia il fiume, sta fermo, non esisterebbe senza il fiume, ma allo
stesso tempo è una realtà specifica. Questo è un senso di immobilità; la forma sfida il
cambiamento. Il vortice è un'interruzione di fluidità.
Il rapporto vita-forma, non è sempre positivo, è dialettico, può essere conflittuale oggi e
pacificato domani.
Una cosa è l'evoluzione del genere umano, una cosa è il bambino Pietro, lui è una
configurazione della vita, ma non è l'evoluzione. Nel momento della nascita, l'alleanza
tra la vita e la forma è perfetta, presentarsi con un nome è la sua individualità, ma non
vuol dire che siano lo stesso.
L'essenzialità (wesenhigt) che sia bene che sia male , che sia produttivo o no, la forma e
la vita sono la stessa cosa.
La religione è uno dei luoghi di massimo attrito rispetto alla morte. Dio è l'invenzione che
serve proprio per dire che non tutto si dissipa, tant'è che c'è una forma che chiamiamo Dio
diventa un'istanza arbitrale, anche se gli dei sono ambigui, perchè talvolta concedono alla
forma un bis (il mito, pag. 25)
“La mente di prima” è tragico, perchè in controtempo tra un cambiamento della vita e il
non cambiamento dell'animo. (esempio di un uomo in coma). È tragico se è dissociato
dalla vita di prima.
Nel lutto c'è un controtempo, perchè ti dicono la vita va avanti, ma io in quel momento non
accetto che la vita vada avanti , perchè non è così per me.
Restare legati ad un elemento del passato. In filosofia non esiste la funzionalità, non è
scritto da nessuna parte che il benessere debba guidare le nostre vite, non si da per scontato
un atteggiamento.
Non si può prescindere l'essere dalla mortalità/temporalità. L'attrito che la forma fa
sfregando contro il fondo del divenire.
Gli dei non ci stanno a tramontare.
La metamorfosi è forma, il passaggio può essere tragico
l'umanità è governata da una serie di istanze e qui non c'è la legge del benessere
il più umano nell'uomo sia il poter dire di no al benessere
l'uomo è più guidato alla ricerca della felicità che al benessere, se il benessere fosse la nostra
guida non ci sarebbe educazione.
Ci può essere un momento in cui la forma, la vita e la legge sono perfettamente
allineati, ma non è la norma.
Molto spesso l'umanità cerca di far andare bene queste due cose
Formula viene dalla lettura di Sclegov di Ovidio , cioè fa notare che lui quando pensa alla
metamorfosi è spesso fiabesca, la sistematicità (pag.24) dice che :
attraverso l'epiteto che non ha nulla di soggettivo, quindi una forma passa ad un'altra forma,
si può mutare due o tre caratteri di base si passa ad un'altra forma. Il problema sta nel fatto
che la forma ha l'istanza di essere un'unica , cioè pretende l'unicità.
Formula indica un passaggio ad una situazione ideale, di fatto è l'algoritmo che segna la
condizione di possibilità di esistere e la possibilità di trasformarmi e di tramontare. Quindi
LA FORMULA è solo una combinazione di elementi che sono universali che non
hanno nulla di unico.
Quindi ciò che resta non sono le forme, ma gli elementi.
(prendi ad esempio h2o)Quindi l'unicità è pura apparenza, ma non è sostanziale, perchè ciò
che veramente resta sono gli elementi.
Nella visione strutturalistica le forme sono apparenza, per questo c'è metamorfosi, per
ciò che davvero è l'essenziale/ elementi (tavola degli elementi che si combinano) (es
pacchetto vacanze : avrai esperienza unica, magari in un posto dove vanno tutti . La vacanza
è la mia quindi unica dal mio punto di vista , ma per il pilota è la millesima volta che va
non c'è un allineneamento tra forma e formula, non voglio stare nel generale ma nell'unicità)
Lo sfregamento consiste nel fatto tra la nostra aspettativa di unicità e il punto di vista
strutturale soggettivo e a questo si deve la tristezza di Ovidio. In teoria se accettassi
l'immortalità tutto transita perchè tutto è combinazione, che produce un transitare, la forma
dovrebbe accettarlo, per il benessere, ma siccome abbiamo aspettative di unicità va a fare
attrito con il fatto che invece siamo “standard”.
Non si può descrivere l'unico (Aristotele), il punto è che quando vai a definire la persona
non riesci, perchè usi un linguaggio universale cioè che va bene per più persone. Questo ci
spiazza perchè vogliamo fare esperienza dell'unico, ma diciamo il generale, il qualunque.
Quindi unico o qualunque? Formula o forma?
LA COSTELLAZIONE
in Ovidio c’è l'idea che gli dei sono come istanza arbitrale che si allinea nella forma e
consentano di vivere un secondo tempo di vita in altra . Cioè che il fenomeno governi la
struttura. Una sorta di trasformazione della forma, che diventi una forma di vita tipo una
stella. Questa è un'istanza di immortalità. Siccome Ovidio non si fida degli dei si
autocostella da solo nello scetticismo che gli dei lo facciano per lui.
La memoria nasce perchè non ci rassegniamo alla mortalità.
La tensione nasce perchè nessuna delle istanze è riducibile all'altra, tra la vita e la forma è
sempre possibile un litigio.
La metamorfosi vincolata è la fluidità ,è vincolata ad una forma, è una velocità limita.
La metamorfosi illimitata non è limitata da nessuna forza centripeta, è un procedere
innanzi senza essere trattenuta, per questo gli egiziani distinguono osiride e iside da
Tifone. Il divieto di metamorfosi ha un senso positivo se blocca la fuga illimitata.
L'alleanza implica due soggetti se fosse solo per la metamorfosi (il fiume) il cambiamento
brucerebbe tutte le cose e non si fermerebbe da nessuna parte, la furia del dileguare, la
entlvangu (argine)cerca di ridurre ad una velocità limitata, la trattiene, non è
deterritorializzazione, ma implica un riferimento ad un territorio.
Uno spinge verso il cambiamento e l'altro rallenta.
Differenza tra formula e forma
Conflitto tra la vita e la forma. Tra il divenire che trascina con se tutte le forme e il restare
della forma, tra essere e divenire, vi è un conflitto continuo tra forma e metamorfosi perchè
la prima tende a restare, mentre la seconda a superare la forma.
PARAGRAFO 4-5
CIRCOLAZIONE E AUTOCONTROLLO /MALATTIE CIRCOLATORIE
REVE= sogno
Denis Diderot.
Fu uno dei massimi rappresentanti dell'Illuminismo e uno degli intellettuali più
rappresentativi del XVIII secolo, amico e collaboratore di Voltaire e del barone d'Holbach,
col quale scrisse numerose opere anonime di intonazione antireligiosa e anticlericale.[2]
ONTOLOGIA
La dottrina filosofica relativa ai caratteri universali dell'ente, corrispondente alla ‘prima
filosofia’ del più maturo Aristotele, detta poi ‘metafisica’: è tradizionalmente considerata il
fondamento di ogni sistema oggettivistico. Nella filosofia analitica, teoria che stabilisce i
criteri di esistenza di determinate entità a partire da un linguaggio formale.
(Pag 37)
Diderot immagina che ci sia un nesso tra massa e muta, siamo formati da infinite api
(scelta di metafora non indifferente) sciame, apine. Siamo in un sogno, inconscio, sono
abitato da una massa di insetti che sono me. Il ronzio da l'idea della chiarezza e distinzione
della mia individualità questi insetti, che possono assumere configurazioni diverse.
Potremmo dire che siamo provvisorie configurazioni di una massa di elementi.
Quello che veniva chiamato formula in Ovidio, cioè la formula è un insieme di elementi
che combinandosi insieme danno una “forma” a questi elementi.
La chiarezza e distinzione delle mia individualità è un illusione del giorno (Cartesio).
Con Diderot la forma viene sottovalutata. Cioè non viene assunta come un secondo
principio della natura.
Ci deve interessare che la forma nella modernità è sotto choc, perchè sa la propria
caducità, il proprio nulla. Nelle modernità è ancora più radicale.
Molte filosofie contemporanee sono filosofie di transito. Cos'è la vita ? Un transitare.
Molte filosofie classiche sono statiche .cos'è la vita? Un abitare.
Potremmo dire in modo molto semplificato che l'epoca classica è l'epoca dell'essere, e
l'epoca moderna è l'epoca del transitare.
In generale la filosofia sia antica che moderna è un trafficare con questa posizione :
qualcosa, è o diviene?
Perchè la configurazione tra l'essere e il divenire è una configurazione mentale per la
vita.
La configurazione che ha unito Filemone e Bauci è casuale, soggetta al tempo,
proiettiamo un desiderio di immortalità su due poveretti che sono nel tempo, pur nel tempo
vogliono essere protetti dal tempo da non voler essere separati. Se invece prendiamo
“i due che insieme vanno” di Dante riferito a paolo e francesca, nell'inferno di Dante, si
parla di definizione, perchè è fisso, è stabile, è eterno.
Per Filemone e Bauci , sono quei due che insieme vanno ma in un tempo che li può
separare, è una configurazione che si vuole sostanza ma è accidente.
C'è questa sofferenza della forma. Guglielminetti non è diderottiano perchè la prospettiva di
Diderot è unilaterale, cioè non consente di prendere sul serio il tragico. La morte è tragica,
proprio perchè c'è un disillineamento tra caducità.
da un'idea come quella di Diderot, invece la morte non dovrebbe essere un problema.
(pag 38) una cosa è la mortalità e un’altra è la morte, che è tragica perchè la forma non ci
sta. Filemone e Bauci : La tragedia consiste nel fatto che sono nel tempo e quindi separabili,
ma si illudono di non essere separabili. L'illusione è costitutiva dell'essere umano e si
organizza per dare “gambe “ alle sue illusioni.
Filemone e Bauci non sono sostanza, e saranno separati dopo la morte.
Vogliamo un'ontologia dove la protesta ha un senso o un'ontologia dove sia una pia
illusione? Per Diderot non tutto si trasforma in tutto.
Il secondo tempo del sogno si fa da sveglio e quindi introduce alla nevrosi (ansie, crisi,
attacchi di panico) e quando è sveglio ci tiene alla pelle .
(pag.40) da un'indicazione di tipo psicologico, cercherà di dominarla e di conservare
l'origine del fascio (l'immagine delle api che dorme alla tela di ragno che è sveglio).
Dalla ontologia del transito dovrebbe derivare una psicologia dell'abbandono
(assenfain?) al ritmo dell'esistenza, inafferrabile, ma un'etica dell'inafferrabile. Noi oggi a
diremmo Filemone e Bauci che la vita è movimento, transito, abbandonati, la vita è un
fiume non si sa dove ti porterà. Se dicessimo così non sarebbero più quelli che insieme
vanno.
Quindi ci aspetteremmo da Diderot che dicesse “abbandoniamoci!”.
L'autocontrollo (Guglieminetti a pag 37 basso rilievo morale), l'etica non corrisponde in
nulla a come sono le cose; la volontà cerca di non fare transitare le cose,
autocontrollandosi, rafforzando il potere dell'individuo, ma questo potere è illusorio.
Questa modalità di pensare in un certo senso riduce il carattere tragico della morte,
perchè lì della morte bisognerebbe avere tanta paura. (pag 38 penultima riga)
(pag 41 capoverso): vuol dire sfondo ontologico, si ha meno ripugnanza a morire, con
un’alta lucidità borghese fuori dal sogno e a quel punto si cerca di difendere la vita.
Se affermiamo che la forma ha i suoi diritti pensati, rendiamo più faticoso la questione delle
mortalità, proprio perchè la forma non è solo una stazione di transito, ma sta di fatto che le
forme non ci stanno . Questa è un'illusione oppure è un'istanza, il tentativo di
reimmetere la forma, pur sapendo che è una forma contemporanea.
L'intellettuale borghese pensa all'assenza di sostanza ma rivendica un autocontrollo
sull'assenza di sostanza ...lui è un genoma dell'intellettualità borghese. pensa alla
trasformabilità di tutto attraverso la tecnica, altrimenti non ci sarebbe la mentalità di
impresa.
Il d'Alambert sveglio è quello organizzato. Il mondo è disorganizzazione e la volontà
umana è la organizzazione, sapendo che l'organizzazione della disorganizzazione nasce da
un atto di volontà che non corrisponde alla natura della realtà. La natura della realtà va
verso l'assenza di controllo.
E' anche interessante nella prima pagina che Diderot riprenda del sofisma dell'effimero,
riprende l'espressione del mercoledì delle ceneri (pag 35 polvere eri e polvere diventerai)
perchè secolarizza (fa transitare un linguaggio religioso un nuovo contesto semantico di
tipo laico) questo momento della confessione in cui la forma ammette di non essere
nulla.
Cioè dal punto di vista delle religione la natura in sé deve la sua esistenza a Dio, il fatto di
dire “tu sei polvere, tu non sei nulla”, non è estraneo alla religione e si vede perchè tu muori.
La mentalità religiosa ha l'arbitrato divino, quindi ti può salvare da questa tua nullità.
Diderot sostituisce Dio con l'autocontrollo.
L'idea di grazia è che tu sei nulla, ma per volontà di Dio sei qualcosa. Cioè gli dei possono
salvare Filemone e Bauci.
In assenza degli dei, allora a questo punto, siamo noi, siamo moderni, siamo un po' come
Ovidio , allora mi organizzo da me : noi siamo nulla, gli dei non esistono, ma cerchiamo
qualche strumento che ci dia qualche forma di surrogato di quello che potrebbero
darci gli dei.
Per esempio un surrogato potrebbe essere la memoria: sappiamo che un momento non
tornerà più (ha ragione Diderot che il tempo sfugge) e ci organizziamo con la telecamera, è
un modo per fissare l'eternità l'attimo.
Cerchiamo di dare sostanza a qualcosa che non ne ha.
L'essere umano vuole ricordare perchè la memoria è un contro tempo rispetto al tempo. La
memoria è una protesta contro la morte. Malattie e morte non sono fatti naturali, sono
naturali fuori dall'orizzonte dell'umano. È innaturale stare male (Agostino).
(pag 40) si ammette il sogno ma si esclude la follia. Il dubbio Cartesiano (cerca) una è
quella del sogno , cioè la sogno ma non la faccio, mentre il folle immagina una serie di cose
che non esistono. Lui è molto più duro con la follia, però poi ammette l'ipotesi del genio
maligno. La follia è spesso esclusa dal discorso filosofia, perchè renda impossibile la
razionalità, perchè il folle è l'opposto alla ragione, ma nella polarizzazione classica la follia
alta è la ragione.
MARX
Il punto che interessa a Guglielminetti affronta argomenti che servono per l'immobilità.
La questione è la circolazione. È interessante che l'intellettuale borghese la presenta
come la natura delle cose, mentre Marx ci dice che la circolazione va incontro al
fallimento, cioè va incontro alla crisi.
Perchè lui fa riferimento al M-D-M e D-M-D, ci dice che la circolazione delle merci tenta di
fare una cosa impossibile, cioè cerca di trasformare il privato in pubblico: il lavoro
individuale in lavoro sociale, ma questo nella società capitalistica non riesce , perchè
individuò e società sono divisi.
Io individuo sono separato da un abisso da voi collettività, i bisogno collettivi non
necessariamente corrispondono ai bisogno dell'individuo e viceversa.
CAPITOLO I PARAGRAFO 6
HOLDERLIN
Johann Christian Friedrich Hölderlin è stato un poeta tedesco, considerato tra i più grandi
della letteratura mondiale
HEGEL
è stato un filosofo, accademico e poeta tedesco, considerato il rappresentante più
significativo dell'idealismo tedesco. È ritenuto uno dei massimi filosofi di tutti i tempi.
Hegel è autore di una delle linee di pensiero più profonde e complesse della tradizione
occidentale: la sua riflessione filosofica, sistematica e onnicomprensiva, influenzerà molta
parte del pensiero successivo, dall'ontologia all'estetica alla teoria politica, contribuendo alla
nascita delle discipline sociali e storiche nella loro accezione moderna. La filosofia
hegeliana è stata definita, tra l’altro, come idealismo assoluto.
HEIDDEGER
Martin Heidegger è stato un filosofo tedesco, considerato il maggior esponente
dell'esistenzialismo ontologico e fenomenologico.
PANTEISMO
Qualsiasi concezione filosofica per la quale Dio è l'universo nella sua totalità, pur non
essendo nessuna delle cose in quanto tutte le trascende, ed è al tempo stesso in tutte le cose
in quanto ragione d'essere di ciascuna.
TRASCENDERE IN FILOSOFIA:
In filosofia, esistere al difuori o al disopra della realtà sensibile; sorpassare un certo limite
della conoscenza o della realtà.
"Dio trascende il mondo"
Empedocle è stato un filosofo e politico siceliota, Aristotele lo indica come padre
della retorica. Appartenente all'età presocratica, la filosofia di Empedocle è conosciuta per la
teoria cosmogonica dei quattro elementi classici, da lui chiamati "radici", in più due ulteriori
principi: Amore, in grado di mescolarli, e Odio (Νεῖκος), responsabile della loro
separazione.
NICHILISMO
Ogni posizione filosofica che concepisca la realtà in genere o alcuni suoi aspetti essenziali,
dai valori etici alle credenze religiose, dalla verità all'esistenza, nella sua nullità.
Movimento russo della seconda metà dell'Ottocento, negatore della morale tradizionale e
propugnatore della soppressione violenta dell'ordinamento sociale e politico.
• Nichilismo attivo, nella filosofia di F. Nietzsche (1844-1900), quello che promuove e
accelera il processo di distruzione degli ideali tradizionali, per rendere possibile
l'affermazione di nuovi valori.
ERMENEUTICA BIBLICA
L'interpretazione di antichi testi e documenti, spec. religiosi.
Nel pensiero contemporaneo, concezione dell'attività filosofica che la identifica con una
continua interpretazione non soltanto dei testi, ma anche dell'intera esistenza umana.
ERMOCRATE
uomo politico siracusano di estrazione aristocratica, probabile “aspirante tiranno”[17], fu
uno dei maggiori protagonisti delle vicende di Siracusa tra la prima spedizione ateniese in
Sicilia (427-424)
Holderin da che parte sta? Dov'è la forma? Che cosa colpisce delle sue citazioni?
La rivoluzione viene da se? Holderin risponderebbe che giunge un momento in cui anche se
siamo tutti conservatori veniamo travolti, è la vita che punta al rinnovamento, così come
posso non voler morire, però prima o poi muoio; anche una società può restare attaccata a se
stessa , alla propria identità, ma se le tendenze profonde della realtà vanno nella direzione
del rinnovamento, prima o poi queste tendenze profonde travolgono la forma che resiste.
Ma se la direzione è quella, e la direzione è assunta dalla realtà nel suo profondo in una
certa direzione, è inutile opporsi. Anche la psicanalisi di Jung interpreta la teoria del
ringiovanimento. Secondo Jung, la depressione o addirittura la follia, o la depravazione,
nascono quando l'inerzia, l'attaccamento alla forma prevale al ringiovanimento,
quando invece la vita viene assecondata nel suo movimento profondo, che è un movimento
di rinnovamento, ecco che l'inconscio trova le strade per un cambiamento, una
trasformazione. L'inconscio mi dice che devo cambiare per aprirmi alla vita, se invece io
sto attaccato a qualcosa che è superato, da questo può derivare un profondo disagio che si
sfogherà in vari modi.
Il discorso è molto intrecciato e complesso. Perchè provo a dire che in Holderlin si tratta di
figurazioni.
(Per esempio nel capitolo sull'esodo hanno peccato tutti con il vitello d'oro. Dio si arrabbia
di questo tradimento e propone a Mosè che vuole una nuova umanità, ma lui non glielo
lascia fare e si oppone a Dio “se una sedia con tre gambe non regge la tua ira, figurati se
regge con una gamba sola, cioè con la presenza di Mosè.”)
quand'è che un processo di rinnovamento non è solo distruttivo? forse l'indicazione è
quella che dicevamo cioè quando c'è un'alleanza tra la vita e la forma.
quando la forma viene semplicemente distrutta ecco che prevale la distruttività.
Certamente la storia delle ideologia del novecento è una storia di grandi promesse di
cambiamenti e rinnovamento, ma anche di incubo, cresce la distruttività (lager) , invece la
resistenza è un movimento di profondo rinnovamento che produce una nuova forma
istituzionale.
Ci sono processi che si presentano come tali ma che sono figurazioni del nulla, il nulla
distruttivo come potenza di nullificazione.
Togliere qualcosa per avere qualcos'altro, è un conto, ma c'è anche la possibilità che io lo
possa togliere per non volere null'altro
Una strada può portare al nulla, quindi mai dare per scontato le cose.
La creazione del nulla indica una solidarietà tra nulla e nuova forma, naturalmente è una
creazione non una nullificazione.
il punto è che il processo di rinnovamento deve condurre ad una forma che è una forma
nuova, quindi distinguerei forme diverse di nostalgia, però esiste una nostalgia orientata di
qualcuno o qualcosa, che può essere a sua volta una maschera del nulla, può essere una
figurazione di una nostalgia più radicale. Una cosa è una nostalgia orientata ad una forma
specifica, ma è semplicemente la figura assunta da una figura indeterminata, ma se questa
nostalgia determinata torna e non sono felice, può essere un autoinganno più radicale. cioè
ho bisogno della maschera del nulla, che sono oggetti assenti. Può essere una maschera del
non oggetto, del niente.
Lo stesso rinnovamento può essere una maschera del nulla.
Nota 30 pag 49 Iperione cioè queste sono immagini molto eloquenti in cui la mosca
“forma” si spegne dalla fiamma, il suo destino è la morte.
Jung per lui l'eroe è colui che propone al mondo una nuova forma che resta sempre il
medesimo. L'archetipo della madre e il simbolo della madre chiesa , l'archetipo rimane
sempre identico, può essere che il simbolo madre chiesa invecchi, può essere che la
religione invecchia, ma con la difesa diventa pericoloso, in quanto le radici sono seccate e si
potrebbe dare luogo ad un tentativo disperato di andare incontro alla vita che si rinnova.
Se facciamo questa cosa si scatenano tutta una serie di fenomeni involutivi che nascono
dall'incapacità di rinnovamento(depressione, perversione, la violenza, la depressione).
L'eroe di Jung è colui che si immerge nel mare dell'inconscio, raggiunge gli archetipi e
risale portando alla superficie una nuova interpretazione, cioè una nuova forma
spirituale che sostituisca la vecchia.
Quindi il conflitto tra vita e forma può assumere figure radicali, perchè non è detto che
la vecchia forma accetti questo suo apparente destino. Nel caso della religione è evidente,
perchè le religioni ritengono di essere sottratte al tempo.
L'idea di Dio è un idea, come già in Ovidio, che può manifestarsi con il divenire ma può
anche manifestarsi negando il divenire.
Il dio di Holderlin è la natura continuo moto e rinnovamento.
Gli dei di Ovidio sono l'istanza che resiste al moto e al rinnovamento.
Gli stessi dei sono destinati a tramontare
La malinconia, altra forma di fatica di vivere, ha a che vedere con tutte queste figurazioni
del nulla. Perchè esiste una malinconia relativa e una assoluta, cioè il desiderio di un oggetto
assente che si rivela desiderio di un'assenza assoluta.
La figurazione è una figura che apparentemente tu poni come oggetto di desiderio, che
non ha consistenza, è “gioco di luci”, è una fantasia che non si realizzerà mai ...la
figurazione è una fantasia di forma, che può anche essere reale , cioè dell'assoluto, del
desiderio che voglio raggiungere, ma che di fatto una volta raggiunta pare del tutto
insufficiente.
La forma è un attore potentissimo, non ci sta a farsi superare, perchè ha una sua forma di
resistenza che è radicale
La forma ha un'energia centripeta che si avvita su se stessa, vuole durare e non sente
ragione, essa stessa è un attore importante di questa dinamica.
In Holderlin non ritroviamo questo, c'è l'idea della storia, ma è sottomessa alla natura, il
linguaggio che viene usato per spiegare lo sviluppo è un linguaggio naturalistico, bisogna
fare attenzione a questo. La natura non può migliorare, l'ambiente si .
La selezione naturale riguarda la dialettica fra la natura e le forme della natura quindi
certamente si pone il problema della forma, è dal punto di vista delle forme che avviene la
selezione; se tu non introduci le forme, il concetto non ha senso. Il concetto di selezione
è un'articolazione tra la forma- la natura- l'ambiente, il rapporto con altre forme.
Naturalmente anche a livello della natura noi abbiamo una dialettica tra forma e vita.
Parlare di miglioramento in ambito naturale è più difficile, le forme naturali procedono da
una maggiore ad una minore complessità, questo è un miglioramento delle forme.
in Holderin nessuna forma mi da quiete, sono sottili nel senso che sono maschere,cioè
figurazioni
IL mito della caverna di Platone (Parlando semplicemente, Platone si riferisce alla scoperta
della realtà delle cose che ci circondano: per fare questo, discute sulla natura stessa della
realtà. Dopo aver raccontato il mito, però, Platone aggiunge che tutto il ragionamento dietro
l'allegoria deve applicarsi a tutto quello di cui si è già discusso nel dialogo: serve, cioè, ad
interpretare le pagine che descrivono la metafora del sole e la teoria della linea. ) per lui le
ombre appaiono vera realtà, ma arriva il filosofo che esce dalla caverna e dice :”guardate
che quello vi sembra reale ma non lo è, voi vivete in un mondo di ombre e lo scambiate
per realtà”
Alle volte succede il contrario, noi scambiamo la realtà per un'ombra.
La malinconia è una forma di caverna rovesciata, invece di vedere forme spesse, vedo
ombre. Il malinconico fa il percorso opposto al filosofo.
Nel mito di Platone c'è il buio, la luce, la realtà apparente.
La filosofia nasce sul disagio, dal sentirsi fuori posto, il mondo appare non il luogo del
vero essere, ma il luogo delle ombre.
Quello che appare nella non malinconia come ben reale, nella malinconia pare come liquido,
tenue e inconsistente.
Se penso che nessuna delle realtà che incontro abbia consistenza, è la spia di un malessere.
Un modo per raccontare queste pagine tra Una lotta tra una visione del mondo come pura
ombra o come invece realtà.
La vera realtà per Heghel è la natura, qualcosa che sta dietro a tutte queste figura.
Partendo da Holderlin che produce il giudizio è anche la divisione originaria (nascita)
L'autocoscienza vuol dire che c'è una separazione tra io e me.
Il vero oggetto del desiderio di Holderin è la revoca della divisione originaria.
Nell'amore la fusione è la revoca delle separazione, che è incompatibile con lo stare al
mondo individuale.
La filosofia ama anche l'indivisione, cioè l'essere assoluto, e dal punto di vista del soggetto,
il nulla .
CAPITOLO II
PARAGRAFO 1 2 3
POLARIZZAZIONE E CONTAMINAZIONE
Il carattere trascende ab horigine la situazione.
La situazione è una nebbia che offusca il carattere che è dentro di noi.
Il carattere esce da sé, nella situazione. È un modello influente dal punto di vista psicologico
ed educativo. Il carattere è il nostro buon diritto originario.
Quando le cose vanno male, cioè quando c'è una nebbia, faremmo appello a noi stessi e al
carattere?
Introduce il tema della colpa, quando puntiamo il dito verso qualcun altro, questo qualcuno
fa parte della situazione.
Il modello della fiaba si attaglia alla nostra vita? Secondo la nostra esperienza?
Se siamo nella nebbia ci si può far trasportare dalla situazione. Cioè quello che noi
vorremmo fare potrebbe non essere la cosa giusta. Risponde alla domanda della nebbia in
modo negativo.
L'idea che il mio carattere non sia in grado a rispondere alla nebbia, cioè non è detto che il
mio carattere sia buono, ma una volta che introduciamo questa variante siamo fuori dalla
fiaba.
La fiaba ci dice che la nebbia è il negativo e il carattere è il bene, è il polo positivo il cui
è temporaneamente sottomesso alla situazione.
Se noi non ci orientiamo nella nebbia l'unica soluzione è quella di tirar fuori il carattere.
Riportare la situazione a livello del carattere. Quando non ci sarà più l'incongruenza, il
problema sarà risolto.
Il carattere negativo è l'antieroe che vuole restare nella situazione negativa
La psicanalisi è ottimista e sa che il male ci segna, con la critica di Bettelheime, una critica
specifica al tipo di lettura Cenerentola, ci porta ad una visione disincantata delle realtà, ma è
solo provvisorio, è solo transitorio alla fine, perché con il matrimonio è una persona buona.
La fiaba teorica ha la consapevolezza che il male attacca e intacca il soggetto e tuttavia
si muove nel senso che questo male diviene superabile. Nel futuro si affermerà il buon
carattere, non quello originario, ma sarà acquisito: il che va benissimo, e se però questo
buon carattere continua ad essere iper praticante, che cosa succede?
Queste situazioni di sofferenza non le posso mettere fuori di me.
Ulisse è un eroe, lui sì che fa leva sul suo carattere, e per Dante credersi il più grande poeta
è un atto di superbia.
Il carattere di Dante è contaminato però in un certo senso, perchè è contaminato dal peccato
in senso positivo, è invaso dalla grazia. Lui pecca di Hubris.
C'è una grande differenza fra Dante e Ovidio, dove gli dei non gli danno garanzia e scrive
l'opera, per Dante parte dicendo che non c'è nessuno come lui, però non basta.
Ulisse è un vero eroe, è un soggetto più moderno, fa leva sul merito, è furbo. Dante sa di
essere un po' Ulisse se no non sarebbe nella selva oscura. .
Quindi potremmo dire che è una forma di contaminazione. La soggettività di Dante è un po'
infestata (non capisce più nulla quando vede Beatrice) , perchè non riesce a dominare
l'amore.
Fuga come trasformazione, introduce il tema di una fuga che non sia un'uscita.
La questione del libro di Wittengeistein è che la vita è pensata come way out.
Cenerentola esce dalla situazione matrigna.
“Metamorfosi dell'immobilità” parte da una situazione banale e diffusa, in fondo
semplice, per cui non sempre l'uscita è possibile. Perchè ci sono casi (pensiamo alla
malattia cronica) in cui uscire si può ,ma non si scarica la situazione. Allora in questi casi
in cui la vita “batte un po' sul posto”, cioè non si attiva la polarizzazione per produrre il
movimento, in questi casi prevale la contaminazione e sono i momenti di immobilità.
Perchè non trova un'uscita.
La situazione è una scoria, tu la elimini e ti ritrovi libera. Ciò detto la cosa da fare è
polarizzare.
Lla polarizzazione è il way out, cioè il togliere questa scoria che mi pesa sopra la testa.
Cosa che mi riesce difficile, ma perchè passo attraverso a molte contaminazioni.
Questa è per Guglielminetti LA VIA MAESTRA DELLA LIBERAZIONE, cioè
quando riusciamo a realizzare la situazione negativa e il carattere positivo .
In altri casi questa cosa non è possibile, per esempio in casi in cui la situazione anche
negativa, sia me, per esempio una malattia cronica.
Cercare la libertà e la liberazione in contesti in cui la polarizzazione non riesce o non
riesce facile, questa sarebbe la situazione di metamorfosi nell'immobilità. Metamorfosi
vuol dire liberarsi nell'immobilità.
Deve intervenire una diversa concezione della libertà, più nel senso dell'apocatastasi perchè
in fondo non posso trovare la libertà se non facendo pace per un periodo della vita nella
situazione in cui mi trovo.
La situazione è data come non superabile per me, o per molto tempo, o tale che se anche la
superassi ci sarebbe voluto talmente tanto tempo che non mi interessa neanche più.
La prima mossa a cui diamo di piglio è la polarizzazione. L'idea che noi abbiamo di libertà è
quella di abbandonare qualcosa di negativo.
È un non negare e non uscirne insieme . È un prendere atto di una situazione.
Le esperienze della persona abusata, anche quando esce fisicamente dalla situazione non ne
esce completamente, perchè magari è arrabbiata, perchè si trova in una situazione in cui non
voleva trovarsi.
Quello di cui si parla nel libro è questo.
Il paradigma della guarigione, della liberazione, redenzione, è vhr la metamorfosi non
sempre possiamo pensarla nel semplice way out, vorremmo ma non possiamo.
Alle volte la liberazione consiste anche avere qualcuno con cui parlare. Avere vicino
persone che mi facciano da argine è una metamorfosi nell'immobilità, perchè io sono
sempre io, ma l'altro mi aiuta,e quindi produce trasformazione.
Il nesso del discorso con il padre, l'esperienza irritante della “lettera al padre” è quella di un
legame che non si può recidere. Il posto dove andare per Kafka che non c'è, il suo posto
potrebbe essere il matrimonio, il segno dell'evasione dalla casa paterna. Però secondo
Kafka il matrimonio per sposarsi dovrebbe diventare come il padre. L'espressione
paradossale su cui si può riflettere è che se uno non vuole soltanto fuggire, ma
trasformare la sua prigione in un castello. Quindi questa non è la condizione in cui noi ci
troviamo quando siamo in immobilità?
L'immobilità consiste nel fatto che non abbiamo un luogo in cui fuggire. La
contaminazione rende impossibile fuggire. L'ipotesi della fuga resta in piedi ma come
ipotesi paradossale, in cui l'unico modo per fuggire sarebbe trasformare la prigione in
un castello.
Ci sono due modelli :
uno è il modello abbatto le mura del castello ed esco------way out. La situazione
negativa viene infranta (es.dell'Esodo passaggio del mar Ross e liberazione , dove la
liberazione sta in un altrove).
Ma Kafka dice che l' altrove è identico al qui. (Cioè per liberarsi dal padre, dovrebbe
diventare come lui)
Lui non vuole diventare come il padre, sceglie di non giudicare perché assume un
atteggiamento che è quello del non giudizio, anche quando il padre lo considera un inetto.
Replica al padre dicendo che:” in realtà la tua replica nasce da me e non da te, perchè sono
io che penso questo di me stesso” .
Dal punto di vista di Kafka, loro possono lasciarsi in pace, perchè sono talmente
schiacciati dalla realtà che non hanno più l'istanza.
Così come Gregor se ne va via abbastanza in pace con tutti.
Da un lato Kafka scrive un' antifiaba , non c'è un lieto fine perchè c'è speranza ma non
per noi, cioè si salvano gli altri, ma il fatto delle sua dipartita libera energie positive.
Quindi la sorella si salva e poi vanno a fare una gita sul tram. In Kafka, come fa notare
Adorno, non succede mai nulla fuori, non esiste il fuori, perchè il suo universo è
claustrofobico, tutto si svolge in una stanza, veramente la parola data è alla sofferenza,
perchè nella sofferenza sei spesso allettato ad una vita materiale; l'unica possibilità di
uscita è l'uscio lasciato aperto dalla donna di servizio, apre la possibilità della sua morte,
da l'unico pertugio sul fuori, ma sul dentro, perchè è nella stanza, da luogo alla scena finale.
In questo senso citare la gita in campagna è proprio dire c'è infinitamente molta speranza,
ma non per noi. (inteso come io).
Non si insiste sul proprio diritto. Il non giudicare può essere spinto talmente in avanti da
rendere impossibile polarizzare. Se hanno tutti ragione non posso contrappormi a qualcuno.
Kafka non vuole rapportarsi al padre per non dargli torno. Allo stesso tempo assume il
torto del padre e non ha senso la polemica.
Kafka e Gregror non hanno un buon diritto originale. ( malaticcio uno e sfigato l'altro).
Non c'è in Kafka una contrapposizione, un giudizio, non è solo una scelta etica, ma sembra
piuttosto un'impossibilità. E' come se uno dovesse non soltanto fuggire dalla prigione,
(metamorfosi come polarizzazione) quella che Guglielminetti chiama metamorfosi vitale
che è sempre nell'altrove.
Per esempio nella sorella è una metamorfosi nell' altrove , cambia la scena. (gita in
campagna).
Ma se fuggo non posso trasformare e se trasformo non posso fuggire. Questa è la via
stretta della sua metamorfosi nell'immobilità.
Bisognerebbe trovare una trasformazione che sia anche fuga. In fondo questa cosa
accade nella scrittura, forse realizza questo: una fuga sul posto. Una fuga che è anche
trasformazione.
La donna di servizio viene licenziata perchè è un servo inutile. Non le viene riconosciuto
un ruolo. nessun ruolo a conferma della sua forma di angelo paradossale. È un angelo, un
angelo è un uccello, l'uccello è un animale, uno di quei simboli che non si sa dove
collocare. Un aiutante indeterminato.
La normalizzazione è una strada che Kafka indica, nasce dal fatto che lei non nota la
differenza, l'unica che renderebbe possibile un cambiamento che non c'è.
Ci sono due aspetti: il primo è il non funzionamento. la situazione di negatività nella quale
io mi ritrovo (o sono gettato come direbbe Hidegger) è separabile da me fino a che punto? È
interessante perchè anche nella metamorfosi dell'immobilità è comunque necessario un
minimo margine di manovra
es. io non sono il mio errore, ma non sono neanche però così facilmente separabile da esso.
C'è una distinzione virtuale, nel senso che non è agibile nella forma di una dissociazione.
(Gregor che parla male di se con la sorella).
Noi temiamo che si stacchino delle cose a cui temiamo molto e temiamo la separabilità. (il
lutto), in tutte le situazioni difficili, il rapporto che c'è tra me e le mie aggiunte è un
rapporto problematico, nel bene temo di perderle, perchè penso di non poter vivere
senza di esse.
Delle aggiunte negative temiamo le indissociabilità.
Kafka ti mette nella situazione di pensare di indistricabilità, perchè non puoi far fuori lo
scarafaggioo senza far fuori Gregor, mantenendo la mente di prima. La normalizzazione ,
eviterebbe la tragedia, cioè lo stesso Gregor ricomincia a pensarsi in un altro ordine, questo
ridurrebbe la sofferenza.
E' vero che ci sono situazioni indissociabili al soggetto, quindi questo obbliga la
metamorfosi ad essere sul posto, nel senso che non è possibile semplicemente cambiare
la situazione, occorrerà lavorare, trasformarla.
La scrittura è una forma di questa elaborazione, una forma di uscita senza uscita.
La poesia non toglie le pene d'amore è una fuga, anche se non me ne fa uscire.
Una cosa è se rispondiamo all'istanza delle verità, un'altra è quella del benessere. Al filosofo
il benessere non interessa. L'obiettivo non è stare bene nella vita, l'obbiettivo è il senso e il
bene, che non è il benessere.
(PAG.89)
L'astuzia consiste nel rovesciare la situazione dall'interno. La polarizzazione implica uno
scontro che qui non c'è. ll mimetismo consiste nello stare fermo nella situazione, ma
dall'interno. ( Un po' come Ulisse con il cavallo di Troia). Non c'è in Kakfa una
contrapposizione frontale, anzi c'è un persino dare ragione al padre.
La fiaba per dialettici non è una fiaba e nemmeno un'anti fiaba, è una specie di sintesi,
perchè per i dialettici è l'arte di un rovesciamento di una posizione nella sua contraria.
Quindi favole per dialettici per Benjamin è un' espressione che indica una fiaba paradossale,
cioè dove non si rinuncia al sogno, naturalmente in modo difficile= dialettico , cioè
passando attraverso il male.
Una favola di speranza passando attraverso la sua disperazione. Come portare un linguaggio
di speranza in situazione di disperazione. A seconda di come queste situazioni si
configurano le risposte potranno essere differenti.
Per Gulgielminetti sono importanti gli aspetti politico-teologici: infatti nel libro ci sono
molti di questi aspetti. Uno fra questi è come concepiamo la salvezza. La salvezza è un
termine religioso, infatti è il modo per indicare una “guarigione”
potremmo tradurre METAMORFOSI DELL'IMMOBILITA' COME GUARIGIONE
PER DIALETTICI. Come noi concepiamo il paradigma della liberazione (indica la lotta,
l'uscita dalla negatività, la felicità). E' molto più serio del paradigma del benessere.
Se io concepissi il mondo come segnato da un non funzionamento, cioè una grande scena di
disabilità.(fatica di vivere) .
Se io pensassi l'intero mondo come segnato da un intero blocco, mi chiedo:
Come concepire la liberazione o meglio: che rapporto c'è tra il bene e il mondo?
Se il bene è qualche cosa di esterno al mondo, pensiamo al paradiso , non è tanto diverso
vederlo come una forma di liberazione.
Per secoli le persone hanno immaginato il paradiso come una forma di abbandono di ogni
difficoltà e il mondo come luogo dell'infelicità.
L'idea di paradiso assomiglia ad una fiaba classica. Dalla nebbia (mondo) alla luce piena
(il paradiso).
Il paradiso è un'uscita dal mondo.
La guarigione anche è concepita così.
Nessuno che possa evitare una contaminazione lo farà, qualche volta non è possibile.
Se applichiamo il modello kafka e Cenerentola alla religione o alla politica, entrambi non
vanno bene perchè kafka è la disperazione più nera e Cenerentola è la fiaba, probabilmente
quella più giusta è la favola per dialettici.)
Quindi noi dobbiamo capire che questi discorsi riguardano molti casi della vita, dove voglio
la semplicità, non la complessità, voglio uscire dalla situazione di crisi.
Ci si potrebbe domandare se questa caratteristica dialettica non possa essere applicata anche
fuori dalla dimensione esistenziale, da un lato politica e da una religiosa.
La questione generale è che cos'è la liberazione?
Per il religioso la salvezza, il medico la guarigione, il politico dice l'emancipazione, il
metafisico dirà la fuga dal mondo verso il bene.
Quindi quando il filosofo si pone il problema del rapporto bene e mondo ad esempio, è
esattamente lo stesso problema che ha Kafka della metamorfosi possibile in quella
situazione.
Di cosa parla l'intera cultura umana? Della liberazione.
Quindi la classica domanda metafisica è qual è il rapporto bene e mondo, ovviamente tutte
le variazioni sono possibili: sono la stessa cosa, sono opposti., si toccano in un uno o più
punti. Questo rapporto è stato elaborato in tutte le salse. (dal religioso al politico, al
filosofico).
Se sono un agnostico dirò che il mondo è nebbia/tenebra . Dio è pura luce.
Pensate a quanto questo pensiero possa essere vero quando noi non stiamo bene
(emotivamente).
Holderlin mette la nostalgia per”x”, che appare come luce, e tutto il resto appare come
detrito (malinconia).
Noi abbiamo malinconia per il bene.
Il bene è l'assoluto, il mondo è lo schifo.
Come ci si muove in questo terreno , sia nella vita che nel pensiero, (il pensiero è la messa
in forma concettuale delle esperienze ) dobbiamo capire che non esiste un'unica
risposta e neanche un 'unica postura esistenziale.
La faccenda diventa complica nelle religioni e nell'esistenza si complica perchè se l'intera
vita fosse fango avremmo il paradosso che il bene sarebbe la distruzione della vita.
(come noi la conosciamo) .
Questo spiega perchè il bene nella religione sia anche giudizio . Il giudizio di Dio è a
seconda di dove sposti la levetta del giudizio, puoi avere che il bene è la condanna del
mondo.
Il problema delle religioni è “Dio salverà il mondo?” o “butterà via tutto?” la risposta
riguarda il rapporto tra la mia esperienza e la salvezza/bene.
Il gesto malinconico (il mondo è male/negatività) è psicologico e anche culturale.
Per fare filosofia bisogna vedere ombre dove gli altri vedono cose. Vedere ombre, vuol dire
essere posti di fronte alla possibile questione del nulla (Heiddeger).
Come recuperare da questa postura del nulla una qualche forma di sensatezza è un problema
per il filosofo e del non filosofo.
Anche la salvezza/la guarigione/l'emancipazione, possono essere visti come Kafka,
Cenerentola, o Benjamin che starebbe tra i due (cioè la fiaba per dialettici.)
Molto spesso noi ci fermiamo a Cenerentola nelle nostre elaborazioni.
La filosofia teoretica è molto facile anche se fatta di pensieri complicati, ma secondo
Guglieminetti è più in presa diretta, quindi questo ci aiuta a capire l'esperienza che un
determinato pensiero riflette e che può riguardare anche noi. Quindi quello che stiamo
dicendo si rifletterà sulla nostra vita anche di educatori.
La cosa interessante è che mezza cultura umana insiste sul fatto bene/mondo.
Occorre capire che la terra come ambito di difficoltà e l'isola non trovata è un topos della
cultura umana e della nostra esperienza. Ecco perchè veniva citato Holderin, perchè noi
questo paradiso ce lo figuriamo (figurazione) ma lo è in qualche modo inevitabile. Questo
indica un nostro modo di pensare il rapporto bene e realtà.
La realtà o si conforma al bene oppure deve essere conformata al bene, e nella misura in cui
non si conforma è una realtà manchevole, inaccettabile. Il problema del bene è che non è
solo la polarità positiva, è qualcosa di più complicato.
Se io riesco a trasformare un'esperienza di dolore in positivo è un'esperienza di bene.
Il bene non sta al male semplicemente come il lato in ombra, perchè il bene è qualche
cosa di più complesso che spesso passa attraverso la dialettica, la contraddizione.
Lo stesso Platone dice che siamo tutti nella caverna, in un mondo di ombre . Il filosofo è
quello che esce, che vede la luce.
E' molto facile concepire il bene come semplicemente il polo positivo rispetto cui la caverna
è il polo negativo.
La liberazione sarà uscire dalla caverna.
Questa idea trasferita sul piano della vita, in che cosa consiste uscire dalla vita? Andare in
paradiso, e poi in tutte le situazioni di negatività, abbandonare la negatività e restituirci
la nostra vera immagine.
Pensiamo all'uomo alienato di Marx , perchè vive nella società capitalista, quindi bisogna
restituire all'uomo la sua vera natura, e può solo farlo la società comunista senza classi.
Pensiamo al fondamentalismo religioso e politico, nasce dal dire “noi non ci facciamo
contaminare”. Perchè il mimetismo potrebbe essere visto come un atteggiamento
immorale (tradimento). Così come la persona malata potrebbe anche rispondermi male
di fronte ai tentativi di normalizzazione. Cosa c'è di più immorale che normalizzare.
Non è detto che normalizzare sia la via giusta. ( se tu provi a dire uno che ha appena
lasciato la ragazza che ne troverà altre 100, ti manderà a quel paese)
Il fondalmentalismo consiste nel dire che tengo ferma la mia idea di bene, e tutto ciò
che me ne distoglie lo considero male. La portata è una certa idea del rapporto realtà bene,
ma anche nella consapevolezza che esiste la possibilità nostra e altrui di essere intransigenti.
Non siamo disposti a venire a patti con la vita.
La storia del comunismo è una storia di fondamentalismo e riformismo. Il comunista puro
dice prima combattiamo e poi l'idea di un patto costituente è un'idea molto coraggiosa o
molto vile a seconda di come uno la giudica, perchè vieni a patti con qualcosa che per te è
negativa.
In un certo senso c'è il fondalmentalismo in Kafka, perchè quando serve prende in giro
Gregor, ma cosa c'è di più normalizzante di prendere in giro uno che è sofferente? Gregor
infatti si arrabbia.
In un certo senso Kafka da due strade: una è la scrittura e l'altra è al donna di servizio. Una
è contemplativa, espone il senso del dolore attraverso la poesia, è un'emancipazione
cambiando livello, ma non posto ; l'altra è una via empirica che è sempre sul posto, ma non
muta totalmente la situazione, la rende maneggevole. Ci sono due vie :una spirituale, che nel
capire la situazione si arriva a qualche forma di consolazione; l'altra è un aiutante a livello
dell'azione ( la serva) .
Sono due vie di salvezza che rendono il discorso di salvezza almeno aperto.
Potremmo anche dire che l'educatore rende plausibile un'idea di liberazione dialettica.
Si parte dando per scontata l'impossibilità di un'alternativa totale.
Guglieminetti parla del concepire il bene come un buco di mondo. E' un 'espressione per
dire che noi abbiamo una visione di mondo contrappositiva della realtà. (bene e male sono
contrapposti, ma bene e realtà no), solo che alcune volte la realtà sembra il male, quindi è
facile scambiare la realtà con il male.
In una realtà contrappositiva della realtà rispetto al mondo, il mondo diventa il male, c'è
uno slittamento semantico dove il mondo lo avverti sul male e questo è quando sei nella
caverna malinconica.
Ci sono situazioni in cui il mondo è la caverna , quindi il bene appare come il mondo
delle ombre, il bene appare come ciò che andrebbe inseguito, ciò verso cui fuggire. In quel
momento non stiamo facendo contrapposizione bene-male, (rapporto frontale) ma bene-
mondo, è un po' scorretta, perchè hanno un rapporto obliquo, non c'è né opposizione né
coincidenza. Diventa impossibile concepire il rapporto in contrapposizione diretta. Come se
bene e mondo fossero due vasi comunicanti, più hai da una parte più togli dall'altra.
Il segreto sta nel non confondere il rapporto bene-male con il rapporto bene-mondo.
CAPITOLO II
PARAGRAFI 6 / 7
sono molto complessi, il rapporto che è stato descritto tra bene e mondo , rapporto
obliquo, Derrida lo vede come dono(bene) ed economia (mondo). Non è per lui un
rapporto diretto, nega che sia possibile pensare che il dono sia l'opposto dell'economia.
Se io ti dico ti ho fatto un regalo ma poi ti dico, “fai una cosa per me in cambio” vuol dire
che è un dono interessato. Quindi noi polarizziamo nettamente economia, (nel senso di
luogo dello scambio economico) e dono (luogo del gratuito).
Derrida dice che il vero dono deve essere invisibile (il racconto “la moneta falsa” di
Baudelaire).
Se ti do il dono dicendo che è un mio sacrificio, non è più un dono ma uno scambio. A volte
è talmente invisibile che si confonde con il circolo economico dello scambio delle merci.
Anche questo è un dono per dialettici. Cioè come fare a rendere il dono invisibile e nello
stesso tempo non abolito.
il rischio del rapporto obliquo bene-mondo, cioè di appiattire il bene sul mondo .
A furia di non giudicare, come vorrebbe Kafka di mimetismo, Il dono si mimetizza talmente
bene con il dono che diventa economia.
Quindi secondo Derrida occorre un rapporto bene economia che da un lato non
vanifichi il dono, ma dall'altro non lo contrapponga all'economia che paradossalmente
è economia.
Il dono quando è visibile come tale, è economico. Dev'essere un invisibile che agisce , non
va contrapposto con l'economia, ma non va confuso con l'economia.
Dev'essere qualcosa che c'è ma non noti.
Relativo al racconti di Baudelaire , Deridda non sa come vanno le cose: ci fa notare che non
sappiamo quale sia la moneta falsa, oppure potrebbe essere che lui mente all'amico. Diventa
un gioco degli equivoci e il dono diventa invisibile.
I filosofi amano molto confrontarsi con la letteratura, perchè la letteratura contiene verità.
(Pag 119)
“il Dio dell'uscita colpisce ….”
L'impossibilità della casa corrisponde all'urgenza del viaggio, in quanto la casa non sia
più un luogo sicuro.
L'esodo paradigma, l'esodo di categoria, allora se devi uscire non puoi stare a casa. Quindi
da un lato con le piaghe la casa non è più sicura.
Il modo interpretativo è la difficoltà, perchè c'è un intreccio tra i commenti di altri e l'uso del
testo e al commento al testo per quello che l'autore (Guglielminetti ) vuole dire.
Non sono concetti astratti, ma estremamente concreti, quello della casa che è diventata
impossibile. Per gli egiziani è una sorta di maledizione , mentre per gli ebrei è
assottigliata ad una soglia.
Il problema è uscire della casa per affrontare coraggiosamente il passaggio del Mar Rosso.
Se uno imposta la teoria della trasformazione radicale, cioè il voler restare è il male simbolo
del non voler cambiare.
Esodo libro indica una battuta d'arresto in cui queste contaminazioni, Mosè è la più
radicale : il peccato del popolo, in corrispondenza abbiamo la trasformazione del volto di
Mosè.
Nell'Esodo ci sono scene rivoluzionare, nella rivoluzione tu non stai a mediare . Rispetto al
faraone, Mosè è un rivoluzionario.
Esodo categoria è la rivoluzione, Esodo libro è un'idea, nel senso che cerca di costellare
due contrari: la mitezza e la radicalità. Il Versetto dell'Esodo la tematica della
dolcezza, addolcire il volto di Jawhe da parte di Mosè, né è rappresentante.
Il nucleo del capitolo è l'idea di dolcezza , quando c'è la trasformazione del volto di Dio in
dolcezza ,e quello di Mosè assume in qualche modo il suo volto , non si distrugge qualcosa
che è deludente.(lo elimino : esodo categoria)
Nella dolcezza c'è la scelta di non eliminare, non c'è radicalità.
L'Esodo testo è la costellazione dell'equilibrio dei due momenti che convivono nello
stesso testo.
Di fatto sono due paradigmi. E' possibile perchè nell'Esodo libro la rottura è con il
faraone, la sopportazione è il popolo ebraico, ma anche lì c'è contaminazione, il fatto di
essersi portato dietro verso il Mar Rosso anche i suoi accoliti non ebrei. Quindi in un certo
senso, l'Esodo non è una fiaba ma nemmeno un' anti fiaba, è una fiaba per dialettici. E'
una fiaba che è ben consapevole di tutte le difficoltà che si incontrano nel viaggio verso la
terra promessa, che quando viene raggiunta appare anche deludente.
L'Esodo libro presuppone il coordinamento delle due mosse .
E' una sensazione che abbiamo tutti nella vita. Occorre chiudere con la situazione e non con
me stessa. Ci sono momenti di svolta radicale, non sempre possibile e non sempre
radicale, perchè non tutte le persone sono sedie a tre gambe.
Per avere una speranza di cambiamento e trasformazione dobbiamo spesso aspettare.
Crisi antropologica: le persone sono sedie a tre gambe ,al posto di Dio è l'educatore che dice
“che stress questa sedia, cambiamola con una sedia nuova”. Ma se una sedia non regge la
tua ira , quindi se l'educatore incontra un essere umano , è chiaro che diventa molto
pericoloso azzerare per farne una nuova, magari scopriamo che poi è una sedia ad una
gamba sola.
Freud interpreta il Mosè di Michelangelo. (quando Mosè era assente il popolo crea il
vitello d'oro, è una scena che tende alla pazienza. Lui scende con le tavole della legge di Dio
che sono tenute in una forma precaria.)
Freud dice che pensava inizialmente che Mosè volesse esplodere, perchè deluso dal
fallimento del popolo che si idolatra al vello d'oro. Però la sua interpretazione non è così,
non stiamo assistendo al momento della collera, ma a quello dopo, lui si trattiene,
torna indietro, è come se le tavole gli scappassero di mano. Questo è il senso della
pazienza. L'impresa è dominare la propria ira e non seguirla , questo dice Freud.
(Pag 122)
L'intera interpretazione cristiana dell'esodo in un certo senso accorcia le distanze.
Parte da San Paolo che dice che il passaggio dal mar rosso è il battesimo. Il problema di
questa interpretazione è che l'Egitto diventa il peccato, ma il peccato è dentro di me, non
è fuori. Quindi è vero che con il battesimo io mi rinnovo, ma questi continuano ad
esserci. Tutta l'interpretazione si fonda sul fatto che il faraone è il peccato, il Mar Rosso è
il battesimo e gli ebrei sono quelli che dicono di no al peccato. Dire di non al peccato non
è la stessa cosa che dire di no al faraone, la tendenza di no al peccato per il cristiano è
qualche cosa di endemico, ti liberi senza mai liberartene. Rispetto a questo la strategia
dell'eliminazione non può funzionare, perchè non puoi eliminare qualcosa che è strutturale.
Puoi solo combattere.
La categoria dell'Esodo è l'eliminazione del male.
Metamorfosi vitale: rottura con la cura.
Il peccato ti si attacca come un tumore.
In una mentalità di questo tipo la rottura si deve rompere, ma sappiamo che questo torna
sempre. L'eliminazione non è possibile per principio. Non è una mentalità rivoluzionaria.
E' molto diversa la situazione affettiva che si determina nei due casi.
Nell'esodo ci sono dei marcatori: faraone è il cattivo, Mosè il buono . E poi ci sono
questi marcatori, tipo l'educazione di Mosè avvenuta dagli egiziani, serve per aumentare la
valenza di rottura. (possibile interpretazione) cioè essere così contaminato dalla cultura
straniera in cui la vicinanza raddoppia l'inimicizia. (Freud, molto strano)
Può avere il senso di dire che li odia ancora di più, oppure una strana aggiunta,
dimenticanza , come se il testo, proprio mentre si sta parlando di rottura, inserisce un
particolare che alla fine complica le cose. Non vuole semplificare le cose perchè sa che ci
troveremmo in una situazione in cui la polarizzazione non è possibile.
Non si dice mai Dio di Mosè, perchè lui si schiera dalla parte del popolo. L'Esodo costruisce
un personaggio perchè è un politico rivoluzionario, ma allo stesso tempo è un avvocato una
sorta di difensore del popolo, che lo difende dall'ira giusta di Dio.
Si fa una distinzione tra personaggi biblici che non hanno steso parole per difendere il
popolo e Mosè che invece vuole salvare tutti. Lui si interpone tra popolo e dio , così come si
era interposto con il faraone. Bisogna costruire un personaggio che si oppone a Dio
molto complesso.
Lui è radicalità e pazienza.
Ha poi un effetto di ritorno nel senso che addirittura in certi passaggi allora se siamo
stati pazienti con gli ebrei dobbiamo esserlo anche con gli egiziani, che addirittura è
possibile l'apocatastasi.
Sono due modelli di salvezza e di liberazione:
uno è un modello di nemici fuori ,l'altro del nessuno escluso. Non sono la stessa cosa.
Questi due momenti convivono nelle nostre esperienze.
Pensiamo al partito comunista italiano che poi ha fatto la costituzione. Quindi c'è sempre la
possibilità di dire hai tradito la radicalità di un percorso. Pensiamo alle brigate rosse.
Il libro riguarda di più la parte seconda perchè più inclusiva , non si rinuncia al bene
ma se ne vede la complessità . La polarizzazione c'è sempre ma è incastonata come una
pietra in un'armatura più complessa.
Riflessione di Guglielminetti :si fa fatica a pensare che il testo che raccoglie molti altri testi
parli di cose che possono essere della nostra esperienza, lo switch da fare è pensare che
siamo coinvolti. Cioè la fiaba parla di noi.
Il senso della lezione è capire se riguarda anche la nostra esperienza. E' importante
fare questa riflessione ermeneutica. Un discorso di decifrazione per entrare in un
mondo. Non viene richiesta nessuna conoscenza preliminare, lo sforzo che viene
richiesto è quello di sbrogliare la matassa.
La parte radicale vuol dire che c'è il Faraone, Lenin, Kafka, la mia vita è tutto questo
insieme dinamico che si può sintetizzare in una slide, ma troverei mortificante che fosse
solo quella.
CAPITOLO II
PARAGRAFO 7-10
Mosè è colui che ha ricevuto la rivelazione del nome, (il roveto ardente) pensate a quanto
questo episodio è stato importante per la storia, autorizza l'identificazione dell'essere con
Dio. Mosè riceve la rivelazione del nome di dio. Quando poi c'è l'episodio del peccato che i
rabbini leggono quella sorta di contrattazione sindacale tra lui e Mosè, è interessante che
effettivamente questa contrattazione termini con un nuovo nome che è appunto del Dio
lento all'ira, buono nell'amore. Una nuova auto definizione di Dio. Il paragone è Mosè
che aveva ricevuto la rivelazione del nome, facendosi avvocato del popolo, Mosè lotta
anche per l'identità di Do, impedisce a Dio dimenticare la propria identità. Quindi il
ruolo di Mosè significa stabilità un rapporto di parità o di primazione momentanea. Nel
ricordargliela ne produce una trasformazione, perchè non abbiamo solo l'essere ribadito nel
nome iniziale, ma abbiamo un nuovo nome, ma è uno sviluppo, una maturazione, un nome
più completo, un nome che dice di più. È una posizione molto particolare quella di Mosè ,
nel senso del suo aggiornamento. Nel fare questo anche l'identità di Mosè muta, perchè la
trasfigurazione è un cambiamento della persona, che non è più solo un esecutore, ma
acquista un ruolo più importante.
Quindi da questa scena si può dire che l'esperienza del peccato in un certo senso porta ad un
rischio di auto oblio da parte di dio, come Mosè ottiene che Dio non si tradisca? L'ottiene
difendendo il popolo. Non si limita solo a questo,ma ottiene un “progresso “ del nome,
che è anche un progresso dell'identità di Mosè. Diventa una sorta di erede. In Mosè
inizia quel percorso all'incarnazione. In Mosè Dio non si fa uomo, ma certamente è un
luogo in cui la presenza divina si fa sentire in modo più diretto.
Questa è una scena di reciprocità e ambiguità.
Infatti si sottolinea il fatto che la tenda di Dio è la tenda di Mosè. Quando Mosè sposta la
sua tenda personale, ma anche le loro attribuzioni si possono cambiare e confondere, tra arte
e vitello. Nella logica contaminazione abbiamo persino che il vitello d'oro è una sorta di
arca dell'alleanza non autorizzata, la logica della piccola differenza, sembra una cosa ma
è un'altra. Il vitello assomiglia , potrebbe essere, una sorta di copia dell'arte della grazia.
Così la trasfigurazione del volto di Mosè assomiglia alla maschera delle religione pagane.
Allora il problema è tirare fuori di simboli ambigui proprio nel momento della massima
chiarezza?
La contaminazione è una prassi dello scambio.
È come se ci fosse uno sforzo doppio, da un lato lo scambio, ma Mosè è ebreo o egiziano? E
dall'altro la piccola differenza , lo scambio non può voler dire identità, la contaminazione
non può essere spinta fino all'estinguibilità totale. Tuttavia avvicina molto i due estremi che
in esodo categoria sono nettamente separati.
Una scelta tra simili : il vitello è simile all'arca, ma non è l'arca.
Mosè è un ebreo, ma è molto simile ad un egiziano.
la scelta è una scelta che polarizza, ma cade paradossalmente tra simili e non tra
opposti.
(Pag.130)
elemento liquido, se ne parlava nei primi paragrafi del libro. Il Mar Rosso è un elemento
liquido.
La metamorfosi vitale, dove il cambiamento si fa nell' altrove, è spesso segnata da
elementi di fluidificazione, che scioglie forma di chiusura e identità e scorre via.
L'elemento liquido è scioglimento del medesimo e dell'identità. Quando questo elemento
è più contenuto, quando Mosè viene ritrovato in un acqua sostanzialmente ferma ,
l'immagine è diversa, è un'acqua tranquilla.
Acqua tranquilla (forma di cambiamento di tipo diverso) e che scorre via veloce
(polarizzazione, passaggio irreversibile di una soglia come il Mar Rosso )
Il mar per gli egiziani è il contrario del fiume.
La dove c'è il fiume la forma scorre, non è lavata via, viene annullata. Il mare è il non
andare, il movimento assoluto. Forma di disordine e di equilibrio assoluto e di non
movimento.
Acqua tranquilla sta ad acqua che scorre veloce, come contaminazione sta polarizzazione.
GUGLIELMINETTI attraversa il testo per quello che il testo fa una scelta ermeneutica,
senza rovesciare il testo. Dal suo punto di vista non è molto utile. Perchè dire che Jawhe era
Aton , è come se trasferissi questo su di un altro soggetto, cioè faccio la stessa cosa altrove.
In questa lettura si sottolinea che l'identità ebraica è supposta, perciò si sottolinea anche che
un determinato progetto, il dio sole, che non ha potuto essere realizzato in un dato contesto
viene realizzato in un altro contesto. Quindi si potrebbe obbiettare che qui la
contaminazione c'è, ma è occasionale. Il carattere sarebbe il monoteismo che viene traslato
in un'interpretazione diversa. Nell'interpretazione letterale si dice che è proprio il progetto
che viene a modificarsi.
Qui c'è l'idea della coscienza religiosa che fa rientrare quello che sembrava non poter
rientrare. Nel senso non fondalmentalistico.
Il messaggio del Mosè ebreo che somiglia agli egiziani è un messaggio fondalmentalistico.
Yahweh arrabbiato e fondalmentalista.
La contaminazione è la riflessione su cos'è la religione. Se Mosè lo addolcisce non è già la
perfezione, ma accettare la contaminazione. Non deve essere solo un'idealizzazione.
Nel caso di Freud l'ideale resta quello e viene asportato altrove per poter essere realizzato.
In un certo senso la contaminazione di Mosè non ha nulla di religioso.
Per Guglielminetti mantenere il punto della tradizione è più stimolante.
Il mare che si chiude su egiziani è una decreazione, nullificazione. Il mar rosso che si apre
per il passaggio è una ripetizione dell'acqua come creazione.
La questione chi va in mezzo al popolo? È la questione di attribuzione tra Dio e Mosè.
È qui la questione del vendicatore, perchè Mosè insieme è mite e terribile. Si potrebbe
provare a spiegarlo dicendo ma in fondo non si riesce davvero, la contaminazione è anche il
segno che non abbiamo ancora raggiunto la fine. E non essendo ancora alla fine siamo
nell'ambiguità della storia.
Il problema è il rapporto tra la mitezza, la dolcezza e la severità.
Siamo in un frammezzo, siamo nel deserto e non siamo alla fine. Nel frammezzo
l'aspetto di severità viene subordinato alla mitezza ma non può essere eliminato.
Mosè in questo è un personaggio ambiguo, difende il popolo dalla nullificazione,
distruzione assoluta, ma anche non esclude nella sua azione la severità o punizione. Non
devono essere assolute.
C'è una gerarchia in questo discorso: la dolcezza prevale rispetto alla severità che continua
ad esserci.
L' angelo vendicatore di per se è severo, è soltanto severo.
La psicanalisi spacca i ruoli quando Freud esprime che Mosè trattiene la sua ira, lui è
d'accordo, ma la critica di realizzare il proprio progetto altrove e non con il popolo egiziano
anzi sembra voler determinare l'identità.
L'identità è un amico o un nemico?
Il rapporto tra identità e contesto qual è?
L'identità è solo un'energia priva di contenuto, cioè dire si o dire no, può essere da un
contenuto o da un pura e semplice energia che un determinato contenuto esterno incanala
libera o esprime.
Se mi trovo in una situazione che l'aiuta ad esprimersi dirò di si, se la costringe dirò di no.
Il contenuto in questo schema potrebbe essere un quantum energetico, liberato per motivi
casuali.
Ma se dico che è un'energia orientata di un certo tipo allora di contenuto, c’è una
determinazione originaria dell'energia. La mia energia è qualificata in un certo modo. È
possibile che io la esprima bene, ma dopo incomincio a stufarmi e quindi le stesse mie opere
mi si ritorcano contro diventando dei vincoli e quindi l'identità deve proceder oltre in
un'altra direzione. Sono due schemi molto diversi.
Dire che l'identità si costruisce come se l'identità fosse un vortice che attira materiale
esterno, ma questa è la piega che ha assunto un determinato tessuto, ed è solo un caso , per
limiti della finitezza umana che questa piega non si può stirare, perchè se mi viene
l'Alzheimer, della mia maestra mi dimentico totalmente. E’ sufficientemente dinamico da
stirare le pieghe, il che vorrebbe dire dimenticare completamente tutto quello che mi ha
formato.
E' un problema di entropia, dopo un po' la formazione dell'identità tende a
stabilizzarsi.
Noi sappiamo che l'identità si stabilizza, è difficile che io diventi un ballerino classico se ho
80 anni, è un sogno , ma questo accade perchè sia più una cosa o piuttosto che altro, ma
perchè ho esaurito le pile per quella situazione. Per quello serviva l'ipotesi del ferro da stiro,
un modo per pensare alla salvezza o alla dannazione. Un grande ferro da stiro che stira le
pieghe più difficili. Noi lo conosciamo per il negativo alzheimer, un ferro da stiro della
distruttività, tale per cui hai stirato, sei un'altra persona, devo imparare a rapportarmi con te
come se non fossi tu.
Potrebbe esserci un ferro da stiro positivo, nell'esempio dei mille anni , se noi trasferissimo
certamente nell'identità che si costruisce i miei anni avrebbero un peso, ma sarebbe ancora
tutto aperto.
Si pone la questione se l'identità sia un nucleo in qualche modo differente o orientato. L'io è
un nucleo energetico, è un nodo della rete, un nucleo di forza. Perchè uso questa forza in
un modo piuttosto che nell'altro, lo uso in modo casuale o ha invece ha a che fare con la mia
essenza. L'empirista dice che non sei una sostanza, sei un aggregato di qualità, quindi tutti
gli aggregati si modificano di conseguenza, modificando gli elementi.
La contaminazione genera paura e violenta reazione, che potrebbe venire fuori perchè
sei un insicuro.
Quella identità lì è semplicemente un modo in cui sono andate le cose e quindi potrebbero e
avrebbero potuto andare diversamente o parliamo di qualcosa di diverso?
La questione del “non mi rappresenta più” è la questione del ringiovanimento.
Quello che veramente è mio è la libertà, quello che realmente mi appartiene è la
capacità di togliermi via se una data configurazione mi opprime.
E' chiaro che apprezziamo il togliersi di una persona da una situazione che non gli sta
bene, ma il problema è: la sua identità è nel non volersi omologare o nell'energia nel
togliersi?
Quindi ciò che fa di noi noi stessi, è l'energia di libertà, non un qualunque contenuto.
Invece in una visione laddove fossimo noi per un qualunque contenuto, questo sarebbe un
caso.
CAPITOLO V
PARAGRAFI 1-2-3
L'ermeneutica è una forma di sapere interpretativo. Interrogandola, ricostruisco un quadro di
riferimento.
“Metamorfosi nell'immobilità” è un'opera “puzzle” nel primo paragrafo, per esempio, c'è
tutto, ma negli altri paragrafi ci sono tante tessere e non sempre si vede la funzionalità
rispetto all'intero.
Di alcune parti si vede più chiaramente, però hanno una loro funzione.
( paragrafo 1)
La riscrittura che cos'è?
Quando un testo ,ipertesto come dice Levy, che contiene all'interno molti testi virtuali, un
testo con tutte le sue aggiunte, virtuali o possibili. Virtuali: aggiunte libere. Possibili:
già delineate e formate all'interno del testo.
La riscrittura è un lavoro sul testo di taglia, incolla, contamina, sottrai: che mi porta
ad un testo nuovo.
Quando noi cresciamo, facciamo esperienza, ci trasformiamo come un posacenere in un
piattino e la stessa cosa può valere per un testo. Lo riscrivo, non vuol dire che lo copio, ma
che lo trasformo in un altro testo, così diverso da non essere un plagio.
L'interpretazione non funziona così, è l'opposto di una riscrittura, devo sentirmi libero
di interpretare, ma sempre rifacendomi ad un elemento che c'è nel testo. Un buon
interprete conserva il racconto che deve interpretare, perchè ha più “pezze” di appoggio.
Implica un costante riferimento al testo da interpretare.
L'interpretazione è metamorfosi nell'immobilità, perchè rimane vincolata al testo,
mentre la riscrittura è una metamorfosi nell'altrove, di tipo vitale, l'aspetto di fluidità, i
nodi che si sciolgono perchè lo prendo , lo vario e produco qualcosa di totalmente
diverso.
Il punto filosofico è un mondo di interpretazioni.
La riscrittura corrisponde alla prima parte dell'Esodo, una modificazione radicale il cui
scopo è un'altra cosa rispetto al punto di partenza. Il testo fluidificato, come gli ebrei che
passano nel Mar Rosso.
Della riscrittura a me interessa il testo nuovo, quindi non quello da cui io parto.
L'input iniziale può non essere negativo, ma insoddisfacente.
Per es. io non voglio più svolgere il mio lavoro e cambiarlo, quindi sono stato plasmato
dagli avvenimenti, che mi portano a prendere un'altra decisione, quindi vado “altrove”
metaforicamente, “mi trasformo”. Quando parliamo di metamorfosi di solito intendiamo
questo. Il senso del libro è dire : non è solo questa la trasformazione, ce ne sono altre.
Quello che si può riscrivere non è solo un testo, è anche la vita.
Lo spirito nel mio quadro è la trasformazione sul posto, la vita nell'altrove. Può cambiare
molto nella gerarchia in cui io li inserisco. Nell'Esodo lui propone che sopra ci sia lo spirito
e sotto la vita che finchè può si trasforma nell'altrove.
La vita deve andare avanti a costo di semplificare. Se la vita è fiume, quello che può fare è
stare li. La vita deve procedere e a volte è brutale, perchè qualcuno che resta indietro c'è.
Dal punto di vista individuale prendiamo la vita di X che avrà momenti di cambiamento
radicale. Alla fine della vita la sua vita è quella, e la si può solo più interpretare. C'è un
nesso tra interpretazione e totalità, quando il testo è chiuso (morte) non può più essere
oggetto di trasformazione, ma solo interpretazione. Senza arrivare alla morte, ci sono
molte situazioni in cui la metamorfosi come uscita non è l'unica opzione. Per esempio
per Gregor non c'è l'uscita, ma ci sarebbe la normalizzazione, (va a lavorare come
scarafaggio), non rientra come essere umano.
Non vuol dire che non mi resta nessuno spazio , ci sono situazioni in cui i margini di
cambiamento sono “piccoli”.
A Guglielminetti interessa come modello del rapporto tra l'ideale e il reale, tra il bene e
il mondo. Tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è. Il discorso riguarda in fondo il rapporto
tra ideale e reale, nel senso che l'ideale si può concepire come uscita e un modo di
concepirlo come interpretazione.
Per esempio il perdono rispetto ad altri modelli.
Esiste uno spazio di libertà sul posto e una altrove.
La questione è ideale è una cosa positiva, è pensato come deludente. Che cosa facciamo
rispetto ad un reale deludente? Che rapporto c'è tra l'ideale e il reale se questo reale è per
qualche motivo deludente.
Esempio di una vita intera. Ipotizziamo che sia finita, che non si possa più uscire da quella
vita. Noi vorremmo riaprirla e riscriverla, ma siccome siamo morti, diciamo che gli spazi di
libertà che ci restano sono spazi interpretativi, spazi di trasformazioni sul posto.
Un interpretazione che confina con la riscrittura, il rimontaggio di una vita. Tentando
attraverso un rimontaggio di metterla in una luce migliore.
Quella che lui chiama la riconfigurazione è un rimontaggio.
Lavoriamo ad un'interpretazione, trasformazione molto libera che è un rimontaggio, non si
può aggiungere o togliere, perchè la vita è quella.
Questo riguarda il rapporto della vita di ognuno con ideali, i sogni, i desideri . La vita di
ognuno di noi essendo esseri viventi, è informe attratta da desideri, che danno una forma
diversa alla mia vita. Il desiderio è un attrattore.
Il desiderio è per qualcosa di “bene”. È una situazione in cui questa attrazione nel confronto
del bene, non possa prescindere dalla condizioni date e dunque la trasformazione debba
conservare tutti gli elementi dati anche quelli sgradevoli.
L'attrazione verso il bene/felicità che ci fa prendere una determinata forma, implica
che io sia un materiale informa, plasmabile, questa è la speranza che noi sempre
abbiamo di una possibile plasmazione del mondo che assuma un'altra piega, rispetto a
quella che ha. Il mondo non è fatto solo di una materia infinitamente plasmabile, ma è
fatto anche di materie rigide. Quindi in qusto caso la felicità che cos'è?
La felicità è quando ho un attrattore, è il benessere. Quell'attrattore (Beatrice per Dante,
Dio, la gloria, l'immortalità, il denaro, il potere, la terra promessa) è l'ideale, il sogno,
continua ad agire (come quando gli ebrei sono fermi nel deserto), mi trasforma, mi
plasma, io sono una materia duttile.
Si potrebbe dire che metamorfosi nell'immobilità riguarda tutti i casi a margine/disagi.
Ci possono essere casi in cui l'attrattore è falso, ma lui si occupa dei casi in cui la
plasmabilità non c'è o è ridotta al minimo. In questi casi il lavoro dell'attrattore sarebbe un
lavoro di guadagnare spazio sul posto, un lavoro di interpretazione/ rimontaggio che di
rigiraggio. Lavoro dell'attrattore come spirito, invece di attrattore inteso come vita, deve
cambiare radicalmente il finale.
La resistenza alla trasformazione che non va demonizzata, perchè è uno dei momenti
della trasformazione, poi c'è la resistenza che potrebbe essere un'impossibilità.
Ci può essere una disponibilità a non farsi attrarre, o margini ristretti verso all'attrazione.
Holderin è applicabile ai momenti in cui la nostra vita accelera verso il bene. (esodo
categoria). E poi ci sono momenti in cui non c'è accelerazione e noi potremmo dire in
questo caso che il bene è assente, o l'attrazione è assente, io non voglio lasciare scoperta
tutta questa porzione di vita.
Altrimenti noi potremmo dire che se siamo 95% buio e 5% luce, potremmo dire che solo
questa vale la pena di vivere. Il libro dice facciamo l'apocatastasi : cosa salviamo di questo
95% , quindi che tutto possa essere incluso in un discorso di senso, quindi anche di bene.
Lo schema dell'attrattore ha come rovescio che se lo schema non funziona, l'unica modalità
è la sovversione violenta.
Guglielminetti dice che gli interessa il peccato del popolo, perchè restiamo tutti delusi,
perchè la fiaba aveva preso il binario giusto e poi ci siamo impantanati. Se la vita è un
pantano, qual è il rapporto tra il bene e la vita, la felicità è la vita, quando quella
attrazione accelerante non si da. Questa è l'idea del libro.
Ipotesi a) attrattore buono/materia buona.
Ipotesi b) attrattore buono/materia renitente/cattiva= esodo/ Gregor/ non uscire dal loop.
L'attrattore c'è, ma sei tu che fai fatica ad andarci dietro. Che facciamo?
Quello che dobbiamo capire è un invito a pensare la filosofia, a pensare con la nostra testa.
Il rimettersi in moto può avvenire anche in condizioni sfavorevoli, non sempre si
traduce in un way out, quindi ho dei margini di miglioramento limitati. Dovrebbe
intervenire una forza esterna.
Per esempio la malattia contrasta con il way out. I casi difficili o di disperazione, o di
ostinazione, perchè a volte nasce da un' impossibilità reale o scelta (il peccato) . Cosa
facciamo di fronte ad un mondo ostinato?
Qualche volta le due cose si mescolano, non è sempre così chiaro : se sei ostinato o
disperato, allora lì interviene il bene potrebbe essere interpretato come forza di
“resettazione”
Se sono in carcere:
Ci chiediamo qual è il bene per una vita così ?
L'attrattore è l'evasione.
La metamorfosi vitale è un tentativo di evasione: vita come carcere/evasione.
Quando c'è l'educatore non c'è l'evasione e viceversa, lui entra in carcere e farà un
programma di senso lavorando sui margini (posso uscire/lavorare/laboratorio) sul
senso della mia esperienza non della mia uscita.
Guglielminetti crede che il filosofo sta nella posizione dell'educatore. Cioè lui non ha
voglia di cambiare e l'educatore come forza esterna. Nel suo caso è lui che ci presenta
un materiale in forma teorica che richiede l'intervento educativo.
Quello che a lui interessa filosoficamente quando noi facciamo questa operazione, è solo
un'operazione perchè non possiamo farne a meno oppure pensiamo che in queste esperienze
ne vada di qualcosa davvero essenziale??
La resistenza del cambiamento ha senso, perchè devo sforzarmi se non so l'esito?
Lo sforzo da comunque la possibilità di cambiare le cose.
Di fronte a salute e malattia, ci sono due possibilità in cui l'attrattore è la salute e di fronte
ad un malato gli dico “mi dispiace per te” , mi atteggio verso me stesso in modo residuale,
non potendo realizzare tutto nel mondo in cui mi è possibile (sognare in piccolo) , oppure
posso sognare in grande (riscrittura).
Perchè devo accontentarmi di sognare in piccolo ? Posso rifiutarmi, io non voglio
raggiungere quel centimetro in più, perchè voglio tutto.
La malattia si confronta con la disperazione.
Non si può dare per scontato che uno che è disperato abbia voglia di migliorare.
Cioè di fronte al dolore, allo scacco esistenziale, io faccio una lotta tra il senso e il nulla.
Tra gli attrattori c'è anche il senso , però non dobbiamo pensare che il bene voglia dire
solo felicità. Capire è un attrattore.
Il giusto è un altro attrattore che non è detto che coincida con ciò che ci rende felici,
quasi mai. Non si segue la legge morale per essere felice, anzi per seguirla mi rende
infelice (partigiani). Può essere in conflitto con la parola vita, ma è un attrattore sul
posto. (il bene dove il partigiano si sacrifica peri compagni il bene è in quella scena. Si
potrebbe perfino dire che se riuscissi ad evadere la vita felice potrebbe essere inferiore
rispetto a quello di salvare i compagni. In quel restare in vita c'è senso. Metamorfosi
nell'immobilità . In questo caso la materia è molto buona. È attratto da un attrattore che
chiede una trasformazione sul posto = trasfigurazione come in Mosè).
Il senso non ha il senso della pienezza del vitale.
Non riduciamo necessariamente l'attrattore alla felicità.
La giustizia è un fatto relativo. Il relativismo noi lo applichiamo dall'esterno. Il giusto
per noi non esiste, esiste il giusto in se: se ho due panini ne do uno a chi non ne ha, ma se
io ne voglio due non è giusto per me , perchè mi toglie il gusto.
CAPITOLO V
PARAGRAFI 4-5
Nel capitolo V chi sono gli attori?
Lo spirito, la vita, la forma, la regola da un lato e gli altri tre dall'altro.
Sono quattro assoluti, nessuno riducibile all'altro.
Si parla di una dinamica filosofica.
LA FORMA è una qualsiasi individualità (ciascuno di noi è una forma, un' istituzione,
un rapporto, un libro) che cerca di imporsi e di rimanere.
Lui descrive una situazione disarmonica. Nella situazione armonica queste istanze
andrebbero tutte d'accordo tra loro.
E' una situazione comune che queste istanze vadano d'accordo tra loro o è una situazione
comune?
E' raro. Il bambino che cresce bene è un esempio di armonia tra queste istanze. E' una forma
alleata della vita nel suo svolgersi, che segue una regola, quella della crescita e lo Spirito
centra perchè si tratta di una vita intelligente.
Se gli attori fossero l'individualità e la relazione : i momenti armonici sono quelli in cui
l'individuo nella sua apertura al mondo; tanto più è se stesso, più si apre al mondo.
Questi attori sono potenzialmente dissociabili. Nella vita del mondo così come lo
conosciamo, l'armonia non è un fatto scontato.
Ogni volta che una forma smette di essere produttiva, questa alleanza tra la vita e la
forma tende a rompersi. Il bambino è talmente alleato della vita mentre l'anziano ha
un rapporto meno armonico, tende a separarsi dal flusso vitale.
LA REGOLA dello sviluppo non sempre viene seguita, ci possono essere interruzioni e
deviazioni di vario tipo.
LO SPIRITO, nel suo schema funge come una funzione di negazione. A volte la vita
naturale si manifesta nella sua brutalità e non nel carattere mite, dolce e gentile, o in cui il
carattere spirituale della natura si manifesta.
Le disarmonie sono i momenti che ci interessano per capire se questi attori siano degli
assoluti o dei relativi.
Secondo Jung la persona saggia deve accettare di tramontare. Se una forma non accetta il
tramonto, questa individualità si mette contro la vita. Fa l'esempio di un'individualità
personale ma sia collettiva, per esempio una determinata religione: la madre chiesa. Allora il
suo ragionamento è che se il simbolo madre chiesa è superato, è inutile rimanerci attaccato,
perchè insistere su qualche cosa che ormai è passato, è sbagliato. Perchè Jung dice questo?
Perchè secondo lui la forma non è un assoluto.
Che cos'è l'assoluto? L'equilibrio di queste forze. Anche in lui c'è idea di forze diverse
che devono trovare un equilibrio e se non lo trovano si crea una situazione di crisi. Per
ripristinare l'equilibrio bisogna superare le forme vecchie. Questa è una visione
armonica della realtà.
L'economia (vita intelligente) ha interesse a bruciare tutte le forme che ci sono davanti.
Qui si tratta di constatare che c'è disarmonia.
Il ricercare armonia ossessiva nei quattro personaggi diventa una regola, si trasforma in
una potenza nullificatrice.
Se noi fossimo sempre armonici non ci sarebbe movimento.
Quello che interessa a Guglielminetti come filoso è che se tu ti vedi le rughe, cogli
l'invecchiamento, la risposta saggia è : invecchiare fa parte della vita . Una visione
disarmonica dice che non è affatto detto che una forma non debba accettare il
tramonto.
La saggezza da per scontato, quella che con termine tedesco “l'abbandono”, il non volere
controllare a tutti costi le cose, quindi un atteggiamento diciamo di affidamento
GELASSENHEIT.
Io di fronte ad una disarmonica incrinatura nell'alleanza posso rilanciare l'alleanza, per
esempio attraverso la gelassenheit, perchè è nel gioco della vita. Però se noi umani avessimo
pensato questo non avremmo fatto nulla di quello che abbiamo fatto. L'attrattore principale
della cultura umana è quello di differire la morte il più possibile, che è un contrattacco alla
gelassenheit.
La cultura è un differire la morte. Lo stesso Dio che ci sia o non ci sia, di solito svolge
questa funzione, ha la possibilità di annullarla: il Dio cristiano fa risorgere.
L'idea di un piano b della forma che non vuole abbandonarsi al suo divenire è molto
importante nella cultura. Oggi si dice che ci sarebbe rispetto al passato una maggiore
propensione alla gelassenheit, l'incontro con l'oriente ci porta a questa dimensione. Lui non
è tanto convinto.
Ad esempio faccio yoga perchè ho l'ansia.
La meditazione mi porta verso il nulla positivo, liberante, ma questa liberazione è
compatibile con qualche forma di soggettività, una forma armonica, diciamo che non è
proprio un annullamento del soggetto, anziché reagire violentemente. Lo scopo è uscire
da sé ma anche rientrare in sé.
Anche in quella forma di abbandono, la forma non è negata completamente, perchè la
ricerca della serenità è individuale.
Se mi abbandonassi alla morte sarebbe l'equivalente del vecchio che si allea con la morte
che non è più ostile, ma è amica. La saggezza della vita e della morte vanno insieme, sono
forme di pensiero armonico.
Nella religione cristiana la morte è l'atto disarmonico per eccellenza. La morte in croce
rispetto alla gelassenheit è l'opposto radicale.
La forma , l'individualità, per l'occidente ha un rapporto più contrastante con la vita e con la
morte.
Il malato terminale a cui danno la morfina è una forma di contrasto, perchè non mi
porta a guarire ma a non soffrire, non c'è abbandono, ma vittoria contro il ritmo della
natura.
Quando lui dice la battaglia tra la vita e la forma, lui intende questo.
La saggezza è una strategia politica: è meglio andare d'accordo piuttosto che in disaccordo,
ma nel caso contrario è lì che viene fuori la diversa concezione ontologica. Penso che la
forma sia un assoluto o un'onda nel mare della vita? Se tu sei un'onda vuol dire che tu sei
vita e la gelassenheit diventa ontologica. Perchè l'onda non può dire di non aver voglia di
fluttuare, se dico che non lo voglio fare sono un’idiota. Il filosofo allora si chiede perchè c'è
un'idiota. Quindi l'idiota si fa una barca. Questa possibilità ci dice che uno può non essere
saggio. Non dobbiamo dare per scontato che esista una sola soluzione.
Tutto ciò che ha un nome ha una forma, ed è una forma. La forma non è contenta di
piombare nell'anonimato.
Per Sant'Agostino la morte viene introdotta dal peccato. Se Adamo non avesse peccato
noi non moriremmo, quindi per Sant'Agostino non è naturale e non posso accettare la
morte.
Questa cosa qui crea disarmonia è un fatto in questa logica inaccettabile. Il dolore è
innaturale. Se sono malato sono scontento, sto facendo un'esperienza contro natura.
La logica dell'armonia ha i suoi difetti, ha il pregio dell'abbandono, la presunzione,
(hybris )il voler a tutti i costi imporre la propria norma, la propria regola.
L'uomo si concepisce come parte della natura, un patteggiamento con esso.
È divergente alla natura, ma ciò non toglie che possa esserne amico.
Il punto in filosofia non sono le preferenze individuali, perchè ne deve dubitare, la filosofia
è auto diffidenza, bisogna vedere nella realtà le dinamiche che esistono.
Se il filosofo fosse un saggio dovrebbe dire che la malattia fa parte della vita: visione
naturalistica. Come dice Diderot il mostro è un effetto raro, ma non si può interrompere il
ciclo della vita. Ma il genitore che ha il figlio malato potrebbe dire : io della natura me ne
frego. Perchè esiste lo Spirito, e la regola : tu non devi soffrire, la sofferenza di tuo figlio
non deve esistere. Se noi chiamiamo regola la natura, non è la natura come la conosciamo.
Non la natura che si studia in biologia, quindi uno armonizzato con la natura non dovrebbe
lamentarsi.
La forma come la descrive lui non ha voglia di essere onda.
Quando penso di aver subito un'ingiustizia cosmica come un lutto, faccio bene o faccio male
a pensarla come tale?
il ragionamento filosofico concettuale si pone se sia plausibile una regola separata dalla
natura.
La religione suscita domande filosofiche. Esiste una filosofia della religione. Sono due cose
che possono parlarsi.
La vita senza dolore è un'illusione, ma è un'illusione utile, perchè se non avessimo
queste illusioni non avremmo mai inventato la ruota.
Ontologia della metamorfosi è etica dell'autocontrollo. Anche se la morte è naturale noi
cerchiamo di fregare la natura (per esempio il vaccino o la morfina). L'astuzia della
ragione, come dice Hegel.
L'armonia con la natura sarebbe dire che la sofferenza è naturale.
La regola è a sua volta complessa, è una non riducibilità alla natura, non le basta che non
ci sia sofferenza, vuole di più: vuole giustizia.
La teoria della lepre. La regola non esiste, però è una lepre, mi fa correre, quando avremmo
finito la corsa lei non mi serve più. Oppure potremmo riconoscere la sua esistenza alla fine
della corsa.
La disarmonia sarebbe un gioco: noi ci amiamo ma posso farti uno scherzo. È come se
qualcosa che è armonico uscisse dal seminato, ma è uno scherzo, è una disarmonia per
gioco, altrimenti non giocheremmo alla lotta. È una disarmonia di gioco, nel senso che è
divertente farlo. Quindi non credo che nell'utopia la disarmonia finirebbe, ma che sia una
forma di gioco, è una forma di irriducibilità.
Lui presenta il mondo come uno strappo rispetto alla regola.
La morte, se non è naturale, non può che spaventare perchè è un passaggio tremendo,
perchè la religione non parla di accettazione della morte, ma parla più di risurrezione,
la speranza
peggio dell'angoscia del nulla c'è la preferenza alla morte, vista come liberazione. Ma
se noi invochiamo la morte “vorrei morire”, la morte mi è amica ed è una forma di alleanza ,
rinuncio a me stesso perchè la vita mi è così terribile , sono io che invoco la morte, è un atto
della morte. Mi alleo con il nulla. I soggetti sono due :il nulla e io. Sono d'accordo ad
eliminarmi. La morte è il mio servitore, è un aiutante in certe condizioni. Vuol dire che io
non ho rinunciato a me stesso, rivendico la mia firma.
Facciamo l'esperimento mentale che il mondo sia deviante, ma non divergente, rispetto alla
regola.
Es: il mondo rispetto alla regola sia deviante in senso negativo. Interviene il discorso della
metamorfosi nell'immobilità e vitale. Se io penso al mondo perfetto, lo penso come un
grande attrattore che plasmi la realtà, pensata senza forma, totalmente plasmabile, questa è
una sostituzione/significato. Il mondo esiste come materiale informe ma non nelle forme che
ha prodotto e questa è una bellissima metamorfosi vitale. Quindi non esistono solo
metamorfosi vitale, quindi c'è una metamorfosi sul posto e nell'altrove. Cioè che rapporto
c'è tra la regola e il mondo. La regola è l'innaturalità del dolore, però il dolore c'è.
La questione del senso è quella dell'interpretazione,.
Non ha nessun senso che io stia male, ma sono felice che cessi.
La questione sarebbe se il bene possa essere solo vita o anche spirito. Possa essere solo ciò
che fa cessare l'elemento innaturale o anche su ciò che lo interpreta, lo legge, lo perdona .
La regola non sarebbe solo il vitale positivo, ma anche il senso di un attraversamento del
negativo, un perdono del negativo.
Per quello lui parla di sostituzione, perchè se no noi di fronte al mondo deviante dalla
regola, l'unica possibilità che abbiamo è di dire basta, non deve più esserlo.
Il dolore e il male non sono un fatto naturale. Quindi non siamo saggi troppo in fretta,
perchè è una posizione ipocrita, perchè quando capita a me, non reagisco da saggio. Quindi
l'innaturalità implica pensare la regola. La posso pensare solo come un'uscita, o solo
come un'interpretazione. Un elemento di interpretazione, di riconfigurazione. Perchè
se la regola fosse solo un'uscita cosa resta del mondo? Niente. Siccome l'interpretazione
è di qualcosa che c'è nell'immobilità si capisce il mio discorso.
Non dobbiamo convincere le persone che quello che vivono non sia normale. Sarà più facile
che io assuma un atteggiamento costruttivo nella misura in cui mi venga riconosciuto il
male che ho subito. Lui (Guglielminetti) trova consolante che certe esperienze siano
assurde. Di fronte a queste esperienze quelli che chiamavamo micro attrattori non sono più
assurdi.
POSTFAZIONE 1-2
Nel libro la posizione che viene assunta è di grande tensione. Il Double mind di verità e
totalità implica che, essendo la metamorfosi nell’immobilità, si debba pensare la verità
come oggetto che prende in carico questa totalità, non solo che la escluda. Consiste che da
un lato la verità implicherebbe un uscire (es. tutte le relazioni sono inautentiche, che fare?
a) Modello natura= abbandono di tutte le relazioni e tramite un processo di trasformazione,
si accede in un punto di autenticità che porta a nuove relazioni. L’inautentico è impuro
b) non importa. Quindi nel secondo caso il problema non esiste (tutto ciò che è vero), nel
primo caso la purezza entra in conflitto con il reale. Cerco il punto di aggancio a cui
appendermi per salvarmi.
Il libro si pone in una situazione intermedia, parla di una specie di fondamentalista
pentito: da un lato è in una posizione radicale cioè l'intero è falso, si cerca un aggancio
esterno, ma questa autenticità non può produrre un buco di mondo (un 'autenticità che
non può risolversi nella pura e semplice negazione della realtà = metamorfosi
nell'immobilità) e non può illudersi della sua coincidenza con il bene/autentico (double
mind). C’è la necessità di autenticità, ma anche radicamento nella realtà in cui è (buchi di
mondo), dice che la vita spinge sempre avanti, verso l’altrove. Gli educatori cercano sempre
un messaggio vitale, andare verso l’altrove.)
La religione dice che si vive in una valle di lacrime e si tende verso un assoluto che non è
presente, per hegel è una coscienza infelice.
L’impossibilità del doppio legame, un esperimento mentale in cui l’intero sarebbe il falso
Che fare se l’intero è il falso?
(199)
..Monade=DOUBLE MIND= costellazione, la filosofia si occupa di idee, ma non sono mai
semplici, infatti sono costellazioni.
-Se verità e totalità fossero la stessa cosa non ci sarebbe fatica
-Se fossero l’opposto ci sarebbe solo una fatica empirica, ma dal punto di vista concettuale
no.
-Ma se tutte e due le istanze rappresentano un valore, c’è una fatica teorica
Uno strano gioco di costruzioni in cui si insiste a mettere insieme due pezzi anche se non
sono congruenti.
(200-201)
Nella filosofia non c’è solo il principio e le sue conseguenze, ma c’è anche un altro inizio,
un ostacolo, che va necessariamente inserito nella trama del pensare filosofico. Se l’inizio è
la verità, l’altro inizio che mi sorprende è la totalità. Il pensiero viene obbligato ad una
torsione.
Si cerca un “altrove” migliore dove andare per stare meglio. Faccio esperienza del mondo
come “male”, che ha un grado di intersezione con la verità inaccettabile.
Tutti noi in questo senso siamo migranti.
Se sono totalmente hegeliano perchè sono nella convinzione che la mia vita è perfetta, la
mia spinta al cambiamento è pari a 0, non sentirò tensione tra totalità e verità.
La tensione l'avverto quando sono infelice, malato, insofferente.
Se tu hai due poli uno completamente negativo e l'altro completamente positivo hai due
possibilità: la tragedia o la fiaba. E poi c'è la vita che sta in mezzo a queste cose, che non è
nessuna di queste, e ci richiede pazienza.
La rinascita fa morire il vecchio io per creare un io diverso, più generoso. Il tema della
rinascita dice: la mia vita non va bene e quindi cerco una metamorfosi radicale, è però vero
che spesso accade sul posto. Le religioni insistono moltissimo sull'abbandono della vita
precedente, è vero però che questo concetto somiglia molto di più al volto di Mosè che al
passaggio del Mar Rosso. Potrebbe essere vicino al concetto di metamorfosi nell'immobilità,
perchè di fatto non cambia nulla, tutto può anche restare più o meno identico. E' un concetto
interessante, perchè non ha a che fare con il miglioramento della situazione reale. È un fatto
puramente spirituale.
Le religioni sono ben consapevoli del fatto che finchè siamo qui, l'altrove non c'è.
Una grandissima tensione per l'altrove. Anche le religioni vivono spesso in un double mind
di mondo e aldilà.
L'idea che spesso hanno le religioni che per salvarti devi entrare nella chiesa, è un esodo
nell'altrove: devi rompere con il mondo, tuttavia è vero che rompere con il mondo , c'è un
passaggio fisico il battesimo, ma la Chiesa sta nel mondo. Partono dicendo “devi cambiare
tutto”, ma finiscono dicendo “devi stare nel mondo”. E' un' uscita con rientro. Differente
dalla rivoluzione che si rivolge ad un altrove completamente diverso.
Se togli l' altrove alla religione è come togliere il paradiso.
E' un altrove gentile che ci fa stare qui in modo differente. Viene rivendicato per stare qui.
In questo senso hanno una rottura/transazione, hanno una sorta di alleanza con il mondo.
La pazienza come valore educativo è una rottura che è anche un' alleanza con la situazione
che hai di fronte.
POSTFAZIONE
PARAGRAFI 3-4
In una visione di spaiamento, la storia è dispensabile = tutto quello che non corrisponde alla
verità è qualcosa di cui potremmo fare a meno
(pag 206) Non può essere solo il mondo ciò che si sottrae, deve anche esserci una seconda
operazione dell’educazione, che sia una somma e non un resto (cioè cancellare tutto tranne
un unico punto, e se non c’è nemmeno quell’unico punto resta un buco di mondo
Il bene non può produrre buchi di mondo, nemmeno in un caso difficile, cioè quando il
mondo è pervaso da negatività. L’infelicità è un luogo denso che non si accontenta del
futuro. Quando si è infelici, non si vede il futuro, e quando ci sono parole di
incoraggiamento non si vogliono sentire= esperienza di assenza di senso, esperienza molto
filosofica, perché i filosofi trattano questo materiale difficile. E’ più consolante la verità
(cioè vedersi riconosciuta il senso dell’esperienza) rispetto la ricerca di significato
(incoraggiamento ecc). Il silenzio è meglio di una facile consolazione. L’esperienza di buco
nero è sempre defalcata, nel bene perché non ci sarà più e nel male perché è emarginata.
(Pag 179) Benjamin scrive: “l’omino gobbo è l’inquilino della vita distorta e svanirà quando
verrà il messia… non mutare il mondo con la violenza, ma aggiustarlo di pochissimo..” Tutti
noi siamo l’omino gobbo, inquilini di vita distorta, e quando verrà il messia (l’ultimo giorno
di vita) svanirà la vita distorta ma non è una ruspa che azzera, in modo violento e con un
totale azzeramento, ma solo aggiustarlo di pochissimo, cioè con il mondo che potrebbe
essere, mondo libero, vita libera, che però non distrugge il mondo reale (per questo dice di
pochissimo, perché l’aspirazione elevata alla purezza potrebbe portare alla distruzione
totale, c’è un punto preciso in cui il cercare la purezza produce distruzione, e per evitare
questo punto il libro cerca di bloccare il processo nel punto del limite della purezza verso la
distruzione. La nostra cultura lo sente poco, perché non cerca ora la purezza. Il bene non
può essere distruzione. A una persona che la purezza porta alla distruzione del corpo, il
filosofo cerca di rispondere sullo stesso piano.)
Queste cinque righe sono una filosofia dell’educazione, c’è tutta una tradizione:
- Uomo gobbo
- Vita distorta
- Messia che fa svanire
- Mondo che potrebbe essere
Cit. di Dante “ entrammo a ritornar nel chiaro mondo”. Si parte dall’aver perduto il mondo e
si deve arrivare a recuperare la realtà; il bene è anche recuperare il mondo, non solo uscire.
Non si porrebbe il problema di recuperare il mondo se non lo si avesse perduto. La
malinconia, la depressione, è vedere al posto della realtà solo ombre.
Questi archetipi non ci devono essere per forza tutti, o non devono are tutti i passaggi, ma la
conclusione è che di fronte all’esperienza inclinata, cioè quella di tutti noi ma soprattutto
quella che trova l’educatore, c’è il desiderio di normalità. C’è un’aspirazione alle cose
normali, così intensa da denunciare la propria natura pericolosa di stato di eccezione.
(persone cui l’accesso al mondo è precluso). Dire che l’ultimo giorno, cioè la liberazione,
sia un giorno comune= questa è l’apocatastasi, è la nascita. Il mondo può essere un oggetto
da raggiungere. Ci deve essere un’azione in cui prevalga il valore dello spirito.
CAPITOLO 1
PARAGRAFO 7
“La storia introduce dei cambiamenti, determinati fatti naturali venivano spiegati dalla
religione con dei miracoli, oggi la scienza li spiega in modo diverso, ricorso a concetti
diversi scientificamente provati, e quindi non abbiamo più madre chiesa, ma è stata
sostituita con la scienza.” E’ un’interpretazione originale rispetto a quella di Jung
Infondo il sapere universale, genetico, funge oggi da madre.
Dove si materializza il madre collettivo oggi? Il mondo contemporaneo è molto più
frammentato e dislocato rispetto ad un tempo.
Rettifiche:
1) Madre non onnisciente, non ha tutte le verità
2) Madre scienza non è l’unica
La scienza è un luogo del materno collettivo? E’ un luogo di aiuto, oggi la scienza è
considerata fallibile e non è un assoluto, quindi non è l’unica; ma non vuol dire che sia
materna, non vuol dire che non sia prevalente.
Il materno è lo spirito oggettivo, la mente umana collettiva tradotta in mondo. La natura è
una natura lavorata, è un paesaggio perché l’uomo ci ha messo mano. Questa seconda natura
funge da madre.
FILOSOFIA TEORETICA I
10 DICEMBRE
CAPITOLO I PARAGRAFO 7
pag.53 ogni forma simbolica è un'interpretazione dell'archetipo e pag 179 l'interpretazione
di un
testo opera una configurazione globale del testo e quello che se ne trae è qualcosa di inedito.
Il
significato di INTERPRETAZIONE, è lo stesso?
La risposta di Guglielminetti dice che non è lo stesso, perchè Jung è interessato soprattutto
ad una
metamorfosi vitale, quindi l'esempio di Madre Chiesa è molto significativo. L'archetipo è
quello
della madre, il simbolo è quello della madre chiesa. Il simbolo è l'interpretazione di un
archetipo
che ce lo rende più accessibile, vicino. Ma quello che veramente conta per Jung non è il
simbolo ,
ma l'archetipo. Occorrerà che diverse epoche abbiano diverse traduzioni del medesimo
archetipo.
La psicanalisi Jung è un invito a non “avvitarsi”. C'è una tendenza delle forme , sia
individuali e
sociali, all'avvitamento, all'inerzia. Questa è una tendenza entropica, alla chiusura, quindi
alla
morte, al disordine. Secondo Jung l'inconscio dice “questa forma non interpreta più la vita e
dobbiamo trovarne una che interpreti di nuovo la vita”. Non è semplice, perchè la forma
opporrà
resistenza.
Jung dice che se la forma si fa prendere toppo dalla resistenza, potrebbe esserci una ricaduta
nell'informe: la follia.
Jung afferma che l'inconscio è un luogo pericoloso. L'eroe esce dall'abisso (follia) e il folle
no,
perchè non riesce a risalire. L'eroe rinasce con un nuovo simbolo, una nuova
interpretazione
dell'archetipo.
Jung dice che la discesa nell'inconscio esercita un'attrazione gravitazionale, perchè può
essere un
buco nero oppure intuizione di un futuro.
Se ti opponi all'inconscio ti attrae nel suo abisso e qui non c'è nulla di intelligente, ma molto
di
inquietante, ma se ti allei con l'inconscio allora ti porta consiglio, ti da indicazione di una
nuova
interpretazione e manifesta un'intelligenza.
Holderlin rischia nell'interpretazione che poi anche Jung da, di essere inghiottito dall'abisso.
Cerca
il rinnovamento ma non lo trova : l'eroe inghiottito dall'abisso. Mentre l'eroe è colui che non
si fa
inghiottire e ne esce con un'alternativa che deve essere credibile e innovativa.
La dinamica del rinnovamento è vitale , ma anche spirituale nel senso che è implicata
l'intelligenza
dell'inconscio di trovare una soluzione credibile. L'eroe trova una via. L'eroe è sulla scala
planetario.
Tutti noi possiamo dire di essere eroi quando ci alleiamo con l'inconscio, su scala molto più
piccola.
Secondo jung la forma deve assecondare il movimento della vita. Per Guglielminetti questo
è
limitativo , perchè la forma non sempre è disposta ad assecondare la vita ed è non scontato.
Si nota
nel caso delle religioni: la resistenza delle forme a farsi superare.
.
RIFLESSIONI/RISPOSTE DALLA CLASSE
La storia introduce dei cambiamenti cioè l'esempio riguarda la religione, quindi determinati
fatti
maturali venivano spiegati con dei miracoli, la creazione, mentre oggi la scienza li spiega in
modo
diverso facendo ricorso a concetti diversi, come il Big Bang, quindi la nostra interpretazione
della
realtà è cambiata, quindi non esiste più la madre chiesa ma abbiamo la scienza. Quindi
abbiamo
sostituito la chiesa con la scienza. Non è proprio l'interpretazione di Jung, ma è
un'interpretazione
originale, interessante. In fondo noi ci sentiamo accolti, protetti dal sapere collettivo.
Il sapere funge da madre? (chiede Guglielminetti ) Inteso come luogo di protezione, di cura?
Questa è la risposta che darebbe Jung.
Che cos'è il materno collettivo oggi? Una volta era la Chiesa, la Madonna..(noi continuiamo
ad
avere queste feste, il senso comune/teologico ma viste da una diversa prospettiva dal punto
di vista
del singolo che ha festeggiato l'Immacolata e la massa che ha fatto un ponte).
Con cosa l'abbiamo sostituita? Non c'è una risposta perchè il mondo di oggi è talmente
frammentato
che per alcuni potrebbe essere madre Chiesa, come per un altro la scienza.
La scienza oggi è un luogo del materno collettivo? Il fatto che non sia un ASSOLUTO è un
cambiamento molto significativo.
Secondo LO SPIRITO OGGETTIVO DI HEGEL, il materno oggi potrebbe essere tutto
quello
che l'uomo ha creato di fatto il mondo che noi abitiamo non è un mondo naturale , quindi
noi
abitiamo una seconda natura che funge da madre e mi rassicura e poi ci sono altre
articolazioni di
essa. Il materno è un luogo in cui stare.
Questa riflessione sembra più una riscrittura della madre Chiesa, un'interpretazione
rispetto
all'archetipo. L'interpretazione resta nello stesso luogo.
Quello che è veramente unico è l'archetipo. La domanda di Jung si limita a dire che se il
collettivo
madre Chiesa non funziona bisogna cambiarlo, ma non dice con cosa.
Per Jung il materno è un assoluto, i volti che assume nella storia sono differenti. Lui è il
primo a
dirci che se ci trovassimo in una fase di passaggio in cui non riuscissimo ad identificare un
simbolo,
un nuovo volto dell'archetipo, questa fase di passaggio sarebbe ansiogena.
Chi trova il nuovo simbolo è l'eroe, cioè da una nuova traduzione dell'archetipo, se questa
nuova
traduzione non c'è, ti trovi in una situazione di panico come singolo e a livello collettivo di
depravazione.
Pag 58
Guglielminetti sostiene che la nostalgia per una determinata forma ma sia un'attrazione
verso l'abisso.
CAPITOLO 1
PARAGRAFO 8
Pag 60, nella vita è tutto più o meno, la forma essezializzata è una cosa sola, Lukacs c’è l’ha
con l’ambiguità (buono e cattivo, mi ami e non mi ami ecc, l’esistenza nostra è un’anarchia
del chiaroscuro, cioè le forme così come le conosciamo sono contraddittorie che contengono
cose diverse, per esempio amore e odio, intelligenza e stupidità ecc, persone con tratti buoni
e cattivi, gesti orribili però chiudono definitivamente
La forma tragica è invece una forma essenzializzata, che si realizza e risolve in un unico
gesto, questo avviene non tanto nella vita ma nell’arte, perché solo in essa si può vedere
totalmente qualcosa, perché la sua forma si riduce alla sua essenza.
Le religione ragionano per essenzializzazione, come paradiso e inferno, immagini ferme per
sempre. L’essenzializzazione è etica (regola che ci viene imposta, principio che ci blocca su
un determinato gesto). L’unico luogo in cui il gesto è puro è nell’arte, quindi lucakc dice che
il gesto non è possibile nella vita, e fa l’esempio di kierk che rompe con Regina (finge di
essere un seduttore ma lei lo capisce, ma kierk vuole fare un gesto che lo allontani, quindi
farle credere questo per aiutarla nel distacco) Lucack dice che Regina non è scema e capisce
che il gesto non è autentico, ma non è nemmeno una vuota commedia: “nella vita non
esistono vuoto e commedie, forse la più triste ambiguità..” Kierk che finge di essere un
disgustoso seduttore, lei lo capisce che è falso ma c’è anche un elemento di verità= in Kierk
c’è un po’ di pura seduzione, la purezza del gesto non c’è perché il gesto reale nella vita è
sempre ambiguo, ha sempre un lato differente, cosa che non accade nell’arte, luogo in cui
l’ambiguità viene superata. Anche le tragedie umane sono luoghi dove l’ambiguità viene
superata, ci sono situazioni in cui il proseguo del tempo non aggiungerebbe nulla? Dire che
il gesto tragico è definitivo vuol dire che, anche se il tempo ripartisse, non cambierebbe
niente. Il tempo non può cambiare qualcosa, perché l’opera d’arte ha bisogno
dell’istantanea, anche il giudizio teologico, non ha bisogno di proseguimento. Nel paradiso,
non può essere che ti stufi, nell’inferno non può essere che ti penti, sono luoghi senza
tempo, il gesto è definitivo.
Essenzializzazione= fare della figura qualcosa di puro, la logica della purezza.
Da un lato l’educazione sembra sfuggire a questo, perché ha sempre bisogno di appoggiarsi
ad elementi diversi, però c’è anche un valore educativo nell’accettare di essere qualcosa,
cioè accettare che qualcuno possa essere un mostro, un criminale ecc
Quando alla fine ci si chiede chi siamo, si procede per essenzializzazione.
La ricerca della nota fondamentale, è poco metamorfica, perché si guarda di più all’essere e
non al divenire, può essere una metamorfosi dell’immobilità ma non un uscire.
CAPITOLO 1
PARAGRAFO 9-10
La vita è influenzata dalla casualità, l’esperienza sta sulla circonferenza= non è esperienza
di un assoluto, ma di un relativo segnato dalla casualità. Lucack si preoccupa sul
rovesciamento di esperienza di casualità nell’esperienza di una centralità= come trasformare
la vita in un’opera da arte?
Opera d’arte= centro, purezza
Vita=casualità
Destino=essenzialità di un fatto casuale, elevare la vita in una sfera dell’arte
Il platonismo della modernità= teorie delle idee che ci dice che ci sono modelli di vita
ideale, il platonismo ci dice che la realtà finita, empirica, non è idea ma assomiglia
all’idea ed è tanto più, quanto ci assomiglia. Nella modernità non ci sono idee, tutto il
capitolo continua una riflessione aperta dal capitolo di Diderot “e parlate di
individui.. non ci sono”= no idee, ma una realtà che evolve in previsioni
imprevedibili senza modella= NON ESISTONO IDEE O SOSTANZE, MA TUTTO
SI TRASFORMA.
La realtà è qualcosa di mobile
Ma se tutto si trasforma, possiamo ancora parlare di forma o è solo un momento che
viene isolato nel transito della vita ma senza consistenza?
Goethe pag 63 “se esaminiamo le forme.. nulla di fisso.. ondeggia in un continuo
moto..”= la forma è qualcosa di fisso, che conosce cambiamenti che non alternano la
sua identità? (questo è il platonismo) Nella modernità le forme, le sostanze, le
individualità come idee eterne non esistono, negazione della sostanza.
Per esempio:
Italia essenziale= italia in sé, puro platonismo (esiste l’idea di italia sottratta al tempo
e che non sia un suo prodotto)
Esiste un’evoluzione che ha portato all’esistenza del genere (l’uomo) ma è puramente
empirico e tramuterà in altro (trasformazione, estinzione)
Sostanza sola come categoria o realtà? Il moderno dice che sono categorie
Il particolare, ciò che non dura e senza valore, sono milioni di casi; poi c’è un caso
eccezionale, che è esssenzialità e bisogna fare attenzione
Secondo goethe è pericolo un cambiamento che trascini con se ogni essenzialità
Salvare la forma è platonismo della modernità (come scattare una foto per fissare un bel
momento, che non è fisso) trasforma la contingenza in essenza, noi siamo un po’ barocchi
Riflessione:
Oppressività della stabilità= rimanere bloccati nelle costrizione
C’è anche un’oppressività della metamorfosi=ma è anche oppressivo avere solo precarietà,
come nel lavoro, mancanza di riferimenti
Esiste una schiavitù del cambiamento, esiste un interesse alla conservazione
Modernità= liquidamento della forma nel suo esatto contrario (hoderlin) e il rovesciamento