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Che cos'è la mediologia?

di Régis Debray*

Come E' noto, non basta inventare un termine per fondare una disciplina. Quello di"mediologia" è un
neologismo apparso nel 1979 in Le pouvoir intellectuel en France (1). Sotto quest'etichetta si è costituito,
nel corso degli anni, un polo di ricerche originali, punto d'incontro di filosofi, storici della tecnologia,
studiosi di paleografia, teorici di estetica e ricercatori dell'"infocom". Ma sono molti i malintesi, più o meno
angoscianti, che circondano questo campo di ricerca.
Malgrado il suffisso, la mediologia non ha la pretesa di aspirare allo status di scienza, e ancor meno
all'aggettivo"nuova" (dato che di per sé non è una scoperta). E nonostante la radice, la mediologia non è
neppure una sociologia dei media sotto un altro nome. E' la funzione del medium, in tutte le sue forme, che
la mediologia vorrebbe porre in luce nel lungo periodo (dalla nascita della scrittura) e senza lasciarsi
obnubilare dai mass media di oggi.
Si tratta, in prima approssimazione, di analizzare le"funzioni sociali superiori" (religione, ideologia, arte,
politica) nei loro rapporti con i mezzi e gli ambienti di trasmissione e di trasporto. Il punto sensibile e il
centro di gravità della riflessione è l'area dell'interfaccia: la zona, ancora indistinta, delle interazioni
tecnica/cultura, o delle interferenze tra le nostre tecniche di memorizzazione, trasmissione e spostamento
da un lato, e i nostri modi di credere, pensare e organizzare dall'altro.
Tra gli antenati, un posto evidente è occupato da Walter Benjamin, il quale si domandava non se la
fotografia fosse un'arte, ma in che modo essa avesse cambiato la nostra concezione dell'arte. Risalendo
ancora più indietro, troviamo le intuizioni di Victor Hugo, con il suo sempre provocante"questo ucciderà
quello". Qui, ciò che importa non è tanto il verbo"ucciderà", eminentemente discutibile, quanto il fatto di
porre in relazione tra loro due cose apparentemente distanti: il libro e l'architettura, la stampa e il
protestantesimo. I mediologi sono interessati agli effetti di strutturazione culturale di un'innovazione
tecnica (la scrittura, la stampa, il digitale, ma anche il telegrafo, la bicicletta o la fotografia), oppure, in
senso inverso, ai fondamenti tecnici dell'emergere di un fenomeno sociale o culturale (scienza, religione,
movimenti di idee).
L'interesse dunque non riguarda un oggetto, né una regione del reale (ad esempio i media, ecc.) bensì i
rapporti tra questi oggetti, o queste regioni: tra un'idealità e una materialità, un sentimento e uno
strumento, una disposizione e un dispositivo.
Da qui il gusto delle immagini a doppio accesso (questo e quello). Lo studio della bicicletta in sé non ha
nulla di mediologico, se non quando si esamina il rapporto esistente tra l'evento bicicletta e l'avvento del
femminismo, del cinetismo nell'arte, dell'individualismo democratico ecc. Lo studio dell'idea di nazione
diviene"mediologico" quando si approfondiscono i suoi rapporti con le reti stradali, ferroviarie, postali,
telegrafiche, elettriche. Uno studio sul desiderio di immortalità sarebbe benvenuto di per sé; e diverrebbe
mediologico soltanto se ci si applicasse a dimostrare come questa intima aspirazione si sia trasformata per
effetto della pittura, della fotografia, del cinema, della televisione, insomma degli apparati dell'immaginario
collettivo.
Ampio e vario è il campo delle correlazioni funzionali. Ci si può attenere all'interazione intra-sistema. Ad
esempio, nel caso del libro, la riproduzione attraverso la stampa (lato tecnico) e l'organizzazione interna dei
testi (lato culturale). Per l'immagine fissa, la digitalizzazione e la fotografia d'arte (ciò che il computer fa alla
pellicola). O ancora, nel caso del cinema, il modo in cui il videoregistratore ha rivoluzionato la cinefilia. Si
aumenterà il piacere della scoperta passando all'interazione inter-sistemi. Ad esempio, ciò che l'apparizione
della fotografia ha modificato nella pittura; ciò che l'elettricità ha cambiato nell'architettura (macchine di
sollevamento e grattacieli); o la diretta tv di un Tour de France prodotto, all'inizio del secolo, del giornale
stampato.

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