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In copertina: Eos che sorvola il mare alla guida del suo carro: particolare di cratere attico a
figure rosse (430-420 a.C.) - Staatliche Antikensammlungen, Monaco di Baviera.

© Roma 2017 - Edizioni Quasar di Severino Tognon


Via Ajaccio 41-43 - 00198 Roma
Tel. 0685358444, Fax 0685833591
email: qn@edizioniquasar.it

per informazioni e ordini: www.edizioniquasar.it

ISBN 978-88-7140-791-3
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OPVSCVLA EPIGRAPHICA
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1 - Gian Luca Gregori, Genealogie estensi e falsificazione epigrafica, 1990, pp. 32, ill. 5.
2 - Gabriella Bevilacqua, Antiche iscrizioni augurali e magiche dai codici di Girolamo Amati, 1991,
pp. 72, ill. 41.
3 - Cecilia Ricci, Lettere montanti nelle iscrizioni latine di Roma. Un’indagine campione, 1992, pp.
44.
4 - Silvia Orlandi, Un contributo alla storia del collezionismo: la raccolta epigrafica Delfini, 1993, pp.
56, ill. 32.
5 - Cecilia Ricci, Soldati delle milizie urbane fuori di Roma. La documentazione epigrafica, 1994, pp.
64.
6 - Maryline Parca, The Franchetti Collection in Rome. Inscriptions and Sculptural Fragments, 1995,
pp. 152, ill. 58.
7 - Laura Chioffi, Gli elogia augustei del Foro Romano. Aspetti epigrafici e topografici, 1996, pp. 112,
ill. 29.
8 - Laura Chioffi, Mummificazione e imbalsamazione a Roma ed in altri luoghi del mondo romano,
1998, pp. 112, ill. 31.
9 - Joan Gómez Pallarès, Epigrafía cristiana sobre mosaico de Hispania, 2002, pp. 112, ill. 33.
10 - Epigraphica. Atti delle Giornate di studio di Roma e di Atene in memoria di Margherita Guarducci
(1902-1999), 2003, pp. 252, ill. 39.
11 - L’Italia centro meridionale tra repubblica e primo impero. Alcuni aspetti culturali e istituzionali.
Giornata di studio - Roma 13 dicembre 2002, a cura di Maria Letizia Lazzarini e Paola Lom-
bardi, 2004, pp. 118, ill. 23.
12 - Scrittura e magia. Un repertorio di oggetti iscritti della magia greco-romana, di Gabriella Bevilac-
qua con contributi di G. Vallarino, M. Centrone, A. Viglione, 2010, pp. 184, ill. 57.
13 - Lucio Benedetti, Glandes Perusinae. Revisione e aggiornamenti, 2012, pp. 196, ill. 43.
14 - Ἀρετῆς ἕνεκεν καὶ σοφίας. Un omaggio a Paola Lombardi. Giornata di studio - Roma, 28 ottobre
2010, a cura di Gabriella Bevilacqua e Sara Campanelli, 2012, pp. 112, ill. 31.
15 - Eredità di un maestro. Géza Alföldy, storico del mondo romano. Riflessioni. Roma, 7 giugno 2012,
2013, pp. 96, ill. 27.
16 - Borja Díaz Ariño, Miliarios romanos de época republicana, 2015, pp. 172, ill. 81
17 - Come Aurora. Lieve, preziosa. Ergastai e philoi a Gabriella Bevilacqua. Giornata di studio –
Roma 6 giugno 2012, a cura di Paola Lombardi, con la collaborazione di Manuela Mari e
Sara Campanelli, 2017, pp. 196, ill. 120.
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OPVSCVLA EPIGRAPHICA
del Dipartimento di Scienze dell’Antichità
Sapienza - Università di Roma

17 - 2017

COME AURORA. LIEVE, PREZIOSA


ERGASTAI e PHILOI a GABRIELLA BEVILACQUA

Giornata di studio – Roma 6 giugno 2012

a cura di Paola Lombardi


con la collaborazione di Manuela Mari e Sara Campanelli

EDIZIONI QUASAR
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Collana fondata da

Silvio Panciera

Comitato scientifico

Maria Letizia Caldelli, Gian Luca Gregori, Maria Letizia Lazzarini,


Silvia Orlandi

Tutti i contributi sono sottoposti a peer review


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Manuela Mari

OLYMPIA, DAISIA, XANDIKA


Note su tre feste ‘nazionali’ macedoni
e sulla loro eredità in epoca ellenistica.1

Le feste pubbliche di età ellenistica – soprattutto quelle che vedevano il diretto contri-
buto organizzativo o anche la presenza fisica dei sovrani – rinnovarono in molti aspetti la
tradizione greca in questo campo. Esse furono un aspetto centrale della vita sia delle grandi
città nate come fondazioni regie, sia – in una forma e con caratteristiche diverse – delle poleis
di origine più antica, come momento essenziale della vita pubblica e snodo decisivo nei rap-
porti tra sovrani e comunità locali.
Soprattutto nel caso delle nuove grandi città di fondazione reale, le feste divennero in
misura crescente eventi di massa; le folle dei partecipanti assunsero sempre più il ruolo di ‘pub-
blico’ di grandi eventi dall’accentuato tono spettacolare.2 Il programma di tali eventi colpisce
per ricchezza e varietà (sebbene non si possa ridurre, naturalmente, a un modello unico): vi
ricorrono spesso sacrifici e banchetti che, proprio per il gran numero di partecipanti, assumo-
no dimensioni gigantesche. Il ruolo del re come ‘grande benefattore’, percepibile in tanti altri
aspetti della vita degli stati ellenistici, si esplicita qui nella sua capacità di ricevere a banchetto
centinaia (e qualche volta migliaia) di ospiti e di distribuire loro grandi quantità di cibo e vino e
a volte doni di vario genere, e dunque di mobilitare le risorse finanziarie, umane e organizzative
necessarie.3 Più in linea con la tradizione greca delle feste pubbliche – legate ai santuari citta-
dini, regionali o panellenici – è la presenza di competizioni (agones), ma di queste si accentua il
carattere misto all’interno di una sola panegyris: sempre più spesso, vi convivono gare sportive,
musicali e teatrali e, sempre grazie ai mezzi messi a disposizione dai sovrani, sovente ci si assi-

1 Questo testo è la versione modificata di un saggio che sarà pubblicato in inglese negli atti del convegno Feast-
ing and Polis Institutions, tenuto presso l’Università di Utrecht nel gennaio 2014, in corso di stampa a cura di J.
Blok, F. van den Eijnde e R. Strootman.
2 Su questo specifico aspetto delle feste pubbliche ellenistiche e sui precedenti nella Grecia di IV secolo cfr.
F.W. Walbank, Two Hellenistic Processions: A Matter of Self-Definition, SCI 15, 1996, pp. 119-130 (= Id., Polybius, Rome
and the Hellenistic World. Essays and Reflections, Cambridge 2002, pp. 79-90), in part. p. 120 e n. 6.
3 Sul tema generale resta essenziale Ph. Gauthier, Les cités grecques et leurs bienfaiteurs, Athènes-Paris 1985, in part.
pp. 39-53. Come sottolinea a ragione O. Murray, le testimonianze epigrafiche conservano poche tracce di questo
aspetto specifico del ruolo del re ellenistico come ‘benefattore’, con la singolarissima eccezione rappresentata
dalle feste e dai banchetti di massa organizzati da Antioco di Commagene (Hellenistic Royal Symposia, in P. Bilde
- T. Engberg-Pedersen - L. Hannestad - J. Zahle [eds.], Aspects of Hellenistic Kingship, Aarhus 1996, pp. 15-27 [24-
25]), nell’ambito di una forma particolarmente elaborata di culto del sovrano, su cui si vd. D. Musti, Morte e culto
del sovrano in ambito ellenistico (in particolare sulle tombe-santuario dei sovrani della Commagene), in G. Gnoli - J.P. Vernant
(éd.), La mort, les morts dans les sociétés anciennes, Cambridge-Paris 1982, pp. 189-201; P. Schmitt Pantel, La cité au
banquet. Histoire des repas publics dans les cités grecques, Rome 1992, pp. 465-466, con tutti i riferimenti.

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cura la partecipazione di atleti e artisti famosi, la cui dimensione professionistica risulta sempre
più chiaramente definita. Di molte delle feste direttamente organizzate e presenziate dai sovra-
ni è caratteristica un’accentuata connotazione militare: in alcuni casi imponenti parate di trup-
pe sono il culmine spettacolare dell’intero programma, e spesso l’origine stessa delle feste è
nella celebrazione di una vittoria bellica (esse sono cioè charisteria o epinikia).4 Non mancano poi
esempi di celebrazioni che, pur ripetendosi con regolarità, sono svincolate dal rapporto esclu-
sivo con una città o un santuario e hanno luogo ogni volta in una località differente. Frequente,
nelle feste pubbliche di nuova istituzione e di organizzazione regia, è anche la destinazione non
a una singola divinità, ma alla collettività degli dei (se non si tratta di un equivoco indotto dalla
genericità delle descrizioni nelle fonti disponibili).
Natura ‘verticistica’, teatralità, e sradicamento delle feste da luoghi specifici sembrano
i tratti maggiormente innovativi, rispetto alla tradizione delle panegyreis greche pre-elleni-
stiche.5 In altri aspetti, un confronto col passato mostra differenze più sfumate, limitate al
grado, alla quantità, alle dimensioni e ai costi.
In che misura questa evoluzione è conseguenza – com’è stato spesso sostenuto – delle
feste, celebrazioni e agoni organizzati da Alessandro durante la spedizione d’Asia?6 Fermo
restando che quelle iniziative furono l’effetto sia di circostanze specifiche e per molti ver-
si irripetibili,7 sia, almeno in alcuni aspetti, dell’influenza di usanze estranee alla tradizione
greco-macedone,8 resta legittimo chiedersi (in questo caso specifico, come in molti altri) se

4 Quando tali feste trovano un posto regolare nel calendario di una polis, esse valgono - almeno per qualche
tempo - da fondamento sacrale di una ‘relazione speciale’ tra un re e una città: cfr., per esempi specifici, W.K.
Pritchett, The Greek State at War, Berkeley-Los Angeles-London 1974-1991, III, p. 169; F. Piejko, Antiochus
Epiphanes Savior of Asia, RFIC 14, 1986, pp. 425-436 (426); J. Köhler, Pompai. Untersuchungen zur hellenistischen
Festkultur, Frankfurt a. M. 1996, p. 69.
5 Cfr., in particolare per i primi due aspetti, Walbank, Two Hellenistic Processions, cit., pp. 120-121 e n. 12; A.
Chaniotis, Theatricality Beyond the Theater. Staging Public Life in the Hellenistic World, in B. Le Guen (éd.), De la scène
aux gradins. Thêatre at représentations dramatiques après Alexandre le Grand dans les cités hellénistiques, Toulouse 1997,
pp. 219-259 (pp. 248-254).
6 Eventi festivi (spesso comprendenti competizioni sportive e/o musicali e teatrali) sono testimoniati con dovi-
zia di particolari nelle fonti sulla spedizione di Alessandro, soprattutto da Arriano: riferimenti in M. Mari, Al di là
dell’Olimpo. Macedoni e grandi santuari della Grecia dall’età arcaica al primo ellenismo, Atene 2002, p. 236 n. 1 e, specifica-
mente sugli epinikia, Pritchett, The Greek State at War, cit., III, p. 188; tra gli studi recenti cfr. V. Bucciantini, Über-
legungen zu den Opfern Alexanders des Groβen auf seiner Indischen Expedition, «Das Altertum» 54, 2009, pp. 269-282.
7 La natura degli eventi festivi organizzati da Alessandro fu naturalmente in parte determinata dal fatto che il
pubblico e i partecipanti era costituito dai soldati impegnati in una campagna di lunga durata, ossia, per così dire,
da una sorta di ‘polis viaggiante’: cfr. Mari, Al di là dell’Olimpo, cit., pp. 235-238; B. Le Guen, Theatre, Religion and
Politics at Alexander’s Travelling Royal Court, in E. Csapo - H.R. Goette - J.R. Green - P. Wilson (eds.), Greek Theatre
in the Fourth Century B.C., Berlin-Boston 2014, pp. 249-274.
8 L’incontro con culture altre è alla base della natura stessa del mondo ellenistico, ma il suo impatto su questo
aspetto specifico della vita pubblica è difficilmente valutabile per i pochi anni di regno di Alessandro, soprattutto
perché celebrazioni festive e banchetti si prestano particolarmente a una rappresentazione deformata, nelle
fonti, dal topos negativo della progressiva acquiescenza del re ad abitudini ‘barbariche’: un esempio significativo
è il giudizio di Q. Curt. VI 2, 1-2 su lunghi banchetti e bevute nel corso del 330, quale sintomo di un generale
cedimento del re a usanze straniere (omnia in externum lapsa morem). Sulla questione generale e i suoi risvolti topici
cfr. Schmitt Pantel, La cité au banquet, cit., pp. 457-458, 463-464, che tuttavia sottolinea anche l’importanza
effettiva del modello persiano sulle distribuzioni di cibo alle masse attuate da Alessandro in più momenti della
spedizione (pp. 458-459): un aspetto per il quale, come si vedrà, anche il background macedone è da valorizzare.
Sui banchetti e le feste reali in Persia come importante occasione di redistribuzione di risorse si vd. da ultimo

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davvero il breve regno di Alessandro sia uno spartiacque,9 e dunque se i tratti che ci sembra-
no maggiormente innovativi e caratteristici delle panegyreis ellenistiche trovino tutti la loro
radice u l t i m a nelle iniziative estemporanee del sovrano in Asia.
I commentatori moderni che tracciano una linea diretta tra queste ultime e alcune fa-
mose panegyreis dell’ellenismo maturo – quali la grandiosa festa organizzata ad Alessandria
da Tolemeo Filadelfo attorno al 270 (probabilmente l’edizione inaugurale dei Ptolemaia), le
feste in cui ad Anfipoli, nel 167, Lucio Emilio Paolo annunciò la ‘liberazione’ e risistema-
zione romana della Macedonia e quelle organizzate un anno più tardi a Dafne da Antioco
IV, per citare solo tre esempi celebri -,10 colgono certamente un punto importante. Non c’è
dubbio che negli eventi organizzati da Alessandro emergano aspetti che, all’altezza delle
feste ‘gemelle’ del 167 e 166, sembrano ormai parte di un linguaggio comune padroneggia-
to, oltre che dai re ellenistici e dai membri del loro entourage, anche dai leader di stati greci
‘repubblicani’ (città, ethne, koina) e dagli stessi generali romani.11 Su questo lato della para-
bola (da Alessandro a Emilio Paolo e Antioco IV, per così dire) sembra insomma possibile
individuare precisi punti di contatto e ricostruire un’evoluzione coerente. Che tale lunga
evoluzione cominci, però, molto tempo prima di Alessandro si può verificare esaminando
l’altro lato della parabola, ossia la tradizione macedone pre-334 (come vedremo, almeno un
evento pubblico organizzato dallo stesso sovrano prima della partenza per l’Asia risulta utile
al nostro esame).
Per cominciare, è utile considerare in questa chiave gli anni del regno di Filippo II, sia
per almeno un evento a carattere unico ed eccezionale, sia per celebrazioni che sono invece
parte stabile del calendario festivo macedone. Nel primo caso mi riferisco alle feste per il

B. Lion, Les banquets perses d’après le livre IV d’Athénée: points de vue grecs, points de vue orientaux, in C. Grandjean - A.
Heller - J. Peigney (éd.), À la table des rois. Luxe et pouvoir dans l’œuvre d’Athénée, Rennes-Tours 2013, pp. 107-125
(in part. pp. 121-123), con utile confronto tra fonti greche e del Vicino Oriente. Gli studi di riferimento in
questo campo restano quelli di P. Briant, in part. Table du roi, tribut et redistribution chez les Achéménides, in Id. - C.
Herrenschmidt (éd.), Le tribut dans l’empire perse, Louvain-Paris 1989, pp. 35-44.
9 Sono illuminanti in questo senso (sebbene riferite a tutt’altro ambito) le parole di N.G.L. Hammond, The Con-
tinuity of Macedonian Institutions and the Macedonian Kingdoms of the Hellenistic Era, «Historia» 49, 2000, pp. 141-160
(p. 141): «the reign of Alexander is often treated as a watershed, and there is a tendency then for historians to
limit their study to one side or other of the watershed. When Macedonian institutions are under consideration,
this division is a disadvantage».
10 Su questi tre eventi e la relativa bibliografia moderna rinvio, per necessità di sintesi, a un mio prossimo lavoro,
Panegyreis rivali. Emilio Paolo e Antioco IV tra tradizione macedone e melting pot tardo-ellenistico, in R. Oetjen - F. Ryan
(eds.), Seleukeia. Studies in Seleucid History, Archaeology and Numismatics in Honor of Getzel M. Cohen, Berlin-New
York, c.d.s. È utile comunque citare qui le fonti antiche: sulle feste di Alessandria, Callisseno di Rodi, FGrHist
627 FF 1-2 (risp. da Ath. V, 203 E-206 C e 196 A-203 B); su quelle di Anfipoli, Liv. XLV 32, 8 - 33, 7; Polyb.
XXX 14; Diod. Sic. XXXI 8, 4-9; Plut. Aem. 28, 3 - 29, 1; su quelle di Dafne, oltre a una ricca tradizione ebraica
(riferimenti in J. Bunge, Die Feiern Antiochos’ IV. Epiphanes in Daphne im Herbst 166 v. Chr., «Chiron» 6, 1976, pp.
53-71, in part. pp. 53-54), i frr. di Polyb. XXX 25-27 (da Ath. V, 194 C - 195 F e X, 439 B-D); Diod. Sic. XXXI
16; Ath. IV, 150 C-D; 176 A-B; 183 F (con rinvio a una specifica opera di Protagoride di Cizico interamente
dedicata all’evento, FGrHist 853); V, 194 A; X, 439 B-D.
11 Per i generali romani, il caso di Lucio Emilio Paolo ad Anfipoli nel 167 è particolarmente significativo: cfr.
Mari, Panegyreis rivali, cit. Per i leader greci ‘repubblicani’, si può citare il caso dello strategos della lega achea
Filopemene e del suo uso di almeno una edizione delle feste Nemee (nel 207 o 205) per una imponente parata
di truppe (Plut. Phil. 11, 1-3; Paus. VIII 50, 3, con M. Mari, Festa mobile. Nemea e i suoi giochi nella tradizione letteraria
e nell’evidenza materiale. II: l’età ellenistica e romana, IncidAnt 11, 2013, pp. 9-62 [in part. pp. 47-49]).

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matrimonio di Cleopatra, sorella di Alessandro, con Alessandro il Molosso, nel 336, che,
com’è stato già notato, contengono già in sé molti aspetti caratteristici delle celebrazioni di
corte ellenistiche.12 È Diodoro a darne una dettagliata descrizione:

(…) Subito, dunque, (Filippo) offrì sacrifici sontuosi agli dèi (θυσίας μεγαλοπρεπεῖς … τοῖς
θεοῖς), e contemporaneamente tenne le nozze di sua figlia Cleopatra, che unì ad Alessandro, il
re degli Epiroti, che era fratello legittimo di Olimpiade. Volendo, oltre che onorare gli dèi, che
il maggior numero possibile di Greci partecipasse all’occasione festiva (τῆς εὐωχίας), fece tene-
re grandiose competizioni musicali e splendidi banchetti (ἀγῶνάς τε μουσικοὺς μεγαλοπρεπεῖς
… καὶ λαμπρὰς ἑστιάσεις) per gli amici e per gli ospiti. Perciò da tutta la Grecia fece venire
le persone cui era personalmente legato da rapporti di ospitalità e invitò i propri amici a far
venire dall’estero il maggior numero possibile di loro conoscenze. (…) Alla fine, molti accor-
sero da ogni dove alla festa (πρὸς τὴν πανήγυριν), e le gare e le nozze furono celebrate a Ege,
in Macedonia: e gli offrirono corone d’oro non solo singoli individui eminenti, ma anche la
maggior parte delle città più illustri, fra le quali la stessa Atene (…). Quando alla fine si pose
termine alle bevute, essendo l’inizio delle gare previsto per il giorno successivo, ancora a notte
alta la folla accorse nel teatro; allorché, sul fare del giorno, si tenne la processione (τῆς πομπῆς),
in aggiunta agli altri lussuosi allestimenti (Filippo) fece sfilare immagini dei Dodici Dèi, rea-
lizzate con somma maestria artistica e ricche di ornamenti che destavano ammirazione per
l’eccezionale ricchezza; insieme a queste fece sfilare per tredicesima l’immagine dello stesso
Filippo, con i tratti di un dio: il re, dunque, mostrò se stesso in trono insieme ai Dodici Dèi.
Quando il teatro fu pieno, Filippo in persona venne avanti, indossando un mantello bianco,
avendo dato ai lancieri l’ordine di seguirlo tenendosi a grande distanza da lui: intendeva infatti
mostrare a tutti che, protetto com’era dal comune favore dei Greci, non aveva bisogno della
sorveglianza dei lancieri. Questo fu il culmine della sua fortuna: ma, proprio mentre tutti lo
lodavano e si felicitavano con lui, improvvisa e del tutto inaspettata si svelò la congiura mortale
contro il re (…).13

Il fatto che la festa di Ege fu lo scenario (teatrale in tutti i sensi) dell’assassinio di Filip-
po e il controverso particolare della sfilata delle immagini dei Dodici Dèi (divenuti tredici)14
spiegano naturalmente l’attenzione di Diodoro e delle sue fonti per l’evento. Conosciamo
tuttavia, sia pure con minori dettagli, altre celebrazioni organizzate da Filippo in Macedonia
(gli Olympia del 348)15 e possiamo ricostruire da un insieme complesso di indizi di origine

12 Importanti riflessioni in R. Strootman, The Hellenistic Royal Court. Court Culture, Ceremonial and Ideology in Greece,
Egypt and the Near East, 336-30 BCE, diss. Utrecht 2007, pp. 306-307, sviluppate poi nella pubblicazione defini-
tiva di questo lavoro, Courts and Elites in the Hellenistic Empires: The Near East After the Achaemenids, c. 330-30 BCE,
Edinburgh 2014, pp. 249-250; cfr. ancora Mari, Panegyreis rivali, cit.
13 La citazione viene (con alcuni tagli) da Diod. Sic. XVI 91, 4 - 93 (e cfr. anche 95, 1).
14 La traduzione che ho dato qui del passo diodoreo semplifica volutamente il problema complesso dell’im-
magine di Filippo quale ‘tredicesimo dio’ e della sfilata di εἴδωλα τῶν δώδεκα θεῶν, che ho trattato in altra sede:
cfr. The Ruler Cult in Macedonia, in B. Virgilio (a cura di), Studi ellenistici 20, Pisa-Roma 2008, pp. 219-268 (234-236)
e Panegyreis rivali, cit., con bibl.
15 Noti ancora da Diod. Sic. XVI 55, 1-2: «Dopo la conquista di Olinto, (Filippo), celebrando gli Olympia
offrì agli dèi sontuosi sacrifici di ringraziamento per la vittoria; avendo organizzato una festa grandiosa e
allestiti splendidi agoni, invitò a banchetto molti degli stranieri in visita (Ὀλύμπια ποιήσας τοῖς θεοῖς ἐπινίκια
μεγαλοπρεπεῖς θυσίας συνετέλεσεν· πανήγυριν δὲ μεγάλην συστησάμενος καὶ λαμπροὺς ἀγῶνας ποιήσας πολλοὺς τῶν
ἐπιδημούντων ξένων ἐπὶ τὰς ἑστιάσεις παρελάμβανε). Nel corso dei simposi intrattenendosi in molte conversazioni

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diversa (inclusi i dati archeologici) la sua politica complessiva nei riguardi dei santuari e delle
feste panelleniche,16 e le une e l’altra mostrano chiaramente che la celebrazione del 336 è solo
l’esempio più impressionante (forse solo, ripeto, per una maggiore ricchezza di dettagli noti)
di una strategia di comunicazione politica coerente e a lungo perseguita, della quale panegyreis
di diversa natura e origine furono costantemente un elemento centrale.17
Gli Olympia prima ricordati, tenuti a Dion, non furono un’iniziativa di Filippo, né tan-
tomeno la specifica celebrazione di un successo militare, come parte della tradizione antica
tende a farci credere, ma un evento stabile del calendario ‘nazionale’ macedone, le cui ori-
gini risalgono almeno alla fine del V secolo: fondate o, più probabilmente, riorganizzate su
ampia scala dal re Archelao, ammiratissimo da Tucidide (413-399 a.C.),18 erano celebrate
nella località ai piedi del monte Olimpo ogni anno nel mese intitolato a Zeus, Dios (ottobre-
novembre), primo mese del calendario macedone. La presenza dei sovrani agli Olympia era
frequente, nei limiti del possibile (Alessandro, ovviamente, vi presenziò solo fino al 335).
Questo contribuì a fare del santuario di Dion, intitolato a Zeus e alle Muse, il principale
centro di culto ‘nazionale’: un ruolo – religioso e politico insieme – che esso mantenne fino
alla fine della dinastia antigonide, e che non a caso fu fortemente ridimensionato, o cancel-
lato, dai Romani. La grande panegyris autunnale era occasione per una generale assemblea dei
Makedones e per incontri tra il re e i rappresentanti di città ed ethne del regno, mentre il san-
tuario era luogo di esposizione privilegiato per i testi di trattati interstatali che coinvolgevano
lo stato macedone e per dediche reali monumentali: un costume al quale si attenne ancora
Alessandro, almeno nei primi anni di regno.19 Fondando o trasformando in profondità le
feste e il ruolo ‘nazionale’ del santuario di Dion, Archelao sembra aver seguito il modello
dei santuari e delle celebrazioni festive ‘comuni’ (hiera koina) della Grecia a sud dell’Olimpo.
Almeno a partire dal regno di Filippo, inoltre, gli Olympia divennero l’occasione ideale per in-

e facendo circolare le coppe per i brindisi, e a non pochi distribuendo doni, con le grandi promesse che faceva
benevolmente a tutti, li rese ben disposti all’amicizia con lui»; cfr. anche Dem. XIX 192-193.
16 Mari, Al di là dell’Olimpo, cit., pp. 75-202.
17 È anche da ricordare che le stesse feste nuziali di Ege del 336 sono state interpretate come la versione ‘in
grande’ di una tradizionale festa macedone tenuta in autunno e occasione di matrimoni, al ritorno dei pastori
con le greggi dai pascoli estivi: così M.B. Hatzopoulos, The Oleveni Inscription and the Dates of Philip II’s Reign, in
W.L. Adams - E.N. Borza (eds.), Philip II, Alexander the Great and the Macedonian Heritage, Washington 1982, pp. 21-
42 (37-41); Id., Macedonian Institutions under the Kings, Athens 1996, I, pp. 289-290 e n. 7; N.G.L. Hammond, The
Regnal Years of Philip and Alexander, GRBS 33, 1992, pp. 355-373 (359-360). Questa deve però restare un’ipotesi.
18Mi riferisco al notissimo giudizio in II 100, 2, su cui cfr. M. Mari, Archaic and Early Classical Macedonia, in R.J.
Lane Fox (ed.), Brill’s Companion to Ancient Macedon. Studies in the Archaeology and History of Macedon, 650 BC-300
AD, Leiden-Boston 2011, pp. 79-92 (91-92).
19 Alessandro presenziò agli Olympia del 335, tenuti come sempre a Dion secondo Diod. Sic. XVII 16, 3-4, o
a Ege secondo Arr. Anab. I 11, 1; il re era in ogni caso devoto, come i suoi predecessori, al grande santuario
ai piedi dell’Olimpo, in cui dedicò un imponente monumento ai cavalieri caduti nella battaglia del Granico
(Arr. Anab. I 16, 4; Plut. Alex. 16, 15-16; Vell. Pat. I 11, 3-4; Plin. Nat. XXXIV 64). Sugli Olympia del 335 e, più
in generale, sulla storia e il ruolo ‘pan-macedone’ del santuario si vd. M. Mari, Le Olimpie macedoni di Dion tra
Archelao e l’età romana, RFIC 126, 1998, pp. 137-169; M.B. Hatzopoulos - M. Mari, Dion et Dodone, in P. Cabanes
- J.-L. Lamboley (éd.), L’Illyrie méridionale et l’Épire dans l’antiquité, IV, Grenoble 2004, pp. 505-513; e da ultimo
ancora M.B. Hatzopoulos, Was Dion Macedonia’s Religious Centre?, in P. Funke - M. Haake (eds.), Greek Federal States
and their Sanctuaries. Identity and Integration, Proceedings of an International Conference, Münster June 17-19,
2010, Stuttgart 2013, pp. 163-171.

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contri politici ad ampio raggio, che da un certo momento in poi coinvolsero i delegati di stati
greci; contemporaneamente, Filippo andava imprimendo una svolta analoga al significato
dei santuari panellenici, che culminò con la scelta delle quattro sedi dei giochi della periodos
(Olimpia, Delfi, Istmia e Nemea) come sedi alternate degli incontri dei delegati della lega di
Corinto, appunto in coincidenza dei giochi.
Tale utilizzo dei quattro koina hiera, implicito nella loro storia precedente e solo in parte
e occasionalmente messo a frutto dai Greci, fu ereditato da Alessandro e più tardi, al tempo
dell’effimera rinascita della lega di Corinto negli ultimi anni del IV secolo, da Antigono Mo-
noftalmo e Demetrio Poliorcete.20 Si intuisce già, da quanto detto fin qui, che le feste mace-
doni degli anni di Filippo – e in primo luogo gli Olympia – insegnarono molto alle panegyreis
di età ellenistica; si aggiunga che da qui sembra venire anche uno dei modelli per la grande
varietà di competizioni che queste ultime, come si è detto, mostrano tra i propri tratti distin-
tivi: le feste di Dion furono un esempio precoce di combinazione di gare sportive, musicali
e teatrali, che videro almeno a partire dall’età di Filippo (e in parte, probabilmente, sin dai
tempi di Archelao) la partecipazione di artisti e atleti famosi.21
Ma gli Olympia non sono l’unica festività ‘pan-macedone’ che ha tra le proprie caratteri-
stiche essenziali aspetti che ritroviamo nelle grandi celebrazioni di età ellenistica: gli Xandika
e i Daisia, pur meno noti, offrono ugualmente spunti di riflessione interessanti. Il carattere
tradizionale e l’origine antica di entrambe le feste sono assicurati dalla corrispondenza dei
loro nomi con quelli di altrettanti mesi del calendario macedone, non attestati altrove: Xan-
dikos corrisponde a marzo-aprile, Daisios a maggio-giugno.22

20 Su questi temi rinvio ancora, per brevità, al mio Al di là dell’Olimpo, cit., in part. pp. 51-60 su Archelao e 193-
196 sui quattro santuari della periodos come luoghi di riunione dei delegati della lega di Corinto: tale utilizzo,
esplicitamente attestato per la ‘rinascita’ della lega ad opera di Antigono e Demetrio (IG IV, 12, 68, III, ll. 11-12,
17-18 = ISE I, nr. 44), è attraverso parecchi indizi riferibile già all’età di Filippo II (cfr. anche Mari, Festa mobile,
II, cit., pp. 24-29; Ead., A “lawless piety” in an age of transition. Demetrius the Besieger and the political uses of Greek
religion, in C. Bearzot - F. Landucci [a cura di], Alexander’s Legacy, Atti del convegno, Milano, Università Cattolica
del Sacro Cuore, settembre 2015, Roma 2016, pp. 157-180 [168-174]).
21 Riferimenti e discussione in Mari, Le Olimpie macedoni di Dion, cit., pp. 157-160. Le fonti letterarie sugli
Olympia tenuti da Filippo nel 348 (cit. sopra, n. 15: di Diod. Sic. cfr. in part. XVI 55, 3-4) riferiscono della
presenza dell’attore ateniese Satiro. Il carattere misto delle competizioni risale verosimilmente alla riforma di
Archelao. Tra le feste organizzate da Alessandro durante la campagna d’Asia, paralleli interessanti vengono, e.g.,
dalle gare di Menfi nel 332, che videro la partecipazione di artisti e atleti celebri (Arr. Anab. III 1, 4); dalle feste
tenute in Fenicia nel 331, che includevano almeno gare teatrali (Plut. Alex. 29, 1); e dai giochi funebri in onore
di Efestione, nel 324 (Arr. Anab. VII 14, 10).
22 Si vd. J.N. Kalléris, Les anciens Macédoniens. Étude linguistique et historique, Athènes 1954-76, I, pp. 143, 237-
238; II, 1, pp. 565-566; C. Trümpy, Untersuchungen zu den altgriechischen Monatsnamen und Monatsfolgen, Heidelberg
1997, pp. 262-270, con i riferimenti. Il nome di mese Theodaisios è attestato fuori dalla Macedonia, ma la forma
Daisios, come il nome di mese Xandikos, sembrano esclusivamente macedoni. Non sfugge il fatto che gli Olympia
si sottraggono alla regola di una corrispondenza con il nome del mese in cui erano celebrate, sicché Kalléris,
ibid., II 1, pp. 554-558, ha ipotizzato che in origine nel mese Dios fossero celebrate per Zeus feste Dia (cfr. già
O. Hoffmann, Die Makedonen, ihre Sprache und ihr Volkstum, Göttingen 1906, p. 102): l’equiparazione nel nome
a una delle grandi feste panelleniche celebrate a sud dell’Olimpo potrebbe allora essere uno degli elementi di
forte innovazione dovuti ad Archelao. L’adozione del calendario macedone e delle relative festività, insieme agli
aspetti linguistici e onomastici, sono tra gli indizi più fecondi del mutamento di condizione di una città (ossia,
dall’età di Filippo II in poi, della sua annessione al regno) desumibili dalla documentazione epigrafica: esempi
e un’ampia discussione si trovano in Hatzopoulos, Macedonian Institutions, cit., I, pp. 163-165, 187-189, 201-205,
388-391.

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Gli Xandika presentano un carattere militare più regolare ed esplicito rispetto agli Olym-
pia, segnando ogni anno, in primavera, l’inizio delle attività e la mobilitazione stessa dell’eser-
cito macedone:23 non sorprende, dunque, che nella cornice della festa trovassero spazio
esercitazioni militari, simulazioni di battaglie e un solenne rito di purificazione delle truppe.
Come gli Olympia, poi, gli Xandika offrono una comoda occasione di incontro tra il re e i
rappresentanti delle diverse realtà locali del regno, preludio almeno in alcuni casi a decisioni
politico-militari rilevanti: tutte queste informazioni ci vengono da episodi di età ellenistica,
ma resta il dato certo del carattere tradizionale e dell’origine antica degli Xandika tra le feste
del calendario macedone.24 È del tutto verosimile che Alessandro abbia proseguito la tradi-
zione degli Xandika durante la lunga trasferta asiatica:25 di certo, questa festa si prestava me-
glio di altre ad adattarsi a tali circostanze itineranti, visto che anche quando era celebrata in
Macedonia non aveva una sede fissa, ma era tenuta ogni anno nel luogo più conveniente alla
convocazione generale delle truppe.26 I due aspetti distintivi degli Xandika – forte impronta
militare e mobilità della sede – attraverso il decisivo tramite di Alessandro passarono, come
abbiamo visto, a molte panegyreis di epoca ellenistica.27
Un tratto peculiare della terza e ultima panegyris macedone che ci resta da esaminare, i
Daisia, è rivelato dalla documentazione epigrafica: in epoca pre-romana essa era regolamen-
tata dal potere centrale e dunque era parte del calendario delle festività ‘nazionali’, ma era
tenuta indipendentemente in ogni città del regno. Un diagramma frammentario rinvenuto ad
Alkomena ci mostra il re inviare istruzioni sulla sua organizzazione ai magistrati delle singole

23 Si potrebbe ipotizzare che parallelamente, e almeno in origine, gli Olympia segnassero la conclusione della
stagione militare (Thuc. II 100, 2, già citato, attribuisce ad Archelao un ruolo rilevante, sebbene incompiuto,
di riformatore dell’esercito macedone, che potrebbe aver incluso anche gli aspetti cerimoniali): ma di questo
aspetto manca una testimonianza esplicita nella tradizione sulle feste di Dion.
24 Della festa o di sue specifiche edizioni danno notizia Q. Curt. X 9, 11-13; Hesych., s.v. ξανθικά; Suda, s.v.
ἐναγίζων (= Polyb. XXIII 10, 17); Liv. XL 6, 1-7; XLIII 21, 5 (nonché, forse, XXXIII 3, 1-6 e XLII 52, 4-5). Cfr.
le preziose osservazioni di Kalléris, Les anciens Macédoniens, cit., I, pp. 237-238; Pritchett, The Greek State, cit., III,
pp. 157, 198-199, 201-202; M.B. Hatzopoulos, Cultes et rites de passage en Macédoine, Athènes 1994, pp. 89-92; Id.,
Macedonian Institutions, cit., I, pp. 272-276, 289-290, 319-320, 347-350.
25 Kalléris ha identificato un episodio della spedizione, descritto da Plut. Alex. 31, 1-2 (da Eratostene, FGrHist
241 F 29), con una edizione degli Xandika in trasferta (Les anciens Macédoniens, cit., I, p. 237 n. 5). Sebbene la
lettura dello specifico episodio sia poco persuasiva, resta del tutto verosimile che il calendario macedone fosse
riproposto, con i necessari adattamenti, dall’esercito in trasferta: il fenomeno è noto per la marcia dei Diecimila
(Xen. An. I 2, 10, sui Lykaia arcadi) e per la stessa campagna di Alessandro (Arr. Anab. IV 8, 1, su una festa in
onore di Dioniso). Lo scetticismo di Pritchett, The Greek State, cit., III, pp. 185-186 si giustifica solo per le cam-
pagne militari ‘stagionali’ caratteristiche delle poleis in epoche precedenti.
26 Cfr., con esame di casi specifici, Hatzopoulos, Macedonian Institutions, cit., I, p. 290 e n. 1, pp. 319-320; Id.,
L’organisation de l’armée macédonienne sous les Antigonides, Athènes 2001, pp. 87-88; Mari, Panegyreis rivali, cit.
27 Tra i casi già ricordati, si caratterizzano per un forte carattere militare le feste organizzate da Tolemeo
Filadelfo ad Alessandria e quelle tenute da Antioco IV a Dafne; una parata di truppe, meno ostentata e
imponente, fece parte anche delle celebrazioni di Lucio Emilio Paolo ad Anfipoli: riferimenti e discussione in
Mari, Panegyreis rivali, cit. Un celebre esempio di ‘trasferimento’ di sede di una festa (in quel caso, addirittura
una festa panellenica) fu l’edizione delle Pitiche trasferita da Demetrio Poliorcete ad Atene nel 290, durante
l’occupazione etolica di Delfi (Plut. Demetr. 40, 4). In epoche più tarde il nome stesso di feste celebri, quali gli
Olympia e i Pythia, fu con sempre maggiore disinvoltura trasferito a giochi locali: qualche riferimento in Mari, Le
Olimpie macedoni di Dion, cit., p. 156 n. 1.

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città.28 Ma le testimonianze di età romana sono non meno interessanti: in diverse città ma-
cedoni risulta aver luogo, nel mese Daisios, una festa in onore degli evergeti; un’iscrizione da
Kalindoia, in particolare, rivela che essa ospitava banchetti pubblici e distribuzioni di cibo tra
i cittadini.29 Si può ipotizzare che nei Daisia tradizionali e di epoca più antica fosse il re a gio-
care il ruolo di massimo evergete dello stato, e che le distribuzioni di cibo fra i partecipanti –
allora finanziate appunto dal potere centrale – fossero già un tratto distintivo dei Daisia. È la
tesi suggerita da M.B. Hatzopoulos, che ha così suggestivamente identificato con una edizio-
ne di questa festa la lunga sequenza di celebrazioni, sacrifici e banchetti tenuti da Alessandro
a Babilonia nel 323 (appunto nel mese Daisios), alla vigilia della sua morte: si tratterebbe di un
altro esempio di adattamento del calendario macedone alle condizioni itineranti dell’esercito
in Asia.30 In questo caso, mentre Diodoro e Plutarco si limitano a pochi dettagli e insistono
sul topos moralizzante della crescente dipendenza di Alessandro da uno stile di vita ‘orienta-
le’,31 la descrizione di Arriano fornisce alcuni particolari interessanti. Arriano, che afferma di
seguire come fonte il cosiddetto ‘giornale reale’, o diario di corte (αἱ βασίλειοι ἐφημερίδες),32
opera una chiara distinzione tra tre momenti o, meglio, sequenze di azioni attribuite al re:
1. «sacrifici tradizionali di ringraziamento per la buona fortuna» (τὰς … νομιζομένας θυσίας
ἐπὶ ξυμφοραῖς ἀγαθαῖς), registrati dalle Efemeridi per diversi giorni consecutivi e in relazione a
occasioni distinte; 2. banchetti e ricche bevute del re in compagnia degli hetairoi; 3. una distri-
buzione di carne e vino (ἱερεῖα καὶ οἶνον) su scala molto più vasta, che coinvolge le truppe in
base alle suddivisioni interne dell’esercito (κατὰ λόχους καὶ ἑκατοστύας).

28 Hatzopoulos, Macedonian Institutions, cit., II, nr. 19, lettera di Doules a Nikolaos, probabilmente epistates di
Alkomena, con inoltro di una lettera o forse diagramma di un re, il cui nome resta ignoto, a proposito dei Daisia
(περὶ τῶν κατὰ τὰ Δαίσια); della comunicazione del re resta solo l’inizio, con la data e il riferimento a provvedi-
menti per «le spese per i Daisia» (τὴν εἰς τὰ Δαίσια δαπά[νην]). Sui Daisia come festa ‘nazionale’ cfr. F. Papazo-
glou, Nouveau fragment d’acte de la chancellerie macédonienne, «Klio» 52, 1970, pp. 305-315 (314 n. 2) e Hatzopoulos,
Macedonian Institutions, cit., I, pp. 411-412.
29 Si tratta di un decreto onorario per Apollonios figlio di Apollonios, sacerdote di Zeus, Roma ed Augusto,
datato al 1 d.C., edito da K.L. Sismanidis, ΑΕ 1983, pp. 75-84. Apollonios è elogiato, tra l’altro, perché in occasi-
one delle feste cittadine in onore di «Zeus, Augusto e gli altri benefattori» ha offerto ricchi banchetti e ricevimen-
ti ai concittadini, con vere e proprie distribuzioni di cibo su larga scala (ll. 27-33). Un altro decreto onorario da
Lete, del 119 a.C., mostra che la festa e gli agoni in onore degli euergetai si tenevano nel mese di Daisios (Syll3 700,
ll. 38-40), che era inoltre, già in età pre-romana, il mese in cui almeno alcune città macedoni eleggevano i loro
magistrati (cfr. il decreto onorario da Morrylos, del 206/5 o 205/4 a.C., Hatzopoulos, Macedonian Institutions,
cit., II, nr. 54, ll. 19-21). Deduzioni sulla possibile natura dei Daisia fondate su questi documenti (nessuno dei
quali, comunque, li menziona direttamente) sono in M.B. Hatzopoulos - L.D. Loukopoulou, Morrylos, cité de la
Créstonie, Athènes 1989, pp. 44-49; Hatzopoulos, Macedonian Institutions, cit., I, pp. 150, 411-412.
30 Il riferimento è sempre a Hatzopoulos - Loukopoulou, Morrylos, cit., pp. 44-49, e a Hatzopoulos, Macedonian
Institutions, cit., I, pp. 150, 411-412; lo studioso greco estende l’interpretazione come Daisia anche alla festa
organizzata da Peucesta pochi anni dopo la morte di Alessandro: ma cfr. infra, n. 37. Interessanti osservazioni
sul ruolo tradizionale dei re di Macedonia come ‘benefattori del popolo’, proprio per la loro capacità «to
redistribute food» si trovano in Z.H. Archibald, The Economics of the Northern Aegean: Fifth to First Centuries BC,
Oxford 2013, p. 275.
31 Cfr. supra, n. 8. Il riferimento nel testo è a Diod. Sic. XVII 117, 1-2, che, prima di soffermarsi sulle bevute
di Alessandro al simposio organizzato dal suo amico Medio, menziona rapidamente «sontuosi sacrifici agli dèi»
(θυσίας … τοῖς θεοῖς μεγαλοπρεπεῖς); e a Plut. Alex. 75, 3-4, che, nella lista di intrattenimenti e banchetti, descrive
appunto il re come immerso ἐν θυσίαις καὶ πότοις.
32 Anab. VII 24, 4 - 25, 1.

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Se la collocazione nel mese Daisios rende probabile l’identificazione di almeno una
parte degli eventi del 323 con i tradizionali Daisia macedoni (e un carattere «tradizionale»,
νομιζόμενος, è come si è visto segnalato da Arriano per almeno una parte delle cerimonie
presenziate da Alessandro), comunque, è importante rilevare che la massiccia distribuzione
di cibo e i banchetti (eventualmente allargati a un gran numero di partecipanti) non sono
caratteristiche limitate ai soli Daisia, nel calendario delle festività reali macedoni. Proprio la
carriera di Alessandro, in cui tali episodi sono ben attestati in occasioni differenti, lo mostra
a sufficienza: tra i molti esempi che potremmo citare,33 torna particolarmente utile proprio
un’edizione degli Olympia. Siamo nel 335 e Alessandro è ancora in Macedonia, ma molti
aspetti della festa richiamano direttamente i supposti Daisia babilonesi del 323. La descrizio-
ne diodorea è particolarmente ricca di dettagli interessanti:

Poi (Alessandro), tornato con l’esercito in Macedonia, riunì i capi militari e i più insigni tra gli
amici e aprì la discussione sulla spedizione in Asia, su quando bisognasse farla e in che modo
si dovesse condurre la guerra. (…) Dopo aver dunque spiegato loro che cosa conveniva fare e
averli incoraggiati con le sue parole alle prove che li attendevano, celebrò sontuosi sacrifici agli
dèi a Dion, in Macedonia, e agoni scenici che il suo predecessore Archelao aveva organizzato
per primo. Tenne la festa per nove giorni, intitolando ogni giornata a una delle Muse. Fatto
costruire un padiglione da cento posti (σκηνὴν … ἑκατοντάκλινον), accolse a banchetto (ἐπὶ
τὴν εὐωχίαν) sia gli amici e gli ufficiali che i delegati delle città. Impiegando mezzi ricchissimi,
invitando a banchetto molte persone e distribuendo a tutto l’esercito animali da sacrificio e
le altre cose necessarie all’intrattenimento festivo (λαμπραῖς δὲ παρασκευαῖς χρησάμενος καὶ
πολλοὺς μὲν ἑστιάσας, πάσῃ δὲ τῇ δυνάμει διαδοὺς ἱερεῖα καὶ τἄλλα τὰ πρὸς τὴν εὐωχίαν ἀνήκοντα),
risollevò il morale dell’esercito.34

Nonostante la differente cornice festiva, le analogie con gli eventi del 323 sono chiare,
e la più interessante è la distribuzione di cibo estesa all’intero esercito. Il banchetto collettivo
(più precisamente, il consumo in comune di carne derivata dalle offerte sacrificali) appare

33 Qualche esempio sarà sufficiente. Di ritorno dall’Idaspe nel 326 Alessandro organizza sacrifici e gare musi-
cali e sportive, e in questo contesto viene distribuita la carne degli animali sacrificati «a tutto l’esercito, reparto
per reparto» (ἱερήια τῇ στρατιῇ πάσῃ κατὰ τέλεα ἐδίδοτο: Arr. Ind. 18, 11-12). Nel 324 avvengono tre eventi di
particolare rilievo: le nozze collettive di Susa, durante le quali un padiglione da 100 posti è riservato agli sposi
e agli ‘amici’ del re, ma il numero totale degli ospiti a banchetto (che include i soldati) tocca le 9000 persone
(Ath. XII, 438 C, da Carete, FGrHist 125 F 4; Plut. Alex. 70, 3; Arr. Anab. VII 4, 4-8); il banchetto che segna la
riconciliazione del re con l’esercito dopo l’ammutinamento di Opis, nel quale, di nuovo, è fornito un totale di
9000 ospiti disposti in ordine gerarchico (la descrizione, interessantissima, è ancora di Arr. Anab. VII 11, 8-9); i
funerali di Efestione, per i quali si parla di 10000 vittime sacrificate, dunque ancora, indirettamente, di una larga
distribuzione di cibo (Diod. Sic. XVII 115, 5-6, che si sofferma anche sul sistema di raccolta dei fondi per far
fronte alle ingenti spese, e, per le gare atletiche e musicali, Arr. Anab. VII 14, 8-10).
34 Diod. Sic. XVII 16. Come ho già ricordato, Arr. Anab. I 11, 1 sembra riferirsi allo stesso evento, ma lo colloca
a Ege: sulla questione cfr. Mari, Le Olimpie macedoni di Dion, cit., pp. 138-143, 147-153, e Panegyreis rivali, cit. Sul
padiglione, che torna anche nella descrizione delle nozze di Susa (cfr. n. 33) e forse in un altro episodio (Q. Curt.
IX 7, 15), e che poté ispirare quello più tardi fatto costruire per le feste del Filadelfo ad Alessandria nel 270, si
vd. R.A. Tomlison, Ancient Macedonian Symposia, in Ancient Macedonia, I, Thessaloniki 1970, pp. 308-315 (310-311);
E.N. Borza, The Symposium at Alexander’s court, in Ancient Macedonia, III, Thessaloniki 1983, pp. 45-55 (46-47);
Murray, Hellenistic Royal Symposia, cit., pp. 21-22; E. Calandra, The Ephemeral and the Eternal. The pavilion of Ptolemy
Philadelphos in the court of Alexandria, Athens 2011, pp. 40-43, 59; B. Emme, Zur Rekonstruktion des Bankettbaus von
Ptolemaios II., AA 2013, pp. 31-55 (51).

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nei due episodi un tratto fondante della relazione tra il re e i Makedones, molto al di là della
cerchia più ristretta dei ‘compagni’ (ἑταῖροι), arricchito di precise connotazioni rituali e non
legato in modo esclusivo a una sola occasione festiva. Se i Daisia erano probabilmente la
festa in cui per eccellenza questo aspetto era sottolineato e il re mostrava se stesso come
‘benefattore’ e ‘distributore di cibo’ al popolo (come mostra anche la probabile etimologia
di Daisios / Daisia da δαίς, «il pasto condiviso», da δαΐζω, «fare a pezzi e distribuire»),35 le
rilevanti implicazioni sociali e politiche dei banchetti ‘collettivi’ macedoni emergono con
chiarezza anche in altre panegyreis.36 La cornice (mutevole) sembra dunque meno importante
del quadro, che presenta invece elementi ricorrenti.
Non sorprende allora che questo elemento, in particolare, resti al centro di molti
eventi festivi pubblici in Macedonia, anche molto tempo dopo la spedizione di Alessandro.
Ai due poli estremi dell’età ellenistica, due esempi davvero impressionanti sono offerti dai
sacrifici e dalla gigantesca distribuzione di cibo organizzati dal satrapo della Persia Peucesta
nel 317, in chiara continuità con la tradizione macedone non meno che col più prossimo
modello rappresentato da Alessandro,37 e dalla già ricordata panegyris tenuta da Lucio Emilio
Paolo ad Anfipoli nel 167, pochi mesi dopo la vittoria su Perseo a Pidna, occasione tra l’altro
dell’annuncio della sistemazione romana dell’ex regno macedone. Nell’imponente messa
in scena del nuovo ordine politico imposto alla regione – che includeva la suddivisione del
territorio in quattro repubbliche – Emilio Paolo riutilizza con abilità diversi tratti della tra-
dizione festiva macedone di età regia, e naturalmente non dimentica di includervi grandi
banchetti e distribuzioni collettive di cibo.38 È interessante (ed è stato opportunamente no-

35 Così Kalléris, Les anciens Macédoniens, cit., I, p. 143, che interpretava i Daisia come festa in onore di Dioniso
(cfr. anche II, 1, p. 566 n. 3). Sul valore ‘tecnico’ del termine δαíς all’interno del lessico greco del cibo e del
banchetto si vd. Schmitt Pantel, La cité au banquet, cit., pp. 5, 266-267, che non discuteva però i termini macedoni
qui in discussione. Sulla carne (derivante da selvaggina o da animali da sacrificio) come elemento centrale
nell’alimentazione delle popolazioni dell’area egea settentrionale cfr. ora i dati discussi dalla Archibald, The
Economics of the Northern Aegean, cit., pp. 287-290.
36 La cosa è stata spesso notata, ovviamente, in rapporto alle relazioni all’interno della élite, e in particolare a quelle
tra re ed hetairoi, in studi che hanno messo in risalto nel banchetto e nel simposio lo spazio sociale privilegiato per la
messa alla prova e la selezione della élite stessa (cfr., tra i molti altri studi, almeno Borza, The Symposium at Alexander’s
court, cit., pp. 54-55, e F. Pownall, The Symposia of Philip II and Alexander III of Macedon, in E. Carney - D. Ogden [eds.],
Philip II and Alexander the Great. Father and Son, Lives and Afterlives, Oxford 2010, pp. 55-65, 256-260 [55-56, 62-65]).
Come spero di mostrare in queste pagine, una prospettiva più ampia - allargata cioè ai rapporti tra il re e la totalità
dei Makedones - aiuta a intendere meglio tutta la complessa serie di valenze sociali del ‘consumare cibo in comune’
in Macedonia, soprattutto in contesti festivi ben definiti come le panegyreis ‘nazionali’.
37 Cfr. Diod. Sic. XIX 22, 1, la cui descrizione chiaramente richiama episodi della carriera di Alessandro quali
quelli citati in n. 33: «Quando arrivarono alla capitale Persepoli, Peucesta, che era a capo di questa regione,
compì un grandioso sacrificio in onore degli dèi, di Alessandro e di Filippo, e, facendo venire da quasi tutta la
Perside una gran quantità di animali da sacrificio e di altre cose necessarie agli intrattenimenti e alla festa, offrì
un banchetto all’esercito (θυσίαν ἐπετέλεσε μεγαλοπρεπῆ τοῖς θεοῖς καὶ ᾿Αλεξάνδρῳ καὶ Φιλίππῳ, μεταπεμψάμενος
δὲ ἐξ ὅλης σχεδὸν τῆς Περσίδος ἱερείων καὶ τῶν ἄλλων τῶν εἰς εὐωχίαν καὶ πανήγυριν χρησίμων πλῆθος εἱστίασε τὴν
δύναμιν). Riempì quattro circoli con i partecipanti al sacrificio, disposti uno dentro l’altro e circondati dal circolo
più ampio (…). Nel mezzo di questi erano altari degli dèi, di Alessandro e di Filippo (…)». Nell’interpretazione,
già ricordata, di Hatzopoulos (riferimenti in n. 30), qui a Filippo e Alessandro è offerto un culto come ‘dèi
benefattori’ dei Macedoni, e anche la festa organizzata da Peucesta è un’edizione dei Daisia: in questo caso l’ipotesi
resta difficilmente dimostrabile, e forse non è necessaria (cfr. Mari, The Ruler Cult in Macedonia, cit., pp. 228-230).
38 Cfr. in part. Diod. Sic. XXXI 8, 9; Liv. XLV 32, 11 e 33, 4, con le brillanti considerazioni ancora di Hatzo-

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tato, ancora, da M.B. Hatzopoulos) che una tarda sopravvivenza di queste tradizioni si colga
nelle feste di età imperiale presiedute dall’ ἀρχιερεὺς τῶν Σεβαστῶν καὶ ἀγωνοθέτης τοῦ κοινοῦ
Μακεδόνων, che dei sovrani di un tempo sembra mantenere appunto la prerogativa, epigra-
ficamente testimoniata, di «distribuire cibo al popolo intero».39
Qualche riflessione conclusiva può essere tentata. Credo vi siano elementi sufficien-
ti per retrodatare l’influenza delle tradizioni macedoni sulle panegyreis ellenistiche assai più
indietro dell’età di Alessandro. Le tre feste tradizionali del calendario macedone oggetto di
questo rapido esame sono tutte portatrici di elementi che entreranno più tardi in quel lin-
guaggio comune: tra i più notevoli sono il carattere di massa delle celebrazioni; la forte enfasi
sui sacrifici e la successiva distribuzione di cibo, con il re nel ruolo diretto del ‘distributore’;
la partecipazione di delegazioni ufficiali, che trasforma le feste in eventi (anche) politici di
prim’ordine; l’allestimento di spettacoli e competizioni di natura mista, con l’ingaggio di
professionisti; le parate militari, a volte (ma non necessariamente) connesse alla celebrazione
immediata di un successo; la possibilità almeno teorica di sganciare la festa da uno speci-
fico luogo (città o santuario che sia). L’esperienza straordinaria della conquista dell’impero
persiano, che impose ad Alessandro e al suo entourage una carriera in larga parte itinerante,
contribuì a plasmare, senza crearli dal nulla, questi aspetti della vita pubblica ellenistica tra i
molti altri.

poulos, Macedonian Institutions, cit., I, p. 350, anche sulla continuità con la tradizione macedone; cfr. anche J.C.
Edmonson, The Cultural Politics of Public Spectacle in Rome and the Greek East, 167-166 BCE, in B. Bergmann - C.
Kondoleon (eds.), The Art of Ancient Spectacle, Washington-New Haven-London 1999, pp. 77-95 (pp. 79 e 90, nn.
17-18); Mari, Panegyreis rivali, cit.
39 SEG XVII 1960, 315, ll. 19-20, decreto di Berea in onore di Q. Popillius Python, della fine del I sec. d.C.: le
ampie distribuzioni di cibo (διαδόμασιν … πανδήμοις) compaiono qui tra i doveri dell’archiereus, evidentemente in
continuità con il ruolo un tempo ricoperto dal re. Cfr. ancora Hatzopoulos, Macedonian Institutions, cit., I, pp. 348-
350, e, in generale sul koinon dei Macedoni di età imperiale, D. Kanatsoulis, Τὸ κοινὸν τῶν Μακεδόνων, «Makedonikà»
3, 1953-55, pp. 27-101; P. Nigdelis - A. Lioutas, “First of the Hellenes of the Province”: A New Inscription from Mygdonia,
GRBS 49, 2009, pp. 101-112.

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