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Dialogues d'histoire ancienne.

Supplément

Consiglieri inascoltati alla corte di Alessandro il Grande


Luisa Prandi

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Prandi Luisa. Consiglieri inascoltati alla corte di Alessandro il Grande. In: Dialogues d'histoire ancienne. Supplément
n°17, 2017. Conseillers et ambassadeurs dans l’Antiquité. pp. 361-372;

https://www.persee.fr/doc/dha_2108-1433_2017_sup_17_1_4453

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Abstract
Alexander the Great and his Neglected Advisers
The paper focuses on advisers at the Macedonian court in the fourth century BC, particularly
during the conquest of the Persian Empire. Our sources depict Alexander as a king reluctant to
accept any suggestion given by his companions or relatives. An overview of the cases allows us to
deal with the main issues raised by the works of Alexander Historians: the reliability of their
information and the validity of our hypotheses.

Riassunto
Dopo qualche considerazione sul ruolo dei consiglieri alla corte macedone del IV secolo a.C.,
l’articolo considera il caso dei rapporti fra Alessandro e chi gli ha fornito consigli durante gli anni
della spedizione asiatica. Si tratta di episodi che presentano tratti comuni nel rifiuto del re ad
accogliere ogni suggerimento che non coincidesse con le sue intenzioni. Esaminarli offre anche
l’opportunità di esprimere riflessioni sui problemi intrinseci dell’Alessandrografia, cioè l’attendibilità
delle informazioni di cui disponiamo e quindi la bontà delle conclusioni cui possiamo giungere.

Résumé
Des conseillers que l’on écoute pas à la cour d’Alexandre le Grand
Après quelques observations sur le rôle des conseillers à la cour du roi de Macédoine au IVe
siècle av. J.-C., nous prenons en considération dans cet article le cas des rapports entre
Alexandre et ceux qui lui fournirent des conseils pendant les années de l’expédition en Asie. Il
s’agit d’épisodes qui ont en commun le refus du roi de recevoir toute suggestion qui ne coïncidât
pas avec ses intentions. Leur étude offre également l’opportunité de réfléchir aux problèmes
intrinsèques à l’Alexandrographie, c’est-à-dire la fiabilité des informations dont nous disposons et,
donc, le bien-fondé des conclusions auxquelles nous pouvons aboutir.
Dialogues d’ histoire ancienne supplément 17, 2017, 361‑372

Consiglieri inascoltati alla corte di Alessandro il Grande

Luisa Prandi
Università di Verona
luisa.prandi@univr.it

I- Premesse

La corte di Alessandro è stata giustamente definita una corte itinerante1 e la


sua organizzazione cerimoniale era per molteplici ragioni continuamente in progress.
Molto diverso era il modo in cui Alessandro riceveva ambasciatori, o trattava con i
collaboratori e gli ufficiali, nel corso della campagna in Asia Minore dei primi anni della
spedizione asiatica oppure quando si stabilì per qualche tempo a Babilonia, di ritorno
dall’ India, negli ultimi tempi della sua vita.
Nel iv secolo a.C. il re di Macedonia aveva la possibilità di prendere le decisioni
più gravi e foriere di conseguenze anche solo con un minimo di consultazione.2 Questo
era appunto il caso di Filippo II, di cui Demostene lamentava la completa libertà e
rapidità d’ azione, in confronto con le procedure democratiche di Atene.3 Alessandro
aveva quindi avuto davanti agli occhi l’ esempio di un re che governava senza essere
costretto a seguire i consigli del suo entourage; egli però fu presto dotato dal padre di
un piccolo gruppo di nobili macedoni,4 e prese a circondarsi di amici che noi possiamo
vedere all’ opera nella vicenda di Pixodaro di Caria. Essi approvarono l’ idea di Alessandro,
1 
Cf. Spawforth 2007, p. 92-112; Weber 2009.
2 
Cf., fra gli altri, Hammond-Griffith 1979, p. 158-60 e 396-98; Hammond 1979, p. 53-58; Bosworth
1988, p. 6-8; Lane Fox 2011, p. 357-358; Spawforth 2007, p. 90-92, pur con differenti posizioni sul livello
di organizzazione strutturata della corte macedone.
3 
Demostene, Sulla Corona, 235-236.
4 
Heckel 1992, p. 56 e 190-192 insiste che essi non erano coetanei del principe. Antigono Monoftalmo
si comportò come Filippo con il figlio Demetrio, secondo Diodoro, XIX, 69, 1, scegliendo fra altri
consiglieri Nearco.

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o quantomeno non lo sconsigliarono, di proporsi quale pretendente all’ interno di


trattative già avviate dal satrapo Pixodaro con Filippo in vista di un matrimonio di
Filippo Arrideo con sua figlia;5 i negoziati condotti da Alessandro furono scoperti da
Filippo, che abbandonò del tutto il progetto e bandì dalla Macedonia i quattro cattivi
consiglieri: Arpalo, Nearco, Erigio e Tolemeo.6 Dopo la morte di Filippo nel 336 a.C.,
Alessandro si preoccupò di richiamarli7 e tutti lo seguirono nella campagna d’ Asia.
Anche altri nobili, già collaboratori di Filippo come Parmenione o Clito il Nero,
parteciparono attivamente all’ impresa, mentre Antipatro fu lasciato in Macedonia con
funzioni di reggente e di responsabile per la Grecia.

II- Alessandro e i suoi consiglieri

Le nostre fonti segnalano la presenza accanto al re di compagni o amici (hetairoi


o philoi), fra i quali un gruppo aveva il rango di guardie del corpo (somatophylakes) in
aggiunta al proprio incarico militare.8 La loro provenienza era varia: ovviamente molti
Macedoni ma anche Greci e più tardi Asiatici; tutti costoro erano in condizione di
essere portatori di consigli.
Il comportamento di Alessandro nei loro confronti può essere valutato
considerando sia le occasioni in cui egli convocò qualcuno perché aveva questioni
da discutere, sia gli episodi in cui gli venne spontaneamente dato un consiglio da un
membro del suo entourage. La rassegna che qui propongo non intende tuttavia verificare
né se la composizione dei gruppi convocati ogni volta fosse la medesima, perché
non abbiamo sempre informazioni della stessa qualità, né se i consigli dati fossero i
migliori, o se Alessandro avesse ragione a respingerli, e nemmeno studiare ogni caso
ed ogni situazione alla luce delle sue conseguenze sulla conquista del Vicino Oriente.
L’ obiettivo è piuttosto quello di trovare delle costanti in questi episodi e una cifra
distintiva nel comportamento del re.

5 
Plutarco, Alessandro, 10 è per noi fonte unica sull’ episodio della trattativa. Per l’ importanza di questo
matrimonio nella prospettiva della spedizione asiatica di Filippo, cf. Carney 2006, p. 37-38.
6 
Cf. Plutarco, Alessandro, 10, 4; Arriano, III, 6, 5, nel ricordare questo allontanamento, aggiunge il nome
del fratello di costui, Lamedonte. Hammond-Griffith 1979, p. 679-80, sottolineano opportunamente che
Filippo si sbarazzò di questi amici del figlio ma non di Alessandro. Sulla vicenda di Pixodaro cf. anche
Müller 2010, p. 18 e Ruzicka 2010.
7 
Plutarco, Alessandro, 10, 4; Arriano, III, 6, 6. Cf. Nawotka 2010, p. 74.
8 
L’ uso di questa terminologia nelle fonti non è sempre univoco. Per un orientamento cf. Heckel 2003.

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1- Parmenione, Aristotele, Olimpiade

Il personaggio senza dubbio più presente in questa casistica è Parmenione, già


collaboratore di Filippo; la maggioranza dei suoi consigli è disattesa da Alessandro.9
•  Prima della partenza della spedizione, Parmenione e Antipatro pregano
Alessandro di concepire un figlio. Difficile negare che la vendetta per l’ uccisione
di Filippo avesse drasticamente ridotto il numero dei possibili eredi al trono in
caso di sua morte. Alessandro però rifiuta di perdervi il proprio tempo.10
•  Al fiume Granico, Parmenione propone una tattica prudente che sfrutta i
vantaggi del luogo: egli vorrebbe sfruttare l’ effetto-sorpresa dell’ alba ed il
fatto che per ragioni logistiche il campo persiano non poteva trovarsi troppo
vicino al fiume, mentre il re era e rimase propenso ad un attacco immediato e
spettacolare.11
•  Prima dell’ assedio di Mileto il generale propone di affrontare lo scontro in mare
con la flotta persiana, ritenendo che anche un’ eventuale sconfitta non avrebbe
avuto gravi conseguenze, e suggerendo che l’ aquila che era stata vista posarsi a
terra presso le navi di Alessandro era un prodigio che invitava a rischiare con
esse; il re però si appella alla conclamata superiorità della flotta nemica per
sostenere che una battaglia ed una sconfitta sarebbero rovinose per lui, perché
indurrebbero i Greci a ribellarsi, e afferma che il prodigio dell’ aquila, proprio
perché posata sulla spiaggia accanto alle navi, invita invece a combattere per terra
e a sottrarre ai Persiani le basi navali sulle coste.12
•  Quando Alessandro cade gravemente ammalato dopo un bagno nel fiume
Cydno, Parmenione gli consiglia per iscritto di diffidare del medico greco
Filippo, il solo che avesse promesso di guarirlo. Alessandro però mostrò la lettera
al medico mentre beveva la medicina.13
9 
Cf. anche infra, II, 3.
10 
Diodoro, XVII, 16, 1-2. Carney 2006, p. 48 e Nawotka 2010, p. 107-108 sottolineano che sia
Parmenione sia Antipatro avevano delle figlie.
11 
Cf. Plutarco, Alessandro, 16, 3; Arriano, I, 13, 2-7. Invece Diodoro, XVII, 19-21 segue una versione
differente, priva di discussioni fra i due uomini ma in cui Alessandro che sembra adottare la tattica suggerita
da Parmenione. Per i problemi suscitati da questa fonte cf. Prandi 2013, p. 25-26.
12 
Cf. Arriano, I, 18, 6-9 e 20, 1. Per un’ analisi degli argomenti prestati ad Alessandro cf. Bosworth 1988,
p. 141-143. Sulla strategia cf. Lonsdale 2007, p. 59-60.
13 
Cf. Giustino, XI, 8, 5-9; Valerio Massimo, III, 8 ext. 6; Quinto Curzio, III, 5-6; Plutarco, Alessandro,
19; Arriano II, 4, 7-11; cf. anche POxy 1798, fr. 44, col. I. L’ episodio è molto famoso, cf. per un quadro
della tradizione Prandi 2013, p. 46.

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•  Nel corso delle trattative fra Dario e Alessandro,14 Parmenione mostra interesse
per le offerte dei Persiani e propone di accettarle, attirandosi il diniego sprezzante
del re.15 Va notato che gli altri philoi presenti non hanno nulla da dire.16
•  Alla vigilia di Gaugamela, Parmenione suggerisce di attaccare i Persiani durante
la notte, senza attendere il mattino; Alessandro rifiuta con sdegno di rubare
la vittoria.17 Poi durante la battaglia Parmenione segnala al re la necessità di
proteggere l’  accampamento macedone assalito dai Persiani, attirandosi il
disprezzo di Alessandro e la risposta di non curarsi dei bagagli ma della vittoria.18
•  A proposito del destino della reggia di Persepoli, Parmenione è dell’ idea di
risparmiarla, perché non si distruggono i propri beni, mentre Alessandro decide
di darla alle fiamme come vendetta per le guerre persiane.19
Siamo evidentemente in presenza di racconti in cui si ripropone più volte il
cliché di un anziano generale che consiglia in genere soluzioni prudenti e di un giovane
condottiero assetato di gloria. Il quadro della nostra tradizione su Parmenione, già
ben studiato nelle sue componenti,20 autorizza ad avere una certa fiducia nella sua
14 
La tradizione su questi fatti è molto complessa; mi permetto di rinviare a Prandi 2013, p. 60-63 et 86-
87 per un quadro delle differenti versioni. Per il mio tema importa ricordare che i contatti furono almeno
due, prima di Isso e prima di Gaugamela, e che nel primo caso le nostre fonti narrano che Dario presenta
una lettera orgogliosa e irricevibile (Quinto Curzio, IV, 1, 7; Arriano, II, 14, 3), oppure che Alessandro
falsificò in questo senso la lettera di Dario (Diodoro, XVII, 39, 2); su questa tradizione cf. le osservazioni
di Squillace 2012, p. 117-125.
15 
Potrebbe risalire a questo momento anche il consiglio attribuito a Parmenione di unirsi a Barsine,
presente in Plutarco, Alessandro, 21, 9, da Artistobulo (139F11). Plutarco, si esprime come se la Barsine in
questione fosse la vedova di Memnone, che ebbe in effetti una duratura relazione con Alessandro, e lascia
quindi l’ impressione che il suggerimento fosse stato accettato. In realtà Barsine era anche il nome di Statira,
figlia di Dario, e va tenuto presente che nelle offerte di pace del re persiano figurava il matrimonio con una
delle sue figlie; considerato da questa prospettiva, il consiglio non fu affatto preso in considerazione in
quella circostanza. Alessandro sposò notoriamente Statira/Barsine molti anni più tardi. Su tutto questo
mi sembrano ancora valide le osservazioni di Bearzot 1987, p. 95-96; per un aggiornamento bibliografico
cf. Pownall 2015.
16 
Cf. Diodoro, XVII, 54, 4-5; Quinto Curzio, IV, 11, 14; Plutarco, Alessandro, 29, 8; Valerio Massimo,
VI, 4 ext. 3; Arriano, II, 25, 2. In tutti questi casi gli Amici o non furono convocati o non si espressero a
favore di una soluzione diplomatica, salvo apppunto Parmenione.
17 
Cf. Arriano, III, 10, che lo riporta come legomenon; Quinto Curzio, IV, 13, 3-10; Plutarco, Alessandro,
31, 10-12. Per un consiglio invece accettato, a proposito della battaglia, cf. infra, II, 3.
18 
Diodoro, XVII, 15, 6-8; cf. anche Plutarco, Alessandro, 32, 5 e Polieno, IV, 3, 6.
19 
Anche in questo caso l’ episodio è variamente riportato dalle fonti. Il dissidio fra il re e il generale è
presente in Arriano, III, 18, 11-12. Per una disamina della tradizione cf. Prandi 2013, p. 114-18.
20 
Cf. Bearzot 1987.

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fondamentale attendibilità. Essa si articola in voci ostilissime al generale, come Callistene


e Tolemeo, nonché Carete per gli aspetti più aneddotici; in voci a lui favorevoli ed ostili
ad Alessandro, come quelle confluite in Trogo/Giustino e in Curzio Rufo; e in voci più
neutre, come quella accolta da Diodoro che minimizza le contrapposizioni fra i due
uomini. Per l’ argomento di questa indagine basti puntualizzare che il ricordo stesso
di tale contrapposizione nelle fonti, comunque presentata e comunque interpretata a
favore dell’ uno o dell’ altro, poteva aver avuto origine solo dal fatto reale che Alessandro
avesse più di una volta rifiutato di seguire i consigli di Parmenione. Che tuttavia non
si trattasse soltanto di una contrapposizione personale con il generale ma di un abito
mentale di Alessandro può suggerirlo un altro episodio: come Parmenione, anche Erigio
fra altri hetairoi aveva sconsigliato il re, che era stato recentemente ferito, di attraversare
lo Iaxarte per condurre una campagna contro gli Sciti; nondimeno Alessandro aveva
concretizzato il proprio progetto.21
Accanto a Parmenione meritano di essere considerati due altri personaggi, come
lui appartenenti alla generazione di Filippo: Aristotele e Olimpiade.
Del primo si ricorda che aveva raccomandato ad Alessandro di comportarsi con i
Greci hegemonikos, come un capo, e con i barbari despotikos, come un signore assoluto.22
Non abbiamo testimonianze sulla risposta del re; si può però constatare che egli, fino
alla fine della sua vita, se da un lato continuò a fare differenza fra Macedoni ed Asiatici
–ed i primi godevano di una posizione superiore– dall’ altro manifestò a più riprese il
desiderio di associare gli Asiatici alla gestione e alla difesa del proprio impero. Molto
significativa nella prima direzione, oltre naturalmente alla conferma o scelta di nobili
asiatici ad incarichi di responsabilità, è l’ organizzazione del banchetto di riconciliazione
dopo la rivolta dei veterani a Opis, perché in esso erano previsti posti separati per le
varie componenti e quelli più vicini ad Alessandro erano destinati ai Macedoni23. Per
quanto riguarda la seconda, va tenuto presente sia che Alessandro aveva fatto addestrare
militarmente un contingente di 30 mila giovani asiatici (i cosiddetti Epigoni), sia che
egli si preoccupava di garantire un futuro ai figli delle unioni miste fra Macedoni e
donne asiatiche che erano state regolarizzate a Susa.24 Quindi il consiglio del filosofo
non venne del tutto disatteso ma nemmeno tenuto in seria ed esclusiva considerazione.
21 
Cf. Quinto Curzio, VII, 7, 21 e Arriano, IV, 4, 9. La vicenda risale al 329 a.C.
22 
Strabone, I, 4, 9 (da Eratostene); Plutarco, Moralia, 329b.
23 
Arriano, VII, 11, 9.
24 
Sugli Epigoni cf. Diodoro, XVII, 108, 1-2; Plutarco, Alessandro, 43; Quinto Curzio, VIII, 5, 1. Sui figli
di sangue misto cf. Prandi 2010.

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La seconda appare nelle nostre fonti molto impegnata a scrivere ad Alessandro


attaccando i suoi collaboratori, soprattutto Efestione, e raccomandandogli di non
fidarsene.25 Un particolare che a me sembra importante è che Alessandro teneva nascoste
le lettere della madre e non permetteva a nessuno di leggerle: conosciamo il caso di una
lettera intravvista da Efestione mentre il re la leggeva, e l’ amico fu vincolato al silenzio.26
Ma la segretezza derivava dalla volontà di seguire i consigli materni, magari senza
rivelarne la provenienza, o dal desiderio di ignorarli?27 Le nostre fonti sono di poco
aiuto in tal senso perché tendono a minimizzare i disaccordi fra madre e figlio.28 Inoltre
Olimpiade e il reggente Antipatro si accusavano reciprocamente presso il re di non restare
al proprio posto e di voler ampliare inopportunamente il proprio spazio d’ azione.29 In
tale complessa querelle, di cui egli era la posta in gioco, Alessandro mantenne le distanze:
le critiche della madre non scalfirono il suo attaccamento ad Efestione né influirono sul
rapporto con i membri del suo stato maggiore che sembrano essere stati condizionati da
altri fattori; e non garantirono a lei più che ad Antipatro una posizione di favore.30
Sia nel caso di Aristotele sia in quello di Olimpiade hanno un ruolo fondamentale
delle lettere. Notoriamente non abbiamo elementi sicuri per verificare la loro autenticità
ma possiamo soltanto valutarle caso per caso, per comprendere se sono compatibili con
il contesto. Il fatto che i consigli del precettore e della madre non siano stati seguiti da

25 
Olimpiade avrebbe scritto molte volte per disapprovare l’ abitudine di Alessandro di fare fin troppo
ricchi doni ai soldati e ai propri amici. La distribuzione delle ricchezze è strettamente legata alla posizione
di re, al suo prestigio e alla distanza che lo separa dagli altri. Cf. Plutarco, Alessandro, 15, 2-3; Moralia,
342d-e; Carney 2006, p. 55, 57 e 166-167 a proposito delle quattro versioni della lettera. Olimpiade
accusò anche Aminta e suo fratello Simmia di essere implicati nella congiura di Filota (Arriano, VII, 1, 12;
VII, 36-40), ma Alessandro decise di perdonarli (cf., anche nota 26).
26 
Plutarco, Alessandro, 39, 8.
27 
Plutarco, Alessandro, 39, 12 attribuisce ad Alessandro il desiderio di essere libero e senza legami.
Carney 2006, p. 49-53, constata che Olimpiade desiderava giocare un ruolo politico e che Alessandro
faceva resistenza; tuttavia la studiosa nota anche (56) che il perdono per Aminta fu una scelta politica
piuttosto che l’ esito del rifiuto di dare retta alla madre.
28 
Tradizioni concilianti soprattutto in Diodoro (che minimizza anche gli scontri con Parmenione),
Trogo/Giustino, Curzio Rufo e Plutarco. Fa eccezione Arriano, VII, 12, 6-7 che giudica calunnie gli
argomenti della regina.
29 
Arriano, VII, 12, 6-7.
30 
Sembra che d’ altro lato abbia approvato la decisione della madre di lasciare la Macedonia e di recarsi
in Epiro; ma nel 324 decide di rimandare in patria Cratero con i veterani macedoni e di chiamare in Asia
Antipatro con nuovi soldati. Cf. Plutarco, Alessandro, 68, 5; Arriano, VII, 12, 4; Giustino, XII, 12, 9.
Carney 2006, p. 57-58, commenta che Alessandro ottenne che la regina ed il reggente si controllassero a
vicenda.

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Alessandro, così come quelli di Parmenione, potrebbe indurre a prestar fede alle notizie
su questi scambi epistolari.31

2- La congiura di Filota, il fiume Ifasi, il ritorno a Babilonia

Sono decisamente interessanti per il mio tema 3 episodi in cui Alessandro accolse
il consiglio che gli veniva dato, perché è possibile cogliere in essi dei legami significativi
fra la decisione di accettare e le sue probabili intenzioni.
•  La scoperta di una presunta congiura di Filota ai suoi danni indusse il re a
consultarsi con alcuni philoi: Cratero, Ceno, Erigio ed anche Perdicca e Leonnato.
Efestione sembra aver giocato un ruolo non marginale nella vicenda perché fu
tra quelli che consigliarono poi di fare ricorso alla tortura.32 Assistiamo, si può
dire, ad un vero e proprio gioco delle parti, dal momento che sia Alessandro
sia più di uno fra gli aristocratici macedoni avevano delle ragioni per desiderare
di emarginare, se non di eliminare, Filota (e suo padre Parmenione). E si può
supporre che Alessandro non attendesse consigli ma piuttosto aiuto per
condannare Filota senza essere considerato il solo responsabile.33
•  Giunto con l’ esercito al fiume Ifasi nel 326 a.C., Alessandro annuncia di voler
condurre una spedizione contro i Gandaridi e attende la reazione dei suoi
uomini: nessuno osa parlare, perché non volevano contraddirlo ma non erano
d’ accordo a proseguire la marcia e la guerra;34 l’ esortazione del re a parlare con
franchezza cade nel vuoto, e solo dopo qualche tempo Ceno parla per tutti,
significando la contrarietà di ufficiali e soldati e chiedendo di tornare indietro.35
Sul momento Alessandro, irritato, si chiude per tre giorni nella propria tenda, poi
fa chiamare i più fedeli e annuncia la fine della spedizione.36 L’ elemento comune
a tutta la tradizione antica è che la marcia verso est si conclude per volontà
31 
Cf., fra gli altri, Carney 2006, p. 53-54.
32 
Cf. Quinto Curzio, VI, 8, 17 cum paucis in regiam coeunt Hephaestion et Craterus et Coenus et Erigyius,
hi ex amicis, ex armigeris autem Perdiccas et Leonnatus e 6, 11, 10 Hephaestio autem et Craterus et Coenos
tormentis veritatem exprimendam esse dixerunt; Plutarco, Alessandro, 49, 12 si riferisce ai Macedoni
favorevoli all’ impiego della tortura come a gente dell’ entourage di Efestione. Sulle responsabilità di costui
cf. soprattutto Heckel 1992, p. 59-62; sul personaggio ed i problemi della tradizione antica cf. l’ analisi di
Müller 2011.
33 
Su questo momento della spedizione cf. Prandi 2013, p. 131-33 con bibliografia precedente.
34 
Quinto Curzio, II, 12-18; Arriano, V, 25, 28.
35 
Arriano, V, 27, 1.
36 
Arriano, V, 28, 5, da Tolemeo, senza indicazione di nomi di persona.

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delle truppe; il re sembra aver seguito il loro consiglio. Non mancano però gli
elementi per supporre che egli non desiderasse essere considerato responsabile di
una decisione poco gloriosa,37 né va trascurato che egli organizzò un viaggio di
ritorno che non fu così diretto e rapido come forse i suoi uomini si auguravano.
•  Quando Alessandro di ritorno dall’ India si avvicina a Babilonia, i Caldei gli fanno
sapere che rientrare in città era pericoloso per lui: le fonti conservano dettagli
differenti, l’ una informa che egli cercò di entrare allora da una porta diversa ma
che così facendo incontrò l’ ostacolo delle paludi, l’ altra riporta che, mentre egli
esitava, degli intellettuali greci gli dimostrarono che non era obbligato a dar
retta ai Caldei.38 La conclusione è però uguale per tutte: Alessandro fece una
seconda entrata a Babilonia per la via principale e qualche mese dopo vi morì.39
Indipendentemente dai consigli, mi sembra di poter dire, egli era determinato ad
entrare in città e cercava soltanto il modo di farlo.

3- Consigli accettati

Di fronte al nutrito elenco di episodi in cui Alessandro rifiutò un consiglio,


oppure lo accettò ma solo perché così gli conveniva, stanno solo due casi –e forse un
terzo– in cui egli seguì i consigli ricevuti senza un evidente secondo fine.
•  Alessandro Lincestide era stato risparmiato dalla vendetta del re dopo la
morte di Filippo e ricoprì anche una carica militare nell’ esercito. Secondo una
tradizione fu Parmenione ad accusarlo di tradimento, secondo un’ altra fu la
regina madre, o un prigioniero persiano o degli anonimi informatori. Forse vi
fu una coincidenza di segnalazioni contro il Lincestide e fu troppo seria perché
Alessandro la ignorasse del tutto.40 Va tuttavia tenuto in conto che egli venne
arrestato nel 333 e tenuto sotto custodia ma che venne giustiziato molto più
tardi, dopo l’ affaire di Filota del 330.

37 
Cf. Spann 1999, p. 62-64; Heckel 1993.
38 
Cf. per la prima Arriano, VII, 17, 5-6, per la seconda Diodoro, XVII, 112, 4-5.
39 
Non considero qui, perché non pertinente, l’ episodio dell’ uomo che andò a sedersi sul trono di
Alessandro e che il re ordinò di uccidere, dando retta agli indovini (Diodoro, XVII, 116, 2-4; Plutarco,
Alessandro, 73, 7-74, 1; Arriano, VII, 24, 1-3), perché è possibile che le nostre fonti abbiano equivocato
il rituale dello šar pūhi, il sostituto regale. Per una considerazione d’ insieme rinvio a Prandi 2013, p. 200-
201.
40 
Cf. Arriano, I, 25 e Giustino, XI, 7, 1-2; Diodoro, XVII, 32, 1; Quinto Curzio, VII, 1, 6. Mi permetto
di rinviare a Prandi 2013, p. 46-48, per una presentazione delle fonti e dei problemi.

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Consiglieri inascoltati alla corte di Alessandro il Grande369

•  Quando l’ esercito arrivò ad Isso e Parmenione consigliò che sarebbe stato meglio
schierarsi contro i Persiani nelle vicinanze della città, Alessandro accettò.41
Tuttavia vi sono anche fonti che segnalano che fu invece Dario ad occupare Isso
prima della battaglia,42 e questo contrasta con la possibilità che Alessandro abbia
veramente seguito il consiglio del generale.
•  Nella pianura di Gaugamela, il re convoca hetairoi e comandanti e li consulta sul
momento migliore per l’ attacco; la maggior parte di essi condivide l’ opinione
di Parmenione di esplorare prima il luogo. Alessandro ascolta il loro consiglio.
La sera dello stesso giorno, come abbiamo già visto,43 egli rifiutò invece il
suggerimento di Parmenione di attaccare durante la notte.
E’  facile constatare che non soltanto si tratta di un numero esiguo di casi ma
anche che la loro specifica rilevanza è nel complesso modesta, rispetto agli episodi
considerati in precedenza in cui Alessandro rifiutava i consigli ricevuti.

4- I consiglieri nativi

Una categoria di persone che sembra costituire un’ eccezione in questa rassegna,


perché viene sempre ascoltata da Alessandro, è quella dei consiglieri nativi. Si tratta di
Asiatici –persone comuni, spesso pastori– che danno consigli topografici, mettendo la
propria conoscenza dei luoghi al servizio della spedizione; suggeriscono vie secondarie,
offrendosi come guide, perché Alessandro possa accerchiare o sopravanzare i suoi nemici.
Conosciamo quattro episodi di questo genere: al passaggio del fiume Tigri, ai confini
dell’ Uxiana, alle Porte di Persia, con il celebre episodio del pastore licio profetizzato da
un oracolo, e infine alla roccia di Aorno.44 Il re mostra una fiducia crescente in questo
tipo di indicazioni e secondo le nostre fonti non viene mai ingannato.
Va comunque tenuto presente che i nativi non suggeriscono mai di fare qualcosa
alla quale Alessandro non stesse già pensando: i loro consigli rendevano infatti possibile
la realizzazione di progetti che egli aveva pianificato. In questo senso si tratta di casi
assimilabili a quelli considerati nel paragrafo II, 2, in cui Alessandro trovava in altri un
sostegno concreto alle proprie intenzioni e aspettative.

41 
Cf. Quinto Curzio, III, 7, 8-10; cf. anche Diodoro, XVII, 32, 4 sull’ occupazione di Isso da parte di
Alessandro.
42 
Cf. ancora Quinto Curzio, III, 8, 13-18; Arriano, II, 7, 1-3.
43 
Cf. supra, II, 1.
44 
Tutti segnalati da Diodoro, cf. rispettivamente XVII, 55, 3; 67, 4; 68, 3-6; 85, 4-8.

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370 Luisa Prandi

III- Un bilancio attendibile?

Tutti i casi di questa rassegna, pur con le loro differenze e peculiarità, confortano
la conclusione che Alessandro trascurò il più delle volte i consigli che riceveva e preferì
talvolta sbagliare da solo; in pratica egli adottò un atteggiamento di autosufficienza
piuttosto vicino a quello di Filippo che ho rievocato all’ inizio.
L’ Alessandrografia è un terreno insidioso e traditore. Basti ricordare che
uno storico come Arriano, che poteva leggere tutto quanto era stato prodotto su
Alessandro, segnalava che su nessun argomento era stato scritto in maniera tanto varia e
contraddittoria.45 Con questa premessa sono almeno due le questioni cui dare risposta
nel proporre una conclusione sul tema del rapporto fra Alessandro ed i suoi consiglieri:
una questione più strettamente storiografica, cioè se gli episodi che ho considerato sono
stati raccontati e tramandati con il preciso obiettivo di dimostrare che Alessandro era
autonomo e decisionista; una invece di tipo terminologico, che riguarda lo status del
consigliere alla sua corte itinerante.
Per quanto riguarda l’  aspetto storiografico, è agevole constatare che
l’ atteggiamento del re di rifiutare i consigli e di fare il contrario è segnalato da autori che
mostrano verso Alessandro tendenze diversificate. Il meccanismo, abbastanza semplice
se privato dei tratti a volte aneddotici, del consiglio offerto e non accolto compare tanto
in fonti a lui favorevoli quanto in fonti più critiche nei suoi confronti. Soprattutto va
notato che nessuna di esse mette in evidenza l’ inclinazione di Alessandro a decidere
da solo o si sofferma a commentarla. Tutto questo induce ad escludere che deformare
la realtà fosse, su questo punto, l’ obiettivo di qualcuno degli autori antichi; e quindi la
loro convergenza diviene un elemento di valore per le nostre considerazioni.
A questo punto va considerato che è stato possibile raccogliere un numero
piuttosto limitato di consigli indirizzati al re, in rapporto a 10 anni di campagne,
sovente assai difficili e impegnative, sempre in territori poco noti o quasi sconosciuti
e ostili. Al contrario, la situazione più frequente, che può essere paradigmatica del
rapporto costruito da Alessandro con il suo entourage è quella che constatiamo, per
esempio, a proposito dell’ assedio di Tiro.
Davanti alla città, dopo aver ottenuto dagli abitanti un netto rifiuto alla richiesta
di entrarvi per fare un sacrificio ad Eracle, Alessandro parla agli hetairoi e ai capi militari
della propria intenzione di assediare Tiro; la nostra fonte commenta che con il suo

45 
Cf. Arriano, I, 1, 2.

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Consiglieri inascoltati alla corte di Alessandro il Grande371

discorso egli persuase facilmente tutti ad attaccare.46 Nessuna reale consultazione


dei collaboratori, nessuna richiesta di consigli, nessun suggerimento, soltanto la
comunicazione della volontà del re.47
Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello terminologico, va considerato che
in età ellenistica l’ esistenza di consiglieri accanto ad un sovrano era una realtà concreta.
Gli autori da cui dipendiamo per ricostruire le vicende del regno di Alessandro vissero
in anni lontani dal iv secolo a.C. e scrissero anche sotto il riflesso del linguaggio
istituzionale delle loro epoche. Quando uno storico attivo in età tardoellenistica, o
in età romana, menziona una syllogos ton hetairon o un concilium amicorum,48 sembra
riferirsi ad un organismo formalmente costituito, dotato di prerogative e in qualche
misura di poteri. Tuttavia, quando noi guardiamo alla sostanza e allo sviluppo degli
episodi raccontati, constatiamo spesso che gli hetairoi tacciono e che sono riuniti solo
per ascoltare il re, o che parlano con esitazione, come se non prendessero sul serio
l’ offerta di una reale discussione e non fossero abituati ad esprimere le proprie opinioni
o, ancora, rileviamo che il re non è vincolato dalle loro proposte. La conclusione che si
impone è che, al di là dei termini presenti nelle fonti, non si trova traccia concreta di
consultazioni istituzionalizzate.49
Questo Alessandro, che preferiva decidere senza consiglieri o contro i consiglieri,
ci appare ben reale nella sua solitudine.

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46 
Arriano, I, 16, 8 et 18, 1.
47 
Cf. le considerazioni di Prandi 2012, sulla voce di Alessandro.
48 
Cf. rispettivamente Arriano, II, 25, 2 e Quinto Curzio, VI, 8, 1.
49 
Cf. King 2010, p. 381-383.

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372 Luisa Prandi

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